L ’economia raccontata ai bambini
Gellindo Ghiandedoro e il catttivo consigliere
3 - Una lezione salutare I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
Lezione In realtà ci vollero un paio d’ore, prima che Pagliafresca fosse di ritorno alla tana di Gellindo Ghiandedoro. E non era solo: con lui c’erano Palostorto, Casoletta e Tisana la Dolce. Nessuno se la sentì di rimproverare ancora il povero scoiattolo, che tra un singhiozzo e l’altro avrebbe voluto trasformarsi in una mosca ogni volta che udiva gli amici commentare gli acquisti fatti: – Bella, questa friggitrice: peccato però che agli scoiattoli non piacciano le patatine fritte! – E questo calendario? Bellissimo, peccato che sia vecchio di tre anni! – E l’orologio a cucù? Straordinario, ma è già in ritardo di dieci minuti sull’ora giusta! – Come mai non vedo in giro confezioni nuove di gel? – chiese Tisana la dolce. Gellindo si asciugò gli occhi, tirò su col naso, guardò per qualche istante la spaventapasseri e riscoppiò a piangere come una vigna: – Me ne sono dimenticato! Ma si può essere così sciocchi? Ho comprato un sacco di cose inutili e costose, e mi sono scordato del gel, che è la cosa che preferisco più di tutte! Ma si può essere più stupidi? – Allora – disse Pagliafresca, saltellando vicino a Gellindo. – Di tutti gli euro che hai ricavato vendendo le quattordici ghiande d’oro, te ne sono rimasti solo dieci, mentre il nostro amichetto Candeloro se la starà ridendo alle tue
spalle chissà dove, spendendo e spandendo gli altri quattrocento. Siete una bella coppia, voi due, non c’è che dire! – Sì – lo interruppe Tisana la Dolce, – però io sono certa che Gellindo ha finalmente capito dove ha sbagliato. Vero? – Sbagliato? Io? E dove? Ah sì… certo: sicuro che ho sbagliato, però me lo dovete dire voi, dove ho sbagliato esattamente! – piagnucolò Gellindo sempre più frastornato. – Hai fatto l’errore di fidarti del consiglio di una persona sbagliata – esclamò Casoletta. – Poi hai creduto che comprando tutte queste cose inutili, ti saresti sentito più felice – aggiunse Palostorto. – Non hai dato il giusto valore alle cose e al denaro – continuò Pagliafresca… – …ma soprattutto non hai pensato a quel che potrà succederti domani! – concluse Tisana la Dolce. – Che cosa mi succederà, domani? – Succederà che torneremo a chiederti se vuoi contribuire anche tu al regalo che stiamo preparando per la festa del vecchio Empedocle – disse Palostorto, – e ci aspettiamo che tu partecipi con almeno venti euro! – E altri venti euro dovrai averli in mano – continuò Casoletta, – perché domani mattina verrò anch’io a chiederti la restituzione del debito che mi devi… – Venti più venti… ma dove vado a prenderli, io, i quaranta euro che verrete a chiedermi? Per tutta risposta i quattro spaventapasseri salutarono il loro amico e se ne andarono nella notte fonda, lasciando
Gellindo solo con i suoi pensieri. Dire che lo scoiattolo si pentì, è troppo poco: pianse la notte intera e quando si svegliò all’alba, una rabbia furiosa lo prese. Altro che colazione, altro che gel sulla coda: Gellindo afferrò uno per uno tutte le cose che aveva comprato nei giorni precedenti e le portò fuori dalla tana, ai piedi della quercia. Poi con un carretto le trasportò nella grande città in valle per rivenderle: si sistemò in un angolo della piazza centrale e, una dopo l’altra, vendette la friggitrice e le cornici senza quadri, le tazzine del caffè senza manici e le tendine rosse a pallini gialli... Prima di sera il carretto si svuotò, mentre Gellindo si ritrovò in saccoccia seicentocinquanta euro! Corse allora dal gioielliere e tanto fece, tanto discusse e tanto supplicò, che alla fine il vecchio negoziante gli rivendette sei ghiande d’oro per cento euro ciascuna. Gellindo tornò subito a casa, su al Bosco delle Venti Querce, e corse a nascondere il suo tesoretto nel magazzino numero “Quattro”. Poi fu la volta di… Candeloro! Lo scoiattolo trovò il terribile spaventapasseri ben piantato nel suo orto senza verdure. Stava sonnecchiando immerso nei suoi sogni, quando… – Candeloro, svegliati! SUBITO! – Eh? Cosa… chi mi chiama?… Ah sei tu, Gellindo. Come sta il mio milionario? Il mio amico ricco sfondato? – Sto male… sto molto male, caro quel furbacchione d’un malandrino! In tutta questa storia, Candeloro, alcune cose le ho capite bene: che buttare i soldi dalla
finestra non ti fa stare meglio, anzi! Che avere tante cose, non ti fa sentire più felice! Che avere cose inutili, non ti rende la vita migliore! – Hai parlato con Pagliafresca, Tisana la Dolce e con gli altri, vero? – Certo: per fortuna ho amici come quelli, io! Amici che sanno darmi i consigli giusti, non come fai tu… Si può sapere dove sono gli euro che ti ho dato? – Caro Gellindo – cantilenò Candeloro, scrutando Gellindo con due occhietti furbi, – dal momento che i soldi sono passati dalle tue mani alle mie, sono diventati soldi miei, sui quali io non devo renderti conto! – Li ha persi tutti al gioco! – disse una voce alle spalle di Gellindo, che si girò e si trovò a tu per tu con Bellondina, una spaventapasseri-fatina vestita d’azzurro, con tanto di cappello a punta e lunghi capelli neri che scendevano a boccoli. – Li ha persi giocando a dadi e a carte con i suoi amici scavezzacolli! – Taci, tu, sciocca fata! – la sgridò Candeloro staccando il palo dal terreno e saltellando minaccioso contro Bellondina. – E tu stai calmo! – intervenne Gellindo, che si mise fra Bellondina e Candeloro. Successe così che, quando il pestifero fece partire un pugno, fu lo scoiattolo a pigliarselo in pieno sulla tempia e a cadere svenuto a terra. Candeloro fuggì spaventato per quel che aveva fatto: la fata si mise a urlare a squarciagola, per richiamare l’attenzione degli altri spaventapasseri del villaggio; Gellindo rimase immobile a terra, respirando piano, piano, molto piano…
Pace fatta Gli spaventapasseri lo vegliarono tre giorni e tre notti intere, nella sua tana al Bosco delle Venti Querce, dandosi tutti il turno tranne Bellondina, che volle restare sempre accanto al letto di Gellindo, per non lasciarlo solo nemmeno un istante. Lo spaventapasseri Quanto-basta, che di professione faceva il farmacistamedico-infermiere-barbiere-meccanico, fece cento viaggi avanti e indietro dalla farmacia alla quercia, alla ricerca della medicina che facesse tornare in vita il povero scoiattolo: provò con tutte le tisane e i decotti che conosceva, sperimentò anche ricette con erbe nuove, come gli impacchi di ortica e di rabarbaro, ma Gellindo non riapriva gli occhi e continuava a respirava leggero leggero nel suo lettino. Ci vollero tutta la pazienza e l’affetto di Bellondina, per risvegliare Gellindo. Quando lo scoiattolo socchiuse le palpebre e ritornò al mondo, la fatina dai capelli a boccoli era lì ad accoglierlo con un sorriso. – Bentornato! – gli sussurrò tenendogli una zampa tra le sue mani. – Eccolo qui, il mio eroe spendaccione… No no, non agitarti: lo so che ti sei pentito e che non rifarai più questo sbaglio! – Ma pensa che sciocco sono stato! – mormorò Gellindo con una lacrimuccia che non voleva tornarsene indietro. – Con tutti quei soldi ho preso un sacco di cose inutili e non m’è venuto in mente di comprare una rosa rossa da regalare alla mia fata preferita! Scusami, Bellon-
dina… – Tu non devi scusarti: devi solo capire quel che è giusto fare e quel che è sbagliato. Penso che la lezione ti sia servita, vero? Gellindo non rispose, ma strinse la mano di legno di Bellondina e la lacrima ritornò indietro. – Ciao, grande! – esclamò Pagliafresca, entrando nella tana e avvicinandosi al lettino. – Tutto a posto? Ho controllato il magazzino “Quattro” e le sei ghiande d’oro sono al loro posto… – Puoi andare al villaggio a chiamare Palostorto e Casoletta? – chiese Gellindo rivolto a Pagliafresca. – Non occorre: sono qui fuori che aspettano anche loro di poter entrare! – Questi sono cinquanta euro – mormorò lo scoiattolo mettendo una banconota nelle mani dello spaventapasseri Palostorto. – Venti sono per il regalo a Empedocle e con altri venti pago il mio debito con Casoletta… – Ne rimangono ancora dieci… – Mi dispiace ma quelli li voglio indietro, perché devo regalare una rosa rossa a qualcuno… Fu così che la vita riprese il suo corso normale, al villaggio degli spaventapasseri e al Bosco delle Venti Querce, finché un giorno qualcuno non bussò alla porta della tana di Gellindo. – Avanti! – esclamò lo scoiattolo. Non vi dico la sorpresa, ma anche lo spavento, con cui Gellindo accolse in casa Candeloro, che aveva il vestito nero sporco e strappato, il cappello lacero, la faccia incerottata e gli occhi bassi
e seri. – Cosa vuoi, tu? – chiese Gellindo, dominando l’emozione e la rabbia. – Ti rendi conto del pasticcio che hai combinato? – Sì, me ne rendo conto – rispose quell’altro, con lo sguardo a terra. – E allora che ci fai qui? – Volevo restituirti tutti i soldi che mi avevi dato… – Ma non li avevi persi al gioco? Alle carte e ai dadi? – Sì, però sono andato a cercare quelle persone, quei brutti ceffi, e ho cercato di convincerli a darmi indietro quel che era tuo. Ma non ne hanno voluto sapere... – E ci credo! – Allora ci siamo accapigliati, gliene ho date di santa ragione e ne ho anche prese di santa ragione, ma alla fine… Candeloro gettò un rotolo di banconote sul lettino. – …alla fine sono riuscito a recuperarne duecento! – Duecento euro? – esclamò Gellindo. – E cosa me ne faccio, adesso? – Sono tuoi, questi: sei tu che devi decidere cosa farne! – E Candeloro fece per andarsene. Gellindo fece un balzo in avanti, afferrò Candeloro per le braccia e…
– No, aspetta: non andartene. Mi ha fatto piacere rivederti, ma mi piacerebbe continuare a farlo. Non andartene più, Candeloro, non scappare dal villaggio… In fin dei conti ti vogliamo tutti bene, anche se a volte sei un po’… un po’… – Monello? – Già! – Birbante anche? – Talvolta. – Ladruncolo? – Questo non più! Adesso siamo amici, Candeloro: amici per la pelle e nessuno ci dividerà mai più! E così avvenne. Mentre nel magazzino numero “Quattro” le ghiande d’oro da sei salirono a otto, nella latteria di Casoletta ogni mattina si davano appuntamento Gellindo, Quanto-Basta, Candeloro e Pagliafresca per far colazione a base di cioccolata densa e d’una brioches a testa. Per il conto, ognuno pagava per sé! Gellindo Ghiandedoro faceva un’eccezione solo per Bellondina: se per caso la spaventapasseri-fatina saltellava di lì con una bella rosa rossa fra i capelli neri a boccoli, lo scoiattolo rinunciava volentieri alla sua colazione e la regalava alla fatina. Che cosa si fa, per l’amicizia!
FINE