Le guerre di Gellindo Ghiandedoro - Gellindakis Ghiandedoro e la folle corsa per la vita

Page 1

Le guerre di Gellindo Ghiandedoro

Gellindakis Ghiandedoro e la folle corsa per la vita I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


(Questa storia ha inizio al termine della celebre battaglia di Maratona, che vide le città greche vincere contro i persiani il 12 settembre del 490 a.C., data del calendario della città di Sparta. Per annunciare agli ateniesi la grande vittoria sull’invasore orientale, viene scelto un soldato semplice di nome Filippide perché si rechi di corsa ad Atene con la bella notizia: la Grecia era in salvo! Ma Filippide ha un piccolo problema, che può mettere in pericolo la riuscita della missione: è un tipo pigro e anche un po’ cicciottello! Riuscirà lo scoiattolino Gellindakis Ghiandedoro a cavar d’impiccio il suo padroncino Filippide?) L’esercito dei greci festeggiò la vittoria sui persiani fino a notte fonda. Canti, balli attorno ai falò, gran mangiate e interminabili bevute: era immensa la gioia d’aver salvato la Grecia intera da una terribile invasione. – EVVIVA I SOLDATI ATENIESI! – urlavano nel buio gli spartani. – EVVIVA I FANTI SPARTANI! – rispondevano gli ateniesi, gridando nell’oscurità della grande pianura dove s’era combattuta la lunga battaglia. – SIAMO L’ESERCITO PIÙ FORTE DELLA TERRA! – …E NULLA O NESSUNO CI FA PIÙ PAURA! – ANDREMO ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO! – …E TUTTI I POPOLI DOVRANNO INCHINARSI ALLA POTENZA DELLA GRANDE GRECIA! …a mille e mille le urla si perdevano in quella notte piena di stelle! – Ma non andranno mai a dormire, questi ubriachi? – si lamentò sbadigliando il soldato Filippide, che da

alcune ore cercava di dormire sotto la coperta, al riparo di un cespuglio. Aveva combattuto anche Filippide, come tutti gli altri greci, e più di una volta aveva rischiato grosso, come ad esempio quando i cavalieri persiani avevano travolto il suo manipolo di soldatini che erano armati solo di spada e scudo. Ma era giunto incolume fino a sera, perché gli dei dell’Olimpo volevano troppo bene a quell’omino ateniese timido e un po’ cicciottello, figlio di un vasaio e vasaio lui stesso, mandato in guerra soltanto per errore il giorno in cui i quartieri della grande città erano stati perquisiti alla ricerca di volontari per andar in guerra contro gli invasori che venivano dall’oriente. Lo scoiattolino Gellindakis Ghiandedoro, amico per la pelle del piccolo vasaio, cercava di dormire pure lui, accucciato al caldo vicino a Filippide. – Chiudi le orecchie, padroncino mio, e fa’ finta che la notte di Maratona sia tranquilla, silenziosa e deserta… – EVVIVA LE CITTÀ GRECHE! – urlò forte, lì vicino, uno spartano con


un vocione grosso così. – EVVIVA! EVVIVA!! EVVIVA!!! – strepitarono in coro tutt’attorno. – Senti Gellindakis – mugolò Filippide assonnato, – perché non ci spostiamo un po’ e cerchiamo un posticino più tranquillo? – Penso che posti tranquilli e silenziosi, stanotte, non ce ne siano da nessuna parte! Gellindakis stava ancora parlando, quando dal buio emersero tre ombre gigantesche. – E voi chi siete? – piagnucolò Filippide, stringendosi forte all’amico scoiattolo e cercando sotto la coperta la sua spada. – Siete forse persiani che si vogliono vendicare della sconfitta? Le tre ombre fecero due passi e si fermarono all’altezza del soldatino sotto la coperta. – Sei ateniese, tu? – chiese la prima ombra parlando in greco e dando un calcetto a Filippide, che si tirò in piedi barcollando. – Ehm, sì… sono ateniese dai capelli alla punta dei sandali! – Bene! – berciò l’ombra di mezzo. – Ci serve proprio un soldato ateniese forte e leggero, per una missione importantissima! – Ecco – balbettò esitante Filippide, – se cercate un ateniese che sia soldato, lo avete trovato, ma se lo volete anche forte e leggero, be’, forse io non sono proprio quel che fa

per voi! – Da qui, però, non si direbbe che tu sia debole e pesante – replicò la terza ombra, inginocchiandosi a terra per vedere meglio. – Sì, ma è buio – farfugliò il povero Filippide; – se fosse giorno vi rendereste cono che io non sono il soldato che fa per voi… – Vorresti dire che sei un codardo, ateniese? – E magari anche cicciottello? – E pigro? Ecco, mettiamo subito in chiaro le cose: Filippide a dire il vero un po’ pigrotto lo era e anche cicciottello, ma questo l’abbiamo già detto. Dargli del codardo, però, quello proprio no! – Non sono un soldato vigliacco – scoppiò a piangere il vasaio, – oggi ho combattuto con coraggio, come tutti i greci… Le tre ombre si guardarono e si fecero un cenno d’assenso: – A noi sta bene quel che dici, ateniese, e ti crediamo: tu non sei un codardo, perciò vieni con noi. Ti aspetta un’impresa ai limiti delle possibilità umane! Gellindakis Ghiandedoro seguì ogni cosa dal cappuccio del vestito di Filippide in cui era corso a nascondersi. Nel buio della notte vide quindi il suo padrone al cospetto dei dodici generali delle più importanti città greche, che si complimentarono col soldatino per il suo coraggio e gli



spiegarono quel che doveva fare. – Ci serve un fante agile e scattante… – disse il primo generale. – …che corra senza mai fermarsi per quarantadue chilometri da Maratona fino ad Atene… – proseguì il secondo. – …per portare l’annuncio della vittoria e per avvisare gli ateniesi che si tengano pronti… – concluse il terzo, che poi prosegui: – Non si sa mai, magari la flotta dei persiani decide di tornare indietro e di attaccare la Grecia e Atene direttamente dal mare! Filippide inghiottì la paura e balbettò: – Quarantadue chilometri tutti di corsa? Ci vorrebbe proprio un soldato agile e scattante, ma io… – Tu ci vai benissimo, non chiediamo di meglio – esclamò il generale anziano. – Ecco un otre pieno d’acqua e tre pani appena sfornati dai nostri cuochi. Lascia qui le armi e parti subito, soldato ateniese… Buona corsa! – Il futuro della Grecia dipende da te! – lo salutarono in coro i dodici generali. Se c’era una cosa che Filippide aveva sempre odiato fin da bambino era di sicuro correre! Detestava correre, lo si vedeva anche dalla bella panciotta che si portava appresso, ma davanti ai ventiquattro occhi dei generali e alle mille lance dei loro soldati, dovette far buon viso a cattiva

sorte: infilò i tre pani nella bisaccia, si mise l’otre dell’acqua a tracolla e tranquillizzò il suo amico scoiattolo: – Rimani nel cappuccio, Gellindakis, e cerca di riposare, almeno tu! Ebbe inizio così, la lunga corsa di quarantadue chilometri! Per i primi tre chilometri non ci furono problemi: la pianura di Maratona, lo diceva il suo stesso nome, era proprio piana piana e bastava dosare le energie per procedere senza troppa fatica passo dopo passo. Al quarto chilometro, però, cominciò la salita e Filippide si sentì morire: – Per gli dei dell’Olimpo – sbuffò correndo e barcollando, – non sapevo che nella mia Grecia ci fossero salite così dure! All’ottavo chilometro la strada cominciò a scendere verso la costa e il soldatino poté finalmente tirare un po’ il fiato. – Ma scusa, Gellindakis, sul serio i generali mi hanno ordinato di correre senza mai fermarmi? Lo scoiattolo mentì volentieri al suo padrone, tanto, lì sulla strada per Atene non c’era nessun generale a controllare: – Ma no, hanno detto tanto per dire… quando mai uno, dopo

una giornata intera passata a battagliare di qua e di là con la spada in mano, riesce a correre per quaranta-


due chilometri senza mai fermarsi? Però Filippide, con tutti i difetti che si ritrovava, era anche un vasaio testardo e quindi continuò la sua corsa, respingendo in cuore la voglia di fermarsi, di sedersi sul ciglio della strada e di lasciarsi andare finalmente a un sonno profondo! Correva piano piano, il soldatino, facendo ballonzolare il povero scoiattolo nascosto nel cappuccio sulla schiena. Al quindicesimo chilometro cominciarono le allucinazioni per la stanchezza. – Quello laggiù che cos’è? Lo vedi anche tu, Gellindakis, quel bel letto al bivio della strada? Lo scoiattolo guardò con attenzione e naturalmente non vide nulla. – Non guardare, Filippide, lascia perdere e fa’ finta di niente: se ti fermi adesso, non riparti più! A metà esatta della corsa, quando mancavano ancora ventun chilometri ad Atene, Gellindakis pensò che era giunto il momento di dare una mano al soldatino. Filippide stava ormai correndo a occhi quasi chiusi, vacillando vistosamente da una parte all’altra della strada. Lo scoiattolo allora tolse la bisaccia al suo padrone e se la infilò in spalla; dopo di che balzò a terra e si mise a correre anche lui, gridando e cantando e chiacchierando a voce alta per tener sveglio il suo padrone. Al trentesimo chilometro Filippide

aveva già mangiato i tre pani e svuotato a metà l’otre dell’acqua, senza però fermarsi mai: correva lento, più che altro camminava veloce cantando canzoncine assieme al suo scoiattolino e contando gli alberi d’olivo che incontrava lungo la strada. Al quarantesimo chilometro lo scoiattolo praticamente stava trascinando l’amico verso il traguardo: giunti in cima a una collina i due videro laggiù, a poco più di un chilometro, la città di Atene e, sulla porta settentrionale, una folla osannante di ateniesi che era lì ad attenderli. – Forza, Filippide – urlò allora Gellindakis, gettando via l’otre e la bisaccia vuoti e correndo anche lui con le ultime energie che gli erano rimaste. – Forza che ci siamo! La vedi laggiù, la porta di Atene? Ancora settecento metri e ci siamo! – Metri? Settecento? Ci siamo? Dove ci siamo? Non sento più le gambe, Gellindakis, e nemmeno la lingua… non sono più capace di parlare… Capisci quel che sto dicendo? – Capisco tutto, Filippide, sta’ tranquillo! – A me piacerebbe starmene tranquillo… io sono nato per essere tranquillo, non per correre senza mai fermarmi per quarantadue chilometri… Sono lunghi eterni, quarantadue chilometri! – Resisti per carità! Tieni duro, dai! Ancora trecento metri e siamo


arrivati… – Siamo arrivati dove? Dove stiamo andando… e tu chi sei? Uno scoiattolo parlante? Ecco, vedi? Ho ancora le allucinazioni… Sto diventando matto… anzi, forse matto lo sono già… Filippide il Matto, mi chiameranno d’ora in poi... – Sta’ zitto, padrone… non sprecare energie e pensa invece a quel che dirai agli ateniesi tra soli cento metri… – Cento metri… sì… che cosa dirò agli ateniesi? Chi sono gli ateniesi? – Tu sei ateniese, Filippide! – E allora che cosa mi dirò tra cento metri? – Dirai che abbiamo vinto, che i greci hanno sconfitto i persiani nella piana di Maratona… – Maratona… che bel nome per una pianura… – …e che i generali hanno scelto l’ateniese più forte, più leggero e più resistente per portare fin qua l’annuncio… – Ma dov’è l’ateniese più forte, più leggero e resistente? Io non l’ho incontrato…

– Sei tu, Filippide: sei tu l’eroe di questa giornata! Hai corso quarantadue chilometri senza mai fermarti… – Sono tanti, quarantadue chilometri di corsa, per portare l’annuncio che… – Proprio allora Filippide giunse barcollando tra le braccia dei primi ateniesi che lo aspettavano sulla porta della città e che gli furono attorno mentre lui terminava la frase… – …che abbiamo sconfitto i persiani nella piana di Maratona! Abbiamo vinto! LA GRECIA… HA VINTO… Solo allora Filippide, il vasaio ateniese che era stato un po’ cicciottello e che pigro non lo era proprio più, chiuse gli occhi e si addormentò d’un sonno così profondo che nessuno riuscì a svegliarlo per ventiquattro ore di fila! Gli ateniesi gli fecero festa ugualmente e celebrarono la vittoria con giochi, danze in piazza e tornei lungo le strade, ai quali Filippide partecipò addormentato su una portantina. Venne festeggiato anche Gellindakis, che fu nutrito e dissetato finché quasi il pancino gli scoppiò.

Questa è la storia del soldato Filippide che, correndo da Maratona ad Atene, raggiunse tre risultati: annunciò la vittoria sui persiani, inventò la “maratona”, la lunga corsa di poco più di quarantadue chilometri che chiude ancor oggi tutte le Olimpiadi moderne, ma soprattutto – grazie al suo minuscolo scoiattolo – vinse tutte le sue paure, la sua pigrizia e la sua timidezza! E quell’avventura lo scoiattolo Gellindakis Ghiandedoro la raccontò infinite volte ai suoi nipoti, che la tramandarono di generazione in generazione fino a noi, che l’abbiamo ascoltata oggi!



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.