Le fiabe del Bosco delle Venti Querce - Topo Brisé e il formaggio con le pere

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Le fiabe del Bosco delle Venti Querce

Topo Brisé e il formaggio con le pere I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Cominciò tutto una mattina presto, dopo che le mamme spauracchie avevano salutato da poco i loro spaventapulcini con le cartelle sulla schiena, dopo che i papà spauracchi avevano fatto colazione ed erano usciti di casa per andare a lavorare, dopo che Maestro Abbecedario aveva suonato la campanella della scuola per dare il via alle lezioni... E tutto ebbe inizio con un urlo terrificante... – Aiuto! Casoletta lasciò cadere a terra la pezza con cui stava pulendo i tavoli della sua Cioccolateria... Tisana la Dolce si precipitò ad aprire la finestra della cucina e guardò fuori preoccupata... Chiomadoro per lo spavento si punse con lo spillone con cui stava legandosi i capelli color dell’oro... A Bellondina scivolò di mano la tazza del caffelatte, che si ruppe sul piano del tavolo... Ma cos’era successo? Chi aveva urlato in quel modo? Il mistero si risolse di lì a un paio di minuti, quando la povera Pasticcia giunse correndo nella piazza del Villaggio degli Spaventapasseri, strillando come una disperata... – AIUTOOO! SALVATEMI... CORRETE A SALVARMI! Fu Gellindo Ghiandedoro a prendere in mano la situazione: – Calmati e spiegati, Pasticcia! – esclamò lo

scoiattolo bloccando la povera spaventapasseri all’altezza della fontana. – Smettila di piangere e dimmi cos’è successo! – La mia bella casetta è stata occupata... è stata invasa... – E da chi, me lo vuoi spiegare? – Da un... TOPO! – Dici un topo nel senso proprio di pantegana? Oppure di tipo nel senso di... topolino? – Perché, fa differenza? – domandò Pasticcia tirando su col naso e asciugandosi gli occhi con l’angolo del grembiule da cucina. – Certo che fa differenza: se fosse una pantegana, allora corro a chiamare Ratto Robaccio, il nostro amico sorcio che vive e lavora nella discarica del Villaggio, e ci pensa lui a toglierti di torno l’intruso... Ma se si tratta semplicemente di un topolino, be’, allora posso pensarci anch’io da solo... Pasticcia aggrottò la fronte, fece per rispondere, ma si fermò e ci pensò su a lungo. Dopo di che... – A dire il vero io ho visto un’ombra nella mia cucina, una piccola ombra che ha attraversato la stanza da un angolo all’altro ed è corsa a nascondersi sotto la credenza... No: non mi è sembrato che fosse grande e grosso... forse era proprio un topolino, ma questo non mi risolve il problema: io ho il terrore sia dei sorci giganteschi, sia dei topolini piccoli piccoli...


Gellindo sospirò e s’avviò nella direzione da cui era venuta Pasticcia: – Amica mia, vieni con me: andiamo a vedere di che topo si tratta! L’esserino minuscolo e tutto tremante che s’era nascosto sotto la credenza non avrebbe fatto paura nemmeno a una piccola libellula... – Ciao, piccolino: hai forse un nome? Il topino si girò a guardare quello strano scoiattolo piegato per terra che lo guardava con due occhi allegri e curiosi. – Mi chiamo Brisé, topolino Brisé... – Ascolta, Brisé – chiese allora Gellindo, – si può sapere perché sei venuto ad abitare proprio in casa di Pasticcia? Rassicurato dalla voce tranquilla dello scoiattolo, il topino si rinfrancò e rispose senza più tremare: – Ma li senti quanti profumini ci sono, in questa cucina? Ma lo sai che, fra tutte le spaventapasseri di questo Villaggio, quella che abita in questa casa è la cuoca più brava? Dolci e pastasciutte, gelati e timballi, torte salate e torte dolci, salami di cioccolato e biscotti, budini e frittelle... Qui c’è di tutto e di più: io da questa casa non me ne voglio più andare! Provò, Gellindo, a convincere Brisé che nella casa di Pasticcia non era il caso di fermarsi a vivere: – Ha terrore dei topi, la poverina, e con

tutte le case che ci sono in questo Villaggio, trovi senz’altro qualcuna più ospitale di questa! – Ma come si fa ad aver paura di un topino piccolo come me? – rispose Brisé, che aveva adocchiato un bel piatto di biscotti ancora caldi di forno. – In fin dei conti io mi accontento anche solo di due o tre biscotti al giorno e poi sparisco nella mia tana, mi tolgo di torno e mi si rivede il giorno dopo! – Non sia mai detto che i miei biscotti finiscano in pancia a un topastro! – strillò Pasticcia afferrando la scopa. – Adesso ti faccio vedere io, mio bel Brisé, che fine fa un topo in casa mia! Ci volle del bello e del buono, ma alla fine Gellindo riuscì a calmare la povera Pasticcia e a mettere in salvo il piccolo Brisé, che corse a nascondersi dietro la grossa coda del suo salvatore – Qui dobbiamo trovare una via d’uscita, cari miei! – bofonchiò preoccupato lo scoiattolo, grattandosi la zucca. E fu proprio in quell’istante che a Gellindo venne in mente un piano! – E se facessimo una gara? – buttò lì con uno strano sorriso. – Una gara di che? – fecero in coro Brisé e Pasticcia. – Una vera e propria... GARA DI CUCINA! – disse Gellindo trattenendo a stento la felicità. – In che senso? – ebbe la prontez-


za di chiedere per primo Brisé. – Nel senso che voi due avete tre ore di tempo per preparare ognuno un piatto che sia allegro, facile da fare e gustoso da mangiare... Io sarò il vostro giudice: se sceglierò il piatto di Pasticcia, tu Brisé dovrai andartene da questa casa per sempre e non ti farai più vedere. Se invece a me piacerà di più il piatto che preparerà il topolino, allora Pasticcia si rassegnerà: ospiterà Brisé in casa sua e, prima o poi, dovrà abituarsi a vivere con un topo tra i piedi! Mamma Pasticcia era così certa della sua bravura in cucina, che sorrise, scosse il capo e... – D’accordo: io ci sto! Sono quasi certa di vincere e devo dire che sarà una gran bella soddisfazione buttar fuori di casa un topaccio che non sa nemmeno cucinare... Brisé, per parte sua, tacque e cercò di nascondere il sorrisetto soddisfatto che gli si disegnava in volto... – Questa gara di cucina va bene anche a me... e mi metto subito al lavoro! I due contendenti si gettarono immediatamente nell’impresa. Mamma Pasticcia prese per sé metà cucina e lasciò l’altra metà a Brisé: dopo di che fu tutto un rumor di pentole e posate, scrosci d’acqua e tintinnar di forchette e coltelli... I due non si guardavano nemmeno, talmente erano intenti a prepa-

rare il loro piatto: è vero, noi abbiamo potuto curiosare in cucina, ma possiamo solo dirvi che se da un lato Pasticcia stava lavorando con il latte, con la polvere di cioccolata bianca, con lo zucchero e con la panna montata, per parte sua Brisé era impegnato a pelare una pera, a strizzar limoni, a lavar ciuffetti di prezzemolo e a tagliar a fette sottili del buon formaggio emmenthal... La voce della s’era sparsa per tutto il Villaggio e allo scadere delle tre ore previste nella casetta di Pasticcia s’erano dati appuntamento un bel po’ di spaventapasseri: c’erano Casoletta e Chiomadoro, Bellondina e Tisana, Empedocle e Còntolo, RossoVerdeGiallo e Abbecedario... – Allora, siete pronti? – esclamò Gellindo guardando l’orologio appeso alla parete della cucina. – Avete finito? – Io ho finito! – strillò Brisé, coprendo il suo piatto con un copripiatto a campana. – Pure io sono pronta! – ribatté Pasticcia, nascondendo il suo capolavoro sotto a uno strofinaccio di cucina. – Bene, da chi cominciamo? – chiese Gellindo rivolto al pubblico degli spauracchi. – Visto che Pasticcia è una cuoca quasi professionista – propose Abbecedario, – direi di cominciare da lei, così diamo un piccolo vantaggio al


topolino! – Sono d’accordo con te – convenne lo scoiattolo. – Facci vedere cos’hai preparato, Pasticcia! La spaventapasseri si sistemò il cappello da cuoco, tolse lo strofinaccio e... – Ecco a voi il BUDINACCIO! – Il budinaccio? – urlarono in coro tutti quanti. – E cosa sarebbe, poi? – Il budino per un pagliaccio... Il BUDIN-ACCIO! In una zuppiera Pasticcia aveva versato una porzione abbondante di budino alla cioccolata bianca; usando poi la panna montata aveva disegnato gli occhi tondi e grossi e la bocca sorridente, mentre per il naso aveva piantato al centro una grossa ciliegia rossa. Due grossi biscotti a mo’ di cappello, una spolverata di zucchero a velo e voilà! Il dolce era servito! – E tu, Brisé, cosa hai preparato? Il topino afferrò la maniglia del copripiatto a campana e lo alzò con un gran sorriso... – Ho preparato per voi... mio cugino Ambrogio! – Tuo cugino... Ambrogio? E chi sarebbe mai, questo Ambrogio? – È un topolone che ama esser mangiato in due bocconi! Gellindo e gli altri si fecero sotto incuriositi. Al centro del piatto di Brisé, adagiato su una fetta di formaggio Emmenthal, c’era una mezza pera pelata che aveva proprio la forma di un bel topolone: due grani di pepe

nero al posto degli occhi, due pinoli per le orecchie, due ciuffetti di prezzemolo per i baffi e un rametto di prezzemolo più lungo al posto della coda... – MA È BELLISSIMO! – si lasciò scappar detto Pasticcia, che subito arrossì e si mise una mano sulla bocca. – OPS, forse questa non dovevo dirla, vero? – E perché no? – esclamò di rimando Gellindo Ghiandedoro. – Se ti andava di dirla, perché stare zitta? Se poi il piatto di Brisé ti piace veramente, vuol dire che la gara ha raggiunto il suo scopo! – E cioè? – Quello di farvi fare la pace, di farvi andar d’accordo e di convincervi che vivere sotto lo stesso tetto non è poi così difficile! Pasticcia guardò meglio Brisé e con un sussulto al cuore per la sorpresa non vide più una pantegana in miniatura oppure un topastro pronto a trasformarsi in un mostro: vide solo un minuscolo topolino dolce e grazioso, debole e indifeso, ma anche orgoglioso che il suo piatto piacesse a tutti, ma soprattutto a Pasticcia! – D’accordo – disse la spauracchia prendendo in mano la mezza pera a forma di topo, – puoi fermarti a vivere in casa mia, a una condizione però! – Quale? – Che tu mi insegni tutte le ricette


che conosci e che tu impari tutte le ricette che conosco io! Ti va bene? – Basta che poi le possiamo assaggiare assieme! – propose Brisé.

– Affare fatto: la mia cucina, d’ora in poi, sarà anche la tua cucina! E nacque così una nuova e bella amicizia, che dura tuttora!

La ricetta dei “Topolini di pera sul formaggio” Ingredienti della ricetta per due “topolini”: una mela del tipo Kaiser due fette quadrate di formaggio emmenthal alcuni ciuffetti di prezzemolo quattro grani di pepe nero quattro pinoli il succo di un limone... Tutti sanno che mangiare il formaggio con le pere è una vera leccornia da leccarsi i baffi. Questo piatto semplicissimo, saporito, fresco e dolce, da preparare in pochi minuti con l’aiuto della mamma o del papà, aggiunge anche un pizzico di allegria alla vostra merenda estiva. Prendi una pera Kaiser (ma anche un altro tipo di pera può andar ugualmente bene), fattela tagliare a metà per il lungo e chiedi a un adulto che tolga la buccia con un coltello. Poi, per evitare che la polpa della pera scurisca, bagnala con abbondante succo di limone. A questo punto prendi del formaggio emmenthal e fattene tagliare due fette sottili e quadrate. Prendi le due metà di pera e mettile ognuna al centro di una fetta. Con due grani di pepe nero farai gli occhi, con due pinoli farai le minuscole orecchie, con due ciuffetti di prezzemolo piantati ai lati della punta sottile della pera farai i baffetti e con un rametto di prezzemolo più lungo, piantato al centro della parte grossa, farai la coda. A questo punto i tuoi “topolini di pera sul formaggio” sono pronti per essere portati in tavola e divorati in tre bocconi. Sentirai che squisitezza, ma attento a non inghiottire i semi di pepe nero... EH! EH! EH!



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