Fra Vesuvio e lo stregone del Vulcano I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
Ve l’ho mai detto come trascorrono le lunghe serate d’estate, gli spaventapasseri, quando la notte tarda a calare e fuori c’è un bel tepore dopo una giornata do sole forte? Si danno tutti appuntamento, dopocena, nella grande casa di Passion di Fiaba: Tisana la Dolce porta le sue caramelle alla melissa, Casoletta non fa mancare un vassoio di pasticcini e Bellondina arriva sempre con un bel piatto colmo di frittelle ripiene di marmellata ai frutti di bosco. Poi, dopo aver sgranocchiato dolcetti e caramelle, a turno uno degli spaventapasseri racconta agli altri un suo ricordo, una fiaba, un’avventura… e alla fine della serata gli amici gli danno anche il voto. – Oggi tocca a… – esclamò Passion di Fiaba una sera di dicembre, quando finalmente ci fu un po’ di silenzio. Sceglieva sempre lui, e a sorpresa, lo spaventapasseri che doveva intrattenere gli altri. – …tocca a… – ripeté Passion di Fiaba, guardando negli occhi uno per uno gli amici spauracchi seduti attorno a lui. – Su dai, Passion di Fiaba, non tenerci sulle spine anche questa sera: ci vuoi dire il nome dello spaventapasseri che dovrà raccontare la sua storia, stasera? – Questa sera scelgo… FRA’ VESUVIO! – Oh, finalmente – esclamò il simpatico spaventapasseri napoletano, che di storie strambe ne conosceva una montagna alta come il vulcano della sua città! – Era ora che scegliessi me,
caro Passion di Fiaba, perché se volete ascoltare storie mirabolanti e avventure incredibili, è a Fra’ Vesuvio che dovete rivolgervi… Come quella volta che i vicoli e le piazze della mia bella città di Napoli furono ricoperti da un fiume di… panna montata! – Panna montata… quella da mangiare? – esclamò Paciocco sbarrando gli occhi incredulo. – Panna montata bella soffice, bianca e soprattutto dolce! Dolcissima! Ma andiamo con ordine. Dovete sapere che sulle pendici del Vesuvio, praticamente da sempre, i napoletani portano le mucche al pascolo. Ma cosa dico! Le nostre non sono mucche: sono belle bufale che danno un latte denso e buonissimo, col quale si fanno delle mozzarelle… mmmm… che sono la fine del mondo! Quando io ero piccolo piccolino, uno di questi pastori di bufale si chiamava Esposito: era un ragazzo grande e grosso, forte come una balena ma soprattutto buono come una pasta sfoglia, generoso con tutti e sempre pronto a dare una mano a chi ne aveva bisogno. Un giorno, mentre se ne stava in un prato sulle pendici del Vesuvio a pascolare le bufale di suo nonno Gennarino, gli si avvicinò un vecchietto che… “Ciao, bel giovane” disse il nuovo venuto. “Buon giorno, signore – rispose Esposito, al quale la mamma aveva insegnato ad essere gentile con tutti. – Avete bisogno di qualcosa?”. “Ecco, lo vedi quel grosso sasso
laggiù, nel prato che sta al di là della strada? Potresti spostarlo da un’altra parte? Là in mezzo dà fastidio ai contadini e siccome ho sentito dire che tu sei molto forte…”. “Se non volete altro, signore! – esclamò il ragazzo, che si alzò, andò in mezzo al prato, si caricò il grosso masso sulla schiena e lo portò nel boschetto lì vicino. – Vi basta così?”. “Be’, già che ci sei, non vorresti prendere questa falce e tagliare l’erba di tutto il prato? I contadini sono scesi a Napoli al mercato, e oggi non c’è nessuno che prepari il fieno per le bestie nelle stalle…” . “Non c’è problema! Datemi la falce e mi sbrigo in un attimo…”. Gli ci volle meno di mezz’ora, al nostro Esposito, per tagliare l’erba di tutto il prato a una velocità che lasciò esterrefatto il vecchietto. “Certo che sei forte, tu, e anche veloce nel lavoro… Ma soprattutto sei generoso con gli altri, e questa è una virtù che va premiata!”. Il vecchio gli tolse la falce di mano e col manico batté per terra una volta soltanto. Subito dopo un sordo brontolio scosse la terra di quella parte del Vesuvio e una cupa esplosione riempì l’aria dell’odor di zolfo. “Oh, santo cielo… e che è stato mai?” strillò Esposito. “Il vulcano, ragazzo mio – esclamò il vecchio con un sorriso. – Il buon Vesuvio s’è svegliato e adesso saranno guai per tutti…”. “Mamma mia! Devo correre ad av-
visare del pericolo nonno Gennarino e anche tutti gli altri della città… Io scendo subito a Napoli: me le guardate voi, le bufale?”. “Già, e devo guardartele anche mentre arrostiscono sotto il fiume di fuoco che tra un po’ passerà di qui?” fece il vecchio osservandolo con occhi buoni. “Ma se le porto con me, ma non ce la farò mai ad arrivare in tempo…”. Insomma: o Esposito restava con le sue bufale, oppure salvava l’intera città di Napoli da quell’improvvisa eruzione vulcanica! Il ragazzo ci pensò sopra un attimo e poi scelse… la città di Napoli! “Sentite, fatemi un favore voi, adesso! – disse Esposito, consegnando al vecchio il bastone del pastore. – Piano piano portate voi le mie bestie giù, in città, mentre io corro ad avvisare tutti che sta per arrivare una terribile colata di fuoco…”. Non attese nemmeno risposta, il ragazzo, si girò e corse giù per il sentiero. Sulle spalle di quel vecchio pesavano molti, moltissimi anni, ma aveva nel cuore una grande, grandissima saggezza. Conosceva cose, lui, che gli altri nemmeno s’immaginavano. Sapeva ad esempio formule magiche per trasformare un bel fungo di prato in un grossa roccia, oppure poteva far apparire dal nulla tutto ciò che voleva, anche una bella falce da contadino, ed era capace di far scoppiare eruzioni vulcaniche a comando… Era un vecchio stregone, insomma, uno stregone buono, per carità, ma pur sempre un mago-stregone che alzò il bastone di Esposito in aria e
urlò una strana formula… “ABRATÌM, ABRATÒM… SARCATA… CHE QUESTA COLATA DI FUOCO DIVENTI… PANNA MONTATA!” E avvenne che il fiume di fuoco che stava scendendo dalle pendici del vulcano, come per incanto si trasformò all’istante in una cascata di candida panna montata, soffice e dolce come mai se n’era vista a Napoli! Una cascata alta almeno un metro, che piano piano scese giù per il monte, raggiunse la città e riempì strade, vicoli e piazze, per fermarsi solo in riva al mare! E i Napoletani fecero gran festa. Grandi e piccini scesero tutti in strada a danzare in mezzo a quel ben di dio, a mangiar bignè alla panna e pizze dolci le più squisite. Alla fine portarono in trionfo il buon Esposito, che aveva avuto il merito di avvisarli dell’arrivo di quella colata ottima da mangiare, e gli regalarono tanti di quei soldi d’oro e d’argento, che divenne il ragazzo più ricco della
città. Si comprò allora una grossa mandria di bufale tutte sue e le portò al pascolo sui prati del Vesuvio, sperando ogni giorno di incontrare quel vecchio gentile che l’aveva fatto diventare così ricco. Lo sta cercando ancor oggi, ma di quello stregone non si è più saputo nulla! – È già finita la tua storia? – chiese Paciocco, che aveva ascoltato il racconto a occhi chiusi, passandosi e ripassandosi la lingua sulle labbra. – Che buona… ehm, cioè… che bella! – Bene – disse allora Passion di Fiaba. – Mi par di capire che la storia di Fra’ Vesuvio, almeno per il nostro Paciocco, ha ricevuto il voto più alto: DIECI! Va bene a tutti come punteggio? Andava bene eccome! Un applauso fu la risposta alla domanda di Passion di Fiaba e poi tutti tornarono a casa allegri e felici, soprattutto Paciocco, che se ne andò sgranocchiando l’ultimo pasticcino di Casoletta: un cornetto ripieno di… PANNA MONTATA!