La maledizione del fungo blu a bolli rossi

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La maledizione del fungo blu a bolli rossi I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Una pioggerella sottile ticchettava leggera sulle foglie del bosco ma non riusciva a toccar terra, perciò Bellondina e Chiomadoro potevano continuare a raccogliere funghi senza il pericolo di bagnarsi. E i cestelli già quasi pieni dimostravano che i funghi buoni, quell’autunno, erano abbondanti, grossi e sani. – Guarda che bel porcino sotto quelle foglie! – strillò Chiomadoro. – E tu fa’ attenzione a non pestare quella famigliola di finferli in mezzo al prato! – gridò di rimando Bellondina. Dava proprio soddisfazione andar per funghi in quel modo: non passava minuto senza che da sotto una foglia o tra i fili dell’erba alta non spuntasse un qualche fungo pronto per essere messo nel cesto! Fu così che, cerca di qua e raccogli di là, aspetta che andiamo dietro a quel dosso e perché non ci spostiamo fino a quel boschetto laggiù, a mezzogiorno in punto le nostre amiche si ritrovarono in un punto in cui il viottolo si divideva in due sentieri: uno che andava a sinistra e l’altro che svoltava a destra. Proprio in quel punto, proprio in prossimità di quel bivio Chiomadoro vide quel che mai avrebbe dovuto vedere. – Uh, ci sono anche quest’anno! – si mise a strillare all’improvviso, saltellando felice e battendo le mani. – Guarda che bei funghi lì, sotto quel cespuglio! – Ma sei sicura che questi funghetti blu a bolli rossi siano buoni da mangiare? – domandò sospettosa Bellondina,

dopo essersi piegata a controllare. – Buoni? Ma sono ottimi, ottimissimi... se poi li metti nel misto con la polenta, gli danno un sapore incredibile! – esclamò Chiomadoro, che ne raccolse otto o nove, li annusò e li fece annusare all’amica e poi ne mise cinque nel suo cesto e gli altri in quello di Bellondina. Dopo di che si girò e... – Quale pensi sia il sentiero che dobbiamo imboccare, per far ritorno al villaggio? – Beh, noi siamo venuti da quella parte, mi pare... e allora per tornare a casa dobbiamo prendere... il sentiero... di sinistra... – balbettò Bellondina con il cuore che galoppava a mille per la paura di sbagliare. – Secondo me, invece, se vogliamo uscire dal bosco dobbiamo prendere la strada di destra... – Se ne sei così sicura, perché allora hai chiesto la mia opinione? – Perché io ho detto che “secondo me” è la strada giusta, non ho detto che ne sono certa! Il cuoricino di Bellondina ormai galoppava a cinquemila e una lacrimuccia era aggrappata al ciglio del suo occhio destro. – Chiomadoro... – Cosa c’è, Bellondina... – Ho paura che ci siamo perse! – È la stessa paura che ho io... e allora cosa facciamo? – Non ci rimane che urlare con tutto il fiato che abbiamo in gola! Strillarono per una buona mezzora, le due poverette, ma nessuno le sentì: il Villaggio era troppo lontano


e gli alberi del bosco si stringevano tutt’attorno come per chiuderle in una prigione. Chiomadoro riuscì ad arrampicarsi fin sulla cima di un abete, ma quel che vide fu solo il verde intenso di una foresta immensa che si perdeva oltre l’orizzonte. – Io non pensavo che il Bosco delle Venti Querce fosse così grande – si lamentò la spauracchia non appena ebbe rimesso piede a terra. – Ma è vero – urlò all’improvviso Bellondina saltellando felice, – che sciocche siamo state a non pensarci prima. – A non pensare a cosa? – chiese perplessa Chiomadoro. – Al fatto che abbiamo sì camminato in lungo e in largo e che ci siamo lasciate alle spalle torrentelli e dossetti, prati e burroni, ma siamo pur sempre ancora nel nostro Bosco delle Venti Querce! – E il saperlo dovrebbe farci fare i salti di gioia? – Come no! – disse Bellondina scuotendo l’amica per le spalle. – È sufficiente che noi troviamo l’ingresso di una tana di talpe, e poi sarà un gioco da ragazze chiedere a talpa Melesenda che ci faccia da guida fino a casa! Il foro di una tana di talpe fu facile da trovare, dopo di che... – Melesendaaaaa... vieni fuori! – urlarono le due amiche a squarciagola, e l’eco delle infinite tane di talpe rispose poco dopo... «...fuoriiii...». – Melesenda, siamo Chiomadoro e

Bellondina... vieni a darci una mano... «...manoooo...». – Ci siamo perseeee.... «...Rrrrooonnn... Bzzzzzz... Rrrrooonnn... Bzzzzzz». – Ma guarda tu che sfortuna – singhiozzò allora Chiomadoro sedendosi ai piedi di un albero. – Melesenda e le sue amiche sono già andate in letargo: mi sa che dovremo passare la notte qui, in questa foresta sconosciuta... – Eh no, cara mia, il sole è ancora alto e ce ne vuole prima che scenda l’oscurità. Vieni, lascia perdere i cestelli e andiamocene... – la incitò Bellondina, gettando il suo cestino nel bosco e avviandosi per il sentiero di sinistra. – Con tutta la fatica che ho fatto per raccoglierli, non sia mai detto che io butto via i miei funghi! – strillò nervosa Chiomadoro. – E poi perché vai a sinistra? – Io mi sento che questa è la strada giusta e che in meno di un quarto d’ora saremo davanti alla quercia in cui abita Gellindo. Chiomadoro tacque, si tenne ben stretta il suo cesto e s’avviò per il sentiero di... destra! – Allora hai deciso di andare da quella? – le chiese Bellondina, imboccando il sentiero di sinistra. – Certo – rispose quell’altra, – ognuna vada per la sua strada e vedremo chi torna a casa per prima! Accadde così che, quando dopo dieci minuti Bellondina si ritrovò sulle rive della Palude dei Vampiri Striscianti, e quindi in una zona che ben conosceva,


Chiomadoro era ancora persa in un intrico di sentieri e sentierini da cui non riusciva a liberarsi. E solo quando fu buio gettò con rabbia il cesto dei funghi il più .lontano possibile e si lasciò andare in lacrime ai piedi di un grosso macigno coperto da uno strato soffice e profumato di muschio. Bellondina nel frattempo era corsa a chiamare Gellindo e assieme si precipitarono al Villaggio a dare l’allarme... – Chiomadoro s’è persa nella foresta! – Forza, dividiamoci in squadre e andiamo a cercarla! – Io vado a prendere delle pile... – E io corro a svegliare la civetta Brigida... Batterono la foresta avanti e indietro per buona parte della notte: perlustrarono tutti gli angoli più bui, chiamarono a raccolta le talpe che erano già andate in letargo, ma Chiomadoro pareva sparita, svanita nel nulla, rapita da chissà chi! E all’alba fu anche peggio: la pioggerella del giorno prima si trasformò in un diluvio di pioggia violenta, gelida e fastidiosa, che percuoteva le foglie e inzuppava il terreno. Bellondina, Gellindo e gli altri amici non si diedero per vinti e passarono e ripassarono per la centesima volta negli stessi luoghi già controllati e ne controllarono altri di nuovi, ma senza risultato. Solo a mezzogiorno a Gellindo venne un sospetto. Un terribile sospetto. – Bellondina, ma che funghi avete

raccolto, ieri nel bosco? – Oh, i soliti porcini e tanti buoni finferli... – Solo quelli? – Beh, no: Chiomadoro ne conosceva anche un terzo tipo... – Non dirmi che era un fungo piccolo e blu a bolli rossi?! – Ah, ma allora anche tu lo conosci? Chiomadoro ne va matta, mi ha detto che dà un sapore straordinario al misto con la polenta... Il volto di Gellindo si scurì, gli occhi divennero all’istante seri e preoccupati e la fronte dello scoiattolo si arricciò pensierosa. – Se ciò che mi hai detto è vero, devi sapere che i funghi blu a bolli rossi che avete raccolto ieri sono velenosissimi! Anche al solo annusarli, fanno perdere l’orientamento e non riesci a tornare indietro nemmeno se sei nel prato davanti a casa! A quel punto Bellondina si mise a piangere. – E adesso? Come facciamo a trovare Chiomadoro? Chissà dove è andata a perdersi, quella poveretta... Gellindo si grattò la zucca perplesso e gonfio di pensieri: – Il fatto è che la foresta l’abbiamo setacciata in lungo e in largo, controllando ogni buco anche quattro volte, e di Chiomadoro non c’era nemmeno l’ombra... – Io però ho trovato questo... – ansimò Quantobasta, arrivando di corsa dal bosco. – Ma io lo conosco, quello: è il cesto di Chiomadoro – strillò singhiozzando Bellondina. – Evidentemente l’ha but-


tato via assieme ai funghi... Solo allora un sorriso trionfante si disegnò sulle labbra di Gellindo. – Che c’è da ridere a quel modo? – domandò la civetta Brigida. – C’è che il mistero si è risolto da solo! –rispose lo scoiattolo. – Venite con me e state a vedere! Gellindo e tutti gli altri tornarono al Villaggio e si recarono di filato alla casetta in cui abitava Chiomadoro, una bella casupola con le tendine a fiori alle finestre e un orticello dietro casa che dava ogni tipo di verdura. Bastò che Gellindo sfiorasse la campanella sopra l’ingresso... Dliiing... Dleeeng... che la finestrella del piano di sopra si aprì e apparve... – Chiomadoroooo! – urlarono tutti esultanti. – Siamo felici di rivederti! – Ma dove ti eri cacciata? – urlò Bellondina più forte degli altri. – Ciao, Bellondina... ma lo sai che è bastato buttar via i funghi, che ho subito capito quale strada dovevo prendere per tornare a casa? – Il sentiero di sinistra, vero?

– Beh sì, avevi ragione tu... Ma non so proprio che cosa mi sia successo... A quel punto fu Gellindo che chiese silenzio e prese la parola. – È successo, cara la mia amica, che d’ora in poi dovrai fare attenzione ai funghi che raccogli... I porcini vanno bene e nel misto con la polenta ci stanno anche tanti finferli, ma i funghi blu a bolli rossi, quelli li devi lasciare nel bosco! Sono funghi terribili, quelli, funghi che fanno perdere la strada di casa!... Funghi velenosi, insomma, pericolosissimi! Hai capito? – Come no – rispose Chiomadoro, – la lezione m’è servita, cari miei, non preoccupatevi... Allora, per ringraziarvi e per festeggiare assieme, siete tutti invitati a pranzo a casa mia... – E cosa si mangia? – chiese Pasticcio con l’acquolina in bocca. – Polenta e misto di funghi! – Non mi dire che... – intervenne Gellindo. – No, caro mio: sarà un ottimo misto, ma solo con porcini e finferli! – concluse la bella Chiomadoro con un gran sorriso felice.



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