Gellindo Ghiandedoro va in letargo I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
Il momento magico che Gellindo attendeva con ansia fin dal tardo autunno, quell’anno giunse all’improvviso ai primi di dicembre. Un soffice torpore gli riempì la testa, facendogliela diventare pesante e ciondolona; un vuoto allo stomaco gli fece sognare a occhi semichiusi una bella ghianda tenera da sgranocchiare; un tremolìo alle ginocchia lo obbligò a sedersi sulla sponda del suo lettino. E solo a quel punto, quando fu proprio sicuro che stava per addormentarsi, lo scoiattolo si pose le solite domande che gli aveva insegnato la sua mamma… – La “pappa” è in magazzino? “I magazzini uno, due e tre sono pieni fino all’orlo!” – E le scorte di acqua da bere? “Sono sotto al lavandino” – Lavati i denti? “Certo.” – Salutati gli amici? “Come no!” – Lasciata una lunga lettera a Bellondina? “Ho finito di scriverla ieri sera a mezzanotte”. – Nascoste ben bene le sette sveglie? “Non occorre neanche chiederlo!” – Ho sonno? “Non riesco a tenere gli occhi aperti, anzi: li ho già chiusi…” – E allora… buon letargo, Gellindo Ghiandedoro! “Grazie e altrettanto, Ghiandedoro Gellindo…” E… PUMFFF!… lo scoiattolino cadde a occhi chiusi sul cuscino e di lì a un
istante nemmeno una cannonata sparata ai piedi della quercia più grossa del Bosco l’avrebbe svegliato! Una cannonata forse no, ma quel flebile e insistente scricchiolio nel pieno della prima notte di letargo… SCRIIIIICK… SCREEEECK! …fu capace di svegliare il povero scoiattolo, che si ritrovò seduto sul letto a occhi chiusi, cercando di capire da dove venisse quel rumore fastidioso. – Si può sapere chi non mi lascia dormire? – biascicò il povero Gellindo tra uno sbadiglio e l’altro. SCRIIIIICK… SCREEEECK! Per mille spaventapasseri calvi! Ma quello era il grosso tronco della quercia che, mosso dal vento della notte, scricchiolava quasi piangesse per la fatica di restare in piedi! Gellindo, allora, scese da letto, andò nel magazzino “Tre”, prese un vasetto di grasso per legno e con quello unse ben bene tutto il tronco, dalla base fino ai primi rami, facendo sparire come per incanto tutti gli scricchiolii molesti. Poi tornò a letto, chiuse gli occhi e s’addormentò di sasso. Ecco: pareva proprio un sasso tirato da qualcuno che… STOCK!… colpiva la corteccia della quercia sbucciandola appena. E poi… STOCK!… ecco un altro sasso… STOCK-STOCK!… addirittura due insieme, adesso… STOCK!… un altro ancora solitario… – Smettetela di tirar sassi! – strillò Gellindo, saltando giù dal letto e cor-
rendo alla porta per vedere chi fosse quell’impertinente rompiscatole. Nessuno: lì fuori pareva non esserci nessuno e se c’era stato prima, adesso era fuggito spaventato dagli strilli. Comunque lo scoiattolo si munì di una lunga corda, tolse i materassi dal letto e li legò ben bene tutt’attorno al tronco della quercia, per impedire che altri sassi facessero rumore. Poi si avvolse nelle coperte rimaste, si rannicchiò in un angolo della sua casetta e si riaddormentò con un lungo sospiro. Fu proprio un sospiro leggero leggero, ma insistente e continuo… FRUUUSSSHHH… FRUUUSSSHHH… FRUUUSSSHHH… …a entrargli nel cervello, a disturbarlo durante un bel sogno, a fargli aprire prima un occhio, poi anche l’altro e alla fine a farlo saltar dal letto per la terza volta in una sola notte. – Si faccia un po’ vedere quello sciocco che si mette a sospirare proprio sotto le finestre d’un povero scoiattolo che sta cercando di andare in letargo? – urlò il poveretto affacciato alla finestra. Il fruscio dell’enorme chioma della quercia fu l’unica risposta che Gellindo ricevette. Ecco che cos’era quel sospiro: erano le migliaia e migliaia di foglie che rabbrividivano in coro al vento freddo d’inizio dicembre! Per fortuna di lì a poco il freddo si fece così intenso, che una dopo l’altra le foglie si ghiacciarono e rimasero ferme immobili: il gemito sospiroso, allora, si calmò e un silenzio
dormiglione calò sul Bosco e sulla grossa quercia. A quel punto, però, Gellindo Ghiandedoro non aveva più sonno! Scricchiolii, colpi e sospiri l’avevano completamente svegliato: si mise sotto le coperte, chiuse gli occhi e pensò alle cose più belle che gli erano successe durante l’anno, pensò anche a quelle ancor più belle che gli sarebbero capitate la prossima primavera, canterellò una ninna nanna sottovoce, ma non ci fu niente da fare. Il sonno del letargo se n’era andato, era svanito in quella prima lunga notte e lo scoiattolo correva il rischio di non riaddormentarsi più, di passare tutto quell’inverno tappato in casa, ma sveglio come un anatroccolo nello stagno! “E se mi mettessi a contare tutte le ghiande che ho mangiato in vita mia?” si disse tutto speranzoso il nostro piccolo amico insonne. – UNO: una ghianda quand’ero piccolo piccolo… DUE: un’altra ghianda il giorno dopo… TRE: una ghianda il giorno dopo ancora… QUATTRO: un’altra ghianda il pomeriggio di quel terzo giorno… CINQUE: una ghianda ancora la sera sempre di quel terzo giorno… Quando giunse alla ottocentosettantacinquesima ghianda, Gellindo venne interrotto da un sonoro “TOCK! TOCK!”. – Chi è che bussa alla mia porta? –
esclamò lo scoiattolo, che contemporaneamente si dimenticò a quale numero di ghiande era arrivato. – Sono io, sono Tisana la Dolce! – Entra pure, allora: è aperto! Dapprima Gellindo Ghiandedoro non capì che cosa avesse in mano Tisana: pareva un grosso bricco fumante… – Ho visto che la luce della tua casa è rimasta accesa per quasi tutta la notte – disse la spaventapasseri, – e ho pensato che forse avevi dei problemi ad addormentarti… – Già – rispose lo scoiattolo, – problemi di fruscii, di scricchiolii e di colpi che non mi fanno chiuder occhio… – … e allora ti ho preparato questa bella camomilla extra-forte! Gellindo non se lo fece ripetere due volte: corse a prendere una tazza, aggiunse un bel cucchiaio di zucchero e… GLU GLU GLU!… – Che buona! Ce n’è un’altra tazza? – Come no! Ho preparato tutta la camomilla che ti serve. E… GLU GLU GLU… GLU GLU GLU… alla quinta tazza Gellindo si sentì gli occhi pesanti, alla sesta sbadigliò dieci volte di fila e finalmente alla settima gli crollò il capo e Tisana la Dolce lo mise a nanna sotto le coperte. Poi la spaventapasseri accostò le imposte della finestra, spense la luce e chiuse piano piano la porticina della tana senza nemmeno augurargli buonanotte… Non ce n’era bisogno!