Ladri al Villaggio degli Spaventapasseri

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Ladri al Villaggio degli Spaventapasseri I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


L’alba di quel venerdì di febbraio si annunciò con un cielo color grigio tenue, che si fece strada nell’oscurità di una notte lunga e gelida. La neve che avvolgeva ogni cosa – che copriva i campi e i tetti delle case, che copriva i muriccioli lungo i viottoli di campagna e le immondizie accatastate nella discarica del Villaggio – la neve caduta da poco, dicevo, s’era ghiacciata sulle fronde degli alberi e i rami erano piegati verso terra, stanchi di dover sopportare quel peso così ingombrante. Il Villaggio degli Spaventapasseri dormiva ancora della grossa, quando… Click! …una lucetta si accese al secondo piano della casa di Casoletta, che era sempre la prima spauracchia a tirarsi giù dal letto per preparare le colazioni che di lì a poco avrebbe servito nella sua Cioccolateria. La spauracchia allungò come sempre una mano sul comodino per prendere l’orologio da polso e… un urlo disperato si alzò subito dopo! – Aiutooo... L’invocazione della povera Casoletta uscì dalla finestrella della camera da letto, si alzò nella penombra dell’alba e volò in lungo e in largo sopra i tetti di tutte le case del Villaggio. “Aiuto per che cosa?” pensò Quantobasta allungando una mano sul comodino per cercare gli occhialini da farmacista. Ma gli occhialini da farmacista… erano spariti! “Aiuto da parte di chi??” si disse

Bellondina, allungando una mano sul comodino per prendere il fermaglietto d’argento e aggiustarsi così i capelli prima di alzarsi dal letto. Ma il fermaglietto d’argento… era sparito! “Aiuto a quest’ora della mattina???” esclamò tra sé e sé maestro Abbecedario, allungando una mano sul comodino per prendere la penna col cappuccio d’oro e scrivere sul suo quadernetto degli appunti l’ora del risveglio. Ma la penna col cappuccio d’oro… era sparita! “Aiuto in che parte della Valle di Risparmiolandia????” si disse il vecchio Empedocle, allungando una mano sul comodino per prendere la trombetta da mettersi all’orecchio per sentire meglio. Ma la trombetta da mettersi all’orecchio per sentire meglio… era sparita! Fu così che uno, due… tre… quattro… cinque urla di dolore e di “Aiuto” s’incrociarono nel cielo del Villaggio e ben presto tutti gli spauracchi dovettero alzarsi dal letto e correre in piazza. Ad attenderli c’erano già Casoletta, Quantobasta, Bellondina, Abbecedario e il vecchio Empedocle che stavano cercando di capire quel che era successo. – Senza la mia trombetta dovrete tutti urlare a squarciagola, cari miei – si lamentava Empedocle. – A me invece qualcuno ha rubato l’orologio d’oro, che è un vecchio ricordo di famiglia – pianse Casoletta, abbracciandosi stretta stretta a Tisana la Dolce.


– Cosa dovrei dire io, allora – s’intromise Bellondina con le lacrime agli occhi, – che non riesco più a trovare i fermaglietti d’argento per i miei capelli a boccoli? – Per mille medicine scadute! – esclamò a quel punto il farmacista Quantobasta. – I vostri sono problemucoli da poco. Io, invece, senza occhiali non potrò più leggere le ricette e non saprò più prendere le medicine giuste! – Occhiali? Fermaglietti? Orologi? Trombette da sordi?... Quisquiglie! – sentenziò maestro Abbecedario. – Il vero dramma è capitato a me, perché senza la mia penna dal cappuccio d’oro non potrò più correggere i compiti dei miei spaventapulcini, non potrò più dare un voto oppure scrivere un appunto… Sono un maestro finito! Un maestro fallito! Un maestro senza futuro! Mentre gli spaventapasseri del Villaggio discutevano animatamente per decidere quale dei cinque derubati avesse avuto il danno maggiore dal furto… Bellondina senza fermaglietti d’argento? Quantobasta senza occhialini da farmacista? Abbecedario senza penna col cappuccio d’oro? Casoletta senza l’orologio d’oro ricordo di famiglia? Empedocle senza trombetta per le orecchie?... …Gellindo Ghiandedoro, che se ne

stava nel buio della sua tana a gustarsi il meritato letargo invernale, cominciò a muoversi, a sbuffare nel sonno, a girarsi e a rigirarsi quasi avesse perso la posizione migliore per dormire… E tanto si girò e rigirò, che alla fine aprì gli occhietti, si svegliò del tutto e si ritrovò seduto sul suo letto in un bagno di sudore. Lo scoiattolino allungò una zampetta sul comodino per accendere la luce e vedere che ore fosse, quando si ritrovò in mano un paio di occhialini piccoli piccoli. – E questi occhiali di chi sono? – esclamò Gellindo, che finalmente accese la luce e poté vederci meglio. Vi lascio immaginare la sorpresa del nostro amico quando lì, sul suo comodino, vicino agli occhialini da farmacista, vide alcuni fermaglietti d’argento, una trombetta da sordo, un bell’orologio d’oro e una penna col cappuccio d’oro! – Ma di chi sono tutte queste preziosità? – si chiese Gellindo. Gli rispose un … Tock! Tock! Tock!... alla porta della tana. Andò ad aprire e si ritrovò davanti tutti tutti tutti gli spaventapasseri suoi amici. Poiché non ci stavano tutti nella tana, fu lo scoiattolo ad uscire all’aperto e a farsi spiegare quel che volevano. – Mi state dicendo che qualcuno ha rubato l’orologlio d’oro di Casoletta, gli occhialini di Quantobasta, la penna di Abbecedario, la trombetta acustica di Empedocle e i fermaglietti di Bellondina! – Fermaglietti d’argento, però! –


tenne a precisare la spauracchietta con le lacrime agli occhi. – Sentite amici – disse a quel punto Gellindo, che di tutti era il più confuso, – non so cosa dirvi e non so nemmeno di chi sia la colpa, ma tutte le cose che vi sono state rubate… sono là dentro! – Là dentro, dove? – chiese Casoletta, guardando nella direzione indicata dallo scoiattolo. – Là dentro nella tua tana? – Proprio così. Un brutto sogno poco fa mi ha svegliato dal letargo: ho allungato una zampa per accendere la lampada sul comodino e… e ho trovato un paio di occhiali, i fermaglietti, la trombetta di Empedocle… tutte le cose rubate, insomma, sono finite nella mia tana! Gli spaventapasseri si guardarono l’un l’altro con facce perplesse e spaventate. No, non è come pensi tu: non erano spaventati o perplessi per paura di aver scoperto una terribile verità, e cioè che il loro grande amico era un “ladro”. No: il loro timore era che Gellindo fosse ammalato di… sonnambulismo! Che avesse insomma l’abitudine di alzarsi dal letto e di girar per casa e anche fuori di casa nella notte, continuando a dormire! Stavano ancora pensando a quale rimedio cercare per aiutare il loro amico, quando uno sbatter d’ali fece alzare verso il cielo gli occhi di tutti gli spauracchi e dal nero della notte emerse un uccello che teneva ben stretto nel becco… una moneta d’oro! – Ehi, ma quelli sono si soldi della

nostra Cassa Rurale! – strillò Còntolo saltellando per riprendersi il maltolto. – E quella è Malandrina, invece – urlò felice Gellindo Ghiandedoro. – Chi sarebbe questa… Malandrina? – chiese Chiomadoro, che si teneva ben stretti al collo e ai polsi i suoi gioiellini d’oro e d’argento. – Ma sì – disse Gellindo. – Certo, adesso è tutto chiaro… Dovete sapere che Malandrina è una Gazza Ladra, un uccello che è attirato alle cose che brillano, che luccicano, che riflettono le luci del sole o della Luna… La chiamano “ladra”, ma non è colpa sua se l’istinto la obbliga a portare nel suo nido gli oggetti sbarluccicanti che trova in giro… – Ma deve portarli nel suo nido, Gellindo, no nella tua tana! – obiettò Pagliafresca. – È vero, forse però Malandrina è rimasta senza nido e ha scelto la mia tana come cassaforte! Gli spaventapasseri si riunirono in assemblea, discussero a lungo, esaminarono il problema sotto tutti gli aspetti ma alla fine non se la sentirono di cacciare Malandrina dal loro Villaggio. Non era giusto punire un uccello per una cosa che rientra nel suo istinto, che fa parte del suo essere una creatura come tutte le altre. Le costruirono invece un bel nido… Sì, un nido grande e robusto e lo misero tra le fronde dell’albero più basso. Perché l’albero più basso, mi chiedi? Semplice, no? Così è più semplice, ogni tanto, dare un’occhiata tra la refurtiva della Gazza Ladra e recuperare le


monetine, gli anellini, le perline e gli specchietti che invariabilmente Malandrina raccoglie nei suoi giretti di perlustrazione. – E poi non preoccupatevi – disse Gellindo Ghiandedoro prima di tornare al suo letargo, – ché a primavera Malandrina la Gazza Ladra ci saluterà e se ne andrà per sempre da qualche altra parte, in cerca di nuovi tesori da… “rubare”!

Quindi, se una Gazza Ladra capiterà dalle tue parti, non cacciarla, non tirarle sassi con la fionda, non spaventarla per farla fuggire: preparale invece un nido grande e robusto e mettilo tra le fronde di un alberello basso basso. Sarà bello di tanto in tanto dare un’occhiata al suo tesoretto e, magari, recuperare qualcosa che non trovavamo più!



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