Fra’ Vesuvio vince alla Lotteria I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
– Fra’ Vulcano, mi compri l’ultimo biglietto? – strillò felice Bellondina agitando in aria un foglietto. – L’ultimo biglietto di che cosa? – sbadigliò Fra’ Vulcano, stiracchiandosi e tirandosi a sedere nell’erba ai piedi di una quercia sotto la quale stava dormicchiando da un paio d’ore. – L’ultimo biglietto della grande Lotteria del Villaggio degli Spaventasseri! – Ah sì? Quanto costa questo biglietto? – Cinque soldini soltanto... – E cosa vinco, se viene estratto? – Il primo premio è una cassa di soldoni d’oro! Fra’ Vulcano balzò in piedi, strabuzzò gli occhi ed esclamò: – Soldi d’oro? Una cassa piena? Eccoti subito cinque soldi e dammi l’ultimo biglietto... Fu così che quella domenica pomeriggio Fra’ Vulcano tornò a dormire all’ombra della quercia stringendo in mano il biglietto della Lotteria numero 012345 – Fra’ Vulcano, svegliati! Dormiglione, apri quegli occhi! Era Bellondina, che correva su per la stradina urlando come un’ossessa. – Ehi... cosa succede? Chi mi vuole? Ah, sei tu Bellondina... ma non potevi lasciarmi dormire? Cos’hai da urlare a quel modo? – Hai vinto, Fra’ Vulcano! – Ho vinto? Ho vinto che cosa? – Qual è il numero del tuo biglietto della Lotteria? – Parli di questo? – balbettò Fra’
Vulcano, la cui testolina poveretta era ancora per metà nel mondo dei sogni. – Qui c’è scritto, aspetta che leggo: Lotteria del Villaggio degli Spaventapasseri... numero Zero... – E il primo numero corrisponde! – Uno... – Va bene... – Due... – Ok! – Tre... – Ci siamo... – Quattro... – Mamma mia, ne manca uno solo! Non dirmi che è... – Cinque! – strillarono Fra’ Vulcano e Bellondina in coro. – Hai vinto il primo premio! – si mise a urlare salterellando la bella spaventapasseri. – Il primo premio? Una cassa... Ho vinto una cassa di soldoni tutti d’oro?!?! – Proprio così: un premio immenso per il nostro amico Fra’ Vulcano! – gridò Bellondina ai quattro venti. – Adesso corro a dirlo a tutti gli altri! E da quell’istante cominciarono i guai, per il nostro povero amico napoletano!! Fra’ Vulcano, non appena ebbe tra le mani la grande cassa colma di monete preziose, cominciò a pensare in che modo spendere tutta quella fortuna. Per prima cosa si fece costruire una villa bellissima, con tanto di campo da tennis, anche se non sapeva giocare a tennis, e di piscina, anche se non sape-
va nuotare. Dovette però far circondare la sua bella villa da un muro alto quattro metri con rotoli di filo spinato in giro e assumere otto guardie del corpo, per tener lontani i vecchi amici ma soprattutto quelli nuovi, gli sconosciuti che chiedevano chi un aiuto per trovar lavoro, chi dei soldi per aggiustare l’automobile, oppure un po’ di denaro per far operare il gatto malato, oppure ancora venti soldi d’oro per comprare sementi nuove di zucchine, visto che le vecchie erano marcite per la troppa pioggia. Poi, per evitare che i disturbatori si calassero dagli alberi attorno, oppure si facessero catapultare al di là del muro di cinta, Fra’ Vulcano decise di comprare un’enorme rete di ferro con cui coprì l’intera sua proprietà. Ma la rete fermò anche i raggi del sole e così l’orto e il frutteto del povero Vulcano appassirono e ben presto piante e verdure morirono miseramente. Fra’ Vulcano allora decise di distrarsi un po’: perché non lasciarsi tutto alle spalle, partire e andare a Napoli a far visita ai parenti? Detto, fatto: comprò una fuoriserie costosissima, la caricò di venti valige e bauli pieni zeppi di abiti nuovi e si mise in viaggio. Nel veder passare sulla strada un’automobile così lussuosa e carica di bagagli, la gente cominciò a gettarsi in mezzo alla strada per fermare quel riccone... – Dacci un po’ dei tuoi soldi... – ...ne abbiamo più bisogno noi di te! – Non essere avaro, Fra’ Vulcano... –...facci diventare ricchi come te!
A Napoli il nostro Vulcano non ci arrivò mai e anche se fosse giunto dai suoi parenti, lo avrebbe fatto senza valige e bauli, che sparirono come neve al sole chilometro dopo chilometro e senza l’automobile fuoriserie, che venne addirittura smontata pezzo per pezzo da tutti quegli scalmanati desiderosi di arricchirsi alle spalle del povero spaventapasseri. Fra’ Vulcano, a quel punto, prese una decisione: “Torno a casa mia, mi chiudo in camera da letto e non voglio più vedere nessuno!” Facile a dirsi... Effettivamente il nostro amico fece ritorno al Villaggio, aprì la porta della villa e corse a chiudersi in camera. Quando però, verso sera un brontolio alla pancia gli fece capire che era ora di cena, andò in cucina, aprì il frigorifero e... – È vero – esclamò battendosi una mano sulla fronte, – mi sono dimenticato di fare la spesa. Corro subito in negozio da Caramella e compro qualcosa da mangiare... – Un etto di prosciutto e due pezzi di pane – disse Fra’ Vulcano a un Caramella stranamente silenzioso e serio in volto. – Per il prosciutto fanno quaranta soldi d’oro e i due pezzi di pane ti costano venticinque soldi... – Cooooosa? – strillò il povero Vulcano facendo sobbalzare tutti gli altri spaventapasseri in fila davanti al bancone. – Ma se Casoletta ha appena comprato tre etti di salame e le hai fatto pagare mezzo soldino...
– È vero, hai ragione – rispose Caramella incartando il prosciutto, – ma Casoletta non ha vinto la Lotteria e quindi lei non è ricca sfondata come te! Ecco qua: in tutto fanno sessantacinque soldi d’oro. Fra’ Vulcano pagò con le lacrime agli occhi quell’enormità di soldi, tornò a casa mugugnando i pensieri più tristi e quella sera andò a dormire senza cena. D’altronde, voi avreste mangiato un prosciutto che valeva quasi come l’automobile fuoriserie comprata qualche giorno prima? Avreste spezzato con le mani due panini che, messi assieme, costavano come tutto il muro di cinta alto quattro metri attorno alla casa? E il giorno dopo? Il giorno dopo fu anche peggio. Mettendo assieme quel che Fra’ Vulcano pagò un caffè da Casoletta, un po’ di verdure da Tisana la Dolce e una scatola di pastiglie contro il mal di testa da Quantobasta, spese
l’equivalente di mezza cassa di monete d’oro vinta alla Lotteria. Arrabbiato con il mondo intero, Fra’ Vulcano decise di tornare alle vecchie abitudini. Si mise in tasca le poche monete d’oro che gli restavano, chiuse la porta con un colpo e andò a riflettere all’ombra della sua solita quercia. E s’addormentò di botto. – Fra’ Vulcano, svegliati! Dormiglione, apri quegli occhi! Era Bellondina, che correva su per la stradina urlando come un’ossessa e stringendo in mano un foglietto. – Ehi... cosa succede? Chi mi sta chiamando? Ah, sei tu Bellondina... ma non potevi lasciarmi dormire? Cos’hai da urlare a quel modo? – Hai vinto, Fra’ Vulcano! Hai vinto il primo premio della Lotteria! – Il primo premio? – schiamazzò il povero spaventapasseri balzando in piedi con gli occhi fuori dalle orbite. – Ho vinto una cassa di soldini d’oro? – Certo... guarda qui: questo è il tuo biglietto, vero? Zero... Uno... Due... Tre... – Quattro e Cinque! – la interruppe urlando Vulcano. – Basta, Bellondina, smettila! Io non voglio vincere nulla, tenetevi tutti i vostri soldi... Ne ho abbastanza di amici vecchi e di amici nuovi che mi chiedono le cose più strampalate e i regali più costosi... Non voglio comprare nessuna automobile fuoriserie e nemmeno andare a Napoli per far visita ai miei parenti... Non ho bisogno di ville lussuose con campi da tennis o piscine che non mi servono e
non mi va di circondarmi con mura di cinta alte quattro metri... Ah, dimenticavo: e di otto guardie del corpo non so proprio cosa farmene... – Ma Fra’ Vulcano, cosa stai dicendo? Stai male, forse? Hai la febbre? – Ecco no, guarda: io di pillole contro il mal di testa che costano venti soldi d’oro non ne voglio nemmeno sentir parlare... E non vedo l’ora di andare da Caramella alla Famiglia Cooperativa a comprare due etti di prosciutto pagandoli solo un mezzo soldino! Tieniti quelle monete d’oro: regalale ai tuoi amici, ma non darle a me! – Strano – fece allora la povera Bellondina, – perché m’era sembrato di capire che tu andavi pazzo per i soldi al cioccolato... – E invece non mi piacciono... Cos’hai detto? – strillò Fra’ Vulcano, strabuzzando ancor di più i poveri occhi. – Ho detto che m’era parso di capire... – No no... sbaglio, o dopo hai parlato di soldi al cioccolato? – Certo – rispose Bellondina sorri-
dendo finalmente, nel vedere l’amico spauracchio con gli occhi sbarrati e stralunati. – Il primo premio della Lotteria del Villaggio è una cassa di soldoni d’oro... al cioccolato! – Ma allora... allora la bella villa, il campo da tennis, la piscina... il muro di cinta, le otto guardie del corpo che mi costavano un pozzo di soldi, l’automobile fuoriserie... – Secondo me – disse Bellondina aprendo la cassa del premio, – ti ho lasciato mezz’ora fa che dormivi all’ombra di questa quercia e hai fatto un brutto sogno! – Allora mi sono sognato tutte quelle cose? – balbettò Fra’ Vulcano, frugandosi nelle tasche e trovandole desolatamente vuote. Le monete d’oro erano sparite, anzi, non c’erano mai state! – Le ho solo sognate e quindi non c’era niente di vero? Uuuiiifff, che fortuna! Chiama tutti gli altri, Bellondina, che ci dividiamo le monete di cioccolato da buoni amici e facciamo una scorpacciata da farci venire il mal di pancia!