Le mongolfiere di Fra' Vesuvio

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Le mongolfiere di Fra’ Vesuvio I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


– Oggi mi è presa la voglia di fare una “napoletanata”! – esclamò una mattina Fra’ Vulcano, mentre sorseggiava una tazza di caffè nero nella Latteria di Casoletta. – E che cosa sarebbe, una “napoletanata”? – domandò Gellindo Ghiandedoro con la punta del naso sporca di panna montata. – La “napoletanata” è uno di quegli scherzetti che si fanno nella mia Napoli, o anche una furbata, qualcosa di strano e di fuori dall’ordinario... – E tu che vorresti fare, di così strano? – buttò lì Quantobasta, finendo di bere il suo bicchierone di latte macchiato. – Procuratemi tutte le lenzuola che trovate, un grosso ago e qualche chilometro di filo da cucire e vi farò vedere... L’appuntamento è per mezzogiorno nel prato davanti alla Scuola di Abbecedario, così anche gli spaventapulcini avranno da divertirsi! Tisana la Dolce, Chiomadoro, Casoletta e Bellondina furono chiamate cucire tra di loro trentadue enormi lenzuola fino a formare un enorme sacco multicolore; poi, ai quattro angoli della bocca del sacco Fra’ Vulcano legò delle funi lunghe e sottili, che fissò con cura all’orlo di un grande cesto di vimini. Infine venne acceso un enorme falò: l’aria calda fu fatta entrare nel sacco che, quando fu bello gonfio, cominciò piano piano ad alzarsi verso il cielo... – Adesso ho capito! – esclamò Quantobasta guardando quell’enorme pallone variopinto, che tirava verso l’alto le funi annodate ai tronchi di quat-

tro alberelli. – La tua “napoletanata” è una bella mongolfiera! – Già, ma chi ha il coraggio di salirci sopra? – chiese Gellindo con una punta di preoccupazione nella voce. – Noi! – esclamò Fra’ Vulcano: – Gellindo, Quantobasta ed io saremo i primi viaggiatori della nostra mongolfiera... Forza, saltiamo a bordo della “Napoli Uno”! Ci volle del bello e del buono per convincere Quantobasta a metter piede nel cestone di vimini, mentre Gellindo con un balzo leggero si aggrappò al bordo e si preparò al volo. Vennero snodate le funi e davanti a una folla di spaventapasseri preoccupati e di spaventapulcini schiamazzanti, la mongolfiera “Napoli Uno” prese piano piano il volo e si alzò sopra al Villaggio, sopra al Bosco delle Venti Querce, sopra alla Valle di Risparmiolandia. – Lo sentite che bel silenzio, quassù? – esclamò Fra’ Vulcano che, tirando ora le funi di sinistra, ora le funi di destra, riusciva a tenere la mongolfiera nella giusta direzione. – Ma si può sapere come funziona la “Napoli Uno”? – domandò Gellindo, estasiato nell’osservare dall’alto il suo Bosco, la sua valle, il Villaggio dei suoi amici spaventapasseri. Fra’ Vulcano si mise comodo e cominciò a spiegare: – Dovete sapere che quando l’aria viene riscaldata dal fuoco di un falò, diventa più leggera dell’aria fredda e va verso l’alto. Allora: se noi prendiamo quest’aria bollente e leggera e la facciamo entrare in un sacco


come questo, quando il pallone è bello gonfio si alza in volo pure lui e si trasforma in una stupenda... mongolfiera! – Ho capito – fece Gellindo serio in volto, – ma quest’aria rimane calda e leggera per sempre? – Eh no: un po’ alla volta l’aria nel pallone si raffredda, diventa pesante e la mongolfiera... – Già, che fa la mongolfiera? – PRECIPITA VERSO TERRA! – si mise a urlare Quantobasta. – SI SFRACELLA AL SUOLO! – strillò Gellindo terrorizzato. – CI PORTA DIRITTI VERSO QUEL LAGHETTO LAGGIÙ! – IL LAGO DEI VAMPIRI STRISCIANTI! – Santo cielo, ci prenderemo una bella botta... – ...e ci faremo un bagno fuori programma!! – A questo non avevo pensato! – concluse Fra’ Vulcano, che ebbe appena il tempo di turarsi il naso con due dita, di chiudere occhi e bocca e.... SPLASSHHHH! La mongolfiera “Napoli Uno” si tuffò nell’acqua frescolina del lago. I nostri amici raggiunsero la riva a nuoto e quando furono sulla spiaggetta, si sedettero al sole ad asciugarsi. – Non sia mai detto che un vero Napoletano si rassegni alla prima sconfitta – bofonchiò Fra’ Vulcano. – Lasciate che questa notte ci ragioni sopra un po’ e vedrete che troverò la soluzione! Il giorno seguente, esattamente a mezzodì, la mongolfiera del giorno pri-

ma, ribattezzata per l’occasione “Napoli Due”, venne regolarmente gonfiata con l’aria caldissima di un gran falò. Quando fu pronta per spiccare il volo, Fra’ Vulcano, Quantobasta e Gellindo Ghiandedoro balzarono coraggiosi e temerari nel cesto di vimini e... – Si può sapere che cosa ci fa, questa stufa a legna? – esclamò Quantobasta. Il buon Fra’ Vulcano, che s’aspettava la domanda, non vedeva l’ora di spiegarsi: – Adesso accendiamo la stufetta usando la legna accatastata sul fondo del cestone e poi ci penserà lei a mantenere la mongolfiera bella gonfia di aria calda e leggera! E in effetti il volo durò molto più a lungo: la “Napoli Due” raggiunse le nubi più alte e da lassù la Valle di Risparmiolandia assomigliava a un bellissimo tappeto di campi, di prati e di boschetti. – Ecco qua – esclamò Gellindo infilando nella stufa un bel ciocco, – e con questo abbiamo terminato la legna! Fra’ Vulcano si girò di scatto e fulminò lo scoiattolo con due occhi terrorizzati. Quantobasta si voltò piano piano e osservò con attenzione il fondo del cestone: effettivamente di legna tagliata non c’era più nemmeno l’ombra! – E adesso? – balbettò il pilota napoletano. – Adesso cosa? – ribatté Gellindo, che solo in quell’istante comprese quel che stava per succedere. – Adesso... cadiamo un’altra volta, vero? E... SPLASSSHHH!... la “Napoli Due”


si rituffò nel laghetto del Vampiri Striscianti, facendo fare un bel bagno fuori programma ai tre viaggiatori. Fra’ Vulcano, quando fu a riva assieme ai suoi amici, non aspettò nemmeno che gli abiti fossero asciutti. – Voi restate pure qui, io invece corro a casa. Adesso so qual è il modo per non far cadere più la mia mongolfiera! Il giorno dopo tutti gli spaventapasseri del Villaggio si ritrovarono a mezzodì in punto sul prato davanti alla Scuola e lì fecero la conoscenza della “Napoli Tre”, anzi, delle “Napoli Tre e Quattro”! – Dimmi, Fra’ Vulcano: perché questa volta le mongolfiere sono due? – chiese Gellindo. – E perché la seconda è più piccola? – aggiunse Quantobasta, che non stava più nella pelle per la curiosità. – Semplice: la “Napoli Tre” serve per trasportare noi viaggiatori, mentre il cestone della “Napoli Quattro” lo riempiamo di ciocchi legna da bruciare nella stufa! Ci vollero due ore intere di falò acceso al massimo per gonfiare i due sacchi con aria calda e leggera. Quando però i due palloni furono ben tesi e pronti per spiccare il volo, Fra’ Vulcano, Quantobasta e Gellindo saltarono sulla “Napoli Tre” e si sollevarono in volo tra gli applausi, trascinandosi dietro il secondo pallone pieno di ciocchi. – Ho bisogno di legna! – urlò dopo un po’ Fra’ Vulcano. Gellindo e Quantobasta afferrarono la fune che teneva legata la “Napoli

Quattro” alla “Napoli Due” e tirarono: quando il pallone fu a portata di mano, fu la cosa più facile al mondo raccogliere la legna necessaria a riempire la stufa... Volarono a lungo, i nostri amici, senza preoccuparsi del tempo che passava. Si lasciarono alle spalle la Valle di Risparmiolandia, ma a nessuno venne in mente di guardarsi indietro; raggiunsero le montagne coperte di neve e le superarono; attraversarono una gigantesca pianura, arrivarono sulle rive del mare e continuarono il loro viaggio cantando allegri... Quando però furono sopra una piccola isola, un semplice scoglio che aveva al centro una grande palma da cocco, avvenne quel che nessuno si aspettava... – Passatemi dell’altra legna! – esclamò Fra’ Vulcano. Gellindo e Quantobasta, cantando a squarciagola una canzoncina allegra, tirarono a sé la “Napoli Quattro” e... – Ahi ahi! – mormorò il farmacista impallidendo all’istante. – Ahi ahi che cosa? – chiese Gellindo Ghiandedoro. – Ahi ahi perché? – gli fece eco Fra’ Vulcano. – Ahi ahi... è terminata la legna sulla “Napoli Quattro”! L’atterraggio sull’isolotto solitario per fortuna fu morbido: la “Napoli Tre” e la “Napoli Quattro” scesero in riva al mare e... POFFF!... affondarono nella sabbia sottile come la farina bianca. – E adesso? – piagnucolò Quantobasta guardandosi attorno spaventato. –


Siamo soli, soli e abbandonati in mezzo a quest’oceano: mare a destra, mare a sinistra, mare davanti e mare pure di dietro. – Dovevo immaginarlo che ogni cosa ha una fine – si lamentò Fra’ Vulcano, sedendosi su una grossa noce di cocco. Una noce di cocco! Gellindo fece un balzo e si mise urlare: – LE NOCI! LE NOCI DI COCCO CI SALVERANNO! – A me non piace la noce di cocco! – rispose Fra’ Vulcano. – Ma noi le useremo non per mangiarle. Forza: raccogliamo tutte le noci che troviamo sull’isola... e tu, Quantobasta, prendi quel sasso e comincia ad aprirle! Dopo un’oretta buona di lavoro, la “Napoli Quattro” fu colma fino all’orlo di gusci vuoti di noci di cocco. Gellindo, Quantobasta e Fra’ Vulcano montarono sulla “Napoli Tre”, infilarono nel fuoco della stufa cinque grossi gusci di noci e... di lì a poco le mongolfiere si alzarono in volo riprendendo questa

volta la via del ritorno. Verso sera, quando al Villaggio Bellondina e gli altri cominciarono a preoccuparsi per la sorte dei loro amici... – ECCOLI! – strillò Abbecedario che teneva tra le mani un lungo cannocchiale. – Li vedo, stanno tornando a casa sani e salvi! Si fece gran festa, quella sera, nella piazza del Villaggio: una festa in onore dei tre avventurosi viaggiatori, che raccontarono per filo e per segno almeno dieci volte quel che era successo sull’isola solitaria in mezzo al mare. – Sapete cosa vi dico? – disse alla fine Fra’ Vulcano a mezzanotte, alzandosi per tornare a casa. – Vado a dormire, così domani sarò bello riposato per costruire la “Napoli Cinque”... Ho in mente un progetto straordinario... – Eh no, caro mio – esclamò Gellindo alzando la voce. – Siamo tutti stanchi delle tue “napoletanate”... – Domani si va tutti per funghi e mirtilli – aggiunse Quantobasta con un sorriso, – che è un’attività più comoda e senz’altro meno pericolosa!



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