Il primo giorno di scuola

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Il primo giorno di scuola I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Meno dieci… Il maestro Abbecedario terminò di scopare il pavimento dell’aula e chiuse ramazza e pattumiera nell’armadio fuori la porta. Poi si girò ad ammirare la sua aula, scintillante e pulita come non mai. Meno nove… Passò tra i banchi e appoggiò sul piano di ognuno un quaderno a quadretti, una matita e una gomma. Meno otte… Afferrò l’annaffiatoio, aprì le finestre che davano sul cortile e diede acqua ai gerani rossi che erano il suo vanto. Meno sette… Richiuse le finestre, andò alla libreria e rimise bene in fila i libri di storia e di grammatica, di geografia e di scienze… Meno sei… Controllò che nel cassetto della cattedra ci fosse tutto l’occorrente: penne, matite colorate, gessetti di ricambio, fazzoletti di carta, caramelline contro la tosse… Meno cinque… Aprì il registro e lesse con attenzione i nomi degli alunni che tra poco, puntuali alle otto come tutte le mattine, avrebbero riempito di urla e di allegria la sua aula: Frigerio, Frulletto, Lampurio, Lauretta, Liquirizio, Occhialetta, Pancrazio, Rattina Glassè… Meno quattro… Andò al calendario e girò il foglio sul mese di settembre… Meno tre… …con un grosso pennarello rosso

cerchiò il numero 15… Meno due… …e poi ci scrisse vicino “Primo giorno di scuola!” Meno uno… Solo allora, e dopo aver infilato il pennarello rosso nel taschino della giacca, Abbecedario guardò l’orologio che teneva legato ad una catenina d’argento e… Zero! Accadde tutto nello stesso istante: la campanella della scuola del Villaggio cominciò a trillare come impazzita, il maestro aprì la porta dell’aula e una frotta di spaventapulcini e topolini urlanti sciamò all’interno, correndo ad accaparrarsi il posto dell’anno prima. – Piano, piccoli, fate piano ché vi fate male! – si raccomandò Abbecedario con un sorriso compiaciuto. Mai visti alunni tanto entusiasti di tornare a scuola, si disse l’anziano maestro andando alla cattedra, sedendosi sulla seggiola con un sospiro e guardandosi attorno soddisfatto. Ed eccoli lì, i suoi campioncini. Ecco Occhialetta la studiosa, sempre pronta a far scattare la mano in alto per intervenire, per rispondere, per dire la sua... Ecco Frigerio il timidone, seduto nell’ultimo banco e nascosto dietro alla schiena di Pancrazio... E Lampurio lo smemorato, che era già tutto in un sudore perché non trovava più il fazzoletto, il panino al formaggio, il coltellino che aveva portato da casa...


Frulletto l’allegrone, invece, non stava più nella pelle perché aveva un sacco di nuove barzellette da raccontare ai suoi amici... Laggiù ecco Lauretta, con la bocca già piena di pasticcini alla crema e al cioccolato... La topetta Rattina Glassé, sorridente e profumata, si pettinava i capelli di nascosto... ...mentre i suoi fratelli Liquirizio e Pancrazio, chiacchieroni e disordinati, erano già impegnati in un bisticcio perché il primo voleva a tutti i costi il quaderno a quadretti del secondo… «Chissà come avranno trascorso i tre mesi estivi – stava intanto pensando maestro, – chissà dove saranno andati in gita e quali nuove amicizie avranno fatto…» Quasi quasi era tentato di assegnare subito un bel compito in classe dal titolo “Come ho passato le vacanze”, ma non era possibile, doveva aspettare domani: oggi aveva ben altri progetti per la testa, il nostro Abbecedario. – Miei cari bambini, bentornati a scuola! – disse il maestro con un fil di voce, che però fu sufficiente per zittire all’istante quella piccola banda di alunni chiassosi e urlanti. Occhialetta e gli altri sapevano bene che quando Abbecedario apriva bocca per parlare, c’era sempre qualche bella sorpresa in arrivo! – Buongiorno, signor maestro! – gridarono in coro i piccolini, che misero le mani sul banco e rimasero in attesa. – Vi vedo tutti in buona salute, alle-

gri e sorridenti – disse Abbecedario, – e questo significa che le vacanze vi hanno fatto bene. Tuttavia, per rendervi però ancor più bello il ritorno a scuola, ho pensato di farvi una sorpresa! Eccolo lì, il vecchio maestro, pieno di meraviglie come sempre! Chissà cos’aveva escogitato, questa volta: Lampurio, Frigerio e i loro amici raddrizzarono le orecchie e rimasero in attesa. – Sapete che cosa facevano i Romani, quando volevano celebrare qualcosa? L’arrivo della primavera, ad esempio, oppure il tempo della vendemmia, o quello del raccolto nei campi? Organizzavano una festa. La “Festa dei fiori”, la “Festa dell’uva”, la “Festa del grano” e, poi, quella delle castagne, la festa della neve, la festa del sole, dei pesci… Dal primo banco Occhialetta alzò un braccio. Voleva intervenire. – Dimmi, Occhialetta. – La Festa dell’Agosto è diventata poi Ferragosto, vero? – A dire la verità, Ferragosto significa la “Festa di Augusto”, che era poi l’imperatore dei Romani, ma comunque sì: veniva celebrata nel pieno dell’estate e divenne, poi, il nostro Ferragosto… – Noi, a Ferragosto, siamo stati al lago con mamma Lilli Spatoccia – aggiunse Rattina Glassé, – ma il mio babbo Robaccio non c’era, perché era in giro per il Trentino con Gellindo Ghiandedoro e passero Pistacchio… Abbecedario dovette alzare un po’ la voce per frenare quell’improvvisa ca-


scata di urla degli alunni che volevano a loro volta raccontare come avevano trascorso il loro Ferragosto. Alla fine riuscì a ottenere un po’ di silenzio e... – A proposito di Trentino, lo sapete piccoli miei che ho chiesto allo scoiattolo Gellindo, a Ratto Robaccio e a passero Pistacchio di venire un giorno in classe a raccontarci le loro avventure di quest’estate? Un battimano scrosciante accolse con entusiasmo la promessa di Abbecedario, che continuò: – Però non è di Gellindo che vorrei parlarvi adesso, ma

della festa che ho pensato di organizzare per voi. – Per noi? – gridarono in coro gli scolari. – Una vera festa? – Ma certo: oggi, primo giorno di scuola, per tutti voi ho preparato… questo! – e da sotto alla cattedra il maestro tirò fuori un sacco pieno fino all’orlo di cose strane: bacchette di legno leggero e sottile; tantissimi rotoli di carta velina colorata, leggera e trasparente; e poi corde e spaghi lunghissimi, colla, forbici, bicchieri di plastica rossi-gialli-azzurri-verdi-lillà…


– A che cosa serve tutta quella roba, signor Maestro? – trovò la forza di chiedere topo Pancrazio. – Vediamo se riuscite a indovinarlo da soli – rispose Abbecedario, che prese due asticciole di legno leggero e le legò a forma di croce per formare un rombo. Gli scolari guardarono quello strano oggetto, ma non capirono. Allora il maestro contò dieci bicchieri di plastica e li legò uno all’altro con una funicella fino a formare una lunga coda rossa-gialla-azzurra-verde-lillà. Gli scolari seguirono con attenzione ogni fase della lavorazione, ma nessuno riuscì a indovinare dove volesse andare a parare il maestro. Abbecedario allora tagliò un quadrato di carta velina rossa e con un filo di colla lo incollò alla croce di legno… Occhialetta fece un balzo, alzò la mano e urlò: – Stai preparando un aereo! – No – la fermò il maestro, – quello che sto costruendo non è proprio un aereo, ma qualcosa che comunque gli assomiglia molto… – e con una puntatrice fissò la coda di bicchieri di plastica rossi-gialli-azzurri-verdi-lillà a uno dei vertici del rombo. Poi annodò un rotolo di filo sottile al centro del rombo rosso e… A quel punto un coro festoso riempì l’aula: – Ma quello è un aquilone!! – Ma come sono bravi i miei ragazzi! – rispose felice Abbecedario. – perché è proprio ad una Festa degli aquiloni che da quest’anno in poi dedicheremo il primo giorno di scuola…

Gli scolari impiegarono meno di mezzora a costruire ognuno il proprio aquilone: chi lo fece bianco come le nuvole d’estate e chi azzurro come gli squarci di sereno di primo autunno; chi scelse il colore rosso e chi il verde, l’azzurro e il giallo… Alla fine, però, prima di uscire all’aperto per provare a far volare i loro aquiloni, Abbecedario svelò un’altra sorpresa che aveva in serbo… – Vedete ragazzi, quelli che abbiamo appena costruito non sono aquiloni normali: sono invece aquiloni super, aquiloni che hanno un cuore e che ascoltano quel che diciamo… Bene, e allora sapete cosa facciamo? – No! – Facciamo che ognuno di noi affiderà al proprio aquilone un pensiero, un proponimento, una buona intenzione. Io ad esempio prendo il pennarello e sulla carta rossa del mio aquilone scrivo: “Per quest’anno scolastico chiedo che tutti i miei alunni siano felici!” Ecco fatto: adesso il mio pensiero salirà su su, fino a sfiorare le nubi del cielo: senz’altro ci sarà qualcuno, lassù, che leggerà queste parole e che mi aiuterà a concretizzare il mio sogno… Adesso tocca a voi! Io lo so che a tutti voi piacerebbe sapere quel che scrissero Occhialetta, Pancrazio, Frulletto e gli altri. Lo so perché lo vorrei sapere anch’io… Occhialetta, ad esempio, chiese che a scuola aggiungessero altre due ore di lettura, per poter leggere qualche libro in più.


Rattina Glassé si guardò in giro perché nessuno sbirciasse sul suo aquilone e poi scrisse: «Vorrei tanto che quest’anno babbo Robaccio, prima di andare a udienze da Abbecedario, si ricordasse di fare un bel bagno caldo!». Lauretta scrisse alcune semplici parole: «Fa’ che la mia mamma e il mio papà continuino a volermi bene come hanno fatto sempre fin qui!». Lampurio lo smemorato prese un pennarello, aprì il cappuccio e… mannaggia, s’era già dimenticato quel che voleva scrivere! Liquirizio espresse il desiderio che suo fratello Pancrazio fosse più diligente dell’anno prima, mentre Pancrazio chiese che Lucrezio continuasse ad aiutarlo a fare i compiti il pomeriggio... Frulletto pensò bene di regalare al cielo una breve barzelletta...e sull’aquilone scrisse: «Sai qual è il colmo per un paracadutista? Cadere... dalle nuvole!»

Il timido Frigerio, infine, si mise in un angolo e con una matita dalla punta sottile scrisse piccolo piccolo che si faceva fatica a leggere: «Ti prego, aquilone mio, fa’ che il maestro Abbecedario stia sempre bene in salute ancora per molti anni!». Quando di lì a poco nel cielo della Valle di Risparmiolandia gli aquiloni degli scolari cominciarono a volare in alto sfidando il vento che soffiava da sud, tutti alzarono gli occhi al cielo per leggere quel che c’era scritto sulla sua “pancia” di ognuno… Uno solo sfrecciava alto nel cielo senza che nessuno riuscisse a leggere quel che c’era scritto sopra: quello era proprio il tuo aquilone, l’aquilone che hai costruito anche tu con la tua fantasia e che si sta portando in cielo i tuoi proponimenti più belli. Perché la “Festa degli Aquiloni” è riservata a tutti i bambini che oggi cominciano la scuola!



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