giornalino semestrale per scoiattoli - n° 17 - Settembre 2020 Rivista semestrale edita dalla Federazione Trentina della Cooperazione - Direttore responsabile: Walter Liber; Art Director: Gabriele Dalla Costa; Grafica: Archimede; Testi: Mauro Neri, Silvia Vernaccini; Illustrazioni: Fulber; Stampa: Litografica Editrice Saturnia; Coordinamento editoriale: Silvia Vernaccini - Testata registrata presso il Roc - n. 17967
Ripartiamo! Care piccole amiche e cari piccoli amici di Gellindo Ghiandedoro… eccoci nuovamente qui a festeggiare assieme l’inizio dell’autunno. Il calendario del 2020 ha avuto un buco in cui si sono perse una stagione (la primavera) e mezza (la fine dell’inverno e l’inizio dell’estate), ma noi siamo sempre qui, puntuali con l’uva e con le mele di settembre, con l’inizio della scuola, coi boschi che ci regalano gli ultimi funghi. La vita riprende il suo corso perché i nostri occhi guardano sempre in avanti e il nostro cuore sa far tesoro delle esperienze che abbiamo vissuto. Tutti noi abbiamo imparato molte cose, in questo 2020: abbiamo pensato agli altri più che a noi stessi; abbiamo trovato mille e mille modi per giocare; abbiamo capito che avere pazienza coi fratellini più piccoli non è poi così difficile e giocare con loro dà ancor più soddisfazione; abbiamo capito quanto siano importanti i nostri compagni di banco e di classe; quanto ci siano mancati le maestre e i maestri… Abbiamo scoperto che i cellulari, i tablet e i pc non servono solo per guardar cartoni animati o per giocare, ma sono utili anche per imparare, per comunicare con chi è lontano e per aprire mille finestre sul mondo. Adesso ripartiamo avendo imparato molte cose che ci saranno utili quando tutto tornerà alla normalità: avremo cura delle nostre cose, sapremo apprezzare le diversità, sarà bello fare i compiti meglio che sappiamo, capiremo di più le osservazioni di mamma e papà quando sbagliamo, sapremo di poter contare su amici veri, coi quali confidarci e dei quali essere a nostra volta amici. Abbiamo visto quanto si siano preoccupati e occupati i grandi di tutti noi piccoli. Gli esempi di altruismo e di generosità che ci sono venuti dai medici, dagli infermieri e dalle infermiere, da tutti gli operatori delle Case
di Riposo e della Protezione civile, insomma, da tutti quelli che in un modo o nell’altro hanno vegliato su di noi, ci hanno fatto capire che la nostra è una comunità che sa darsi da fare, che sa rinunciare per dare agli altri, che sa essere vicina a chi soffre. Ripartiamo più forti e più ottimisti: il “buco” del 2020 durato una stagione e mezza lo abbiamo già riempito coi nostri disegni, coi nostri proponimenti, coi nostri sogni!
riparte insieme a voi
Posta Caro Gellindo, come hai passato i mesi chiusi nella tua tana? Cosa hai fatto? A che cosa hai pensato? Io sono rimasta in casa con i miei genitori e con mia sorella più piccola. Ho fatto i compiti che mi arrivavano sul computer della mamma, ma mi sono mancati i miei amichetti, i giochi al parco vicino a casa, le gare in bicicletta… Mi chiedo però come hai passato tu questi mesi?
Davide, Mori
Vedi, Davide, io sono stato facilitato perché noi scoiattoli, come molti altri animali del bosco, grandi e piccoli, siamo abituati a starcene chiusi nella nostra tana per i lunghi mesi dell’inverno. Terminato il letargo mi sono risvegliato e come sempre sono uscito all’aperto ancora assonnato e pieno di sbadigli, ma è stato il silenzio a colpirmi! Abituato alle voci del vicino Villaggio di Risparmiolandia, non ho incontrato nessuno, ma proprio nessuno! C’eravamo soltanto noi animali, di nuovo padroni dei boschi e dei pascoli. Non so dirti se è stata una sensazione bella oppure brutta: di sicuro è stata strana! Adesso, però, piano piano stiamo tutti ricostruendoci una nuova normalità, vero? E ho scritto “nuova” non a caso: dopo i brutti mesi di buio e di chiusura adesso tocca a ognuno di noi far tesoro di quel che abbiamo imparato e far sì che la nostra vita sia più naturale, più tranquilla, più pulita e ordinata rispetto a prima…
Ciao Gellindo! È da un po’ di tempo che volevo scriverti, ma poi avevo sempre altre cose da fare. Ho una curiosità: a me piace molto leggere. Leggo racconti per bambini, fiabe, anche fumetti e le vite dei personaggi storici. E tu? Cosa leggi? Mi piacerebbe saperlo, perché così potrei immaginarti nella tua piccola tana su, al Bosco delle Venti Querce, mentre tieni tra le zampe l’ultimo libro preso in prestito alla biblioteca…
Carissimo Gellindo, che consigli daresti ai bambini a cui piacciono le escursioni? Io e la mia famiglia, la domenica, andiamo spesso a far le gite nei luoghi che ci consigli tu e i tuoi amici sul sito www.risparmiolandia.it. Ma camminare nella Natura ha delle regole? Quali?
Ivana
È facile risponderti, Giorgio. Per una escursione bella e sicura servono: la cartina geografica giusta; un abbigliamento adeguato (pensando che il tempo può sempre cambiare all’improvviso!), con particolare riguardo agli scarponcini, che devono essere proporzionati al tipo di percorso che andremo a fare; non dimenticarti una buona scorta di acqua, cibo quanto basta per spezzare la fame (frutta e cioccolata ti danno sempre energia), una bussola per dare una direzione alla carta geografica... Non andare da solo, ma sempre in compagnia: mamma e papà, un fratello maggiorenne oppure un parente o un amico di famiglia saranno felici di accompagnarti. Studia bene il percorso ed evita i tratti troppo duri, esposti e comunque pericolosi. Dopo di che… buona escursione!!
Roncegno
Cara Ivana, domanda interessante, la tua! Allora: in testa alle mie preferenze c’è di sicuro la “Gazzetta di Risparmiolandia”, che ogni settimana racconta tutto quel che succede dalle nostre parti. Poi, da buon scoiattolo, leggo volentieri libri di ricette che parlano di noci e nocciole,. castagne e fichi secchi, di cui sono golosissimo! Mi piacciono anche le fiabe di Risparmiolandia, che vado a leggermi sul sito www.risparmiolandia.it ma sopra ogni cosa, al di là di tutto, divoro dalla prima all’ultima pagina il nostro Giornallindo!
Giorgio, Trento
L’ECONOMIA RACCONTATA AI BAMBINI
La Valle delle mille mele
Cioppo e la mela Accadde tutto in un pomeriggio: Cioppo se ne stava a poltrire nel suo nido, senza alcuna voglia di volare, di ridere, di scherzare e di cinguettare, quando… CRIIICK... CRIIICK… CRAAAACK… POFFF! Il passerotto balzò in piedi, sbirciò timoroso al di là dell’orlo del nido e lì, proprio davanti ai suoi occhi, su un piccolo ramo, vide un fiorellino bianco. E Cioppo, senza pensarci sopra nemmeno un attimo, regalò il suo cuore al piccolo fiore di melo. Gli parlava a ogni istante… “Ma lo sai che sei proprio bello, un fiore stupendo… e io ti voglio tanto bene, sai? Noi due non ci lasceremo mai, staremo sempre vicini!”.
Cioppo sapeva che, per il bene del suo grande amico fiore, prima o poi un’ape avrebbe dovuto fargli visita. E tanto fece, tanto girò e volò, che alla fine convinse una gran bella ape a dedicarsi tutta al fiorellino di melo. Purtroppo una mattina (ormai la primavera era un ricordo) Cioppo ebbe una brutta sorpresa: il suo fiore non c’era più! I petali, durante la notte, erano caduti e al suo posto vide solo una minuscola e insulsa
pallina verde. “Ma dove se n’è andato? – si disperò il nostro povero amico. – Forse non gli ho voluto bene abbastanza e ha preferito andarsene altrove… proprio adesso che avevo trovato un vero amico!”. E pianse, Cioppo, pianse e si rinchiuse nel fondo del suo nido, dove rimase per settimane e settimane… finché un tiepido pomeriggio… CRIIIIICK... CRIIIIICK… CRAAAACK… POFFF! “È tornato! – gridò dentro di sé Cioppo. – Il mio amico fiore è tornato da me!”. Saltò fuori dal nido, volò sul piccolo ramo e… si trovò davanti una pallina verde abbastanza grossa, lucida e brillante. Era una piccola mela che ce la stava mettendo tutta per diventare grande: e Cioppo ebbe una nuova amica! Tanto fece, tanto volò e lavorò, spostando le foglie perché il sole arrivasse bello caldo sulla sua mela, che in poco tempo la pallina divenne verde chiaro… poi giallino smorto…
s’ingrossò ancor di più e nel giro di qualche settimana Cioppo si ritrovò, accanto al nido, una mela gialla grossa così! Il passero era felice come mai nessun passero lo era stato sulla faccia della terra. Quando pioveva a dirotto, correva subito sopra la mela e scostava i rami più sottili perché la sua amica potesse farsi una bella doccia. Una sera grandinò, anche, e allora Cioppo si precipitò sul rametto della mela, riunì le fronde più vicine a mo’ d’ombrello e la protesse dai grossi chicchi di ghiaccio. Ma la vita era proprio dura, per il povero passerotto. Quando terminò l’estate e la mela divenne ancor più grossa e lucida, profumata e dolce, una pesante scala di legno, che urtò appena il nido del nostro amico, lo fece fuggire via lontano e spaventato. Quando, dopo un po’, tornò all’albero, la sua mela gialla non c’era più! Il passero si disperò e pianse per settimane intere. Quando giunsero i primi freddi e la neve ricoprì la campagna, Cioppo, triste in cuore, si raggomitolò nel punto più tiepido del nido e si addormentò. E passò anche l’inverno; un po’ alla volta la neve si sciolse e il sole tornò a riscaldare più forte. Ma Cioppo era sempre triste e solo. Un pomeriggio se ne stava a poltrire nel suo nido, senza alcuna voglia di volare, di ridere, di scherzare e di cinguettare, quando… CRIIICK... CRIIICK… CRAAAACK… POFFF! Un altro amico, un piccolo fiorellino
bianco in tutto eguale a quello dell’anno prima, era in arrivo. E Cioppo si sentì un passero profondamente felice: aveva capito che, su quell’albero di mele, non sarebbe stato mai più solo!
Se vi piacciono le mele, ma soprattutto le fiabe che parlano di mele, correte su ww.risparmiolandia.it e, alla pagina “Fiabe fiabissime”, troverete altri racconti dedicati alla Valle delle Mille Mele: da leggere, da raccontare, da scaricare, da disegnare, da regalare… da mangiare!
7 Differenze
FOTOGRAFIA
Val di Pejo, dove il formaggio si prepara a turno C’è un posto, in Val di Pejo, dove si può capire la differenza tra formaggio industriale e formaggio fatto come una volta, con lentezza e pochi strumenti, ma con il sapere della tradizione e dell’esperienza. Sì, perché ci sono i caseifici industriali dove si producono grandi quantità di formaggi, i caseifici sociali legati a un determinato territorio e quindi a determinati tipi di formaggio e poi ci sono i caseifici turnari, dove il formaggio segue antiche lavorazioni. In Trentino di quest’ultimo tipo ne è rimasto uno solo, a Pejo Paese che, oltre ad essere importante per l’economia della zona, è una vera attrattiva per i turisti perché lo si può visitare, assistere alla “caserada” e acquistarvi formaggio, ricotta e burro. Ma come funziona un caseificio turnario? È semplice, i suoi
soci, in questo caso quattro allevatori della Val di Pejo, vi portano una parte del latte delle loro vacche e delle loro capre (la parte restante va al caseificio sociale) e a turni stabiliti lo lavorano durante la settimana: la quantità di formaggio o di derivati del latte spettante a ciascuno è proporzionale alla quantità di latte portata al caseificio. Entrando trovate le grandi e lucenti caldaie in rame dove il latte crudo senza fermenti e aggiunte viene riscaldato, le vasche d’acqua per l’affioramento della panna per fare il burro poi messo in stampi ancora di legno, i contenitori per la salamoia (per la conservazione) e infine gli scaffali per la stagionatura delle forme di formaggio: vi rimangono un paio di mesi, quindi il socio provvede a stagionarle presso la propria struttura e a commercializzarle. Non pensate però di trovare chissà quante varietà di formaggio perché quello che qui si produce è soprattutto il “casolet”, in piccole forme di circa due chilogrammi, così chiamato perché un tempo lo si faceva in casa. Ma proprio per la sua semplicità e genuinità questo formaggio è salvato dall’industrializzazione perché testimone di un territorio.
I CONSIGLI DI TISANA LA DOLCE
Brentonico: il “Giardino Semplice” Avete mai provato a fare un erbario, a raccogliere cioè alcun piante o fiori, farli seccare per poi incollarli con attenzione su dei fogli scrivendone il nome, il luogo di raccolta e la data. Se non lo avete mai fatto vi consiglio di provare, stando ben attenti a seguire i consigli per non far perdere i colori alle vostre piante – caso mai potete recuperarli disegnandoli fedelmente vicino – e a non spezzarne le parti più sottili e fragili. Pensate che più di cinquecento anni fa anche i monaci e i sapienti botanici del Medioevo raccoglievano le piante medicinali – i cosiddetti Semplici – oppure le piante sconosciute per studiarne le proprietà medicamentose. E un modo per farle conoscere erano proprio gli erbari, chiamati anche “Orti secchi”. In Trentino se ne conservano di molto antichi e molo belli, ma esistono anche dei giardini dove si può imparare a conoscere le differenze tra una pianta officinale e un’altra. Ad esempio a Brentonico, il cinquecentesco palazzo Eccheli-Baisi, centro culturale e Casa del Parco Naturale Locale Monte Baldo, è fiancheggiato da un Giadino Botanico con molte specie spontanee del Baldo e da un Orto dei Semplici organizzato in aiuole geometriche.
Questa montagna, chiamata anche “Orto d’Europa”, è infatti uno dei rilievi prealpini più studiati dai botanici per la ricchezza e originalità della sua flora, in quanto durante l’ultima grande glaciazione le cime vennero preservate dai ghiacci. Le sue piante e i suoi insetti hanno contribuito a dare forma alle “Camere delle meraviglie”, ovvero ai primi musei di storia naturale d’Italia nel XVI secolo, che raccoglievano tutto quanto allora si conosceva sulla Natura nei suoi diversi aspetti. Le splendide sale affrescate di palazzo Eccheli Baisi, oltre a far da cornice alla ricostruzione della Farmacia Maturi, una farmacia rurale del XX secolo, ospitano anche un piccolo ma interessante Museo del Fossile che documenta le specie vegetali e animali vissute sul Baldo in ambienti un tempo marini (Triassico, 200-240 milioni di anni fa): ammoniti, coralli, nummuliti, ricci di mare, granchi, denti di squalo il tutto spiegato con didascalie e pannelli informativi (www.parcomontebaldo.tn.it). Che ne dite? Sono sicuro che alla fine anche voi non vedrete l’ora di realizzare un vostro erbario! La vostra Tisana la Dolce
IL SACERDOTE TRENTINO CHE PER PRIMO HA STUDIATO PORCINI E FINFERLI
Quando Don Giacomo Bresadola andava per funghi... In un piccolo paesino della Val di Sole, Ortisè – oggi un centinaio di abitanti ma un tempo molto più popoloso – appoggiato su un pianoro della montagna a 1500 metri di quota, nasceva nel 1847 Giacomo Bresadola. Scelse di farsi sacerdote e divenne parroco del vicino e altrettanto piccolo paesino chiamato Magras, frazione di Malé. E fin qui, nulla di speciale. La particolarità viene dopo, quando comincia ad appassionarsi alle piante, ai muschi, ai licheni e poi ai funghi, che ha modo di scoprire camminando ogni giorno su e giù per le valli del torrente Noce. Inizia dunque a raccoglierli, i funghi, a disegnarli, a seccarli, a confrontarli, a scambiarli con altri studiosi non dimenticandosi, nel contempo, anche di essere un bravo sacerdote. Arriva così a riconoscere oltre 1.000 specie nuove di funghi, tanto che nel 1881 pubblica il libro Funghi mangerecci e velenosi del Trentino, seguito dopo qualche anno da un libro ancora più
importante, Funghi mangerecci e velenosi dell’Europa Media. Giacomo Bresadola è instancabile. Scrive lettere a botanici e micologi di tutta Europa, riempie fogli e fogli di disegni a colori, dei funghi che raccoglie e, alla fine, ecco l’opera che più lo rende famoso: Iconographia mycologica, ben 26 volumi illustrati con 1250 tavole disegnate nei minimi dettagli dove descrive quasi tutte le specie di funghi noti fino ad allora. I volumi di questa affascinante e incredibile enciclopedia verranno pubblicati dal 1927 al 1933, quindi anche dopo la sua morte avvenuta nel 1929, a Trento, dove era stato trasferito. Oggi questo e altro materiale viene conservato al Muse, il Museo di Scienze di Trento, e presso il Museo della Civiltà solandra di Malé, mentre in memoria della sua opera scientifica è stata istituita l’Associazione Micologica Bresadola di Trento.