La scopa della befana

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La scopa della Befana I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Il silenzio profondo del Bosco delle Venti Querce, ma soprattutto il letargo di Gellindo Ghiandedoro, così pieno di tanti bei sogni, quella notte di inizio gennaio vennero all’improvviso disturbati da un fischio... Sssfiiiuuuuu... Le foglie delle querce sussurrarono spaventate, mentre lo scoiattolino si girò nel letto e nascose le orecchie sotto al cuscino, ma... Sssfiuuuuuuu!!!... ...il fischio si fece più forte, più vicino, più fracassone e... Sssfiuuuuuu!!!... SPATATRACCKKKK... PÙMFETE... ROTOLÒM! – Ehilà... MA COS’È STATO? – strillò Gellindo saltando in piedi sul letto: quel gran rumore di legni rotti e di un bel ruzzolone a terra lo aveva svegliato del tutto e non è mai una gran bella cosa far uscir dalle lenzuola uno scoiattolo nel bel mezzo del suo letargo! Il nostro amico corse alla finestra, aprì un poco le imposte e guardò fuori... Quel che vide lo lasciò senza fiato e senza parole! Laggiù, in mezzo al prato che si apriva davanti all’enorme quercia in cui Gellindo viveva da sempre, piantata di testa in un cumulo di neve fresca, si agitava quella che sembrava una vecchierella con le calze bucate e le scarpe... – URKA... Ma guarda tu cosa doveva capitarmi! Ahi... AIUTOOO! – protestava la poveretta, piantando le mani nella neve per cercare di staccar la testa da sotto terra. – Oh ecco! Ce l’ho fatta finalmente a liberarmi... e da sola

– urlò la vecchia mettendosi in piedi e guardandosi in giro furiosa. – Con tante grazie, va bene? Grazie per essere tutti corsi in aiuto di una povera vecchierella infortunata! – Ehi tu – disse allora Gellindo, sporgendosi dalla finestra di casa sua, – si può sapere che ci fai, nel Bosco delle Venti Querce? Strepiti come una matta senza pensare a quelli che stanno dormendo! – Cooosa! E dovrei anche chiederti scusa, adesso? Scusa per aver fatto il mio dovere, come ogni anno alla vigilia del 6 di gennaio? Scusa per esser caduta dal cielo a metà del volo mentre stavo lavorando? Scusa per... – Ehi – esclamò a quel punto Gellindo col cuore in gola, – adesso ho capito!! Tu sei la... – SILENZIO!!! – strillò a quel punto la vecchina. – Non ti azzardare, scoiattolino dei miei stivali, a chiamarmi con quel nome! – Perché, tu non sei la... – ZITTO! Io sono la “signora Fabene Befana”! Questo è il mio nome completo, e così voglio esser chiamata! – D’accordo... ehm... signora Fabene Befana. Ma perché sei caduta dal cielo? – Perché non ho i soldi per cambiare scopa, ecco perché! – esclamò la Befana (noi possiamo ancora chiamarla così, sapete?, basta parlare sottovoce). – Non si guadagna abbastanza a portar doni ai bambini buoni e del carbone a quelli un po’ birichini, e per giunta una sola notte all’anno. Anzi, non si guadagna proprio nulla, perché si lavora gratis. Sono seco-


li, ormai, che la mia scopa faceva il suo dovere, ma vola oggi e ramazza per terra domani, un po’ alla volta è invecchiata e stanotte s’è definitivamente rotta. Proprio quando volavo sopra le fronde del Bosco delle Venti Querce... – Ma adesso, senza scopa, come farai a continuare a far felici i bambini di tutto il mondo? – Questa mi sembra una domanda senza risposta, caro mio! – disse la signora Fabene Befana sedendosi sul cumulo di neve nel quale s’era piantata di testa poco prima. – Il tempo sta passando veloce e io sono bloccata qui, senza più ramazza per volare e con un bel bernoccolo sulla fronte... – Aspetta – urlò Gellindo, – prendo la scopa nuova che ho comprato prima di andare in letargo e te la porto giù... Per non deludere uno scoiattolo così generoso, la Befana provò a inforcare quella scopa dal manico di plastica e a prendere la rincorsa; provò e riprovò a spiccare un salto per vedere se riusciva ad alzarsi in volo, ma fu tutto inutile. – Niente da fare... La tua scopa di plastica è troppo moderna... – Io so che Casoletta, nella sua Cioccolateria al Villaggio degli Spaventapasseri, usa un vecchio aspirapolvere... – Ma allora non hai capito! Non mi serve un aspirapolvere, anche se antichissimo, ma una vera, vecchia e sana scopa di legno con un bel ciuffo di rametti legato in cima! Il cervellino di Gellindo Ghiandedoro, allora, cominciò a funzionare alla grande, passando velocemente in ras-

segna tutti i suoi amici spaventapasseri, alla ricerca di chi, fra di loro, potesse avere una vecchia ramazza col manico di legno e il ciuffo di rametti, e... – CI SONO! HO TROVATO! – Hai trovato che cosa? – M’è venuto in mente chi ci può aiutare! Vieni con me, signora Fabene Befana, perché dobbiamo scendere al Villaggio degli Spaventapasseri... Gellindo, secondo voi, da chi accompagnò la povera vecchietta senza più scopa? Forse dal maestro Abbecedario, che conosceva a memoria tutti capitoli dell’“Enciclopedia Spauracchia”, a che quello che parlava delle scope nella storia degli spazzini? NO! Oppure da Dindondolo, che spazzava due volte al giorno la sua chiesetta per tenerla sempre in ordine e pulita? NO NO! Da GialloRossoVerde, il vigile urbano che lucidava a specchio le strade del Villaggio e teneva puliti delle foglie e dalle cartacce gli incroci più pericolosi? NO NO NO! Gellindo attraversò tutto il Villaggio degli Spaventapasseri addormentato nel buio della notte e si fermò davanti alla porta della casetta di Empedolcle, lo spauracchio più anziano di tutti! – Empedocle è l’unico che può avere una scopa come quella che vuoi tu! – sussurrò Gellindo. – Però c’è un problema... – Quale problema? – chiese la signora Fabene Befana.


– Empedocle è sordo! È più sordo di una campana rotta... e chi lo sveglia, a quest’ora della notte? – Se è solo per questo, lascia fare a me! – disse la vecchierella, che tirò fuori da dietro la schiena il manico rotto della sua vecchia scopa e... PATAPÌM... PATAPÈM... PATAPÙMMMMM... – Chi è? – disse ad un certo punto la voce addormentata del povero Empedocle da dietro la porta chiusa. – Chi è che viene a casa mia così tardi? Non siete capaci di bussare un po’ più forte, per farvi sentire? Per fortuna m’ero svegliato a bere un po’ d’acqua e... – Siamo noi, Empedocle – urlò allora Gellindo per farsi sentire. – Apri la porta... Ma certo che Empedocle aveva una scopa! Ma certo che era una scopa vecchia... Ma certo che la sua scopa aveva il manico di legno e il ciuffo di rametti legati in cima, però era tutta sporca e rovinata... – E allora, Empedocle, devi conse-

gnare subito la tua scopa alla qui presente signora... – esclamò lo scoiattolo. – Le serve la mia vecchia scopa, signora? Ma non ci sono problemi: la prenda pure, e ne faccia quel che vuole, buona donna, tanto io ne ho chiesta una nuova in regalo alla Befana! Lo scoiattolo guardò negli occhi la signora Fabene Befana e la signora Fabene Befana rispose a quell’occhiata con un sorriso. Poi i due si piegarono sulla pancia e scoppiarono a ridere a crepapelle, mentre Empedocle scrollò le spalle, chiuse la porta di casa e tornò a dormire. Insomma, per farla breve: la Befana salutò Gellindo Ghiandedoro, augurandogli un buon letargo, inforcò la scopa dello spaventapasseri e anche quell’anno poté completare il suo giro per il mondo. Tenne per ultima la casupola del vecchio Empedocle e, quasi all’alba del 6 gennaio, lasciò sulla sua porta una stupenda scopa di legno verniciato, con un bel ciuffo di saggina nuova legato in cima e con un biglietto su cui aveva scritto...

In ricordo di un dono dato col cuore, che mi ha permesso di riempire di gioia il cuore di tutti i bambini del mondo! Tanti auguri dalla signora Fabene Befana



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