Le storie di mare di Gellindo Ghiandedoro

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Le storie di mare di Gellindo Ghiandedoro I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Capitolo 1:

Còccolo e la magica conchiglia d ’oro


Come succede ogni volta che Gellindo Ghiandedoro ritorna dalle vacanze al mare, anche quella sera di inizio agosto gli spaventapulcini del Villaggio si danno appuntamento la sera dopo cena ai piedi della grossa quercia in cui vive lo scoiattolino e cominciano a chiamarlo a gran voce. – Gellindo! Gellindoo! Gellindo Ghiandedorooo, forza scendi: ti stiamo aspettando da un bel pezzo, sai? Allora, e solo allora, Gellindo sbuca dalla porta e corre a sedersi in mezzo ai suoi piccoli amici. – Be’, cosa volete da me? – chiede sorridendo soddisfatto. – Lo sai benissimo cosa stiamo aspettando – esclama Occhialetta ridendo anche lei felice: – che ci racconti le tue avventure vissute al mare! Proprio così, amici miei: ogni volta che lo scoiattolo risparmioso ritorna a casa dalle sue vacanze al mare, è ormai tradizione che gli spaventapulcini si diano appuntamento ai piedi della sua quercia per ascoltare le avventure vissute sulle spiagge più belle, misteriose e affascinanti del mondo. E infatti... Gellindo si accomoda per bene, si schiarisce la voce, osserva uno a uno i suoi piccoli amici e poi comincia a raccontare... – Quest’anno ho passato le vacanze sulle rive del Mar Adriatico e lì ho conosciuto un vecchio gabbiano quasi cieco, ma ancora forte e pieno di vita: si chiama Còccolo, questo gabbiano senza età, che vive giorno e notte abbarbicato in cima alla briccola n. 56 davanti alla spiaggia piena di ombrelloni. Còccolo è un gabbiano pieno di storie e di avventure vissute nel corso della sua lunghissima vita... Sono proprio alcune di queste avventure straordinarie che adesso voglio raccontare a voi...


Come succede ogni volta che Gellindo Ghiandedoro ritorna dalle vacanze al mare, anche quella sera di inizio agosto gli spaventapulcini del Villaggio si danno appuntamento la sera dopo cena ai piedi della grossa quercia in cui vive lo scoiattolino e cominciano a chiamarlo a gran voce. – Gellindo! Gellindoo! Gellindo Ghiandedorooo, forza scendi: ti stiamo aspettando da un bel pezzo, sai? Allora, e solo allora, Gellindo sbuca dalla porta e corre a sedersi in mezzo ai suoi piccoli amici. – Be’, cosa volete da me? – chiede sorridendo soddisfatto. – Lo sai benissimo cosa stiamo aspettando – esclama Occhialetta ridendo anche lei felice: – che ci racconti le tue avventure vissute al mare! Proprio così, amici miei: ogni volta che lo scoiattolo risparmioso ritorna a casa dalle sue vacanze al mare, è ormai tradizione che gli spaventapulcini si diano appuntamento ai piedi della sua quercia per ascoltare le avventure vissute sulle spiagge più belle, misteriose e affascinanti del mondo. E infatti... Gellindo si accomoda per bene, si schiarisce la voce, osserva uno a uno i suoi piccoli amici e poi comincia a raccontare... – Quest’anno ho passato le vacanze sulle rive del Mar Adriatico e lì ho conosciuto un vecchio gabbiano quasi cieco, ma ancora forte e pieno

di vita: si chiama Còccolo, questo gabbiano senza età, che vive giorno e notte abbarbicato in cima alla briccola n. 56 davanti alla spiaggia piena di ombrelloni. Còccolo è un gabbiano pieno di storie e di avventure vissute nel corso della sua lunghissima vita... Sono proprio alcune di queste avventure straordinarie che adesso voglio raccontare a voi... Una mattina il gabbiano Còccolo e il cormorano Gedeone erano impegnati in quello che più amavano fare: banchettavano allegramente in mare aperto, tuffandosi e rituffandosi nella scia del peschereccio “PAOLINA” che stava rientrando piano piano da una pesca durata la notte intera. A far loro compagnia c’era anche il cigno Peppo, che s’accontentava di volare in alto per controllare il pasto dei suoi amici. – Io, con questo, sono arrivato a cinquanta e a dire il vero comincio a essere sazio! – esclamò a un certo punto Còccolo, stringendo nel becco un grosso pesce con le squame argentate. – Ehi, ma hai visto che cosa c’è nella bocca del pesce che stringi nel becco? – strillò spaventato Gedeone, costringendo il cigno Peppo a una pericolosa manovra per frenare il volo e fermarsi sospeso in aria a guardare. – Per la piuma di mio nonno pirata! – strepitò Peppo, con un vocione da cigno grosso così. – In tutta la mia


lunga vita non ho mai visto una cosa del genere! A quel punto Còccolo, più incuriosito che spaventato, strabuzzò gli occhi per vedere la punta del suo becco e quel che si trovò davanti lo lasciò letteralmente senza fiato! Volete sapere anche voi che cos’aveva in bocca il pesce che Còccolo stringeva nel becco? Bene: allora facciamo assieme un passo indietro nella storia e scopriremo il mistero. Dovete sapere che in quella parte di mare che si stende davanti a un’enorme spiaggia piena di ombrelloni, di bambini urlanti, di mamme stese al sole e di papà sdraiati all’ombra a leggere il giornale, giù giù proprio sul fondo sabbioso, là dove le correnti diventano più fredde, si alza un castello! Un bellissimo castello, proprio come quelli di sabbia che i papà costruiscono sulla spiaggia: un palazzo quadrato al centro, con quattro torri tonde che svettano verso l’alto ornate da tanti piccoli merli quadrati, il tutto circondato da un muro spesso nel quale si aprono quattro porte, una per lato. In quel castello abita Nettotto, il fratello più giovane di Nettuno, il famoso re di tutti i mari. Dovete sapere che i sette fratelli di re Nett-UNO vivono ognuno in un proprio castello subacqueo: Nett-DUE è il principe dei mari freddi

del nord; Nett-TRE è invece il principe dei mari caldi del sud; Nett-QUATTRO ha il suo castello nei mari d’oriente; Nett-CINQUE è il signore dei mari pescosi; Nett-SEI è il padrone dei mari profondi; Nett-SETTE domina dal suo castello sui mari paludosi; Nett-OTTO, infine, è il principe del mare sabbioso dell’Adriatico! È un tipo simpatico, il principe Nettotto: piccolo e cicciottello, con una coroncina d’argento ben fissata sui lunghi capelli grigi, indossa sempre un mantelletto rosso come il fuoco e stringe in mano, al posto dello scettro o del tridente, una… SCOPA! Sì, certo, avete capito bene: una scopa proprio come quella che usano le vostre mamme per tener pulita la casa. Infatti Nettotto, oltre che principe del Mar Adriatico, è anche un maniaco dell’ordine e della pulizia! Nel suo castello non c’è nulla fuori posto: in tutte le cinquantotto stanze del maniero le cose sono sempre là dove devono essere; il giardino esterno ha aiuole di anemoni di mare tutte esattamente circolari, ornate di stelle marine ben allineate lungo i bordi; dalle fontanelle del parco zampilla acqua dolce con spruzzi tutti eguali uno all’altro… – Martinetto – disse un giorno il


principe al suo maggiordomo-cameriere-tuttofare, un bello sgombro dalla livrea d’argento e da un buffo berretto azzurro in testa che lo faceva assomigliare a un capostazione. – Martinetto, ti prego, potresti pettinare la chioma di quell’anemone di mare sulla destra della quarta aiuola… E poi prendi uno straccio e lucida per benino quel pesce palla che s’è fermato laggiù, ai piedi della torre orientale… E infine aiutami a mettere in ordine le seggiole di questa stanza, ché sono tutte fuori posto… In realtà, delle venti seggiole allineate lungo un tavolone sempre imbandito di leccornie infinite, solo una era leggermente, ma proprio poco poco fuori posto. Ma tant’è: Nettotto era il principe di quel castello e a un principe bisogna sempre obbedire, no? – E di questa conchiglia d’oro che ne facciamo, mio signore? – chiese allora Martinetto, che proprio in quel momento stava lucidando uno dei gioielli di casa. – Portamela subito: voglio dare un’occhiata alla mia conchiglia magica! – esclamò Nettotto, accomodandosi ancor meglio sul suo piccolo trono. Successe tutto in quell’istante e durò meno di due secondi! Dall’alto del mare scese un’immensa rete, che prese prigioniero il povero Martinetto mentre stringeva in bocca la conchiglia d’oro e lo tirò su, a bordo del peschereccio “Paolina”. Lì avven-

ne che per errore uno dei pescatori afferrò Martinetto per la coda e, anziché gettarlo nella vasca colma di ghiaccio in scaglie, se lo fece sfuggire e… Oplà!… lo sgombro tornò in mare, proprio in tempo… Splufff!… per finire diritto diritto nel becco del nostro amico Còccolo! – Guardate com’è bella, questa conchiglia! – esclamò il gabbiano Còccolo con gli occhi incrociati e stupiti, facendo attenzione a non lasciarsi sfuggire dal becco il prezioso sgombro. – Ma adesso cosa faccio? È un pesce esante e tra un po’ mi cadrà in acqua… Vorrei mangiarlo, ma è troppo grosso e allora potrei regalartelo – biascicò rivolto al cormorano Gedeone, – però mi spiacerebbe perdere la conchiglia… – Tutti di ritorno a casa! Adesso! – strillò a quel punto il cigno Peppo, che senza attendere risposta s’involò in direzione della costa sabbiosa. – Venite, forza... Anche tu, Còccolo: apri le tue ali, stringi il becco e vola dietro di noi! Il terzetto di amici, spinto dal vento allegro della costa, raggiunse in meno di cinque minuti le briccole davanti alla Spiaggia degli Ombrelloni e solo allora, sulla briccola numero 56, il povero Còccolo poté appollaiarsi a riposare, stringendo sempre nel becco la doppia preda. Fu a quel punto che lo sgombro Martinetto cominciò a farsi sentire.


– Signor… ehm… signor gabbiano… – Mi chiamo Còccolo! – E allora lasciami andare, per favore, Gabbiano Còccolo! Tu non sai in che pasticcio mi sono cacciato, ma il mio signore, Nettotto il principe del Mar Adriatico, senza di me non può vivere. Perciò lasciami libero e in cambio… – Già, e tu in cambio che cosa ci dai? – chiese Peppo, che ora galleggiava sull’acqua del mare alla base della briccola 56. – …in cambio vi regalo questa conchiglia d’oro! – E cosa ce ne facciamo, di una conchiglia d’oro? – fece Gedeone, che dondolava sull’acqua accanto al cigno. – Questa non è solo una conchiglia d’oro, sapete? È una conchiglia magica! – esclamò Martinetto facendosi all’improvviso serio e depositando l’oggetto prezioso in cima alla briccola. – Chi la possiede può chiederle tre favori e verrà accontentato all’istante! – E possiamo chiedere veramente qualsiasi cosa? – domandarono in coro i tre amici pennuti. – Non esistono limiti, alla magia – rispose lo sgombro Martinetto. – Ma per far sì che i tre desideri si avverino all’istante, dovrete recitare questa semplice formula magica: Abratìm Abratòm… Sarcìre, Questi tre desideri tu devi esaudire!

Poi con uno strattone lo sgombro si liberò dal becco di Còccolo, si rituffò in acqua e sparì nelle profondità, in direzione del castello del suo padrone. – E adesso che facciamo? – chiese Còccolo, rimirando la conchiglia d’oro che i tre per sicurezza avevano trasportato su una spiaggia deserta. – Per la pelle di una balena sorda, è semplice no?... Ciascuno di noi esprime un desiderio – propose il cigno Peppo, – facendo però attenzione a non domandare delle cose sciocche. – A me, ad esempio – disse Gedeone da buon cormorano sempre affa-


mato, – piacerebbe avere ogni giorno cento pescetti da mangiare senza far fatica… – E io invece – lo interruppe Peppo, – vorrei restare per sempre giovane e bello come lo sono oggi… – State a sentire – disse allora Còccolo, prendendo in mano la conchiglia preziosa. – Tre desideri sono pochi e troppi allo stesso tempo. Ognuno di noi avrebbe forse cento cose da chiedere ma, se ci pensate, nessuna di veramente e profondamente importante… Che ne dite di andare a chiedere aiuto e consiglio a chi ne sa più di noi? – E da chi dovremmo andare, poi? – Era stato Gedeone a parlare. – Io pensavo di chiedere aiuto a Mamma Dolfina… Lei conosce senz’altro il principe Nettotto e lo sgombro Martinetto e saprà darci il consiglio che ci vuole… Allora, andiamo? Come si faceva a dir di no a quel gabbianetto forte e robusto, dagli occhi simpatici e buoni! – Per le zampe di una stella marina a dieci punte, hai proprio ragione Còccolo. Andiamo, dai! – esclamò Peppo distendendo le grandi ali candide e alzandosi faticosamente in volo, seguito da Gedeone e da Còccolo. Volarono a lungo, lasciandosi trasportare dalle correnti d’aria più forti e calde che si alzavano in quota. Quando giunsero al centro di quel mare enorme, proprio là dove i pe-

scatori andavano di notte a pescare… – Eccola… laggiù, la vedete? – urlò Còccolo, abbassando leggermente l’ala sinistra e virando deciso verso il mare sotto di loro. – È Dolfina, è Mamma Dolfina! La riconosco dalla macchia bianca che ha sulla pinna della coda! Dovete sapere che Mamma Dolfina viveva da molti anni in quel tratto di mare: sapeva quindi parlare con le correnti marine e con le brezze del cielo e perciò era sempre al corrente di tutto quel che accadeva attorno a lei. Conosceva il linguaggio dei pesci, ma anche quello delle meduse e dei granchi: era amica di tutti gli abitanti del mare e del cielo, Dolfina, proprio come una vera mamma, e a ognuno sapeva dare il consiglio giusto. – Ciao, Còccolo – disse Dolfina, salutando l’amico gabbiano che non vedeva da molto tempo. – Ciao, cigno Peppo... e tu dovresti essere il cormorano Gedeone, vero? Allegro e sempre affamato come un vero cormorano di mare, eh? – Ciao, Dolfina – le rispose Còccolo adagiandosi finalmente sul pelo dell’acqua a riposare, subito imitato dai suoi amici. – Tu sai, vero, perché siamo venuti da te? – C’entra forse una conchiglia d’oro? Una conchiglia che un vecchio sgombro con un buffo berretto in testa vi ha regalato per avere in cambio salva la vita? – Già, è successo proprio così –


rispose Peppo. – Però non sapete quali desideri esprimere! La tentazione di chiedere pescetti a volontà e magari una bellezza che duri per sempre è molto forte, vero? Eh, cari miei: anch’io non saprei che cosa chiedere, se avessi la possibilità di esprimere quei tre desideri. Ma di una cosa sono certa: un desiderio lo chiederei per i miei amici; un desiderio lo vorrei per il mio mare e un terzo desiderio lo riserverei alla conchiglia tutta d’oro! – E questo che vuol dire? – domandò perplesso il gabbiano Còccolo. – Prova a pensare bene alle parole che ti ho detto, e capirai da solo! – esclamò Mamma Dolfina, che con uno salto improvviso e una piroetta in cielo s’inabissò nel mare e scomparve nelle sue profondità. Ci volle la giornata intera perché Còccolo capisse quel che gli aveva consigliato di fare Mamma Dolfina, ma alla fine, verso il tramonto… – Ci sono! Ho capito che cosa voleva dirmi Dolfina! Gedeone… Peppo... correte, volate subito qui! Alla briccola numero 56, a poca distanza alla Spiaggia degli Ombrelloni ormai deserta, i tre amici pennuti confabularono per un bel po’ e alla fine si udì la voce squillante di Còccolo che parlava direttamente al mare…

Abratìm Abratòm… Sarcìre, Questi tre desideri tu devi esaudire! Per tutti i miei amici chiedo che la Spiaggia degli Ombrelloni resti sempre color dell’oro! Per il mio bel mare chiedo che l’uomo lo tratti con cura e rispetto! Per la Conchiglia d’oro chiedo invece... che ritorni subito dal suo padrone! E accadde all’istante che Peppo e Gedeone, ma anche tutti gli altri amici di Còccolo che conosceremo nelle prossime avventure, divennero i padroni di una spiaggia stupenda e preziosa, con una sabbia che pareva fatta di tanti granellini d’oro zecchino. Accadde che il mare divenne come d’incanto di quel blu profondo e pulito che tutti vorremmo vedere nei mari di tutto il mondo, perché l’Uomo capì che conservare pulita la Natura significa vivere tutti una vita migliore. E succcesse, infine, che la conchiglia ritornò in fondo al mare al largo della Spiaggia degli Ombrelloni, facendo felici il principe Nettotto e Martinetto, il suo maggiordomocameriere-tuttofare col cappellino da capostazione.



Capitolo 2:

Còccolo e il sortilegio della Laguna


Nessuno può dire chi se ne accorse per primo ma, quando ciò avvenne, il passaparola fu veloce come il vento di tramontana. E quando la voce giunse dalle parti della briccola 56 di fronte alla Spiaggia degli Ombrelloni, là dove da sempre abita il gabbiano Còccolo, la frittata era ormai fatta! – Sei sveglio, Còccolo? – ansimò Spazzola, il vecchio gabbiano che alcune primavere prima aveva insegnato a Còccolo l’arte del volo gabbianesco e che aveva conosciuto il mondo intero volando sulle correnti dei cinque continenti. – Sì, “adesso” sono sveglio, caro Spazzola, ma fino a poco fa stavo facendo la pennichella del pomeriggio sperando che nessuno venisse a disturbarmi… – Cosa vuoi che ti dica – fece quell’altro, appollaiandosi assieme a Còccolo in cima alla briccola. – Non è colpa mia se, quando il mondo va a rotoli, tutti chiedono l’intervento del loro idolo salvatore! Còccolo di qua… Còccolo di là… Còccolo corri in mio aiuto… va’ tu da Còccolo a chiedere consiglio... – Cos’è successo, questa volta – sbadigliò Còccolo stiracchiandosi le lunghe ali bianche e le piume della coda. – È successo che la laguna… ha smesso di respirare! – Cioè? Cosa vorresti dire? – Voglio dire che non ci sono più le maree! – gli spiegò Spazzola. – Voglio

dire che l’acqua del mare non si alza e non si ritira più, s’è fermata sulla bassa marea e da lì non la schioda più nessuno! Voglio dire che adesso in laguna ci sono sì e no venti centimetri d’acqua e tra un po’ non ci saranno più nemmeno quelli! – Per il dente marcio di una balena zoppa, come direbbe il cigno Peppo – mormorò pensieroso Còccolo, mentre con la testolina stava già pensando a che cosa significasse quella notizia. – Se in laguna ci siamo fermati sulla bassa marea, allora vuol dire che i pesci, per non morire, dovranno fuggire in mare aperto e quindi noi gabbiani di laguna saremo costretti a traslocare… Vuol dire che le lingue di sabbia rimarranno per sempre a cielo aperto… Ma ti rendi conto, Spazzola? La stessa Spiaggia degli Ombrelloni corre il rischio di essere circondata da un deserto di sabbia e di piante rinsecchite, per sempre! Qui dobbiamo fare qualcosa… – È proprio quello che stavo dicendo poco fa ai nostri amici gabbiani. E sai cosa mi hanno risposto? Semplice: ci deve pensare Còccolo a trovare il rimedio! – concluse il vecchio Spazzola, che salutò l’amico e si preparò ad alzarsi in volo. – Be’, lo vedi quel peschereccio all’orizzonte? Visto che non c’è più bisogno di me, vado a farmi un po’ di riserve per i prossimi digiuni… E Còccolo rimase solo, ad affrontare quel problema enorme.


– Magari in tutto questo c’entra Nettotto, il principe del Mar Adriatico, che vive sul fondo del mare davanti a Spiaggia degli Ombrelloni – disse Liscarella, una gabbianella giovane e coraggiosa. – Ho già parlato con Martinetto – le rispose Còccolo, – il grosso sgombro maggiordomo-cameriere-tuttofare di Nettotto, e lui mi ha confidato che il principe non solo non ha colpa di quello che è successo, ma che non sa nemmeno spiegare il perché la marea si sia bloccata. – E se mandassimo qualcuno di noi lungo la costa – intervenne Branchione, un simpatico gabbiano cicciotello, – a controllare se magari da qualche altra parte la marea è rimasta normale? – Già fatto anche questo, Branchione: il cormorano Gedeone ha volato giorno e notte fra ieri e oggi e il responso è molto semplice: la marea s’è bloccata su tutto il litorale. E per nostra sfortuna, s’è fermata sulla bassa… – Ma ci dovrà pur essere un motivo che spiega questa disgrazia! – strillò arrabbiata Biancagrigia, un’altra giovane gabbianella assai impaziente. – Ma certo che esiste, un motivo – le rispose Còccolo con un sorriso tranquillizzante. – Tutto sta a trovarlo ed è proprio quello che stiamo tentando di fare! Proprio in quell’istante il sole si oscurò e un frullo d’ali forte e impe-

rioso fece fuggir via tutti i gabbiani radunati attorno alla briccola 56. Quando la calma tornò, Còccolo e i suoi amici videro che in vetta alla briccola stava appollaiato Tristano, un bel falco pescatore di cui tutti avevano un profondo terrore. – Per ora non sono venuto a farvi del male – borbottò Tristano, – ma solo per vedere cosa state facendo per la nostra laguna! I pesci cominciano a scarseggiare e se non trovi presto un rimedio, caro il mio Còccolo, mi vedrò costretto a cambiar dieta passando dai pesci ai gabbiani – concluse il malandrino, osservando in modo strano la panciotta di Branchione… – Per la faccia triste di Fata Biondana – si sentì urlare all’improvviso dall’alto del cielo, – ma vuoi lasciarci in pace una buona volta, sciocco d’un falco ottuso! Quello era il vocione inconfondibile di Peppo: il grosso cigno reale era l’unico a incutere un po’ di paura a falco Tristano, che infatti s’alzò precipitosamente in volo e se ne andò via borbottando strane minacce. – Tò, una volta tanto Tristano mi ha dato retta! – esclamò tutto sorridente il cigno, che si bloccò quasi subito nel vedere il volto serio e concentrato di Còccolo. – Be’, che ti prende, Còccolo? Perché quella faccia scura? – Sei un grande, Peppo – sussurrò sovrappensiero Còccolo. – Sei un


mito! Sei unico e, se non ci fossi, bisognerebbe che qualcuno ti inventasse! Senza volerlo, mi hai dato l’idea giusta per uscire da questo grosso pasticcio! Vieni con me, Peppo… e anche tu, Liscarella… Ho bisogno di voi due… – Proprio a me, vieni a chiedere aiuto? Non ti sei accorto in che condizioni è la mia isoletta? Fata Biondana era una bella signora vestita d’azzurro e di verde, coi capelli biondi raccolti in una lunga treccia che sfiorava quasi la sabbia del pavimento. Abitava in una casa fatta con le cannelle di palude, costruita su un isolotto al centro di quella che un tempo era stata una laguna: ora invece il fango e la sabbia la facevano da padroni fino all’orizzonte... – È proprio per questo che siamo qui, Fata Biondana – esclamò Còccolo, che zampettava con i suoi amici nella grande cucina fumosa. – Dobbiamo trovare assieme un rimedio alla secca che sta distruggendo la laguna. – È tutta colpa di voi gabbiani chiassosi – accusò Fata Biondana, stringendosi nello scialle di lana rossa che le copriva le spalle. – È tutta colpa dei vostri strilli quando correte dietro a qualche peschereccio per mangiare a sbafo! È tutta colpa dei vostri… – Basta così, Fata Biondana! – la interruppe Còccolo alzando un po’

la voce. – Non siamo venuti per farci insultare, ma per chiedere aiuto. Noi gabbiani siamo fatti così, affamati e chiassosi, e nessuno può cambiarci! Perciò lascia perdere queste sciocchezze e concentrati sul problema! La laguna ha smesso di respirare e la marea s’è fermata nel punto più basso. Abbiamo ancora poche ore per salvare i pesci, ma anche i molluschi e le piante della laguna. Cosa possiamo fare? C’è un modo per uscire da questa situazione? Fata Biondana osservò quel gabbianetto tutto muscoli, ossa leggere e penne robuste. Guardò nel fondo dei suoi occhi e vi lesse un grande amore per il suo mare, per le spiagge della costa e per l’immensa laguna. Allora si alzò dalla sedia a dondolo sulla quale era seduta, si avvicinò a uno scaffale che stava crollando sotto al peso di cento libri antichi, ne prese uno con la copertina verde scuro e cominciò a sfogliare le pagine di cartapecora. – Ecco qui – disse dopo alcuni minuti di silenzio profondo. – Adesso vi leggo: «Esiste un solo modo per combattere le secche e le basse maree. Ci vogliono due mani pure e ingenue, che a mezzanotte in punto, alla luce della luna piena, raccolgano in laguna un mazzolino di Erba Astrologa. Ci vogliono due mani coraggiose che a mezzanotte in punto, dal fondo del


mare, raccolgano un mazzolino di Erba Posidonia. Ci vuole infine qualcuno dal cuore pulito che unisca in un solo mazzo l’Erba Posidonia e l’Erba Astrologa e vada a deporla alla foce del fiume Rivofresco, e lì dovrà cercare di risolvere due difficili indovinelli…». ...Avete capito? – chiese la Fata Biondana. – No! – risposero in coro Liscarella e Peppo. – Io invece forse ho capito – li corresse Còccolo. – Se non ricordo male questa notte ci sarà la luna piena. Allora: tu Liscarella, buona e gentile come sei, ti occuperai dell’Erba Astrologa, mentre tu Peppo, il cigno più forte che io conosca, ti tufferai in fondo al mare per raccogliere un po’ d’Erba Posidonia. Io poi mi sento sufficientemente sveglio, perciò mi occuperò di andare alla foce del fiume Rivofresco per risolvere i due indovinelli… Fata Biondana, grazie davvero… speriamo che tutto vada per il meglio… – Lo spero anch’io, Còccolo – rispose la bella signora dalla lunga treccia bionda. – Non potrei sopravvivere, se la laguna dovesse trasformarsi in un deserto sabbioso! Andate e… buona fortuna! A mezzanotte in punto, Còccolo era alla foce del fiume Rivofresco, mentre Liscarella e Peppo erano andati a

nascondersi tra le canne lungo la riva. Còccolo teneva in mano uno strano mazzetto di Erba Posidonia e di Erba Astrologa: nessuno però sapeva chi sarebbe arrivato per sottoporgli i due indovinelli… Fu la Luna a parlare, dall’alto del cielo scuro. – Ciao, Còccolo – sussurrò la Luna con voce profonda e calda, – vedo che ti sei ricordato di me… Quei bei fiori sono un regalo, vero? Oh, che carino… Lo sanno in pochi che alla Luna piacciono l’Erba Posidonia e l’Erba Astrologa e un mazzo con entrambe le erbe è veramente il massimo che posso sognare… E in cambio che cosa vorresti? – Vorrei – sussurrò intimorito il gabbiano Còccolo, – vorrei che tu tornassi a far respirare la laguna! – Ah, ve ne siete accorti, finalmente! – esclamò la Luna alzando un poco la voce. – Vi siete accorti che è merito mio, se la laguna respira, se il livello dell’acqua si alza e s’abbassa come il respiro di un essere vivente. Chissà perché devo essere io, ogni cent’anni esatti, a ricordarvi che è solo grazie a me se in laguna vivono tanti pesci e molluschi e molte piante e fiori! Non sempre però capita che si presenti qualcuno buono, forte e sveglio capace di rimediare a questa dimenticanza… Comunque lo sento: questa volta ci penserai tu, Còccolo, a risolvere i due indovinelli. Ecco il primo, facile facile…


Sono strade d’acqua coi paracarri di legno.

Quelli di Venezia sono assai belli, ma quelli della Laguna riportano a casa i pescatori. Che cosa sono? – Oh, ma è troppo facile – esclamò Còccolo battendo le zampette palmate sulla riva del fiume. – Sono i Canali! I canali di Venezia coi palazzi più belli del mondo e i canali d’acqua che attraversano la laguna segnati dalle briccole, vero? – Bravo, Còccolo! Il primo indovinello è stato risolto – strillò esultante la Luna. – Adesso passiamo al secondo, che sarà un po’ più difficile… Ascolta… L’una tira e l’altra sale, l’una molla e l’altra scende, l’una gira e l’altra scompare... Che cosa sono, tutte e due le cose? «Questa volta l’indovinello è proprio complicato…» si disse Còccolo col cuore che batteva a mille. – Venticinque secondi! «E per di più le risposte da dare sono due… Anche se, indovinata la prima, dovrei indovinare pure l’altra…». – Venti secondi!

«Ma certo… se a l’una… elle-apostrofo-una... tolgo l’apostrofo, diventa “luna”! Va bene: la prima risposta è Luna, mentre la seconda…». – Quindici secondi! «Luna tira e l’altra sale…». – Dieci secondi! «Luna molla e l’altra scende…». – Cinque secondi! «…e se Luna gira, l’altra scompare…». – Tre… Due… Uno!? – Ma è chiaro: la prima risposta sei proprio tu, Luna, e la seconda non può essere che la... MAREA! Un lungo e profondo sospiro, come se qualcuno avesse trattenuto il fiato per una notte e un giorno interi e non ce la facesse più a resistere, percorse tutta la laguna e piano piano l’acqua cominciò a risalire, dando ossigeno ai pesci e nutrimento ai tappeti di alghe e di piante. Scoppiò un finimondo allegro, allora, con la Luna a far festa in cielo fino all’alba e i gabbiani a far corona danzando felici attorno a Fata Biondana, a Liscarella, a Peppo e Gedeone, al vecchio Spazzola e naturalmente a Còccolo, che alle prime luci del giorno venne portato in trionfo fino alla sua briccola 56 davanti alla Spiaggia degli Ombrelloni, da dove poteva ammirare tutta la sua laguna!



Capitolo 3:

Còccolo e gli orchetti del fiume Rivofresco


– Stamattina presto ho incontrato l’Aurora Rosanna – disse il gabbiano Còccolo al cigno Peppo, mentre i due dondolavano a pelo d’acqua proprio davanti alle foci del fiume Rivofresco. – E mi ha detto di essere molto, molto preoccupata! – E perché, poi? – chiese Peppo, godendosi a occhi chiusi il caldo del sole. – Pare che la povera Rosanna abbia incontrato un mostro o qualcosa del genere, un orco che è andato a vivere sul fiume Rivofresco… – Un orco? – domandò Peppo, mostrando un improvviso interesse. – Quando mai in riva al nostro mare si fanno vedere gli orchi? Sono secoli, ormai, che non se ne incontra uno da queste parti! – È vero, però la cosa non mi lascia tranquillo – mormorò Còccolo, strizzando gli occhi controsole in direzione del fiume Rivofresco, che si gettava in laguna a poche decine di metri da loro… Non terminò nemmeno la frase, che una serie interminabile di urla terribili si alzò da dietro ai canneti che ornavano la riva del fiume. – Aiutooo! Qualcuno venga a salvarmi! Presto... Aiutooo! Non lasciatemi solo... veniteee!! Còccolo e Peppo si alzarono immediatamente in volo, su su, bene in alto per poter vedere meglio, e… – Per tutte le meduse orbe di questo mare!– urlò il cigno reale, scendendo in picchiata verso la riva sinistra del

fiume. – Laggiù, lo vedi? Mi sembra che a urlare sia l’airone Gambestecco… Andiamo a vedere! – Mamma mia che spavento! – esclamò Gambestecco con le lacrime agli occhi. – Uno spavento terribile che mi ha lasciato senza fiato e senza parole… Fatemi respirare, ve ne prego, ché devo recuperare… – Su, forza, vuoi dirci che cos’è successo? – lo supplicò il gabbiano. – Mamma mia che paura! – ripeté ancora Gambestecco asciugandosi le lacrime agli occhi. – Una paura folle, da non crederci, da restarci stecchiti! Ecco, guardate come mi tremano il becco e le ginocchia! Insomma, non ci fu verso di far ragionare il povero airone, anche perché proprio in quel momento… – Vattene di qua, mostro! Vattene via... Aiutooo!! Era stato il vocione inconfondibile di Tristano, questa volta, a sovrastare il piagnisteo di Gambestecco. Tristano, il falco pescatore padrone della foce del fiume Rivofresco, era anche lui in un guaio! Che ci fosse di mezzo ancora quel benedetto orco? Còccolo e Peppo non ebbero il tempo di correre a sincerarsene, perché… – Aiutooo! Venite a salvarmi!! – urlò Billy, il germano reale che abitava sull’isolotto di Fata Biondana. – Per caritààà! Accorrete subitooo! Fate in fretta!! – si misero a strillare


quasi contemporaneamente Ginetta e Ginetto, una coppia di svassi che stava covando le proprie uova nel folto di un canneto lungo il fiume Rivofresco. – Venite! Venite subito al mio nido... Aiutooo!! – strepitò in risposta Antana, una bellissima folaga che aveva messo su casa anche lei nel cuore della laguna. – Forza... Aiutooo, salvate i miei piccoli!! – Era stata Colombina, una stupenda cannaiola, a schiamazzare dal suo nido in un folto cespuglio sull’ultima ansa del fiume Rivofresco. – Amiciii! Venite a vedere … Aiutatemi! – Quella era la voce squillante di Barèna, una pavoncella che era amica di tutti e la beniamina soprattutto del popolo dei gabbiani. Insomma, nel breve volgere di un minuto, l’intera zona della foce venne percorsa dai brividi della paura e risvegliata dalle urla dei malcapitati. – Per mille cefali col mal di testa, e adesso che facciamo? Da chi cominciamo? – esclamò Peppo, che ormai non ci capiva più nulla. – Alziamoci in volo e andiamo a vedere cos’è successo ai nostri amici, cominciando dai più vicini! – rispose Còccolo. Ma la ricerca non durò a lungo. Dall’alto del cielo videro subito il mostro sulla riva della laguna: no, non era un orco vero e proprio, era troppo piccolo per essere un orco…

Ecco: forse era un orchetto accucciato nell’acqua alle prese con alcune conchiglie. – Dobbiamo scendere a parlargli? – domandò Peppo con la voce che gli tremava per la paura. – Siamo arrivati fin qui per conoscerlo meglio, no? – gli rispose Còccolo. – Fatti forza e andiamo a vedere! Visto da vicino l’orchetto era veramente brutto, brutto da far accapponare la pelle, ancor più brutto di come l’aveva descritto l’airone Gambestecco. Allora, state a sentire: grosso come un botticello di buon vino, ma basso e tracagnotto come se camminasse sulle gambe e sulle mani, l’orchetto era vestito con una tunica di lana grossa fermata in vita da una vecchia rete da pesca arrotolata; aveva capelli lunghi, neri, sporchi e attorcigliati, con una barbetta, anch’essa scura e tutta riccia. E avreste dovuto visto i denti: neri e marci e rotti… Insomma: un vero disastro di bruttezza! – Signor… ehm… signore, possiamo chiederle come si chiama? – domandò Còccolo, facendosi avanti. L’orchetto si girò con una vongola mezza aperta in bocca. Risucchiò il contenuto, sputò nell’acqua la conchiglia e cominciò a parlare a bocca piena. Solo agli orchetti è permesso parlare a bocca piena! – Tanto per cominciare io non sono un signore. Secondo, il mio nome è


Alberasso. E, terzo, sono un orchetto a tutti gli effetti, al cento per cento! – Ascolta, Alberasso – fece allora Còccolo, aggrappandosi con le ali a tutto il suo coraggio, – lo sai che non puoi andartene in giro per la laguna, su e giù per il Rivofresco, a terrorizzare tutti quelli che incontri? Questa è una zona tranquilla, abitata da animali pacifici che non hanno nessuna intenzione di rovinarsi il fegato per le bravate di un orchetto smargiasso! – Alberasso, mi chiamo Alberasso, non “smargiasso”! – lo corresse l’or-

chetto frugando nella sabbia alla ricerca di un’altra vongola. – E poi non sono venuto da solo. Qui attorno ci sono anche i miei sei fratelli orchetti che sono scappati assieme a me dalla Terra degli Orchi, su, a nord, perché lì non c’era più posto per noi... – La Terra degli... Orchi? – balbettò Peppo. – Per mille balene tutte in fila: non sapevo che ci fosse anche una Terra in cui nascono e vivono gli orchi! – Già – rispose Alberasso, – ma più che una terra, è un’enorme caverna scavata un po’ più a nord, sotto la pianura, proprio dal fiume Rivofresco, che per chilometri e chilometri scorre nell’oscurità di quelle grotte… Alberasso non poté continuare, perché dalle canne della riva lì vicino fecero la loro apparizione sei mostriciattoli, uno più brutto e terrificante dell’altro… Uno alla volta raggiunsero la striscia sabbiosa in mezzo alla quale era stato sorpreso Alberasso e… – Allora vi faccio le presentazioni. Questo qui, con un ciuffo bianco sulla fronte, è Craniata, gran mangiatore di zanzare! Questi due sempre assieme che sembrano gemelli siamesi, sono Malfatto e Vacchero, fratelli inseparabili in ogni marachella! Quello lì, magro come un chiodo arrugginito, è Carboletto, mentre quello tutto serio laggiù è Bolso, l’orchetto più intelligente che esista al mondo. E infine ecco il più piccolino, la nostra mascotte, il còccolo di famiglia: si


chiama Puzzetto ed è l’orchetto più giovane del gruppo e gran campione di... puzzette! – Penso vi rendiate conto che per noi siete un problema, vero? – Era stato Còccolo a parlare, vincendo alla fine la repulsione e la paura. Non era un bello spettacolo vedere quei sette mostriciattoli tutti assieme, nel cuore della “sua” laguna! – E perché, poi? – rispose Bolso a nome di tutti. – Se ci vivete voi, in laguna e sul fiume Rivofresco, possiamo viverci anche noi. Che cosa abbiamo, di diverso? Nessuno ebbe il tempo di rispondere a quella domanda, perché una nuvola improvvisa oscurò il sole e un gigantesco stormo multicolore di gabbiani e gabbianelle, di moriglioni e alzavole, di germani reali, folaghe e aironi, di oche grigie e starne… insomma, uno stormo con tutti gli uccelli della laguna venne in aiuto di Còccolo e di Peppo. I pennuti circondarono i sette orchetti e si fecero sotto coi becchi ben puntati verso il cielo, aprendo e sbattendo le ali e pestando le zampette sulla sabbia e nell’acqua bassa della laguna. Si alzò allora un chiasso tremendo, condito da strilli e versacci all’indirizzo di quei sette intrusi… – Andatevene! Via di qui! Sciò! – Non vi vogliamo! – Non fatevi più vedere da queste parti! – Ma chi vi vuole?!

– Sparite! Muovetevi! – Viaaa! I sette poveri orchetti, intanto, s’erano stretti l’uno all’altro, formando un unico corpo mostruoso. I loro occhi erano atterriti, le loro grosse mani tremavano di paura, le povere gambe vacillavano sotto al peso del terrore… L’unico ad accorgersi che i sette orchetti stavano morendo per lo spavento fu il gabbiano Còccolo, che alzò la voce per farsi sentire. – Silenzio, amici! Chiudete i becchi e ascoltate! Basta! Bastaaa! Aveva una voce potente, Còccolo, ma per farsi sentire dai suoi amici si fece aiutare dal vocione profondo di Peppo. Alla fine il silenzio scese su quella parte di laguna che s’era trasformata in un enorme tappeto brulicante di penne, piume e orchetti. – Aspettatemi tutti qui, fermi immobili dove siete adesso! – Còccolo urlò con tutta la voce che gli era rimasta. – Voi, orchetti, non cercate di fuggire, e voi amici pennuti fate buona guardia, ma non toccate nemmeno con una piuma questi sette fratelli. D’accordo? Io torno subito… Dieci minuti e sono da voi! Volete sapere dove andò, il nostro amico Còccolo? Si alzò in volo su su, alto nel cielo, dirigendosi sicuro e spedito a nord, finché non si trovò sopra al fiume Rivofresco, che disegna strani ghirigori nella pianura verde di


prati e di campi. Si fermò accanto a un grosso nuvolone bianco e… – Rosanna! Aurora Rosanna, svégliati! Su forza: lo so che non è l’alba, ma apri gli occhi, ché devo parlarti! Subito, è urgente! – Uaooo – sbadigliò Rosanna, stiracchiandosi sul bordo della nuvola bianca di panna montata. – Ciao Còccolo! Perché mi hai svegliato a quest’ora del pomeriggio? Mi pare di avertelo detto che stanotte quell’orco mi ha tenuta sveglia da molto prima dell’alba! Quando però Rosanna venne a sapere che l’orco in realtà era un orchetto, che l’orchetto aveva sei fratelli e che i sette orchetti erano fuggiti dalla Terra degli Orchi perché lassù non c’era più posto per loro, ammutolì e ascoltò con attenzione quel che Còccolo aveva da dirgli. – Vedi, laggiù in laguna tutti i nostri amici uccelli sono pronti per cacciar via quei sette intrusi... ma a me è venuto un dubbio. Un grosso dubbio. Il mio vecchio maestro, il gabbiano Sestante, mi ha sempre detto che l’ospitalità è una caratteristica di tutti i gabbiani della laguna e della Spiaggia degli Ombrelloni… E visto che noi siamo stati sempre educati alla generosità e alla gentilezza, io vorrei proporre ai sette orchetti… Il nostro Còccolo si avvicinò a Rosanna e cominciò a sussurrarle all’orecchio chissà quali segreti. E gli occhi dell’Aurora, alla fine, erano an-

cor più lucenti e splendenti di prima. – Bravo Còccolo, hai tutta la mia approvazione! Corri dai nostri amici e da’ il via al tuo progetto “Orchetti del fiume Rivofresco”! Fu così che fra i pennuti della laguna e i sette orchetti non scoppiò alcuna battaglia. Anzi! Da quel giorno, la foce del fiume Rivofresco divenne la nuova “casa” di Alberasso e dei suoi fratelli. Una casa ospitale, ricca di vongole, telline e capelonghe con cui riempiersi la pancia, ma anche di tanti, tantissimi uccelli uno più bello dell’altro… ai quali fare la guardia! Già, proprio così: la “riserva” degli orchetti del fiume Rivofresco divenne il paradiso del popolo colorato degli uccelli, mentre Alberasso, Craniata, Malfatto, Vacchero, Carboletto, Bolso e il piccolo Puzzetto s’impegnarono a difendere con tutte le loro forze i nidi e i pulcini di ogni specie. E per loro inventarono cento e cento giochi strani: giochi da orchetto, d’accordo, ma così divertenti che gli uccelli in riva al mare da allora crebbero tutti allegri e canterini. E Còccolo, dall’alto della sua briccola 56 davanti alla Spiaggia degli Ombrelloni si gustò fino in fondo quella pace ritrovata. «La vita del gabbiano ha un senso – gli aveva detto un giorno il suo vecchio maestro Sestante, – se ti ritrovi alla sera con almeno un amico in più». E Còccolo, quel giorno, di nuovi amici se n’era fatti addirittura sette!



Capitolo 4:

Còccolo e la Gabbianella di carta


Era una bella giornata di sole, quella di questa nostra storia, una giornata di fine agosto rinfrescata però da una sottile brezza di mare che soffiava da occidente. Ed era proprio sulle ali di quella brezza che il gabbiano Còccolo e Gedeone, il suo amico cormorano, stavano volando nel cielo sopra la lunga striscia della Spiaggia degli Ombrelloni. – Guarda quanti bambini stanno giocando con la sabbia, laggiù – osservò Còccolo, virando leggermente verso sinistra e abbassandosi di quota, subito seguito dall’amico cormorano. – È sempre un piacere vedere quante persone, d’estate, vengono al mare per divertirsi, per fare il bagno e per prendere il sole, per giocare con gli amichetti e fare lunghe passeggiate sulla spiaggia… – aggiunse Gedeone, strizzando gli occhi infastiditi dalla velocità e da quel venticello freddolino. – È vero – proseguì Còccolo, – e poi a me sono sempre piaciute le costruzioni con la sabbia… castelli, coccodrilli, bolidi da corsa, sirenette e… Zottt! Avete mai visto un fulmine a ciel sereno? Be’, in quella mattina ventosa d’agosto, dal cielo sgombro di nuvole si staccò un fulmine invisibile che andò a colpire diritto diritto il cuore di Còccolo! – Còccolo! – esclamò Gedeone cercando di rallentare il volo e infi-

ne fermandosi a mezz’aria accanto all’amico. – Còccolo, non farmi prendere uno spavento! Che ti è successo! Cos’hai visto? Perché guardi laggiù, verso la Spiaggia degli Ombrelloni, con quegli occhi sbarrati e immobili? – Guarda che bella! – sussurrò il gabbiano, come se non avesse sentito le suppliche dell’amico. – La vedi, laggiù, quaranta metri sopra la spiaggia? Una stupenda… una straordinaria… una bellissima… E finalmente anche Gedeone la vide! Ed era veramente una cosa “super”! Laggiù, appunto, a trentaquaranta metri sopra la spiaggia, si stava librando leggera e aggraziata una meravigliosa Gabbianella!! Una Gabbianella candida come la nuvola più bianca, leggera più di una piuma, con le ali orlate di penne appena più scure e un becco giallo-arancio che era una delizia! – Ti riferisci a quella gabbianella che sta volando sopra la spiaggia, vero? – si assicurò Gedeone. – Hai mai visto uno spettacolo più bello? – esclamò per tutta risposta Còccolo. – Gedeone, penso di aver finalmente trovato la mia gabbianagemella! L’amore della mia vita… la gabbianella che stavo aspettando da una vita… Adesso scendo e vado a parlarle! – Aspettaaa! – urlò Gedeone, cercando in tutti i modi di trattenere e di far ragionare l’amico. Ma fu tutto


inutile: Còccolo aveva già piegato le ali verso destra ed era schizzato in basso, per andare a mettersi, con una doppia derapata in volo, a fianco della graziosa volatrice. Era scoccato un grande amore! – Giorgina, ti prego: fai scendere il tuo aquilone, ché dobbiamo tornare in albergo. È presto ora di pranzo e… – Sì, mamma, d’accordo – rispose la bambina, – ma lo vedi anche tu che un gabbiano s’è messo a volare vicino al mio aquilone, no? Voglio vedere che cosa succede… La mamma alzò gli occhi al cielo e, col cuore che si mise a battere all’impazzata, assistette a uno spettacolo unico, magico, irripetibile e incredibile! Quel gabbiano, infatti, aveva cominciato a imitare il volo dell’aquilone di Giorgina, un foglio di carta sottile ritagliato nelle forme di un uccello candido, incollato a uno scheletro di bastoncini di legno e trattenuto al suolo da un lunghissimo filo arrotolato in una piccola maniglia di plastica verde che Giorgina stringeva in mano. Se l’aquilone s’impennava montando su una piccola corrente calda che saliva verso il cielo, subito il gabbiano seguiva la gabbianella di carta impennandosi anche lui, e accompagnando il volo dell’altra con sottili strilli di gioia e urla divertite… – Dai, scendi, adesso… fai una bella piroetta… Brava, proprio così!

Come fossero una minuscola pattuglia acrobatica composta da due soli piccoli aerei, Còccolo e l’aquilone cominciarono a disegnare nel cielo azzurro dieci, venti, trenta figure una diversa dall’altra: piroettarono allegri in continui giri della morte, salirono su su, per poi avvitarsi e precipitare verso il basso, involandosi fin quasi a sfiorare le punte degli ombrelloni, in attesa di imbarcarsi su una nuova corrente calda che in meno di due secondi li riportava in quota, alti sul mare e sulla spiaggia! Anche altre persone, quelle degli ombrelloni vicini e quelle che passeggiavano in riva al mare, si accorsero dello spettacolo straordinario sopra le loro teste e in pochi minuti una folla di curiosi si assiepò sulla spiaggia per seguire il volo in coppia di un gabbiano che aveva scambiato un aquilone per una gabbianella! – Che bellooo! – mormoravano i più, dandosi di gomito a ogni nuova figura aerea. – Come sono bravi quei due gabbiani… – rispondeva un signore, trafficando con la macchina fotografica. – Ma non vede che di gabbiani ce n’è uno solo e che l’altro è un aquilone? – Un aquilone? E chi lo sta facendo volare? – Quella bambina dai capelli biondi laggiù, la vede? Mi pare si chiami Giorgina! – Che brava! Mica tutti sono capa-


ci di far volare il proprio aquilone in coppia con un gabbiano vero! Insomma: Còccolo e la gabbianella di carta si esibirono fin quasi a mezzogiorno, ma a quell’ora… – Nooo! – urlò Còccolo, quando s’accorse che il suo amore piano piano stava scendendo verso la spiaggia, come se un filo invisibile lo tirasse da sotto e lo allontanasse da lui! – Dove vai gabbianella? Resta con me, ti supplico! Devo presentarti Gedeone, quel cormorano che ci sta osservando da lassù, e devi conoscere tutti gli altri miei amici… amici del mare, amici della laguna, amici del fiume Rivofresco… Non andartene o, almeno, dimmi quando tornerai! Avete mai sentito un aquilone di carta parlare e rispondere alle invocazioni d’amore di un gabbiano? Io purtroppo no, e nemmeno Còccolo lo sentì! Quando perciò la gabbianella ritornò fra le mani di Giorgina – accolta da un lungo applauso del pubblico che s’era radunato in quella parte di spiaggia – e venne rinchiusa con cura in un sacchetto di plastica trasparente, Còccolo sentì un gran dolore al cuore e… e si ammalò! La briccola 56 davanti alla Spiaggia degli Ombrelloni, che era poi la casa del nostro amico Còccolo, divenne mèta incessante di un continuo pellegrinaggio di cormorani e di cigni reali, di gabbiani d’ogni sorta e di germani,

di moriglioni e di oche selvatiche, di aironi e di branzini, di delfini... Venivano tutti per consolare il povero Còccolo, che da tre giorni e tre notti se ne stava appollaiato in cima alla briccola rifiutandosi di mangiare, di bere, di chiacchierare, di dormire… Piangeva e basta! A dirotto e senza mai stancarsi. Ogni mattina e ogni pomeriggio, poi, non appena s’accorgeva che dalla spiaggia si alzava qualcosa in volo, Còccolo accorreva subito per controllare se per caso fosse lei… No, la sua gabbianella non si fece mai più vedere e il cuore del nostro gabbiano rimpicciolì di dolore e di solitudine.


– Ma se ne sarà accorto – bisbigliò il gabbiano Spazzola all’orecchio del cigno Peppo, – che quella non era una gabbianella vera, ma solo un aquilone di carta? – Ssshhh! – lo interruppe Peppo. – Per mille delfini sordi, fa’ silenzio! Gedeone ha provato a dirgli la verità, e sai che cosa ha fatto Còccolo? L’ha fatto scappar via sotto una grandinata di beccate in testa! – Però qualcuno dovrebbe cercare di aiutare il nostro Còccolo – propose Liscarella, la gabbiana più bella del gruppo. – Còccolo si sempre fatto in cento, per tirarci fuori dai guai e dai pasticci: questa gliela dobbiamo! Venne allora deciso che il cormorano Gedeone e il cigno Peppo avrebbero consultato chi di dovere per cercare di risollevare il loro amico dalle pene d’amore in cui era precipitato. Per prima cosa si recarono sul fiume Rivofresco a consultarsi con l’Aurora Rosanna. – Còccolo s’è innamorato di una Gabbianella di carta? – esclamò meravigliata Rosanna dall’alto del grosso nuvolone candido, proprio sopra la foce del fiume. – E voi volete aiutarlo a realizzare il suo sogno d’amore? Impresa molto, molto difficile questa: l’unica che può darci un consiglio è Fata Biondana… Gedeone e Peppo volarono allora sull’isolotto della laguna in cui abitava Biondana, e la fata non riuscì a trattenere un sorrisino:

– Oh povero Còccolo! Fra tutte le cose assurde e buffe che potevano capitargli, quella di innamorarsi di un pezzo di carta è proprio la più stramba! Comunque, se volete dargli una mano, andate da Mamma Dolfina che vive nelle acque in mare aperto davanti alla Spiaggia degli Ombrelloni. Lei di sicuro saprà che cosa fare! Mamma Dolfina rispose ai richiami del cigno e del cormorano e venne in superficie ad ascoltare quello che i due avevano da chiederle. – Io da sola non posso aiutarvi, – rispose Mamma Dolfina con voce melodiosa e dolce, – ma se voi tutti, se noi tutti uniamo le nostre forze e mettiamo assieme l’affetto che abbiamo per Còccolo, forse riusciremo a fare il miracolo… Su forza, venite con me! Quel pomeriggio… per Còccolo era il quarto giorno di digiuno, di dolore e di pianto… una moltitudine di animali d’acqua e d’aria, di laguna e di fiume, ma anche di esseri mitici e magici si raccolsero alla base della briccola 56. – Che cosa volete… Sigh!… tutti quanti? – singhiozzò Còccolo. – Aiutarti a esaudire il tuo sogno – rispose Gedeone. – Fata Borèa, adesso tocca a te! Dall’alto del cielo scese allora una brezza fresca e tesa, che arruffò le piume degli uccelli, increspò il mare d’onde spumeggianti e investì la spiaggia, portando ristoro ai bagnanti accaldati. Passarono meno di dieci


minuti ed ecco che quindici, venti, trenta aquiloni si alzarono in volo, approfittando di quel venticello forte ma non fastidioso. E mentre Borèa continuava a soffiare dal mare, Còccolo all’improvviso strillò di gioia. – Eccola! È lei, la vedo! Sono sicuro, è proprio lei... è tornata! – Aspetta, non andare, ti prego – lo supplicò Gaetano trattenendo a stento l’amico, – non andare, non rovinare tutto! Resta qui e vedrai! Fu quindi la volta di dieci gabbiani che si alzarono in formazione a rombo e corsero strillando ad accogliere la nuova venuta, la nuova amica di Còccolo: la gabbianella di carta! Il capo-formazione stringeva nel becco un’ampolla di cristallo piena d’un liquido verde chiaro. Era stata Fata Biondana a mescolare le radici delle alghe più profonde con le foglioline appena nate delle pianticelle che nascono in riva al mare. Il gabbiano si avvicinò il più possibile all’aquilone e, quando gli fu sopra, aprì l’ampolla e versò il contenuto sulla carta sottile... A quel punto accadde una cosa meravigliosa. Dal gabbiano ritagliato nella carta e sostenuto da due sottili stecche di legno si staccò come per magia un sogno, un’immagine trasparente che in pochi secondi si trasformò in una… gabbianella vera! Una bella Gabbianella dagli occhi color del mare e dalle piume bianche candide come la neve, appena spruzzate di bruno

sulle estremità. Una Gabbianella che si guardò in giro, osservò sotto di sé l’aquilone da cui era uscita e che continuava a librarsi in volo come se nulla fosse successo. Ma lo capite? Una vera Gabbianella era uscita da un aquilone di carta velina! L’amore di Còccolo, e soprattutto l’affetto di tutti i suoi amici, erano stati così forti e potenti, da far nascere la Gabbianella da un sogno, la Gabbianella da un dolore, la Gabbianella da un desiderio! La gabbianella appena nata si alzò in un volo gioioso e felice… – Còccolo, mio Còccolo adorato, aspettami! Un secondo solo e poi sono da te, per sempre! Raggiunse quasi le nuvole e il sole, la gabbianella, per poi scendere in picchiata fino a sfiorare la sabbia della Spiaggia degli Ombrelloni e poi l’acqua del mare in cui i bambini stavano facendo il loro bagno, per andare a fermarsi a mezz’aria proprio davanti alla briccola n. 56. E fu il trionfo dell’amore e dell’amicizia! Avete mai visto due gabbiani abbracciarsi in volo e avvicinare i becchi in una danza allegra? Còccolo e la Gabbianella ballarono impazziti sopra la briccola 56 per tutto il giorno, accompagnati da un concerto di canti e di evviva. Tutti gli animali e tutti gli esseri magici di quella parte di mondo sembravano impazziti: impazziti di gioia e impazziti per la felicità che erano riusciti a donare al loro amico Còccolo!


Gli spaventapulcini avevano le lacrime agli occhi e un groppo in gola di felicità e di commozione. – Sono state quattro storie meravigliose – sussurrò Occhialetta asciugandosi gli occhi. – Sarebbe piaciuto anche a me conoscere il vecchio gabbiano Còccolo – aggiunse Frigerio tirando su col naso. – Be’, – esclamò sorridendo Gellindo Ghiandedoro, – ma vi siete accorti che abbiamo visite? Gli spaventapulcini si girarono di scatto sperando di veder arrivare proprio Còccolo, e invece videro che l’intero prato s’era via via riempito di spaventapasseri. Anche Casoletta e Bellondina, Abbecedario e Còntolo, Fra’ Vesuvio e Pasticcia avevano voluto partecipare alla gran festa della fantasia. – Per nulla al mondo – disse Passion di Fiaba, – avremmo rinunciato ad ascoltare le storie del mare di Gellindo! – Ma verrà, un giorno, il gabbiano Còccolo? – chiese Lampurio. – Verrà a farci visita? Gellindo chiuse gli occhi e con un sorriso fece cenno di sì col capo: – Ma certo: ogni volta che voi piccoli farete un piacere ai vostri genitori, ogni volta che farete una buona azione o che aiuterete un amico in difficoltà, ecco, il gabbiano Còccolo sarà lì vicino a voi. E voi lo sentirete starnazzare di gioia, oh come lo sentirete!

Fine



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