L ’economia raccontata ai bambini
Gellindo Ghiandedoro e la quercia... generosa!
2 - Chiodo scaccia chiodo I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
Abbecedario Candeloro e Bellondina avevano seguito da lontano le peripezie dell’amico scoiattolo e, giorno dopo giorno, la loro preoccupazione era aumentata. – Ma che cosa si sarà messo in testa, il nostro Gellindo? – esclamò Candeloro, osservando da dietro a un cespuglio l’amico che s’infilava con le ghiande d’oro nella tana abbandonata della volpe. – Non lo so – rispose triste Bellondina, che avrebbe dato i suoi bei boccoli neri, pur di rivedere Gellindo allegro e spensierato com’era sempre stato. – Dico solo che dobbiamo chiedere consiglio a qualcuno che è più saggio di noi. Che ne dici se ne parlassimo con Abbecedario, lo spaventapasseri-maestro che insegna alla scuola del Villaggio? Abbecedario è orgoglioso della sua divisa da maestro: giacca scura a righine bianche verticali, bombetta nera e tutta scalcagnata in testa, guanti bianchi alle mani e garofano rosso all’occhiello. Secondo lui, tutti i maestri del mondo sono vestiti in questo modo! Vive piantato a terra nel giardinetto della scuola del Villaggio: tiene il registro sempre sottobraccio e una matita infilata all’orecchio destro… Un tipo simpatico e bizzarro, che però conosceva l’animo degli spaventapasseri, per aver insegnato a leggere, a scrivere e a far di conto a generazioni intere di spaventapulcini scavezzacolli e testardi. Quel mattino se ne stava a crogiolarsi al sole, leggendo “LA GAZZETTA DEL VILLAGGIO”, quando...
– Salve, piccoli miei – esclamò Abbecedario, mettendo via il giornale e salutando Bellondina e Candeloro che fecero il loro ingresso nel giardino della scuola. Per lui tutti gli spaventapulcini che aveva incontrato nella lunga carriera di maestro, restavano i “piccoli suoi” anche quand’erano ormai grandi! – Qual buon vento vi porta dal vostro maestro? – È il vento delle disgrazie, caro Abbecedario – piagnucolò Bellondina. – Oh, che tristezze sentono le mie orecchie e vedono i miei occhi! “Vento delle disgrazie”, dite? Bene: se ci sono disgrazie, vuol dire che aguzzeremo l’ingegno tutti quanti per tornare a sorridere… EH! EH! EH! – Non sarà facile, questa volta, ritornare a ridere – obiettò Candeloro, che raccontò ad Abbecedario quel che stava accadendo al loro amico scoiattolo. Il maestro ascoltò con attenzione la storia delle ghiande d’oro, di Gellindo che correva a nasconderle qui e là senza trovar pace, delle notti passate a sognare incubi terribili e, infine, di quella strana scelta di andare a vivere in una “cassaforte”! Nel magazzino più piccolo della sua tana! – Piccoli miei, mi sa che questa volta c’è ben poco da fare! – mormorò Abbecedario, dopo un lungo istante di silenzio. – Perché, vedete: la paura che qualcuno ti rubi quel che è tuo, ce l’abbiamo un po’ tutti. È una cosa normale, anzi: è una cosa salutare, perché ti obbliga a fare attenzione a quel che possiedi, a essere ordinato, anche a non buttar dalla finestra quel che guadagni lavorando. Ma quando la paura diventa ossessione
e mania, beh, allora è difficile intervenire. A meno che… – A meno che cosa? – urlarono in coro Bellondina e Candeloro. – A meno che non troviamo un rimedio forte. Potente. DE-FI-NI-TI-VO! – E l’abbiamo, questo rimedio? – Voi non lo so – rispose Abbecedario con un sorriso, – ma io assolutamente… SÌ! – E che rimedio sarebbe? – Avete mai sentito parlare della medicina “chiodo-scaccia-chiodo”? No? Lo immaginavo. Allora: per prima cosa avrò bisogno del vostro aiuto, piccolini, ma anche dell’aiuto speciale degli Spaventapasseri del nostro Villaggio. Correte a chiamarli tutti e che non manchi nessuno! Ci vediamo qui, nel mio giardino, diciamo fra due ore esatte! Su forza. Cosa aspettate? Chiodo scaccia chiodo Quando suonò la prima sveglia, Gellindo balzò in piedi con gli occhietti fuori dalle orbite: non aveva chiuso occhio tutta la notte, poverino, e solo all’alba era scivolato in un sonno agitato e leggero. Il magazzino “Quattro” era ermeticamente isolato dall’esterno: non vi penetrava nemmeno il più sottile raggio di luce. Lo scoiattolo allora accese una candela e guardò i sette orologi disposti a semicerchio per terra ai piedi del letto: segnavano tutti le otto spaccate. Probabilmente del mattino. Gellindo gettò uno sguardo alle nove ghiande d’oro ammassate in un angolo, ma non provò nessun piacere, nessuna
gioia. La paura che qualcuno potesse rubarle gli aveva tolto non solo la voglia di dormire e di mangiare, ma anche quella di emozionarsi al pensiero della vecchia quercia che ogni anno, puntuale come uno dei suoi orologi, gli regalava una ghianda d’oro. «Che se la tenga, la sua ghianda – si disse lo scoiattolo alzandosi dal letto e sorseggiando un bicchiere d’acqua. – Io non so che farmene di tutti questi pensieri, di tutte queste paure… Sono stufo di restarmene chiuso qui dentro per paura che qualcuno si porti via il mio tesoretto…”. – GELLINDOOOOOOO! GELLINDOOO, SONO BELLONDINA, VIENI FUORI, TI PREGO! ABBIAMO BISOGNO DI TEEEE… La voce della spaventapasseri riusciva a fatica ad attraversare il tronco della quercia e quindi la si sentiva lontana lontana… Ma era ugualmente una voce dolce e amica: il cuore di Gellindo si sciolse all’improvviso e lo scoiattolo scoppiò a piangere. Sempre singhiozzando, aprì la porta del magazzino “Quattro” e uscì alla luce del sole caldo e abbagliante! – GELLINDOOOO… TI PREGO, ESCI, SONO BELLOND… Oh, eccoti qui, finalmente. Ce n’è voluto, per svegliarti, eh? – Ciao, Bellondina – sussurrò lo scoiattolo tirando su col naso e parlando senza intonazioni e senza nessuna emozione. – Mi ero appena svegliato, anche se questa notte non ho dormito molto… Sai, le mie ghiande d’oro… – Lascia perdere le ghiande – lo interruppe quell’altra, prendendo l’amico
per una zampa e trascinandolo via dalla quercia. – No, aspetta: là dentro c’è un tesoro, c’è il mio tesoro. Non posso andarmene, qualcuno potrebbe… – Ma al Villaggio hanno bisogno di te! – Hanno bisogno… di me? – esclamò Gellindo seguendo l’amica giù per il sentiero. – Certo: qualcuno ha rubato tutto il latte di Casoletta! – Cooosa? Hanno rubato il latte? Ecco vedi: lo dicevo, io! Girano dei figuri, da queste parti, che bisogna chiudere sempre la porta di casa. E anche le finestre! – Sì: hanno rubato il latte e il formaggio di Casoletta – proseguì Bellondina sempre saltellando, – ma anche il fischietto di Rosso-Giallo. Verde, il nostro vigile urbano; i libri e i quaderni di Abbecedario; le campane di Din Dondolo; i vasetti di creme alle erbe di Tisana la Dolce; i biscotti e i canòli alla crema di Mangia-torte… – Ma allora hanno derubato tutti gli Spaventapasseri del Villaggio! – Sì! Hanno portato via la pipa a Paglia-fresca, il berretto messo di traverso a Candeloro, il bilancino al farmacista Quanto-basta… – E a te hanno preso qualcosa? – chiese Gellindo. Ma nel girarsi a guardare Bellondina, se ne accorse lui da solo: – Ti hanno rubato la rosa rossa dai capelli, vero? La spaventapasseri rallentò la corsa, abbassò gli occhi e… – Fa nulla, Gellindo: di rose rosse ce ne sono ancora e prima o poi ne avrò
una nuova. Sono gli altri spaventapasseri ad essere preoccupati: devi aiutarci a trovare quel ladro! Quando lo scoiattolo prese saldamente in mano la situazione, tutti gli spaventapasseri si diedero di gomito e si fecero l’occhiolino. Il piano stava andando secondo tutte le previsioni! – Innanzitutto bisogna fare un inventario delle cose rubate. Ci pensate voi, Abbecedario e Quanto-basta, che con carta e penna ci sapete fare? Bene. Quanto agli altri – continuò rivolto agli spaventapasseri radunati nel giardinetto della scuola, – state calmi e non agitatevi: faremo di tutto per trovare il ladro, ma se così non fosse, pazienza. Quel che avete perso, in un modo o nell’altro lo rimetteremo assieme, d’accordo? Avete visto orme di scarpe, in giro? Gli Spaventapasseri si guardarono stupiti e un po’ agitati: nessuno aveva messo in conto che Gellindo si sarebbe trasformato in un investigatore privato! Li salvò Passion di Fiaba che, fra tutti, aveva la fantasia più allenata. – Ehm, ecco: a dire il vero sì, ci sono delle impronte, giù in piazza, ma sono lì da almeno due settimane. Non penso che potranno esserci utili! – Allora vado subito a esaminare i luoghi dei furti – esclamò Gellindo, che si fece prestare da Abbecedario una lente d’ingrandimento. – La lente mi serve per scoprire quei piccoli particolari che non possono sfuggire a un investigatore… EH! EH! EH! Il nostro amico scoiattolo lavorò a questo caso di furti misteriosi per sei giorni interi: vi si dedicò anima e corpo,
setacciando le trenta case del Villaggio; interrogando gli spaventapasseri uno ad uno; spulciando e rispulciando più e più volte l’elenco delle cose rubate. E quando, arrivato a Chiomadoro, lesse “una spilla d’oro a forma di ghianda”, per un istante solo gli tornò in mente il tesoretto ammassato al magazzino
“Quattro” su, al Bosco delle Venti Querce. Ma fu un pensiero che scacciò con un altro pensiero: «Adesso sono troppo impegnato ad aiutare gli amici, per preoccuparmi delle mie ghiande d’oro!». (continua)