La Valle delle Mille Mele
9 - Apina e la Valle delle Mille Mele I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
– Aiutooo! C’è un mostro con le ali che mi insegue! – strillò la povera topolina Rattina Glassé, entrando di corsa in casa di Mamma Pasticcia e chiudendo la porta dietro di sé con gran fracasso. – Ehilallà, ma cosa succede? – esclamò Pasticcia, che stava terminando di spalmare marmellata di albicocche sui panini della merenda. – Un mostro? E quale mostro? Dietro di te non c’è alcun mostro, vero amici? – disse la spauracchia rivolta agli spaventapulcini Occhialetta, Lampurio e Frigerio e alle giovani pantegane Liquirizio e Pancrazio. – E lo credo – ansimò la povera Rattina, – quell’orrenda creatura è rimasta chiusa fuori! – Ma com’era questo mostro? – chiese Pasticcia, mettendo in tavola un vassoio colmo di ottimi panini. Rattina Glassé cercò di calmarsi, respirò a fondo e poi cominciò a raccontare: – Era grosso, peloso e con le ali... Aveva un manto nero a strisce gialle e un pungiglione in fondo alla schiena che tremo ancora adesso al solo pensarci... – E che verso faceva? – domandò Occhialetta addentando il primo panino e
sporcandosi la punta del naso di marmellata. – Ecco... faceva Bzzzz! Bzzzz! Bzzzz! – Ma allora quel mostro era solo un’ape! – esclamò Frigerio scoppiando a ridere. – Una semplice, piccola e innocua ape in cerca di qualche buon fiore! Rattina increspò le labbra, mise i pugnetti sui fianchi e saettò lo sguardo in giro: – Be’, amici miei, dovevate esserci, là fuori, inseguiti da quell’ape-mostro che voleva e cercava proprio la sottoscritta! – Calma, calmatevi tutti – intervenne Pasticcia a riportar un po’ di calma in casa. – Per prima cosa non bisogna mai prendere in giro nessuno, men che meno gli amici – disse la spauracchia rivolta a Frigerio, – e poi, casa Rattina, un’ape non ha mai fatto male a nessuno, se la si lascia in pace e non la si stuzzica. Anzi, forse prima ti sei imbattuta addirittura nella “regina della Valle delle Mille Mele”... – La regina di che? – L’ape regina che regna sulla nostra valle... Volete che vi racconti la sua storia? Allora state a sentire...
Era una stupenda giornata di sole: la primavera già da molte settimane aveva ridipinto i prati di verde, sbizzarrendosi poi a lasciar cadere qui e là macchie vivaci di fiori multicolori, rossi, gialli, viola, azzurri, lillà. Gli animaletti che durante i lunghi mesi invernali avevano poltrito nelle calde casette sottoterra, adesso correvano dappertutto, affamati e allegri come non mai. Nel cielo le rondini, i passeri, le piccole quaglie avevano ripreso a volare felici, mentre nel bosco i primi funghetti incominciavano a farsi strada
nel tappeto di aghi di pino. – Ohilalà… i-uuu! Ohilalà, i-èèè! Una minuscola ape, col suo bel vestitino giallo e nero, stava ronzando a pochi metri da un prato inondato di sole. – Ohilalà… i-uuu! Ohilalà, i-èèè! Com’è bella la primavera – cantava l’ape a squarciagola, – quando il sole fino a sera ti riscalda il corpicino, mi sembra… Oooops! Mi scusi, signor Calabrone, non l’avevo vista! – Non mi avevi visto, eh? – sbottò arrabbiato Poldo, il grosso calabrone contro il quale Apina era andata a sbat-
tere. – Eppure non è che sia magro e invisibile come… come… come un moscerino! – Signor Calabrone – fece Apina tutta avvilita, – mi dispiace, ma sono così contenta, così felice, che attorno a me non vedo altro che boschi, prati e fiori… tanti, tantissimi fiori, e poi colori, profumi uno più appetitoso dell’altro…Vede, oggi è il primo giorno che esco di casa… – Di casa? – chiese insospettito il calabrone. – Di casa, sì… cioè, dall’alveare, è logico. Per la prima volta in vita mia l’aperegina mi ha dato il permesso di uscire per andare a lavorare… – Già – la interruppe sghignazzando quel maleducato di Poldo. – Bel lavoro, il vostro: mangiare, mangiare e poi ancora mangiare da fiore a fiore! – L’ape-regina mi ha raccomandato di tornare, questa sera, col pancino bello pieno di tante cose buone. “Tu entra in ogni fiore che incontri – mi ha detto, – e mangia tutte le cose dolci che vi trovi. Non preoccuparti se ti sporchi il vestito di polline: anche quello di portare il
polline da fiore a fiore è un compito che ci spetta”… – Facendo però attenzione ai calabroni che ti svolazzano davanti agli occhi… ti ha detto anche questo, la tua ape-regina? Era proprio un antipatico, quel calabrone spocchioso e saccente. Ma Apina era troppo giovane e buona per sentirsi offesa. – Ascolta – fece l’insettina rivolta al grosso Poldo, – tu che sei uno di mondo e che conosci bene come vanno le cose, sapresti dirmi dove posso trovare un campo o un prato di fiori buoni, ma così buoni, che la mia ape-regina rimarrà a bocca aperta, stasera, quando rientrerò nel mio alveare? In fin dei conti anche Poldo aveva un cuore e poi quell’apetta così gentile e ingenua avrebbe costretto al sorriso anche l’insettaccio più cattivo. – Ecco, a dire il vero io conosco un posticino pieno di fiori… ma sono fiori molto particolari. – Particolari perché? – Sono bianchi come la neve, profu-
mati come la primavera e dolci come il miele. Però… – Però? – Però bisogna essere delle api veramente eccezionali, veramente “super”, per potersi avvicinare a quel posto… – E io come ti sembro? Ti pare che non abbia le carte in regola? Dai, mi dici dov’è questo posticino? Con un sorriso Poldo aprì le ali e… – Bzzzzzz… vieni con me! Fu proprio così che Apina venne condotta dal calabrone nella Valle delle Mille Mele: era una valle aperta al sole, protetta dai venti e percorsa da cento e cento ruscelli d’acqua fresca e cante rina. Ma tutto questo era nulla, in confronto alle migliaia e migliaia di alberi di mele che la nostra piccola ape si trovò dinanzi agli occhi e ai milioni e milioni di fiori bianchi, profumati e dolci che pareva aspettassero proprio lei. – Ecco – fece Poldo il calabrone,
posandosi su un ramo dell’albero più vicino, – adesso tocca a te, apetta. Questo sarà il tuo regno… – Il regno di Apina? – …ma certo, il regno di Apina. Toccherà a te d’ora in poi saltellare di fiore in fiore a succhiare tutto il nettare che potrai e sarà merito tuo se, tra qualche mese ci saranno delle belle mele gialle e rosse, grosse e succose. E allora, forza Apina! Fai vedere quanto lavora un’ape veramente “super”! Non vi dico la gioia della nostra aperonzola, quando quella sera, al suo rientro all’alveare, venne accolta dall’ape-regina e dalle altre sorelle api con una gran festa. Non s’era mai vista un’ape con il pancino così gonfio: tutto merito degli stupendi fiori bianchi della Valle delle Mille Mele, ma anche della gentilezza di Poldo il calabrone che… Bzzzzzz… di lontano osservava l’alveare sorridendo contento sotto ai baffi.