La vita avventurosa di maestro Abbecedario

Page 1

La vita avventurosa di maestro Abbecedario Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


1 - Come nascono gli spaventapasseri


Se qualcuno di voi mi chiedesse «Ma come nascono, gli spaventapasseri?», io gli risponderei: – Per prima cosa nascono sempre e tutti nel pieno dell’estate... – E perché proprio d’estate? – Perché è la stagione in cui il sole brilla alto in cielo per molte ore al giorno e fa maturare in fretta il grano nei campi. Arrivano allora i contadini che mettono da una parte le spighe piene di grani, mentre raccolgono gli steli in covoni e li lasciano maturare e seccare al vento tiepido di luglio e d’agosto... – Ma cosa c’entra il grano con gli spauracchi? – Come sarebbe a dire “CHE COSA C’ENTRA IL GRANO”! E secondo voi di che cosa sono fatti, gli spaventapasseri? – È vero: sono fatti con la paglia! – E la paglia fresca dell’estate è senza alcun dubbio la migliore: ecco perché gli spauracchi nascono nei mesi caldi dell’anno, preferibilmente nelle notti stellate di San Lorenzo! – Tutti tutti tutti? Nascono tutti in estate? – Certo, con un’unica eccezione. – C’è qualcuno che è nato in un’altra stagione? – Esiste uno spaventapasseri che è venuto al mondo agli inizi di gennaio! – E chi è? Come si chiama? – È il maestro che insegna nella scuola dei Villaggio degli Spaventapasseri… – Vuoi dire ABBECEDARIO? – Proprio di lui si tratta! Vuoi conoscere la sua storia? – Certo, sì dai: comincia subito... – E allora preparatevi ad ascoltare tante di quelle avventure da farvi girare la testa! A cominciare dal modo in cui Abbecedario nacque!

Era un gennaio gelido di molti anni fa, ma purtroppo era un gennaio senza neve! – E come facciamo, adesso, a costruire il nostro pupazzo di neve? – esclamò imbronciato Giorgetto dai capelli ricci e neri come la sua pelle, seduto sul muretto che cingeva il cortile della Scuola. – Perché non raschiamo il ghiaccio dei nostri frigoriferi e con quello prepariamo un bel pupazzetto minuscolo?

– propose la piccola Elisabetta, Betty per gli amici, una bambina dai lunghi capelli castano chiari raccolti in due trecce sbarazzine. – E se invece andassimo in cima a quella montagna laggiù con tre carriole e ci procurassimo un bel mucchietto di neve fresca? – disse Michelino dai capelli biondi a spazzola. Sapevano bene, i bimbi, che senza neve era praticamente impossibile re-


alizzare il sogno di un bel pupazzo con tanto di scopa in mano, carota al posto del naso e sciarpa di lana rossa attorno al collo. Ma com’era possibile accontentare quei sogni, se di neve proprio non ce n’era? – Potremmo disegnarne uno su un foglio e appenderlo alla porta della Scuola! – propose Michelino. – Oppure Giorgetto potrebbe indossare un pigiama bianco come la neve e noi dopo glielo imbottiamo con tanti, tantissimi stracci fino a farlo sembrare un bel pupazzo cicciottello! – disse Betty tutta felice al solo pensiero di un Giorgetto travestito da pupazzone innevato. – Perché invece non pensiamo a costruire un pupazzo senza neve? – buttò lì Giorgetto con tono indifferente mentre giocherellava con i suoi ricci scuri. – E come sarebbe a dire, un pupazzo senza neve? – Sarebbe che prendiamo due bastoni, della paglia e un po’ di abiti vecchi e costruiamo uno SPAVENTAPASSERI! – esclamò il bambino con gli occhietti che brillavano di gioia. Michelino e Betty si guardarono sbalorditi: Giorgetto aveva proprio ragione! Un bello spaventapasseri grassottello e vestito con eleganza può benissimo sostituire un pupazzo di neve in un inverno senza neve! L’importante è trovare un po’ di paglia e il gioco è fatto. Già ma, tanto per cominciar bene l’avventura, dove potevano scovare della paglia, nel pieno di un gelido inverno?

Contadini non ne conoscevano e lì in città a nessuno era venuto in mente di farsi una bella scorta di paglia per l’inverno. I tre bimbi pensarono e ripensarono per alcuni lunghi minuti, finché Betty ebbe un’illuminazione. – Ma certo, è semplice! Che ne dite di andare dal vecchio Placido, il vetturaio? Lui avrà senz’altro del fieno di riserva per nutrire il suo cavallo! – E perché, secondo voi, – esclamò di lì a poco il vetturaio, che si portava in spalla tanti di quegli anni da caderne soffocato, – io dovrei rinunciare ad un po’ della mia paglia, anzi, ad un po’ della paglia del mio cavallo Ascanio, per darla proprio a voi, ragazzacci, che mi prendete sempre in giro quando vado a spasso per la città? Effettivamente era un divertimento, per i tre bimbi di questa storia, ma anche per gli altri bambini della città inseguire correndo il povero Placido che sedeva a cassetta del suo calesse trainato dal vecchio ronzino Ascanio, urlandogli dietro «Ma è più vecchio il cavallo oppure il suo padrone? IH! IH !IH!»… «Mettete Placido alla stanga ed Ascanio a cassetta e il risultato non cambia! AH! AH! AH!»… «Un vecchio che tira un vecchio… un vecchio che guida un vecchio! UH! UH! UH!»… Michelino arrossì e disse: – Hai perfettamente ragione, Placido, e sai cosa ti prometto? Lo diremo noi, ai nostri amici, che non è giusto prendere in giro te e il tuo cavallo!


– Anzi – aggiunse Giorgetto col volto minaccioso, – al primo che si permette di urlarti dietro qualcosa farò assaggiare il mio pugno! – No no – li calmò Placido, – niente pugni! Discutere usando la violenza significa mettersi subito dalla parte del torto, e non ne vale la pena, soprattutto quando si ha ragione! Invece mi fido della vostra parola, piccoli amici, e sono certo che d’ora in poi Ascanio ed io potremo lavorare in città tranquilli e beati, vero? – Verissimo! – urlarono in coro i tre bimbi. – E anzi, ti faremo anche un sacco di pubblicità! – E allora mettete le mani in quel sacco e prendete tutta la paglia che vi serve per costruire il vostro spaventapasseri! Il primo problema, quello della paglia, era stato risolto. Adesso bisognava trovare due bastoni, uno lungo per il corpo ed uno un po’ più corto per le braccia. – Mamma, ti serve ancora questa scopa? – disse Michelino, stringendo in mano una bella ramazza nuova di zecca. – Certo che mi serve – rispose la mamma con un sorriso, – l’ho comprata la settimana scorsa! – Ah… che peccato! – Perché? A cosa ti serve una scopa? – Della scopa in sé non mi serve nulla, ho però bisogno di un bel bastone diritto… – Vuoi picchiare qualcuno? – Nooo! Siccome fuori non c’è neve

e non possiamo fare un pupazzo, con Giorgetto e Betty abbiamo deciso di costruire uno spaventapasseri… E mi serve un bastone per la schiena! La mamma rimase silenziosa e pensierosa solo due secondi, e poi: – Se scendi in cantina, dietro la porta trovi il vecchio bastone delle tende della tua cameretta… Puoi prendere quello, se vuoi! La mamma concluse la frase parlando al vuoto: Michelino stava già volando giù per le scale stringendo in mano la chiave della cantina e… il bastone che trovò dietro la porta era proprio della misura giusta! Anzi: lì vicino ce n’era un secondo più corto, era quello della tenda del bagno, e prese anche quello. Missione compiuta! – E adesso come lo vestiamo, il nostro spaventapasseri? – esclamò Betty, osservando soddisfatta i due bastoni legati a croce con il mucchietto di fieno ai piedi. – Io mi occupo dei pantaloni – esclamò Giorgetto. – E io invece della giacca! – aggiunse Michelino. – Allora io chiedo alla mia mamma una vecchia camicia e una cravatta del nonno! – concluse Betty. La ricerca fu semplice e di lì a un’oretta i tre bimbi si ritrovarono nel cortile della Scuola per “vestire” il loro spauracchio. Infilarono i pantaloni su per il palo più lungo e inserirono le maniche della


camicia nel palo più corto. Aggiunsero la giacca e la ornarono con un fiore rosso di carta all’occhiello, annodarono al collo una bella cravatta gialla e poi gonfiarono il tutto con tanta paglia morbida. Presero infine degli stracci e fecero una grossa palla: la legarono con del filo di canapa e la infilarono in cima al lungo bastone a mo’ di testa. Poi con i pennarelli grossi colorati disegnarono gli occhi, il naso, un paio di occhialini tondi e due baffoni grigi. Con tre manciate di paglia dipinta anch’essa di grigio prepararono i capelli e… e alla fine del lavoro il loro spaventapasseri era pronto! Betty, Michelino e Giorgetto osservarono a lungo soddisfatti e compiaciuti il loro capolavoro, ma poi… – Anche secondo voi manca qualcosa? – borbottò la bambina pensierosa e seria. – Ci pensavo anch’io – mormorò Giorgetto, – ma non mi viene in mente nulla. – Ho trovato! – urlò di lì a un po’ Michelino, facendo fare un balzo ai due amici. – Uno spauracchio senza cappello non è un vero spauracchio! Dobbiamo trovare un cappello, amici! A casa nessuno dei tre trovò un copricapo che potesse andar bene ad uno spaventapasseri. – Se volete, c’è un vecchio cappello a cilindro di plastica dell’ultimo Carnevale – disse il papà di Michelino. – E secondo te uno spaventapasseri così bello si accontenta di un cappello di plastica?

– Forse potete prendere una striscia di stoffa e preparare un turbante – propose il papà di Betty. – Non ho nulla contro gli indiani – rispose piccata la bimba, – ma noi abbiamo in mente un cappello e cappello dev’essere! Poi, magari un giorno così per cambiare, gli faremo anche un turbante… Cercarono in tutti i bauli e nei vecchi armadi delle soffitte di casa, ma un vero cappello non saltò fuori, finché… – Vi ricordate – disse Betty parlando concentrata e con gli occhietti socchiusi, – che nel ripostiglio delle scope della nostro Scuola, appeso a un portabiti che ha gli stessi anni del nostro maestro Gualtiero, c’è una bombetta polverosa e bucata? Perché non prendiamo quella? I tre “ladruncoli” penetrarono in fila indiana nella scuola deserta e senza fiatare raggiunsero il ripostiglio delle scope… SCRIIICKKK!... La porta cigolò sui cardini con un fracasso che avrebbe svegliato il sindaco che abitava dall’altra parte della città, ma Betty, Michelino e Giorgetto con un ultimo balzo furono al sicuro nello stanzino. La bombetta era ancora al suo posto! Giorgetto salì sulle spalle di Michelino, afferrò il copricapo e… via di corsa in cortile, allegri e felici con la bombetta in mano! Non potevano sapere, i tre piccoli costruttori di spauracchi, che quel cappello era un cappello strano! Tanti e tanti anni prima era stato il cappello


della festa del giovane Gualtiero, quando ancora era un maestrino alle prime armi: e la bombetta, in tutti quegli anni, s’era imbevuta delle mille e mille e mille cose che il suo padrone aveva letto sui libri, oppure studiato sulle enciclopedie oppure ancora inventato di sana pianta per divertire e istruire i suoi alunni! Era, insomma, l’avrete capito, una bombetta “intelligente”, anzi “INTELLIGENTISSIMA”! Avvenne, allora, che quando Betty, in equilibrio sulle spalle di Michelino, appoggiò il cappello alla palla di stracci con la faccia dipinta… una cascatella di stelline d’argento scese sul volto, sulle spalle, giù per il petto e per la schiena dello spaventapasseri, che prese vita! Girò da solo il capo, gli occhi si aprirono e il naso si mosse facendo ballare in modo buffo gli occhialetti di sopra e i due baffoni grigi di sotto. Michelino si spaventò e fece un balzo all’indietro, lasciando cadere a terra la povera Betty, che all’ultimo momento venne afferrata dallo spauracchio e… – Oplà, bimba! Attenta, che se cadi ti puoi far male! – Ma tu… tu… tu… – balbettò la piccola impallidendo. – Sei per caso diventata… TU-TUTU!... un telefono occupato? – la prese in giro lo spauracchio, sorridendo allegro. – Tu parli! – ebbe alla fine la forza di strillare Betty. – Certo che parlo – rispose quell’altro, aggiustandosi la bombetta in capo

e sistemandosi gli occhiali, – e so anche muovermi… guarda!... saltellare, fare l’inchino, stringere la mano, grattarmi l’orecchio… E dov’è, l’orecchio? COOOSA? Vi siete dimenticati di disegnarmi le orecchie? Ecco perché gli occhiali non mi stavano mai fermi... Birbantelli scriteriati – esclamò lo spaventapasseri, – provvedete immediatamente! Subito e all’istante! Era tutto come in un sogno: il “loro” spauracchio che aveva preso vita sotto quella cascatella di stelline d’argento, quello sguardo disegnato sulla palla di stracci che era di una bontà infinita, quel sorriso splendente… Insomma: avevano costruito uno spaventapasseri VIVO! – Se sono vivo – disse quell’altro, come se avesse letto nei loro pensieri, – è per merito vostro, che per costruirmi avete usato cose vive, che prima erano servite a qualcosa o a qualcuno. Se sono intelligente, però, il merito è tutto e solo di questa vecchia bombetta di maestro Gualtiero… Ed infatti piacerebbe anche a me essere un maestro… Voi cosa ne dite? Betty, Michelino e Giorgetto erano ancora a metà strada fra la paura e la felicità: – Maestro? – farfugliò Michelino facendosi coraggio. – Sicuro: hai proprio l’aria di un maestro… però ti manca un nome! – È vero! – saltò su Giorgetto. – Qual è il tuo nome? – A quello non posso pensarci io! Siete stati voi a crearmi con un sacco


di vecchie cose e quindi il compito di cercare un nome appropriato è solo e tutto vostro! Proprio in quell’istante a Betty venne in mente il titolo del libro di scuola che teneva sempre sotto al banco, in classe: era il libro che insegnava ai bambini a distinguere prima le lettere, poi a leggere le parole e quindi le frasi più lunghe… – Ho trovato il nome che fa per te!

– esclamò la bimba radiosa e felice. – D’ora in poi tu sarai il nostro… MAESTRO ABBECEDARIO! Lo spauracchio ci pensò solo un secondo, poi chinò la testa soddisfatto e: – Nome giusto, nome appropriato! Sei stata brava, Elisabetta! – Betty! Mi chiamo Betty, per gli amici! – Allora… Betty, d’accordo!



2 - Il mago dei quiz Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


Betty, Michelino e Giorgetto si accorsero quello stesso pomeriggio che il “loro” spaventapasseri aveva qualcosa di straordinario e di strano… I tre amici stavano leggendo i loro libri di scuola seduti su una panchina, quando Betty interruppe il silenzio con una domanda-indovinello. – Chi di voi sa con quanti soldati Napoleone combatté la battaglia di Waterloo? Giorgetto stava per rispondere «Ma è una domanda difficilissima, questa!» e Michelino stava per lamentarsi… «Bella forza! Tu hai appena letto la riposta sul tuo libro», quando Abbecedario, lo spauracchio piantato per terra lì accanto rispose: – Napoleone andò in battaglia con quarantanovemilacentodieci soldati armati di baionetta, sedicimila fanti armati di sciabole e settemila addetti ai cannoni! Gli occhi dei tre bimbi si girarono contemporaneamente a guardare il loro pupazzo di paglia e vestiti vecchi: il primo a riprendersi fu Giorgetto, che aprì il libro di geografia e… – Mi sapete dire con quali Paesi confina l’Ungheria? Abbecedario tossicchiò sottovoce e cominciò a recitare: – L’Ungheria confina a nord con la Slovacchia, ad est con l’Ucraina e la Romania, a sud con la Serbia e la Croazia, a ovest con l’Austria e con la Slovenia. – Giusto! – mormorò Giorgetto improvvisamente pallido. – E quali come si chiamavano i sette re di Roma? – chiese Michelino. Abbecedario si mise immediata-

mente a canterellare come fosse una filastrocca: – I sette re di Roma sono Romolo, Numa Pompilio e Tullo Ostilio; c’è poi Anco Marzio a cui seguirono Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo… ma nessuno si ricorda mai dell’ottavo re di Roma, di quel Tito Tazio che regnò per un anno soltanto assieme al primo re di Roma che fu Romolo! – Centoventisette per trecentoquarantadue? – domandò Betty. – Quarantatremilaquattrocentotrentaquattro! – sbottò Abbecedario mitragliando una serie infinita di TRTR-TR… A quel punto tutto fu chiaro: quello che avevano costruito la mattina al posto di un pupazzo di neve era uno spaventapasseri… INTELLIGENTE! Una vera e propria enciclopedia ambulante. Abbecedario sapeva tutto di storia e di geografia, era più veloce di una calcolatrice a far di conto, anzi, a fare ogni tipo di conto! Ferratissimo in scienze, conosceva a memoria tutta la grammatica e il significato di tutte le parole!! Preparatissimo in storia dell’arte, ricordava a menadito quel che avevano scritto tutti i giornali negli ultimi dieci anni!!! Un mostro di scienza, insomma, un pozzo di informazioni, una miniera di date, nomi e cifre… e per merito di chi? Per merito della vecchia bombetta che lo spauracchio portava in testa e che s’era imbevuta di tutto ciò che l’anziano maestro Gualtiero aveva imparato nel corso della sua vita!


Peccato che quel pomeriggio di inizio gennaio intiepidito appena da un sole pallido, nascosto dietro all’angolo della Scuola ci fosse Maldestro, un ragazzaccio noto in tutta la città per la sua cattiveria. Piccolo e ingobbito, con un naso lungo alla Lucignolo, capelli neri tagliati corti e due occhi crudeli da diavoletto, Maldestro una di malvagie ne faceva ed altre mille ne pensava. Quel che amava sopra ogni cosa erano gli scherzetti feroci ai danni dei bambini più piccoli, per cui… – Guarda tu quei tre sciocchi che se ne stanno lì a parlare con uno spaventapasseri! – sussurrò con un tono di voce che non prometteva nulla di buono. Maldestro si piegò sulle ginocchia, gattonò non visto fin quasi alla panchina e… e finalmente capì perché quei tre sciocchi se ne stavano lì a parlare con un pupazzo di fieno! – Ci sai dire la formula del Teorema di Pitagora? – aveva appena domandato Giorgetto. E lo spauracchio, senza pensarci un attimo, ticchettò preciso e sicuro: – In un triangolo rettangolo dove “A” e “B” sono i due cateti e “C” è l’ipotenusa, “A” alla seconda più “B” alla seconda è uguale a “C” alla seconda! Maldestro non aveva capito un’”acca”, ma arrossì ugualmente per lo stupore! – E sai dirmi chi allenava la squadra di calcio della Juventus che vinse lo scudetto nel 1994-1995? Maldestro trattenne il fiato: era una

domanda difficilissima, quella! – Marcello Lippi – rispose invece tranquillamente lo spauracchio. A Maldestro a quel punto andò di traverso la saliva ed esplose in alcuni colpi di tosse che fecero sobbalzare i tre bimbi. – Si può sapere, Maldestro, cosa stai facendo lì, sdraiato per terra? – domandò Betty con due occhi seri seri. – Ecco… io… io stavo ammirando lo spauracchio che avete trovato… – Noi non abbiamo trovato alcuno spaventapasseri! – sbottò Giorgetto alzando la voce. – Abbecedario lo abbiamo costruito noi al posto di un pupazzo di neve! – Voi? – disse incredulo il malandrino. – Voi avete costruito questo strano mostriciattolo di paglia? E per farne che cosa? – Per farci compagnia! – rispose Michelino, che per la rabbia aveva quasi le lacrime agli occhi. Tutti sapevano che da Maldestro bisognava attendersi solo birichinate e cattive azioni, e infatti… – Farvi compagnia? – cantilenò il furfantello. – E magari chiedere il suo aiuto anche per i compiti, vero? Ho appena sentito che il vostro amichetto sa molte cose… – Sa di tutto, Abbecedario! – ribatté Giorgetto, che non lo si poteva vedere, ma era arrossito per la rabbia. – SSSHHHH! – lo rimbrottò Betty allarmata. – Fa’ silenzio, Giorgetto, te ne prego! – Bene bene bene – sospirò Mal-


destro avvicinandosi allo spauracchio. – E allora, visto che il vostro spaventapasseri è un pozzo di scienza… ME LO PRENDO IO! – NOOO! – urlarono in coro i tre bambini alzandosi in piedi. – Fermi lì, piccoletti, altrimenti il vostro Abbecedario farà una brutta fine – esclamò quel malvagio, avvicinando un accendino acceso all’orlo della giacca dello spauracchio terrorizzato e senza parole. – Fate tre passi indietro, voi! UNO… DUE… E TRE! Bene, adesso levo da terra questa enciclopedia ambulante – e Maldestro afferrò con due mani il bastone che teneva in piedi Abbecedario e tirò con forza. – Ecco, fatto! Ora lo spauracchio che avete costruito voi è di mia proprietà e potrò farne quel che vorrò. Volete un consiglio? – aggiunse il lestofante andandosene con lo spaventapasseri sotto al braccio. – Guardate la televisione, nei prossimi giorni, e ne vedrete delle belle! EH! EH! EH! Lo spaventapasseri che sapeva rispondere ad ogni tipo di domanda ben presto spopolò nelle trasmissioni di quiz di tutte le televisioni del Paese. Maldestro iscrisse il suo “fenomeno” al programma “LE DIECI DOMANDE D’ORO” ed Abbecedario fece arrivare nelle sue tasche diecimila gettoni dorati! Maldestro portò Abbecedario a “DOMANDO IO… RISPONDI TU!” e lo spauracchio vinse per lui quindicimila gettoni dorati!

Maldestro riuscì a iscrivere Abbecedario al favoloso programma “IL QUIZZACCIO È TUTTO TUO!”: lo spaventapasseri rispose senza batter ciglio a venti domande, una più difficile dell’altra e, in mezzo ad un uragano di applausi, di urla e di gridolini, s’aggiudicò cinquantamila gettoni d’oro! E se Abbecedario divenne in breve una personaggio della televisione, conteso da tutti i conduttori a suon di mille e mille e mille gettoni d’oro, Maldestro in qualità di suo proprietario incamerava ogni giorno montagne di soldi e chiudeva in cassaforte sacchetti e sacchetti di preziosi gettoni. Finché… Finché qualcosa andò finalmente storto. I riflettori del programma “UN MILIONE TUTTO D’ORO” illuminavano il trono al centro della scena, sul quale era seduto Abbecedario con tanto di bombetta magica in testa. – Ed eccoci all’ultima domanda… eccoci al domandone da un milione di gettoni d’oro! – strillò impazzito il conduttore, un tipo alto e magro come una scopa, con un cespuglio di capelli ricci a boccoli rossi. – Caro Abbecedario, ecco la domanda finale, la domanda che la renderà immensamente ricco. Ascolti con attenzione e risponda solo dopo averci pensato bene… I mille spettatori in sala tacquero e continuarono ad agitare i ventagli per raffreddare l’emozione; i venti milioni di telespettatori davanti ai televisori


tacquero e cominciarono a mangiarsi le unghie; Maldestro, nascosto dietro al tendone che faceva da sfondo, sentiva il cuore che gli balzava in gola per l’ansia al pensiero della vicina ricchezza; Giorgetto, Michelino e Betty piangevano a casa loro, non sapendo cosa fare per liberare l’amico spauracchio... Abbecedario sospirò e si asciugò il sudore che colava sulla fronte… – Lei mi deve dire, caro Abbecedario… attenzione, mi ascolti bene!... quanti giorni esatti durò il viaggio che compì Cristoforo Colombo per raggiungere l’America! Ha capito bene la domanda? Posso far partire il cronometro? Bene: da questo momento ha un minuto di tempo per rispondere… Abbecedario tirò un lungo sospiro e cominciò a parlare: – Dunque, siamo nel 1492 e Cristoforo Colombo… – CINQUANTA SECONDI… – …a bordo della Nina, della Pinta e della Santa Maria, tre piccole caravelle… – QUARANTA SECONDI… – …partì il 2 agosto dal porto di Palos, in Spagna, diretto a ovest… – TRENTA SECONDI… le resta solo mezzo minuto, signor Abbecedario! – Era il 12 ottobre di quello stesso anno quando dalla Pinta venne avvistata terra… – VENTI, VENTI SECONDI! Ci dica la risposta, Abbecedario, forza! – Sì certo, facciamo due conti: dal 2 agosto al 12 ottobre ci vogliono… – il sudore colava a gocce sulla fronte dello

spauracchio, fino a pizzicargli gli occhi. A quel punto Abbecedario afferrò la bombetta e se la tolse per asciugarsi meglio, quando… – DIECI SECONDI… le restano soltanto DIECI SECONDI! – urlò il conduttore con le mani infilate nei capelli ricci a boccoli rossi. – Dieci secondi per fare cosa? – domandò Abbecedario strizzando gli occhi accecati da quei fari caldissimi. – Per dirci quanti giorni occorsero a Colombo per attraversare l’oceano Atlantico! – Colombo? – domandò perplesso lo spauracchio. – E cosa c’entra un piccione con l’Atlantico? – TRE SECONDI… DUE SECONDI… UN SECONDO… – Colombo? Ma quale Colombo? – ZEROOO! Ahi ahi ahi, povero Abbecedario: lei ha gettato al vento un milione di gettoni d’oro! Tanta fatica per nulla! – E che dovrei farmene, io, di un milione di gettoni d’oro? – esclamò lo spaventapasseri rimettendosi la bombetta sulla testa, e… CLINK!... – SETTANTA! – urlò il poveretto con tutto il fiato che aveva in corpo. – Settanta cosa? – domandò il conduttore ormai senza voce . – Settanta giorni, è semplice: dal 2 agosto al 12 ottobre 1492, le tre caravelle impiegarono settanta giorni per andare dalla Spagna all’America! – esclamò Abbecedario come fosse la cosa più semplice e normale del mondo


– ESATTOOO, ABBECEDARIO – urlò quell’altro. – ESATTOOO… ma troppo tardi! Il tempo è scaduto! Lei ha perso, è squalificato, deve andarsene. Subito, all’istante, IM-ME-DIA-TAMEN-TE! E così avvenne. Maldestro, infuriato come un ossesso, uscì dal sipario, in dieci lunghi passi giunse al trono, afferrò Abbecedario per la collottola e senza riguardo lo trascinò fuori dalla sala, sotto l’occhio impietoso delle telecamere. E dei due per il momento non si seppe più nulla. Betty, Giorgetto e Michelino s’erano riuniti a casa di quest’ultimo per seguire in televisione “UN MILIONE TUTTO D’ORO”. Avevano fatto il tifo per il loro povero amico spauracchio fino all’ultima, decisiva domanda… «Sta’ calmo, Abbecedario» continuava a borbottare Betty con le mani strette ai fianchi. «Cerca di rispondere giusto, mi raccomando, così poi forse quel manigoldo di Maldestro ti lascia in pace!» s’illudeva Giorgetto, mangiando nervoso pop corn una manciata dietro l’altra. «Mamma mia, quanto suda quel poveretto» esclamò allarmato Michelino. «NOOO! LA BOMBETTA NO! NON TOGLIERTELA!!!» strillò Betty, quando s’accorse che a pochi secondi dallo scadere del tempo lo spaventapasseri s’era levato il cappello magico perdendo quindi tutta la sua sapienza… Con le lacrime agli occhi i tre bimbi

seguirono l’epilogo della trasmissione: il pubblico che ululava e fischiava contro Abbecedario; il conduttore che urlava imprecazioni contro quel concorrente all’improvviso senza memoria e senza parole; il diabolico Maldestro che trascinava il loro povero amico per il collo e spariva dietro al sipario sullo sfondo… – Venite con me, subito! – esclamò allora Betty balzando giù dalla poltrona. – E dove andiamo? – Non fate domande e seguitemi, forza! Inforcarono le biciclette e si misero a pedalare come forsennati per attraversare la grande città. – Ehi, ma quelli sono gli studi televisivi! – urlò Giorgetto quando vide Betty saltare sul marciapiede, frenare e balzare a terra lasciando cadere la bici alle sue spalle. – Certo, e forse so dove possiamo trovare il nostro amico Abbecedario! – E dove? – Laggiù… li vedete quei bidoni delle immondizie in fondo al cortile là dietro? Secondo me Maldestro lo ha buttato là dentro per disfarsene… Betty stava ancora parlando, quando i tre bimbi vennero bloccati in mezzo al cortile da una strana apparizione. Da dietro al bidone più lontano emerse un omone grosso come un tino per la vendemmia: aveva lunghi capelli neri, tutti spettinati e sporchi, un naso a patata e mille brufoli sul volto che lo rendevano più orribile di un vero mostro. Indossava un lungo cappotto nero come la notte


e ai piedi portava un paio di scarponi con la suola grossa come i cingoli di un carrarmato. – Allora siamo d’accordo, signor Maldestro – berciò quel mostro rivolto al buio dietro al bidone. – D’ora in poi lo spauracchio sapientone lavorerà nel mio circo e gli incassi li dividerò con lei… EH! EH! EH! Andiamo, Abbecedario – sbraitò quel perfido infilando una mano nel bidone e tirandone fuori il povero spaventapasseri in lacrime, – e non pensare che ti attenda una vita facile: sarai l’attrazione principale del mio circo e questo vorrà dire lavorare lavorare e lavorare senza mai sbagliare una risposta, parola di Telmo Circense, il tuo nuovo padrone! AH! AH! AH! Quando dal buio emerse la figura piccola e ingobbita di Maldestro che stava contando una mazzetta di banconote, ci volle tutta la forza delle braccia di

Giorgetto e di Michelino per trattenere una Betty infuriata come una capretta punta da una vespa. – E adesso cosa facciamo? – singhiozzò disperata la bambina, quando Maldestro se ne fu andato con i soldi in tasca e il mostro Telmo Circense sparì in lontananza con il prigioniero sotto al braccio. – Speriamo che i nostri genitori ci perdonino, ma noi oggi non torniamo a casa – esclamò Giorgetto stringendo le mani a pugno. – Faremo di tutto per liberare Abbecedario dalle grinfie di quel cattivo capo-circo! – Allora d’accordo – concluse Michelino rimontando in bici. – Voi sapete dov’è accampato questo circo? – Certo, venite con me! – rispose Betty tirando su col naso e asciugandosi le ultime due lacrime sull’orlo degli occhi.



3 - Un fenomeno da baraccone Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


Telmo Circense, quel mostro di bruttezza coi lunghi capelli neri e sporchi, il naso grosso a patata e i mille brufoli su un viso da far paura, staccò coi denti un lungo pezzo di nastro adesivo trasparente e lo fece girare e girare più volte attorno alla testa del povero Abbecedario, imprigionando così la bombetta magica sui capelli grigi dello spauracchio. – Ho visto, sai, quel che è successo quando sei arrivato al domandone finale di “UN MILIONE TUTTO D’ORO” – berciò il capo-circo. – Ho visto benissimo che per asciugarti il sudore dalla fronte ti sei tolto il cappello e così sei rimasto senza parole! Allora mi sono ricordato di quel che avevo letto la settimana scorsa su un giornale a proposito della tua bombetta magica: viene da lei, vero?, tutta la tua sapienza? Abbecedario non rispose: tirò su col naso e tacque con gli occhi persi nel vuoto. – Comunque, sudore o non sudore, tu terrai il cappello in testa per tutta la durata dello spettacolo di questa sera! – esclamò il mostro, chiudendo nel cassetto il rotolo di nastro adesivo. – Quale spettacolo? – mormorò lo spauracchio. – Tu adesso, carino, sei l’attrazione principale del “mio” Circo… Il “CIRCO DEL DIABLO”! – Il Circo del… Diavolo? – Già: il mio è un circo un po’ strano – disse l’omone sistemandosi il lungo cappotto nero che toccava terra. – È un circo diciamo così un po’ “cattivel-

lo”… EH! EH! EH!... Leoni feroci, cavalli imbizzarriti, tori scatenati, pagliacci crudeli, lottatori di “sumo”… e poi, ancora, trapezisti spadaccini, equilibristi pugilatori, giocolieri appena usciti di galera… E adesso ci sei tu, caro il mio Abbecedario! Guarda, leggi: questo è il manifesto che ho fatto stampare per questa sera…

IL CIRCO DEL DIABLO di Telmo Circense è lieto di invitare tutta la cittadinanza questa sera alle 9 in punto allo spettacolo inaugurale.

ATTENZIONE!!!! ATTRAZIONE SPECIALE MAESTRO ABBECEDARIO!! lo spaventapasseri che risponde ad ogni domanda, indovinello, operazione matematica ecc. ecc. Ingresso: 100 euro – Cento euro per uno spettacolo di circo? – esclamò Abbecedario, che in fatto di prezzi non se n’intendeva affatto, ma ugualmente cento euro gli parevano un po’ troppi. – Tu non capisci nulla – rispose quell’altro. – Tu sei una celebrità, hai partecipato a tutte le più importanti trasmissioni televisive di quiz e hai fatto vincere al tuo precedente padrone un


sacco di soldi… – Però non ho saputo rispondere alla domanda più importante! – Appunto, qui sta il bello! Ci sono persone che pagherebbero anche il doppio, pur di vederti alle prese con domande difficilissime, curiose di vedere se sei capace di rispondere oppure no! E io gli faccio pagare “solo” cento euro! – E cosa mi farai, se magari sbaglio? – s’informò Abbecedario. – Ti rinchiudo nella gabbia dei leoni feroci e… e lascio fare a loro! AH! AH! AH! – Ma dove andiamo a prenderli, noi, trecento euro? – piagnucolò Betty davanti ad uno dei cartelloni del “Circo del Diablo” appesi un po’ dappertutto in città. – Se mettiamo assieme i nostri risparmi, riusciamo a malapena a raggranellare quindici euro! – commentò Giorgetto con le mani piene di monetine. – E poi, anche se riusciamo ad entrare e a seguire lo spettacolo, come pensi di salvare il nostro spaventapasseri? – chiese Michelino rivolto all’amichetta. – Questo non lo so ancora, ma quando saremo là dentro un’idea mi verrà. – Ehi, ci sono! – strillò all’improvviso Giorgetto mettendosi a ballare sul marciapiede. – Io so suonare la chitarra, Michelino porta il tamburo che gli hanno regalato a Natale e tu, Betty, hai una voce bellissima. Facciamo uno spettacolino all’angolo di questa strada e raccogliamo un sacco di soldi. Poi…

– Poi viene il vigile e ti fa la multa perché non abbiamo pagato la tassa! – esclamò Betty col volto scuro. – Invece la faccenda del tamburo di Giorgetto mi ha fatto venire in mente che… – Che cosa? – chiesero in coro i due bambini. – Natale è passato da poco e, mettendo assieme i soldini che mi hanno regalato gli zii, io possiedo la bellezza di centocinquanta euro! – Il mio padrino mi ha regalato una banconota da cinquanta euro! – urlò felice Giorgetto. – E mia nonna ha messo in una busta addirittura cento euro tutti assieme e tutti per me! – Allora: quanto fa centocinquanta più cinquanta più cento? – chiese Betty col fiato sospeso. – TRECENTO!|– esclamò Michelino, che dei tre era il “matematico”: – Abbiamo trecento euro esatti, ragazzi, e quindi possiamo comprarci tre biglietti per entrare stasera al “CIRCO DEL DIABLO”! Aveva proprio ragione, quel malandrino di Telmo Circense: il suo tendone, quella sera, era esauritissimo, pieno zeppo in ogni ordine di posti! Un pubblico chiassoso, curioso ed emozionato seguì distratto le evoluzioni dei trapezisti spadaccini, dei leoni furiosi, dei giocolieri vestiti da ergastolani e ad ogni applauso scoppiava un urlo fortissimo: VO-GLIA-MO ABBE-CE-DA-RIO!


VO-GLIA-MO ABBE-CE-DA-RIO! VO-GLIA-MO ABBE-CE-DA-RIO! Finalmente, verso la fine dello spettacolo, Telmo Circense afferrò il microfono, raggiunse il centro della pista e cercò di farsi strada in mezzo a quel frastuono di urla. – Bene, signore e signori… Silenzio, signore e signori… Grazie, signore e signori… Ascoltate, signore e signori! ACCIDENTI, STATE ZITTI UNA BUONA VOLTA… SIGNORE E SIGNORI!!! Un silenzio di tomba scese all’improvviso a tappare le bocche. – Oh, così va meglio! – sospirò Telmo, ricacciando in gola la sua rabbia. – So quel che state aspettando, so quel che volete vedere e io sono qui per accontentarvi! È con grande gioia, signore e signori che, reduce dai più importanti programmi televisivi, dove ha fatto sfoggio della sua grandissima cultura, questa sera è qui con noi il GRANDE, l’INARRIVABILE, lo STRAORDINARIO, l’ESPLOSIVO… – Allora, la vuoi smettere di tirarla per le lunghe? – esclamò uno spettatore in prima fila. – …SPAURACCHIO ABBECEDARIOOO! Un uragano di applausi scosse il tendone del circo e fece tremare i grossi pennoni che lo sostenevano. Un sipario rosso sullo sfondo si aprì e fece il suo ingresso saltellante il povero Abbecedario, che con un po’ di vergogna mostrava al pubblico plaudente la magica bom-

betta ben bene appiccicata alla testa. – Adesso sta a voi, signori – proseguì Telmo Circense, cercando di sopravanzare con la voce quella bolgia infernale, – sta a voi mettere alla prova il nostro campione di sapienza. Domande brevi, per favore, ma soprattutto domande difficili, difficilissime, mi raccomando… EH! EH! EH! Mille mani si alzarono per chiedere il loro turno. – Un momento, signori, un momento – esclamò Telmo con voce mielosa. – Ancora un piccolo particolare: per ogni domanda che vorrete porre ad Abbecedario, c’è una “tassa” da pagare… Un mormorio insoddisfatto riempì il tendone. – Per carità, nulla di gigantesco, “solo” dieci euro per ogni domanda! Il mormorio si trasformò in mugugno… – Ma attenzione – proseguì il padrone del Circo: – se per caso Abbecedario dovesse sbagliare una risposta, tutti i soldi così raccolti finiranno nelle tasche dello spettatore che avrà fatto la domanda trabocchetto… EH! EH! EH!... A quel punto gli ululati si quietarono e i primi spettatori alzarono in aria banconote da dieci euro. – Io… Io sono la prima! – No, tocca a me… – Telmo, Telmo Circense, guarda da questa parte… – Io ti do venti euro per una domanda… – E io trenta!


– Ci sono io davanti a tutti: offro cento euro! – Bene – gongolò a quel punto Telmo indicando un omone grasso e ben vestito in terza fila: – la prima domanda tocca al signore che offre cento euro… Grazie! – Quanto fa tredicimilacinquecentocinquantadue diviso settantatre? Abbecedario non lasciò passare nemmeno un secondo e rispose sicuro e tranquillo: – Centottantacinque virgola sei-quattro-tre-otto-tre eccetera eccetera. – Esattooo! Risposta giusta… controllate, guardate qui su questa calcolatrice… Adesso tocca a lei, signora, che ha offerto sessanta euro… – Mi sai dire, Abbecedario, qual è il nome scientifico della Marmotta? – La Marmotta alpina si chiama “Marmota Marmota”, ma abbiamo anche la “Marmota olympus”, oppure quella “caudata”, quella “sibirica”… – Basta così, va bene… Siate però più cattivi, signori! Vogliamo domande veramente difficili! – Per cinquanta euro – urlò un giovane dall’ultima fila, – quanti sono esattamente gli abitanti di New York, negli Stati Uniti d’America? – Secondo l’ultimo dato reso noto da quel comune – rispose meccanicamente Abbecedario come se leggesse nella sua memoria, – oggi gli abitanti di New York sono otto milioni trecentosessantatremila settecentodieci! – Giustooo! Vi assicuro che è il nu-

mero esatto! – urlò Telmo, che ormai cominciava a prenderci gusto a ritirar tutti quei soldi che piovevano da ogni parte. – Allora, Betty, ce l’hai questo piano? – mormorò Michelino. I tre amici erano seduti in quinta fila, nascosti dietro a due signore impellicciate che starnazzavano felici come due oche a passeggio, sventolando ognuna una banconota da dieci euro. Da alcuni minuti la piccola Betty se ne stava con gli occhi chiusi, concentrata su chissà quale pensiero. – SSSHHH! Lasciami pensare! – sussurrò la bimba. – Giorgetto, hai ancora le monetine di stamattina? – I quindici euro dei nostri risparmi? Certo che li ho, mi stanno rompendo la tasca… – Bene, state a sentire. Adesso farò ad Abbecedario una domanda alla quale senz’altro lo spauracchio non saprà rispondere: a quel punto il nostro amico verrà cacciato dal padrone del Circo, così noi potremo finalmente intervenire e ce lo porteremo via. D’accordo? – Mi sembra un’idea eccezionale! – disse Michelino. – Va bene, ecco qui i soldi! – confermò Giorgetto, consegnandole le monetine. La bimba allora scattò in piedi sulla seggiola e si mise a urlare: – Offro quindici euro! Quindici euro per una domanda difficilissimissima! Telmo Circensis si accorse di quell’of-


ferta e… – Diamo la parola a quella bambina. Come ti chiami, piccola? – Betty! …e il cuore di Abbecedario ebbe un sussulto nel sentire il nome della sua piccola amica. – Bene, Betty, e dove sono i tuoi quindici euro? – Eccoli qua! – esclamò la bambina, mostrando il gruzzoletto di monete e monetine. – Se vuole contarli… – Tre... sette... dodici... tredici più due... sono quindici euro quasi esatti – gongolò Telmo. – E qual è la domanda? – Stammi a sentire, Abbecedario – esclamò la bimba, dopo che attorno a lei si fu creato un silenzio profondo. – Mi sai dire da dove viene la bombetta che sta sulla tua testa? Dopo un istante di sconcerto, fu Telmo il primo a parlare. – Ma che domanda strana, Betty. Come t’è venuta? – Non importa come m’è venuta: quel che interessa è che Abbecedario risponda esattamente! Forza: da dove viene la bombetta che hai in testa? All’improvviso al povero spauracchio mancarono le forze e una vertigine infinita rischiò di farlo cadere a terra. Certo, lui sapeva bene che la sapienza grazie alla quale era diventato famoso veniva da quel cappello, ma per quanto si sforzasse, proprio non ricordava e nemmeno poteva sapere da dove provenisse la bombetta “magica”! – Hai capito bene la domanda? – chiese a quel punto Telmo Circense che fremeva d’ansia e di preoccupazione.

– Sì! – rispose lo spaventapasseri – E conosci la risposta? Abbecedario tentennò alcuni istanti, chiuse gli occhi per concentrarsi, fece di tutto per farsi venire in mente una risposta plausibile e alla fine… – No, non so rispondere a questa domanda! A quel punto successero contemporaneamente due cose. – MA STAI SCHERZANDO, VERO? – urlò Telmo con tutta la voce che gli era rimasta in corpo. – MA SI PUÒ SAPERE CHE SCHERZO È QUESTO? – urlò tutto il pubblico balzando in piedi. – È vero – cercò di spiegarsi lo spauracchio, – io so tante cose, anzi, so tutto quello che è scritto nella più grande enciclopedia, ma se mi chiedete da dove viene la mia bombetta… – SÌÌÌ? – ulularono Telmo e il pubblico in coro. – Io non so rispondere! A quel punto Telmo Circense fece due cose nello stesso momento: consegnò malvolentieri una grossa mazzetta di euro a Betty, che stava sempre in piedi sulla sua seggiola, e afferrò per il collo il povero spaventapasseri. – Brutto disgraziato, hai visto che figuraccia mi hai fatto fare? Adesso vieni con me e vedrai la fine che ti spetta. Ti attende la discarica, perché tu sei solo un sacco di immondizie, caro mio! Altro che “CIRCO DEL DIABLO”, altro che tournée in giro per il mondo: ti caccio nel primo bidone delle spazzature che trovo e chi s’è visto s’è visto…


Nel bel mezzo della confusione che s’era creata sotto al tendone, una voce stridula si fece strada in quel caos e raggiunse le orecchie di Telmo Circense: – Signor Telmo, sono un collezionista di spaventapasseri e vorrei acquistare il suo Abbecedario! – Eh? Cosa ha detto? Può ripetere, per favore? – Ma certo: non getti via il suo spauracchio, perché glielo compro io! – E… e quanti euro sarebbe disposto a pagare? – Diecimila le sembrano una cifra giusta? Gli occhietti di Telmo Circense baluginarono di avidità. – Facciamo quindicimila e l’affare è fatto!

– D’accordo – disse la voce misteriosa. – Qui ci sono i quindicimila euro… e ci guadagno, anche, visto che io ero pronto a sborsarne fino a ventimila, di euro… EH! EH! EH! In piedi sugli sgabelli della quinta fila, Betty, Michelino e Giorgetto assistettero impotenti e con gli occhi pieni di lacrime alla vendita del loro amico: adesso erano pieni di soldi, è vero, ma non erano riusciti a liberare Abbecedario dalle grinfie di quegli sfruttatori. – Comunque una cosa è certa – sussurrò Betty: – non è finita qui! Venite con me e cerchiamo di restare appiccicati a quel collezionista di spaventapasseri, così scopriremo dove abita!



4 - Il collezionista di spauracchi Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


Il cavalier Arcìdio Forunculus, famosissimo collezionista di spaventapasseri d’ogni tipo, abitava in un grigio e vecchio castello che sorgeva in vetta a una collina nei pressi della città di questa storia. Avreste dovuto vederlo, Arcìdio, la sera in cui rientrò a castello assieme al nostro povero Abbecedario. Piccolo e grassottello come un nano minatore, indossava un cappotto di pregiata lana color rosso ciliegia e attorno al collo portava una lunga sciarpa di seta azzurra. Sceso da una vecchia automobile tenuta assieme dal fil di ferro, il collezionista si sistemò gli occhialetti sul naso tondo a pallina, lisciò i lunghi capelli bianchi che gli cadevano sulle spalle, afferrò dal baule lo spauracchio appena acquistato e salì ballonzolando le scale che portavano alla porta d’ingresso. – E con te – ansimava nel frattempo, – fanno milletrecentocinquantadue! Collezionare spaventapasseri, per il cavalier Forunculus, era ormai diventata peggio di una malattia. Da anni ormai le sessantacinque enormi stanze del castello erano piene di spauracchi, tanto che gli ultimi arrivati venivano ammassati nei sotterranei, nelle stalle, nella grande cucina e anche nel parco che circondava il maniero. Gli spaventapasseri erano dappertutto, ognuno col proprio numero e con un’etichetta che riportava l’anno di acquisto e il luogo di provenienza. – ZEFIRINO! – urlò Arcìdio appena mise piede in casa. – ZEFIRINOOO,

VUOI VENIRE AD AIUTARMI? – Eccomi… eccomi Cavalier Forunculus – biascicò con voce tremolante un vecchio alto, magro e rugoso vestito di nero, che scendeva piano piano dalle scale appoggiandosi a un bastone. Il maggiordomo di casa Forunculus! – Ero di sopra nella sua stanza, a prepararle l’acqua calda per il bagno… Oh! Un altro spauracchio per la sua collezione! – esclamò l’anziano maggiordomo battendo il bastone per terra. – Pensavo che non ce ne fossero più, di spaventapasseri, in giro! – Caro il mio fedele Zefirino – disse il collezionista appoggiando Abbecedario alla parete del salone d’ingresso, – è sempre più difficile trovare esemplari nuovi per il mio museo, ma la difficoltà della ricerca aumenta il piacere della scoperta… EH! EH! EH! – E questo chi sarebbe? – Ti presento Abbecedario, lo spaventapasseri che sa tutto e che può rispondere a qualsiasi domanda… o quasi! – Non mi dica, signor Arcìdio che costui sarebbe proprio “quello” spaventapasseri? Quello della televisione, insomma? Dei quiz televisivi e del domandone finale da un milione di euro? – Proprio lui: l’ho comprato con gli ultimi euro che avevamo in cassa, ma vedrai che darà lustro alla mia collezione e verranno da tutto il mondo, per toccarlo da vicino e per sottoporlo alle domande più difficili nella storia dei quiz! Il tutto naturalmente acquistando un biglietto


d’ingresso… di cinquanta euro a persona! Che ne dici, Zefirino? Il vecchio maggiordomo si lasciò andare sulla poltrona più vicina e finalmente poté tirare il fiato. – Dico che in questa casa non ci sarà più il problema di come pagare il riscaldamento a metà inverno e che la dispensa, da basso, sarà sempre colma di leccornie d’ogni genere! – E allora forza, Zefirino: dobbiamo predisporre un posto d’onore per il nostro nuovo amico. Che ne dici della sala del caminetto? Arcìdio e Zefirino erano così occupati a chiacchierare tra di loro, che nessuno dei due si accorse di tre paia d’occhi che facevano capolino dalla porta d’ingresso lasciata socchiusa. – Soldi, soldi e ancora soldi anche qui! – sibilò Betty stringendo nervosa le mani a pugno. – Ma possibile che gli uomini non facciano che pensare a far soldi? Meglio se sfruttando gli altri? – commentò Giorgetto – All’inizio mi pareva anche simpatico, quel nanerottolo – disse Michelino, – e invece si sta rivelando un malandrino pure lui! Cosa facciamo, amici? Dopo alcuni istanti di silenzio, fu Betty a parlare: – È da stamattina che i nostri genitori ci stanno aspettando a casa. È meglio se torniamo da loro, tanto noi sappiamo dov’è stato portato Abbecedario e di sicuro questa sera non potrà succedergli nulla di strano. Poi do-

mani mi farò venire in mente qualcosa, non preoccupatevi! Il giorno seguente la sala del caminetto, uno stanzone di venti metri per dieci, venne liberata da tutti i vecchi spaventapasseri che vivevano lì da chissà quanto tempo. Spolverati e riassettati, gli spauracchi sfrattati vennero traslocati nel praticello dietro al castello e piantati per terra ognuno con un ombrello appeso al braccio per ripararsi dalla pioggia e dalla neve. Abbecedario, invece, ripulito e riassettato anche lui, venne issato su un piedistallo in fondo alla sala, dall’altra parte del caminetto. – Mi sembra che qui vada bene – commentò alla fine Arcìdio Forunculus. – I visitatori che avranno pagato i cinquanta euro del biglietto d’ingresso entreranno da quella porta laggiù, con un unico colpo d’occhio si gusteranno la grandiosità della stanza e solo dopo si accorgeranno della presenza di Abbecedario. Tu – disse il collezionista rivolto allo spauracchio con la bombetta magica in testa, – te ne starai qui tranquillo, in attesa che le persone si avvicinino: sarà proibito toccarti a meno che non paghino trenta euro a testa… EH! EH! EH! e con altri trenta euro potranno anche fotografarti o farsi fotografare con te accanto… Bella idea, questa! Abbecedario: sei una vera e propria miniera di soldi! – E poi cosa dovrò fare? – mormorò lo spauracchio, che già sapeva quale


sarebbe stata la risposta. – Semplice: dovrai solo rispondere a tutte tutte tutte le domande che i visitatori ti faranno. Quiz, indovinelli, domande trabocchetto, quesiti, formule, date di storia, capitali e confini di geografia… Dovrai rispondere a qualsiasi tipo di domanda ti verrà fatta, ad eccezione di quelle che riguardano la tua vita passata! – E se sbaglio? È già successo, l’hai visto anche tu… – Se sbagli, io restituirò i soldi del biglietto al fortunato visitatore, mi congratulerò con lui e lo accompagnerò all’uscita. Dopo di che tutto ricomincerà come prima... IH! IH! IH! – Niente discarica, allora? Niente leoni feroci? Niente bidoni delle spazzature? – MA LO SAI QUANTO MI SEI COSTATO, SCIOCCO? – esclamò il collezionista aggrottando la fronte e portando le mani sui fianchi. – Ti ho pagato la bellezza di quin-di-ci-mi-la euro… ed erano gli ultimi soldi che avevo in cassa! Adesso tocca a te riempire di nuovo il mio conto in banca… EH! EH! EH! Ti darò fuoco, se sbagli: ecco quel che ti accadrà! Da quando si seppe in giro che al castello del cavalier Forunculus era possibile vedere da vicino il famoso spaventapasseri sapientone e sottoporgli le domande più difficili pagando la “modica” cifra di cinquanta euro a persona, una coda di persone lunga mezzo chilometro stazionò – tutti i

giorni dall’alba al tramonto! – davanti all’ingresso del maniero. Scattò allora una vera e propria gara per cercare di mettere in difficoltà il povero spauracchio con domande complicate, assurde e astruse… – Come si chiamano i tatuaggi con cui i Maori si riempiono il volto e il corpo? – Ci sono due tipi di disegni: i tatuaggi “moko” e i tatuaggi “kirithui”… – ESATTO! – strillava di lì a qualche secondo Arcìdio Forunculus, dopo aver consultato l’Enciclopedia Mondiale in sessantasei volumi più gli aggiornamenti. – Qual è l’uomo più alto al mondo? – È il signor Robert Pershing, americano, alto due metri e settantadue centimetri… – GIUSTISSIMO! – E di chi è la barba più lunga? – È di un norvegese, si chiama Hans Langseth, che ha una barba lunga cinque metri e trentatre centimetri… – PROPRIO COSÌ, BRAVISSIMO ABBECEDARIO! E, ancora: la foresta più estesa, il numero di balene nell’Oceano Pacifico, l’altezza di tutti i grattacieli di New York, la quantità d’alberi necessaria per stampare mille copie di un libro di cinquecento pagine… La fantasia dei visitatori si sbizzarrì a cercare le domande più difficili, ma Abbecedario con la sua bombetta magica in testa non fallì mai una risposta! E i nostri piccoli amici? Betty, Michelino e Giorgetto?


Ogni giorno e dandosi il turno, usarono gli euro “vinti” al Circo del Diablo per entrare al castello e consolare da vicino il loro povero spauracchio sapientone. – Non preoccuparti, Abbecedario – gli dicevano sottovoce, – vedrai che prima o poi troveremo il modo di tirarti fuori di qui! – Stringi i denti e cerca di rispondere bene a tutte le domande… – Betty è bravissima e si farà venire in mente qualcosa… E invece fu qualcun altro a risolvere quell’intricata situazione. Il più felice di tutti era naturalmente il cavalier Arcìdio Forunculus, che vedeva il suo conto in banca aumentare giorno dopo giorno. Non si accorse però, l’avido collezionista, del grave errore che stava facendo. Se qualcuno di voi infatti mi chiedesse che fine avevano fatto tutti gli altri spaventapasseri della collezione, io gli dovrei rispondere: «Erano molto molto molto arrabbiati!» Si sentivano trascurati, abbandonati a se stessi: nessuno più li spolverava, li riaggiustava, li rimetteva in piedi quando il vento li faceva cadere nell’erba del parco… E poiché tutti gli spaventapasseri possono parlare tra di loro, quei poveri derelitti cominciarono a mugugnare sottovoce… – Da quando è arrivato quel sapientone con la bombetta in testa, nessuno più pensa a noi! – esclamò uno spaventapasseri vestito da vigile del fuoco che troneggiava al centro di una delle sale

del castello. – È inutile, siamo stati messi nel dimenticatoio – disse una spauracchietta vestita da fatina. – Se però ci facessimo sentire… – buttò lì per caso un marinaretto appoggiato in un angolo della sala. – Facessimo sentire cosa? – E come? – E quando? Fu proprio il marinaretto a rispondere: – Se facessimo sentire che ci siamo anche noi, che anche noi siamo importanti per la collezione, forse il cavalier Forunculus si ricrederebbe e tutto tornerebbe come prima. – Fin che c’è quello lì, quel trombone pieno di scienza, per noi non ci sarà spazio! – concluse un vecchio spaventapasseri vestito da contadino. – Ma è proprio quel che dicevo io! – esclamò il marinaretto di prima, che continuò a parlare abbassando la voce. – Se stanotte uniamo le nostre forze, entriamo di nascosto nella stanza del caminetto, tiriamo giù Abbecedario dal suo piedistallo e lo gettiamo al di là del muro di cinta del castello, la cosa è fatta! Ci saremo liberati da quell’impiastro e finalmente la nostra vita riprenderà il suo corso. Idea bella, molto bella, questa! Idea però difficile, perché 1.351 spaventapasseri che saltellano per le sale del castello fanno un rumore tale, da svegliare la città intera! – Sentite – propose allora il vigile del fuoco, – facciamo così. Di spauracchi


vendicatori nel bastano trenta: veloci e silenziosi, i più giovani di noi porteranno a termine l’incarico, mentre gli altri resteranno tranquilli al loro posto, come se nulla fosse. Poi domattina vedremo quel che accadrà! Accadde, ahimè, che quando il cavalier Arcìdio Forunculus entrò dopo colazione nella stanza del caminetto e vide il piedistallo miseramente vuoto… – ZEFIRINO! ZEFIRINOOO! CORRI, CORRI SUBITO… Già: è una parola correre col bastone in mano e con le gambe che tremano di vecchiaia! – Eccomi, eccomi… arrivo – biascicò il povero maggiordomo entrando nella sala “dieci” minuti dopo. – Cos’è successo, cavalier Forunculus? – Guarda! Guarda anche tu! Gli occhi di Zefirino corsero al piedistallo e… – Dov’è Abbecedario? Dov’è finito? – È quel che piacerebbe sapere anche a me! – blaterò Arcìdio mangiandosi la sciarpa di seta azzurra. – Me lo hanno rapito! Lo hanno rubato! È successo stanotte e nessuno se n’è accorto! Vedi, Zefirino, che cosa succede a dormire, invece che rimanere svegli? Ti hanno rubato il mio spaventapasseri da sotto al naso! Pianse il cavalier Arcìdio Forunculus, che non ritrovò più il “suo” Abbecedario:

dovette accontentarsi di rimettere al loro posto gli altri milletrecentocinquantun spauracchi della sua collezione… e i debiti ripresero a salire come prima! Pianse Zefirino, che fu costretto a riprendere il suo duro lavoro di pulizia quotidiana per star dietro a tutti quegli spauracchi polverosi, vecchi e rotti. Risero felici e contenti gli spaventapasseri della collezione, che tornarono ognuno al proprio posto, orgogliosi della bella pensata. Risero anche Betty, Michelino e Giorgetto: quella famosa notte pure i tre bimbi avevano cercato di penetrare nel castello per rapire l’amico sapientone. Vi lascio immaginare la loro sorpresa e la loro gioia quando si videro piombare addosso dall’alto proprio Abbecedario! Proprio lo spaventapasseri con la bombetta! – Salve, piccoli miei! – esclamò lo spauracchio con un largo sorriso. – Finalmente mi sento tra amici! – Abbecedario – disse Michelino, – posso chiederti una cosa? – NOOO! – strillò quell’altro togliendosi all’istante la bombetta. – No, ti prego! Niente domande e soprattutto niente risposte! Una sonora risata accolse la richiesta di Abbecedario e i quattro amici fecero ritorno a casa cantando in coro una canzone a squarciagola.



5 - A scuola da maestro Gualtiero Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


– Sapete cosa vi dico, bambini? – esclamò Abbecedario rigirando fra le mani la magica bombetta. – Io lo odio, questo cappello! Mi ha procurato tanti di quei guai, che lo getterei nel fiume, se non fosse un vostro regalo! Betty si avvicinò al povero spaventapasseri salvato in extremis da un collezionista avido come Arcìdio Forunculus, da un capo-circo famelico come Telmo Circense e da un malandrino senza scrupoli come il giovane Maldestro. – Il problema non è la tua bombetta, quella se vuoi puoi anche buttarla via: il problema è la cattiveria della gente! – D’accordo, ma se non ci fosse questa bombetta sapientona, io sarei uno spauracchio come tutti gli altri e non mi sarebbero capitati tutti quei guai! Anche se… – Anche se che cosa? – chiese Giorgetto. – Anche se mi fa piacere sapere così tante cose! Mi piace essere un campione di matematica, conoscere a menadito la geografia di tutti gli Stati della Terra, essere bravissimo in grammatica e un campione in scienze e in chimica… Sapete che vi dico? Betty, Michelino e Giorgetto, che se ne stavano seduti sulla panchina del cortile della Scuola di Maestro Gualtiero, trattennero il fiato: avevano intuito che Abbecedario stava per dire una cosa importante. – MI PIACEREBBE DIVENTARE MAESTRO! – Maestro? Come Gualtiero?

– Certo! Grazie a questa bombetta, sarà un gioco per me insegnare un sacco di belle cose agli spaventapulcini e… – NO NO NO… COSÌ NON VA BENE! I tre bambini capirono subito di chi si trattava. Quella era la voce proprio di Maestro Gualtiero! Si girarono e videro il loro insegnante affacciato ad una della finestre della palestra, con un sorrisetto sornione e furbetto disegnato sul volto. Il vecchio Gualtiero aveva un cerchio di capelli bianchi che facevano corona ad una testa spelacchiata, due occhietti vispi e sempre allegri e un nasone imponente, di quelli che non si dimenticano tanto facilmente. – Non va bene… che cosa? – domandò Michelino. – Non va bene che il vostro amico voglia diventare maestro in virtù della magia! Certo: la bombetta gli dà poteri straordinari, ma chi ve lo dice che i suoi effetti dureranno per sempre? E se all’improvviso il cappello dovesse tornare ad essere come tutti gli altri cappelli? E cioè uno straccio di feltro da mettere in testa per ripararsi dal vento, dal freddo oppure dal sole? – Però a me piace stare con i bambini – piagnucolò Abbecedario. – Mi piacerebbe insegnar loro tutto quello che so, disegnare e far di conto assieme a loro… vederli crescere e volergli un sacco di bene! – Tutte cose giuste, tutte cose belle e che ti fanno onore – disse il maestro, – ma che, se si basano su un trucchetto,


su una bombetta dai magici poteri, diventano uno specchietto per le allodole, uno scherzetto pericoloso… Abbecedario guardò la bombetta che gli aveva procurato tutti quei guai, fissò negli occhi i tre bimbi che si erano fatti in quattro per liberarlo dalle grinfie degli sfruttatori e infine diede un’occhiata al bidone delle immondizie lì vicino. – Forse avrei dovuto farlo subito! – Che cosa? – chiesero in coro i bimbi, che cominciavano a capire quel che sarebbe successo. – Questo! – esclamò lo spauracchio, che strappò in due la magica bombetta e la gettò nel bidone degli abiti usati. – NOOO! – urlò Betty. – COS’HAI FATTO?! – strillò Michelino. – MA SEI MATTO?! – urlò Giorgetto mettendosi le mani nei capelli scuri e ricci. – BRAVO… COSÌ SI FA! – si complimentò invece Maestro Gualtiero, appoggiando una mano sulla spalla dello spaventapasseri. – E adesso? – chiese Betty. – Adesso sarai uno spaventapasseri come tutti gli altri? – singhiozzò Michelino con le lacrime agli occhi. – Proprio così, però da questo momento, amici miei, comincia la vera avventura dello spauracchio Abbecedario! – disse il loro amico, che strizzò l’occhio al maestro e… – Avrei bisogno di parlarti da solo, mio caro Gualtiero… posso entrare in palestra?

Sapete quel che accadde? Accadde che, volendo diventare un maestro a tutti gli effetti, Abbecedario da quel giorno cominciò a frequentare la scuola di Maestro Gualtiero! Aiutato da Betty, Michelino e Giorgetto, lo spauracchio ben presto imparò da Gualtiero tutto quel che c’è da sapere alle Scuole elementari; in men che non si dica studiò tutte le materie delle Scuole medie inferiori, dopo di che si iscrisse alla Scuola per Maestri. Studiò dieci ore al giorno per tutti i santi giorni di cinque anni uno dietro l’altro, restando alzato fino a tardi per fare i compiti. Alla fine si presentò all’esame di Maestro e… – Lei è promosso, signor Abbecedario! – esclamò al termine della prova il presidente della commissione. – Complimenti, ora è un maestro a tutti gli effetti! Era la prima volta in tutta la storia spauracchia, che uno spaventapasseri veniva chiamato “signore” e che, allo stesso tempo, veniva dichiarato “maestro”! Ma adesso Abbecedario sapeva un sacco di cose, tante tante tante… certo, ne sapeva meno di quelle che avrebbe saputo grazie alla magica bombetta, ma quella che possedeva era una sapienza vera, sana, frutto di sacrificio, di studio e di sudore! Tutto bene quel che finisce bene, direte voi… Già, però non avete considerato che le difficoltà nascono sempre quando meno ce l’aspettiamo! Qualche tempo dopo, infatti, all’inizio


del nuovo anno scolastico… – Non sia mai detto che io iscriva mio figlio in una scuola in cui insegna uno spaventapasseri! – strillò una mamma non appena seppe che nella scuola di suo figlio era arrivato un maestro fatto di bastoni e di vecchi abiti imbottiti di paglia. – Uno spaventapasseri che insegna a far di conto a mia figlia? – sentenziò un papà sbattendo la porta della scuola. – Piuttosto me la tengo a casa e gliela spiego io, l’aritmetica, e pure la grammatica! – Ma come siamo caduti in basso! – borbottò un nonno che il primo giorno di scuola aveva accompagnato per mano la nipotina. – Da quando in qua gli spaventapasseri possono studiare e diventar maestri? Di questo passo chissà dove andremo a finire… A nulla servirono le rassicurazioni di Maestro Gualtiero… “Guardate che Abbecedario è un buon maestro, è un ottimo insegnante! Fidatevi, perché a volte le apparenze ingannano…” Men che meno servirono le preghiere di Betty, di Michelino e di Giorgetto, che erano ormai diventati tre bei ragazzi iscritti alla Scuola superiore… “Vi scongiuriamo: provate, almeno! Provate due settimane: noi siamo sicuri che, in due settimane, i vostri figli impareranno da Maestro Abbecedario un sacco di cose e si divertiranno, anche!” Niente da fare: Abbecedario, che era stato assunto il giorno prima dell’inizio della scuola, venne licenziato ancor

prima che cominciassero le lezioni. Licenziato e piantato in un campo di patate poco fuori la città. E lo spaventapasseri lì rimase, solitario e in compagnia della sua tristezza, consolato solo dalle visite che ogni tanto gli facevano i suoi tre giovani amici d’infanzia. Non so quanto tempo passò, da allora. Trascorsero molti anni, comunque, e Abbecedario piano piano si abituò al suo campo di patate, fece amicizia con i passerotti dei dintorni e gioì in fondo al cuore quando seppe che Betty era diventata una dottoressa, Giorgetto un ingegnere e Michelino un insegnante di matematica. Avvenne un giorno – si era nel pieno di un’estate calda e afosa – che la pennichella serale di Abbecedario fu disturbata e interrotta da uno strano bisbiglio. – Psss… Ehi, tu! Abbecedario si riscosse dal sonno, aprì un occhio, si guardò in giro ma non vide nessuno e tornò a dormire. – Ti chiami Abbecedario, tu? – insistette quella voce misteriosa. – Sei Abbecedario, lo spaventapasseri “maestro”? A quel punto il nostro spauracchio si svegliò del tutto, aprì gli occhi e abbassò lo sguardo per controllare il campo di patate. Lì, davanti a lui, vide uno spaventapasseri vestito da marinaretto. – Ma io ti conosco! – esclamò Abbecedario. – Non mi ricordo più dove ti ho


visto, ma ti conosco! – E certo che mi conosci – ribatté quell’altro. – Rammenti il castello del cavalier Arcìdio Forunculus? – Foru… Forunculus? Arcìdio Forunculus? – strillò il maestro di paglia. – Ma certo che ricordo! La bombetta magica in testa, il maggiordomo Zefirino, la collezione di milletrecentocinquantun spauracchi… tutta quella gente che si metteva in fila fin dall’alba e pagava e strapagava per potermi fare le domande più difficili e più astruse… E poi voi spaventapasseri che vi siete ribellati e mi avete gettato al di là delle mura… – Sono passati molti anni da allora – disse il marinaretto, – ma è venuto il momento che io mi scusi a nome di tutti i miei amici spauracchi della collezione. – Lascia perdere – disse Abbecedario sventagliando la mano, – in realtà mi avete fatto un favore! Senza di voi non avrei mai raggiunti i miei tre amici bambini, che mi hanno portato in salvo… E adesso come va, al castello? Lo spauracchio marinaretto si strinse le spalle di paglia e… – Il cavalier Forunuculus e Zefirino non ci sono più da molti anni. Nessuno ha preteso per sé il castello e noi tutti spauracchi della collezione siamo ancora lì, ammassati nelle sale, nei sotterranei e nel parco. – E perché sei venuto a cercarmi? – Qualcuno ha messo in giro la voce che tu sei diventato un vero e proprio maestro di scuola elementare, ma che nessuna scuola degli umani ti vuole dare un lavoro…

– Purtroppo è una voce vera, ma non gli do torto: se tu non fossi quel che sei, se tu fossi un uomo con due gambe, affideresti tuo figlio ad un maestro fatto con due bastoni in croce e un mucchietto di paglia? – Se questo maestro sapesse tante cose, fosse bravo a insegnare e i miei figli si divertissero un sacco, perché no? – E tu da me cosa vorresti? Perché sei venuto fin qui nel mio campo di patate? Il marinaretto tossicchiò come se dovesse dire qualcosa di importante e cominciò a parlare: – Il consiglio degli spaventapasseri di castel Forunculus, l’abbiamo chiamata così la nostra casa… EH! EH! EH!... il nostro consiglio, dicevo, ti chiede di unirti a noi e di diventare il maestro dei nostri spaventapulcini! Il cuore del vecchio Abbecedario cominciò a battere veloce veloce: forse si sbagliava, forse era solo un’impressione, ma in fondo al cuore sentiva che il suo sogno stava per avverarsi. – Avete spaventapulcini, con voi? – Abbiamo esattamente cinquanta pulcinotti che attendono un maestro che insegni loro a leggere e a far di conto… Te la senti? Al castello ci sono tre stanze vuote che potrebbero diventare la tua scuola; in cantina ci sono un sacco di quaderni nuovi, di matite e di penne colorate: tu dimmi di sì e domattina possono cominciare le lezioni! – Domani... mattina? – balbettò Abbecedario che sentiva un groppo di emozione in gola e un fiotto di lacrime


di gioia riempirgli gli occhi. – Possiamo fare… dopodomani mattina? Domani avrei qualcosa di importante da fare! – Siamo d’accordo, maestro! L’avventura della Scuola di castel Forunculus sta per cominciare! Corro a dare la buona notizia agli altri e ti aspettiamo domani sera per far festa con te! La mattina presto del giorno dopo un vecchio spauracchio saltellò fino alla piazza principale, entrò in una cabina telefonica e… ZERO… QUATTRO… SEI… UNO… NOVE… TRE… QUATTRO… CINQUE… NOVE… TRE… SETTE… TUU… TUU… TUU… – Pronto? Ambulatorio della dottoressa Elisabetta… – Betty! – Sì? Chi parla? – esclamò quella che un giorno lontano era stata una bimbetta coi lunghi capelli castano chiari raccolti in due trecce sbarazzine. – Sono io, Betty! Sono Abbecedario! – ABBE… ABBECEDARIO? – strillò la dottoressa scoppiando a piangere.

– Come stai! Stai bene? Sei sempre nel tuo campo di patate? Mamma mia quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci siamo visti… Mi sento in colpa… Dimmi, ci sono novità? – Ci sono grandi novità! – Quali? Dai, dimmi… – Chiama il professore Michelino e l’ingegner Giorgetto e vi aspetto questo pomeriggio al mio campo. Quando sarete qui, vi dirò tutto! Fecero gran festa, i quattro amici, quel giorno: una festa che andò avanti fino a sera, piena di ricordi, di risate, di abbracci e di auguri. E quando, il giorno dopo, Maestro Abbecedario aprì le porte della sua nuova Scuola, che cosa trovò sulla scrivania in fondo all’aula? Vide una cartella di pelle nuova di zecca, con un biglietto che diceva. “Lo so che è troppo piccola per farci stare tutte le cose che hai imparato, ma spingile bene e faccele stare tutte quante! Firmato: la tua amica Betty”. Lì accanto c’era una penna stilografica col cappuccio d’argento e un biglietto con scritto: “Una penna in regalo per aiutarti a scrivere solo i voti più belli! Firmato il tuo piccolo Michelino”. E infine, appesa alla seggiola, Abbecedario vide una splendida bombetta nuova di zecca. “Non ti servono più cappelli magici, – c’era scritto sul biglietto, – perché la vera magia l’hai fatta tu, diventando un bravissimo maestro. Questa è solo una bombetta normale, ma è bellissima! Firmato Giorgetto, tuo amico per sempre”.



6 - Gli spauracchi di castel Forunculus Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


– Buon giorno, Maestro Abbecedario! – cantarono in coro i cinquanta spaventapulcini quando il vecchio spauracchio fece il suo ingresso nella Scuola di castel Forunculus. – Buon giorno, piccoli miei – esclamò Abbecedario appoggiando sulla scrivania la cartella nuova di zecca che gli aveva regalato la piccola Betty. Il maestro si guardò in giro soddisfatto e… bene: si poteva cominciare!– Posso fare l’appello? Vi lascio immaginare il colpo al cuore quando, aperto il registro, Abbecedario non vide una colonna di nomi, bensì una colonna di… NUMERI! Spaventapulcini UNO… Spaventapulcini DUE… Spaventapulcini TRE… e così via fino a Spaventapulcini CINQUANTA! – Ehm… chi sarebbe tra di voi lo Spaventapulcini numero… CINQUANTA? – Io! – strillò uno spauracchietto piccolo piccolo e ancora in fasce, col ciuccio in bocca e una cuffietta azzurra in testa, seduto nel primo banco. – Bene, e così tu saresti il numero CINQUANTA, vero? – Certo, signor Maestro: sono l’ultimo spaventapulcini arrivato a castel Forunculus! – E si può sapere da quanti anni sei qui? – Saranno dieci anni, signor Maestro, dopo di me non si è più visto nessuno, anche perché il cavalier Forunculus e il maggiordomo Zefirino sono scomparsi…

– E in dieci anni tu non sei cre… – Ma Abbecedario interruppe la sua curiosità, perché c’era qualcosa di strano in quella storia. – Può alzarsi in piedi lo Spaventapasseri numero UNO? – Sono io, signor Maestro – esclamò con voce da bimbo uno spaventapulcini che sedeva nel terzo banco: aveva i capelli bianchi (!), la pelle tutta rugosa da nonnetto (!!) e un bastone da passeggio appoggiato lì accanto (!!!). – Io sono lo spaventapulcini più vecchio della sua classe… Fra due mesi compio settantadue anni! Abbecedario rimase senza fiato e senza parole e senza pensiero, nel trovarsi di fronte a un nonno che parlava come un bambino e che portava sulle minuscole spalle tutto il peso della sua età! Il povero maestro, allora, reagì prendendo una decisione: – Spaventapulcini UNO, fatti aiutare dagli Spaventapulcini DUE e TRE, che non so nemmeno chi siano, e mantenete l’ordine in classe: io mi assento, ma torno subito! – Si può sapere cosa sta succedendo agli spaventapasseri di castel Forunculus? – chiese Abbecedario affrontando deciso lo spauracchio vestito da marinaretto. – Com’è possibile che io mi ritrovi in classe spaventapasseri più che settantenni, che però parlano e pensano e ragionano come fossero i loro nipotini! È pazzesco al solo pensarci! Il marinaretto di paglia si grattò la testa e rispose con un sospiro rassegnato: – È un mistero anche per noi e forse


ho fatto male a non dirtelo prima. Vedi, Abbecedario, le cose stanno così: dal giorno in cui noi abbiamo messo piede in questo castello e siamo entrati a far parte della famosa collezione di spaventapasseri del cavalier Arcadio Forunculus, il tempo ha continuato a ticchettare come sempre… Sono passati i giorni, le settimane, i mesi ed anche gli anni, ma mentre siamo invecchiati nel corpo, la nostra mente, la nostra voce, il nostro animo sono rimasti bloccati al giorno in cui siamo arrivati! Siamo invecchiati “fuori”, insomma, e non “dentro”! Chi era spaventapulcini è rimasto spaventapulcini nel cuore ma non nel corpo e chi è entrato già spaventapasseri, pur caricandosi di acciacchi e di malanni, in fondo al cuore si sente sempre quel giovincello che era all’inizio! – Ma come faccio, io, a insegnare a leggere e a scrivere a dei nonnetti che dovrebbero saperne più di me, della vita? – Chiudi gli occhi, ascolta solo le loro voci – rispose lo spaventapasseri vestito da marinaio scrollando il capo, – e ti sembrerà di essere in una normale classe di spaventa-pulcini! – E poi – aggiunse ancora Abbecedario, – a nessuno è mai venuto in mente che ogni spaventapasseri ha diritto ad avere un proprio nome? Che non è giusto vivere una vita intera accompagnati da un semplice numero, per essere distinti dagli altri? Il marinaretto rimase in silenzio aggrottando la fronte: sembrava essersi

accorto solo ora che non possedeva un vero nome! – Io… io ormai mi sono abituato al mio numero… È un bel numero, sai? Settecentosettantasette! Mi ci sono affezionato e non lo cambierei con nessun altro numero o nome al mondo! – Ma farvi chiamare con un numero, a parte che è un po’ scomodo, sta a significare che non avete considerazione per voi stessi, come se foste sei dei semplici oggetti! Dei Numeri, insomma! Vedi? Tu oggi ti chiami Settecentosettantasette: sarà anche comodo da ricordare, ma si tratta pur sempre di una serie di cifre aride e fredde… Se tu invece ti chiamassi, che ne so… – e Abbecedario osservò per un istante quel vecchio vestito da marinaio… – ecco, se ti chiamassi “ONDALUNGA”, senti che bel nome: Ondalunga… Ondalunga… sembra una canzone, una serenata cantata in riva al mare… Ondalunga che va e che viene… Ondaaa lungaaa… ecco: d’ora in poi tutti gli altri continueranno a chiamarti Settecentosettantasette, sono affari loro, ma per me tu avrai un nuovo nome: Spauracchio ONDALUNGA! Ci volle un giorno intero perché il povero Abbecedario assegnasse un nome appropriato a tutti tutti tutti i cinquanta spaventapulcini della sua Scuola, ma alla mattina del giorno dopo poté finalmente fare un “APPELLO” come si deve. – PRIMOVEROAMORE, presente? Quello che fino al giorno prima era stato Spaventapulcini numero UNO,


rispose con voce da bimbo: – Sono presente, signor maestro! – POLVERE DI STELLE, presente? – Ci sono! – rispose un nonnino vestito da astronauta. – MANICALARGA, presente? – Sono qui – sussurrò un anziano spauracchietto vestito da pagliaccio. …e così via con “LIBERA DI LUCE” (era una spaventapulcini tutta addobbata con le luci di un albero di Natale), con “PIÙMENOPERDIVISO” (era uno che amava far di conto), con “RIMABACIATA” (era una che scriveva poesie), con “MICRO SCOPICO” (era uno che amava gli esperimenti di chimica e di fisica), con “ULTIMO DELLA FILA” (questo fu il nome che capitò allo spauracchio in fasce, col ciuccio in bocca e la cuffietta in testa, ultimo arrivato fra gli spauracchietti di castel Forunculus)… Al termine dell’appello, PIUMENOPERDIVISO alzò una mano al cielo. – Hai una domanda da fare? – chiese Abbecedario riponendo il registro nel cassetto della scrivania. – Signor maestro, anche a nome di tutti i miei compagni di classe, vorrei chiederti… ma tu sei proprio quello spaventapasseri sapiente più di un’enciclopedia di cui parlano tra di loro i grandi? Lo spaventapasseri che molti anni fa vinse una montagna di gettoni d’oro che li gettava dalla finestra di casa sua perché non sapeva come spenderli? Quello che sbagliò una domanda da cento milioni di gettoni d’oro, che cadde in disgrazia, venne gettato in discarica

e di lui non si seppe più nulla? Lo sapeva, Abbecedario, che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con il suo passato: comunque meglio spiegarsi subito e togliersi quel pensiero di torno. – Allora lasciate che vi racconti in breve la mia storia… Quella fu la prima lezione della nuova Scuola di castel Forunculus: i cinquanta spauracchietti rimasero in silenzio per tre ore di fila, con le mosche che potevano girellare in volo di qui e di là, entrando e uscendo senza pericolo da cinquanta bocche spalancate e sbalordite da tutte quelle avventure. – Bene... e adesso sono qui, sono io vostro maestro! – concluse Abbecedario un attimo prima che suonasse la campanella del mezzogiorno. – Domani ognuno di voi dovrà raccontare a me e ai suoi compagni di classe una “sua” avventura, un qualcosa di strano, di spiacevole o di avventuroso che gli è capitato nella vita. Insomma, domani ognuno di voi dovrà raccontarmi la “sua”, di storia! – Ma a me non è capitato nulla di importante da raccontare, chiusa qua dentro in questo castello! – piagnucolò FIORE DI PRATO, una spauracchietta che indossava un grembiule verde tempestato di fiorellini dai mille colori. – Fantasia, FIORE DI PRATO, ci vuol sempre un pizzico di fantasia! – rispose Abbecedario con un sorriso da orecchio a orecchio. Quella sera, mentre Abbecedario se ne stava chiuso nella sua aula a ricopiare


sul registro l’elenco dei cinquanta nuovi nomi dei suoi alunni, qualcuno bussò alla porta. – Avanti! – borbottò il maestro senza alzare gli occhi dal registro. – È permesso, signor maestro? – disse la voce timida di uno spauracchio vestito da pompiere. – Posso disturbarti? – Ma certo, vieni avanti… tu sei? Qual è il tuo numero? – Io sono Spauracchio numero Novecentoventisei! – Ah, bene… spero di ricordarmelo! Qual è il motivo della tua visita? – Ecco… io, io vorrei… ho saputo che… – Su forza, non aver paura? Hai saputo che cosa? – lo incoraggiò Abbecedario. – Devi sapere che da ieri c’è uno spaventapasseri che se ne va in giro per il castello dicendo a tutti che non vuole più essere chiamato con il suo numero! – È Spaventapasseri Settecentosettantasette, vero? – bofonchiò il maestro, trattenendo a stento un sorrisetto di soddisfazione. – Già, proprio lui! Adesso vuole essere chiamato… aspetta che non me lo ricordo più… dunque… – ONDALUNGA, vero? Vuol essere chiamato ONDALUNGA! – Sì, è quello il nuovo nome – esclamò il pompiere-spauracchio. – E dice che quel nome gliel’hai dato proprio tu! – C’è forse qualche problema? – Nooo! Nessun problema, ma io

sono qui perché anch’io voglio un nome mio! «La nuova moda si sta diffondendo!» pensò sottovoce Abbecedario. – E quindi tu non vuoi più esser chiamato con un numero… – Ha ragione ONDALUNGA – lo interruppe quell’altro, che ormai aveva perso ogni timidezza, – quando dice che i nostri numeri sono freddi, aridi, sono cifre senza calore che ci fanno considerare degli oggetti e non degli spaventapasseri che hanno un cervello e anche un cuore! – Sì sì – commentò il maestro ridendo di gusto dentro di sé, – ha ragione ONDALUNGA, ha proprio ragione lui! E pertanto tu vorresti un nome tutto tuo, eh? Fammi pensare… Abbecedario osservò a lungo quello spauracchio vestito da vigile del fuoco, con tanto di giaccone nero strisciato di giallo fosforescente e un cappello con la falda che gli scendeva sulle spalle. – Per te potrebbe andar bene il nome di… “POMPALACQUA”! Ti piace? L’altro sbarrò gli occhi e aprì la bocca per parlare, anzi, per balbettare: – Pom… Pompa… Pompa l’acqua? No, tutto attaccato: Pompalacqua? Sì, POMPALACQUA! Spauracchio POMPALACQUA… Vieni qui, POMPALACQUA… Mi puoi aiutare, POMPALACQUA? Bellissimo… È un nome straordinario, Abbecedario! Grazieee! Il pompiere di paglia uscì dall’aula di Abbecedario e si mise a saltellare per le sale e i lungo i corridoi del castello


annunciando agli amici di collezione la sua nuova vita. Adesso aveva un nome e tutti dovevano chiamarlo “Spauracchio POMPALACQUA!” Da quel giorno e per un po’ di tempo finì la pace, per il povero Abbecedario, che venne tempestato giorno e notte da richieste di nomi sempre nuovi: e dovevano essere nomi bellissimi, nomi curiosi, nomi simpatici! Lo spauracchio numero 598, ad esempio, che indossava da sempre un camice bianco da farmacista, divenne… QUANTOBASTA! La spauracchietta numero 1.271, orgogliosa del suo bell’abito celeste da fatina e dei suoi boccoli neri, venne chiamata… BELLONDINA! Lo spaventapasseri numero 1.000, che amava inventare e raccontar fiabe bellissime, divenne… PASSION DI FIABA! E poi, uno dopo l’altro, ecco nascere CASOLETTA, la spauracchia che amava la cioccolata densa e calda; TISANA LA DOLCE, che preparava decotti e tisane contro ogni malanno; CHIOMADORO, bellissima con la sua folta capigliatura color del sole; PASTICCIA, che cucinava pranzo e cena per tutti gli amici; FRA’ VESUVIO, con le sue barzellette in napoletano; DINDONDOLO, bravissimo nei concertini con le campane… ROSSOVERDEGIALLO col fischietto in bocca… a cui fecero seguito CÒNTOLO, CARAMELLA, il vecchio EMPEDOCLE, e quindi PAGLIAFRESCA, PALOSTOR-

TO, LINGUALUNGA, CANDELORO, PACIOCCO… Insomma, l’avete capito, no? Nacquero proprio a castel Forunculus gli eroi spauracchi delle tante avventure dello scoiattolo Gellindo Gellindo che voi già conoscete, e fu proprio maestro Abbecedario ad assegnar loro il nome che si ritrovano appiccicato addosso ancora oggi! – Ma perché Abbecedario e i suoi amici abbandonarono il castello e andarono a vivere al Villaggio di Risparmiolandia? – vi starete senz’altro chiedendo. E io vi rispondo subito: – Uhhh, ma che fretta! Guardate che le avventure di Maestro Abbecedario non sono ancora terminate, anzi, direi che siamo appena a metà! Abbiate un po’ di pazienza, leggete questa storia puntata dopo puntata e, alla fine, saprete ogni cosa! Un giorno, ad esempio, qualche tempo dopo, successe una cosa che ha dell’incredibile! Dello strepitoso! Abbecedario aveva finito da alcune settimane la grande fatica di inventare i nomi per ciascuno degli spaventapasseri dell’immensa collezione di castel Forunculus, quando un pomeriggio gli spaventapulcini MICRO SCOPICO e RIMABACIATA entrarono di corsa e con gran fracasso nell’aula in cui il maestro stava correggendo i compiti. – MAESTRO, CORRI! – ansimò RIMABACIATA appoggiandosi al bordo della scrivania.


– ABBECEDARIO, VIENI A VEDERE! – strillò MICRO SCOPICO asciugandosi il sudore dalla fronte. – Correre dove? Vedere cosa? – domandò perplesso lo spauracchio con la bombetta in testa. – Qui fuori, – cercarono di spiegare i pulcinotti di paglia, – nel prato davanti al castello… è arrivato un circo! – UN CIRCO?! – urlò Abbecedario, e subito tristi ricordi riemersero nella memoria del povero maestro. – QUALE CIRCO? – Ancora non lo sappiamo, ma va’ alla finestra e guarda! – esclamò RIMA BACIATA. – Stanno già montando il tendone! Abbecedario posò la penna stilografica col cappuccio d’argento, si alzò dalla seggiola e s’avvicinò alla finestra. Effettivamente là fuori, lungo il bordo del grande prato di fronte al castello, erano allineati una decina di carrozzoni dipinti di nero e d’argento che parevano

tanti carri funebri, mentre al centro alcuni uomini stavano innalzando verso il cielo un tendone color blu notte orlato d’oro. Quando l’enorme telone fu issato e bloccato ai due grossi pali di sostegno, vennero piantati i picchetti e tirate e annodate le funi. Adesso che il circo era completamente montato, mancava solo il nome. Ci pensò un tipo alto e magro a svelare il mistero: l’operaio salì in cima ad una scala accanto alla porta d’ingresso, sciolse un nodo e lasciò srotolare verso il basso un lembo di stoffa sul quale c’era scritto:

IL CIRCO DEL DIABLO di Telmo Circense Il cuore di Abbecedario smise di battere per due lunghi istanti e un nodo in gola gli tolse il fiato. I fantasmi del suo passato erano ritornati!



7 - Trapezisti senza rete Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


Quanti ricordi, quanti brutti ricordi strinsero il cuore del povero Abbecedario! Ricordi di tanto tempo prima, di quella sera rumorosa e terribile… mille e più spettatori stretti come sardine sotto al tendone… applausi, urla, risate, insulti e poi domande, molte domande, moltissime difficili domande… a cui seguono molte, moltissime risposte sicure e senza tentennamenti… Sa proprio tutto, quello spauracchio, e piovono dall’alto le banconote pagate dagli spettatori in fila per avere il diritto di porre una domanda e finiscono diritte diritte nelle tasche del direttore Telmo Circense! Poi la voce di Betty si fa strada fra tutte le altre e… “Mi sai dire da dove viene il cappello che tieni in testa?” Un silenzio improvviso cala sotto al tendone del circo: duemila e più occhi si girano a guardare prima la bambina coi capelli castani raccolti in due lunghe trecce che cadono sulle spalle, poi lo spauracchio vestito in modo elegante e con una bombetta in testa e infine Telmo Circense, il padrone del CIRCO DEL DIABLO, grasso e grosso, coi capelli neri lunghi e sporchi, il naso a patata con mille brufoli a rendergli mostruosamente brutto il volto… Abbecedario non risponde: non sa proprio da dove venga quella bombetta magica che gli consente di sapere un sacco di cose! Non risponde e abbassa gli occhi a terra arrendendosi alla triste evidenza: ha perso! Anzi, Telmo Circen-

se ha perso in un colpo solo tutti i soldi guadagnati in quella serata memorabile grazie ad un pubblico così generoso! – Scusi – mormorò lo spaventapasseri vestito da maestro, fermando un operaio che aveva appena finito di alzare il tendone del circo nel prato antistante castel Forunculus, – scusi, mi sa dire se c’è ancora Telmo Circense? – Certo che c’è! Dove volevi che fosse finito? – berciò scortese quell’altro, lasciando cadere sul prato la lunga scala che aveva trascinato fin lì. – È nel suo ufficio, il primo carro della fila – disse l’uomo indicando i dieci carrozzoni dipinti di nero e ornati d’argento che sembravano carri da funerale. L’operaio non aveva ancora finito di parlare, che la porta della carrozza si aprì e il mostro riemerse come un ricordo angosciante. Pareva impossibile, eppure Telmo era ancora più brutto di quella sera di tanti anni prima: era più grosso e più grasso, i capelli erano ancora più lunghi e sporchi, il naso esplodeva quasi come un cavolfiore maturo e i brufoli erano diventati duemila! Abbecedario e il direttore si videro nello stesso istante. Abbecedario ebbe un colpo al cuore, al pensiero di quel lontano dolore, di quella indimenticabile sconfitta. Telmo Circense, non appena vide il “suo” spaventapasseri, lo spauracchio che era stata la causa del suo fallimento, strinse gli occhi crudeli e chiuse le mani a pugno piantandosi le unghie nei


palmi. – Si può sapere che ci fai qui, disgraziato? – strepitò l’omone facendosi sotto. – Si può sapere che cosa ci fai tu, qui, davanti al mio castello? Telmo si bloccò, si girò a guardare il maniero e… – Non dirmi che abita qui, quello strano tipo che ti ha comprato per quindicimila euro?! – Certo, il cavalier Forunculus abitava in questa casa, ma adesso non c’è più! – Pace all’anima sua, allora… AH! AH! AH! Non era forse un collezionista di spauracchi, quel cavalier Forun… vattelappesca? Dove sono finiti tutti i suoi spaventapasseri? Avrebbe dovuto tacere, Abbecedario, oppure qualcuno avrebbe dovuto metterlo sull’avviso che era pericoloso dire la verità. Ma lo spaventapasseri non si accorse del trabocchetto e lì attorno non c’era nessuno dei suoi amici a dirgli di fare attenzione. – Sono là dentro… – Gli spauracchi della collezione sono tutti in quel castello? – Certo, siamo quasi in millequattrocento, uno diverso dall’altro… Ecco! La frittata era fatta! Gli occhietti malvagi di Telmo Circense brillarono avidi e perfidi. Rimase in silenzio per alcuni lunghi istanti, e poi… – Millequattrocento, dici? Sono troppi, non ci sarebbe posto! Il cuore dei nostro maestrino cominciò a battere veloce. Abbecedario aveva finalmente intuito di essersi spinto troppo in là con le confidenze. – Non ci

sarebbe posto per chi? E dove? – E quando? E perché? E come mai? – cantilenò feroce quel mostro, ghignando soddisfatto. – Per quale motivo dovrei dirti tutto, mio caro Abbecedario? Dove sta scritto? Chi mi obbliga a farlo? No no: tu tienilo d’occhio, mi raccomando – ordinò il direttore all’uomo che poco prima aveva gettato a terra la lunga scala, – io sarò di ritorno fra un attimo! In realtà tornò più un’ora dopo, Telmo Circense, assieme a cinque suoi uomini che tenevano al guinzaglio… sì, avete capito bene, tenevano al guinzaglio come fossero dei cani una trentina di spaventapasseri. – Ma cosa vuoi fare, a quei poveretti! – strepitò Abbecedario con le lacrime agli occhi. – Per adesso “ai” tuoi amici non faccio nulla – rispose il mostro, – però “con i” tuoi amici metto insieme un numero da circo che riempirà il tendone per mesi interi! EH! EH! EH! Già me lo vedo: al termine delle esibizioni dei miei leoni feroci e dei cavalli imbizzarriti, degli equilibristi pugilatori e dei giocolieri appena usciti di galera, dei pagliacci crudeli e dei lottatori di “sumo”… nel buio più fitto una luce corre a cercare il centro della scena e io urlo: “Signore e signori, ecco a voi, reduci dai circhi più famosi del mondo intero, la Famiglia Spauracchia, trapezisti senza paura e senza rete… IH! IH! IH!! TRAPEZISTI? BELLONDINA, QUANTOBASTA, il povero FRA’ VE-


SUVIO e CASOLETTA, assieme a CÒNTOLO, PASTICCIA, CHIOMADORO e TISANA LA DOLCE, in compagnia di tutti gli altri, che dondolano appesi ai trapezi lassù in alto e senza rete? – MA TU SEI MATTO! – strillò incredulo Abbecedario. – Certo, lo sono sempre stato! – SEI UN MATTO CRIMINALE! – Come no, l’hai capito solo adesso? Non solo – aggiunse a quel punto Telmo con un sorriso ancor più malvagio, – per rendere più difficile il numero, a turno uno spauracchio ogni sera ad un certo punto cadrà dall’alto in mezzo alla pista!.... PFFFIUUU… SPATAPAMMM! – Ma si farà male! – È proprio quello, il bello! Ma non preoccuparti, per terra c’è sempre un po’ di sabbia per attutire il colpo… AH! AH! AH! Arrivederci a stasera, mio caro Abbecedario: sarai mio ospite per l’esordio dei tuoi amici al CIRCO DEL DIABLO… – E io non vengo? Non mi prendi? – Ne ho già avuto abbastanza una volta, della tua faccia, e dopo stasera non la voglio mai più vedere da queste parti, d’accordo? Eccoti un biglietto d’ingresso e sparisci! Voi venite con me – berciò ai trenta poveri spauracchi spaventati a morte. – Andiamo a cercare dei vestiti da trapezisti! Il tempo era quel che era, pensò il maestro passeggiando nervoso nel cortile del suo castello: restavano poche, pochissime ore per mettere assieme un

piano e liberare così i poveri spaventapasseri prigionieri di Telmo Circense. Abbecedario le pensò proprio tutte… “Potrei dar fuoco al tendone!” Nooo, troppo pericoloso… “E se andassi dalla Polizia?” Ma che prove hai, maestro, per accusare il padrone del Circo? “Allora chiamo la televisione locale e denuncio pubblicamente quel che ha in testa il sadico!” Già, ma a chi vuoi che interessi, se uno spaventapasseri cade da venti metri e si sfracella sulla sabbia della pista? “Allora stampo su mille foglietti quel che dovrebbe accadere questa sera e li distribuisco uno ad uno a tutti gli spettatori per metterli sull’avviso!” Ma se pagherebbero qualsiasi cifra, quelle persone senza cuore, pur di assistere ad uno spettacolo terribile… Fu a quel punto che lo sguardo di Abbecedario si soffermò su alcuni spaventapasseri che chiacchieravano tranquilli all’ombra di un ciliegio. – Com’è bello, il Circo che è arrivato oggi! – Com’è enorme… – …e come devono essere bravi i giocolieri e gli acrobati… – Sapete, da piccola mi ero messa in testa che da grande avrei fatto la ballerina che danza sul filo! – Sarebbe bello, stasera, sbirciare da qualche buco del tendone e vedere quel che accade là dentro… Aveva fatto la scelta giusta, si disse


Abbecedario, decidendo di non rivelare a nessuno di loro quel che aveva in animo di fare Telmo Circense: meglio tenerli all’oscuro di tutto, meglio non far sapere la fine a cui stavano per andare incontro gli spaventapasseri rapiti… “OPPURE NO?!” pensò all’improvviso lo spauracchio con un colpo al cuore. Era proprio certo che il silenzio fosse la scelta migliore? E se invece… Quando il dubbio, di lì a poco, si trasformò in certezza… «Ma che sciocco sono stato! È logico, ed è giusto anche, che gli spauracchi sappiano quel che sta per succedere ai loro amici!» …quasi nello stesso istante Abbecedario capì quel che avrebbe dovuto fare. Gli venne in mente un piano, insomma. Anzi, “IL PIANO”! – Amici, state a sentire – disse allora Abbecedario, richiamando l’attenzione degli altri spauracchi. – Ho una cosa importante da comunicarvi e un altrettanto importante favore da chiedervi! Pareva che quella sera tutti tutti tutti gli abitanti della città si fossero dati appuntamento al CIRCO DEL DIABLO: con i biglietti d’ingresso a centocinquanta euro l’uno, Telmo Circense aveva battuto tutti i record di incasso! Abbecedario, seduto in prima fila, aveva seguito distratto l’intero spettacolo: era rimasto serio agli scherzacci maligni dei pagliacci, non aveva applaudito alle sparatorie ingaggiate dai giocolieri contro gli equilibristi, aveva

pensato ad altro quando fu il momento dei tori scatenati, dei cavalli imbizzarriti e dei leoni feroci… ma quando giunse il momento tanto temuto, un groppo in gola gli impedì quasi di respirare… – Ed eccoci arrivati al numero che aspettate da tutto il giorno – strillò Telmo Circense, rosso in viso per l’ansia di cominciare. – Dopo essersi esibita sulle piste dei migliori circhi del mondo – mentì il direttore aggrappato al microfono, – ecco a voi la bravissima, l’insuperabile, la straordinaria FAMIGLIA SPAURACCHIAAA! Un forte applauso, signore e signori… accogliamo con un’ovazione i trapezisti più coraggiosi al mondo, i trapezisti che si esibiscono senza paura e SENZA RETE! Le poche parole che Telmo aggiunse a quel punto fecero rabbrividire di terrore il povero Abbecedario. – …e se volete un mio consiglio – gridò il perfido, guardando il pubblico che era in attesa di esplodere nel primo battimani, – questa sera tenete d’occhio soprattutto la bella CASOLETTA! – NOOO! CASOLETTA NO! – urlò il maestro imbottito di paglia, ma le urla dei mille spettatori gli soffocarono le parole in gola. Il sipario si aprì e uno dopo l’altro entrarono in pista QUANTOBASTA e PAGLIAFRESCA, LINGUALUNGA e PALOSTORTO, CANDELORO e PACIOCCO, DINDONDOLO e ROSSOVERDEGIALLO… Gli spauracchi corsero al centro, afferrarono ognuno una fune e… SWIIIMMM!... vennero risuc-


chiati verso l’alto, seguiti subito dopo da CHIOMADORO e da BELLONDINA, da TISANA LA DOLCE, da PASTICCIA e dalla povera CASOLETTA, del tutto ignara di ciò che l’attendeva… A quel punto accaddero due cose contemporaneamente. Nella parte alta del tendone il numero dei trapezisti spauracchi cominciò, con evoluzioni, salti e piroette sempre più difficili che scatenavano l’applauso dei mille spettatori con gli occhi ben piantati verso i trapezi là in cima. In basso, invece, accadde che dalla porta d’ingresso del tendone entrarono alla chetichella gli spaventapasseri PRIMOVEROAMORE e LIBERA DI LUCE, PIÙMENOPERDIVISO e MICRO SCOPICO… poi, via via, seguirono RIMABACIATA, ONDALUGA, POLVERE DI STELLE, MANICALARGA… Entrarono sotto al tendone cento, trecento, cinquecento, ottocento, milleduecento… quasi millequattrocento spauracchi, che andarono ad assieparsi sulla pista, stretti stretti uno vicino all’altro. I più leggeri, poi, si arrampicarono sulla schiena dei più forti… su su… fino a formare una vera e propria “piramide spauracchia” che giunse a dieci metri di altezza, toccò i tredici metri… oltrepassò i diciassette metri… sfiorò i venti metri e là si fermò! A quel punto non c’era più pericolo che i trapezisti si facessero del male casomai fossero caduti e, infatti, quando il trapezio al quale era appesa Casoletta si ruppe all’improvviso – come se qual-

cuno avesse segato apposta il palo di appoggio! – la povera spaventapasseri predestinata all’incidente venne afferrata saldamente da ONDALUNGA, che la fece scendere piano piano e la depositò incolume a terra! Il pubblico – che non s’attendeva uno spettacolo di così straordinaria bellezza – applaudì impazzito per una mezzora buona e dopo qualche attimo di esitazione applaudirono anche gli altri lavoranti del circo, i giocolieri improvvisamente buoni e i pagliacci diventati gentili, i leoni sereni e i tori premurosi… Il direttore Telmo cercò in tutti i modi di opporsi a quella piramide spauracchia corsa in aiuto dei trapezisti: prese a calci gli spaventapasseri che, ben piantati a terra, sopportavano il peso dei loro amici, ma nessuno reagì, nessuno cadde, nessuno abbandonò la sua posizione; il mostro urlò al microfono agli spettatori di non applaudire, di lasciar perdere, di alzarsi e di andarsene a casa, ma nessuno si mosse, nessuno gli obbedì, nessuno lasciò il proprio posto! Anzi… – È TUTTA COLPA TUA, TELMO! – cominciarono ad urlare i giocolieri appena usciti di galera. – SIAMO STUFI DI AVERTI COME PADRONE – strillarono i pagliacci crudeli. – NON CI DAI DA MANGIARE… – si lamentarono i lottatori di “sumo”. – CI SFRUTTI PER I TUOI SPORCHI COMODI… – esclamarono i tori


scatenati. – E QUANDO TI CHIEDIAMO DI RIPOSARE, CI FAI LAVORARE PIÙ DI PRIMA! – conclusero gli equilibristi, che si misero a rincorrere Telmo Circense roteando in aria i loro guantoni da pugilatori. Telmo dovette scappar lontano e di lui e della sua cattiveria non si seppe più nulla. Il CIRCO DEL DIABLO cambiò nome e divenne il CIRCO DEI SOGNI, diretto a turno da tutti i suoi lavoranti riuniti in una cooperativa. Abbecedario fece ritorno al castello assieme ai suoi amici spauracchi e la vita

riprese il corso di sempre, fino al giorno in cui… – Maestro – disse quel pomeriggio PRIMOVEROAMORE andando a disturbare Abbecedario che stava correggendo i compiti degli spaventapulcini, – giù al portone c’è qualcuno che cerca di te! Il maestro chiuse il quaderno che aveva davanti, si alzò e scese all’ingresso di castel Forunculus. Ad attenderlo c’era una sorpresa che ho quasi paura a svelarvi. Il nome di “Maldestro” vi dice qualcosa? Proprio così: era lui la persona che aveva chiesto di parlare con il buon Abbecedario!



8 - Il Villaggio degli Spaventapasseri Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di F ULBER


Era diventato un uomo, quel che un tempo era stato un giovinastro cattivo e combinaguai. Adesso Maldestro era un giovanotto che vestiva con eleganza e che si spostava guidando una automobile sportiva rosso fuoco. Gli occhi, però, erano rimasti quelli di un tempo! Occhi sottili e grigi, freddi e insensibili: occhi seri e feroci allo stesso tempo, occhi malandrini da delinquente! Abbecedario li fissò per alcuni istanti e il cuore gli tremò in petto. – Come stai, amico mio? Ti ricordi di me? – mormorò Maldestro fermo sulla porta. – Certo che mi ricordo. Non riesco a dimenticare chi mi ha sfruttato per far soldi e poi mi ha venduto al miglior offerente come fossi un vecchio ombrello che non serve più! Se il maestro di paglia si aspettava una sfuriata da parte di quel mariuolo ritornato dal passato, si stava sbagliando. Gli occhi di Maldestro rimasero crudeli e freddi, a differenza della voce che divenne insolitamente dolce e malinconica assieme… – Mi dispiace, Abbecedario: solo adesso capisco il grande dolore che hai provato allora, solo oggi comprendo che far del male agli altri è il peggior sbaglio che si possa commettere, anche perché poi, col passar del tempo, è sempre più difficile farsi perdonare… Lo spauracchio sbatté le palpebre sbalordito e di nascosto si pizzicò la paglia di un braccio per vedere se sta-

va sognando. – Scusa, Maldestro, ma c’è qualcosa che funziona storto. Tu vieni qui all’improvviso a bordo di un macchinone che sarà costato chissà quanti soldi, ti presenti vestito come un damerino e con uno sguardo da assassino, e pretendi che io stia qui ad ascoltarti mentre ti penti per gli errori di gioventù? Maldestro sorrise e si guardò la giacca grigia, la cravatta rosso scuro e i pantaloni con la riga che sfioravano un paio di scarpe di pelle chiara. Era proprio un elegantone, niente da dire! – Questo vestito non è mio – mormorò il giovane quasi a scusarsi, – e anche l’auto qui fuori, è in prestito. Vedi, Abbecedario: io di lavoro recito negli spot pubblicitari… reclamizzo saponette e dentifrici, olio per motori e gomme da masticare… Questo è un abito da scena e devo restituire la macchina rossa prima di domattina, altrimenti mi licenziano! – E allora perché sei venuto a trovarmi? – chiese lo spaventapasseri. – Perché forse tu mi puoi aiutare! – Io? E cosa posso fare per te? – Vedi, Abbecedario – cominciò a raccontare il giovane dallo sguardo freddo e cattivo, – il fatto è che domani mattina, anche se riconsegno l’auto in tempo, sarò comunque licenziato in tronco! – E perché? Ne hai combinate una delle tue solite? – No! Sono anni ormai che rigo diritto, che ho lasciato perdere le cattiverie e i soprusi, che ho cambiato vita insom-


ma… Non sono più il Maldestro di una volta, credimi, ma di quel che ero allora mi è rimasto appiccicato qualcosa che adesso mi sta mettendo nei guai! – Vuoi essere un po’ più preciso? – domandò Abbecedario, invitando finalmente l’ospite ad entrare e facendolo accomodare sulla poltrona dell’ingresso. – Io, oggi, sono veramente un buon uomo, generoso, disponibile, sempre pronto ad aiutare chi ne ha bisogno… Quando però la gente mi guarda negli occhi e vede il riflesso della mia antica cattiveria, si spaventa e non ne vuol più sapere di starmi vicino! Per colpa del mio sguardo crudele ho già perso almeno trecento lavori e sto per lasciarne un altro domani: hanno tutti terrore dei miei occhi, si girano dall’altra inorriditi e io… io mi sento solo! Abbecedario guardò con attenzione Maldestro: vestito così pareva un figurino, ma cercò di immaginarselo con addosso abiti normali e vide un giovane come tutti gli altri, che però si trascinava dietro il peso di quello sguardo gelido. – E in che modo posso aiutarti? Perché sei venuto a suonare alla mia porta? Maldestro strinse le mani quasi stesse pregando e… – Cerca di credermi, io sono già buono, dentro. Sono pentito per il male che ti feci da giovane, così come mi dispiace per il dolore che ho procurato a tanti amici e a tante persone che non ho mai conosciuto. Oggi sono un uomo rinato nell’animo, ma ti prego: devi assolutamente trovare il

modo di cancellare dal mio volto questi occhi malvagi! Tremo di paura io stesso, quando mi guardo allo specchio, non ti dico altro! A quel punto Abbecedario cominciò a camminare avanti e indietro per il salone del castello, pensando e ripensando ad una qualche soluzione. Poi all’improvviso si fermò, si girò a guardare Maldestro e… – Abbiamo un problema, qui a castel Forunculus. Un grave e inaspettato problema… I quasi millequattrocento spaventapasseri che vivono con me vogliono tornare a lavorare! Maldestro aggrottò la fronte: non riusciva a capire quel che il maestro voleva dire. Certo, sapeva bene, perché lo sapevano tutti, che a castel Forunculus c’erano centinaia e centinaia di vecchi spauracchi che erano appartenuti alla collezione del cavalier Arcìdio Forunculus… ma che gli spaventapasseri morissero di noia, questa era una novità… – E io che posso fare? – Ascolta, Maldestro: che lavoro fa, di solito, uno spaventapasseri? – Be’, ha il compito di spaventare i passeri… – E dove svolge questo suo lavoro? – Negli orti e nei campi seminati da poco. – Allora hai capito tutto: i miei millequattrocento amici di paglia vogliono tornare ognuno in un campo oppure in un orto che ha bisogno di lui! – E io? – Se tu sei veramente buono, generoso e disponibile come dici di essere,


prenderai la tua automobile rossa di fiamma, la caricherai con cento spaventapasseri alla volta e andrai in giro a cercare campi ed orti che han bisogno di spauracchi! Maldestro rimase in silenzio per alcuni istanti: cercò di immaginarsi sulle stradine di campagna a chieder a questo o a quel contadino... «Scusi, per caso lei ha bisogno di uno spaventapasseri? No, perché io qui nel baule ne avrei un centinaio… può scegliere quel che le piace di più! Quanto costa? Ma non costa nulla! È lei che fa un piacere a noi, non viceversa!» – Si può fare – disse il giovane alla fine di questo lungo pensiero, – ma prima devo andare a casa a cambiarmi d’abito… – No, Maldestro: vacci vestito elegante e vedrai che sarà meglio! – lo interruppe Abbecedario con un sorriso enigmatico. E in effetti fu meglio! I contadini dei dintorni, quando videro arrivare quel macchinone elegante da cui scendeva un tipo di città vestito a festa, si sentivano meglio disposti e ascoltavano volentieri quel che aveva da proporre quel giovane elegante forestiero. E poi se tutti quei vecchi spauracchi erano di proprietà di un signore di città, dovevano essere spauracchi garantiti e soprattutto gran lavoratori! L’unica difficoltà erano gli occhi di quello sconosciuto: lo sguardo grigio, freddo, gelido e cattivo, però, a mano a mano che procedeva la distribuzione

degli spaventapasseri, andò via via ammorbidendosi e addolcendosi, tanto che giunti alla quattrocentesima consegna, i contadini cominciarono a diventare anche loro più gentili e meglio disposti… «Prende una limonata, signor Maldestro?» «Desidera un tè oppure preferisce un bicchiere di vinello dolce?» «Entri, entri a riposarsi… dev’essere stanco morto, si vede dal suo sguardo!» Quando anche PRIMOVEROAMORE – l’ultimo spauracchio della collezione – trovò casa in un bell’orto di cavoli cappucci e di fagiolini verdi, era ormai la mezzanotte di quella giornata lunghissima di lavoro e di fatica. Maldestro fece ritorno a castel Forunculus e Abbecedario lo accolse con un abbaccio. – Non so come ringraziarti, ragazzo mio… Sei stato bravo ad accontentare tutti i miei amici: adesso vivranno felici per ancora chissà quanti anni! Ma tu ti sei guardato allo specchio? – No – rispose il giovane, che faceva fatica a tenere gli occhi aperti per il gran sonno. – Oggi ho solo guidato, caricato, scaricato, chiacchierato con i contadini, bevuto almeno trecento tazzine di tè e cinquecento bicchieri di limonata fresca… perché dovrei guardarmi allo specchio? – Vieni qui e lo scoprirai da solo – mormorò Abbecedario, prendendo l’amico per la manica e trascinandolo davanti allo specchio dell’appendiabiti. Maldestro alla fine si vide riflesso e fece la conoscenza con un Maldestro stanco morto, le spalle cadenti per la fa-


tica, l’abito grigio elegante tutto sporco e spiegazzato. Ma quando si alzò a guardare il proprio sguardo, quel che vide lo lasciò senza fiato: ecco lì due occhi dolci e profondi, pieni di gioia e di tante cose buone fatte e da fare! Era uno sguardo maturo e serio, ma al tempo stesso sereno e grato… – Ma sono sempre io, quello? – balbettò il giovane girandosi a guardare Abbecedario. – Non c’è nulla come il far del bene, che ti fa star bene, caro mio! – disse il maestro di paglia con un bel sorriso. – Tu oggi hai fatto contenti quasi millequattrocento spauracchi, e ognuno di loro ti ha ringraziato donandoti un po’ della sua gioia e della sua voglia di vivere. Ma se vorrai diventare un uomo completamente felice, dovrai fare un ultimo sforzo! Maldestro aprì a fatica gli occhi assonnati e… – Ci sono ancora spauracchi da sistemare? Abbecedario non rispose, ma si avvicinò alla porta che dava nel salone accanto, la aprì e: – Venite, venite avanti, amici! Uno dopo l’altro entrarono Bellondina e Casoletta, Pagliafresca e Palostorto, Fra’ Vesuvio e Còntolo, Quantobasta e RossoVerdeGiallo, Dindondolo e Chiomadoro... c’erano proprio tutti: Tisana la Dolce, Pasticcia, Paciocco ed il vecchio Empedocle, Lingualunga, Candeloro, Passion di Fiaba, Robecorte… Erano i trenta spauracchi amici del cuore di Abbecedario. – Vedi, Maldestro, ho tenuto questi per ultimi, perché

per loro avrei un desiderio particolare da chiederti… – Dimmi, e se posso mi farò in cinque per aiutarvi! – Noi trenta spauracchi – proseguì allora il maestro di paglia, – vorremmo rimanere tutti assieme, vorremmo restare uniti insomma, perché ormai siamo come una famiglia e sappiamo tutti che l’unione fa la forza. Hai per caso una soluzione, per noi? Maldestro ci pensò su un paio di minuti, poi il viso gli s’illuminò e… – Ma certo che ho la soluzione per voi! Andate a dormire, amici, e riposate tranquilli. Domattina all’alba vi sveglio io e… e per voi ci sarà una grande sorpresa! La sorpresa consisteva in un minuscolo villaggio situato nel cuore più assolato e caldo della Valle di Risparmiolandia. Era un villaggio abbandonato dagli uomini, con tanto di chiesetta e di FARMACIA, con una FAMIGLIA COOPERATIVA che attendeva solo di essere riaperta, con una CIOCCOLATERIA e molti, moltissimi orti e orticelli, campi e campetti in cui vivere da re e da regine! C’era perfino una piccola SCUOLA e, quando Abbecedario la vide, gli si aprì il cuore al pensiero degli spaventapulcini che avrebbe potuto ospitare. – Questo paesino solitario l’ho scoperto ieri, quando giravo di qua e di là a piazzare gli altri spaventapasseri – disse Maldestro. – Mi sono informato ed è disabitato da così tanto tempo che a nessun umano verrà mai in mente di


venirci ad abitare. È tutto per voi, quindi, e sono felice di potervelo regalare… Avreste dovuto vedere gli sguardi stralunati di Casoletta mentre entrava nella sua CIOCCOLATERIA; di Dindondolo che metteva piede nella chiesetta e provava a far suonare le campanelle; di Quantobasta nella sua FARMACIA e di Caramella alla scoperta dei segreti della FAMIGLIA COOPERATIVA; di Còntolo, che già s’immaginava la sua bella CASSA RURALE aperta al pubblico spauracchio dei dintorni e di Tisana la Dolce che non la finiva mai di ammirare

il suo bell’orto… – Tu non puoi immaginare la gioia che ci hai dato, Maldestro! – disse commosso il vecchio Abbecedario. – No no, me la immagino – rispose il giovane, – perché è la stessa gioia che provo io nel vedervi felici e nel sentirmi felice io per primo! Adesso però devo scappare, altrimenti mi licenziano sul serio! Maldestro si avvicinò al maestro di paglia e lo guardò da vicino con un sorriso. – Sai che qualcuno mi prenderebbe per matto, se mi vedesse qui ad abbracciare uno spauracchio? – Siamo tutti matti, Maldestro – rispose il saggio maestro, – perfino chi non crede che gli spauracchi possono avere un animo e un cervello! Fatti vedere ancora da queste parti, buon Maldestro… E vedi di cambiar nome, mi raccomando! – Lo farò solo quando voi ne darete uno al vostro nuovo villaggio! – Se è per quello, l’abbiamo già dato. Questo è semplicemente “IL VILLAGGIO DEGLI SPAVENTAPASSERI”! Maldestro rimase due istanti in silenzio e poi rispose con una gran risata: – E allora voi d’ora in poi mi dovrete chiamare… BELDESTRO, d’accordo? Erano tutti d’accordo e lo fecero capire con un coro di “CIAOOO! A PRESTOOO! ARRIVEDERCIII!”

FINE



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.