I racconti indiani dell ’Oca Bernardina
2. I tre asinelli profumati e lo scoiattolo Bangiupàl I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
L’oca Bernardina aspettò paziente che tutti gli spaventapulcini prendessero posto ai piedi della grande quercia di Gellindo Ghiandedoro, controllò che gli spaventapasseri adulti si sedessero sulle seggioline pieghevoli portate da casa, s’accomodò sull’erba e tossicchiò per schiarirsi la gola. Dopo di che cominciò a raccontare il suo primo “racconto indiano”. I tre asinelli stavano riposando muso contro muso all’ombra di una tettoia. Il più giovane si chiamava Adrak e
aveva un pelo grigio come la lama di una spada. Il mezzano era marroncino e di nome faceva Kesar. Il terzo, il più vecchietto dei tre, aveva un manto pallido e chiaro e il suo padrone l’aveva chiamato fin da piccolo Dalcini. Non erano asinelli come tutti gli altri, quei tre che riposavano all’ombra della tettoia. Se qualcuno di voi avesse provato ad avvicinarsi e ad annusarne l’odore, avrebbe avuto una sorpresa. Anzi, avrebbe avuto ben tre sorprese! L’asino dal pelo grigio infatti odorava in modo intenso di zenzero, una spezia profumatissima che in India viene molto spesso usata per condire i piatti da portare in tavola. L’asino marroncino, invece, aveva un odore più dolce e delicato: profumava di zafferano, una polvere speziale che viene usata per dare un colore giallo e un sapore squisito ai cibi. Il terzo asino, quello più anziano, si portava appresso un profumo molto forte e dolce: odora di cannella, una spezia che serve per dar sapore a ogni alimento, dal latte al riso, dalla carne alla verdura. Se adesso uno di voi corre a prendere un dizionario di lingua indù e cerca la traduzione dei nomi di queste spezie, capirà che quelli dei tre asinelli non erano nomi dati a casaccio: adrak, infatti, per gli abitanti dell’India sta a significare “zenzero”; kesar vuol dire “zafferano” e dalcini, a questo punto lo avrete capito da soli, è il nome che danno alla “cannella”. Il fatto è, vedete, che quei tre asini erano di proprietà di uno speziale un po’
a corto di cervello, un venditore di spezie che lavorava nel cuore più antico della città di Delhi e che si chiamava Masala: abituati fin da piccoli a trasportare sempre il medesimo tipo di spezia, i tre asini un po’ alla volta si erano impregnati di quegli odori caratteristici, tanto che ne avevano preso pure i nomi: Adrak, Kesar... Dalcini! Quel giorno, però... – Ecco qua, Adrak – esclamò Masala, svegliando all’improvviso l’asinello grigio e caricandolo senza preavviso con quattro sacchi colmi di cannella in polvere. – Forza, che dobbiamo fare una consegna urgente! Questa cannella è attesa al Grand Hotel della città! Il venditore slegò la cavezza dell’asino, afferrò il bastone e con due belle botte sulla schiena ordinò all’asino grigio d’incamminarsi. Ma Adrak girò la testa, annusò i sacchi, fece una smorfia e rimase immobile. – Be’, che succede? – berciò l’uomo tirando la cavezza. – Ti vuoi muovere, bestiaccia cocciuta? Adrak s’impuntò con le zampe e non ci fu verso di sradicarlo da lì! Lui si chiamava Adrak, “zenzero”, e mai nessuno l’avrebbe convinto a diventare un asino “porta cannella!” Masala cominciò allora a sudare, a forza di imprecare e di bastonare la schiena, le cosce e la pancia del povero animale ribelle; poi rinunciò, prese i quattro sacchi di cannella in polvere e li spostò sulla schiena dell’asino Kesar. – E adesso vediamo se con te le cose vanno meglio! Vana speranza, caro mio: anche l’asi-
nello marroncino odorò i sacchi, sentì un profumo strano e nuovo e non si mosse nemmeno di mezzo centimetro. Lui era specializzato nel trasporto dello zafferano e mai e poi mai si sarebbe piegato a portar sulla schiena della semplice cannella! Lo speziale, infine, sbuffò di rabbia, prese i quattro sacchi e li gettò furibondo sulla schiena del vecchio asino Dalcini, le cui ginocchia artritiche si piegarono sotto quell’enorme peso. Ma Dalcini riconobbe il profumo della sua adorata cannella, cercò in fondo al cuore le ultime forze che gli rimanevano e si mosse in direzione del Grand Hotel della città di Delhi. Masala non perdonò i due asinelli impertinenti e quella sera stessa li portò nell’orto dietro casa, li legò al tronco di un fico bengalese e, bastone in mano, diede il via a una sonora punizione. – Ma come vi permettete di rifiutarvi di lavorare? E giù due bastonate sul collo... – Si può sapere chi credete d’essere? E via con quattro “carezze” sulla schiena... – Pensate forse d’esser capitati nella stalla di un Maragià? Ed ecco sei randellate sulle cosce. – Mi spiace, cari miei, ma io sono uno speziale, e sono le spezie quelle che i miei asini dovevano trasportare! E tanto per finire, ecco otto mazzate sugli stinchi... – Guarda che, se vai avanti così, dovrai comprarti due asini nuovi, perché questi poveretti, ancora una bastonata e cadono a terra stecchiti!
Era stata una vocina a bloccare per aria l’ottava legnata, una vocina che veniva dall’alto. Masala alzò gli occhi e vide solo le foglie del fico. – Qui, sono qui, sciocco! Abbassa un po’ quegli occhi! Lo speziale abbassò lo sguardo e finalmente riconobbe, aggrappato al tronco dell’albero, un bello scoiattolino grassoccio, col pelo chiaro a macchioline più scure e una lunga coda striata per lungo di nero. Se ne stava appiattito sul tronco dell’albero e, messo così di piatto, il suo corpicino si confondeva con la corteccia chiara e striata di scuro. – E come fa uno scoiattolo a parlare? – domandò Masala, mezzo spaventato e mezzo stupito. – In India ci sono milioni di scoiattoli, è vero: si può dire che non c’è albero senza che ce ne sia uno nascosto tra i rami, ma uno scoiattolo parlante, questa non l’avevo ancora sentita! – Non solo, caro mio – squittì l’animaletto, – io sono uno scoiattolo che parla, ma anche uno scoiattolo che ha un nome! – E quale sarebbe, questo nome? – Mi chiamo Bangiupàl1)... scoiattolo Bangiupàl! – Senti, Bangiupàl – disse scortese lo speziale, – io non so chi ti fa fatto prendere le difese di questi due asini testardi: vedi di stare un po’ zitto e lascia che gli dia la lezione che si meritano! – Tu puoi dargli la lezione che vuoi, ma non potrai mai cambiare la verità... – Perché? Quale sarebbe la verità? – La verità è che, se i due asinelli si sono rifiutati di trasportare quel che volevi tu, di sicuro la colpa è solo e tutta
tua! – E come fai a dire un’eresia così grande? Bangiupàl si staccò dalla corteccia e corse rapido giù per il tronco, saltò nell’erba e trotterellò fino agli zoccoli di Adrak. – Mmmh, senti che buon profumo di zenzero! Vedi, quest’asinello grigio, fin da piccolo è stato abituato a trasportare sempre e comunque zenzero, poi zenzero e ancora zenzero... Tanto che il suo manto s’è impregnato di buon profumo di zenzero e proprio tu alla fine lo hai chiamato Adrak, cioè “zenzero”... Poi lo scoiattolo, con due saltelli fu accanto agli zoccoli di Kesar: – Ottimo questo profumo di zafferano! E che dovrebbe fare, questo povero asinello, che fin da piccino è stato caricato sempre e solo con sacchi di zafferano? Improvvisamente dovrebbe mettersi a trasportar cannella? Ma allora non dovevi nemmeno chiamarlo Kesar, e cioè “zafferano”... Masala non credeva alle proprie orecchie: uno scoiattolino si permetteva di dargli lezioni di vita? – Ascolta, insulsa bestiolina, io i miei asini li chiamo come mi pare e mi piace, ma li carico anche con quel che decido io, va bene? Un giorno zenzero, il giorno dopo zafferano e quello dopo ancora cannella: decido io il che cosa e il chi, d’accordo? Bangiupàl si strinse la testolina fra le spalle: – Se ti accontenti di essere d’accordo con te stesso, fa’ pure, ma poi non metterti a piangere quando gli asinelli cadranno morti sotto le tue bastonate! Nei giorni a seguire lo speziale provò e riprovò a caricare Adrak con sacchi di zafferano e Kesar con ceste di radici di
zenzero: dopo duecento bastonate dovette rassegnarsi a invertire i carichi e solo allora gli asini, claudicanti e feriti, si mossero coi carichi giusti sulla schiena. «Vuoi vedere che quello scoiattolino un po’ di ragione ce l’aveva?» mormorò una sera di qualche giorno dopo lo speziale Masala, che si recò da solo nell’orto e andò a sedersi ai piedi del fico. – Bangiupàl, vieni giù! – mormorò l’uomo dopo un lungo silenzio. – Cosa vuoi? – chiese lo scoiattolo, fermandosi aggrappato al tronco testa in giù, all’altezza delle orecchie dello speziale. Masala tirò un profondo sospiro e cominciò a parlare sottovoce: – Sai Adrak e Kesar? Oggi li ho quasi uccisi a furia di bastonate! Per due giorni non potrò utilizzarli e dovrò sovraccaricare di lavoro il buon vecchio Dalcini... – Che però, mettiti il cuore in pace, trasporterà solo e unicamente cannella, ascolta quel che ti dico! – E secondo te tutto questo è colpa mia? – È colpa del modo in cui li hai abituati! – esclamò Bangiupàl alzando un po’ la voce. – Vedi, se tu fin da piccoli li avessi allenati a trasportare qualsiasi spezia, purché sempre dello stesso peso, oggi non avresti di questi problemi! – Ma io una volta commerciavo solo zenzero, zafferano e cannella. È solo da poco tempo che vendo anche coriandolo, cumino, pepe e tamarindo, curcuma e cardamomo, noce moscata e peperoncino rosso... E cosa faccio? Vado al mercato del bestiame e compro altri
dieci asini, uno per ciascuna spezia? Non sono mica uno speziale milionario, io! – No, non sei milionario ma nemmeno molto intelligente, a dire il vero – disse Bangiupàl con un sorrisetto ironico. – Perché un modo ci sarebbe... – E qual è questo modo? – chiese speranzoso Masala. – Te lo dico se mi prometti che d’ora in avanti mai e poi mai picchierai ancora i tuoi asini! Lo speziale ci pensò un solo istante e poi accettò... – Va bene, dimmi quel che devo fare... In poche, pochissime settimane, Masala abituò i suoi tre asinelli a traspor-
tare qualsiasi tipo di spezia: sapete come fece? Dapprima mescolò alcuni pizzichi di peperoncino rosso con lo zenzero, e Adrak nemmeno se ne accorse. Poi i pizzichi divennero ogni giorno sempre più abbondanti, finché alla fine l’asinello grigio trasportava indifferentemente zenzero o peperoncino rosso. La stessa cosa avvenne per Kesar, che dopo pochi giorni se ne andava in giro per la vecchia di Delhi portando da un lato della schiena due sacchi di zafferano e dall’altro lato due sacchi di curcuma in polvere. Con Dalcini, che era il più anziano, Masala ci mise più attenzione: alla cannella mescolò del pepe nero leggero, del cumino e un po’ di tamarindo. L’asino nemmeno si accorse di tutti quei profumi nuovi e continuò il suo lavoro come se nulla fosse. – Lo sai, Bangiupàl, che devo proprio ringraziarti? – disse una sera lo speziale, seduto ai piedi del fico nell’orto. – Mi ringrazi per aver salvato da morte certa quei due poveri asinelli? – Certo, è per merito tuo se adesso Adrak, Kesar e Dalcini trasportano tutte
le spezie mescolate tra di loro, ma non è solo per questo che ti sono grato. È successa una cosa strana e imprevedibile: proprio quelle spezie mescolate fra di loro hanno fatto colpo e sono piaciute i miei clienti, che adesso vanno pazzi per la cosiddetta “Miscela Masala”, cento spezie mescolate assieme per leccornie prelibate e nuove! Sto diventando ricco, e tutto per merito tuo! – Non è vero che è stato merito mio: devi ringraziare anche i tuoi asinelli, che involontariamente ti hanno obbligato a unire fra di loro spezie diverse, ma devi ringraziare anche te stesso, che hai saputo ricrederti e accettare i consigli di uno scoiattolo amico! Da quel giorno la città vecchia di Delhi ebbe tre asini nuovamente felici, uno speziale al settimo cielo e uno scoiattolino che se la godeva e se la rideva allegro dal folto della chioma del suo fico bengalese! 1) In lingua hindi, quella che viene parlata in India, bañgiuphal significa “ghianda”.
(2 - continua)