I racconti indiani dell ’Oca Bernardina
3. L ’elefante la scimmia e il pappagallo I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
– Ma sono proprio così numerosi gli animali, in India? – chiese la spaventapulcina Occhialetta, che era espertissima di geografia, visto che divorava un sacco di libri ed era sempre attaccata alla televisione a guardare documentari che parlavano dei misteri dei cinque continenti. – Sono tantissimi, ma soprattutto sono molto strani! – rispose l’oca Bernardina con un sorriso. – Strani e soprattutto... molto esigenti! – aggiunse in tono misterioso. – Che cosa significa? – domandò la topolina Rattina Glassé – Significa che quando gli animali indiani si mettono in testa qualcosa, nessuno e nulla li può fermare, tranne naturalmente il simpatico scoiattolino Bangiupàl! L’oca aveva ormai catturato l’attenzione di grandi e piccini. Bastava solo che qualcuno la invitasse a cominciare... – Allora, vuoi raccontarci una buona volta la storia che t’è venuta in mente? – la sollecitò Gellindo Ghiandedoro ridendo sotto ai baffi. Bernardina si schiarì la voce, si accomodò per bene sull’erba e una nuova avventura “indiana” prese il via! Lo scoiattolo Bangiupàl stava dormicchiando all’ombra della folta chioma di un acero indiano, godendosi il sole caldo della primavera inoltrata, quando un improvviso terremoto lo fece ruzzolar di sotto. Per fortuna cadde sull’erba folta del prato e non si fece male, ma quasi subito s’accorse che il sole era sparito! – Ehi, come mai c’è tutta quest’ombra? – esclamò lo scoiattolino. – Mi sembra d’esser caduto dietro a una montagna!
Altro che montagna: Bangiupàl era precipitato all’ombra di un... ELEFANTE! Un enorme pachiderma grigio, con le orecchie, il muso e la proboscide tutta ornata da disegni di mille colori, s’era seduto ai piedi dell’acero, appoggiando la schiena al tronco. Un elefante triste, un elefante che piange, un elefante che scuote l’albero coi singhiozzi, ecco qual era stata l’origine di quel terremoto terribile! – Si può sapere perché stai piangendo? – domandò lo scoiattolo uscendo dall’ombra per godersi nuovamente quel sole stupendo. – Sono anni che sto cercando la felicità, ma ancora non l’ho trovata! – rispose il grosso animale. – Mi chiamo Hathi1) e lo scopo della mia vita è quello di cercare di essere finalmente felice! – Io invece sono Bangiupàl – rispose l’animale piccino, – e forse posso aiutarti a realizzare il tuo sogno! – Dici sul serio? Sai dov’è nascosta la felicità? – Certo che so dov’è la felicità, ma non so dirti se è nascosta oppure no! – E mi potresti accompagnare? Verresti con me in cerca della mia felicità? – Sai che ti dico, Hathi? Anche se poco fa mi hai fatto prendere un grosso spavento e mi hai tirato giù dall’albero, ma mi sei simpatico. Se mi lasci salire in groppa, possiamo partire subito! Bangiupàl e l’elefante Hathi lasciarono l’acero indiano, imboccarono una strada che andava a oriente e s’incamminarono chiacchierando di questo e di quello.
Sul far della sera i due strani animali si fermarono nei pressi di un vecchio tempio indù e si prepararono a passare la notte al riparo di un ponte. Il loro fu un sonno pieno di sogni stupendi e all’alba, dopo essersi dissetati sulle rive di un fiumiciattolo, fecero per riprendere il loro viaggio, quando... – Ehi voi due, dove state andando? – gracidò una voce squillante. Hathi e Bangiupàl si girarono e videro una scimmia-macaco che li osservava dal parapetto del ponte. – Scusa, e tu chi saresti? Da dove salti fuori? – chiese lo scoiattolo. – Lo vedete quel tempio dall’altra parte della strada? Io vivo lì, assieme a tutta la mia famiglia di macachi... Bandar2) è il mio nome e non so cosa darei per trovare finalmente la felicità! – Anche tu? – esclamò lo scoiattolo facendo un balzo per la sorpresa. – ma allora è un vizio! – Perché, anche voi siete in cerca della felicità? – Lui – disse Bangiupàl indicando il grosso Hathi, – è lui che s’è messo in testa di trovare la felicità! – E questo scoiattolo – intervenne a quel punto l’elefante indicando con la proboscide Bangiupàl, – afferma di sapere dove si trova, questa felicità! – Ma ne sei sicuro? – lo interruppe Bandar saltando giù dal parapetto. – Tu sai dov’è la felicità? – Se vuoi scoprirlo tu stesso, monta in groppa ad Hathi e vieni con noi! – Posso veramente? – chiese la scimmietta con gli occhi sbarrati. – Ma sì, dai – borbottò l’elefante, –
dove ce ne sta uno, ci state anche in due! E il viaggio della minuscola comitiva riprese. A mezzogiorno in punto Hathi si fermò sul limitare di un bananeto. – Ho troppa fame, amici, e queste banane sono una vera leccornia! È risaputo che le banane piacciono sia agli elefanti sia alle scimmie: Bangiupàl dovette adattarsi e i tre ne fecero una vera scorpacciata. – Oh, a pancia piena si ragiona meglio! – sospirò Hathi sdraiandosi sull’erba. – Mai mangiate banane così dolci e fresche!! – esclamò Bandar accoccolandosi tra le zampe del pachiderma. – Ghiande e nocciole sarebbero andate meglio, ma non posso lamentarmi!!! – concluse lo scoiattolo, saltellando su per la proboscide finché raggiunse il ciuffo di peli in vetta alla zucca enorme dell’amico elefante. – D’accordo, le banane sono buone, ma mai come i semi di zucca! Chi era stato a parlare con quella voce così squillante da sembrare uno scampanellio d’argento? Hathi odiava i semi di zucca. A Bangiupàl piacevano un sacco, ma sapeva bene che lì attorno zucche non ce n’erano. Bandar non era scimmia da semi di zucca, su questo non c’era da discutere! Lo scoiattolo si mise in piedi e da lassù si guardò in giro, ma non vide nessuno. – Sono quassù, sciocco! Bangiupàl alzò gli occhi e lassù in mezzo al cielo azzurro, appollaiato a un filo della luce, finalmente vide un bel pap-
pagallo verde. – Ciao, amici – disse il nuovo arrivato, – mi chiamo Khanak e sono un pappagallo da cerca! – E cosa sarebbe un pappagallo da cerca? – domandò la scimmia Bandar. – Esistono pappagalli da strillo, pappagalli da ornamento, pappagalli da guardia... e io sono un pappagallo che sta cercando... – Non dirmi che stai cercando pure tu la felicità! – urlò Bangiupàl, che già temeva quale sarebbe stata la risposta. – Ma lo sai che sei uno scoiattolo intelligente? – disse il Khanak. – Non so come hai fatto a indovinarlo, ma sono anni che sto cercando proprio la felicità! – Allora bando alle ciance – esclamò l’elefante alzandosi in piedi, – poche chiacchiere e monta in groppa, pappagallo: mettiamoci tutti dietro a Bangiupàl, che ci porterà a scoprire diritti diritti nel luogo in cui c’è la felicità! E l’allegra comitiva partì di nuovo. Camminarono in tutto dodici giorni, impiegando quel tempo a discorrere del più e del meno. Parlarono di tutto, i quattro animali: della loro infanzia, dei genitori lasciati a casa, degli amici che forse un giorno avrebbero rivisto e, chilometro dopo chilometro, un po’ alla volta impararono a conoscersi. – Be’, all’inizio sembravi la solita scimmia sciocca – disse la sera del dodicesimo giorno il grosso Hathi, – e invece devo dire che sei proprio un macaco simpatico e intelligente! – Grazie, elefante – rispose la scimmia, – anche tu non sei l’animale dal
cervello piccolo di cui mi hanno sempre parlato: sei forte, sei coraggioso e anche generoso... sei un mito insomma! – E io? – domandò il pappagallo Khanak sentendosi estromessi dalla discussione. – Io che tipo vi sembravo, quando ci siamo conosciuti? Bandar ci pensò su un momento e poi rispose: – Ecco, davi l’impressione di essere un pappagallo nel vero senso della parola! – E cioè? – Sembravi un pappagallo che non sa prendere una decisione, che ripete sempre quel che dicono gli altri... Insomma, parevi uno che non ha mai una idea sua ma che va sempre al traino dei suoi amici, e invece bisogna proprio dire che sei un bel tipino... – Sei testardo – disse Hathi, – ma testardo in senso buono! Sei convinto delle tue idee, ma sai ascoltare anche le idee degli altri, ed è bello discutere con te, perché non si sa mai dove andrà a parare la discussione... Lo scoiattolo Bangiupàl ascoltava in silenzio e sorrideva sotto ai baffi. Seguì con attenzione tutto quello scambiarsi lodi e complimenti... “Non ho mai incontrato un elefante così allegro come te, Hathi!”... “Mi avevano sempre detto che i pappagalli sono uccelli insulsi, e invece devo dire che da te, Khanak, ho imparato molte cose, in questi giorni!”... “Si fa presto a dire sciocco come un macaco... Se tutti ti conoscessero, mia cara Bandar, certe fandonie non circolerebbero più!” – Bene, amici – esclamò quel punto lo
scoiattolino balzando sulla strada, – è giunto il momento che io vi saluti e che ritorni al mio acero! Hathi, Bandar e Khanak si bloccarono stupiti e spaventati assieme. – Cosa vorresti dire? Che il nostro viaggio è finito? – Che qui attorno c’è il nascondiglio della felicità? – Be’, potevi dircelo e ci saremmo messi subito a cercarlo! – Non occorre cercare alcunché – rispose Bangiupàl con un largo sorriso: – vedete, la felicità non è una cosa che si può nascondere, che si può tenere in mano o mettere sotto terra. La felicità è uno stato d’animo e voi, questo stato d’animo l’avete finalmente trovato! Hathi guardò diritto negli occhi Bandar, che si girò a guardare Khanak, che si alzò a guardare Hathi. – La felicità è uno stato d’animo? Ma sai che non riusciamo a capire? – mormorò la scimmia. – Ma scusate – disse allora lo scoiattolo avviandosi per la strada che l’avrebbe riportato a casa, – adesso che vi conoscete, che siete amici, che vi confidate i segreti l’un l’altro, non siete
forse contenti? Non state forse bene? – Certo che stiamo bene, è bello avere degli amici! – farfugliò l’elefante. – E star bene, avere degli amici, sentirsi contenti in fondo al cuore non vuol forse dire... ESSERE FELICI? Dopo un lungo istante di silenzio, fu il pappagallo questa volta a sbottare: – Ci stai dicendo che essere felici significa essere in pace con gli altri? – Questo e molto altro ancora – urlò Bangiupàl che era già lontano, – ma il resto della felicità lo scoprirete giorno dopo giorno. Vedrete, sarà bellissimo! E lo scoiattolo scomparve dietro la curva in fondo al prato. La scimmia Khanak, l’elefante Hathi e la scimmia Bandar salutarono col pensiero il loro piccolo amico, poi si presero a braccetto e se ne andarono in cerca di un luogo in cui piantar le tende: il loro sarebbe stato il trio più strano, più assortito ma più felice dell’India intera! E così fu! 1) Hathi, in lingua hindi, significa elefante. 2) Bandar, invece, significa scimmia. 3) Khanak, per parte sua, vuol dire scampanellio.
(3 - continua)