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ANNO XXXII BIMESTRALE Nº 2 - 2011
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L D O C C O
Sei sempre
con noi Gesù
pag.4 Emergenza
pag.16 Eucaristia
Facile incolpare i giovani. Una società senza spessore.
Il Papa ricorda la sua Prima Comunione e il valore del sacramento.
educativa
pag. 32 Leader o
divi?
E noi stiamo a guardare? Le nostre responsabilità.
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La pagina dell’ADMA Attività & iniziative
hic domus mea
Carissimi lettori, a tutti voi giungano i nostri auguri di
inde gloria mea Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione) Direttore responsabile: Sergio Giordani
Buona Pasqua!
Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-1980
Cristo è risorto, alleluia! Il Signore è veramente risorto, alleluia!
Stampa: Scuola Grafica Salesiana - Torino Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Centralino 011.52.24.822 Rivista 011.52.24.203 Fax 011.52.24.677 rivista@ausiliatrice.net www.ausiliatrice.net www.donbosco-torino.it
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SANTE MESSE
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Giorni feriali: le Sante Messe vengono celebrate alle ore 6,30 / 7,00 / 7,30 / 8,00 / 8,30 / 9,00 / 10,00 / 11,00 / 17,00 / 18,30. Santa Messa prefestiva ore 18,00.
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CONFESSIONI Quella delle Confessioni è una delle attività spirituali principali e più ricercate nel Santuario-Basilica di Maria Ausiliatrice. Le confessioni, su richiesta, possono anche essere ascoltate in: italiano, francese, inglese o spagnolo. Giorni feriali: dalle ore 6,30 alle 12,00 e dalle ore 14,30 alle 19,00. Giorni festivi: dalle ore 7,00 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 19,00. Inoltre dalle ore 20,30 e alle 21,30 durante la celebrazione della Santa Messa della sera. VISITA AI LUOGHI STORICI Tutti i giorni dalle 8,30 alle 12,00 e dalle 14,00 alle 18,00. Per info: tel. 011.5224.288 - e-mail: camerette.donbosco@31gennaio.net
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La pagina del Rettore
Canta e cammina Cari amici, con intuito pedagogico, la Chiesa ci offre il tempo liturgico come occasione per sperimentare il mistero della storia della salvezza. Ora, davanti a noi abbiamo due periodi forti: la Quaresima e la Pasqua. Uno è tempo di penitenza e conversione, l’altro di gioia ed esultanza. Non c’è contraddizione tra i due tempi, ma continuità. La fatica del cammino porta alla gioia della conquista della meta. È celebre la frase di Sant’Agostino: “Canta e cammina”. Canta perché sai che il Signore è vivo, è luce, è speranza. Cammina perché sei chiamato ad andargli incontro, anche attraverso le difficoltà della vita. Don Bosco direbbe: “Non si va in Paradiso in carrozza”. Quaresima, tempo di conversione. Tempo per il cambiamento del cuore, della mente, della vita. Convertirsi è aprirsi a Dio, alla sua logica, al suo modo di agire, come ci è stato rivelato e manifestato concretamente in Cristo Gesù. È accettare di modificare il proprio cammino nella ricerca di lui e della sua volontà. Non è mai una conquista fatta per sempre, ma una realtà in continuo movimento, che esige vigilanza e impegno. Possono esserci utili tre mezzi. La preghiera: ci fa entrare nella logica di Dio, apre il cuore all’amore, dà forza. Il digiuno: modera le rigidità, purifica il cuore dalle incrostazioni, ci rende meno concentrati su noi stessi. L’elemosina: trasforma tutto in logica dell’amore, apre il cuore all’altro e alle sue necessità, è segno concreto di dono. Pasqua, tempo di gioia ed esultanza. Il Signore è vivo, è presente. La morte è vinta una volta per tutte e si sono riaperti i cieli. La vita riacquista il senso, il futuro è ricco di speranza. Accanto a
Altare nella cappella delle reliquie della Basilica di Maria Ausiliatrice con frammento della croce di Cristo. Foto Mario Notario.
noi, c’è tanta tristezza, tanto smarrimento, tanta paura. Il mondo ha bisogno di ritrovare il Signore, unica risposta alle domande che la vita pone. E tocca a noi cristiani restituire al mondo il Signore. Non dobbiamo avere paura, né vergogna a dire che Gesù è la fonte della gioia, che soltanto in Lui tutto acquista significato, anche la sofferenza e la morte. Maria Ausiliatrice ci sia vicina e ci accompagni. Vi assicuriamo il ricordo nella preghiera. don Franco Lotto, Rettore lotto.rivista@ausiliatrice.net
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Editoriale
Facile incolpare i giovani Emergenza educativa
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l 21 gennaio 2008 papa Benedetto XVI ha scritto una lettera alla Diocesi e alla città di Roma, osservando che siamo di fronte a “una grande emergenza educativa... Educare non è mai stato facile e oggi sembra diventare sempre più difficile: perciò non pochi genitori e insegnanti sono tentati di rinunciare al proprio compito”. E poi ricordando gli insuccessi a cui troppo spesso si va incontro, continua: “Viene spontaneo, allora, incolpare le nuove generazioni”. Sì, è vero, la sfida è stata raccolta da molti, almeno a parole e nei proclami pubblici. Nel mondo salesiano, si è voluto rimarcare che “in questo fallimento i primi a pagare un prezzo alto e duraturo sono i «poveri», perché sprovvisti anche di capacità per far sentire la loro voce, di far presente i loro bisogni” (don F. Attard, Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile). E tra questi, i tanti ragazzi che si trovano a lottare con il vuoto del non-senso, ma anche con un futuro che prospetta loro soltanto incertezze e dubbi.
e “discreto” accompagnamento degli adulti in questa esperienza così negativa. Si parla sovente di disagio dei ragazzi, ma ad essere a disagio, in difficoltà è il mondo degli adulti: genitori, insegnanti, educatori... Come osservano alcuni commentatori, siamo di fronte a “una generazione adulta che sembra non essere in grado di mostrare e di narrare il valore e la bellezza della vita, in tutti i suoi aspetti” (mons. D. Sigalini, già direttore del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della CEI). Don Domenico Ricca, cappellano dell’Istituto penale per minorenni “Ferrante Aporti” di Torino e presidente di SCS-CNOS “Salesiani per il sociale”.
“Dove abbiamo sbagliato?” Chi da più di trent’anni segue come Cappellano i ragazzi e le ragazze di un carcere, sa molto bene che questi allarmi ritornano periodicamente, spesso quando ad entrare in carcere sono minori che esprimono il loro disagio con violenze efferate, il più delle volte in ambienti familiari o amicali. E alla domanda degli adulti, dei genitori, sul “Dove abbiamo sbagliato?”, non ci sono risposte preconfezionate; c’è, invece, da mettere in gioco la com-passione, ossia quella partecipazione al loro dolore e alla loro ricerca, quell’accompagnamento che si traduce in progetti educativi di sostegno ai loro figli nel tempo della detenzione
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L’amore si manifesta nel dire anche dei “no”, ma soprattutto nel far scoprire la bellezza della vita in tutti i suoi aspetti. © Tatyana Gladskih - Photoxpress
Una società senza spessore Negli incontri con i genitori e gli insegnanti si è tutti pronti a denunciare la mancanza di regole e i ragazzi che non le osservano. Eppure, lo si sa, lo abbiamo sperimentato nella costruzione della no-
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Per Don Bosco, “l’educazione è questione di cuore”. © Wojciech Gajda - Photoxpress
stra vita, non esiste nessun processo educativo che non abbia bisogno del contributo di un’autorevolezza che è capace di valutare e orientare anche dicendo dei no. A proposito è sufficiente leggere alcuni sottotitoli impiegati nella presentazione del 44º Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese: “società senza regole e sogni”, “non c’è legge che tenga, ma non c’è neanche un’aspirazione autentica al meglio: rimane «il desiderio esangue», che appiattisce la società”. “Stiamo diventando una società
Il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. © Paolo Siccardi / Sync
con poco vigore perché abbiamo poco spessore”, rileva il presidente del Censis, Giuseppe De Rita. E allora che cosa fare? La tentazione e la via di fuga più veloce e facile, lo diceva già il Papa, è “incolpare le nuove generazioni”. Lasciamole stare per un attimo. Proviamo invece a capire come si assume responsabilmente quella che la Chiesa italiana ha definito “la diaconia dell’educazione”: “Una diaconia che non circoscrive la propria azione nella sola prospettiva religiosa, perché punta ad educare donne e uomini che faranno l’Italia e l’Europa di domani” (card. Angelo Bagnasco).
L’educazione è cosa di cuore Occorre, come adulti, riprenderci la nostra responsabilità, con un agire privato e pubblico coerente, riscoprendo ogni giorno quella legge morale che è in noi, quella chiave giusta per declinare i valori morali che hanno accompagnato la nostra crescita: l’onestà, la legalità, la sobrietà, la giustizia, la cittadinanza attiva, la solidarietà, per dirne alcuni. Abitare quella ricerca di senso, la cui perdita stigmatizziamo tanto nelle nuove generazioni. Adeguarsi al “così fan tutti” è un rischio troppo presente oggi. Il nostro linguaggio vitale vorrebbe essere un altro. Quello che ci accompagna da quel lontano 8 dicembre 1841. È il monito di Don Bosco: “L’educazione è cosa di cuore, e Dio solo ne è padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e ce ne dà in mano le chiavi”. Domenico Ricca domenico.ricca@salesianipiemonte.it N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Leggiamo i Vangeli
Nessuno vada perd u R
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imetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12). Così il Signore ci ha insegnato a pregare nel Padre Nostro, offrendoci la misura più alta ed esigente del perdono, sia quello ricevuto dal Padre, sia quello da donare agli altri. Gesù ben conoscendoci, sentì però il bisogno di precisare maggiormente quel primo insegnamento sul perdono reciproco, e lo ha fatto nel cosiddetto “discorso sulla Chiesa”. Chi di noi, infatti, non ha bisogno di essere aiutato ad amare quanti in un modo o nell’altro possono essersi comportati in modo difforme dalla Parola di Dio e dall’insegnamento della Chiesa? Che cosa dobbiamo fare nei confronti di queste persone? E ancora: come ameremmo essere trattati quando siamo noi a rompere la concordia? Che nessun “piccolo” sia scandalizzato (Mt 18,6-9); che nessun “piccolo”, imboccata la strada del peccato si perda, ma al contrario, come pecora smarrita sia cercato e trovato (Mt 10-14); che nessun fratello in errore venga facilmente allontanato, ma sia corretto e riammesso nella comunità (Mt 15-18). Questa è la Parola di Cristo, questo è lo stile che noi suoi discepoli dobbiamo assumere. Impegnarci per non perdere nessuno Approfondiamo la lettura del breve testo contenuto nei versetti Mt 18,15-18. Ci descrive l’insegnamento di Gesù sul tema dell’unità e della concordia fraterna. L’impressione che se ne ricava è di trovarsi di fronte ad una fredda norma disciplinare. È ciò che può accadere qualora lo si stacchi dal brano successivo sulla preghiera efficace (vv. 19-20). Quest’ultimo, infatti, ha la capacità di motivare e di dare spirito nuovo a quelle norme. Matteo, componendo in tal modo questa
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Un gesto d’amore vale più di mille parole: basta poco per fare in modo straordinario le cose ordinarie. © SyuuuuN - Photoxpress
piccola sezione del suo Vangelo, ci mostra di aver capito perfettamente ciò che interessava a Gesù: non prescrivere delle regole circa il procedere nei confronti di un fratello in errore, ma piuttosto richiamare al serio impegno di ciascuno per ristabilire a tutti i costi la concordia fraterna. Questo è indispensabile – continua Gesù – se vogliamo che le nostre comunità cristiane siano il luogo in cui Lui sia presente e in cui la preghiera sia ascoltata. Senza unità e senza concordia il Padre non ci concederà quello che gli chiediamo (v. 19)! Leggendo i vv. 15-16 impariamo quanta e quale cura debba essere riversata su
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d uto
una persona che non abbia agito rettamente. Si noti poi la finalità di queste attenzioni: “riguadagnare” il proprio fratello, espressione in cui è detta tutta la gioia che scaturisce dalla correzione fraterna che ha raggiunto il suo fine (cfr. Mt 18,13). Correggere deve sempre avere l’obiettivo di riaccendere la voglia di cambiare per riaccogliere e far regnare su tutto e su tutti la carità: questo è espressione dell’autentica attenzione per l’altro ed è la manifestazione del desiderio di ridargli possibilità di vita nuova. Le parole di Gesù procedono, poi, sino a toccare la drammatica situazione dell’insuccesso nel ristabilire la concordia (v. 17). In questo amaro caso si dovrà dichiarare che quel fratello si è posto da solo fuori dalla comunità per non aver voluto ascoltare ed accogliere i reiterati tentativi di aiuto che pur gli erano stati offerti. Si tratta evidentemente di una situazione estrema, alla quale si spera di non dover giungere.
Per Gesù è essenziale l’intesa con i fratelli e in caso, occorre “riguadagnarla”: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?”.
questo è il punto! Ma come farlo? Affianchiamo altri brani a questo ed impareremo che secondo Gesù c’è vera correzione fraterna solo nello spirito della riconciliazione (Mt 5,23), del perdono (Mt 6,14), del non giudizio (Mt 7,15) e della tolleranza (Mt 13,24). Dobbiamo, insomma, imparare a crescere nella concordia senza mai rompere il comandamento dell’amore! La concordia è meta difficile da mantenere: dobbiamo imparare a salvarla diventando come “sentinelle” gli uni per gli altri (Ez 33,1-9). Come sarebbe bello se diventassimo persone che si tendono la mano per vivere al meglio il cammino di vita cristiana e di santità. Se così facessimo, ciascuno nel proprio quotidiano, potremmo veramente costruire comunità di riconciliati, perché la mia e la tua vita sarebbe posta in continuo desiderio di concordia. Soltanto se ogni altra persona sarà al centro della mia cura personale, la concordia sarà salva, la comunità più vera, così come la preghiera da essa elevata: ravvivata dalla presenza di Cristo, ridonataci dal Padre come benedizione. Marco Rossetti
rossetti.rivista@ausiliatrice.net
Due mani che si stringono: da sempre, segno di accordo, di pace e di riconciliazione. © Peter Baxter - Photoxpress
© Harvey Hudson - Photoxpress
“Sentinelle” gli uni degli altri Aiutarci a crescere nell’amore e nella concordia, perché nessuno vada perduto: N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Spiritualità mariana
Il tempio di pietra e il cuor e L
eggere i primi due capitoli del Vangelo di Luca è come vedere un film, tanto è vivace e coinvolgente il racconto. Le scene si susseguono incalzanti da un luogo all’altro, da un personaggio all’altro, il disegno misterioso di Dio si dipana tra contrasti e sviluppi graduali. Con il movimento tipico di una cinepresa, il racconto parte dall’infinito del cielo e poi il “campo” si stringe sino a mettere a fuoco il tempio di Gerusalemme. L’angelo Gabriele, mandato da Dio, appare “ritto alla destra dell’altare dell’incenso” (1,11), mentre il sacerdote Zaccaria è tutto immerso nel rito dell’offerta. Zaccaria è sposo di Elisabetta. Ambedue in età avanzata, ambedue di integra condotta e osservanti della legge del Signore ed esemplari nella religiosità dell’Antico Testamento, ma il Signore non ha concesso loro la gioia di un figlio. Ora l’angelo reca a Zaccaria un lieto annuncio: “La tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni”. (1,13). Zaccaria, confuso e sbalordito, stenta a credere ad una notizia così sorprendente e inverosimile. La conclusione è che Zaccaria esce dal tempio muto, incapace di comunicare, perché chi non crede al disegno di Dio, non può nemmeno parlarne, rimane fuori dalla circolazione degli eventi meravigliosi. Lo zoom della cinepresa si sposta: lascia il tempio, lascia la città santa, per posarsi su un luogo non comparabile per nulla con Gerusalemme; si tratta di “una città della Galilea, chiamata Nazaret” (1,26). Si tratta di un ambiente profano, ai confini con terre pagane. La Galilea è considerata “delle genti” (Is 8,23; Mt 4,14), cioè degli stranieri, poiché per la sua posizione geografica, entro il suo perimetro facilmente possono infiltrarsi elementi non ebrei. Infatti, a Nicodemo i farisei obietteranno sprezzanti: “Studia e vedrai
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che non sorge profeta dalla Galilea” (Gv 7,52). Nazaret poi, è una città completamente sconosciuta dall’Antico Testamento. Non è senza fondamento la domanda ironica di Natanaele: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46). Quotidianità domestica
Il tempio “di pietra” di Gerusalemme. Oggi ne resta solamente il muro occidentale di contenimento. Foto Hape
L’incontro tra Maria ed Elisabetta, in un affresco nella chiesa della Visitazione a Ein Karem, località dove secondo la tradizione è avvenuto il fatto. Foto Hape
Il punto focale è, ora, una casa semplice e dentro, una ragazza: Maria. “E l’angelo entrò da lei” (1,28). È lo stesso angelo che annuncia un messaggio simile, quello della nascita mirabile di un bambino. Paragonando Zaccaria e Maria, all’esterno sembra che tutto il peso della bilancia stia dalla parte del primo personaggio. Zaccaria, giusto, venerando, sacerdote, incontra il messaggero di Dio nel tempio, durante il culto. Uomo santo, luogo santo, tempo santo: tutto sottolinea la sacralità e la solennità dell’evento. Maria, invece, una ragazza sconosciuta in un luogo profano, dentro la quotidianità domestica. Ma Dio capovolge le posizioni. Egli fa capire che la sua dimora non sarà più legata al tempio di Gerusalemme. Ogni angolo di questo mondo, per quanto negletto, può essere benissimo il santuario
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r e di carne della sua abitazione. Cessa l’economia del tempio di pietra; oramai il cuore di ogni credente che accoglie la parola di Dio può ospitare Dio, può diventare sacrario della presenza divina. L’angelo non entra in un edificio sacro, ma entra “da lei”. È Maria in realtà il tempio dell’Altissimo. Ella “ha trovato grazia presso Dio” (1,30), il dono divino giunge a lei gratuitamente, non per la sua osservanza della legge o in risposta alla sua preghiera di domanda, come è nel caso di Zaccaria. Nulla è impossibile a Dio Tanto Maria come Zaccaria muovono un’obiezione di fronte all’annuncio inaudito, ma con diverso intendimento. Zaccaria avanza una riserva: “Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni” (1,18). Egli sembra quasi mettere in dubbio la possibilità di un intervento divino di carattere miracoloso. Maria, d’altra parte, chiede: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” (1,34). Ella pone la domanda non sulla potenza di Dio, chiede piuttosto illuminazione sul come può lei adempiere la vocazione che Dio intende assegnarle, che cosa dovrà fare per obbedire alla volontà divina. Ella implora luce per poter accogliere il mistero. Quando l’angelo le assicura che è lo Spirito Santo all’opera, ciò basta a Maria perché lei pronunci il suo fiat. “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra... Nulla è impossibile a Dio” (1,35-37). La parola dell’angelo rievoca la scena del trasporto dell’arca nel tempio costruito da Salomone. Dopo la preghiera, una nube copre tutto l’edificio e la gloria di Dio riempie il tempio, segno che Dio si compiace di prendere dimora in quel
Il colloquio tra Elisabetta e Maria, nel film “Io sono con te” del regista torinese Guido Chiesa.
luogo, diventato santo per la sua presenza (1 Re 8,9-11). Giovane donna in cammino
© Abdelkader Belhadi
Mentre Zaccaria esce muto, smarrito e chiuso dal tempio di pietra, Maria esce dalla sua casa trasformata lei stessa in tempio vivo, l’arca della nuova alleanza, trasparenza della presenza divina fra gli uomini. La macchina di Luca continua a seguirla nel suo mettersi in fretta in viaggio verso le montagna. La commozione nel cuore le mette ali ai piedi. Questa giovane donna in cammino è segno della realizzazione della promessa di Dio a Mosè e a tutto il popolo d’Israele: “Io cammino con voi” (Es 33,14). Maria, trasformata in nuova dimora di Dio dalla potenza dello Spirito, è immagine di tutti i cristiani, i quali, in Gesù Cristo, sono resi “familiari di Dio”, “edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito” (Ef 2,22). Maria non ha solo accolto Dio nel suo grembo, ma soprattutto, come dice Sant’Agostino, ha accolto la parola di Dio nella mente e ha accolto l’amore di Dio nel cuore. Ella apre a tutti noi la possibilità di avverare ciò che dirà il suo Figlio Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,23). Maria Ko Ha Fong kohafong.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Maria nei secoli
“Con un solo cuore” Maria nelle rivelazioni di santa Brigida di Svezia
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“ a Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del «genio femminile» apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e a tutte le nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità; ringrazia per tutti i frutti di santità femminile”. Con queste parole, contenute nella Lettera Mulieris Dignitatem, il Papa Giovanni Paolo II, oramai prossimo alla beatificazione, ha tessuto un altissimo elogio della donna e delle immense energie di bene di cui ella dispone. Ai popoli dell’Europa ha voluto additare l’esempio di una di loro, proclamandola Compatrona del continente europeo. Si tratta di Brigida di Svezia di cui l’attuale Pontefice, Benedetto XVI, ha tracciato un interessante ritratto nella sua catechesi del 27 ottobre 2010. Visse in un’epoca tormentata per la Chiesa, il secolo XIV, quando il Papa si era allontanato da Roma e viveva ad Avignone mentre guerre, povertà e malattie decimavano la popolazione di molti paesi dell’Europa e la immiserivano. Brigida era svedese ed apparteneva ad una nobile famiglia. Con suo marito Ulf formò una famiglia veramente cristiana dove si pre-
Riconoscendo la santità di Brigida, la Chiesa, pur senza pronunciarsi sulle singole rivelazioni, ha accolto l’autenticità complessiva della sua esperienza interiore. Venerabile Papa Giovanni Paolo II
Quando mio Figlio veniva flagellato e colpito, era come se il mio cuore fosse flagellato e colpito. Nella passione io gli ero vicina e non mi separavo da lui. Santa Brigida di Svezia
Papa Giovanni Paolo II, che sarà dichiarato beato il prossimo 1º maggio, in una foto di anni fa, circondato da suore dell’Ordine del SS. Salvatore, più note come Brigidine, riconoscibili per il caratteristico copricapo.
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gava ogni giorno con fervore e ci si dedicava insieme alle opere di carità. Rimasta vedova, si spogliò dei suoi beni materiali e si dedicò ad una vita di penitenza e di orazione. Pellegrina in Italia e in Terra Santa, era assetata di Dio che volle arricchirla di carismi straordinari, visioni e locuzioni interiori che furono trascritte dai suoi confessori in un testo che appartiene ai grandi capolavori della storia della spiritualità cristiana, intitolato “Rivelazioni”. Leggendo queste pagine si ricava un grande beneficio perché, in forma dialogica, le Tre Persone divine e la Madonna stessa intervengono ad illustrare i grandi misteri della nostra fede, soprattutto quello della Passione del Signore per la quale
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Brigida nutrì una devozione speciale. Con la sue sofferenze fisiche e morali, con la sua agonia e con la sua morte Cristo è il Redentore e, strettamente associata a Lui, Maria è Correndentrice. Anche se i teologi “professionisti” a volte sono eccessivamente titubanti nell’attribuire questo titolo alla Madonna, i mistici, illuminati in modo speciale da Dio, non hanno alcuna esitazione ad esporre il ruolo unico ed eccellente svolto da Maria durante la Passione del Figlio. È il caso di santa Brigida che nelle sue Rivelazioni ascolta la Vergine riferirle: “Dico con una certa audacia che il dolore di Cristo era il mio dolore e che il suo cuore era il mio cuore. Come Adamo ed Eva vendettero il mondo per un frutto, così mio Figlio ed io abbiamo redento il mondo quasi con un solo cuore”. Per questo motivo, santa Brigida raccomanda la devozione ai dolori di Maria che, come leggiamo nelle Rivelazioni, furono profetizzati dalle parole di Simeone, il sacerdote che nel tempio di Gerusalemme, accogliendo la Sacra Famiglia, disse: “E a te, Maria, una spada trafiggerà l’anima”. In quanto Corredentrice, Maria è Mediatrice universale delle grazie che vengono dal Figlio. Anche se la Chiesa non ha ancora proclamato ufficialmente questo dogma, molti santi, tra cui la nostra Brigida, hanno intuito questa bellissima e consolante verità. Nelle sue esperienze mistiche, la santa svedese ha ascoltato Cristo dire a sua Madre: “Io sento tanta dolcezza nelle tue parole che non posso rifiutare ciò che mi domandi perché anche tu vuoi solamente ciò che io voglio”. I mistici parlano con dei simboli molto belli. Con uno di essi, che ritroviamo nelle Rivelazioni, completiamo questa presentazione del pensiero mariologico di santa Brigida: “Io sono Colei – dice
Due raffigurazioni della nobile svedese: nata nel 1303 e morta a Roma nel 1373, è stata canonizzata nel 1391.
Maria –, che veglia sul mondo in continua preghiera, come l’arcobaleno che sta in cielo al di sopra delle nubi. Io mi considero un arco celeste che si china verso gli abitanti del mondo, interessandomi, con la mia preghiera sia dei buoni che dei cattivi”. Roberto Spataro spataro.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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La Parola qui e ora
Una persona speciale, anzi u N
el giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro (...) Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.
«Doveva risuscitare dai morti». Quel che per noi, da venti secoli a questa
Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la Pace 1979 e proclamata beata nel 2003, ha testimoniato con la vita la sua fede in Gesù risorto.
Un sepolcro scavato nella roccia, con la pietra che era fatta rotolare davanti all’ingresso. In uno simile è stato deposto Gesù. © Glenda Powers - Photoxpress
parte, è diventata idea comune, la risurrezione dei morti, era nel mondo antico poco più che una stravaganza, una “moda nuova” che comincia a circolare a partire dal III secolo a.C. Tra i Greci e i Romani la morte è la fine di tutto; nella stessa cultura ebraica Dio è il Dio dei vivi, e non dei morti. C’è spazio per il culto, la memoria, la celebrazione del ricordo: ma i morti sono morti e basta, stanno in quella dimensione indefinita che è lo Sheol, in cui si patisce l’assenza della vita come l’assenza di Dio. Quando san Paolo va ad Atene per annunciare il Vangelo alla gente più sofisticata dell’Impero viene preso in giro: «Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: «Ti sentiremo su questo un’altra volta» (Atti 17, 32). Ma il cristianesimo non si fonda su una certa evoluzione, una svolta nella storia delle idee che ad un certo punto
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i unica
I fiori sono da sempre simbolo di vita, di risurrezione e di fiducia in Dio. Gesù ha detto: “Osservate come crescono i gigli del campo. Vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro”. © Margelatu Florina - Photoxpress
surrezione dai morti, nella linea della promessa ad Abramo, e del passaggio del Mar Rosso, significa la nostra risurrezione, la fine di questa condizione umana in vista di una vita in Dio diversa da questa. La tentazione “magica”, su tutto quanto sta al di là della morte, consiste nel cercare di conoscere le caratteristiche dell’oltretomba, di stabilire, con criteri nostri umani, significati e valori. Il fascino del Risorto, poi, va ben oltre la ragione, e anche la ragionevolezza. Nel Vangelo di oggi questo fascino del Cristo sembra aleggiare in ogni cosa. I discepoli arrivano al sepolcro di corsa, affannati dall’idea che sia stato portato via il cadavere di quel maestro che aveva cambiato le loro vite. Maddalena stessa è in confusione. Oggi è la pubblicità dei deodoranti, ad esempio, a imporci di pensare che ciascuno di noi è una persona speciale, che si compiace delle cure particolari, dell’atmosfera che le si crea intorno, creata artificialmente con uno spray... Ma le persone speciali vere, non quelle pompate, sono poche. Anzi, forse ce n’è, appunto, una sola. Marco Bonatti direttore@lavocedelpopolo.torino.it
ha portato in evidenza, in Occidente, l’eventualità di una qualche forma di continuazione della vita oltre la morte biologica. Il salto cui siamo obbligati è nel decidere di credere o meno a un fatto: che Gesù crocifisso è morto; e che dal sepolcro è tornato alla vita così come noi la conosciamo. Uomo vero, sulla cui pelle si possono toccare le ferite (Gv 20, 27), che mangia con i suoi discepoli le stesse cose che mangiano loro (Gv 21, 12). Come in tutto il resto della storia sacra, la vicenda della fede si innesta sulla cultura del tempo, ma va oltre, propriamente la trascende per indicare che il cammino è un altro, l’obiettivo è diverso. Cristo è la somma e la conclusione di tutte le promesse di Dio. La sua ri-
Proposte di preghiera contemplativa a cura di don Timoteo Munari. Collegatevi all’indirizzo: www.ausiliatrice.net/approfondimenti
ENZO BIANCO (a cura di)
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Amici di Dio
Per la maggior gloria Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore dei Gesuiti
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el 1415 a Costanza (Germania) ci fu un Concilio Ecumenico, durante il quale fu avvertito da tutti il bisogno urgente di riforma della Chiesa. Attuata, si diceva, “in capite et in membris” cioè nel clero e nel Popolo di Dio. Purtroppo per molti anni non si fece nulla. Fu nel 1500 che il problema si ripresentò. Grave. “Ecclesia reformata, Ecclesia semper reformanda” così si diceva e cioè: il cantiere della riforma della Chiesa doveva rimanere sempre aperto. E così sulla Chiesa si abbattè il ciclone devastante dei cosiddetti Riformatori: Lutero, Calvino e Zwinglio. Per qualche aspetto il loro fu un tentativo lodevole, ma per tanti altri disastroso.
“Apparizione della Madonna a sant’Ignazio”, dipinto di Sébastien Bourdon (1616-1671).
Sant’Ignazio presenta la “Regola” della Compagnia di Gesù (Gesuiti) a papa Paolo III. Il dipinto è conservato nella chiesa del Gesù, a Roma.
Lutero (1517), il principale dei tre. Ex monaco agostiniano, dalla grande cultura e dalla personalità complessa, spiritualmente ed esistenzialmente inquieto. Sebbene rivalutato negli ultimi decenni, non si può tuttavia tacere la portata del suo errore. “Il punto che pone Lutero al di fuori della Chiesa è il suo soggettivismo, che avrà grande incidenza sulla storia della cultura. Egli, dotato di fortissima personalità, tende a sottoporre tutto alla sua coscienza individuale, ad affermare il proprio «io» al di sopra di ogni riferimento ad un’oggettività”. Piega la Parola di Dio alle sue esigenze (A. M. Erba - P. L. Guiducci). Fu inoltre un “riformatore impaziente” (Y. Congar). La riforma (o Controriforma), sollecitata da Lutero (questo è il suo merito) fu attuata con il Concilio di Trento (15451563) e per impulso di vari santi, presenti spesso insieme a Roma, come Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Filippo Neri, Carlo Borromeo, Pio V (quello di Lepanto 1571) e altri. Ignazio, cavaliere per la gloria del mondo Ignazio fu uno dei grandi protagonisti della vera riforma della Chiesa. Lo fu attraverso il suo carisma e la sua santità, la sua cultura e il suo coraggio apostolico, la sua azione personale e quella dei suoi Figli, i Gesuiti. Questo campione della Chiesa è nato a Loyola, nei Paesi Baschi nel 1491. Era di temperamento impetuoso, volitivo, desideroso di avventure militari, amante dei bei vestiti e della compagnia delle belle dame. Al servizio del viceré, combatté coraggiosamente nell’assedio di Pamplona, dove fu anche ferito gravemente ad una gamba. Poco dopo lui stesso ne decise l’operazione stringendo i pugni e i denti.
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di Dio Iniziò subito dopo un periodo di convalescenza e di riflessione, che diventava insieme il percorso della sua conversione. Lesse l’Imitazione di Cristo, la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, e la Vita di Cristo. Leggeva e rifletteva sulla propria vita passata e sulle prospettive del futuro, rileggeva ed analizzava se stesso sempre più in profondità. Voleva conoscersi per migliorarsi. Era insomma alla conquista del proprio io profondo. E ci riuscì, molto bene. Era un altro uomo. Un uomo nuovo, pronto per Dio e per la sua gloria. Ignazio, cavaliere per la gloria di Dio A Manresa (1522) ebbe delle esperienze mistiche che lo trasformarono completamente. Conobbe molte cose della vita spirituale con una luce completamente nuova (e che confluiranno nei suoi famosi Esercizi Spirituali). Era Dio stesso, attraverso il suo Spirito, che lo aveva illuminato. Ignazio possedeva ormai una “cultura nuova” su Dio, sull’uomo, sul mondo, su se stesso. Affrontava cioè la vita su basi totalmente nuove, guidato dalla novità di Dio. E fu la Chiesa intera a beneficiarne. Rinnovato spiritualmente, ricominciò a studiare (aveva 34 anni! Ma quando “sentì” che lo voleva Dio superò tutti gli ostacoli. Tappe importanti furono: a Barcellona, Salamanca, a Parigi (alla Sorbona) dove pose le prime basi della Compagnia di Gesù (Montmartre 1534). Ordinato sacerdote a Venezia, Ignazio approdò finalmente a Roma, dove risiedeva il Papa, molto contestato in quegli anni. Ignazio ed i suoi compagni (si chiamavano “Gli amici del Signore”) non volevano “protestare” contro di lui (come si faceva al nord delle Alpi), ma semplicemente si misero al suo servizio, in totale obbedienza, per amore di Dio e per il bene della Chiesa.
Avvenne che una notte, mentre era ancora sveglio, vide chiaramente un’immagine della Madonna con il santo Bambino Gesù. A tale vista provò a lungo grandissima consolazione. Dall’Autobiografia
“Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza, e tutta la mia volontà. Tutto ciò che possiedo tu me lo hai dato, a te, Signore, lo ridono. Tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà. Dammi il tuo amore e la tua grazia: questo mi basta. Amen”.
E subito arrivarono anche due prestigiosi “imprimatur” al suo progetto, due importanti “approvazioni” che gli daranno sicurezza e forza per il futuro: una visione della Trinità a La Storta (Roma 1537) e il sì del Papa Paolo III alla Compagnia di Gesù (1540). Ignazio rimarrà sempre a Roma a guidare la giovane Compagnia, che volle particolarmente ferrata culturalmente (teologia, filosofia e scienze), e sempre pronta alle grandi sfide. Fu un grande lavoratore ed organizzatore. Ma anche un santo. Quindi pregava molto ed aveva una particolare devozione alla Trinità, all’Eucarestia e a Cristo Crocifisso. Fu chiamato dai biografi “Contemplativo nell’azione”, proprio per la sua straordinaria azione fatta tutta non per se stesso ma per la maggior gloria di Dio. Morì il 31 luglio 1556 sussurrando le parole: “Ay, Dios”. Mario Scudu archivio.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Il Papa ci parla
Caro Papa, hai fatto la Prima Co m D
i solito il Papa li riceve in una delle domeniche dopo ferragosto. E sono così tanti che ci vuole Piazza San Pietro per accoglierli, con le catechiste, i parroci, e i genitori. Sono i bambini della Prima Comunione provenienti da Roma e dintorni, e con il Papa fanno il punto sulla loro esperienza di fede. La Prima Comunione può essere l’inizio di un’amicizia col Signore, determinante e decisiva per tutta la vita. Cantano e pregano, fanno l’intervista al Papa, e tutto si trasforma in festa. La prima intervista al Papa fu nell’anno della sua elezione, il 15 ottobre 2005. Riportiamo qui in sintesi alcune delle domande dei bambini, e le risposte a braccio del Papa. Risposte facili per i piccoli, ma a volte difficili per gli adulti. Andrea: Caro Papa, quale ricordo hai del giorno della tua Prima Comunione? Papa: Ricordo bene quel giorno, era una bella domenica di marzo 1936. Era un giorno di sole, la chiesa molto bella, la musica... Eravamo una trentina di ragazzi e ragazze del nostro piccolo paese, di non più di 500 abitanti. Nel centro dei miei ricordi gioiosi e belli sta questo pensiero: Gesù è entrato nel mio cuore, ha fatto visita proprio a me. E
Intervista e festa: ogni anno il Papa incontra in Piazza San Pietro i bambini della Prima Comunione.
Nella consacrazione, il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù. © www.donboscoland.it
con Gesù, Dio stesso è con me. E questo è un dono di amore che vale più di tutto il resto che ci può dare la vita. Così mi sono sentito pieno di una grande gioia. Cominciava per me una nuova tappa della vita: avevo 9 anni, e diventava importante rimanere fedele a quell’incontro, alla Comunione. Ho promesso al Signore, per quanto potevo: “Io vorrei essere sempre con te”. E l’ho pregato: “Ma sii soprattutto tu con me”. Così sono andato avanti nella vita: il Signore mi ha sempre preso per la mano, mi ha guidato anche in situazioni difficili. Quella gioia della Prima Comunione era l’inizio di un cammino fatto insieme. Spero che anche per tutti voi la Prima Comunione sia l’inizio di un’amicizia per tutta la vita con Gesù. Inizio di un cammino insieme, perché andando con Gesù andiamo bene, e la vita diventa buona. Commento. Lo prendiamo da un grande scrittore, che il Papa in gioventù leggeva e amava: “Quando avrai Dio nel cuore, possederai l’Ospite che non ti darà più riposo” (Paul Claudel). Gesù presente nell’Eucaristia Andrea: La catechista ci ha detto che Gesù è presente nell’Eucaristia. Ma in che modo? Io non lo vedo. Papa: Certo, non lo vediamo. Ma ci sono tante altre cose che non vediamo, che pure esistono e sono essenziali. Per esempio non vediamo la nostra ragione, tuttavia abbiamo la ragione. Non vediamo la nostra intelligenza, e l’abbiamo. Non vediamo la nostra anima, ma esiste e ne vediamo gli effetti: possiamo parlare, pensare, decidere. Così non vediamo la corrente elettrica, ma... la luce elettrica la vediamo... Anche il Signore risorto non lo vediamo con i nostri occhi, ma vediamo che dove è Gesù, gli uomini cambiano, diventano
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o munione?
L’ostia spezzata, “si fa tante” per essere distribuita ai fedeli. Nella foto, una consacrazione presieduta da don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore dei Salesiani. © www.donboscoland.it
migliori. Si crea una maggiore capacità di pace, di riconciliazione... Quindi, non vediamo il Signore stesso, ma vediamo gli effetti. Così possiamo capire che Gesù è presente. E proprio le cose invisibili sono le più profonde e importanti. Andiamo dunque incontro a questo Signore invisibile, ma forte, che ci aiuta a vivere bene. Commento. Raccontano che uno dei Pierini del catechismo, facendo un po’ di confusione, ha spiegato l’invisibilità del Signore così: “Alla fine il Signore Gesù, vedendosi abbandonato dai suoi discepoli, e perseguitato a morte dai suoi nemici, si nascose sotto le specie eucaristiche”. La Comunione e la vita Alessandro: A cosa serve andare alla Messa e ricevere la Comunione, per la vita di tutti i giorni? Papa: Serve per trovare il centro della vita stessa. Noi viviamo in mezzo a tante cose. E le persone che non vanno in chiesa non sanno che a loro manca proprio Gesù. Sentono però che manca qualcosa nella loro vita. Se Dio resta assente, se Gesù è assente, manca una guida, un’amicizia essenziale,
una gioia. Manca la forza di crescere come uomo, di superare i vizi, di maturare umanamente. Noi non lo vediamo subito, quando andiamo alla Comunione, l’effetto dell’essere con Gesù. Lo si vede col tempo. Come anche col tempo si sente sempre più l’assenza di Dio. È una lacuna fondamentale e distruttiva. Pensiamo ai Paesi dove l’ateismo ha governato per anni: ne sono risultate distrutte le anime. Perciò è importante, fondamentale, nutrirsi di Gesù nella Comunione. È lui che ci dà la luce, ci offre la guida per la vita, una guida della quale abbiamo bisogno. Commento. Diceva Don Bosco ai suoi ragazzi: “Tutti hanno bisogno della comunione: i buoni per mantenersi buoni, e i cattivi per farsi buoni”. E aggiungeva convinto: “La base della vita felice di un ragazzo è la Comunione”. Genitori, figli e la Messa Giulia: Santità, tutti ci dicono che è importante andare a Messa alla domenica. Noi ci andremmo volentieri, ma spesso i nostri genitori non ci accompagnano perché alla domenica dormono. O ci portano fuori città a trovare i nonni. Puoi dire loro una parola?
Una suora prepara le ostie destinate alla consacrazione. © Paolo Siccardi / Sync
Papa: Sì. Naturalmente con grande amore, con grande rispetto per i genitori, che hanno tante cose da fare. Con il rispetto e l’amore di una figlia, si può dire loro: “Cara mamma, caro papà, sarebbe così importante per noi tutti, incontrarci con Gesù. Questo ci arricchisce. Insieme troviamo un po’ di tempo. Possiamo trovare una possibilità, forse anche dove abita la nonna”. Con grande amore e rispetto per i genitori, direi loro: “Questo non è solo importante per me, è importante per tutti noi. Sarà la luce della domenica per tutta la nostra famiglia”. Commento e conclusione. Raccontano di una nonna con mania di regali, che chiese al nipotino: “Che cosa vuoi per la tua Prima Comunione?”. E il nipotino stupito rispose: “Ma io voglio Gesù”. Enzo Bianco bianco.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Vita della Chiesa
Perla del clero e “prete della f San Giuseppe Cafasso
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an Giuseppe Cafasso “vera luce sacerdotale nella storia della Chiesa”. Così lo definì Benedetto XVI al termine dell’Anno sacerdotale: nella interminabile schiera dei “santi sociali”, che hanno operato in terra subalpina, non ha fondato istituti, né costruito strutture, ma ha allevato fondatori e costruttori. E proprio nel 150º dell’unità d’Italia cadono il 150º della morte (23 giugno 1860) e il bicentenario della nascita (15 gennaio 1811). Fanno da guida alla riscoperta di quello che fu definito “perla del clero italiano” e “il prete della forca” la catechesi che Benedetto XVI propose il 30 giugno 2010 all’udienza generale e gli insegnamenti dei Pontefici. Afferma Ratzinger: “Non fu parroco come il curato d’Ars, ma fu soprattutto formatore di parroci e preti diocesani, anzi di preti santi. Non fondò istituti religiosi perché la sua fondazione fu la scuola di vita e di santità sacerdotale che realizzò, con l’esempio e l’insegnamento, nel Convitto ecclesiastico di san Francesco d’Assisi”. Zio del Beato Giuseppe Allamano Nasce a Castelnuovo d’Asti (ora Castelnuovo Don Bosco), terzo di quattro figli. La sorella Marianna è la mamma
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Una tradizionale immagine di san Giuseppe Cafasso. Foto Mario Notario
Panoramica di Castelnuovo d’Asti, ora Castelnuovo Don Bosco. Il paese astigiano ha dato i natali a san Giovanni Bosco, a san Giuseppe Cafasso e al beato Giuseppe Allamano. Foto ErreBi
del Beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Ha 16 anni quando incontra per la prima volta il dodicenne Giovanni Bosco. Il 21 settembre 1833, a 22 anni, è ordinato sacerdote nella chiesa dell’arcivescovado di Torino. Quattro mesi più tardi entra nel Convitto ecclesiastico: è allievo, ripetitore e docente di morale, direttore spirituale e rettore. In 24 anni di insegnamento, forma generazioni di sacerdoti e si dedica a un’intensa pastorale verso i bisognosi, i carcerati e i condannati a morte. Papa Benedetto XVI spiega: “Tre erano le sue virtù principali: calma, accortezza e prudenza. Al ministero della confessione dedicava molte ore della giornata. Di molti santi e fondatori di istituti religiosi egli fu sapiente consigliere spirituale. Il suo insegnamento nasceva dall’esperienza viva della misericordia di Dio e dalla profonda conoscenza dell’animo umano: la sua fu una vera scuola di vita sacerdotale”. Il suo segreto: essere uomo di Dio Il suo segreto è semplice: “Essere un uomo di Dio; fare nelle azioni quotidiane tutto a maggior gloria di Dio e a vantaggio
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a forca” delle anime. Amava il Signore, era animato da una fede ben radicata, sostenuto da una profonda e prolungata preghiera, viveva una sincera carità verso tutti”. L’altro elemento che ne caratterizza il ministero “è l’attenzione agli ultimi, in particolare ai carcerati. In questo delicato servizio, svolto per più di vent’anni, fu sempre il buon pastore, comprensivo e compassionevole. Accompagnò al patibolo 57 condannati a morte”. Papa Pio XI il 1º novembre 1924 approva la beatificazione del Cafasso. Pio XII il 22 giugno 1947 lo proclama santo e il 9 aprile 1948 patrono delle carceri. Giovanni XXIII nella lettera al cardinale Maurilio Fossati, arcivescovo di Torino, nel primo centenario della morte, scrive:
Un’altra immagine del Cafasso, mentre forma i sacerdoti nel Convitto Ecclesiastico annesso al santuario torinese della Consolata. Foto Mario Notario
A Torino, il monumento dedicato al Cafasso sorge proprio nel “rondò della forca”, all’incrocio tra gli odierni corso Valdocco e corso Regina Margherita, dove un tempo si eseguivano le impiccagioni. Foto Anailug
“Chi ha l’animo traboccante di amore, ha sempre di che donare agli altri. Fu egregio formatore di anime sacerdotali, ne illuminò le intelligenze con sana dottrina e con rinnovata perfezione. Fu ricercato consolatore tanto più soave e vigilante quanto più tormentosa era la miseria, soprattutto per i carcerati e i condannati a morte”. Giovanni Paolo II nella prima visita a Torino, domenica 13 aprile 1980, ricorda che “con zelo indefesso, fu dedito a Dio, alle anime e alla formazione dei sacerdoti”. Pier Giuseppe Accornero redazione.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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All’ombra del santuario
Il futuro dei giovani si g i P
ensate a un accordo lavorativo con obblighi di cura (oltre che pecuniari) da parte del datore, ma anche con la promessa del giovane apprendista di usare “prontezza, assiduità ed attenzione”, e di un terzo, che si fa garante della buona condotta del lavoratore. Magari, in un futuro migliore... verrebbe da dire. Invece, è già successo, circa centocinquant’anni fa: merito di Don Bosco, che ha investito nei giovani al punto da stipulare per loro un contratto come questo. Oggi le sue intuizioni hanno un nome: il Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale (CNOS-FAP), costituito nel ’67 e forte di 42 sedi in 18 regioni. Tra queste Valdocco, che vanta un record: qui è nata nel 1853 la prima scuola di arti e mestieri. “Don Bosco ha sempre creduto moltissimo nell’intelligenza delle mani: ha creato laboratori per dare un futuro alla persona, fornendo gli strumenti e puntando sulla collaborazione delle parti sociali – spiega don Stefano Martoglio, ispettore dei Salesiani del Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania. – Questo è così vero che nelle 192 nazioni del mondo in cui si trovano i Salesiani non si è mai smesso di fare formazione professionale. Anzi. Per dare un’idea, in Piemonte Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice rappresentano il 24% della formazione professionale indirizzata ai giovani”. All’ombra del santuario, le intuizioni di Don Bosco trovano così nuovo humus e nuove sfide. Come quella dell’integrazione. Pablo ed Esteban (i nomi sono di fantasia) sono due ragazzi sudamericani dell’obbligo formativo – destinato agli under 18 –, che studiano a Valdocco insieme ai coetanei italiani.
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“Don Bosco ha sempre creduto moltissimo nell’intelligenza delle mani: ha creato laboratori per dare un futuro alla persona”. © Archivio CNOS-FAP Valdocco
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g ioca a Valdocco Via Maria Ausiliatrice, 36 - 10152 Torino Tel. 011 52 24 302 - Fax 011 52 24 691 segreteria.valdocco@cnosfap.net
“Sono i migliori della loro classe”, afferma Angelo Pissinis, direttore del centro CNOS-FAP. Con loro, frequentano anche molti giovani dell’Est europeo. Per gli adulti, vengono poi proposti moduli in diversi ambiti: elettromeccanica, grafica, serramentistica; corsi per occupati, apprendistato, formazione a distanza; installatori di pannelli fotovoltaici; anche sala bar - tavola fredda. Le classi sono di 12-13 persone, il numero di stranieri è variabile: quasi nullo per i computer, il 90% nella serrramentistica. “Quest’ultimo settore offre molte opportunità, anche nel loro Paese d’origine – spiega il direttore del Centro –. Molti restano in contatto con l’insegnante: chiedono consigli, o danno notizie. Si forma un bel legame”. Chi è lo studente adulto? “Sono pochi i disoccupati. I più mirano ad aggiornarsi. Oppure, serve loro per chiedere un permesso di soggiorno. In questo caso è una questione di sopravvivenza”. Complessivamente, Valdocco offre 75 attività, di cui 13 progetti di obbligo formativo e 5 corsi professionalizzanti, senza contare l’apprendistato. Cos’è cambiato rispetto al passato? “Molti mestieri sono spariti. Per altri, i confini sono più labili. Anche gli strumenti si evolvono rapidamente. Su tutto, è cresciuta l’importanza della formazione culturale”, spiega Pissinis. Ma lo stile è lo stesso: il senso dell’ordine, la pulizia, e soprattutto la puntualità. E poi, c’è quella sensazione, che tutti gli studenti ricordano: “Nel cortile di Valdocco la città non si sente più. Si vive un clima diverso”, dicono. “Certo, con i suoi 1800 allievi di ogni ordine e grado, è una cittadella educativa che non vuole isolarsi dal resto del mondo – conclude don Stefano Martoglio –. Però, ha specificità che le permettono di creare un buon clima. Chi lo sperimenta, può avere questa sensazione, che è quella di dire «qui mi sento preso in cura, mi sento a casa mia»”. Luca Mazzardis redazione.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Catechesi & dintorni
Felicità è... le patatine fritte P
er i bambini di dieci anni, quello delle Beatitudini è un discorso difficile anche dal punto di vista linguistico. Per loro, l’aggettivo mite è riferibile soltanto al clima: “non è caldo, né freddo”! Misericordia e giustizia sono concetti extraterrestri (talvolta anche per gli adulti), e così via. Provo ad indagare sul loro concetto di felicità, abbastanza vicino a quello di beatitudine, ma di più facile comprensione. “Quando sei felice?”, chiedo loro. Le risposte: “Quando è vacanza. Quando prendo un bel voto a scuola. Quando la maestra di matematica è assente. Quando mangio le patatine fritte. Quando gioco a calcio. Quando posso dormire sino a mezzogiorno. Quando gioco con la Play. Quando mia sorella è rimproverata”. Incomincio di qui, spiegando che non si può trovare un motivo di felicità nel disagio altrui: sarebbe una gioia egoista e crudele. Gli altri motivi di felicità elencati procurano una soddisfazione di breve durata, non danno la gioia dello spirito, la contentezza interiore che fa venire voglia di cantare... Discutiamo sulla nostra vita, impegnandoci, nell’arco della setti-
Nell’attesa di scoprire le Beatitudini, un bambino è felice per il “monte” di patatine fritte. © Andrey Armyagov - Photoxpress
Una sua coetanea aiuta in casa. © Renata OsinskaPhotoxpress
Alcuni ragazzi durante un incontro di catechismo. © Fabio Ferrari / Sync
mana, a trovare cose che ci rendano veramente felici, facendoci sentire in pace con noi stessi e con gli altri. Nell’incontro successivo socializziamo esperienze diverse, arrivando a stabilire che “Io sono felice quando sto con gli amici. Quando i miei genitori sono contenti di me. Quando riesco a non litigare con mia sorella. Quando compio una buona azione”. A questo punto, possiamo leggere il Discorso della Montagna. Dopo tutto, abbiamo compiuto un bel salto di qualità! Un salto tanto alto da suggerire ad Andrea questa preghiera finale: “Gesù, è quasi tutto ok. Perché non hai messo nelle Beatitudini anche quella di mangiare le patatine? La tua Mamma non te le cucinava? Non sai che cosa ti sei perso!”. Anna Maria Musso Freni redazione.rivista@ausiliatrice.net
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Il poster
Completo nella mia carne... “Ci stringiamo con profondo e solidale affetto ai fedeli di tutte quelle comunità cristiane, in Asia e in Africa, che in questo tempo rischiano la vita o l’emarginazione sociale a causa della fede. Vediamo qui realizzarsi lo spirito delle beatitudini del Vangelo per coloro che sono perseguitati a causa del Signore Gesù (Mt 5,11), (Benedetto XVI, Verbum Domini 98).
“Mistero certamente tremendo né mai sufficientemente meditato, come cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni a questo scopo intraprese dalle membra del mistico corpo di Gesù Cristo” (Pio XII, MC 42).
Il “monte delle croci” vicino a Šiauliai, in Lituania: ve ne sono deposte oltre 50 mila. Il luogo, simbolo dell’identità nazionale lituana, è stato visitato da papa Giovanni Paolo II il 7 settembre 1993.
È
stato molto triste, il primo giorno dell’anno 2011, leggere della strage (22 morti e 80 feriti) di cristiani copti avvenuta in una loro chiesa ad Alessandria d’Egitto. Erano andati a ringraziare e a chiedere grazie al Dio della Vita per il nuovo anno e sono stati uccisi. Episodio simile in un’altra chiesa cristiana a Bagdad alcuni mesi prima. La matrice? Sempre la stessa: il terrorismo islamico (in questo caso Al Qaeda). Continua così la persecuzione dei Cristiani, nell’indifferenza dei governi di quei paesi e di quelli occidentali. Pochi giorni dopo, il 7 gennaio 2011, ecco la ferma denuncia del presidente Sarkozy: “Non possiamo accettare quello che appare sempre di più come un piano particolarmente perverso di epurazione dei cristiani in Medio Oriente”. Finalmente qualcuno ha parlato chiaro, anche perché questa epurazione dei cristiani è già in atto da vario tempo in paesi musulmani (e non solo in Medio Oriente) dove vige la Legge islamica (la sha’ria), o dove si vuole imporla con la forza. Non può non venire in mente la parola di Cristo: “Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi”. È proprio vero, anche oggi. San Paolo, ben addentro nel mistero di Cristo Salvatore, ha scritto: “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Che significa questo? Non certamente che il sacrificio di Cristo sia stato insufficiente ad operare la salvezza del mondo intero. Lui stesso morendo in croce disse “Tutto è compiuto” (Gv 17,4). Sacrificio infinito, perfetto. Ma senza la nostra libertà non ci si può salvare. Per la nostra salvezza siamo dei veri collaboratori di Dio. Tutto l’impegno serio e quotidiano, tutte le sofferenze sofferte insieme a Cristo Capo e nel suo nome, per noi stessi e
per il prossimo sono un vero aiuto alla salvezza di tutta la Chiesa, di tutta l’umanità, poiché Cristo è morto per tutti. Il pensiero del valore salvifico, per noi e per gli altri, delle nostre sofferenze, quelle volontarie e specialmente quelle involontarie come nella persecuzione, accettate in unione al sacrificio di Cristo, è stato formulato con forza da Pio XII nell’Enciclica sul Corpo Mistico (n. 42). Perché questo? Semplice: Dio non ci salva come un “deus ex machina”, perché l’uomo non è un automa ma un essere libero e responsabile. Il Dio di Gesù Cristo aspetta anzi desidera la nostra collaborazione attraverso l’impegno quotidiano di lavoro fatto nell’amore, attraverso la sofferenza e la morte che accettiamo anche in favore degli altri. E crediamo che anche le sofferenze, le persecuzioni e la morte violenta subite da tanti nostri fratelli e sorelle, autentici martiri, aiutino noi stessi a perseverare nella fede, a “salvare” questo nostro mondo rendendolo più vivibile. Mario Scudu archivio.rivista@ausiliatrice.net
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Signore, nostro Dio, quando la paura ci assale, non lasciarci disperare! Quando siamo caduti, non lasciarci a terra! Il tuo Figlio prediletto è venuto incontro a tutti gli uomini, agli abbandonati (e tutti lo siamo), ed è morto in croce per tutti. Signore, destaci tutti e fa’ che siamo svegli per riconoscerlo e confessarlo. KARL BARTH
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Anima di Cristo
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nima di Cristo, santificami. Corpo di Cristo, salvami. Sangue di Cristo, inebriami. Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, confortami. O buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi. Non permettere che io mi separi da te. Dal nemico maligno, difendimi. Nell’ora della mia morte, chiamami. E comandami di venire a te a lodarti con i tuoi santi nei secoli dei secoli. Amen.
Sant’Ignazio di Loyola in un dipinto di Giacomo Conte.
Anima Christi, santifica me Anima Christi, santifica me. Corpus Christi, salva me. Sanguis Christi, inebria me. Aqua lateris Chiristi, lava me. Passio Christi, conforta me. O bone Jesu, exaudi me. Intra tua vulnera, absconde me. Ne permittas me separari a te. Ab hoste maligno, difende me. In hora mortis meae, voca me. Et iube me venire ad te, ut cum sanctis tuis laudem te, in saecula saeculorum. Amen! S. Ignazio di Loyola
Davanti a Gesù Crocifisso Fare un colloquio “chiedendo” come mai egli il Creatore, sia disceso a farsi uomo e dall’eterna vita alla morte temporale e a morire così per il miei peccati. Similmente rimirando me stesso, “domandare” che cosa io ho fatto per Cristo, quello che faccio per Cristo, quello che devo fare per Cristo. E così vedendolo tale e appeso in croce, passare ai sentimenti che si presenteranno. Il colloquio si fa propriamente parlando come un amico parla all’altro... Dagli Esercizi Spirituali, Principi e Fondamenti
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Ricordando don Teofilo Molaro L
a mattina del giorno 24 gennaio 2011 all’Ospedale Cottolengo di Torino è tornato alla Casa del Padre il Salesiano Sacerdote don Teofilo Molaro, di anni 72. Lo vogliamo ricordare qui per i lettori e lettrici della Rivista Maria Ausiliatrice perché don Teofilo è stato un collaboratore di due direttori di “Maria Ausiliatrice”: prima di don Gianni Sangalli, che fin dal 1980 è stato l’artefice della “rinascita” della Rivista e poi di don Giuseppe Pelizza. Don Teofilo ha lavorato per la Rivista fin dal 1986 in qualità di amministratore e incaricato per la diffusione. Lavoro che ha continuato con costanza e dedizione fino al settembre 2009. Preziosa è stata anche la sua collaborazione per le fotografie di avvenimenti o celebrazioni svolte nella Basilica di Maria Ausiliatrice e che lui documentava con solerte precisione e bravura. Alcune di queste sue foto venivano poi impiegate per arricchire gli articoli della nostra Rivista. Lasciata l’amministrazione della Rivista due anni fa, ha dovuto affrontare una dolorosa malattia, sopportata con pazienza e con fede, che l’ha portato al decesso nel gennaio scorso. Mentre lo ringraziamo per tutto il lavoro che ha fatto per la nostra Rivista, lo raccomandiamo alla misericordia del Signore e gli chiediamo, lui ormai vicino alla Madonna Ausiliatrice, di intercedere presso di Lei per ognuno di noi. Mario Scudu
Don Teofilo Molaro. Per anni si è occupato dell’amministrazione e diffusione della nostra rivista. Archivio RMA
Grazie per come hai saputo vivere e offrire . la tua sofferenza
archivio.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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L’abitino di Domenico Savio
Miracoli quotidia n S
ul numero scorso avevamo chiesto ai lettori di unirsi a noi, con la loro preghiera personale, per invocare l’intercessione di Maria Ausiliatrice e di san Domenico Savio su Valentina e su tutte le altre mamme in attesa. Le risposte non si sono fatte attendere. Tra gli altri, Francesco Tonini, abbonato da oltre un decennio: si augura anche che “il coraggio di Valentina possa essere premiato con la nascita di un bimbo, bello e sano, che ripaghi abbondantemente questi mesi di viva preoccupazione”. Tra le lettere di ringraziamento, invece, ne segnaliamo tre di Paesi diversi. La signora Videlmina Properzi, di Camerino (Macerata), comunica “la nascita del mio nipotino, dopo gravi e dolorose sofferenze da parte dei genitori. L’aiuto di san Domenico e di altri santi è stato formidabile... Invochiamo ancora l’intercessione del «piccolo, grande» san Domenico”. Da Budapest, in Ungheria, la famiglia Rákóczi scrive una commovente lettera in inglese per ricordare che a loro è nato un bimbo prematuro di cinque mesi, Peter: pesava 490 grammi ed era lungo appena 29 centimetri. Persino i medici pensavano che il piccolo morisse, ma i genitori hanno “pregato i Santi, e in particolare san Domenico Savio, chiedendo loro di intercedere per un miracolo”. Dopo sei mesi, pur avendo anche subìto due interventi, Peter pesa 3.700 grammi ed è lungo 52 cm: “Persino sei medici, di diverse specialità, hanno detto che si tratta di un miracolo”. Oggi il bambino ha ottime chance di crescere normale. La famiglia conclude ringraziando “tutti coloro che hanno pregato per il figlio. E grazie a tutti i Santi, compreso san Domenico Savio, per la loro intercessione”. Una lettera simile arriva da Humberto Martinez Garcia e dalla moglie Maria de Lourdes Vera Valles. Anche loro aspet-
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I coniugi messicani Maria de Lourdes Vera Valles e Humberto Martinez Garcia, con il figlio Juan Pablo, di quattro anni. Archivio RMA
tavano un bambino, che decisero di chiamare Juan Pablo, in onore di papa Giovanni Paolo II. Il 15 marzo 2007, però, il bimbo nacque prematuro: neppure 26 settimane, “indifeso, debole e con tutti i pronostici a suo sfavore”. Così, “mio marito, cresciuto con la famiglia Salesiana ed io con quella Francescana, inviammo alcune e-mail ad indirizzi di siti cattolici, raccontando la nostra storia, e chiedendo di pregare per nostro figlio”. Juan Pablo fu trattenuto in terapia intensiva per 73
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a ni La copertina del registro, conservato in Basilica, dove sono scritti i nomi di bambini e adulti posti sotto la protezione di san Domenico Savio. Archivio RMA
il peso di 1.810 grammi, in perfetta salute e senza nessun problema”. Oggi il bambino è normalissimo e “alla scuola materna, è vispo, a volte birichino, allegro. Continuiamo, giorno dopo giorno, ad affidarlo a Maria Ausiliatrice, Don Bosco e Domenico Savio. Il 15 marzo 2011 nostro figlio ha compiuto quattro anni, quattro anni che sono un miracolo di vita”. Lorenzo Bortolin bortolin.rivista@ausiliatrice.net
giorni, durante i quali ha affrontato problemi respiratori, infezioni, trasfusioni di sangue e altro ancora. Tra le tante risposte alla loro richiesta, ne arrivò una da Deborah Contratto, che lavora nella Famiglia Salesiana: “Lei stava pregando Maria Ausiliatrice, Don Bosco e Domenico Savio”. Anche loro affidarono il figlio a Domenico Savio. Ebbene “il 28 maggio 2007, mese di Maria, ed esattamente quattro giorni dopo la festa di Maria Ausiliatrice, Juan Pablo è stato dimesso dall’ospedale, con
I pellegrini in visita a Valdocco possono chiedere l’“abitino” direttamente presso il nostro santuario. Inoltre tutti i lettori che desiderano riceverlo o regalarlo possono richiederlo 5 per lettera a: Santuario Maria Ausiliatrice, via Maria Ausiliatrice 32 - 10152 Torino 5 per telefono: 011.52.24.255 5 per e-mail: offerte.messa@ausiliatrice.net Occorre precisare il colore – azzurro, rosa o bianco – indicando chiaramente l’indirizzo preciso del recapito. Verrà inviato prontamente l’“abitino” con il modulo di conto corrente postale per aiutare a sostenere le spese.
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Il punto di vista
Un “vu cumprà” della Parola d Intervista a Carlo Miglietta
U
n «vu cumprà» della Parola di Dio. Così si definisce il torinese Carlo Miglietta, studioso di teologia, innamorato della Bibbia, la «lettera d’amore» che Dio ha desiderato scrivere all’umanità. Medico, sposato, padre di due figli, ha appena pubblicato il volume Edificherò la mia Chiesa (ed. Gribaudi), un «viaggio» all’interno della Sacra Scrittura per aiutare i cristiani a vivere la Chiesa alla luce del Vangelo. E i diritti d’autore, come accade per ogni suo libro, andranno a finanziare le attività del Comitato Roraima, che opera con i Missionari della Consolata a favore dei popoli indigeni del Brasile.
mincia a predicare si circonda di discepoli e di un gruppo di donne che vivono con lui e che con lui annunciano il Regno di Dio, guariscono i malati e scacciano i demoni. I cristiani non possono essere individualisti perché la chiamata di Gesù ha chiare valenze comunitarie». A che cosa serve la Chiesa oggi?
Carlo Miglietta: sposato, con due figli, medico, biblista e missionario.
La Chiesa “casa” dei cristiani Viviamo un’epoca di forte individualismo religioso, di fede “fai da te”, in cui molti cristiani sembrano accettare Dio e rifiutare la Chiesa. «È vero. Ma la Bibbia ci dice che non è possibile dire sì a Dio e no alla Chiesa. Gesù non è un solitario: quando co-
Carlo Miglietta con alcuni yanomami del Brasile.
«A proclamare la Parola di Dio e a far rivivere Gesù attraverso i Sacramenti. La Chiesa è il dono che Gesù fa all’umanità per essere già fin d’ora sulla Terra un piccolo segno del Regno di Dio. Nonostante le rigidità di cui può essere accusata e i peccati di cui può macchiarsi, è “santa”, perché resa tale – in modo misterioso – dallo Spirito santo; ed è vero “popolo di Dio”, composta dalle gerarchie ecclesiastiche e dal laicato, insieme in cammino alla sequela del Signore, nella comune missione profetica, sacerdotale e regale». I cristiani, persone felici Quali caratteristiche dovrebbe possedere la Chiesa immaginata da Gesù? «Gesù fonda la Chiesa su un unico criterio: l’amore. I cristiani sono persone che si amano e si aiutano a vicenda, che gioiscono e soffrono insieme. Consapevoli che Gesù chiama i poveri “beati, perché loro è il Regno dei Cieli”, non solo stanno accanto a chi è solo, sfruttato, emarginato, ma sono consci che i poveri sono elemento fondamentale dell’ecclesiologia. Ispirano la propria vita a quella di Gesù e sanno che lui – oggi – opera attraverso la loro voce, le loro braccia, il loro impegno. Sicuri che Gesù risorto carica su di sé il male del mondo e lo sconfigge, non si abbandonano al pessi-
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di Dio CARLO MIGLIETTA
EDIFICHERÒ LA MIA CHIESA Perché (e come) essere Chiesa secondo la Bibbia Presentazione di S.E. Mons. Guido Fiandino Editrice Gribaudi, pagine 288, € 16,00 Per capire perché c’è bisogno della Chiesa e come la volle Gesù, occorre che interroghiamo la Bibbia. Non si tratta di un trattato esaustivo di ecclesiologia biblica, ma, partendo dalla Sacra Scrittura, di un’analisi dei tratti prioritari che aiuta tutti, clero e laici, a vivere la Chiesa oggi nella fedeltà al Vangelo.
mismo e alla disperazione ma ogni cosa – per loro – ha senso. Anche la malattia e la morte». Travolta dagli scandali, perseguitata e costretta al silenzio, la Chiesa sembra destinata al fallimento. «Gesù paragona la Chiesa a un piccolo gregge, a sale, a lievito. Non essere maggioranza non rappresenta per la Chiesa una sconfitta ma un dono, pur continuando a proporci come luce e liberazione per gli altri. Come pellegrini in marcia verso il Regno, la Chiesa è chiamata a essere nomade, a vivere nella provvisorietà e a camminare in mezzo agli altri, anche a costo del martirio». Carlo Tagliani redazione.rivista@ausiliatrice.net
“I cristiani sono persone che si amano e si aiutano a vicenda, che gioiscono e soffrono insieme”. © Kurhan - Photoxpress
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Amare i giovani
E noi stiamo a guard a Leader o divi
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a società d’oggi, e quella giovanile in particolare, ha bisogno di autentici leader. Si ritrova, invece, con una pletora di divi. Qual è la differenza fra un leader ed un divo? Il leader è un personaggio carismatico, che con una vita coerente sa incarnare valori, proporre comportamenti attenti e utili agli altri, suscitare nuove energie, orientare verso mete più umane. E di solito, entra in conflitto con l’establishment costituito e per sua natura, conservatore. Il divo, al contrario, è il prodotto più appariscente di un modo di vivere basato sull’effimero, sull’apparenza, su un certo conformismo esistenziale spersonalizzante. Per capirci, leader sono stati, Martin Luther King, Nelson Mandela, il Mahatma Gandhi, papa Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, Chiara Lubich. Tra i divi, si possono annoverare i Beatles, Marlon Brando, Michael Jackson, Kurt Cobain, Elvis Presley... I leader propongono nuovi, e più giusti, modi di vivere; i divi, in genere, incarnano nuove trasgressioni per sfuggire, per lo più, al no sense della vita. Ogni giorno ci rendiamo sempre più conto che la nostra società postmoderna si rivela un ottimo brodo di coltura per il divismo. Lo testimoniano il grande successo televisivo di format come “Il grande fratello” o di personaggi come “veline”, “escort” ed opinion maker di tutte le specie e qualità. La signorina Gaga
Oggi, fra i tanti, due in particolare attirano su di sé l’interesse dell’amorfa opinione pubblica: Lady Gaga e Cetto La Qualunque. Chi sono? La signorina Stefani Joanne Angelina Germanotta, in arte Lady Gaga, vede la luce in quel di New York il 28 marzo1986. Di famiglia italoamericana cattolica, viene educata in scuole religiose. Intelligente, con una
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grande fantasia creatrice, molto dotata nel campo musicale, dove subisce l’influsso di Madonna, entra giovanissima nel mondo dello spettacolo e nel 2008 pubblica il suo primo album: “The Fame”. In pochissimo tempo brucia tutte le tappe del successo internazionale. Una recente
L’americana Gaga e, in basso, l’attore italiano Antonio Albanese, nel ruolo di Cetto La Qualunque. © wallpaperhd.org © filmup.com
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d are?
Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari (Trento, 1920 - Rocca di Papa, Roma, 2008), vera leader e testimone del Risorto. © Foto CSC - Centro S. Chiara Audiovisivi
inchiesta fra i giovani la piazza al vertice delle loro preferenze. In questa classifica è seguita da Justin Bieber, dai gatti e da, udite udite, dal Papa. L’università del South Carolina, facoltà di sociologia, sta tenendo un corso dal titolo “Lady Gaga and the sociology of the Fame”. Il motivo lo riferisce il professor Deflem Mathieu: “Lady Gaga non è solo una persona e non solo musica: con 10 milioni di fan su Facebook e 6 milioni su Twitter è un fenomeno sociale”. Grande scandalo sta suscitando il suo video “Alejandro”. Sono nove minuti di sesso violento, sadomaso e di gioco perverso, venato di misticismo e profanazione. Lady Gaga, vestita da suora, ingoia rosari e si dimena tra estasi e passione. Ognuno può trarre il messaggio che più gli aggrada. Il signor La Qualunque
Se compresi e amati, i giovani si dedicano con entusiasmo e generosità alle attività sociali. © www.donboscoland.it
Il signor Albanese Antonio, detto Cetto La Qualunque, nasce ad Olginate (Lecco) il 14 ottobre 1964. Dal 21 gennaio, sta spopolando nei botteghini delle sale cinematografiche con il suo film “Qualunquemente” (e la dicono lunga già il titolo del film e il nome del protagonista). Nei sondaggi d’opinione realizzati dall’Istituto Lorien Public Affairs, Cetto La Qualunque cattura il 9% delle dichiarazioni di voto, piazzandosi – lui che non ha fondato alcun partito vero, ma anzi ne fa la parodia esasperata – al quarto posto tra i partiti italiani dopo Pdl, Pd e Lega. Quale modello propone? Quello del politico perverso, depravato, che nutre un grande disprezzo per la natura, per la tradizione e per la donna. Presenta la desolante fotografia dell’odierno andazzo politico, di cui tutti siamo quotidianamente testimoni, dove contano appunto il potere, l’apparire, il successo e, ovviamente, il sesso. Sia Lady Gaga che Cetto La Qualunque hanno un impatto impressionante sui giovani. Don Bosco non rimarrebbe certo apatico osservatore. E noi? I giovani stanno aspettando le nostre proposte, la nostra leadership in campo educativo, culturale, etico e religioso. Ermete Tessore tessore.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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La cultura della gente Il settimanale cattolico a diffusione nazionale propone: s I FATTI PRINCIPALI DELL ATTUALITÌ CULTURALE E POLITICA s COMMENTI ANALISI RImESSIONI SUI TEMI IN DISCUSSIONE s UN PUNTO DI VISTA hCRISTIANOv SUGLI AVVENIMENTI
Corso Matteotti, 11 - 10121 Torino o Tel. e 011.5621873 - 011.545768 - Fax 011.549113 e-mail: redazione@ilnostrotempo.it
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Le ricette di Mamma Margherita
“Bagnèt verd” I
n quel fatidico 1848, Don Bosco non era proprio riuscito a tenere la politica fuori dal suo Oratorio. Così, mentre Carlo Alberto si accingeva a combattere la prima guerra di indipendenza, nei prati della periferia torinese, attorno a Valdocco, i ragazzi “di strada” combattevano finte guerre. Per incanalare in qualche modo lo spirito bellicoso e portare quei ragazzi all’Oratorio, Don Bosco, d’accordo con un amico, l’ex bersagliere Giuseppe Brosio, aveva inventato un nuovo gioco: organizzare pseudo manovre militari, utilizzando vecchi e ormai innocui fucili dismessi dall’esercito sardo. Il gioco era coinvolgente, e mentre l’esercito regio purtroppo perdeva terreno sui campi di battaglia, il “battaglione” di Don Bosco conquistava l’orto di Mamma Margherita, distruggendone gli ortaggi. Terminata la battaglia, la povera mamma ebbe fortissima la tentazione di tornarsene alla tranquilla vita dei Becchi, ma bastò un’occhiata di don Giovanni al Crocifisso per “inchiodarla” definitivamente a Valdocco ed a consacrarla Mamma dei Salesiani. Con un po’ di umorismo, oggi potremmo dire che quella sera Mamma Margherita avrebbe potuto trovare un magro motivo di consolazione nel fatto che, se i pomodori e le lattughe erano inservibili, il prezzemolo era “pesto” al punto giusto per preparare il “bagnèt verd” (bagnetto verde), classica salsa piemontese, che accompagna carni o pesci lessi. Per il famoso “bagnèt” occorrono: un mazzetto di prezzemolo (250-300 grammi), due o tre spicchi d’aglio, due filetti di acciuga, alcuni capperi, un cucchiaio di mollica di pane inzuppata nell’aceto, un bicchiere di olio, un pez-
Prezzemolo, aglio, acciuga e mollica sono gli ingredienti base del “bagnèt verd”. © Monika Adamczyk - Photoxpress
Un angolo del Museo della vita contadina, al Colle Don Bosco. Foto Beppe Ruaro
zetto di peperoncino piccante (facoltativo), un pizzico di sale. Si mettono gli ingredienti nel frullatore, e lo si fa girare sino ad ottenere una salsa omogenea (diminuendo o aumentando la quantità di olio, la salsa è più o meno densa, a piacere). Le nostre nonne la ottenevano tritando a lungo gli ingredienti con la mezzaluna, su un tagliere di legno: il metodo è valido anche oggi, ovviamente, e sembra che il “bagnèt” acquisti più sapore. Anna Maria Musso Freni redazione.rivista@ausiliatrice.net
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Vivere
Per Maria niente sala parto A
i giorni nostri la maternità è sempre meno una vicenda personale, e sempre più una questione sanitaria. Uscire dalla pancia della mamma non è facile e anche se siamo ammirati per la perfezione dell’organismo umano, una sala parto rassicura e può essere d’aiuto. In alcuni di noi c’è ancora il ricordo di qualche parto in casa, con l’aiuto dell’ostetrica. Colpisce, quindi, il racconto della nascita di Gesù in una stalla. Anche se non è scritto nei Vangeli (e con buona pace di certi studiosi), probabilmente c’è stato il solo aiuto di Giuseppe, che era però falegname, non certo ostetrico, e neanche veterinario o pastore. Immagiamo il batticuore di Maria e di Giuseppe, la loro emozione nel momento della nascita, la loro gioia nell’abbracciarlo. Niente sala parto e niente disinfettanti. Un ostetrico di nome Giuseppe Io ho avuto in braccio il mio primogenito lavato e “stirato”, fuori dalla sala parto dove avevo consumato l’attesa, perché era nato con taglio cesareo. Ero diviso tra la gioia del primo incontro e l’ansia dell’esito di un intervento che, comunque, era chirurgico. Mi piace immaginare Giuseppe con il Bimbo in braccio, diviso tra il Bimbo che strilla e Maria adagiata a terra, provata dal parto, nel sangue. Saremmo stati abbastanza pronti a tagliare il cordone ombelicale che univa Maria a Gesù? Giuseppe probabilmente lo è stato. Davvero grande questo Giuseppe: supera sempre prove più difficili! Colpisce anche la descrizione della precedente visita di Maria ad Elisabetta, sua cugina, che era rimasta incinta sei mesi prima. Ora che abbiamo la possibilità di vedere un piccolo con l’ecografia, possiamo apprezzare di più questo incontro. Immaginiamo facilmente i bimbi muoversi nel grembo materno. L’evangelista Luca
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Ogni bambino è un dono di Dio. © Artem Kulaksuz - Photoxpress
Il cordone ombelicale contiene sangue ricco di cellule staminali. Donarlo offre una speranza in più a tante persone malate. © Steve Lovegrove - Photoxpress
annota anche una capriola di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta, all’arrivo di Maria incinta. La bravura del “Progettista” Le più recenti scoperte scientifiche sul prenatale descrivono questa relazione mamma-bambino non soltanto sul piano metabolico, ma anche su quello emotivo, sin dalle prime settimane di vita. Un capolavoro questa vita umana in crescita in ambiente subacqueo! Peccato che ai giorni nostri questa capacità di indagine anziché essere occasione per ammirare la bravura del Progettista, sia diventata lo strumento per scegliere se “tenere” il figlio o no. Insomma, ci siamo ubriacati: dopo aver fatto cortei per la difesa di tutte le minoranze e contro le discriminazioni, compresi quella degli animali, troviamo normale selezionare i figli dando la caccia a quelli malati o con qualche problema. Basterà una doccia fredda per destarci? Maria e Giuseppe intercedano per un pronto ravvedimento. Valter Boero Presidente del Movimento per la Vita di Torino redazione.rivista@ausiliatrice.net
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Photogallery
Foto Dario Prodan e Mario Notario
IN FESTA CON DON BOSCO 31 gennaio 2011
Pellegrini in preghiera davanti all’urna di Don Bosco e durante una delle celebrazioni in Basilica.
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In queste pagine alcuni momenti delle celebrazioni.
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Il saluto del Rettore don Franco Lotto, all’Arcivescovo; Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino; Mons. Guido Fiandino, Vescovo Ausiliare di Torino, con don Franco Lotto. Mons. Nosiglia saluta alcuni pellegrini;
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Concelebrazione presieduta da don Stefano Martoglio, Ispettore dei Salesiani del Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania. Don Claudio Durando, parroco della parrocchia di Maria Ausiliatrice, durante la benedizione dei bambini, da lui presieduta.
Don Pascual Chávez Villanueva, nono successore di Don Bosco, benedice l’altare dedicato a Santa Cecilia, nella ristrutturata Cappella delle reliquie, sotto la Basilica di Maria Ausiliatrice.
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La pagina dell’ADMA
Essere benedizione come M ADMA news Per informazioni complete e aggiornate sull’ADMA nel mondo consultate il sito: www.admadonbosco.org oppure: www.donbosco-torino.it adma-on-line
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Il logo del VI Congresso Internazionale ADMA, aperto a tutti i gruppi della Famiglia Salesiana, in programma in Polonia, a Cze˛stochowa, dal 3 al 6 agosto 2011, con il motto “Totus Tuus” di Giovanni Paolo II. Maggiori informazioni sul sito www.kongresadma.pl
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a presenza e l’aiuto di Maria nella nostra vita di tutti i giorni, diventano per noi una benedizione, perché l’amore è la chiave per intendere la vita di Maria. Un amore vissuto sino in fondo, nella dimenticanza di sé, per compiere con diligenza appassionata la volontà di Dio. È per questo che ogni gesto di Maria, anche il più piccolo, non è mai banale, ma pieno di significato. Comportandoci come Lei e guidati da Lei, offriremo a quanti ci sono vicino la testimonianza di una vita semplice e gioiosa, che pur con i limiti e le fragilità della condizione umana, è coerente. Accogliendo in noi l’amore e l’aiuto di Maria, diventeremo per i nostri fratelli una benedizione e saremo portatori di pace e di gioia. Gioia e pace che il mondo non può dare: cioè la gioia di essere amati da Dio, di essere perdonati, la gioia del valore, della bellezza e della grandezza della vita. È la gioia dell’amore che Dio riversa nei nostri cuori; è anche la gioia dell’amore fraterno tra gli uomini, quell’amore che vediamo rilucere nella Santa Famiglia di Nazareth. Quindi, Dio dà a noi la sua pace e la sua gioia per riempirci il cuore di queste, e noi dobbiamo emanare, diffondere, irradiare pace e gioia. Dove dobbiamo andare per irradiarle? Nei luoghi dove viviamo. Innanzitutto in famiglia, poi nei luoghi di lavoro, di studio. La Madonna ha la sua strategia: Lei mette il diserbante là dove ci sono le erbacce. Noi siamo quel diserbante che la Madonna colloca nei punti strategici. Quindi, non lamentiamoci, se –
per ipotesi – in famiglia siamo soltanto noi quel diserbante, quel sale, quel lievito, quella luce in un mondo di tenebre, menzogne e morte. E poi, dappertutto, anche in strada, al bar, nei luoghi di divertimento, portiamo la santità di Dio, la sua luce, la sua bontà e misericordia, la buona parola. Questo è un bellissimo programma di vita, è la rivoluzione cristiana, questa è la trasformazione del mondo. Il mondo va avanti perché ci sono tantissime persone ignote, magari disprezzate, che là dove si trovano, sono benedizione e pace. Sono quei diserbanti che impediscono alle erbacce di prendere il sopravvento, sono quelle luci che impediscono alle tenebre di prendere possesso del mondo. Allora gli altri chiederanno: come si spiega la vostra gioia? Dove trovate la forza per vincere l’egoismo e le comodità? Chi vi insegna la comprensione, la dedizione e il servizio agli altri? È allora il momento di svelare il segreto della nostra vita, di raccontare la nostra esperienza di Dio e di rivolgere l’invito. “Venite e vedrete”. Pier Luigi Cameroni Animatore spirituale pcameroni@sdb.org
L’ADMA nel mondo Italia
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al 3 al 5 dicembre 2010 si sono svolti, per la prima volta, gli esercizi spirituali dei gruppi lombardi dell’Adma, predicati da don Cameroni. È stata un’occasione per riflettere sulla spiri-
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e Maria tualità mariana e su come viverla da “laici corresponsabili dell’essere e dell’agire”. Domenica 14 novembre 2010 presso il Centro di spiritualità Mamre di San-
teramo (Bari) si è svolta la prima assemblea regionale dei gruppi Adma della Puglia e della Basilicata. Hanno partecipato circa 120 persone, in rappresentanza dei gruppi attivi nelle Regioni. Nel particolare: il manifesto della giornata.
I partecipanti agli esercizi spirituali dei gruppi lombardi dell’Adma. Prima assemblea regionale dei gruppi Adma della Puglia e della Basilicata.
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Appuntamenti mariani
Il miracolo del prodigioso sangue, I
n epoca medievale, quando alcuni movimenti ereticali, come quelli dei Catari e Patarini, negano la presenza reale di Gesù nella Eucaristia, a Ferrara avviene uno dei più antichi miracoli eucaristici. L’evento si registra a Santa Maria in Vado, una chiesa risalente al V secolo, così chiamata perché costruita sulla sponda (guado) del fiume Ferraruolo. Lì si venera un’immagine della Madonna di san Luca o di Costantinopoli, proveniente dal lontano Oriente. E lì, sotto lo sguardo materno di Maria, il 28 marzo 1171, il priore dei Canonici Portuensi, Pietro da Verona, celebra la S. Messa solenne di Pasqua, con grande concorso di fedeli. Nel momento in cui spezza l’Ostia consacrata, un fiotto di sangue schizza tanto violento ed abbondante da raggiungere addirittura la volta sovrastante l’altare. I testimoni sono tanti. Alcuni affermano persino di aver visto la santa Ostia color carne, altri di aver visto la figura di un Bambino. Accorrono il vescovo di
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CSDM online Consultate l’archivio on-line del Centro di documentazione. Troverete anche nuove informazioni ed approfondimenti. www.donbosco-torino.it Questo mese: storia illustrata dei Papi della seconda metà dell’VIII secolo.
L’immagine della Madonna di San Luca o di Costantinopoli, venerata nella chiesa ferrarese di Santa Maria in Vado.
PARROCCHIA SANTA MARIA IN VADO Via Borgovado, 3 44121 Ferrara Tel. 0532.65127 Ogni 28 del mese viene celebrata l’Eucarestia e il ricordo del miracolo.
Ferrara, Amato, e l’arcivescovo di Ravenna, Gherardo. Essi pure constatano il prodigio: il Sangue vivissimo rosseggia ancora sulla piccola volta dell’altare. Prendono le dovute informazioni dai testimoni e alla fine dichiarano che quello è “Vero Realissimo Sangue Mira-
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e a Ferrara coloso di Nostro Signore Gesù Cristo”. Numerose ed autorevoli sono le testimonianze miracolose che si aggiungono nel corso dei secoli. Con Bolla del 30 marzo 1442, papa Eugenio IV riconosce ufficialmente il Miracolo e dichiara “la Chiesa di Santa Maria in Vado deve essere onorata... in essa il Corpo e Sangue di Cristo apparvero manifestamente durante la Messa... tanto gli ecclesiastici, quanto i laici videro l’Ostia cambiata nella Vera Carne e nel Vero Sangue di N. S. G. C. sotto la forma di Bambinello”. In seguito a questo riconoscimento papale, la devozione al Sangue Prodigioso aumenta e, con l’arrivo dei Canonici Regolari Lateranensi quali custodi della piccola chiesa, nel 1494 iniziano i lavori dell’attuale grandiosa basilica, a tre navate, dovuta alla generosità degli Estensi e alla ingegnosità di vari architetti ferraresi, tra i quali Biagio Rossetti ed Ercole Grandi. I lavori proseguono con tanto fervore che già il 18 aprile del 1518 “Desiderio Vescovo Umbriticense L’artistica cappella custodisce l’altare del miracolo eucaristico, all’interno della grandiosa basilica a tre navate.
Il chiostro costruito a fianco della chiesa, fatta costruire dagli Estensi.
può solennemente consacrarla, dedicandola alla Annunciazione della Beata Vergine”. Nei secoli successivi la devozione al Sangue Prodigioso è sempre stata molto viva. Nel 1930 diventano Custodi del Santuario, dopo i Canonici Lateranensi e dopo i Padri Camilliani, i Missionari del Preziosissimo Sangue, fondati da san Gaspare del Bufalo, che il beato papa Giovanni XXIII ha definito “il vero e più grande apostolo della devozione al Preziosissimo Sangue di Gesù nel mondo”. Tra i pellegrini illustri, anche papa Giovanni Paolo II, che ha visitato la basilica il 20 settembre 1990. Mario Morra morra.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Wellness educativa
La partita educativa nello I
“ giovani sono la porzione più preziosa e delicata dell’umana società” diceva Don Bosco e su questo convincimento si fonda l’azione salesiana al fianco dei ragazzi in molti campi. Prendiamo ad esempio il gioco e lo sport: qui l’attività dei Salesiani è presente da sempre, a partire dall’oratorio, e si è sviluppata negli anni attraverso varie esperienze fino alla recente nascita del CNOS Sport (Centro Nazionale Opere Salesiane per lo Sport). Ne è referente don Claudio Belfiore, presidente dell’associazione. Nel 2010, don Claudio ha curato l’edizione del libro “Sport: una passione da vivere in famiglia” (ed. Elledici), breve e divertente sussidio per genitori e allenatori. La missione del CNOS Sport si fonda sulla convinzione che l’attività sportiva ha reali potenzialità educative, a beneficio del singolo e della società, proprio a partire dalla famiglia. “I primi ad essere coinvolti nello sport dei figli sono i genitori”, dice don Claudio. Con loro giocano animatori, educatori e allenatori. Il libro è nato a bordo campo osservando i comportamenti degli adulti
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verso i giovani e suggerendo modalità educative diverse: il tennis tavolo diventa “tennis dialogo”, il nuoto sincronizzato “tempo sincronizzato”, e così via per altre dieci metafore sportive. Lo sport di oggi è però anche luogo di competizione violenta. Quale spazio per i giovani? Afferma don Claudio: “La cultura attuale è un torrente che travolge. Don Bosco diceva che la forza delle cordicelle è mettersi insieme per fare una fune”. Così il CNOS Sport ha pensato di andare oltre il libro lanciando a gennaio 2011 “La partita educativa”, una campagna aperta a tutte le realtà sportive italiane, piccole e grandi, ecclesiali e civili, amatoriali e professionistiche. Come partecipare? “Basta iscriversi sul sito www.salesianiperlosport.org”, spiega don Claudio, “giocare condividendo esperienze e vincere realizzando una Don Claudio Belfiore, Presidente del CNOS SPORT. © www.salesianiperlosport.org
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o sport
Primo passo: iscriversi
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Inserire il nome della propria società sportiva o squadra nel Registro dei Partecipanti: non è affiliazione, ma atto formale di impegno a vivere lo sport con sensibilità educativa, partecipando a questa campagna.
Secondo passo: giocare
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Ogni realtà gioca la sua partita in casa: non si gareggia con altre società sportive. Con spirito di iniziativa e fantasia si tratta di condividere le proprie esperienze educative nello sport inviando al sito la relativa documentazione.
Terzo passo: vincere
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rete di realtà ispirate ai valori di correttezza, lealtà, amicizia”. L’iniziativa ha come Testimonial d’eccezione il CT della Nazionale di calcio Cesare Prandelli. “Oggi lo sport ha bisogno del gioco per ritrovare bontà e dignità”, conclude don Claudio, “La competitività spinge al risultato, ma il vero sport diverte, piace e aggrega, specialmente nell’età giovanile”. Chiara Di Franco redazione.rivista@ausiliatrice.net
Cosa si vince? Questa è la domanda che uccide lo sport, lo priva della propria forza interna, lo svuota di senso: la partita educativa è innanzi tutto una sfida con se stessi: Non per soldi, né per coppe o medaglie, ma per una nuova cultura sportiva.
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Per aderire a “LA PARTITA EDUCATIVA”: www.salesianiperlosport.org (Possono partecipare polisportive, associazioni, squadre, palestre, oratori, singoli atleti, ecc...). CNOS Sport - Via Marsala 42, Roma Presidente: don Claudio Belfiore Per informazioni: segreteria@salesianiperlosport.org Tel. 064450653 Ufficio Stampa: Giorgia Li Vigni, glivigni@salesianiperlosport.org Tel. 3932078759 ___________________ Visitateci su Facebook: “La partita educativa” ___________________ N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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Lettere a Suor Manu
“Signore, trasformami in “S
ono la mamma di Marco, un bambino di quinta elementare. Quest’anno è diventato amico di un suo compagno che fino all’anno scorso non avevo notato. Poiché si incontrano anche fuori scuola per i compiti o per giocare, ho avuto modo di chiacchierare un po’ con la mamma del compagno. Che tristezza: ho avuto la sensazione che parlasse del figlio come di un “ingombro”. Mi è sembrato che sia nato quando sperava di non averne più, ma, se anche fosse, mi chiedo: è mai possibile non amare un figlio? (Francesca, Genova).
”
Me lo chiederei anch’io, se nella mia esperienza non avessi incontrato alcuni ragazzi, non molti grazie a Dio, che non si sentivano amati dai genitori. Tutti sappiamo che già nell’utero materno il bambino percepisce se è desiderato e atteso, o meno. Per questo, Don Bosco diceva saggiamente: “Non basta amare i giovani, bisogna che essi sentano che sono amati”. Raccontano che intorno alla stazione
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principale di una grande città, si davano appuntamento, ogni giorno e ogni notte, barboni, ladruncoli, immigrati irregolari e giovani drogati. Colpiva, tra tutti, un giovane, sporco e con i capelli lunghi e trascurati, che si aggirava tra gli altri naufraghi della città, come se avesse una personale zattera di salvezza. Quando le cose gli sembravano proprio andare male, nei momenti di solitudine e di angoscia più nera, il giovane estraeva dalla sua tasca un bigliettino unto e stropicciato e lo leggeva. Poi, lo ripiegava accuratamente e lo rimetteva in tasca. Qualche volta lo baciava, se lo appoggiava al cuore o alla fronte. La lettura del bigliettino faceva effetto subito. Il giovane sembrava riconfortato, raddrizzava le spalle, riprendeva coraggio. Che cosa c’era scritto su quel misterioso biglietto? Sei piccole parole soltanto: “La porta piccola è sempre aperta”. Tutto
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tivù” qui. Era un biglietto che gli aveva mandato suo padre. Voleva dire che era stato perdonato e in qualunque momento avrebbe potuto tornare a casa. E una notte lo fece. Trovò la porta piccola del giardino di casa aperta. Salì le scale in silenzio e si infilò nel suo letto. Il mattino dopo, quando si svegliò, accanto al letto, c’era suo padre. In silenzio, si abbracciarono. La cosa più preziosa che possiamo dare ai nostri figli è certamente la percezione di essere amati, e non soltanto a parole! Come? Non so se ci sia una ricetta, ma certamente ci sono alcuni ingredienti indispensabili: il primo è l’ascolto. “Ascoltami con gli occhi”, diceva quel bambino alla mamma che sbrigava qualunque faccenda in cucina, mentre suo figlio parlava. Noi adulti non ci ascoltiamo mai abbastanza, ma soprattutto è necessario ascoltare i ragazzi, ascoltare le loro preoccupazioni, i loro sogni, i loro timori, i loro desideri. A volte sento dire “mio figlio non mi dice mai niente”. Forse bisogna avere la pazienza di fare le domande giuste, nel modo e nel momento giusto. Un altro ingrediente importante è lo sguardo. Una bambina mi scriveva in un bigliettino: “Grazie perché mi guardi”. Sembra una barzelletta – ed invece è una realtà – la vicenda del bambino che pregava: “Signore, trasformami in un televisore, così i miei genitori mi guardano”. Quante cose si possono dire con lo sguardo? E poi le parole... Le parole sono magiche: alcune fanno vivere, altre fanno morire. Tutto sommato, non serve molto per far sentire ai figli che li amiamo: orecchie, occhi e bocca... E chi non li ha? Manuela Robazza
© Paolo Siccardi /Sync
MARIO SCUDU
MARIO SCUDU
ANCHE DIO HA I SUOI CAMPIONI
120 profili tiri di Santi e Mar Prefazione di
Bruno Ferrero
120 profili di Santi e Martiri Prefazione di Bruno Ferrero Editrice Elledici, pagine 000, € 00,00 Il volume raccoglie le biografie pubblicate nella rubrica “Un Mese un Santo”, nella nostra Rivista dal 1998 al 2008, alle quali ne sono state aggiunte altre. Il libro è particolarmente adatto ai Parroci, agli operatori pastorali, agli insegnanti di religione e a quanti desiderano spunti per migliorare la loro vita spirituale.
suormanu.rivista@ausiliatrice.net N° 2 • MARZO-APRILE 2011
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SOMMARIO
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28 Miracoli quotidiani
Canta e cammina La pagina del Rettore
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L’abitino di Domenico Savio
don Franco Lotto
L. Bortolin
Facile incolpare i giovani Domenico Ricca Editoriale
30 Un “vu cumprà” della Parola di Dio
Nessuno vada perduto Leggiamo i Vangeli
32 E noi stiamo a guardare?
Il punto di vista
Carlo Tagliani
Amare i giovani
Marco Rossetti
Ermete Tessore
Il tempio di pietra e il cuore di carne Maria Ko Ha Fong Spiritualità mariana
35 Il “bagnèt verd”
Con un solo cuore Maria nei secoli
36 Per Maria niente sala parto
Le ricette di Mamma Margherita A. M. Freni
Vivere
Roberto Spataro
Valter Boero
Una persona speciale, anzi unica Marco Bonatti La Parola qui e ora
37 In festa con Don Bosco
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Per la maggior gloria di Dio Mario Scudu Amici di Dio
40 Essere benedizione come Maria
16
Caro Papa, hai fatto la Prima Comunione? Enzo Bianco Il Papa ci parla
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Perla del clero e “prete della forca” Vita della Chiesa Pier Giuseppe Accornero
44 La partita educativa nello sport
20 Il futuro dei giovani si gioca al Valdocco All’ombra del Santuario
Luca Mazzardis
Photogallery
M. Notario e D. Prodan
La pagina dell’ADMA
Pier Luigi Cameroni
Il miracolo del sangue prodigioso a Ferrara Mario Morra Appuntamenti mariani
Wellness educativa
Chiara Di Franco
46 “Signore, trasformami in tivù” Lettere a Suor Manu
Manuela Robazza
22 Felicità è... le patatine fritte Catechesi & dintorni
A. M. Musso Freni
23 Completo nella mia carne... Il poster
a cura di Mario Scudu
27 Ricordando don Teofilo Molaro Mario Scudu
FOTO DI COPERTINA: Adorazione in Cappella Pinardi, “culla” della Famiglia Salesiana. Sullo sfondo il dipinto di Gesù risorto in ricordo del giorno di Pasqua 1846. Foto di Mario Notario
ANNO XXXII BIMESTR ALE Nº 2 - 2011
R
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Sei sempre
con noi Gesù
a
genz pag.4 Emer ativa educ
Facile incolparesocietà i giovani. Una . senza spessore
Leader o a pag. 32 divi?
risti pag.16 Euca ricorda la sua Il Papa ne Prima Comunio e il valore del sacramento.
E noi stiamo nostre a guardare? Le responsabilità.
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