Rivista Maria Ausiliatrie n.4/2010

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Spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20B - Legge 662/96 - D.C./D.C.I. - Torino - Tassa Pagata / Taxe Perรงue

ANNO XXXI - MENSILE - Nยบ 4 - APRILE 2010

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Rivista della Basilica di Torino-Valdocco

Passio Christi, passio hominis


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Attività & iniziative hic domus mea

inde gloria mea Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)

Direttore responsabile: Sergio Giordani Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-1980 Stampa: Scuola Grafica Salesiana Torino Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Centralino 011.52.24.822 Rivista 011.52.24.203 Fax 011.52.24.677 rivista@ausiliatrice.net www.donbosco-torino.it Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice, Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Collaboratori: Corrado Bettiga, Lorenzo Bortolin, Marina Lomunno, Maurizio Versaci, Nicola Latorre Per Bonifici: Codice IBAN: IT15J076 0101 0000 0002 1059 100

Carissimi lettori, a tutti voi giungano i nostri calorosi auguri di Buona Pasqua! Cristo è risorto, alleluia! Il Signore è veramente risorto, alleluia!

SANTE MESSE

CONFESSIONI

Giorni feriali: le Sante Messe vengono celebrate alle ore 6,30 / 7,00 / 7,30 / 8,00 / 8,30 / 9,00 / 10,00 / 11,00 / 17,00 / 18,30. Santa Messa prefestiva ore 18,00. Nei mesi di luglio e agosto viene sospesa la Santa Messa delle ore 8,30. Ad agosto anche quella delle ore 17,00. Giorni festivi: alle ore 7,00 / 8,00 / 9,00 / 10,00 / 11,00 / 12,00 / 17,30 / 18,30 / 21,00.

Quella delle Confessioni è una delle attività spirituali principali e più ricercate nel Santuario-Basilica di Maria Ausiliatrice. Le confessioni, su richiesta, possono anche essere ascoltate in: italiano, francese, inglese o spagnolo. Giorni feriali: dalle ore 6,30 alle 12,00 e dalle ore 14,30 alle 19,00. Giorni festivi: dalle ore 7,00 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 19,00. Inoltre dalle ore 20,30 e alle 21,30 durante la celebrazione della Santa Messa della sera.

PayPal: abbonamento.rivista @ausiliatrice.net

Abbonamento annuo: .................. € 13,00 Amico .................... € 20,00 Sostenitore ............ € 50,00 Europa .................. € 15,00 Extraeuropei .......... € 18,00 Un numero ............ € 1,30 Spediz. in abbonam. postale Pubblicità inferiore al 45%

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Colloqui spirituali Ci si può riferire a qualche sacerdote in sacrestia. Oppure nei giorni feriali dalle 16,00 alle 18,30 il sacerdote riceve in una saletta all’interno del Santuario-Basilica.

Visita ai luoghi salesiani Le visite di gruppi di pellegrini possono essere guidate da un salesiano del Santuario.


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La pagina del Rettore

Pasqua: trionfo dell’amore Carissimi amici, il mese di aprile si apre con l’annuncio della Pasqua! “Cristo è veramente risorto” canta la liturgia: “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”. È l’esplosione della vita in quel particolare momento storico, ma è anche l’esplosione della vita oggi, su questo nostro mondo segnato in tante parti da una cultura di morte: Cristo è vivo e la morte non ha più potere! Annunciare la Pasqua vuol dire sperimentare ed affrontare questo prodigioso duello, spargere a piene mani amore alla vita, annunciare una speranza gioiosa, squarciare le nubi che opprimono gli uomini perché risplenda nuovamente il sole. Di questo siamo chiamati ad essere testimoni credibili e coraggiosi. Dal 10 aprile al 23 maggio, a Torino vivremo un’esperienza significativa: l’esposizione della Sindone, immagine misteriosa che ricorda la Passione del Signore e rimanda al mistero del Risorto. Alcune teorie sulla formazione dell’immagine di questo lenzuolo ipotizzano che essa sia stata impressa da un’esplosione di energia, dovuta proprio alla risurrezione. Ipotesi affascinante, ma che non fa dimenticare che ci troviamo di fronte ad un mistero di morte e di vita, che il Vangelo descrive come mistero di amore. Ed è questo mistero di amore che attrae, che suscita domande, che affascina i nostri cuori. La Sindone è un invito a prendere sul serio l’avventura cristiana. Tanti saranno i pellegrini e tanti saranno coloro che dopo il passaggio in Cattedrale

cercheranno un momento di riflessione, di preghiera, di perdono, di celebrazione dell’Eucaristia, memoriale della passione, della morte e della risurrezione del Signore. La nostra Basilica è inondata di domande di accoglienza per l’ospitalità, per la visita ai luoghi di Don Bosco, per pregare la Vergine Ausiliatrice. In particolare siamo subissati dalle richieste per la celebrazione dell’Eucaristia in Basilica e nelle varie cappelle di Valdocco, tanto che non riusciamo più ad accontentare tutti. Saranno giorni impegnativi, ma siamo ben contenti di poter offrire questo servizio di accoglienza: è la casa di Maria, è la casa della Madre sempre pronta ad accogliere i suoi figli. Il periodo della Sindone si concluderà con la Pentecoste e proprio alla vigilia della Festa di Maria Ausiliatrice: non potevamo desiderare di meglio. A tutti l’augurio di una Santa Pasqua, con l’assicurazione del nostro ricordo per tutti in Basilica. Don Franco Lotto, Rettore lotto.rivista@ausiliatrice.net

I Valdocco, terra di accoglienza per ogni tempo.

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Editoriale

Facciamo silenzio, parla l Carissimi,

U Il Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino dal 1999 e Custode Pontificio della Sindone, è nato a Salgareda, in Diocesi e in provincia di Treviso, il 18 marzo 1933.

Y Il 2 maggio 2010 il Santo Padre Benedetto XVI sarà in visita a Torino per venerare la Sindone.

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grazie. È questa la parola che nasce spontanea nel mio cuore a pochi giorni dall’Ostensione della Sindone. Grazie al Signore, innanzi tutto. Perché l’immagine dell’Uomo della Sindone, che richiama con impressionante chiarezza la sofferenza patita da Gesù, ci fa riflettere sul suo immenso amore verso ciascuno di noi. L’apostolo Giovanni scrive che “Dio è Amore” (1 Gv 4, 8) e “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui ... abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Così la Sindone, testimone silenziosa del dolore e dell’angoscia patita da quell’Uomo, da un lato può sbigottire, ma dall’altro ricorda a ciascuno che “Dio mi ama immensamente”. Grazie, poi, a Papa Benedetto XVI. Come molti di voi, non dimenticherò quel 2 Giugno del 2008, quando durante l’udienza riservata alla Diocesi di Torino, il Santo Padre ha manifestato il suo consenso a una nuova Ostensione della Sindone e ha anticipato che “Se il Signore mi dona la vita e la salute, spero di venire anch’io”. Torino è ben lieta di accoglierlo per la prima volta come Sommo Pontefice. Grazie anche agli Enti pubblici e a quanti, a vario titolo e spesso gratuitamente, sono impegnati nell’organizzazione di questo evento. Evento che se è e resta religioso (e qui penso anche al servizio che sarà offerto ai pellegrini con la Cappella dell’Adorazione e la Penitenzieria), non da me-

no implica molti aspetti pratici: dall’ospitalità all’assistenza sanitaria, dall’organizzazione della viabilità alla comunicazione. E dopo il grazie, il mio “benvenuto”. Benvenuto a ciascuno di voi, che sosterete in riflessione e preghiera davanti alla Sindone, a questa immagine, misteriosa per la scienza e sfida per l’intelligenza, come la definì Papa Giovanni Paolo II, e che per noi credenti è segno della Passione di Cristo. Non a caso, come tema di riflessione per questa Ostensione ho proposto il motto «Passio Christi, passio hominis». La Sindone è richiamo forte a contemplare, nell’immagine, il dolore di ogni uomo, le sofferenze alle quali spesso non sappiamo neppure dare un nome. La contemplazione della Passione ci aiuta a capire che la sofferenza umana non può essere compresa se non a partire da quella del Signore, pena il cadere nella disperazione e nel senso nichilistico che non poca parte del pensiero moderno e contemporaneo ha evidenziato. La Sin-


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a la Sindone done presenta agli occhi e al cuore dei fedeli la figura di Cristo sofferente che, contemplato a partire dall’evento della Risurrezione, evidenzia non soltanto la vittoria sulla sofferenza e la morte del Figlio, ma anche sulla sofferenza e la morte delle persone di ogni tempo e di ogni luogo. Guardando la Sindone, la fatica umana, la delusione, la sofferenza fisica e morale, il lutto, la solitudine, l’emarginazione, l’ingiustizia sociale, il peccato – la “passio hominis”, appunto – trovano motivi di conforto e di speranza. Speranza e proposito di una vita rinnovata dall’incontro con Gesù. Speranza e testimonianza del Vangelo, la “buona notizia” per eccellenza. Speranza e partecipazione alla sofferenza di tutti gli uomini. Speranza e inventiva di iniziative di solidarietà verso i poveri, gli ammalati, le persone in difficoltà, gli immigrati, i sofferenti. L’immagine sindonica ci suggerisce tutte queste cose proprio a partire da una condizione di silenzio assoluto: il momento nel quale il Salvatore tocca il punto estremo dell’abbassamento e muore. Non c’è, quindi, invito migliore a fare silenzio anche in noi, così da lasciare spazio alle parole che giungono, quasi un sussurro, da quel corpo martoriato, da quel volto sfigurato, da quegli occhi chiusi eppure penetranti, e capire che come sulla Croce il Salvatore toccando l’estremo abbassamento dimostra di essere il Figlio di Dio, così ciascuno di noi, pur provato da fatiche e sofferen-

ze, trova la forza per sperare e reagire. Come Custode Pontificio della Sindone, auguro a tutti che l’Ostensione possa essere una grande opportunità per conoscere e amare meglio il Signore Gesù, i fratelli e anche se stessi. In una parola, per riscoprire la gioia di sentirci amati infinitamente da Dio e per testimoniarlo al mondo. Vi attendo e per intercessione di Maria, che a Torino imploriamo come Consolata e come Ausiliatrice, invoco su di voi la benedizione del Signore. ✠ Severino Card. Poletto Arcivescovo di Torino

I Il manifesto ufficiale dell’Ostensione della Sindone 2010.

Solenne Ostensione della Sindone 10 APRILE - 23 MAGGIO 2010 PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA E GRATUITA A PARTIRE DAL 1° DICEMBRE 2009

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Leggiamo i Vangeli

L’essenziale che non teme (Lc 10,38-42)

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l dottore della Legge che gli chiede «Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (10,25-37), il Maestro risponde di amare Dio ed il prossimo. Gesù ha però ancora un approfondimento da offrire in merito a quella domanda. Una vicenda accaduta a Betania (Gv 11,1) costituisce l’occasione da cui scaturisce l’ulteriore insegnamento che si raccoglie in una breve espressione: «Di una cosa sola c’è bisogno», ascoltare la Parola. Nulla è più essenziale di questo. Colui che non ascolta non può infatti sapere chi il Signore gli chieda di diventare e cosa gli comandi di fare.

Y “Una sola cosa è necessaria, Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via”. Jan Vermeer, (1632-1675), Cristo in casa di Marta e Maria / Editrice Elledici.

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Marta e Maria A differenza dei Samaritani che non avevano accolto Gesù perché diretto a Gerusalemme (9,52-53), Marta e Maria non esitano ad ospitarlo nella loro abitazione. Sarà però sufficiente aprirgli le porte? Certo che no! Bisognerà offrirgli dell’acqua perché si rinfreschi e preparagli un’accoglienza che lo onori. Tutto questo spinge Marta ad adoperarsi al massimo delle sue capacità. Maria invece, «seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola» (v. 39). L’evangelista Giovanni sarà totalmente concorde cir-

ca l’indole di queste due donne allorché, in occasione della rianimazione di Lazzaro morto, scriverà di Marta, tutta intenta a ricevere Gesù e a parlare con Lui, e ci racconterà di Maria, dapprima «seduta in casa» (Gv 11,20) e poi, giunta dal Signore, prostrata ai suoi piedi (Gv 11,32). Anche in Gv 12,2-3 si legge che Marta si fosse messa a servire Gesù mentre Maria avesse preferito compiere gesti d’amore purissimo per lui. Luca osserva che la fraintesa noncuranza della sorella non piace a Marta che senza esitazione si rivolge a Gesù chiedendogli di congedarla perché la possa aiutare (v. 40b). Certamente questo è il primo dei vertici drammatici del bra-


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me confronti no, ma il successivo, quello segnato dalle parole di Gesù, è il più importante poiché è proprio in esso che va ricercato l’insegnamento. Solo una questione di temperamento? La replica del «Signore» a Marta è distesa e dà soluzione alla questione: nessun rimprovero in quelle parole, ma solo il desiderio che spinge a volere il bene di persone già intimamente care (Gv 11,5). Un’affrettata considerazione della risposta porterebbe ad affermare che Gesù intenda fare un confronto tra un temperamento portato all’attività ed uno propenso alla contemplazione. Di fatto non è così! Tutto l’insegnamento è invece incentrato sull’importanza dell’ascolto della Parola, «la parte migliore»: si tratta di una priorità così essenziale da non poter essere confrontata con nulla. Di fronte ad essa non vi è indole o propensione umana che giustifichi: si deve ascoltare il Signore. Da ciò viene la preziosa indicazione offerta a Marta, il cui modo di fare non è squalificato, ma ridimensionato: ciò che l’ha ingannata, «distolta» (v. 40a ), è stato un affanno misto ad un’agitazione tanto smisurata da poter essere narrata col verbo con cui normalmente si descrive il mare in burrasca. Quell’esagerazione aveva strappato la donna dal tesoro più grande dell’ascolto! L’essenziale che conta Per «ereditare la vita eterna» (10,25) bisognerà sempre garantire priorità

all’ascolto. Ad Israele Dio aveva detto «Ascolta» (Dt 6,4); agli apostoli in occasione della Trasfigurazione lo aveva ripetuto «Questi è il figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» (9,34). Ora è il Signore Gesù a rivolgere ad ogni discepolo lo stesso monito facendoci capire che di «una sola cosa c’è bisogno» (v. 42a): ascoltare Lui è l’essenziale che non teme confronti. La Parola di Gesù dura per sempre: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (21,33); le sue Parole sono «spirito e vita» (Gv 6,63) e chi le fa proprie scoprirà che realmente il Signore ha per noi soltanto «parole di vita eterna» (Gv 6,68). Esse sono «la parte migliore», la ricchezza che non ci sarà mai tolta (v. 42b). Marco Rossetti

U “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.

rossetti.rivista@ausiliatrice.net

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Spiritualità mariana

Maria, donna della Pasqua F

U Cristo Risorto appare alla Madre. Vetrata di Ks. Jozep Capiga e R. Z. Rotzina nel Santuario della Mentorella (Capranica Prenestina, Roma).

ederico Nietzche, parlando di cristiani nel suo Zarathustra, afferma: «Canti migliori dovrebbero cantarmi, perché io impari a credere al loro Redentore. Un’aria più da salvati dovrebbero avere i suoi discepoli». È questa una delle sfide più forti per i cristiani d’oggi, che si dimenticano facilmente di aver accolto e di dover annunciare una «lieta notizia», che fanno fatica a vivere con convinzione e originalità la loro dignità segnata dalla gioia pasquale. Per essere cristiani più “pasquali” e più credibili, bisognerebbe che ci rivolgessimo a Maria, che è modello della vita pasquale. Il suo canto del Magnificat è paragonabile all’exsultet che la Chiesa intona nella notte di Pasqua. La Pasqua, il passaggio di Dio nella storia umana realizzato in Cristo, opera un passaggio dell’uomo dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dalla disperazione alla gioia. Il Magnificat celebra appunto questo passaggio.

Maria sperimenta in sé il passaggio di Dio «O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore». Così canta la Chiesa nell’exsultet pasquale. Pasqua è dove si celebra questo passaggio-incontro, in cui è sempre Dio a fare il primo passo. Il passaggio-proposta esige un passaggio-risposta: Dio passa dalla parte dell’uomo perché l’uomo possa passare alla parte di Dio. Al venire divino risponde un andare umano, all’avvento di Dio fa eco l’esodo dell’uomo. Maria sente realizzarsi dentro di sé questo misterioso incontro. Ella sperimenta la pasqua mentre canta il Magnificat. «L’anima mia magnifica il Si-

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gnore»: Maria coglie il passo di Dio, percepisce con stupore l’irrompere della sua forza salvifica e trasale di gioia per la grandezza del suo amore. «Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente»: in lei Dio rinnova i prodigi dell’antica pasqua, in lei Dio compie ora una nuova pasqua. Le è dato di testimoniare un nuovo passaggio di Dio nella storia, un passaggio che porta un nome e un volto: Gesù Cristo, di cui Maria è chiamata ad essere madre. Tutta l’opera salvifica di Gesù si svolge nel dinamismo del passaggio: con l’incarnazione, il figlio di Dio «discende dal cielo» (Gv 6,38), passando dalla sfera di Dio al mondo umano; la croce e la risurrezione, invece, segnano il suo «passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1). Maria è testimone e collaboratrice di questo duplice passaggio, ciò conferisce a tutta la sua esistenza una tonalità pasquale. In Maria si compie il passaggio dell’umanità «Dio ci ha fatti passare dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre alla luce. Perciò diciamo davanti a lui: alleluia!»: sono parole della liturgia pasquale ebraica, che evidenziano questo concetto: il passaggio di Dio opera un passaggio nell’uomo. Pasqua è passare a ciò che non passa! Nel suo canto del Magnificat, Maria si fa voce di tutta l’umanità. È l’umanità sorpresa dall’amore che celebra le sue nozze con Dio. È l’umanità povera che canta la sua Pasqua di salvezza. «Ha spiegato la potenza del suo braccio...» (Lc 1,51-55). Con una serie di sette verbi: spiegato, disperso, ro-


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T L’icona della Madre di Dio “Roveto ardente”. Scuola di Palekh, metà del 19º sec..

vesciato, innalzato, ricolmato, rimandato, soccorso, Maria descrive l’agire di Dio sull’umanità. Il numero sette ha il significato di totalità, i verbi quindi indicano la logica di fondo, il criterio e lo stile d’azione di Dio, che è sostanzialmente questo: Egli si manifesta come il Dio della Pasqua. Infatti i sette verbi rappresentano tutti un ribaltamento della situazione, un passaggio. La Pasqua di Dio sconvolge gli schemi umani ed opera un cambiamento, di cui Maria è testimone e profezia. Accompagnando l’umanità nel cammino pasquale, ella rivolge ancora oggi, a tutti, la parola incoraggiante di Mosè a Israele davanti al Mar Rosso: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi» (Es 14,13). Maria Ko Ha Fong kohafong.rivista@ausiliatrice.net

A MARIA, DONNA DELLA PASQUA O Maria, vergine del Magnificat e donna della Pasqua, veglia su questo mondo in continuo passaggio ma che non sa dove andare. Sei l’esperta del passaggio. A Nazaret il tuo “sì” segna il passaggio tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Ad Ain Karim annunzi con il tuo Magnificat il passaggio ad un mondo nuovo. A Betlemme partecipi al passaggio di Dio dal cielo alla terra. A Gerusalemme con la profezia di Simeone e con la perdita del tuo figlio nel tempio compi una pasqua interiore e senti passare una spada nel tuo cuore. A Cana hai provocato il passaggio dall’acqua al vino. Al Calvario sei testimone del passaggio dell’umanità dalla morte alla vita. Nel cenacolo accogli con tutta la Chiesa la pasqua dello Spirito. Dopo il tuo “passaggio” nel cielo, non hai cessato di essere ausiliatrice della nostra pasqua, causa della nostra letizia. Lungo tutta la storia della Chiesa ti troviamo in tutte le svolte, in tutti i momenti quando spunta l’alba, quando germoglia la vita. Continua ad assisterci, o Maria, nei nostri vari passaggi in questa terra, fino al nostro passaggio definitivo al cielo, per raggiungere te e il tuo figlio Gesù Cristo, nostra Pasqua.

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Maria nei secoli

Bernardo cantore d “

U Bernardo di Chiaravalle fu un religioso, abate e teologo francese. Apparizione della Madonna a San Bernardo (particolare), Filippo Lippi (1486), Firenze, Badia Fiorentina.

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ergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura...”. Così comincia la stupenda preghiera alla Vergine del Paradiso dantesco. Dante la mette sulle labbra di San Bernardo da Chiaravalle, monaco cistercense, la cui figura giganteggia per la sua straordinaria devozione mariana. L’abbazia da lui fondata a Clairvaux, di cui egli fu abate per 38 anni, fu infatti posta sotto lo speciale patrocinio di Maria: non sorprende che essa divennne un faro di spiritualità per tutta l’Europa. Egli merita davvero il titolo di “Dottore mariano” che gli è stato attribuito: eccellente teologo della vita mistica, Bernardo ha composto dei testi sulla Madonna che hanno avuto una vasta influenza nella storia della mariologia. Dalla sua devozione sgorgò quella preghiera poi divenuta popolarissima, intitolata, dalla prima parola latina, Memorare, l’accorata petizione che un credente rivolge alla Vergine delle Vergini e alla Madre di Dio, incrollabilmente certo di ricevere il suo aiuto e di essere esaudito. È una preghiera così bella che la Liturgia l’ha raccolta tra le antifone mariane che si recitano alla fine dell’ultima preghiera, prima di andare a dormire, la Compieta. Inoltre, è una preghiera così efficace che la Beata Madre Teresa di Calcutta l’adoperava come “novena volante” nei momenti di urgente bisogno, ripetendola per nove volte consecutive.

Maria, Stella del mare Come tutti gli autori del Medioevo, anche Bernardo prova molto interesse per le etimologie. Come già San-

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t’Agostino, ravvisa nel nome di “Maria” questo significato: “Stella del mare” e lo trova appropriato perché, come una stella brillante nella notte della vita degli uomini, Ella emette una luce fulgida che consente di non perdersi: “O tu che, nelle vicissitudini della vita, più che di camminare per terra hai l’impressione di essere sballottato tra tempeste e uragani, se non vuoi finire travolto dall’infuriare dei flutti, non distogliere lo sguardo dal chiarore di questa stella! Nei pericoli, nelle difficoltà e nei momenti di incertezza, pensa a Maria, invoca Maria”. Nei celebri discorsi intitolati Missus est, Bernardo commenta l’Annunciazione. Si tratta di una vera summa mariologica. In uno di questi discorsi, il Dottore mariano spiega un concetto importantissimo. Dio, nella sua Onnipotenza, volle che il Mistero dell’Incarnazione, cioè della nostra salvezza, dipendesse dalla libera accettazione della Vergine Maria. In questo senso, l’umanità è immensamente debitrice al “sì” di Maria. Con la sua insuperabile capacità di dare pathos alla narrazione, Bernardo pensa che il cielo e la terra, tutta l’umanità e la storia siano presenti nella povera casa di Nazareth prima che la Madonna dia la sua risposta all’Angelo: “Anche noi, o Signora, miseramente gravati come siamo da una sentenza di condanna, aspettiamo da te una parola compassionevole. Ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se sei d’accordo, noi saremo immediatamente liberati. Questa risposta, o Vergine pietosa, attende in pianto Adamo cacciato dal paradiso insieme con la sua misera prole. Questa risposta attende da te l’umani-


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e di Maria tà intera, prostrata ai tuoi piedi. Alzati, corri, apri! Alzati con la tua fede, corri con la tua disponibilità, apri col tuo consenso!”. Al di là del valore artistico, questa meditazione è così significativa dal punto di vista teologico che la Liturgia dell’Ufficio delle Letture propone questo testo ogni anno, il 20 dicembre. Il “sì” di Maria in latino si dice “fiat”. Bernardo leggeva la Bibbia in latino. Osserva acutamente che quella parola ha una sfumatura nella lingua latina che ben si addice ai sentimenti dell’anima della Madonna. Fiat esprime sincero desiderio, adesione del cuore, preghiera che si fa assenso. Bernardo non si sbagliava: la lingua originale del Vangelo di Luca è il greco. Luca è l’evangelista che ha raccolto le confidenze di Maria. Egli riporta le parole della Madonna in una coniugazione verbale particolarissima di quella lingua, l’ottativo, il modo verbale che si usa quando si desidera ardentemente che qualcosa avvenga. Detto in altre parole: alla vocazione ricevuta la Madonna ha espresso il suo consenso con gioia e fiducia sicché la volontà del Padre e la sua si sono fusi in unico desiderio: l’Incarnazione del Figlio di Dio e la salvezza degli uomini. Maria, “l’acquedotto” a cui attingere In genere, Bernardo, quando parla della Vergine, sviluppa immagini e temi mutuati dalla Sacra Scrittura e dalla dottrina dei Padri. È anche originale. Per esempio, adopera un paragone molto efficace per far comprendere che, se Cristo è l’acqua viva che dif-

fonde la grazia divina nell’umanità peccatrice, la Madonna collabora in modo singolare ed indispensabile a questa comunicazione dell’opera salvifica. Ella è l’acquedotto. “L’acquedotto è pieno, così che tutti possano attingere dalla sua pienezza”. Si chiede successivamente: “In che modo l’acquedotto in questione poté allacciarsi ad una sorgente così elevata?”. La risposta è data a partire dalla valutazione dell’eccellenza delle virtù morali e teologali che da Maria furono praticate in modo incomparabile. Di queste virtù, Bernardo ama sottolineare l’umiltà, necessaria ad ogni credente: “La senti proclamare Vergine – scrive il nostro autore – la senti definire umile. Se non puoi imitare la verginità dell’umile, imita l’umiltà della vergine. Virtù enco-

I Maria collabora all’opera salvifica di Cristo, acqua viva per l’umanità peccatrice.

miabile è la verginità, ma virtù più necessaria è l’umiltà”. L’insegnamento di Bernardo, anche a motivo dell’autorevolezza di cui era circondato, fece scuola ed altri teologi mariani del suo secolo, il XII, ne seguiranno le orme. Di essi parleremo nei prossimi articoli. Roberto Spataro spataro.rivista@ausiliatrice.net

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Il Papa ci parla

Da cinque anni lavoratore nella Q

uel giorno, 19 aprile 2005, ricordiamo l’annuncio in Piazza San Pietro. Tutti noi ad ascoltare il nuovo Papa col fiato sospeso: «Cari fratelli e

U Benedetto XVI: il 19 aprile tutti ricorderanno i 5 anni dalla sua elezione a Papa, e sui mass media ciascuno vorrà dire la sua. Qui ricordiamo le sue prime parole, quando si è presentato alla Chiesa e al mondo.

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sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti, e soprattutto mi affido alle vostre preghiere...». I Era l’annuncio – per lui – di un cambio radicale di vita, come hanno notato gli storici: cominciava infatti il cosiddetto Ratzinger 3. C’era già stato il Ratzinger 1, del bravo professore di teologia in Germania, che affascinava gli studenti, partecipava al Concilio Vaticano II da esperto, poi prendeva le distanze dall’irrequieto suo collega prof. Hans Küng. Küng aveva fondato la rivista “Concilium”, dicendo già col titolo che bisogna continuare a discutere e discutere sempre; Ratzinger allora fondò la rivista “Communio”, per dire che più importante è fare comunione e dialogo. Poi c’è stato il Ratzinger 2,

col suo trasferimento a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Chiamato al fianco di Papa Wojtyla, per essere custode della fede e difensore dell’ortodossia. Quasi cinque quinquenni è durato questo servizio, con tanti problemi e casi difficili da dipanare. E con quel dono che ha confezionato con le sue mani per tutta la cristianità: il “Catechismo della Chiesa Cattolica”. Infine il Ratzinger 3, ossia Papa Benedetto lavoratore nella vigna. I L’essere al vertice, la vertigine. Nel suo primo messaggio, il giorno dopo l’elezione, Papa Benedetto ricordò la scena evangelica, il dialogo sconvolgente: “Tu sei il Cristo!”, “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa... A te darò le chiavi del regno dei cieli”. Poi commentò: “Io, successore di Pietro, ripeto con trepidazione le parole trepidanti del pescatore di Galilea, e riascolto con intima emozione la rassicurante promessa del divino Maestro. Se è enorme il peso della responsabilità che si riversa sulle mie povere spalle, è certamente smisurata la potenza divina su cui posso contare. Il Signore, scegliendomi quale vescovo di Roma, mi ha voluto suo vicario, mi ha voluto pietra su cui tutti possano poggiare con sicurezza. Chiedo a lui di supplire alla povertà delle mie forze, perché sia coraggioso e fedele...”. I Lavoratore nella vigna. Il Papa si sarà dato programma? Sì, lo ha presentato quel giorno stesso, ma incomprensibile per i manager moderni: “Il mio programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perse-


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vigna guire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta la Chiesa, della parola e della volontà dei Signore. E di lasciarmi guidare da lui, cosicché sia lui stesso a guidare la Chiesa in quest’ora della nostra storia”. I C’è da supporre la solitudine del Papa. Si sa, chi siede sui pinnacoli vive isolato. O no? L’anno scorso, ringraziando per i tanti auguri ricevuti nel quarto anniversario della sua elezione, Papa Benedetto ha rassicurato: “Non mi sento mai solo... Ho sperimentato la comunione che mi circonda e mi sostiene: una solidarietà spirituale, nutrita essenzialmente di preghiera, che si manifesta in mille modi. A partire dai miei collaboratori della Curia Romana, fino alle parrocchie geograficamente più lontane, noi cattolici formiamo e dobbiamo sentirci una sola famiglia, animata dagli stessi sentimenti della prima comunità cristiana: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32)”.

za San Pietro: “Cari fratelli e sorelle”. Ogni suo discorso, messaggio, esortazione, omelia, comincia così. Ci considera fratelli e sorelle. Prima, l’approccio ufficiale dei papi era per lo più un solenne “Diletti figli e figlie”, che cadeva molto dall’alto. Papa Ratzinger invece scende al nostro piano, e ci chiama fratelli. Perciò a noi tocca chiamarlo padre. O meglio, dovremmo dire come Gesù: Abbà. Che è in ebraico un vezzeggiativo, adatto ai bambini, e – anche se i biblisti non osano – andrebbe tradotto non con un asciutto padre, ma con papà, babbo, paparino, papino. I Magari, per sentirci rispondere da lui – come di solito fa dalla finestra di Piazza San Pietro – con l’augurio di essere noi sempre pieni di “cioia”. Enzo Bianco bianco.rivista@ausiliatrice.net

Preghiera O Dio nostro Padre, nel disegno della tua sapienza tu hai scelto Benedetto XVI come vicario di Cristo sulla terra, e pastore di tutto il gregge. Fa’ che egli confermi i fratelli, e tutta la Chiesa sia in comunione con lui nel vincolo dell’unità, dell’amore e della pace. (Dalla liturgia)

Osservatorio Martini. Foto di Andrea Guermani.

I E il suo pensiero, di continuo rivolto a Maria. Fa capolino fin dai primi discorsi: “Nelle sue mani pongo il presente e il futuro della mia persona e della Chiesa...”; “Vi invito a camminare docili e obbedienti alla voce del suo divin figlio...”; “Alla Vergine Madre di Dio, che ha accompagnato con la sua silenziosa presenza i passi della Chiesa nascente, e ha confortato la fede degli Apostoli, affido tutti noi... e le attese, le speranze e le preoccupazioni dell’intera comunità cristiana”. I E sono significative anche le prime parole rivolte dal Papa a tutti, in Piaz-

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La Sindone di Torino

L’oggetto piĂš misterioso del mondo íŁľ Ăˆ un lenzuolo funerario di lino, tessuto a spina di pesce. Ăˆ certamente molto antico: è lungo poco piĂš di quattro metri (4,37 per l’esattezza) e largo un metro e dieci centimetri. Si trova in una splendida cappella del Duomo di Torino. íŁś Sulla Sindone si vede l’immagine tenue di un corpo umano maschile, di fronte e di schiena, perchĂŠ il lungo lenzuolo sul quale fu adagiato supino gli fu poi ripiegato sopra, e probabilmente rincalzato ai piedi. L’immagine è stabile, dal punto di vista del colore e della chimica (vale a dire che non può essere cancellata, sbiancata, mutata dai normali agenti chimici) ed è insensibile all’acqua. íŁˇ Non è un dipinto e le tracce sono sangue umano del gruppo AB. íŁ¸ La prima grande sorpresa è che si tratta di un negativo fotografico.

Š Haltadefinizione.com - Diocesi di Torino.

íŁš La garanzia che non si tratti di un “falsoâ€? medievale sta nel fatto che ancora oggi nessuno è in grado di dire con certezza come si sia formata. E nessuno è in grado di riprodurla, con tutte le caratteristiche chimiche e fisiche presenti sul lenzuolo. íŁş Nell’impronta sindonica è codificata un’informazione tridimensionale. Con un analizzatore d’immagine si ottiene una forma tridimensionale del corpo proporzionata e senza distorsione. Applicando lo stesso procedimento a un dipinto o a una normale fotografia si ottengono invece immagini deformate. íŁť Oltre al fatto che nel Medio Evo non si sapeva piĂš come avveniva la

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crocifissione romana (i chiodi erano sempre dipinti nel palmo...), che la composizione e la differenziazione del sangue (venoso, arterioso, siero ecc.) è stata scoperta e studiata alcuni secoli dopo che la Sindone di Torino era giĂ nota, senza tener conto dei pollini e del resto. íŁź Tutti i segni che vediamo fanno pensare ad una cosa sola: quest’uomo ha subito uno dei supplizi piĂš crudeli e disonoranti di tutti i tempi: la crocifissione. íŁ˝ Una grossa macchia di sangue, segno di una ferita sul costato, invade la parte destra. Questa ferita è sicuramente mortale: nessun uomo che ha una ferita di questo genere può essere vivo. Il colpo fu inferto quando l’uomo era giĂ morto. íŁżí¤’ Il biologo Max Frei di Zurigo, scoprĂŹ sulla Sindone tracce di aloe e di mirra. Sostanze usate in Palestina per la sepoltura dei cadaveri. Max continuò le sue ricerche e scoprĂŹ microscopici granuli di polline appartenenti a specie vegetali che esistono solo in Medio Oriente. íŁżí¤‰ Papa Giovanni Paolo, non molti anni fa, davanti alla Sindone disse: “La Sindone di Torino è una sfida alla nostra intelligenza. La Chiesa affida agli scienziati il compito di continuare a investigare, cosĂŹ che risposte soddisfacenti possano essere trovate a tutte le domande. La Chiesa li invita ad agire con libertĂ interiore e un attento rispetto sia per la metodologia scientifica che per la sensibilitĂ dei credentiâ€?. Bruno Ferrero rivista@ausiliatrice.net


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Il poster

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l motto che il nostro Cardinale Arcivescovo ha proposto per l’ostensione del 2010, “Passio Christi, passio hominis”, evidenzia un’inscindibile corrispondenza fra due esperienze umane, che si rispecchiano l’una nell’altra. Da sempre la parola di Pilato “Ecco l’uomo” è ascoltata come un invito a vedere nella sofferenza di Gesù tutte le sofferenze umane: quell’Uomo incorpora il destino di tutti gli uomini. E in realtà è così, perché il nostro dolce Redentore è venuto a portare su di sé, quanto di negativo l’uomo ha incontrato e accumulato sul suo cammino. E nell’incessante lotta contro il male l’uomo non trova aiuto migliore se non affidare questo stesso male alla potenza liberatrice del Fratello venuto dall’alto per farsi carne nella solidarietà più piena.

L’essere umano è un’unità indivisibile. Chinarsi sulla vicenda della sofferenza umana, in tutte le sue forme, significa avvicinarsi alla vicenda di Cristo. Per questa interscambiabilità il cammino di preparazione all’ostensione non può trovare suggerimenti migliori che nell’attenzione simul-

Ecce Homo

Passio Christi, passio hominis

PERCHÉ IL CORPO? Questo mistero trova la sua descrizione più coinvolgente nella realtà della Sindone. Essa ci mostra l’Uomo e in essa ogni uomo si sente accolto e rappresentato. L’aspetto che per primo ci viene incontro contemplandola è la realtà corporea dell’uomo: un corpo che ha sofferto così tanto da fare sorgere la domanda: ma perché Dio, il Creatore e Padre, ci ha dato un corpo, se poi viene ridotto così? Le sofferenze dell’uomo, a cominciare da quelle di Gesù, non si esauriscono nelle sofferenze del corpo. Ma c’è tra la sofferenza fisica e quella dello spirito una corrispondenza tale che, anche dall’immagine corporea di quell’Uomo, è possibile indovinare qualcosa del suo travaglio interiore.

tanea alle due sofferenze, che hanno un’unica radice. L’AMORE CI SPINGE Guarderemo intensamente al corpo di Cristo e penseremo: il corpo ha permesso a Cristo di morire; il nostro corpo ci permette di godere i frutti di quella morte, dopo esserne stata la causa. Ma chiederemo anche la forza di partecipare e condividere quel destino che, perché condiviso con lui, diventa fecondo. Non sarà allora più strano, né tanto inaccettabile, dire con Paolo: “Porto le stigmate di Gesù nel mio corpo” (Gal 6,17). Il suo “amore ci avvolge e ci spinge”, come ancora ci diceva Paolo (2 Co 5,14) e ci ha ripetuto l’esempio eroico dei nostri santi. Guardando la Sindone, sentiamoci coinvolti e spinti dal suo amore verso una partecipazione alle sofferenze dell’umanità che non ci lasci facilmente tranquilli. Mons. Giuseppe Ghiberti

I L’Uomo e la Passione. Dipinto di Pierre Octave Fasani.

Presidente della Commissione diocesana per la Sindone giuseppe.ghiberti@bussola.it

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Si è caricato delle nostre sofferenze 22-03-2010

Š Commissione diocesana per la Sindone.

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Principali date della Sindone 544: A Edessa (odierna Turchia) per la prima volta si hanno informazioni e si parla di una straordinaria immagine “non fatta da mani d’uomo”. 944: La Sindone viene portata a Costantinopoli. 1204: I Crociati conquistano Costantinopoli e portano via anche numerose reliquie. 1353: Geoffroy de Charny, cavaliere oltre che devoto cristiano, porta la Sindone nel suo feudo di Lirey (Francia). 1453: Marguerite de Charny cede la Sindone ai Duchi di Savoia. 1532: Incendio nella Cappella del Santo Sudario a Chambery (capitale dei Savoia). 1578: Emanuele Filiberto dopo aver spostato (1562) la capitale da Chambery a Torino, porta in città anche la Sindone (che d’ora in poi si chiamerà La Sindone di Torino). 1889: L’avv. Secondo Pia per la prima volta fotografa la Sindone. Le Ostensioni più recenti: 1978, 1998, 2000 e 2010.

Creazione di Adamo, Michelangelo, particolare del soffitto della Cappella Sistina.

Siamo noi l’icona di Dio, il suo manifesto, la sua immagine, la sua visione. Lo scopo dell’icona è di lasciar indovinare colui che non si può toccare, e di suscitare il desiderio di conoscerlo, di trasfigurare il reale e di porre al suo centro la sorprendente luce del Tutto Altro. Siamo noi l’icona di Dio, la disegniamo con la nostra carne e sangue, con il nostro sudore e le nostre lente esitazioni, le nostre parole e i nostri gesti, i nostri rifiuti e le nostre rivolte, la nostra tenerezza. Senza finzioni né menzogne noi siamo l’icona di Dio. Non abbiamo fretta: occorre una vita intera perché essa sia dipinta, tanto minuzioso ardore essa esige. Per realizzarla occorre spesso contemplare il Modello, fino a quando sulla nostra faccia, traspaia il suo Volto. Non il volto di un condannato a orribile morte, ma quello del Risorto Vittorioso Vivente per l’eternità.

T Il Duomo di Torino, ove è custodita la Sindone.

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Filatelia religiosa

Se la Sindone arriva per posta... I

l Santo Padre Benedetto XVI sarà a Torino il 2 maggio 2010 per pregare davanti alla Sindone, in occasione dell’Ostensione che si svolgerà dal 10 aprile al 23 maggio prossimo. Il tema dell’Ostensione sarà la “Passio Christi, Passio hominis”, nello spirito già espresso dal Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua venuta nel 1998 quando aveva dichiarato che “nella Sindone si riflette l’immagine della sofferenza umana”. Le Poste italiane hanno emesso un francobollo celebrativo dell’evento del valore di € 0,60, in 4 milioni di esemplari, che riproduce la sepoltura del Cristo, un acquerello su seta con supporto in tela di lino di cm 55x44, opera di G. B. Della Rovere del Secolo XVII, custodito nella Galleria Sabauda di Torino. Il dipinto riproduce la scena dove Giuseppe d’Arimatea, aiutato da Giovanni, l’apostolo prediletto, e da un discepolo, avvolge nel sudario il corpo di Gesù, con le “tre Marie” in pianto e, in alto, tre angeli che sorreggono il telo sindonico. L’annullo postale riproduce lo stesso soggetto. Le Poste Italiane avevano già emesso due francobolli “sindonici”. Nel 1978, in occasione del IV centenario della traslazione della Sacra Sindone a Torino, un francobollo da L. 220 che riproduceva una stampa popolare eseguita nel 1578 per la prima Ostensione a Torino, in occasione della venuta del card. Carlo Borromeo. Per l’Ostensione del 1998: nella ricorrenza del V Centenario della costruzione del Duomo di Torino, avevano emesso un francobollo da L. 800

con l’immagine del Duomo e nello sfondo il Sacro Volto sindonico. Numerose sono le emissioni di altri Paesi, le cartoline e gli annulli postali commemorativi di cui avremo occasione di segnalare in seguito. Angelo Siro

I L’annullo filatelico per l’Ostensione del 1998 e il francobollo del 2010 apposto sull’annulo commemorativo. (Per gentile concessione di Vaccari News).

Gruppo di Filatelia Religiosa “Don Pietro Ceresa” rivista@ausiliatrice.net

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Insieme verso la lectio

Dio ci parla Dopo aver riflettuto su che cos’è la Parola di Dio, in questa seconda tappa ecco la struttura della “Lectio divina”.

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essuna parola esiste senza una persona che parla. Dio ci ha parlato e ci parla. Nella Lettera agli Ebrei, infatti, è scritto: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri, per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e della sua sostanza, sostiene tutto con la potenza della sua parola” (Ebr 1,1-3). La parola è il mezzo per entrare in relazione con una persona. La Parola può essere comunicata in vari modi, ma l’autore rimane sempre Dio. La “Lectio divina” è prima di tutto relazione con la Persona, o meglio con le Persone della Trinità. E questa relazione è un mezzo ed un segno per la comunione. L’apostolo Giovanni scrive: “Ciò che era fin dal principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i

Y La Parola di Dio è uno strumento di relazione e comunione con Lui. © Famiglia Cristiana, n. 8, 2008.

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nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita... noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1 Gv 1,1-4). In relazione con Dio Lo scopo della Parola è farci entrare in comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Nel Vangelo di San Giovanni, Gesù riassume: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (15, 11). Questo pensiero è bellissimo, ma noi non ci crediamo abbastanza. Tutta la Parola di Dio è per creare relazione con Dio, per creare una relazione personale con Dio. Osserva ancora San Giovanni: “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (20,30-31).


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Nel creare una “relazione” con noi, è Dio che ha fatto il primo passo, e l’ha fatto non soltanto con la storia della salvezza. Basta pensare ai sacramenti che ognuno di noi ha ricevuto: sono segni efficaci che sono dentro ciascuno di noi, non sono aria fritta! La “Lectio” della Parola è lo strumento per rendere concreta questa comunione, per capire ciò che Dio prova per te, molto prima che ciò che tu provi per Dio. Perché ci sia comunione, il primo posto va alla persona: quanto comunica una persona, passa tramite la parola, ma alcune volte la parola può non servire perché la comunione arriva più intensa dall’amore: è lo Spirito Santo. Lectio, percorso a tappe Detto questo, anche se un po’ difficile, entriamo nei vari passaggi della “Lectio”. Innanzi tutto, la contemplatio. La prima cosa è contemplare l’amore che Dio mi vuole. Noi occidentali non siamo molto capaci a fare questo. Anche quando pensiamo all’amore di Dio, andiamo subito a noi, che non sappiamo amare Dio... Invece occorre contemplare l’amore di Dio: il primo passo verso di noi è suo. E il Signore Gesù si relaziona con noi mediante la Parola. Poi, l’oratio, la preghiera, perché siamo consapevoli che il Signore è con noi e ci spiega le scritture e spezza il pane per noi. Perché pregare? Perché di fronte a questi doni, noi siamo come il cieco di Gerico. Ricordate? “Gli risposero: «Passa Gesù Nazareno!». Allora incominciò a gridare: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me». Quelli che camminavano avanti lo sgridavano perché tacesse; ma lui continuava ancora di più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me». Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli

T La meditatio è il momento della Lectio in cui riflettere sulla Parola.

fu vicino, gli domandò: «Cosa vuoi che faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io riabbia la vista». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato» (Lc 18,37-42). La meditatio: è il nostro impegno per togliere ciò che impedisce di vedere. L’amore di Dio che scopriamo per noi, non ci lascia indifferente. “Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto” (2 Cor 3,14-16). Infine, l’actio: è cercare come obbedire al Signore che ci invita: “Va’, lavati gli occhi alla luce della mia Parola e vedrai”. La constatazione di un amore (qualsiasi amore, e quindi, pensiamo a com’è quello di Dio) ci mette in movimento dentro e butta giù le barriere interiori per trovare la strada della comunione. Stefano Martoglio stefano.martoglio@salesianipiemonte.it

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Maria nell’arte

La “Maestà” per anto n I

l 9 giugno 1311 per le vie di Siena si svolse una singolare processione: non una delle solite, dove il popolo faceva da comparsa al seguito di un noto personaggio o di un simulacro famoso per miracoli. Al centro dell’attenzione, c’era un dipinto appena uscito dalle mani dell’artista. Lasciava ancor dietro l’odore di vernici e di collanti e già le pubbliche autorità e il clero lo portavano in processione verso la cattedrale. Era la “Madonna in Maestà” di Duccio: pittura preziosa e di una bellezza sconvolgente. Duccio di Buoninsegna era nato a Siena verso la metà del 1200. Alcuni dei documenti che lo riguardano sono molti, per cause legali diverse, alcune assai pesanti. Provvedimenti che la dicono lunga sul carattere, se non ribelle, certo poco attento alle convenzioni, del pittore. Era stato a Firenze dove, nel 1285, aveva eseguito una delle sue opere migliori: la cosiddetta “Madonna Rucellai” per la Compagnia dei Laudesi della chiesa fiorentina di Santa Maria Novella, che è ora esposta nella Galleria degli Uffizi, in compagnia di altre due “Madonne in Maestà”: la prima di Cimabue e la seconda di Giotto.

Y In questo particolare: il Transito della Beata Vergine.

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Dipinta su entrambi i lati La “Maestà”, così da sempre è chiamata, fu commissionata a Duccio il 9 ottobre 1308 e costò all’Opera del duomo 3.000 fiorini d’oro, una somma altissima. Era dipinta su ambo i lati. Sul davanti, la Madonna con Bambino: circondata da una teoria di santi e angeli e seduta su un ampio e sfarzoso trono, accenna ad una spazialità tridimensionale secondo le novità già praticate da Cimabue. È dipinta con una cromia morbida, che dà naturalezza al dolce incarnato. Anche il Bambino esprime una profonda tenerezza, e il suo corpo non sembra generare peso sul grembo della Madre. Sul retro, sono raffigurate 26 storie della Passione. In origine il complesso era fornito di una predella ed era coronato con pinnacoli figurati dove erano descritti alcuni episodi desunti dal Nuovo Testamento e dai vangeli apocrifi. Sono significative le scene che sovrastano la Madonna in Maestà, dove sono raccontati gli ultimi momenti della vita della Vergine; il testo di riferimento è un apocrifo, il “Transito della Beata Maria Vergine”, attribuito a Giuseppe d’Arimatea. L’oro sostituisce il cielo Duccio, in questa sua opera, è attentissimo alla descrizione degli edifici, interno ed esterno. Ad esempio, colloca gli episodi dell’Ultima Cena e del Processo davanti a Pilato in ambienti simili, caratterizzati da un soffitto a cassettoni sostenuto da robuste mensole aggettanti, con un’asta


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o nomasia

messa lì di traverso con un panno che pare un testimonio di quanto sta avvenendo, e da un aereo porticato che raggruppa e separa le figure quasi a formare un’ulteriore cornice dentro la tavola. Il pittore è un grande regista di emozioni. Cambiano le ambientazioni, e dalle esili architetture gotiche si passa alle rocce nude, ma sempre ci conduce per mano nella storia e nei pensieri dei discepoli e di Gesù: quella raccontata è una vicenda preziosa, dove

l’oro sostituisce il cielo, e quasi non ce ne accorgiamo. La grandiosa pala rimase sull’altare maggiore della cattedrale senese fino al 1505. Con la costruzione del nuovo altare fu trasferita in una cappella laterale. Poi, il primo agosto 1771 la tavola fu smembrata, le assi che la componevano furono smontate e sezionate in modo da separare le due superfici dipinte. Natale Maffioli

U Per un pittore medievale era “in maestà” una figura rappresentata frontalmente, seduta su un trono, nel pieno della propria potenza.

maffioli.rivista@ausiliatrice.net

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Attualità

I sogni e le delusioni di una J

asmine è una splendida ragazza di sedici anni. Il suo nome ha un vago sapore di esotico e di misterioso, mentre in realtà si tratta di una italiana purosangue di solida famiglia borghese e piemontese. Figlia unica, è assediata dalle attenzioni di mamma, papà e nonna paterna, con contorno di badante e colf a tempo pieno, che si sono suddivisi i compiti di educarla nel solco della tradizione familiare: la nonna nella religione, il padre nell’arte del successo economico nella vita e la mamma la guida per mano nei meandri del bon-ton dell’esclusiva ed escludente alta borghesia sabauda. Nonostante la sua bellezza, la sua intelligenza ed il suo eccellere nel tennis e nel nuoto, la ragazza si sente frustrata e triste. Perché? Perché, come i giovani di ogni tempo, vorrebbe vivere in pienezza i suoi sogni nell’ottica del tutto e subito. Invece la famiglia, la scuola, i preti e le suore continuano a ripeterle a raffica tutta una lunga serie di divieti: no ad innamorarsi; no ad uscire con i suoi coetanei; no a realiz-

Y Sedici anni: età di domande e di interrogativi.

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zare i suoi progetti etichettati infantili; no a truccarsi; no a decidere autonomamente se credere o meno; no a vestirsi secondo i suoi gusti; no a fare tardi la sera... Gli adulti proprio non li capisce. A parole vogliono educarla, ma con i loro comportamenti la deludono profondamente innestando in lei reazioni di rigetto. La nonna le sembra piena di contraddizioni. Cooperatrice salesiana, di messa quotidiana, inappuntabile nell’osservanza del precetto festivo, nonostante questo, è razzista nei suoi pregiudizi, indisponente nel relazionarsi con le persone di servizio, parsimoniosa tanto da sfiorare l’avarizia. Questo la rende poco credibile nel suo tentativo di trasmetterle l’amore di Dio e del prossimo. Se questa è la fede... a che mi serve? Che senso ha tutto questo? I dubbi a riguardo della religione aumentano


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a sedicenne se Jasmine si ferma un attimo a prendere in considerazione l’atteggiamento educativo delle suore e del prete della sua scuola “cattolica”. Hanno sempre sulle labbra termini bellissimi che incarnano un po’ i suoi ideali, peccato che rimangano termini astratti avulsi da una condotta concreta. Troppe ipocrisie, gelosie, dogmatismi, contro testimonianze, falsità... Ed allora che senso ha il tutto? Se questa è la fede, meglio farne a meno. Anche il padre lascia perplessa l’adolescente in cerca di modelli esistenziali. Avvocato di fama, iperattivo sul lavoro e completamente assente in famiglia. Secondo lui, la figlia ha tutto quello che le serve per sentirsi felice: scuola di gran nome, circoli sportivi esclusivi, viaggi in tutto il mondo... Deve solo chiedere e tutto le viene dato. Deve preoccuparsi di studiare e di non avere grilli per la testa. Lui la circonda di “roba” concreta, spendibile al tavolo della vita e non di favole o smancerie sentimentali. Non gli passa per l’anticamera del cervello che sua figlia ha bisogno della sua presenza di padre e non del suo portafoglio, di educazione alla tenerezza e non di cinismo esistenziale. Che senso ha avere un padre così, anaffettivo ed interessato solo ad accumulare beni? Ho bisogno di affetto! Resta quella povera sfigata della mamma narcisista ed autoreferenziale. Secca come un’acciuga alla perenne ricerca di un qualcosa che attenui le sue paure. Elegantissima, presenzialista nel jet-set torinese, fanatica seguace di tutte le diete vegetariane, pie-

na di protesi, botulino e silicone, schiava della sua immagine. È tutt’altro che un punto di riferimento educativo. Abortista, ma non mangia carne per solidarietà contro i poveri animali macellati; non indossa pellicce perché animalista ma non disdegna i diamanti che grondano sfruttamento ed ingiustizia umana. È di sinistra, ma vuole essere servita a puntino ed è solita rivolgere tutte le sue attenzioni più a Tigre, magnifico gatto persiano, che alla figlia. Non ha tempo per riceverne gli sfoghi e le confidenze, mai un gesto affettuoso, mai una carezza, mai un bacetto di buonanotte. Una siffatta famiglia è meglio rimpiazzarla con il gruppo degli amici: così aperto, solidale, complice e libertario. Lentamente nella mente di Jasmine si fa strada la convinzione che la religione della nonna, del prete e delle suore, che l’efficientismo pragmatico del padre e l’inconsistenza esistenziale materna non meritino di essere seguiti, ma evitati se vuole essere libera e felice. E così lentamente, giorno dopo giorno, la ragazza si convince che tutto quello che sa di fede, di famiglia e di valori appartiene ad un mondo che non deve essere il suo... Tutto questo non può essere solo definito nichilismo da parte degli adulti! Ermete Tessore

U Spesso gli amici sono una vera e propria famiglia.

RMA online All’indirizzo www.donbosco-torino.it oppure su www.ausiliatrice.net in approfondimenti, potete leggere anche l’articolo di don Pier Giuseppe Accornero Il Papa ai giovani: Seguite Gesù, Maestro buono.

tessore.rivista@ausiliatrice.net

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La pagina dell’ADMA

Con Maria, pellegrini verso il Regno ADMA news Per informazioni complete e aggiornate sull’ADMA nel mondo consultate il sito: www.donbosco-torino.it adma-on-line

L

a Madonna ci accompagna come Madre e ci invita a percorrere il pellegrinaggio della vita nella gioia, nella fiducia in Dio creatore, consapevoli che nella fede scopriamo la bellezza e la grandezza della vita. Per riuscire in questo occorre dedicarsi alla preghiera personale: con essa si alimenta la fede, il contatto con Dio e si trova la forza di avanzare nel cammino spirituale. È vitale tener viva nella giornata la preghiera personale: essa fa sì che noi cerchiamo Dio, lo incontriamo, ci nutriamo di Lui e della sua Grazia. Dio, nostro riposo La preghiera personale ha un luogo privilegiato: il cuore. Lì dobbiamo cercare Dio e ascoltare la sua voce. Se riusciamo a far tacere i rumori del mondo e del nostro io, ci è possibile ascoltare le sue parole di luce, percepire le sue ispirazioni, lasciarci commuovere dalla sua tenerezza. Nel medesimo tempo possiamo parlare a Dio, nella certezza che ci ascolta e ci capisce, come nessun’altra persona potrebbe fare. Esponiamo con la fiducia dei figli ogni nostro problema, ogni turbamento, ogni bisogno, ogni richiesta. Dio esaudisce sempre chi prega con fede senza stancarsi. Riempiamo di Dio il cuore durante le nostre giornate tumultuose. Dio è il nostro riposo, la nostra medicina e la nostra forza. Basta ripetere col cuore alcune piccole invocazioni, perché si accenda in noi la sua presenza. Quando Lui è presente, anche noi siamo presenti a noi stessi e facciamo bene e con amore ogni cosa.

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La fede? È come un fiore... Si perde la fede perché non si prega. La fede è come un fiore: l’acqua che alimenta questo fiore è la preghiera. La Madonna è la Madre che ci fa crescere, ci consiglia, ci incoraggia, ci ammonisce e ci esorta dicendo: crescete e rallegratevi nel Signore che vi ha creati. Rallegratevi per questo meraviglioso piano della Creazione e della Redenzione nel quale siete inseriti, così da diventare faro di luce soprattutto per coloro che hanno il cuore e la mente accecati e non sanno riconoscere la presenza e l’amore di Dio nella loro vita. “L’amore è l’essenza di Dio stesso”, è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e bellezza all’esistenza di ogni uomo. Al tempo stesso, l’amore è, per così dire, lo “stile” di Dio e dell’uomo credente, è il comportamento di chi, rispondendo all’amore di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo. In Gesù Cristo questi due aspetti formano una perfetta unità: Egli è l’Amore incarnato. I santi, inno alla carità Questo Amore ci è rivelato pienamente nel Cristo crocifisso. Fissando lo sguardo su di Lui, possiamo confessare con l’apostolo Giovanni: “Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto” (cfr. 1 Gv 4,16; Encicl. Deus caritas est, 1). “Cari amici, se pensiamo ai Santi, riconosciamo la varietà dei loro doni spirituali, e anche dei loro caratteri uma-


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ni. Ma la vita di ognuno di essi è un inno alla carità, un cantico vivente all’amore di Dio! Oggi, 31 gennaio, ricordiamo in particolare San Giovanni Bosco, fondatore della Famiglia Salesiana e patrono dei giovani. In questo Anno Sacerdotale vorrei invocare la sua intercessione affinché i sacerdoti siano sempre educatori e padri dei gio-

vani; e perché, sperimentando questa carità pastorale, tanti giovani accolgano la chiamata a dare la vita per Cristo e per il Vangelo. Maria Ausiliatrice, modello di carità, ci ottenga queste grazie” (Benedetto XVI - Angelus del 31 gennaio 2010). Don Pier Luigi Cameroni pcameroni@salesiani.it

T Giovedì 11 febbraio, presso il Centro Mariano “Beata Vergine Addolorata” di Rovigo, durante un incontro sulle aggregazioni laicali, su invito di Sr. Maria Grazia Camparini, è stata presentata l’ADMA. Foto di gruppo. T Da sinistra: suor Maria Grazia Camparini, don Pierluigi e il sig. Conti Alessandro durante la presentazione.

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Appuntamenti mariani

La GranMadre e il contadi 22 aprile 1557 - Santa Maria dello Splendore in Giuliano v

CSDM online Consultate l’archivio on-line del Centro di documentazione. Troverete anche nuove informazioni ed approfondimenti. www.donbosco-torino.it Questo mese: storia illustrata dei Papi della seconda metà del V secolo.

I L’esterno e l’interno dove sgorga l’acqua della sorgente del Santuario.

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I

l P. Pietro Capullo, priore dei Padri Celestini, custodi del Santuario fino al 1800, scrive nella Cronaca del tempo: «Il 22 aprile 1557 piacque al Signore dare un segno della sua divina bontà col far conoscere al popolo di Giulianova la Vergine dello Splendore». Verso mezzogiorno, un pio contadino, di nome Bertolino, stanco per aver raccolto legna da ardere, si riposa all’ombra di un frondoso ulivo. Ristorato dalla piacevole brezza che giunge dal mare fin lassù, sta per assopirsi quando vede tra i rami dell’albero una luce abbagliante e, al centro, la Vergine Maria che gli dice: «Su, Bertolino, va’ in Giulianova e porta la bella notizia che la Gran Madre di Dio ha scelto qui la sua dimora. Avvisa il clero che venga con solenne processione ad onorarmi e che qui, dove tu ora mi vedi, si costruisca un santuario». Stordito per la grande emozione, ma fiero per l’incarico ricevuto, Bertolino corre dal Governatore della città per riferirgli il messaggio della Madonna. Ma, come prevedibile, sia il Governatore che alcuni notabili presenti, si

divertono molto nell’ascoltare lo strano racconto, e quando il contadino incomincia ad insistere perché lo seguano sul luogo dell’apparizione, lo cacciano in malo modo, e lo considerano visionario e demente: “forse i primi caldi o un bicchiere di vino in più, gli hanno dato alla testa”. Molto abbattuto per la cattiva accoglienza ricevuta, Bertolino se ne ritorna a casa, ed il giorno seguente, di buon mattino, spinto da una forza interiore, si reca nuovamente presso l’ulivo con la speranza di rivedere la splendente immagine della Madonna e poterle confidare tutta la sua amarezza. L’Apparizione ritorna! Con il cuore in gola, percorre di corsa l’ultimo tratto della salita; si sente umiliato e offeso, non tanto per le ingiurie ricevute, quanto piuttosto per il fallimento della missione avuta dalla Madonna. Chissà se la Vergine Maria si mostrerà ancora ai suoi occhi? Giunto però in prossimità dell’albero, tutti i suoi timori svaniscono: la


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dino Bertolino o va (TE) Madonna è lì ad attenderlo. Lo incoraggia e lo esorta a tornare dal Governatore, ma anche la seconda ambasciata non ha miglior successo della prima. Il terzo giorno, Bertolino ritorna in quel luogo ormai a lui tanto caro. Si inginocchia ed attende che ritorni l’Apparizione. La Vergine ritorna: con dolcezza e fermezza lo incoraggia a dimostrare al Governatore che quanto dice corrisponde a verità. Senza esitazioni, Bertolino ritorna in città. Con coraggio, per la terza volta, riferisce quanto la Madonna gli ha comandato, ed insiste perché tutti salgano con lui in cima alla collina per verificare la veridicità del suo racconto. Questa volta però alle ingiurie si aggiungono le percosse. Per meglio convincerlo a mettere giudizio, i presenti ricorrono alla violenza. La sorgente miracolosa Bertolino, dal temperamento mite, sarebbe rimasto sopraffatto se la Madonna non fosse intervenuta a liberarlo! Improvvisamente chi lo percuote rimane con il braccio paralizzato e muto. Nella sala scende un pesante silenzio! Tutti comprendono di essere testimoni di un fatto soprannaturale ed ognuno, in cuor suo, chiede perdono per le offese fatte al povero Bertolino. Il Governatore spaventato convoca il Parroco, i Canonici, e tutti, in solenne processione, si recano sul luogo indicato da Bertolino che, con cuore colmo di gioia, guida il corteo dal palazzo ducale al luogo miracoloso. Tutti, trasecolati ammirano la visione, chiara e distinta, della Vergine Maria, splen-

dente fra fulgori di luce abbagliante. Ed un nuovo grande dono riserva loro la Madonna, come prova tangibile e duratura dello straordinario avvenimento: alla base dell’ulivo fa sgorgare una sorgente d’acqua pura e fresca, che ancora oggi continua a sollievo di tanti ammalati! Il primo miracolato è proprio l’uomo che ha percosso Bertolino e si è burlato di lui. Sinceramente pentito, riacquista la parola e l’uso del braccio. La notizia dell’apparizione si sparge in un baleno ed attira sul luogo una moltitudine di persone per segnarsi con l’acqua della sorgente e per invocare misericordia, protezione e conforto. Mario Morra

U “Su, Bertolino, levati e vanne tosto in Giulianova e spargi per tutto il paese la lieta novella che la Gran Madre di Dio qui ha scelto la sua dimora”.

morra.rivista@ausiliatrice.net

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Lettere a suor Manu

Ma a Messa... neanche p “H

Y Come far gustare la gioia dell’incontro con il Signore ai giovani, oggi?

o un solo figlio, ha 15 anni. Non mi dà grossi problemi, va bene a scuola, è abbastanza educato, mi racconta qualcosa di sé, basta che non parliamo di fede, di Chiesa, di Messa e quant’altro: argomenti tabù! Io sono catechista e la mia famiglia ha una bella tradizione religiosa. Non siamo bigotti, ma crediamo nel Vangelo e cerchiamo di viverne il messaggio. Non può immaginare quanta sofferenza io provi ogni volta che tento di invitarlo con me o di spronarlo ad andare in oratorio dove ci sono altri ragazzi (purtroppo non molti e purtroppo non simpatici) come lui. La Messa per lui è “una noia infinita, le preghiere sono parole senza senso, e la gente che va in Chiesa gente che non ha carattere e si lascia abbindolare dai preti”. Inoltre, ciò che mi fa arrabbiare, è che né il prete né gli animatori tentano in qualche modo di conquistarlo, e la Messa dei ragazzi è senza entusiasmo e non invoglia tanto la partecipazione. Mi dispiace che non possa gustare la gioia di avere un amico come Gesù accanto a sé. Vorrei che si fidasse e mi ascoltasse anche senza provare chissà quali emozioni, ma non succede e non mi piace costringerlo!... Che fare?

Che fare?... Se non temessi di turbare qualcuno direi che non mi preoccupa il fatto che suo figlio non vada a Messa, o meglio: non è la prima preoccupazione. Infatti mi preoccupa di più che in oratorio non ci sia un clima accattivante, non ci siano animatori che vanno a cercare i ragazzi, non ci sia un

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ambiente convincente. Anni fa, lavorando per la rivista Primavera, ho avuto modo di intervistare un disk jockey famoso. Ad un certo punto ha sentito il bisogno di dirmi: “Anch’io vado in chiesa sai?” e io gli ho risposto “Beh, buon per te!” e lui ha continuato: “Però ci vado quando non c’è nessuno, perché la Messa, per me, è la cosa più triste che ci sia”. Purtroppo non ho avuto il coraggio di dirgli “Ma non è vero...” perché mi sono venute in mente quasi delle fotografie di messe davvero molto tristi... Che fare? Penso sia molto importante avere chiaro l’obiettivo, che, per me, è che suo figlio possa incontrare Gesù, lasciarsi avvolgere dal suo amore e riconoscerlo importante e indispensabile per una vita vera! Credo che la Messa, a quel punto nascerà come bisogno. Se invece


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e per sogno! non scatta l’incontro, se anche andasse a Messa per far contenta sua mamma, sarebbe solamente un gesto esteriore. Cosa farebbe Gesù? È una domanda che mi piace fare e farmi spesso. Gesù partirebbe da suo figlio! “Zaccheo scendi!... Matteo seguimi!... Pietro vieni!...” partirebbe dall’incontro. Costruire una relazione profonda, bella, piena di amore fatto percepire (come suggerisce Don Bosco). Fare in modo che i giovani possano dire se Dio mi ama così... mi ama davvero tanto! Quindi testimoniare il proprio incontro con Gesù, fare in modo che Gesù faccia davvero la differenza nella nostra vita fino a spingere qualcuno a chiederci: ma qual è il tuo segreto? Qual è il segreto della tua serenità, della tua pazienza, della tua vita così ... contagiosa? Poter rispondere “Il mio segreto è

Gesù” è certamente una bella testimonianza! Poi però c’è ancora un passaggio importante: che l’oratorio, la comunità cristiana possa dire, soprattutto ai giovani: “Vieni e vedi”; vieni in oratorio e ti divertirai, vieni alla Messa dei giovani e ti troverai a tuo agio, sarà una bella esperienza. Ma questo, ovviamente, non dipende da suo figlio, e neppure da lei... Ultima idea... che fare? Preghi per suo figlio, gli dia la sua voce, le sue mani alzate, le sue ginocchia piegate... Anch’io mi unisco alla sua preghiera. Sono certa che Dio ci ascolterà. Manuela Robazza

U Per costruire una relazione profonda, “Vieni e vedi”.

suormanu.rivista@ausiliatrice.net

ANNA PEIRETTI - BRUNO FERRERO

LA SINDONE RACCONTATA AI BAMBINI Editrice Elledici, pagine 16, € 1,80 Due bambini, facendo una ricerca scolastica su Torino, si imbattono per caso nel “Museo della Sindone”. Inizierà per loro un viaggio straordinario. Il libretto illustrato è uno strumento utile nella catechesi, nella scuola, in famiglia, anche per preparare un eventuale pellegrinaggio con i bambini in occasione dell’Ostensione della Sindone.

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Nº 4 - APRILE 2010

Pasqua: trionfo dell’amore La pagina del rettore

Don Franco Lotto

Facciamo silenzio, parla la Sindone Editoriale

Card. Severino Poletto

L’essenziale che non teme confronti Leggiamo i Vangeli

Marco Rossetti

Maria, donna della Pasqua Spiritualità mariana

Maria Ko Ha Fong

Bernardo cantore di Maria Maria nei secoli

Roberto Spataro

Da cinque anni lavoratore nella vigna Il Papa ci parla

Enzo Bianco

L’oggetto più misterioso del mondo La Sindone di Torino

Bruno Ferrero

Ecce Homo. Passio Christi, passio hominis Mons. Giuseppe Ghiberti - Mario Scudu Il Poster Dio ci parla Insieme verso la lectio

Stefano Martoglio

La “Maestà” per antonomasia Maria nell’arte

Natale Maffioli

I sogni e le delusioni di una sedicenne Attualità

Ermete Tessore

Con Maria, pellegrini verso il Regno La pagina dell’ADMA

Pier Luigi Cameroni

La Gran Madre e il contadino Bertolino Appuntamenti mariani Ma a Messa... neanche per sogno! Lettere a suor Manu

Mario Morra Manuela Robazza

FOTO DI COPERTINA: Chiesa del Santo Volto a Torino. Nel presbiterio le tessere in pietra ricreano il volto della Sindone tramite un effetto pixel. (Progetto Arch. Mario Botta, foto di Enrico Cano) Altre foto: Archivio Rivista - Haltadefinizione.com - Archivio ICP - Centro Documentazione Mariana - Redazione ADMA - Editrice Elledici - Beppe Ruaro - ANS Image Bank. Basilica di Torino Rivista della

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ANNO XXXI -

MENSILE - Nº

4 - APRILE 2010

saggio gratuito per due numeri

Passio Christi,

passio hominis

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