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• ANNO XXX - MENSILE - N° 4 - APRILE 2009

RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO

Gesù, il Signore della vita


È risorto! L’ho visto Gesù narra il Padre

O “

ra siete tristi, ma vi rivedrò e il vostro cuore gioirà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (16,22). È una delle promesse che trovano il loro compimento nel giorno di Pasqua. Leggendo questo bellissimo capitolo ci sembra di rivivere la stessa gioiosa esperienza dei primi discepoli e di passare con loro in modo sensibile dalla tristezza alla gioia piena. L’inizio è cupo: si cerca un morto che non c’è più. Per noi abituati all’annunzio pasquale può sembrare strano il pianto della Maddalena e anche la paura dei discepoli. Eppure questi atteggiamenti ci fanno toccare con mano la concretezza del loro vivere e quale “shock” è stata per tutti loro la passione del Maestro. Era necessario per essi non solo vedere, ma anche toccare con mano il Cristo Risorto. Il racconto della loro esperienza ha una struttura armoniosa: è un continuo progredire nella scoperta e nella fede. Nel primo episodio (20,1-10) si intreccia l’esperienza della Maddalena, di Pietro e del discepolo che Gesù amava. Di qui il titolo: “Vide e credette” che bene esprime il culmine di una ricerca. Segue l’incontro di Gesù con la Maddalena: è un incontro che si fa annunzio (20,11-18). Il terzo episodio presenta l’apparizione di Gesù ai discepoli. Qui scoppia finalmente la gioia pasquale (20,19-23). Segue infine l’incontro di Gesù con Tommaso che si conclude con la frase: “Beati quelli che credono senza aver visto” (20,24-29), seguita da una breve conclusione (20,30-31).

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(Gv 20,1-18)

Vide e credette (20,1-1)

L’interesse è tutto sul sepolcro. Se ne parla sette volte; ed è un sepolcro vuoto. Nicodemo vi aveva deposto Gesù: ora non c’è più. La scoperta è descritta gradualmente e ci dà la possibilità di riflettere. La Maddalena vi giunge di buon mattino quando era ancor buio; sembra una donna avvolta nelle tenebre, nell’incredulità. Il modo di parlare dice che qui la fede e la speranza nel Risorto stentano ad affiorare. Noi già conosciamo tutti gli eventi pasquali, ma quei primi discepoli erano sotto lo “shock” della morte e sepoltura di Gesù. Tutto quel-

Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta al sepolcro. Allora di corsa andò da Pietro e dall’altro discepolo che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno portato. Pietro allora uscì con l’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi vide i teli ancora là, ma non La prima lettura dei fatti che Maria Maddalena fa, correnal Cenacolo per avvisare Pietro è che il Sepolcro è vuoentrò. Giunse in- do to e che il corpo di Gesù sarebbe stato portato via. tanto anche Simon Pietro, che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide i teli ancora là e il sudario, che era stato sul suo capo, non là con i teli, ma in disparte, ripiegato in un luogo. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non comprendevano ancora la Scrittura, che Egli cioè doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.


lo che è capitato è stato per essi il tracollo della speranza. Però amano il Maestro, anche se morto, e il suo corpo sepolto è segno di una presenza. Ma non c’è più. La Maddalena appena vide che il sepolcro era vuoto, non è neppure lontanamente sfiorata dall’idea della Risurrezione e corse a dire a due discepoli che qualcuno aveva trafugato il corpo di Gesù. Per lei come per le altre donne che si erano recate al sepolcro, l’avventura di Gesù è per sempre finita. I due discepoli sono su un’altra linea, almeno quello che Gesù amava, cioè colui che aderisce nella fede e nella fedeltà a Gesù e che mai lo abbandona. Appena avvisati dalla Maddalena corrono al sepolcro. Colui che Gesù amava, essendo più giovane arriva primo, ma non entra pensiamo per rispetto, a Pietro, il quale invece entra senza fermarsi e vede i lini che hanno avvolto Gesù. Capisce subito che non è stato trafugato. Chi ruba un morto non lo spoglia. Entrò poi l’altro discepolo: vide e credette. Capì subito che Gesù era vivo: è colui che ha il potere di dare la vita e di riprenderla. C’è anche la parola di Osea che lo conferma: “Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo giorno ci farà rialzare” (6,2). Lo ha detto anche Gesù ai Giudei, riferendosi al suo corpo: “Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo rialzerò” (2,19). La fede in Gesù risorto ha fatto il primo passo. L’incontro con Maria (20,11-18) I due discepoli tornarono a casa, Maria invece rimase fuori e piangeva. Mentre piangeva si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti una dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dov’era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dis-

sero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Detto questo si voltò indietro e vide Gesù, ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Essa pensando che fosse il custode del giardino gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria”. Essa, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbuni!”, che significa: “Maestro”. Gesù le disse: “Non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre, ma va dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio, e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e ciò che le aveva detto. Forse i due discepoli prima di andarsene hanno detto qualcosa alla Maddalena, ma lei non fa caso alle illusioni dei discepoli. Essa continua a cercare Gesù, ma

se ne sta vicino al sepolcro, vero segno di morte. Chinatasi sulla porta del sepolcro vede due angeli, ma non fa caso a quello che dicono. Eppure essi sono il segno della gloria che si è manifestata nel luogo dove fu posto Gesù, sono un segno che porta alla fede. Alla Maddalena però quei due esseri celesti non le dicono nulla, tanto è assorbita dal suo dolore. Continua a cercare un morto e anche quando distoglie lo sguardo per guardare altrove e vede una persona, quella persona per lei è solo il custode del giardino e pensa che sia stato lui a portar via il corpo di Gesù. Solo quando si sente chiamare per nome capisce che è Gesù. Lo riconosce ma non ha nessun segno di fede. Non riesce a capire che le relazioni sono cambiate. Gesù cerca di farsi capire quando le dice: “Va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro...”. Questo è il messaggio che porta ai discepoli. Solo nell’espressione: Ho visto il Signore, sembra di scorgere la sua fede. Ma l’evangelista non si sofferma più su Maria. L’interesse va a quanto Gesù ha detto dei discepoli. Li chiama “fratelli”. Non sono più dei semplici amici. Ora dopo che il Figlio dell’Uomo è salito dov’era prima (6,62) è data a chi crede la possibilità di diventare “Figli” (1,13), di nascere dall’alto (3, 3.5.7) di avere come Gesù la possibilità di chiamare Dio “Padre mio” come Gesù, che perciò è veramente fratello. Mario Galizzi 3


La Catechesi di Benedetto XVI

G

li Apostoli erano compagni di via di Gesù, amici di Gesù e questo loro cammino con Gesù non era solo un cammino esteriore, dalla Galilea a Gerusalemme, ma un cammino interiore nel quale hanno imparato la fede in Gesù Cristo, non senza difficoltà perché erano uomini come noi. Ma proprio per ciò perché erano compagni di via di Gesù, amici di Gesù che in un cammino non facile hanno imparato la fede, sono anche guide per noi, che ci aiutano a conoscere Gesù Cristo, ad amarLo e ad avere fede in Lui. Avevo cominciato a parlare di Giovanni l’evangelista. Vorrei adesso concentrare l’attenzione sul contenuto del suo insegnamento. Gli scritti di cui oggi, quindi, ci vogliamo occupare sono il Vangelo e le Lettere che vanno sotto il suo nome. Il fondamento dell’amore

Se c’è un argomento caratteristico che emerge negli scritti di Giovanni, questo è l’amore. Non a caso ho voluto iniziare la mia prima Lettera enciclica con le parole di questo Apostolo: “Dio è amore (Deus caritas est); chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4,16). È molto difficile trovare testi del genere in altre religioni. E dunque tali espressioni ci mettono di fronte ad un dato davvero peculiare del cristianesimo. Certamente Giovanni non è l’unico autore delle origini cristiane a parlare dell’amore. Essendo questo un costitutivo essenziale del 4

cristianesimo, tutti gli scrittori del Nuovo Testamento ne parlano, sia pur con accentuazioni diverse. Se ora ci soffermiamo a riflettere su questo tema in Giovanni, è perché egli ce ne ha tracciato con insistenza e in maniera incisiva le linee principali. Alle sue parole, dunque, ci affidiamo. Una cosa è certa: egli non ne fa una trattazione astratta, filosofica, o anche teologica, su che cosa sia l’amore. No, lui non è un teorico. Il vero amore infatti, per natura sua, non è mai puramente speculativo, ma dice riferimento diretto, concreto e verificabile a persone reali. Eb-

bene, Giovanni come apostolo e amico di Gesù ci fa vedere quali siano le componenti o meglio le fasi dell’amore cristiano, un movimento caratterizzato da tre momenti. L’amore è la natura di Dio

Il primo riguarda la Fonte stessa dell’amore, che l’Apostolo colloca in Dio, arrivando, come abbiamo sentito, ad affermare che “Dio è amore” (1 Gv 4,8.16). Giovanni è l’unico autore del Nuovo Testamento a darci quasi una specie di definizione di Dio. Egli dice, ad esempio, che Secondo una tradizione popolare, Giovanni avrebbe “Dio è Spirito” testimoniato la sua fedeltà a Cristo superando la pro- (Gv 4,24) o che va del martirio che sarebbe avvenuto per immersione “Dio è luce” (1 Gv in una pentola di olio bollente. 1,5). Qui proclama con folgorante intuizione che “Dio è amore”. Si noti bene: non viene affermato semplicemente che “Dio ama” e tanto meno che “l’amore è Dio”! In altre parole: Giovanni non si limita a descrivere l’agire divino, ma procede fino alle sue radici. Inoltre, non intende attribuire una qualità divina a un amore generico e magari impersonale; non sale dall’amore a Dio, ma si volge direttamente a Dio per Martirio di San Giovanni (1629), Charles Le Brun, Saint-Nicolas du Chardonnet, Paris.

I Dodici

Giovanni, il teolo


Giovanni Evangelista, Pompeo Batoni (1708-1787), Iliffe Collection.

ogo

Giovanni supera il precetto ebraico dell’amore, inserendo come paradigma non più se stessi, ma l’amore di Gesù per noi.

definire la sua natura con la dimensione infinita dell’amore. Con ciò Giovanni vuol dire che il costitutivo essenziale di Dio è l’amore e quindi tutta l’attività di Dio nasce dall’amore ed è improntata all’amore: tutto ciò che Dio fa, lo fa per amore e con amore, anche se non sempre possiamo subito capire che questo è amore, il vero amore. L’amore è concreto A questo punto, però, è indispensabile fare un passo avanti e precisare che Dio ha dimostrato concretamente il suo amore entrando nella storia umana mediante la persona di Gesù Cri-

sto, incarnato, morto e risorto per noi. Questo è il secondo momento costitutivo dell’amore di Dio. Egli non si è limitato alle dichiarazioni verbali, ma, possiamo dire, si è impegnato davvero e ha “pagato” in prima persona. Come appunto scrive Giovanni, “Dio ha tanto amato il mondo (cioè: tutti noi) da donare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Ormai, l’amore di Dio per gli uomini si concretizza e manifesta nell’amore di Gesù stesso. Ancora Giovanni scrive: Gesù “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1). In virtù di questo amore oblativo e totale noi siamo radicalmente riscattati dal peccato, come ancora scrive San

Giovanni: “Figlioli miei, ... se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Gv 2,1-2; cf 1Gv 1,7). Ecco fin dove è giunto l’amore di Gesù per noi: fino all’effusione del proprio sangue per la nostra salvezza! Il cristiano, sostando in contemplazione dinanzi a questo “eccesso” di amore, non può non domandarsi quale sia la doverosa risposta. E penso che sempre e di nuovo ciascuno di noi debba domandarselo. Amare come Gesù ama Questa domanda ci introduce al terzo momento della dinamica dell’amore: da destinatari recettivi di un amore che ci precede e sovrasta, siamo chiamati all’impegno di una risposta attiva, che per essere adeguata non può essere che una risposta d’amore. Giovanni parla di un “comandamento”. Egli riferisce infatti queste parole di Gesù: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Dove sta la novità a cui Gesù si riferisce? Sta nel fatto che egli non si accontenta di ripetere ciò che era già richiesto nell’Antico Testamento e che leggiamo anche negli altri Vangeli: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18; cf Mt 22,3739; Mc 12,29-31; Lc 10,27). Nell’antico precetto il criterio normativo era desunto dall’uomo (“come te stesso”), mentre nel precetto riferito da Giovanni Gesù presenta come motivo e norma del nostro amore la sua stessa persona: “Come io vi ho amati”. È così che l’amore diventa davvero cristiano, portando in sé la novità del cristianesimo: 5


sia nel senso che esso deve essere indirizzato verso tutti senza distinzioni, sia soprattutto in quanto deve pervenire fino alle estreme conseguenze, non avendo altra misura che l’essere senza misura. Quelle parole di Gesù, “come io vi ho amati”, ci invitano e insieme ci inquietano; sono una meta cristologica che può apparire irraggiungibile, ma al tempo stesso sono uno stimolo che non ci permette di adagiarci su quanto abbiamo potuto realizzare. Non ci consente di essere contenti di come siamo, ma ci spinge a rimanere in cammino verso questa meta. L’amore ha tutto in ogni cosa Quell’aureo testo di spiritualità che è il piccolo libro del tardo medioevo intitolato Imitazione di Cristo scrive in proposito: “Il nobile amore di Gesù ci spinge a operare cose grandi e ci incita a desiderare cose sempre più perfette. L’amore vuole stare in alto e non essere trattenuto da nessuna bassezza. L’amore vuole essere libero e disgiunto da ogni affetto mondano... l’amore infatti è nato da Dio, e non può riposare se non in Dio al di là di tutte le cose create. Colui che ama vola, corre e gioisce, è libero, e non è trattenuto da nulla. Dona tutto per tutti e ha tutto in ogni cosa, poiché trova riposo nel Solo grande che è sopra tutte le cose, dal quale scaturisce e proviene ogni bene” (libro III, cap. 5). Quale miglior commento del “comandamento nuovo”, enunciato da Giovanni? Preghiamo il Padre di poterlo vivere, anche se sempre in modo imperfetto, così intensamente da contagiarne quanti incontriamo sul nostro cammino. Benedetto XVI L’Osservatore Romano, 10-08-2006

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Per Dio tutto è possibile

Meditazione

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io vuole che tutti gli uomini siano salvi”, afferma la Sacra Scrittura (1 Tm 2,4). Questo non dice necessariamente che tutti si salvino: quante volte Dio vuole qualcosa, e noi facciamo il contrario! Ma questo durerà per sempre? “I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (Rm 11,29). E Dio chiama tutti gli uomini quando li crea, anche prima che possano diventare cristiani: manda a tutti un invito a casa sua, anche se molti si orientano a mete diverse... Allora si salvano tutti? Non possiamo saperlo: Ma certamente sappiamo che Dio aspetta tutti, e quindi aiuta tutti perché possano abbracciarlo: E noi non sapremo se e quando questo incontro avvenga: a volte,

forse, nell’ultimo istante della vita terrena... Troppe cose ci sfuggono: ma non mi sembra inaccettabile “escludere a priori” una salvezza universale. Spesso si pensa che essa non sia possibile, di fronte a certe persone che sembrano lontanissime da Dio, di fronte all’atteggiamento generale dell’umanità, e persino di fronte ad alcune parole della Bibbia, che tuttavia vengono interpretate in diverse maniere... Ma recentemente la Chiesa ufficiale ci ha presentato voci che aprono nuove speranze. Papa Giovanni Paolo II ha scritto in una sua catechesi: “la dannazione rimane una reale possibilità, ma non ci è dato di conoscere, senza una speciale rivelazione divina, se e quali es-

Uno dei drammi dell’uomo contemporaneo è che non spera più in nessuna salvezza.


seri umani vi siano effettivamente coinvolti” (L’Osservatore Romano, 29-7-1999). Questo significa che non sappiamo se esistano di fatto degli uomini dannati. La Liturgia delle Ore è ancora più aperta. Nelle Intercessioni delle Lodi e dei Vespri, nel Salterio distribuito in quattro settimane, si ripete molto spesso una preghiera della Chiesa, che si unisce al desiderio del Padre e supplica la salvezza finale di tutti gli uomini. Rileggiamo insieme queste invocazioni: probabilmente le abbiamo già recitate, ma senza aver coscienza fino in fondo che cosa chiedevamo... e senza pensare che Gesù ci assicura che Egli esaudisce la preghiera del suo popolo, soprattutto quando chiede espressamente quello che vuole Dio. Ecco le invocazioni liturgiche che vi ho trovato: – la tua Chiesa sia (...) mistero di salvezza per tutti gli uomini; – cancella tutte le nostre colpe; – fa’ che ogni uomo goda senza fine alla tua luce intramontabile; – fa’ che tutti gli uomini siano salvi; – estendi a tutti gli uomini (...) i benefici della tua salvezza; – rinnova tutti gli uomini con la tua misericordia; – con la Risurrezione del Figlio (...) diffondi la sua luce in tutti gli uomini; – ricordati di quanti sono im-

Nell’orizzonte dell’amore di Dio la dannazione è una scelta esclusiva dell’uomo. Sono le scelte e gli atteggiamenti quotidiani che forgiano il nostro volto eterno.

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mersi nelle tenebre dell’errore: apri i loro occhi; fa’ risplendere in tutti la vittoria della croce; il Cristo vuole che tutti gli uomini siano salvi. Preghiamo perché si compia il disegno della sua misericordia: attira ogni essere a te, Signore; nessuno perisca di coloro che il Padre ti ha affidati; concedi a tutti il perdono e la pace; libera da ogni peccato i nostri defunti: siano eternamente felici;

– da’ (...) a tutti gli uomini la grazia e la salvezza. Questo non significa affatto che il Paradiso sia facile (cfr. Lc 13,23s). Ma ci fa capire l’estremo valore di una continua preghiera unita a Gesù Cristo, a sua Madre, ai suoi Santi, alla Chiesa intera. Tutti chiedono al Padre ciò che Egli stesso desidera: la misericordia verso tutti gli uomini. Così, anche la loro salvezza finale “è impossibile per gli uomini, ma per Dio tutto è possibile”! (Lc 18,27). Antonio Rudoni 7


Anno Paolino Un uomo da copertina

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omo dai grandi sentimenti e di forte passionalità, Paolo di Tarso era innanzitutto un uomo di relazione. La sua capacità di dialogare con

Paolo di Tarso e la Chiesa pri m culture e religioni diverse dall’ebraismo, richiedeva una brillante diplomazia ed un’aperta disponibilità a vedere la realtà con l’occhio dello straniero. Per la nostra attuale società multietnica, multiculturale e multireligio-

La formazione di Paolo – Nel 10 ca. Paolo nasce a Tarso di Cilicia, attuale Turchia sud-orientale, sotto l’impero di Augusto. – Appartiene ad una famiglia ebrea da cui apprende la religione giudaica (cfr. 2 Cor 11,22). – Frequenta la scuola filosoficostoica della cultura greca. – Il padre, tessitore e commerciante, aveva acquistato la cittadinanza romana. – Nel 30, Paolo è a Gerusalemme alla scuola di Gamaliele, dove apprende la meticolosa osservanza della Torah, sullo stile dei farisei. Gamaliele, come ogni rabbino, non accettava soldi per la scuola ma si manteneva con un altro lavoro. Sarà così anche per Paolo, fabbricatore di tende. – Impara bene l’aramaico, l’ebraico e il greco. – In At 22,3 parlando ai giudei

di Gerusalemme, Paolo riassume il suo cammino formativo: Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. – Probabilmente partecipa alla lapidazione di Stefano, protomartire. – Nel 34-36, sulla strada di Damasco avviene la sua conversione come felice epilogo di un cammino di fede già intrapreso. Viene battezzato da Anania. – Ricercato dalla guardia del tempio, fugge da Damasco a Gerusalemme dove incontra Barnaba e gli Apostoli. – Nel 37-39, Paolo è in Arabia, nel regno dei Nabatei, dove cura la sua rieducazione al cristianesimo.

sa, le sue doti relazionali avrebbero fatto di lui un uomo da copertina del Times. Nel corso dei suoi tre viaggi missionari, Paolo diffuse il Vangelo con grande abilità pastorale e precisa metodologia di evangelizzazione. La sua predicazione partiva dalla sinagoga delle grandi città, per allargarsi poi all’annuncio nella grande piazza cittadina e raggiungere infine la periferia della città. In questo modo Paolo fondava la comunità dei credenti, metteva alla sua guida una persona fidata, per poi partire per la città successiva mantenendo con le precedenti intensi rapporti epistolari di orientamento e direzione spirituale. Per la sua instancabile attività, meritò il titolo di “Apostolo” per antonomasia, ma solo come riconoscimento postumo del suo zelo apostolico. Di contro, nella sua vita terrena conobbe l’incomprensione ed il bracconaggio. Paolo provò il rifiuto dei giudei, suoi connazionali, che lo consideravano un rinnegato, conobbe la diffidenza dei primi cristiani che continuavano a vedere in lui lo stesso persecutore che forse aveva affinato con l’inganno la sua opera inquisitoria. Fu incarcerato e condannato dai romani a causa della sua disobbedienza alla proibizione di predicare Gesù Crocifisso e Risorto. Tra i vertici della società in cui visse fu sostanzialmente una sgradita voce fuori dal coro ma con il suo avvento la Chiesa primitiva uscì dal suo integralismo e si aprì all’annuncio universale del Vangelo di Cristo.


o i mitiva

La sfida teologica

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Un pensatore eccezionale Paolo sostenne il valore del sacramento della riconciliazione, contro il tentativo, in auge al suo tempo, di ridurre la vita cristiana al solo sacramento del Battesimo, per l’ottenimento della riconciliazione e della salvezza. Rivolgendosi ai cristiani di Corinto scrive “Vi supplichiamo nel nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5,20). La riconciliazione è espressa dall’Apostolo in due direzioni; in senso verticale come Dio che riconcilia l’uomo (Cfr. 2 Cor 5, 18.22) e in senso orizzontale come la vittoria di ogni ostilità, nel nome di Cristo (Cfr. Col 3,11). Il cuore del suo pensiero resta tuttavia la teoria della giustificazione. Nelle lettere ai Galati e ai Romani scrive: “Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno” (Gal 2,15-16; Rm 3,20). Giustificare significa riconoscere che una persona è nel “giusto”, nonostante la trasgressione di una norma. Mentre a livello umano questo avviene solo a fronte di motivazioni fondate, agli occhi di Dio questo vale in assoluto per l’uomo peccatore, reo di trasgressione totale. L’uomo si giustifica, nonostante il suo peccato, non a cau-

Questo pensiero, forse di non facile comprensione, può apparire ai nostri occhi come privo di senso o addirittura scontato ma ai tempi di Paolo fu una vera rivoluzione teologica. In quel tempo si riteneva infatti che la giustificazione avvenisse in seguito all’osservanza meticolosa della Torah, la legge ebraica, la quale contava seicentodiciassette precetti da osservare e rendeva l’uomo succube di un impianto giuridico, più che un libero adoratore di Dio. Paolo raccoglie questa sfida spostando la spiritualità Nel pensiero di San Paolo emerge con forza la mi- cristiana dalla logica sericordia di Dio che ha salvato gli uomini non in del risultato a quella forza delle loro opere, ma solo per la potenza del- del cammino. Il crila Croce di Gesù. stiano si salva non per i risultati che ottiene con le sue opere ma in seguito alsa della sua conquista umana ma la perseveranza nel mantenersi per mezzo della grazia di Dio, sempre nel cammino di crescita, ottenibile dall’incontro con Crigiorno per giorno. sto, la quale “giustifica” il comLa teoria della giustificazioportamento errato del peccato, ne permise il superamento delle dovuto alla fragilità della natura barriere che separavano i cristiaumana. L’uomo si salva, ovvero ni dai giudei, non sulla base deltrova il senso pieno della sua vila legge ma della fede, perciò ta, non in seguito alle opere del l’Apostolo afferma “Eredi quinsuo ingegno ma grazie al dono di si diventa per la fede, perché d’amore di Dio che liberamente ciò sia per grazia e così la prointende sollevarlo dal proprio messa sia sicura per tutta la dipeccato. scendenza, non soltanto per quelAll’uomo è tuttavia richiesta la che deriva dalla legge, ma anla risposta di fede al gratuito apche per quella che deriva dalla pello di Dio, il quale “manifesta fede di Abramo, il quale è padre la sua giustizia nel tempo predi tutti noi” (Rm 4,16). sente, per essere giusto e giustiD’altro canto, Paolo non fu ficare chi ha fede in Gesù” (Rm mai contro il legalismo ma ve3,26). Solo chi ha fede, ovvero deva in esso la deriva della fra“chi viene dalla fede”, traducengilità umana che si limita all’osdo alla lettera dal greco originaservanza esteriore della legge ma le, può essere giustificato da Dio non arriva a cambiare il cuore. in quanto riconosce il potere di Fabio Ferrario Cristo di rimettere il suo peccato. 9


Sobrietà e solid a Vita spirituale

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n tempo di grave crisi economica la Chiesa non teme di rilanciare il digiuno per il bene del corpo e dell’anima, e invita i fedeli a praticare, specie in Quaresima, una sobrietà che avvicina a Dio e al prossimo, non una sobrietà metaforica ma reale, che significa riduzione o astinenza dal cibo e che va applicata a ogni manifestazione umana e sociale. Il digiuno non serve solo «a conferire unità alla persona, corpo e anima», ma ha anche una valenza sociale perché, «privanIl digiuno ci rende più sensibili alle necessità degli altri. Così, spezzare il pane con l’affamato è un gesto che rivela la sostanziale fraternità fra gli uomini.

doci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo». Lo scrive Papa Benedetto nel messaggio per la Quaresima, «cammino di più intenso allenamento spirituale», nel quale la liturgia ripropone la preghiera, l’elemosina, il digiuno, «tre pratiche care alla tradizione biblica e cristiana, per disporci a fare esperienza di Dio e a celebrare la Pasqua». È vero che il testo è finalizzato alla Quaresima ma, a ben guardare e a ben leggere, per il cristiano esso vale per tutto l’anno, indipendentemente dal periodo liturgico. Sottomettersi a Dio Nel 2006, Ratzinger propose il tema della compassione prendendo spunto da Gesù «che, vedendo le folle, ne ebbe compassione». L’anno dopo riprese e applicò la prima enciclica Deus caritas est, appena pubblicata. Nel 2008 illustrò il tema dell’elemosina. Quest’anno riflette sul valore e il senso del digiuno, visto anzitutto nella Bibbia. La Quaresima richiama i quaranta giorni vissuti da Gesù in preghiera e nel digiuno nel deserto, conclusi da un duro scontro con il tentatore. «Ci domandiamo quale valore abbia per noi cristiani il privarci di qualcosa che sarebbe in sé buono e utile per il sostentamento. Le Scritture e la tradizione cristiana insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che a esso in-

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duce. Nella storia della salvezza ricorre più volte l’invito a digiunare e a sottomettersi a Dio confidando nella sua bontà e misericordia. La pratica del digiuno è molto presente nella prima comunità cristiana dove i Padri della Chiesa dicono che la forza del digiuno è capace di tenere a freno il peccato, di reprimere le bramosie, di aprire nel cuore la strada a Dio». E oggi? Si digiuna solo per smagrire, per ragioni terapeutiche o di bellezza. Osserva il Papa: «Il digiuno pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dalla ricerca del benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del corpo. Digiunare giova al benessere fisico, ma per i credenti è in primo luogo una «terapia» per curare tutto ciò che impedisce loro di conformarsi alla volontà di Dio», come insegnava Paolo VI nella costituzione apostolica Pænitemini del 1966. La Quaresima – aggiunge Ratzinger – è l’occasione


d arietà buona «per valorizzare il significato autentico e perenne di quest’antica pratica, che ci aiuta a mortificare l’egoismo, ad aprire il cuore all’amore di Dio e del prossimo, a conferire unità alla persona, corpo e anima, a evitare il peccato, a crescere nell’intimità con il Signore». Insiste su un tema che gli è molto caro: «Con il digiuno e la preghiera possiamo saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di Dio». Quindi il digiuno come «pratica ascetica importante, come arma spirituale per lottare contro l’attaccamento disordinato a noi stessi, per controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d’origine, per aiutare ciascuno di noi a fare di sé dono a Dio, per allontanare ciò che distrae lo spirito, per intensificare ciò che nutre l’anima aprendola all’amore di Dio e del prossimo». Nel digiuno c’è Privandoci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo non ci è estraneo.

Il digiuno cristiano non è attuato solo per combattere il male, ma soprattutto per incontrare Dio.

una dimensione di carità: «Ci aiuta a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. Privandoci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo ma gli riserviamo accoglienza e attenzione». Offrirsi ai fratelli Quindi, nessuna «idolatria del corpo» ma profondo significato teologico del digiuno cristiano e nessuna commistione sincretista. Spiega il cardinale Paul Joseph Cordes, presidente del Pontificio consiglio «Cor unum»: il digiuno cristiano «non può essere identificato con il digiuno degli islamici e dei buddisti, ai quali va il massimo rispetto», ma «non siamo nel supermercato delle religioni». Il digiuno per i musulmani e i buddisti «è una lotta contro il po-

tere della materia sull’uomo», per i cristiani «è la discesa nella profondità della fede dove si incontra Dio». Il «mercato del wellness» e i moderni «templi della cura del corpo» nelle società occidentali hanno raggiunto dimensioni gigantesche. Non è questo il senso del digiuno cristiano. In Germania le case farmaceutiche vendono 19 milioni di pacchetti di mezzi dimagranti ogni anno. Cifre eloquenti, specie se paragonate a quelle fornite dalla signora Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite: «La fame uccide un bambino ogni sei secondi», colpa dell’ingiusta distribuzione delle ricchezze, dell’avidità, delle guerre, delle speculazioni: «Il digiuno, combinato con la beneficenza, può davvero cambiare la vita di un bambino». Pier Giuseppe Accornero 11


Spiritualità mariana

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bbiamo visto come la spiritualità mariana può essere definita, in senso ampio, come l’esperienza della propria esistenza (e la sua tematizzazione), vissuta nel nome di Gesù, il Cristo, nostro Salvatore e nostro Determinante etico, sotto l’influsso del suo Spirito, con il riferimento a Maria, la Madre di Gesù, vista come modello da pregare e imitare nella vita quotidiana. Parlare quindi di Maria di Nazaret significa tener sempre presente suo Figlio Gesù, che è il nostro unico Mediatore e la nostra fondamentale Via al Padre, nello Spirito. E non può essere altrimenti. Il Papa Paolo VI nel suo documento Marialis Cultus (MC 1974), diventato (insieme al c. VIII della Lumen Gentium) ormai

Maria, donna di fede punto di riferimento per la Mariologia dopo il Vaticano II, ha scritto: “La Vergine Maria è stata sempre proposta dalla Chiesa alla imitazione dei fedeli, non precisamente per il tipo di vita che condusse e, tanto meno, per l’ambiente socio-culturale in cui essa si svolse, oggi quasi dappertutto superato; ma perché nelle sua condizione concreta di vita, Ella aderì totalmente e responsabilmente alla volontà di Dio (Lc 1,38); perché ne accolse la parola e la mise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità e dallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima, la più perfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, universale e permanente” (n. 35). E più avanti, per fugare qualsiasi residuo di

Guarda la stella, chiama Maria

“esagerazione mariana”, contestata nel passato, ha precisato scrivendo: “Infine, qualora ce ne fosse bisogno, vorremmo ribadire che lo scopo ultimo del culto alla beata Vergine Maria è di glorificare Dio e di impegnare i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà” (n. 39), volontà di Dio che era per Gesù il suo “vero cibo” durante la vita terrena (“Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato”, in Gv 4,34) e cioè viveva di questa e per questa, fino al Calvario. Anche Giovanni Paolo II, sulla lunghezza d’onda del suo predecessore, ha scritto: “... Maria, la Madre di Gesù, è in continuo contatto con la verità del suo Figlio solo nella fede e mediante la fede! È dunque beata, perché «ha Maria progredì nella fede, aderendo perfettamente alla volontà del Padre, fino al momento tragico della Croce.

Chiunque tu sia, che hai l’impressione di essere sballottato nei flutti di questo mondo tra burrasche e tempeste invece di camminare per terra, non distogliere lo sguardo dallo splendore di questa stella, se non vuoi essere travolto dalle tempeste. Se insorgono i venti delle tentazioni, se ti dibatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stessa, invoca Maria! Se sei assalito dalle ondate della superbia, dell’ambizione, della calunnia, della gelosia, guarda la stella, chiama Maria! Se l’ira o l’avarizia, o le lusinghe della carne hanno scosso la navicella della tua anima, guarda Maria! Se, turbato dall’enormità dei peccati, confuso per le brutture della tua coscienza, impaurito dal rigore del giudizio, cominci ad essere risucchiato dal baratro della tristezza e dall’abisso della disperazione, pensa a Maria! Nei pericoli, nelle difficoltà, nei dubbi, pensa a Maria!... Seguendola non uscirai di strada; pregandola non dispererai; pensando a lei non sbaglierai. Se lei ti sostiene non cadi; se ti protegge non temi; se ti guida non ti affaticherai...”. (SAN BERNARDO, Omelia in onore della Vergine Madre, 2,17).

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creduto» e crede ogni giorno tra tutte le prove e contrarietà del periodo dell’infanzia di Gesù e poi durante gli anni della vita nascosta a Nazaret, dove egli «stava loro sottomesso» (Lc 2,51)” (Redemptoris Mater, n. 17). Maria è cresciuta gradualmente nella fede È stato il Concilio Vaticano II con il documento Lumen Gentium (sulla Chiesa, del 1964) ed il suo famoso capitolo VIIII dal titolo “La Beata Maria Vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa”, che ha posto le basi per il rinnovamento della mariologia, rispondente anche alle sfide culturali del tempo. Come ha scritto Stefano De Fiores, questo documento “è considerato una mirabile sintesi su Maria, un inno incomparabile di lode in onore di Maria” (Paolo VI), e in un certo senso “la Magna Charta” della mariologia della nostra epoca (Giovanni Paolo II), il cui effetto è stato quello di ristabilire il consenso dei vari movimenti intra ecclesiali ... (in Maria sintesi di valori, p. 336). Dieci anni dopo (1974) è arrivata l’esortazione apostolica di Paolo VI dal titolo Marialis Cultus, che ha ripreso e precisato alcuni aspetti del c. VIII, come quelli della fede di Maria, non acquisita una volta per sempre. Ha scritto il Concilio: “Così anche la Beata Vergine Maria avanzò nella peregrinazione della fede (in peregrinatione fidei processit... usque ad crucem) e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove non senza un disegno divino, se ne stette (Gv 19,25) soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui...” (LG VIII, n. 58). In sintesi, si può affermare che il c. VIII della Lumen Gen-

All’uomo moderno, la Vergine Maria offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull’angoscia.

tium presenta Maria di Nazaret come mistero di grazia (i doni di Dio) e di fede (insieme dono di Dio e risposta dell’uomo). Si può dire che questa impostazione sia più attuale e risponda maggiormente alle esigenze di tipo culturale e antropologico proprio del periodo post Vaticano II e di questo III millennio. L’uomo di oggi è geloso della propria libertà e capacità di autodeterminazione (che ne ha fatto un idolo a cui sacrificare tutto), si sente protagonista ed è geloso della propria capacità demiurgica (homo faber o meglio homo technologicus) con la conseguenza esaltazione della tecnica come nuovo orizzonte al quale riferire la soluzione di tutti i problemi. Maria viene indicata in questi documenti citati

come “una donna tutt’altro che passivamente remissiva o di una religiosità alienante”, ma una “donna forte, che conobbe povertà e sofferenza, fuga ed esilio” (Paolo VI nella MC n. 37). Una donna che fu forte soprattutto nella fede e nell’adesione totale al progetto di Dio, di essere la Madre terrena del suo Figlio. Progetto che lei attese e conobbe con pazienza (quindi crescendo nella fede) per tutta la vita, fino al momento più drammatico del Calvario, quando tutto sembrava naufragare e lei ritrovarsi vittima di un inganno. Ancora Paolo VI ha scritto nella sua Marialis Cultus: “All’uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l’angoscia e la speranza, prostrato dal senso 13


Il cammino nella fede di Maria si conclude nella gloria, quando assunta in Cielo in corpo e anima, ha concluso nella sua persona la redenzione attuata da Cristo per tutti gli uomini.

dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell’animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall’enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che ella possiede nella città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull’angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e sulla nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte” (MC n. 57). La fede di Maria Non si vive la propria spiritualità mariana in profondità e in sincerità, oltre che in verità, senza la fede. Credo che questo della fede sia il problema numero uno in ogni vita spirituale, e quindi anche nel proprio rapporto con Maria di Nazaret. È insomma il primo atteggiamento e la prima funzione esemplare nei nostri riguardi che la Madre di Ge14

sù ci regala: credere come lei, fidarsi di Dio come lei, affidarsi a Dio come lei, crescere gradualmente nella fede come lei, affrontare anche la “notte della fede” (RM, n. 17) come ha fatto lei. Perché è il primo e assolutamente più importante atteggiamento da copiare? Perché vivere di fede e vivere la propria fede è l’impresa più ardua per un uomo. “La fede è un cammino: anzi soprattutto la fede. Il vero cammino dell’uomo è il cammino della sua fede, perché la fede è la dimensione ultima dell’uomo. Senza la fede non c’è mutamento” (David M. Turoldo). E chi ha deciso di vivere, giorno dopo giorno, la propria vita “alla presenza di Dio” cioè scegliendo e facendo il bene a tutti e non il male, ha sperimentato quanto sia duro e in salita questo cammino verso la montagna di Dio. È la Parola di Dio che ci dice quanto questo sia vero e anche importante. Nel Vangelo troviamo una frase che deve far riflettere “Quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora fede sulla terra?” (Lc 18,8). È un interrogativo lanciato da Gesù, come monito per tutti, subi-

to dopo la parabola del giudice iniquo e della vedova insistente. Parole pesanti, non c’è che dire. Che devono far riflettere e che ci danno l’idea di quanto sia difficile il “mestiere” di credere, e di quante difficoltà sia disseminata la strada della fede in Dio da parte dell’uomo, di ogni uomo che è aperto e si interroga sul trascendente. Ma d’altra parte nella Lettera agli Ebrei (11,6) troviamo anche la frase che “senza la fede è impossibile piacere a Dio”. Certo che se non si ammette o non si crede in Dio è molto difficile vivere secondo Dio e la sua legge. E ancora (Gal 3,11) “il giusto vivrà per la sua fede”. E se applichiamo questi versetti alla vita di Maria di Nazaret vediamo quanto Lei sia vissuta di una fede totale in Dio e nella sua parola. “La fede, ci ricorda Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater, n.17, è un contatto con il mistero di Dio e Maria è costantemente, quotidianamente in contatto con l’ineffabile e insondabile, da mente umana, del mistero di un Dio che si è fatto uomo”. La fede di Maria non fu acquisita una volta per sempre, ma anche lei, si afferma più avanti, “avanzava nel suo itinerario di fede”. Anche lei ha camminato giorno dopo giorno, prova dopo prova, fatica dopo fatica in questo cammino di fede fino al giorno della Risurrezione del Figlio. Ed è proprio questa “fatica del cuore”, questo suo avanzare nel cammino verso Dio (che comprende la “tappa” lacerante del Calvario del Figlio), questo suo vivere come se vedesse l’Invisibile, che è di grande insegnamento per la vita di fede di ogni discepolo di Cristo. Imitare la fede di Maria (che ci viene descritta nei Vangeli) nella vita quotidiana è dare un solido fondamento alla propria spiritualità mariana. Mario Scudu


La battaglia di Vienna In Basilica

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uante sono le signore e le signorine che portano il bellissimo nome di Maria? Moltissime! In Italia e in tutto il mondo. Saranno liete di sapere che il giorno del loro onomastico, che cade il 12 settembre, è associato ad un episodio molto importante della storia della Chiesa rievocato nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Infatti, nella parte della cupola maggiore che è di fronte al trono dell’Ausiliatrice, un gruppo di angeli sostiene un arazzo rappresentante la battaglia di Lepanto, di cui abbiamo già parlato in un numero precedente della nostra rivi-

sta. A sinistra si può intravedere la figura del re polacco Giovanni III Sobieski, il condottiero delle truppe cristiane che liberarono la città di Vienna nel 1683. A seguito di questa vittoria, del tutto insperata eppure di straordinaria importanza per la sopravvivenza stessa dell’Europa cristiana, il Papa dell’epoca, il Beato Innocenzo XI, decise di estendere alla Chiesa universale la festa liturgica del Nome di Maria, dapprima celebrata solo in alcune regioni. Il Papa era infatti convinto che la liberazione di Vienna, stretta dall’assedio dei Turchi, fosse stata un evento del tutto prodigioso e fosse stata ottenuta per l’intercessione di Maria, proprio il 12 settembre di quel lontano 1683. Ma che cosa avvenne esattamente?

Nel 1683, la salvezza di Vienna impedì alle forze ottomane di invadere il resto d’Europa.

L’avanzata irresistibile dei Turchi Il secolo XVII è funestato da una serie di guerre apparentemente interminabili tra gli Stati europei: divisioni religiose tra Cattolici e Protestanti e lotte dinastiche ne sono la causa, calo demografico e crisi economica l’effetto. Ne approfittano i Turchi dell’Impero Ottomano che, di convinta fede islamica, attraversano un periodo di grande vigore militare e che puntano a stringere come una tenaglia il Cristianesimo europeo, da Est e da Ovest. Puntano a conquistare Vienna, la capitale dell’Impero Asburgico, da essi chiamata “la mela d’oro” e poi di là scendere a Roma per trasformare la Basilica di San Pietro in una moschea. Da tempo padroni dei Paesi balMarco d’Aviano guida la Peregrinatio Mariae a Vienna nel 1697, Giuseppe Gatto. Aviano, chiesa parrocchiale.

L’onomastico di chi si chiama Maria e gli affreschi della cupola maggiore della Basilica


canici, conquistatori di Buda, capitale dell’Ungheria, nel maggio del 1683 i Turchi radunano un enorme esercito, forse trecentomila soldati, e scatenano l’offensiva verso l’Europa centrale, guidati da un generale feroce, il Gran Visir, Karà Mustafà. Dove passano, come loro costume, devastano i villaggi, razziano ogni genere di bene, profanano e distruggono le chiese, e rapiscono centinaia di donne per popolare gli harem e soddisfare così i loro appetiti sessuali. Dopo due mesi di marce forzate di venti e persino trenta chilometri al giorno, si piazzano dinanzi alle porte di Vienna e la cingono d’assedio, attendendone la capitolazione, per fame e per malattie. L’imperatore Leopoldo I fugge e si rifugia nella città di Linz. Vienna è eroicamente difesa da circa diecimila soldati e da volontari disposti a perdere la vita pur di salvare l’Europa dall’aggressione turco-islamica. La città rigurgita di profughi e di malati. Le risorse idriche sono state inquinate, topi infetti, gettati oltre le mura dagli assedianti, fanno dilagare la peste. Voragini sono aperte lungo i bastioni. Una campana della cattedrale di Santo Stefano continua a convocare gli eroici difensori con i suoi rintocchi. Viene chiamata “Angstern”, che significa “angoscia”. La capitolazione è vicina. Veni, vidi, Deus vicit Il comandante della guarnigione viennese, von Starhemberg, invia un messaggio disperato: “Non perdete più tempo, clementissimo signore, non perdete più tempo”. Lo sconfortato appello è rivolto ad un principe, Carlo di Lorena, che, insieme ad altri condottieri cristiani, aveva dato vita ad un’alleanza militare di truppe cristiane, accampate sulle colline a nord di Vienna. 16

Il generale è il re polacco Gioanni successivi, anche Buda e vanni Sobieski, ritratto in BasiBelgrado vengono loro sottratte lica, ma l’anima che infonde coe ritornano ad essere cristiane. raggio e fiducia ai difensori acCome questo sia potuto accadecorsi per liberare la capitale è un re è stato ben compreso dai confrate cappuccino, Marco d’Aviatemporanei. Quando il giorno no, beatificato da Giovanni Paoseguente alla vittoria, Giovanni lo II nel 2002. Tutti lo consideSobieski entrò trionfalmente in rano un santo: i nobili e le regicittà, il corteo, per ordine del re, ne che lo vogliono come consisi diresse verso la chiesa della gliere spirituale e confessore, il Madonna di Loreto: all’interpopolo che si affolla per ascolvento della Madre di Dio, Aiutarne le prediche e tagliuzza il to dei Cristiani, era attribuita la suo mantello per ottenerne relivittoria. quie, e il Papa che gli affida misFu celebrata una Messa, dusioni impossibili, come quella, rante la quale il re rimase in giper l’appunto, di mettere d’acnocchio. Al Papa egli inviò un cordo i re cristiani, sempre divimessaggio per annunziargli la si, per impedire il dilagare delvittoria: Veni, vidi, Deus vicit. Il l’Islam. La mattina dell’11 setPontefice, Innocenzo XI, che avetembre, Marco d’Aviano celebra va voluto organizzare la Crociauna Messa sulla montagna di ta, istituì la festa in onore del Kalhenberg. Il re polacco Giovanni gli fa La vittoria sui Turchi venne subito attribuita alla predi Maria, aiuto dei cristiani, tanto invocata dal da chierichetto. Le senza Beato Marco d’Aviano. truppe cristiane sono presenti e, alla fine della Messa, Marco d’Aviano grida: “Ioannes vinces”, che in latino significa “Giovanni vincerai”. Ed accade proprio così. Nonostante la sproporzione numerica tutta a vantaggio dei Turchi, mentre Marco d’Aviano corre da una parte all’altra gridando “Gesù e Maria”, le campane suonano a distesa e donne e bambini invocano nelle chiese la Madre di Dio, le truppe cristiane mettono in fuga quello che era considerato il più potente esercito del tempo. Alla sera del 12 settembre del 1683 i Turchi fuggono disordinatamente. Dopo molti secoli di supremazia, inizia il loro declino. Negli


Giovanni Sobieski incontra l’imperatore Leopoldo I a Schwechat (1859), dopo la battaglia di Vienna, il 12 settembre 1683. Galleria d’Arte di Lviv, opera di Artur Grotter.

Nome di Maria in ricordo e ringraziamento della vittoria, per il cui conseguimento tanto si era prodigato il Cappuccino Marco d’Aviano che, oltre a benedire le truppe, sarebbe pure all’origine della bevanda, conosciuta in tutto il mondo: il cappuccino, per l’appunto. Una notizia, priva però di documentazione storica, riporta che egli avrebbe suggerito di aggiungere del latte al caffè. Esso era gustato a Vienna dopo la battaglia in cui i soldati cristiani ricupererarono, nel bottino, anche sacchi di caffè. La bevanda, ottenuta dalla mescolanza, proposta da Marco d’Aviano, di caffè e latte, piacque tanto che gli avventori dei primi bar viennesi vollero chiamarla “cappuccino”. Se quest’ultimo è solo un aneddoto piacevole, ma storicamente infondato, una pensosa riflessione si impone. Molto probabilmente, come ricorda Rino Cammilleri, in Europa, le nostre donne oggi porterebbero il “chador”, sarebbe proibito bere vino e birra, gli adulteri sarebbero lapidati e ai ladri mozzata la mano destra e i cristiani, se ancora esistenti come esigua minoranza, sarebbero solo dei “dhimmi”,

cioè dei “sottomessi”, se a Vienna, nel 1683, la Madre di Dio non fosse stata accoratamente invocata da un re polacco di Lei devotissimo, che nella sua cappella faceva cantare ogni giorno le litanie lauretane, e da un frate

cappuccino, inviato da un Papa che volle la festa del Nome di Maria. Roberto Spataro Studium Theologicum Salesianum Gerusalemme e-mail: silvaestudiosus@gmail.com

GIANFRANCO VENTURI - MARINO GOBBIN (A cura di)

365 PAROLE D’AMORE Meditazioni e preghiere per ogni giorno dell’anno per fidanzati e coppie Editrice Elledici, CPM, pagine 416 € 12,00 (ediz. brossurata); € 21,00 (ediz. cartonata). Queste pagine vogliono accompagnare giorno dopo giorno la realtà dell’amore, quello di Gesù; un gioco che conosce infinite vie, e arriva là dove tutto si dona e tutto si eterna. A coloro che incominciano a camminare nella via dell’amore o lo vanno scoprendo, ai fidanzati e agli sposi, a quanti vivono nel celibato, a tutti coloro che ogni giorno sono chiamati ad «amarsi nel Signore», a «sposarsi nel Signore», sono affidate queste 365 umili pagine, spigolate qua e là, «piccole luci d’amore» che molte persone ci hanno lasciato, per testimoniarci che è bello dire in verità ogni giorno: «Ti amo!». 17


I Novissimi

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Celebrazione

In cammino verso le ultime realtà IL PURGATORIO Che cos’è il Purgatorio? Già ora voglio vivere così come vivrò nell’aldilà. Un legame strettissimo corre tra questa mia vita e quella. Quella però fortunatamente sarà più bella e più felice di questa, ma sempre la stessa vita di figli di Dio. Il mio futuro inizia dunque già in questo mio cammino presente. Il mio desiderio e, quindi la mia preghiera, è questa: Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia. Giustamente mi pongo una domanda: sono ben preparato per l’incontro con il tre volte Santo? Se non lo sono, siamo tutti peccatori, supplicherò la bontà del Signore per essere purificato e quindi rivestito della veste nuziale. Proprio quello che afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 210 del compendio, parlando della necessità di venire purificati: “Il Purgatorio è lo stato di quanti muoiono nell’amicizia di Dio, ma, benché sicuri della loro salvezza eterna, hanno ancora bisogno di purificazione, per entrare nella beatitudine celeste”. Le anime del Purgatorio sono già orientate verso Dio. La preghiera per loro è uno degli atti d’amore più intensi e veri che il cristiano possa fare.

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E in realtà il Purgatorio è il proseguimento e il completamento dell’azione purificatrice operata da Dio qui in terra, proprio come diceva Davide: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia, nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Purificami e sarò mondato; lavami e sarò più bianco della neve” (Sal 50,1.9). Così possiamo affermare che il Purgatorio incomincia già qui, quando noi chiediamo sinceramente perdono delle nostre colpe, con la confessione o, se non è possibile, con l’atto di dolore, e facciamo una adeguata penitenza con l’impegno di non peccare. Che cosa dice la Bibbia C’è un passo nella Bibbia dove viene testimoniata la fede degli Ebrei che pregano per i morti e offrono sacrifici in loro favore (2 Mac 12,42ss): “... Perciò tutti ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Poi fatta una colletta, con un tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della Risurrezione. Perché se non avessero avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota”. Dunque qui si sottolinea in particolare che 1º) Giuda e i soldati ricorsero alla preghiera supplicando Dio perché il peccato commesso dai loro compagni caduti in battaglia fosse pienamente perdonato: 2º) che fecero una colletta da inviare a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrifico espiatorio. Vi è un altro passo che parla di una purificazione dopo la morte. Ecco: “Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi ritrova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose,


legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera sarà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1 Cor 3,11-15). Da questo brano di Paolo possiamo apprendere che ci saranno anche quelli che si salveranno, ma dopo esser passati come attraverso il fuoco, cioè attraverso una sofferenza purificatrice. In ogni caso si salva colui che, al termine della sua vita, resta unito all’unico fondamento che è Cristo Gesù. Da questi due testi possiamo ricavare due elementi di grande importanza: l’utilità dei suffragi e l’esistenza di una purificazione nell’aldilà. Preghiamo con il Salmo 84 Rit.: Mostraci, Signore, la tua misericordia. Signore, sei stato buono con la tua terra, hai ricondotto i deportati di Giacobbe. Hai perdonato l’iniquità del tuo popolo, hai cancellato tutti i suoi peccati. Hai deposto tutto il tuo sdegno e messo fine alla tua grande ira. Rit. Rialzaci, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi. Forse per sempre sarai adirato con noi, di età in età estenderai il tuo sdegno? Rit. Non tornerai tu forse a darci vita, perché in te gioisca il tuo popolo? Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza. Rit. Dobbiamo credere nel Purgatorio? La dottrina della Chiesa Cattolica sul Purgatorio è stata definita, nel II Concilio di Lione (1245), in quello di Firenze (1439) e in quello di Trento (1545). Ciò che venne definito è questo: 1º) l’utilità dei suffragi, 2º) l’esistenza di una purificazione nell’aldilà, mentre il Concilio di Trento aggiunge la raccomandazione di evitare ogni questione sottile e ogni descrizione fantastica. Il Concilio Vaticano II proponendo nuovamente i decreti dei sacri Concili, richiama gli stessi due punti di cui sopra, impegnando fortemente i fedeli a coltivare, con grande pietà, la memoria dei defunti, pregando e offrendo sacrifici per loro. E ricorda che la morte non spezza la comunione tra i credenti in Cristo, sia che essi si trovino nella gloria

Il Purgatorio è la purificazione dalle pene connesse col peccato. Una purificazione necessaria per entrare in perfetta comunione con Dio.

celeste o che stiano purificandosi dopo la morte stessa, mentre esorta “tutti quelli a cui spetta, perché se si fossero infiltrati qua e là abusi in eccesso o in difetto, si adoperino per toglierli e correggerli, e tutto restaurino per una più piena lode di Cristo e di Dio” (LG 49-51). Se la morte ci coglie prima che il lavoro del nostro completo assestamento venga compiuto, questo lavoro di purificazione e di abbellimento deve continuare anche nell’aldilà, poiché nessuno può entrare nella Casa del Padre anche con un solo minimo disordine nella sua persona. Qual è la natura di questa purificazione? A volte si è arrivati ad affermare una vera aberrazione, cioè quella di assimilare in tutto lo stato di purificazione a quello di dannazione, fuorché la durata. Purificazione è la privazione della visione beatificante: la pena intensa di desiderare di vedere e non esserne appagati. E il fuoco purificatore? I Concili di Lione, di Firenze non parlano del fuoco, e neppure ne parla il Concilio di Trento, e tanto meno il Vaticano II. Preghiera Caro Gesù, mio bell’Amore, il tuo Sangue sgorga ancora e lava il ribrezzo dei miei peccati, Ti prego, chiudimi nelle tue piaghe. Non hai finito mai di amarci: Ti interessano davvero i peccatori? Non mancano, no, lo siamo tutti: il tuo Spirito ci metta in ginocchio. Accogli chi muore sperando in te e chi si affida alla tua clemenza: un giorno faremo festa tutti insieme stretti al tuo grande cuore umano. Don Timoteo Munari 19


L’ADMA nel mondo

INSERTO

Da mihi animas cetera tolle (L’ADMA al XXVI Capitolo Generale dei Salesiani) 5. LE NUOVE FRONTIERE 5.1 - Le principali priorità: i giovani poveri Don Bosco, andando per le strade di Torino, vide le necessità della “pericolante gioventù” e rispose prontamente ai loro bisogni, aprendo nuovi fronti di impegno e agendo anche con “temerarietà” pur di “guadagnare anime a Dio”. Percorrendo le strade del mondo anche noi ci imbattiamo nei volti dei giovani immigrati, dei ragazzi sfruttati dal turismo sessuale e dal lavoro minorile, dei tossicodipendenti, dei portatori di HIV e dei malati di AIDS, dei disadattati sociali, dei disoccupati, delle vittime della violenza, della guerra e dei fanatismi religiosi, dei bambini soldato, dei ragazzi di strada, dei disabili fisici e psichici, dei giovani a rischio. Siamo colpiti da alcuni luoghi di emarginazione nei quali i giovani vivono, come le periferie delle città e le baraccopoli, e da alcune situazioni di emarginazione come quelle dei rifugiati, degli indigeni, degli zingari e di altre minoranze etniche. Riconosciamo pure le attese dei giovani spiritualmente e culturalmente poveri, che sollecitano il nostro impegno: giovani che hanno perso il senso della vita, carenti di affetto a causa della instabilità della famiglia, delusi e svuotati dalla mentalità consumista, indifferenti religiosamente, demotivati dal permissivismo, dal relativismo etico, dalla diffusa cultura di morte. Don Bosco si sentì mandato da Dio a rispondere al grido dei giovani poveri e intuì che, se era importante dare risposte immediate al loro disagio, ancor più lo era prevenirne le cause. Sul suo esempio, vogliamo andare loro incontro, convinti che il modo più efficace per rispondere alle loro povertà è proprio l’azione preventiva. Avvertiamo perciò la necessità di approfondire il suo sistema educativo per esplicitarne i compiti in ordine al superamento del disagio e dell’emarginazione giovanili: educazione etica, promozione della dignità 20

(8a parte)

della persona, impegno sociopolitico, esercizio della cittadinanza attiva, difesa dei diritti dei minori, lotta contro l’ingiustizia e costruzione della pace. Riconoscendo che nei giovani poveri si incontrano apertura e disponibilità al Vangelo, a loro annunciamo con coraggio Gesù Cristo e proponiamo cammini di fede. Diffusa è l’attenzione alle tante forme di povertà presenti oggi nel mondo e in particolare quelle che minacciano il presente e il futuro dei giovani. Forte è l’impegno a favore della crescita umana e della promozione sociale nelle aree dove più evidente è la povertà. Si sviluppa il lavoro in rete, in collaborazione con la Famiglia salesiana, con educatori e volontari delle comunità educative pastorali, con soggetti del mondo ecclesiale, sociale ed associativo, con organizzazioni non governative. Aspetti positivi che favoriscono l’apertura alle nuove frontiere sono l’accresciuta capacità di pensare ed operare per progetti, la fiducia e la disponibilità delle istituzioni private e pubbliche, l’impegno ad investire sulla formazione per abilitare salesiani e laici a risposte adeguate. D’altra parte esiste una certa resistenza a rinnovare, riqualificare, convertire la nostra mentalità. Risulta ancora debole la formazione di salesiani e laici per saper leggere i segni dei tempi e scongiurare il pericolo della lontananza dai giovani. Per operare scelte coraggiose a favore dei giovani poveri e a rischio ogni gruppo della FS: – affronti le nuove povertà che vivono i giovani del contesto e mantenga viva la sensibilità per le forme più gravi; – esprima la predilezione per i poveri progettando iniziative esplicitamente dedicate ai giovani più poveri; – cerchi risposte alle povertà spirituali dei giovani, proponendo esperienze e percorsi che risve-


A lato, i partecipanti del gruppo ADMA di Cordoba (Argentina). Sotto, la Promessa emessa dai nuovi membri del gruppo di Cordoba. In questa città si è svolto l’incontro annuale dei Presidenti dei gruppi Adma in cui si è deciso la costituzione di gruppi Adma giovanili.

glino la dimensione religiosa della vita e li aiutino a scoprire Gesù come Salvatore. – studi la possibilità di attivare progetti e di creare spazi per offrire ai giovani un’alternativa a forme di divertimento fisicamente e moralmente pericolose; – promuova la difesa dei diritti dei minori e dei giovani e denunci la loro violazione con coraggio profetico e sensibilità educativa.

L’A D M A nel mondo CORDOBA (Argentina) - La Presidente dell’ADMA Signora Estela De Recio e l’animatore spirituale Don Aldo Tobares SDB, ci hanno trasmesso una relazione sulla vita dell’ADMA a livello ispettoriale. Obiettivo annuale: rilevamento delle sezioni di tutta l’Ispettoria, costituzione delle commissioni e loro rinnovamento, aggiornamento dei dati. Soprattutto è stato svolto un lavoro di promozione del senso di appartenenza e di adesione nei gruppi e nelle opere dove si svolgono le attività. Riunione annuale dei Presidenti dei gruppi locali nell’Opera salesiana di San Juan. L’incontro ha permesso di chiarificare la presenza dell’ADMA, e la sua importanza nell’Ispettoria: il lavoro nelle opere è costante, spesso supera le possibilità e il numero degli associati. Preoccupa l’assenza dei giovani nell’Associazione. L’animazione dei consiglieri è varia circa l’impegno e l’accompagnamento per la formazione delle sezioni. Come conclusione si decise di sollecitare, attraverso diverse iniziative, la partecipazione all’ADMA, suggerendo la costituzione di un’ADMA infantile, collegiale, giovanile. Di tale iniziativa si informò l’Ispettore, i Direttori e i Consiglieri. Visita ai gruppi locali: l’animatore ispettoriale P. Aldo Tobares ha incontrato l’ADMA di Tucuman in vista della rinnovazione del Consiglio Locale. Attività con la Famiglia Salesiana: incontri a Cordoba e a Cuyo. Significativa la partecipazione dei soci dell’ADMA e affidamento a loro di diverse responsabilità organizzative. Inoltre si sono svolte varie iniziative: pellegrinaggi, incontri formativi, rinnovazione dell’affidamento a Maria e consegna della medaglia, diffusione del calendario di Maria Ausiliatrice e del Bollettino ADMA. I temi

di catechesi e di formazione più sviluppati sono stati intorno alla religiosità popolare, all’affidamento a Maria. Particolare segno di comunione la diffusione dell’ADMAonline. Pellegrinaggio in Terra Santa. Dal 26 dicembre al 2 gennaio, in collaborazione con il Santuario di Maria Ausiliatrice, è stato organizzato un Pellegrinaggio in Terra Santa. Vi hanno partecipato 100 pellegrini (75 dalla zona di Nave e 25 da Torino) di cui diversi membri dell’ADMA di Torino e di Nave. Tra essi è bello sottolineare la significativa presenza di diverse coppie giovani. Accompagnati da Don Roberto Carelli, responsabile del Gruppo Famiglie di Torino e da Don Pier Luigi Cameroni, con la guida di Don Gianni Zappino, salesiano di Valdocco, e di Mons. Giuseppe Ghiberti, biblista e responsabile per l’ostensione della Sindone della diocesi di Torino, abbiamo ripercorso i luoghi che hanno visto lo svolgersi dei misteri della nostra salvezza, sperimentando ovunque la verità e la bellezza della nostra fede. Nel susseguirsi del programma molto intenso di visita, di preghiera e di meditazione biblica è stato colto come un filo rosso che dentro tutte le vicende storiche, così intricate e segnate da lotte e distruzioni, manifesta la fedeltà di Dio e la sua presenza salvifica e misericordiosa nella vita dell’umanità. ➠ 21


emozionante perché mettersi nelle mani di Maria e chiedere di condurci per mano per gli irti sentieri della vita e affrontare i pericoli fiduciosi del suo aiuto, accresce la nostra devozione a questa Madre dolcissima. Il secondo momento, in data 11-12-2008, è stato una novità, apportando un esito favorevolissimo tant’è che i presenti hanno espresso il desiderio di riproporlo. Il cuore di tutti scoppiava di

I responsabili del Pellegrinaggio in Terra Santa: (da destra) Don Pier Luigi Cameroni, Don Roberto Carelli, Don Giovanni Zapino e Mons. Giuseppe Ghiberti.

In qualche modo abbiamo anche sperimentato i drammi della guerra e lo scandalo della divisione dei cristiani: il celebrare la Via Crucis per le vie di Gerusalemme, con il quartiere arabo completamente chiuso a causa dei combattimenti nella striscia di Gaza, ci ha ricordato il dramma della guerra che sconvolge non solo la terra di Gesù ma tanti popoli e la necessità di creare una cultura di pace. Nei diversi luoghi si è percepita la presenza materna di Maria fonte di gioia e di pace e come Ella sempre accompagna il cammino di Cristo e della Chiesa, rivelandosi modello nell’adorazione di Dio e donna di comunione nelle relazioni con i fratelli. La giornata sul lago di Gesù, il lago di Genezaret, è stata caratterizzata dalla meditazione del tema eucaristico, sia rileggendo e meditando il grande discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, che nel ricordo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. GELA (Caltanissetta, Italia). Nuove promesse di adesione all’ADMA e un nuovo evento particolare quale l’atto di affidamento a Maria da parte di un bel gruppo di genitori per i loro figlioletti. Il primo momento, svoltosi il 4-12-2008 nel corso della novena per l’Immacolata, è stato 22

La Benedizione dei bambini, presentati dai loro genitori nel corso della celebrazione tenutasi durante la Novena dell’Immacolata.

gioia quella sera. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che piovere (meglio dire diluviare con tuoni, lampi e allagamenti). Niente ci ha bloccati a casa perché grande è l’amore per Cristo e Maria Santissima. Alle ore 18,00 eravamo tutti in chiesa, pronti per la Celebrazione Eucaristica. Subito dopo l’omelia vengono presentati dagli stessi genitori i bimbi a Don Calogero Di Gregorio che benedice la famigliola e porge un’effigie di Maria Ausiliatrice. Bisogna dare merito ai bimbi per essere stati attenti e partecipi. Al termine della celebrazione si è tenuta l’agape nella hall della chiesa con canti e festeggiamenti (Luigina Ciaramella presidente regionale ADMA Sicilia). Don Pier Luigi Cameroni


esempi esempi e pensieri Pensieri ❶ La nostra gioia è il modo migliore di predicare il Cristianesimo. Beata Madre Teresa di Calcutta

ché forse domani non avrete più tempo. San Giovanni Bosco ❿ La gioia è la più bella creatura uscita dalle mani di Dio, dopo l’amore.

❷ È solo la Speranza che ci fa propriamente cristiani. Sant’Agostino

❸ La preghiera è la manifestazione e la proclamazione della speranza. San Tommaso ❹ Se non credete in me, non avrete stabilità. Isaia, 7,9 ❺ Nulla, assolutamente, anteponete a Cristo. San Benedetto ❻ L’ottimista ha spesso torto, come il pessimista, ma è più felice. Anonimo ❼ Sposato o no solo l’egoista fallisce la sua vita. Michel Quoist

❽ Ricordatevi che ogni cristiano è tenuto a mostrarsi propositivo verso il prossimo e che nessuna predica è più vera del buon esempio. San Giovanni Bosco

❾ Non rimandate a domani il bene che potete fare oggi, per-

Crocifissione, icona macedone del XIII sec.

A cura di Mario Scudu

San Giovanni Bosco

Il viaggio più importante

Il Padre

È

I

bello viaggiare, conoscere il mondo, venire in contatto con altre realtà... ma il vero viaggio è quello interiore. Il viaggio che conta è andare fino al fondo di se stessi, fino al cuore del dramma umano, per ritrovare il vero volto della vita. Abbé Pierre

Pio XII e il bambino del pallone

U

n episodio, verificatosi nei giardini di Castel Gandolfo, durante una passeggiata del Santo Padre: il bimbo di un giardiniere stava giocando col pallone, e il Papa, capitatagli la sfera tra i piedi, partecipò con manifesta letizia alla infantile competizione, con la consueta amabilità.

l Padre consegna alla morte il Figlio divino. Chinato il capo il Figlio, Gli riconsegna lo Spirito. È agàpe.

Energia Cristica

T

utto è compiuto” è il grido ultimo di un Dio sulla croce. E un raggio di misericordia inonda i cuori. Poesie di Maria Caterina Scandàle

Un maggiordomo, ligio all’etichetta, chiamava a sé poco dopo l’incauto giardiniere, facendo notare l’inopportunità di aver fatto trovare il bimbo sui passi del Sommo Pontefice. Il brav’uomo si giustificò dicendo che la moglie, che avrebbe dovuto badare al piccolo, era ammalata; comunque, avrebbe provveduto: infatti il bimbo, nei due giorni successivi, non fu visto. Però Pio XII, durante le passeggiate lo ricercava e aveva portato delle caramelle, che consegnò al piccino, quando nuovamente lo incontrò, dopo tre giorni di assenza. 23


2 APRILE 1559 - BEATA VERGINE POTENTE DEL TROMPONE - MONCRIVELL O

Calendario mariano

S

i compiono quest’anno 450 anni dalla Apparizione della Beata Vergine Potente del Trompone, avvenuta il 2 aprile del 1559, Domenica in Albis, vigilia della firma della pace di Castel Cambresi (3 aprile) che pone fine alle interminabili guerre che hanno devastato le terre piemontesi. Ancora una volta la Madonna viene in aiuto alle sofferenze non solo di una povera donna, ma anche delle popolazioni sfiduciate e sfinite dalle guerre, portando un’era di pace e di ricostruzione per l’intero Piemonte.

L’Apparizione Domenica di Miglianotto, da tutti conosciuta e chiamata

Nel 450º dell’App a Miglianotta, di Cigliano è una povera donna afflitta da gravi infermità. Gibbosa ed assai ricurva, da sei anni soggetta ogni giorno al mal caduco, è quasi incapace di parlare. Vive la sua vita di dolore e di tristezza, consolandosi unicamente con la preghiera. È solita passare, nei suoi brevi spostamenti, nella località chiamata Trompone, da un grosso ceppo di castagno scapezzato (in dialetto trumpa). Un giorno, mentre sta pregando, vede comparire proprio su quel tronco, in una luce vivissima, la Vergine Santissima, con in braccio il Bambino Gesù, che le sorride amabilmente. Nel medesimo tempo sente rifluire nel suo povero corpo la vita: la schiena le si drizza, la sua lingua si scioglie e tutti i

mali se ne vanno. Si sente completamente guarita. La Madonna le avrebbe anche parlato dicendole che desiderava che si edificasse al Trompone una Chiesa, perché potesse diventare proprio lì distributrice di grazie ai sofferenti. La notizia del miracolo, come è naturale, si diffonde subito nei paesi vicini. La donna è molto conosciuta, per cui la guarigione è evidente. La gente accorre al Trompone per pregare la Madonna e per portare i propri malati sul luogo dell’Apparizione. Si verificano subito nuovi miracoli, guarigioni di ciechi, di zoppi e di persone colpite da vari mali. Qualche mese dopo, il 19 agosto, Clero e Popolo di Moncrivello convengono processionalmente al Trompone e, su di un altare mobile, il sacerdote Giovanni Battista Ferraris celebra una Messa solenne “in onore di Dio e della vergine Santissima”, terminata la quale viene posta la prima pietra di una piccola Chiesa. Il Santuario Il Marchese di Moncrivello, Cesare Majo, in occasione di un’udienza a Roma, informa il Papa dei fatti del Trompone. Il Papa Pio IV, che da cardinale era stato Commendatario del-

La solenne cupola del Santuario di Moncrivello terminata nel 1568. È alta 22 metri e ha un diametro di 10 metri.

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LL O (VC)

p arizione l’ospedale Sant’Andrea di Vercelli, risponde con una Bolla, datata 31 agosto 1562, nella quale riconosce la guarigione della donna di Cigliano all’apparire “di una grande luce”, prende atto della devozione suscitata dall’avvenimento e delle numerose grazie ottenute, ed autorizza la costruzione di una Chiesa “senza obbligo di chiedere la licenza dell’Ordinario del luogo”. Concede inoltre l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che ogni anno visitano la Chiesa del Trompone, in occasione della festa nella Domenica in Albis. Dopo alterne vicende, nel 1568 è completata la costruzione della Rotonda, alta 22 metri con un diametro di 10 metri che, in seguito sarà collegata con l’attuale Santuario, solenne e raccolto, in tre navate, consacrato il 13 ottobre 1783, dedicato alla Madonna con il titolo “Beata Vergine degli Angeli ”.

La statua della Vergine venerata nel Santuario.

La visita di San Carlo Borromeo ed il Seminario Nell’ottobre del 1584, durante il suo terzo viaggio a Torino, invitato dal duca Carlo Emanuele I, per venerare la Sacra Sindone, San Carlo Borromeo, Ar-

La facciata del Santuario della Vergine del Trompone.

civescovo di Milano e nipote del Papa Pio IV, visita il Trompone e dispone che nelle vicinanze della Chiesa venga costruito un piccolo Seminario, collegato con quello di Vercelli, per attuare le disposizioni del Concilio di Trento appena concluso. Nel corso della storia, si alternano nell’animazione del Santuario i Francescani, i Camaldolesi, ed infine nel 1881 ritorna il Seminario minore di Vercelli. In questa nuova fase, il Seminario vede fiorire la vocazione di Don Secondo Pollo, prima alunno, poi professore di Filosofia e Teologia e quindi cappellano militare coraggioso durante la seconda guerra mondiale. Il 26 dicembre 1941, colpito da un proiettile mentre assiste un alpino ferito, Don Pollo muore in Montenegro con sulle labbra le ultime parole “Vado con Dio che è tanto buono!” Giovanni Paolo II lo beatifica a Vercelli il 23 maggio 1998. Il Centro di recupero e rieducazione funzionale Dopo la chiusura definitiva del Seminario minore, nel 1970, la Madonna fa incontrare il Servo di Dio Mons. Luigi Novarese, fondatore dei Silenziosi Operai della Croce, con l’arcivescovo Mons. Albino Mensa, e nasce al Trompone una struttura sanitaria riabilitativa, denominata Centro di recupero e rieducazione funzionale “Mons. Luigi Novarese”. La Vergine Potente del Trompone ha voluto così realizzare il suo primo progetto, manifestato con il miracolo della guarigione di Domenica Miglianotto: curare, guarire, riabilitare i malati e valorizzare la sofferenza umana.1 Don Mario Morra PIETRO BODO, La Madonna del Trompone (Cigliano, Tip. A. Stella 1935).

1

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Santi di ieri e di oggi

L’AUTOSTRADA PER IL CIELO

I

l 3 maggio 1991, a Londra, l’Amico, il Maestro, il Salvatomolti combattono. Non ha paudove i suoi illustri genitore, la Ragione stessa della sua ra di presentarsi come un’ecri, Andrea e Antonia, si troesistenza. Senza Gesù nel suo cezione al mondo (ebbene, lo vavano in quel momento per movivere quotidiano, non si comsia!) e di andare contro-correntivi di lavoro, nasce Carlo Acuprende nulla di questo ragazzo, te, contro la mentalità impetis. Nel settembre dello stesso in tutto simile ai suoi amici, ma rante di oggi. anno, rientrano tutti e tre a Miche custodisce in sé questo SeSa che per seguire Gesù, oclano, la loro città. greto invincibile. corrono una grande umiltà e un Molto presto Carlo si rivela Cresce in un ambiente progran sacrificio. I modelli sono i un bambino di una straordinaria fondamente cristiano, in cui la pastorelli di Fatima, Giacinta e intelligenza, quindi di una gefede è vissuta e testimoniata Francesco Marto, San Domeniniale capacità di utilizzare i comcon le opere, ma è lui che sceco Savio e San Luigi Gonzaga, puter e i programmi informatici. glie di seguire Gesù liberamente e poi San Tarcisio, martire per È affettuoso, vuole molto bene con grande entusiasmo. In un l’Eucarestia, Sant’Agata e Sanai suoi genitori, trascorre del temmondo basato sull’effimero e t’Agnese, martiri per Gesù. Carpo con i nonni. Frequenta le scuola volgarità, testimonia Gesù e lo si inserisce in questo stuolo di le elementari e medie presso le il suo Vangelo, che i più hanno “piccoli” che con la loro esistenza Suore Marcelline di Milano, poi smarrito e dimenticato, che narrano la gloria di Gesù, con passa al Liceo classico coerenza e non con un Leone XIII retto dai Ge- L’Eucaristia è stata il centro della vita del giovane Carlo fuoco passeggero. Si imsuiti. Ama il mare, i viag- Acutis. Dalla sua profonda unione con Gesù scaturì il suo pegna, fino al sacrificio gi, le discussioni, fa ami- autentico apostolato. per vivere continuamente cizia con i domestici di canell’amicizia e nella grasa, è aperto a tutti e a tutzia con Gesù. Trova assai ti rivolge saluto e parola. presto due colonne fonHa un temperamento damentali: L’Eucaristia e solare, senza alcuna difla Madonna, così da semficoltà a parlare con i nobrare uscito dalla “scuola” bili o i mendicanti che indi Don Bosco. contra per strada. Nessuno è escluso dal suo cuore davvero buono. Passione eucaristica Tutto per Gesù Me che cosa distingue davvero Carlo da tanti suoi coetanei? Nel corso della sua rapida esistenza, ha scoperto una Persona singolare: Gesù Cristo e di Lui, crescendo, si innamora perdutamente. Fin da piccolo, l’incontro con Gesù, sconvolge la sua vita. Carlo trova in Lui 26

La vita di Carlo Acutis è interamente eucaristica: non solo ama e adora profondamente il Corpo e il Sangue di Gesù, ma ne accoglie in sé l’aspetto oblativo e sacrificale. Prima ancora della sua Prima Comunione, poi sempre di più, alimenta una grande devozione al SS.mo Sacramento dell’altare, in cui sa e crede che Gesù è realmente presente ac-


canto alle sue creature. Partecipa alla Messa e alla Comunione – incredibile, ma vero, anche per un ragazzo di oggi – tutti i giorni. Dedica molto tempo alla preghiera silenziosa davanti al Tabernacolo, dove sembra come rapito dall’amore. Già, proprio così: dal Mistero eucaristico, impara a comprendere l’infinito amore di Gesù per ogni uomo. Tutto questo è per lui una continua scuola di amore così che non gli basta essere onesto e buono, ma sente che deve fare assai di più: deve donarsi a Dio e servire i fratelli. Essere santo! Tendere alla santità. Nasce di lì il suo zelo per la salvezza delle anime. Non si limita a pregare, ciò che è già grande cosa, ma parla spesso di Gesù, della Madonna, dei Novissimi (= le cose ultime: morte, giudizio, inferno e paradiso) e del rischio di potersi perdere nella dannazione eterna, con il peccato. Carlo cerca di aiutare soprattutto coloro che vivono lontani da Gesù, immersi nell’indifferenza per Lui e nel peccato. Spesso si offre, prega e ripara i peccati e le offese compiute contro l’amore divino, contro il Cuore di Gesù, che sente vivo e palpitante nell’Ostia consacrata. Si comunica tutti i primi venerdì del mese per riparare i peccati e meritarsi il Paradiso. Tra i suoi scritti, le sue “note di anima”, forse l’affermazione più bella è proprio questa: “L’Eucarestia? È la mia autostrada per il Cielo!”. Gesù gli fa bruciare le tappe nel suo cammino di ascesa. Ora ne conosciamo il perché: la sua esistenza sarebbe stata breve e la via della perfezione doveva essere percorsa da lui in poco tempo. Carlo non si sottrae e non si tira indietro e, pur sapendo di essere così diverso dalla società che lo circonda, sa anche che la santità è in realtà la norma della vita: si lascia condurre per mano, sicuro che Gesù ha scelto per

Carlo Acutis 1991-2006

lui la parte migliore che non gli verrà tolta. Prova dentro di sé la certezza di essere amato da Dio e tanto gli basta per essere a sua volta apostolo della Verità e dell’Amore, che è Gesù. Annunciatore di Gesù Carlo è apprezzato e stimato dai suoi compagni di scuola, anche se talvolta, viene canzonato per la sua fede vivissima. Carlo non è mai un alieno, ma è solo consapevole di aver incontrato Gesù e per essergli fedele è pronto anche a sfidare la maggioranza, che ha solo ragione, quando è nella Verità, mai perché è maggioranza. Quindi non teme le critiche e le derisioni, ma sa che sono ineluttabili per conquistare alla causa di Gesù, compagni e amici. Sì, Carlo intende conqui-

stare anime e ci sono dei noncristiani, di altre religioni, che per averlo conosciuto e parlato con lui, hanno chiesto il Battesimo nella Chiesa Cattolica. È un genio del computer, nonostante i suoi verdissimi anni, e un campione dello spirito, per la sua fede salda e operosa. I suoi compagni lo cercano per farsi insegnare a usare al meglio il computer, e Carlo, mentre spiega programmi e comandi, dirige il discorso verso le Verità eterne, verso Dio. Mobilitato e posseduto da Gesù Eucaristico, non perde occasione per evangelizzare e catechizzare. Il suo esempio trascina; la sua parola spiega i Misteri della salvezza. Emana un fascino singolare, un ascendente straordinario, diremmo un’autorevolezza che non è della sua età anagrafica. I suoi compagni sono ora concordi nel dire che 27


Carlo è stato un vero testimone di Gesù e annunciatore del suo Vangelo. Ha capito che è necessario un grande sforzo missionario per annunciare il Vangelo a tutti. Apprezza lo slancio apostolico del Beato Don Giacomo Alberione (1884-1971), la sua intuizione a usare i mass-media al servizio del Vangelo. L’obiettivo di Carlo è quello dei missionari più veri: giungere a quante più persone possibili per far conoscere loro la bellezza e la gioia dell’amicizia con Gesù. In questa visione della realtà, prende come modello San Paolo, l’apostolo delle genti, che impegna tutto se stesso, per portare il Vangelo a ogni creatura, fino al sacrificio della vita. È un vero figlio della Chiesa, Carlo Acutis: per la Chiesa, prega e offre sacrifici. Il suo pensiero continuo è rivolto al Papa, nel quale, Giovanni Paolo II o Benedetto XVI che sia, crede e vede il Vicario di Cristo: per il Papa offre penitenze e preghiere. È informato sul Magistero del Papa e si appassiona ad ascoltarlo, a seguirlo nelle sue direttive. Matura così una profonda conoscenza della Fede, fuori dal comune, tanto più se si considera la sua età: comprende e spiega concetti di Fede con parole semplici e comprensibili, che neppure un teologo potrebbe utilizzare meglio. Meraviglia e incanta sia il suo parroco, sia i religiosi e le persone che lo ascoltano parlare e che incontra. Chi lo avvicina, se ne va con una certezza di fondo: che Gesù è davvero l’unico Salvatore atteso dall’umanità anche oggi e il solo che sa riempire a pieno il cuore dell’uomo. Consacrato alla Madonna L’altra colonna fondamentale su cui costruisce la sua vita è 28

Carlo percorse la sua vita con la velocità di un bolide lanciato alla conquista del Paradiso.

la Madonna: a lei consacra più volte completamente la sua vita; a lei ricorre nei momenti di buio e di bisogno. È impossibile parlare di Carlo, senza considerare la sua forte devozione alla Madonna. È affascinato dalle sue apparizioni a Lourdes e a Fatima e ne vive il messaggio. Da Fatima impara ad amare il Cuore Immacolato di Maria, a pregare e a offrire sacrifici per riparare le offese che molti le arrecano. Maria SS.ma è la sua Avvocata, la sua Mamma: è fedele, per amor suo alla recita quotidiana del Rosario, diffonde la sua devozione alla Madonna tra i conoscenti, visita i suoi santuari, Lourdes e Fatima compresi. È affascinato da Santa Bernadette Soubirous e dai Beati Pastorelli di Fatima e parla di loro assai volentieri per invitare molti a vivere i messaggi di Maria. È impressionato dal racconto della visione dell’Inferno, come riferito da Lucia di Fatima, e pertanto decide di aiutare più persone che può a salvarsi l’anima. Sembra impossibile per un ragazzo, ma Carlo accosta il celebre Trattato del Purgatorio di Santa Caterina Fieschi

di Genova (1447-1510), in cui la santa descrive le pene delle anime in Purgatorio. Carlo offre preghiere, penitenze e comunioni in loro suffragio. In un mondo chiuso all’Assoluto e alle grandi eterne Verità della Fede, Carlo scuote le coscienze e invita a guardare all’aldilà, oltre l’orizzonte che non tramonta... Diventa in famiglia, nella scuola, in mezzo alla società, testimone dell’Eternità. Vive puro come un angelo, difende la santità della famiglia, contro il divorzio, e la sacralità della vita contro aborto ed eutanasia. Non conosce i compromessi. È umile e ardente. Contagioso nella fede, come un fuoco che si appicca e incendia di Verità e di amore. “Voglio subito il Paradiso” Non possiamo scrivere di più, tanto è affascinante. Invitiamo a leggere la sua biografia, scritta da Nicola Gori, Eucaristia, la mia autostrada per il Cielo, San Paolo, Milano, 2007. Questo angelo in carne, all’inizio d’ottobre 2006, è colpito da leucemia di tipo 3, gravissima, incurabile. È ricoverato in ospedale. Carlo dice: “Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore per il Papa e per la Chiesa, per non fare il Purgatorio e andare diritto in Paradiso”. Si confessava molto sovente, Carlo, ma ora è Gesù che lo accoglie nel suo abbraccio. Riceve l’Unzione degli infermi, Gesù-Ostia come Viatico per la vita eterna. Sorride a tutti con uno sguardo bellissimo, con un coraggio senza pari. Alle 6,45 del 12 ottobre 2006, Carlo Acutis, di appena 15 anni, contempla per sempre Iddio. Un piccolo, grande, meraviglioso, intimo, testimone di Gesù Cristo. Paolo Risso P.za Umberto I, 30 - 14055 Costigliole d’Asti


Salesiani Don Bosco (SDB) di Torino-Valdocco

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.......... in italiano ............................................................................................................

Liturgia della Domenica Rivista «Maria Ausiliatrice»

• Letture della domenica • Meditazione sulla Parola di Dio • Omelie di approfondimento spirituale • Formazione cristiana • Formazione mariana

Archivio virtuale dal 2000 ........................................................................................................................................

•........................................................................................................................................ ADMA-ON-LINE e ADMA News • FOTO di gruppi È stata completata la revisione del sito nelle 7 lingue: sono circa 100 pagine per ogni lingua, con 210 immagini di commento. Il capitolo delle Camerette di Don Bosco è stato rifatto completamente nel testo e nelle immagini. È finita anche la Rubrica delle immagini del Restauro della Basilica di Maria Ausiliatrice: sono state presentate 450 immagini (per 260 MB). Continua (3º anno) la rubrica Liturgia della Domenica con Letture, Meditazione e Omelie di commento. Ha avuto un’accoglienza molto buona. Continua ADMA on Line in italiano, da marzo anche in spagnolo e francese. L’Archivio Virtuale di “Maria Ausiliatrice” (dal 2000) mette a disposizione più di 2100 articoli. È come una “seconda vita” della Rivista (come diceva Don Gianni Sangalli) messo a disposizione dei singoli e per la catechesi nei gruppi ecclesiali. MARIO SCUDU 29


Presentazione

Q

uesto testo è un’opera ponderosa (2 volumi), che guarda in profondità i 2000 anni di Cristianesimo. Gli autori sono due specialisti di “cose” di Chiesa e di Storia. Sono stato subito colpito dal titolo La Chiesa nella Storia: ho percepito che la prospettiva e la preoccupazione dei due illustri autori mi sembra sia stata quella di far risaltare, all’interno della storia che chiamiamo civile, l’impatto globale, il contributo civile, la novità etica e la rivoluzionarietà di molti aspetti della nuova religione, il Cristianesimo appunto.

A. M. ERBA - P. L. GUIDUCCI La Chiesa nella Storia. 2000 anni di Cristianesimo. Elledici - Leumann (TO) 2008, III edizione (in due volumi)

La Chiesa è il popolo di Dio La Chiesa descritta nel volume è vista non come entità astratta, ma come una realtà non solo umana ma anche divina; è vista come Popolo di Dio (cioè la Chiesa di peccatori e di santi, cap. XVI) di uomini e donne concreti, che lungo questi 20 secoli hanno saputo, spesso con molta fatica e sofferenze, costruire “ogni giorno il proprio fiat al Signore della vita e della storia” (dalla dedica). Non abbiamo quindi, in primo luogo, una fredda serie di date e di avvenimenti, di battaglie o di giochi di potere politico (e spesso anche religioso), di ambizioni e di egoismi mascherati. Ho colto invece la preoccupazione di mettere in risalto che proprio questi cristiani, grandi o meno grandi, con potere o senza alcun potere appariscente, 30

avevano nella propria vita qualcosa o meglio Qualcuno, il Cristo Signore, che li muoveva dal di dentro, che li rendeva creativi e intrepidi anche in mezzo alle persecuzioni e difficoltà. Non avevano, insomma, solo o totalmente motivazioni umane. Non sarebbero durati. Questo aspetto è visibile specialmente nei grandi personaggi cioè nei santi, che sono come l’avanguardia e la parte migliore di questo Popolo di Dio nel cammino della storia. È su questi santi e sante, debitamente inquadrati nel loro periodo storico, che spesso si soffermano i due autori. Vogliono far riflettere noi, let-

tori del III Millennio, sulla fatica della loro vita e sulla loro santità, diversa ma sempre a caro prezzo. E allora comprendiamo che la “Chiesa nella Storia” è tutto il Popolo di Dio guidato e vivificato dallo Spirito e incoraggiato dalla presenza dei santi, di questi nostri fratelli e sorelle migliori, da Santo Stefano, primo martire a San Francesco, da Caterina da Siena a Madre Teresa di Calcutta, dei giorni nostri. Uomini e donne che hanno lavorato per rendere “questa aiuola che ci fa tanto feroci” un po’ meno feroce e un po’ più abitabile. Mario Scudu


La pagina del Rettore

Carissimi amici, ra non molti giorni nell’Est europeo si sentirà riecheggiare un particolare saluto, ripetuto spesso incontrandosi, rivedendosi, risentendosi: “Cristo è risorto!”. Noi, in Occidente, ci faremo gli auguri con un “buona Pasqua”, ma forse non tutti e non sempre siamo coscienti di che cosa vuole significare questo saluto. Come ci può essere un augurio di “Buon Natale” senza Gesù Cristo, così ci può essere anche un “Buona Pasqua” senza di Lui! La Pasqua è la festa liturgica più importante per il cristianesimo. Sentimentalmente, e purtroppo commercialmente, soppiantata dal Natale e da alcune tradizioni pagane più allettanti per la società moderna, la Pasqua rappresenta e celebra i tre momenti fondamentali del cristianesimo: la Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo. Essa si pone come nucleo del patrimonio liturgico e teologico del cristianesimo. La Pasqua è il punto centrale della nostra fede e Paolo lo afferma categoricamente: “se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede” (1 Cor 15,17). La Pasqua ci rivela l’amore di un Dio che si è inserito nella vita dell’uomo e, attraverso la “pasqua” del suo Figlio, ha ridato all’umanità la fiducia, la speran-

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Pasqua: culmine dell’amore za, la consapevolezza della propria figliolanza e dignità, l’ha liberata dal peccato, ha squarciato il velo oscuro della storia e l’ha proiettata verso un “futuro pieno di speranza” (Ger 29,11). È la festa della vita! L’umanità non è in balìa del caso, del dubbio, del buio, della sofferenza, della morte, ma è guidata da un progetto d’amore, talora misterioso, incomprensibile, che passa anche attraverso la fatica e il dolore, ma che tuttavia, proprio alla luce della risurrezione di Gesù, spalanca le porte alla vita, alla gioia vera, alla felicità piena e duratura. Noi non siamo soli, non siamo abbandonati ed ancora Paolo che ce lo ricorda: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? ... Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?... Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha ama-

ti. Io sono, infatti, persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rom 8,31-39). La Pasqua è il culmine di questo amore. Entrando nella cappella Pinardi, qui a Valdocco ci accorgiamo che tutto parla di Pasqua. Non potrebbe essere diversamente: è il luogo dei giovani. Quel luogo ricorda l’arrivo di Don Bosco a Valdocco, dopo le sofferenze delle varie peregrinazioni del suo oratorio, proprio il giorno di Pasqua, 12 aprile 1846 (anche quest’anno Pasqua è il 12 aprile!), ricorda che egli è stato canonizzato il giorno di Pasqua, e ricorda che ai giovani bisogna annunciare la Pasqua, la vita, la speranza; bisogna annunciare Gesù! A voi tutti, nella pienezza del suo significato, “Buona Pasqua” e un ricordo speciale in Basilica. Don Franco Lotto Rettore


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FOTO DI COPERTINA:

SOMMARIO

Calpesta la morte, Colui che dai morti risorge!

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La Risurrezione di Gesù. Disegno di G. Schnoor / Elledici ©.

È risorto, l’ho visto! - Gesù racconta il Padre - MARIO GALIZZI Giovanni il teologo I Dodici - BENEDETTO XVI Per Dio tutto è possibile Meditazione - ANTONIO RUDONI Paolo e la Chiesa primitiva/1 Anno paolino - FABIO FERRARIO Sobrietà e solidarietà - Vita spirituale - PIER GIUSEPPE ACCORNERO Maria, donna di fede/1 - Spiritualità mariana - MARIO SCUDU La battaglia di Vienna In Basilica - ROBERTO SPATARO

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I novissimi/11 Celebrazione - TIMOTEO MUNARI Da mihi animas - L’Adma nel mondo - DON PIER LUIGI CAMERONI Esempi e pensieri MARIO SCUDU

Santuario della B.V. di Moncrivello - Cal. mariano - MARIO MORRA L’autostrada per il cielo - Santi di ieri e di oggi - PAOLO RISSO La Chiesa nella storia Presentazione - MARIO SCUDU Pasqua: culmine dell’amore - La pagina del Rettore - FRANCO LOTTO

Altre foto: Teofilo Molaro - Archivio Rivista - Archivio «Dimensioni Nuove» - Centro Documentazione Mariana - Redazione ADMA - Guerrino Pera - Andreas Lothar - Gabriele Viviani - Mario Notario - ICP - Ed. Elledici.

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