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ANNO XXXI - MENSILE - Nยบ 5 - MAGGIO 2010
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Rivista della Basilica di Torino-Valdocco
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Attività & iniziative hic domus mea
inde gloria mea Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)
Direttore responsabile: Sergio Giordani Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-1980 Stampa: Scuola Grafica Salesiana Torino Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino Centralino 011.52.24.822 Rivista 011.52.24.203 Fax 011.52.24.677 rivista@ausiliatrice.net www.donbosco-torino.it
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arissimi lettori, la “Gazzetta Ufficiale” del 31 marzo ha pubblicato il decreto con il quale il ministro dello Sviluppo Economico, on. Claudio Scajola, d’intesa con il ministro delle Finanze, on. Giulio Tremonti, annulla dal giorno successivo, 01 aprile 2010, le tariffe postali agevolate per l’editoria. In pratica, da un giorno all’altro le spese di spedizione aumentano del 121% e oltre: una “mazzata”, come è stata definita, per i giornali e le riviste diffusi in abbonamento, che sono migliaia e non soltanto cattolici. Il decreto ha pesanti ripercussioni sui bilanci di medie e piccole testate. Gli editori e le associazioni di categoria hanno chiesto trattative con il Governo, ma se il decreto non sarà ritirato o modificato, a livello nazionale si rischia la scomparsa di molti giornali e riviste. A questo provvedimento anche la nostra Rivista si deve adeguare. Mentre voi leggete questo numero, abbiamo già speso 9000 Euro in più solo per la spedizioni dei numeri di aprile e maggio. Così per i mesi di giugnoluglio-agosto siamo costretti a pubblicare un numero unico, anziché due. Se il decreto non sarà ritirato o la trattativa in corso non andrà a buon fine, stamperemo un numero unico anche per i mesi di novembre-dicembre invece di due. In altre parole, per cause non dipendenti da noi, faremo otto o nove numeri, anziché i consueti dieci. Ce ne scusiamo con i lettori. Approfittiamo ancora per ringraziare tutti voi benefattori che aiutate e sostenete con la vostra bontà e generosità la diffusione della Rivista e ricordiamo che la prima Messa di ogni mattino celebrata nella Basilica di Maria Ausiliatrice è applicata per le vostre intenzioni. La direzione direzione.rivista@ausiliatrice.net
Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice, Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino Collaboratori: Corrado Bettiga, Lorenzo Bortolin, Marina Lomunno, Matteo Marinaro, Nicola Latorre Per Bonifici: Codice IBAN: IT15J076 0101 0000 0002 1059 100 PayPal: abbonamento.rivista @ausiliatrice.net
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La pagina del Rettore
Ausiliatrice perché Madre Carissimi amici, siamo a maggio, mese significativo per la comunità cristiana e per il nostro Santuario. È il mese che nella tradizione popolare è dedicato a Maria e per noi è anche il mese che ci prepara alla festa di Maria Ausiliatrice, il giorno 24. Liturgicamente quest’anno la festa è preceduta dalla solennità di Pentecoste. Tra lo Spirito e Maria c’è una profonda sintonia e la Veglia di preghiera, la notte del 23, lo ricorderà: “Tutti erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la Madre di Gesù” (At 1,14). La vigilia della festa è anche segnata dalla conclusione dell’Ostensione della Sindone, richiamo alla profonda comunione di Maria con suo Figlio. Maria: è colei che docile alla volontà del Padre, aperta all’azione dello Spirito, ha portato in grembo il Figlio fattosi uomo, condividendone l’esistenza. Maria è l’icona privilegiata posta a modello di ogni cristiano nella sua relazione con la Trinità, che porta alla piena disponibilità alla volontà di Dio, alla docilità all’azione dello Spirito e alla comunione profonda con Gesù in un cammino segnato dall’amore.
Come sappiamo, don Bosco ha sottolineato in modo speciale il titolo di “Maria Ausiliatrice dei cristiani”. Conosciamo il momento storico in cui egli viveva e le forti tensioni caratterizzate dagli attacchi alla Chiesa e al Papa. Anche oggi assistiamo a questi attacchi; non dobbiamo spaventarci, né lasciarci scoraggiare. Proprio le avversità e le contrarietà hanno dato alla Chiesa forza e coraggio per riprendersi e rinnovarsi in una fedeltà sempre più piena al suo Signore, e Maria, che l’accompagna come Madre, accompagni anche noi e ci doni serenità e pace. La festa di quest’anno, poi, vedrà presenti oltre cento Vescovi Salesiani, provenienti da tutto il mondo, chiamati dal nostro Rettor Maggiore per celebrare il 150° anniversario della Congregazione Salesiana e il centenario della morte di don Rua. Vi attendiamo numerosi per le celebrazioni di quel giorno e per la solenne processione della sera. Come sempre, a tutti e per tutti il nostro ricordo nella preghiera. Don Franco Lotto, Rettore lotto.rivista@ausiliatrice.net
I Un momento della processione del 24 maggio..
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Editoriale
Maria, la donna d M
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U La Superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice Madre Yvonne Reungoat. Francese d’origine, dal 2008 è la prima salesiana non italiana a ricoprire questo incarico. © ANS Image Bank
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aria è come un Vangelo tascabile, a larga diffusione»: così ha detto di Maria il Vescovo Francis Xavier Nguyen Van Thuan nelle sue meditazioni fatte nei lunghi anni di prigionia in Vietnam. È un’espressione semplice e profonda che esce dal cuore di chi ha incontrato la Madre del Verbo e da Lei si è lasciato prendere per mano lungo la strada della vita. Maggio è il mese di Maria. Vogliamo viverlo quale preziosa opportunità per fermarci a guardare questa Madre, con gli occhi del cuore, ammirarla in tutta la sua bellezza, in tutta la sua ricchezza di Donna chiamata ad abbracciare il mistero dell’Incarnazione in un cammino di pellegrinaggio nella fede fino al mistero pasquale. Le parole che Benedetto XVI ha espresso nel suo viaggio apostolico in Francia, per il 150° anniversario delle apparizioni a Lourdes, ci aiutano a comprendere questa definizione evangelicamente originale. Il Santo Padre cita l’enciclica Deus caritas est e dice: «Maria “nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e ci rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio; la Parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla Parola di Dio” (Deus caritas est, 41). Possiamo dirle con serenità: “Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con te”».
Se amiamo l’avventura di fare della Parola di Dio vita della nostra vita, non c’è che una strada: Maria. Lei, la Donna del “sì” dall’annunciazione al calvario, fino al compimento nella gioia della resurrezione di Gesù. Una vita, la sua, scandita da grande umanità, intrisa di speranza, di fede, di amore.
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a del “sì” A questo punto sorge l’interrogativo: come fare, oggi, per prendere Maria “in casa” e con lei vivere la Parola in tutti i suoi aspetti? Noi che ci troviamo a combattere con la complessità del quotidiano, con il poco tempo a nostra disposizione, con sfide sempre nuove, con la precarietà di ogni giorno? C’è una via che la genuina religiosità popolare valorizza e che ci è familiare: il Rosario. Quante mani di bambini, di giovani, di adulti spesso fanno passare, grano dopo grano, questa catena d’amore che ci unisce a Maria e con lei a Gesù! In questo mese di maggio, così si-
T Una giovane ospite di un oratorio salesiano in Asia con Madre Yvonne Reungoat. Archivio Casa Generalizia FMA
gnificativo per tutti e in particolare per la Famiglia salesiana che celebra Maria come Ausiliatrice, vogliamo arricchire le nostre giornate con un tempo di preghiera ritmato da tante “Ave Maria”. Questa semplice preghiera che abbiamo imparato fin da bambini, è espressione del nostro bene verso la Madonna e della certezza che è lei a condurci a Gesù. Quando recitiamo la corona del Rosario, Maria ci offre il suo cuore per contemplare la vita del suo Figlio, Cristo Gesù. Egli è la nostra luce, la nostra speranza, la nostra vita (Benedetto XVI, Lourdes, 13 settembre 2008). Maria di Nazareth desidera entrare in casa nostra. Con gioia le apriamo la porta del nostro cuore, della nostra vita per essere, come lei, vangelo leggibile nel nostro ambiente di lavoro, in famiglia, a scuola, ovunque. Buon mese di maggio con Maria, in ascolto della Parola di Dio.
Suor Yvonne Reungoat
U La recita del Rosario: una “catena d’amore” che aiuta a mettere in pratica l’invito “Pregate incessantemente” di San Paolo agli Efesini (6,18) e ai Tessalonicesi (1Tes 5,17).
FMA
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Leggiamo i Vangeli
Doni di salvezza (Lc 19,1-10)
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U Il sicomoro di Gerico sul quale, secondo la tradizione, sarebbe salito Zaccheo per vedere meglio Gesù. © Foto di NicFer Fernando
ochi chilometri separano Gesù da Gerusalemme. È dunque opportuno che il Maestro ricordi ai Dodici il motivo fondamentale del suo viaggio: egli sale in quella città per dare la vita e risorgere. È la terza volta che lo annuncia, ma quanta fatica a capire quel parlare (18,31-34)! Nel frattempo il gruppo arriva a Gerico, fiorente città doganale e tappa d’obbligo per le carovaniere che, provenendo dalla valle del Giordano e dalla più lontana Arabia, si recavano a Gerusalemme. Là abitava Zaccheo.
Lo sguardo e la Parola L’oasi di Gerico offre a Gesù occasione per una sosta ed inquadra un miracolo ed un incontro: due vicende tra loro diverse, ma ugualmente portatrici di salvezza. La notizia della guarigione di un cieco (18,35-43) fa rapidamente il giro della città e arriva a Zaccheo: è “un peccatore”, il capo dei pubblicani, ossia di coloro che per conto dei Romani riscuotevano le tasse. Costui prova curiosità, forse il desiderio di vedere Gesù. Comincia così una narrazione che in pochi versetti ci restituisce il cuore dell’opera di Cristo sintetizzata in uno dei temi più cari a Luca: la salvezza dei peccatori. Il racconto si fa ritmato, veloce. Zaccheo, essendo basso di statura, sale su di un albero per poter vedere Gesù, ma improvvisamente l’azione è come rovesciata: “quando giunse in quel luogo, Gesù alzò lo sguardo...” e lo vide per primo (v. 5)! Dopo lo sguardo, il capo dei pubblicani è raggiunto dalla Parola:
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“Scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua”. L’offerta della salvezza È bello considerare come Gesù sappia avvicinare Zaccheo proprio al momento giusto, facendo della curiosità e del desiderio di quell’uomo il momento favorevole per la salvezza. Mai tacere o evadere i nostri desideri di Dio, neppure le nostre curiosità. Diciamogliele, invece: penserà lui a servirsene nel modo migliore e per il nostro bene. Perché vivere di nostalgia per una parola taciuta o un desiderio inespresso? Gesù dice a Zaccheo: “scendi subito”. “Subito”, ma in realtà nel testo greco si leggono due verbi che rendono la frase più intensa: “... affrettandoti, scendi”. Perché tanta fretta? È come se Gesù gli dicesse: “Coraggio, scendi allo scoperto: smettila di nasconderti fra i rami di questo sicomoro e metti in atto il tuo desiderio di vedermi. Abbandona la tua vita di prima e lasciati incontrare da me”. Davanti a Cristo che porta la salvezza non c’è tempo da perdere! Bisogna accoglierlo subito e subito entrare nel suo progetto, togliendo dalla propria vita tutto ciò che non è dignitoso e retto. Egli ha da farci doni di salvezza. Perché a volte siamo tanto reticenti nell’accoglierli? Il momento della salvezza Gesù poi dice: “... oggi devo fermarmi a casa tua”. Fermarsi a casa di un pubblico peccatore è cosa disdicevole per un Maestro come Gesù
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T Gesù chiama Zaccheo, salito sull’albero, e poi, mangia in casa sua (particolare in alto a destra). © G. Monaca, Editrice Elledici
che non teme però il giudizio dei ben pensanti (v. 7). Piuttosto gli preme dare salvezza: quel pubblicano è un uomo in una situazione di radicale bisogno, egli deve essere aiutato subito, “oggi”. Questa parola molto cara a Luca che la usa 19 volte nel suo Vangelo e per ben due volte in questa pagina, esplicita quanto Gesù aveva già detto prima e designa con più chiarezza quel particolare momento di salvezza che è giunto ora anche per Zaccheo. Nel fermarsi in quella casa è iscritto il momento stesso, unico e splendido, in cui il Signore vuole invitare all’incontro che salva: “oggi”, in un’occasione irrepetibile ed imperdibile, e “a casa”, in una situazione che è simbolo di ogni quotidianità. Dovremmo veramente fare molta più attenzione alla qualità del nostro quotidiano in cui chissà quanti inviti di salvezza il Signore ci ha rivolto e noi, magari senza accorgercene, li abbiamo declinati. Zaccheo ci è maestro
nel non lasciare andare via il Signore che passa. Egli ci insegna a spalancargli le porte di casa con azioni concrete che significhino la rettifica della vita. Il testo le certifica a più livelli narrandoci prima che quell’uomo “affrettatosi scese” – si osservi l’esatta ripresa dei due verbi usati da Gesù nel dare il suo ordine (v. 5) – “e lo accolse pieno di gioia” (v. 6). Ci è poi raccontato che il capo dei pubblicani maturò in cuor suo una decisione che ha dello straordinario: “Signore io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto” (v. 8). Azioni coraggiose e impossibili da maturare con le nostre sole forze, ma che sgorgano in modo sovrabbondante nel cuore di chi si è accorto di essere amato da Cristo e sente il bisogno di riamarlo in una vita dignitosa, retta, grata della salvezza ricevuta. Marco Rossetti rossetti.rivista@ausiliatrice.net
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Spiritualità mariana
“Allora Maria disse” L
U Maria ritrova Gesù nel Tempio. G. Crovio, Gesù con i dottori nel Tempio (particolare)
a presentazione biblica di Maria ha per me, d’origine cinese, qualcosa di simile a un dipinto sulla seta che ha queste caratteristiche tipiche: poche pennellate, molto spazio bianco, colori tenui, contorni non totalmente definiti, soggetti semplici e senza pretesa, atmosfera di sacro silenzio. Le poche pennellate cadono armoniosamente in posti appropriati e sprizzano energie; grazie ad esse anche lo spazio bianco diventa denso di significato. Il tutto invita a trascendere, a lanciarsi verso l’infinito, a spiare il mistero, a fare esperienza dell’oltre, a dilatarsi nel bello. Le notizie su Maria riportate dagli evangelisti sono, infatti, molto scarse, ma i pochi tocchi di colore formano, con il molto spazio bianco che li circonda, un tutto armonioso, dinamico ed affascinante. Da 20 secoli la Chiesa contempla questa bellezza sobria, e riesce ancora a scoprire sempre nuovi significati, nuove illuminazioni e nuove energie per il proprio cammino. “De Maria numquam satis”, afferma San Bernardo. La contemplazione dei pochi tratti evangelici su Maria non ha mai fine.
Soltanto sei frasi in tutto il Vangelo Se i racconti evangelici su Maria sono misurati, ancor di più lo sono le sue parole. Maria ha parlato soltanto sei volte nei Vangeli: due volte all’angelo nell’annunciazione (Lc 1,34.38), una volta all’incontro con Elisabetta, quando esplode di gioia cantando il Magnificat (Lc 1,46-55), una volta a Gesù dodicenne ritrovato nel tempio (Lc 2,48),
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due volte alle nozze di Cana rivolgendosi a Gesù (Gv 2,3) e poi ai servi (2,5). Tutte le sei frasi di Maria si aprono con la breve premessa: “Allora Maria disse” oppure “la madre disse”. Il “dire” di Maria si presenta scarno, semplice, eppure limpido, denso, alimentato dal silenzio, sgorgato dal profondo della vita, rivestita d’una sobria contemplazione, incisiva come la parola-spada di Dio. Nell’annunciazione, di fronte al messaggio sorprendente dell’angelo, la parola di Maria non scatta in modo istantaneo. La sua prima reazione è di turbamento, tipico di chi è consapevole di trovarsi di fronte a qualcosa che lo trascende infinitamente, ad una novità insospettata di cui non riesce a cogliere subito il senso. È l’atteggiamento dell’umile e del riflessivo, di chi cioè è cosciente della propria piccolezza e si avvicina al mistero con timidezza e discrezione, attento a penetrarne il senso. Maria invoca luce: “Come è possibile? Non conosco uomo”, e manifesta il dilemma del suo voler acconsentire, ma non saper come. Ella domanda a Dio che cosa dovrà fare per essere in grado di obbedire. Dopo che l’angelo le ha rivelato in che modo
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è resa protagonista, luogo e testimone di “grandi cose”, Maria accetta con piena disponibilità, passando così dalla domanda al consenso: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Ad Ain Karim, nell’incontro con Elisabetta, il “dire” di Maria è un’esplosione poetica di gioia, di commozione e di riconoscenza. La poesia è la forma più piena, più densa e più bella della comunicazione umana. È il linguaggio che unifica e armonizza tutte le profondità dell’essere e le lancia verso l’infinito. È un linguaggio d’innocenza, di meraviglia, d’amore, di gratuità, di “esplosione” di vita. Maria, con il Dio nascosto dentro di sé in una forma così nuova e sorprendente, non può non sentirsi travolta dal mistero e inondata da una gioia traboccante. Le sue parole sgorgano dal cuore come dice il salmista: “Effonde il mio cuore belle parole, io canto al re il mio poema. La mia lingua è penna di scrittore veloce” (Sal 44).
Sandro Botticelli, La Madonna del Magnificat, Firenze, Uffizi.
Parole d’accoglienza Un lungo silenzio collega l’episodio di Ain Karim a quello della visita a Gerusalemme con Gesù dodicenne. Il viaggio alla città santa segna una tappa della crescita di Gesù: è l’anticipazione di un altro viaggio a Gerusalemme che culminerà nella sua Pasqua, ma contemporaneamente segna anche la crescita della madre. Ritrovato Gesù nel tempio dopo tre giorni, Maria gli domanda: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo”. Nel “perché” di Maria è il riassunto di tanti perché dell’umanità intorno al mistero della croce e, nella sua ansia, l’angoscia di tante persone che cercano faticosamente Dio. Anche Maria cresce nell’accoglienza dell’identità di Gesù – questo figlio non è solo figlio suo – e cresce nella consapevolezza che Dio rimane sempre misterioso e che l’uomo deve continuamente “cercarlo”. A Cana, Maria riveste il ruolo di mediatrice. Le due parole pronunciate da Maria: “Non hanno più vino” e “Fate quello che vi dirà”, mettono in risalto questa dimensione. Maria legge in profondità la storia umana, ne individua i problemi ancora nascosti, raccoglie i gemiti non ancora verbalizzati, scorge la sofferenza ancora senza nome. Ella scopre il nodo essenziale del guazzabuglio e lo presenta a suo Figlio, l’unico che lo può sciogliere. E intanto prepara i servi all’accoglienza dell’aiuto divino con un’indicazione sicura. “Fate quello che egli vi dirà” è, tra le frasi pronunciate da Maria, l’unica indirizzata agli uomini. È anche l’ultima parola sua registrata nel Vangelo, quasi un “testamento spirituale”. Dopo questo Maria non parlerà più: ha detto l’essenziale. Maria Ko Ha Fong
I Gesù tra i dottori, nel Tempio. G. Crovio, Gesù con i dottori nel Tempio (particolare)
T “Nella passione del suo Unigenito Maria ha partorito la salvezza di tutti noi, certamente ella è la madre di noi tutti” (Ruperto di Deutz, monaco e teologo).
kohafong.rivista@ausiliatrice.net
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Santuari all’estero
Un santuario dell’Au a Efeso? S
U L’apostolo Paolo e l’apostolo Giovanni, il discepolo a cui Gesù affidò Maria. I Papa Leone XIII.
e oggi questa notizia lascia increduli, non così fu ai tempi di Don Bosco, quando la proposta, dopo aver ricevuto la sua approvazione, fu sottoposta a Papa Leone XIII che, pare, la incoraggiò. Così risulta dalla corrispondenza di un certo Pierre Sylvestre Castor, di Smirne (Turchia), con il beato Michele Rua, primo successore di Don Bosco. Questo uomo d’affari e zelante cooperatore salesiano, era in corrispondenza con Don Bosco. Alla sua morte, mantenne contatti epistolari con don Rua e altri suoi collaboratori per convincere i salesiani ad accettare la realizzazione del santuario che nei suoi sogni, avrebbe segnato l’inizio della loro presenza in Turchia, con possibile espansione verso l’entroterra anatolico. La città di Smirne (Izmîr in turco), sulle rive del Mare Egeo, nelle cui vicinanze si trovano le rovine di Efeso, era e rimase sino a dopo la prima guerra mondiale, la seconda città turca per importanza e la più occidentalizzata. Era cosmopolita, abitata prevalentemente da greci ortodossi e cattolici, italiani in maggioranza, discendenti di antiche famiglie venete e genovesi, o di immigrati in cerca di fortuna. Con loro conviveva un buon numero di musulmani e di ebrei.
Una città mariana In epoca romana, Efeso – dove sorgeva il tempio della dea Artemide, una delle sette meraviglie del mondo antico – era la ricca capitale della provincia d’Asia. Lì giunse san Paolo e vi rimase circa tre anni, tra il 55 e il 57,
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fondando la prima comunità cristiana. Secondo una tradizione che si consolidò dal sec. II, ad Efeso visse l’apostolo Giovanni, che vi morì e fu sepolto. La basilica innalzata sulla sua tomba divenne uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio in Oriente. Nei dintorni, i pellegrini visitavano pure i resti di una piccola casa dove si riteneva che Maria avesse trascorso gli ultimi anni accanto a Giovanni, in adempimento delle parole dette da Gesù sulla croce: “Donna, ecco il tuo figlio” (Gv 19,26-27). Al di là di questa tradizione dai fondamenti storici discutibili, ad Efeso nel 431 fu proclamata la divina maternità di Maria. Con questo dogma, si posero le fondamenta teologiche del culto mariano ed Efeso divenne città mariana per eccellenza, anche nel ricordo della presenza della Madonna, della sua morte e assunzione. Perché – si chiese Castor – non ridare ad Efeso, proprio nel nome di Maria, una risonanza mondiale, costruendo sull’acropoli un santuario a lei dedicato? Benché l’arcivescovo di Smirne non fosse favorevole, ne scrisse a Don Bosco, che mostrò interesse per la proposta e il desiderio che si potesse realizzare. Del resto, come avrebbe potuto rifiutarla, trattandosi di glorificare Maria Ausiliatrice proprio là dove la Vergine fu definita Theotòkos, cioè Madre di Dio, tra popolazioni in prevalenza non cattoliche, anzi non cristiane? E chissà che davvero Maria Ausiliatrice non aprisse, partendo da Efeso, le porte della Turchia ai suoi figli e figlie?
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Ausiliatrice
Il progetto di Castor Castor non si arrese neppure dopo la morte di Don Bosco. Si rivolse al Papa, chiedendogli di erigere una chiesa dedicata all’Ausiliatrice e di affidarla ai salesiani. Come prova della validità della sua richiesta, allegò la lettera che Don Bosco gli aveva scritto al riguardo. Da fedele lettore del “Bollettino Salesiano”, contava sulla stima che Leone XIII aveva manifestato per il santo torinese. Nel 1897, cioè nove anni dopo la morte di Don Bosco, Castor invita don Rua a rileggere le lettere scrittegli negli anni precedenti. Rilancia l’idea del santuario nel 1902, in occasione del sessantesimo di episcopato del Papa e del successivo giubileo di pontificato (25º nel 1903), e invita don Rua a tenersi pronto all’edificazione della chiesa, che avrebbe goduto dell’appoggio del Santo Padre e del mondo cattoli-
co. Per due volte il Papa rispose tramite il segretario di Stato, card. Rampolla, e tali lettere furono trasmesse a don Rua con preghiera di restituirle. Di fatto, l’idea non ebbe seguito, ma ciò non impedì che i salesiani mettes-
sero piede in Turchia nel 1903, sia a Smirne, sia nella capitale Costantinopoli. Consta che la devozione a Maria Ausiliatrice avesse raggiunto quel Paese già da vari anni e ne è riprova la costruzione di una cappella a lei dedicata nell’ospizio “L’Artigiana” a Costantinopoli, nel 1871, cioè appena tre anni dopo la consacrazione della basilica di Torino. Inoltre, don Rua stesso inviò a Castor una “grande immagine” dell’Ausiliatrice, che era venerata nella cattedrale latina di Smirne nel mese di maggio, con la quale si pensava di organizzare annualmente un pellegrinaggio da Smirne ad Efeso. In seguito questa immagine fu posta su un altare a lei dedicato nella stessa cattedrale e don Rua la venerò nel 1908, durante la sua visita alle opere salesiane della Turchia e del Medio Oriente. Vittorio Pozzo
U La casa di Maria ad Efeso (in turco “Meryemana Evi”).
redazione.rivista@ausiliatrice.net
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Il Papa ci parla
Noi tra clic e blog, tra i Come vivere da cristiani nel mondo virtuale delle tecnologie digitali? Papa Benedetto ci della persona umana, nel dialogo, e nell’amicizia. A modo di quiz Che cosa vorranno dire clic, blog, iPad, iPod? Facile: chi non lo sa, veda Google. E chi non sa Google? Potrà sempre vedere... analfabetismo informatico. Un concetto oggettivo, senza offesa, che ahinoi, purtroppo riguarda un sacco degli attuali bipedi umani.
Y Nessuna strada, compresa quella sviluppata dalle nuove tecnologie, può e deve essere preclusa a chi, nel nome del Cristo risorto, si impegna a farsi sempre più prossimo all’uomo (Benedetto XVI). © L’Osservatore Romano - Servizio fotografico - photo@ossrom.va
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ov’è Dio? Il Catechismo Internet, se già esistesse, risponderebbe: “Dio è in cielo e in terra, e in ogni sito”. L’anno scorso il Papa, nel messaggio per la Giornata della Comunicazione sociale, ha suggerito ai cristiani come vivere da discepoli del Signore nel mondo digitale. Che è un mondo virtuale, ma in sostanza è solo un’appendice del complesso mondo reale: possiamo dire il suo ultimo sviluppo, nella storia dell’evoluzione umana. Uno sviluppo pieno di fascino e di avvenire.
I Benedetto XVI ha aperto il suo messaggio con l’elogio incondizionato delle nuove tecnologie digitali. Esse “stanno determinando cambiamenti fondamentali nei modelli di comunicazione e nei rapporti umani... L’accessibilità di cellulari e computer, unita alla portata globale e alla capillarità di internet, ha creato una molteplicità di vie attraverso le quali è possibile inviare, in modo istantaneo, parole e immagini ai più lontani e isolati angoli del mondo...”. E così succede che: “i giovani utilizzano (i nuovi mezzi) per comunicare con i propri amici, per incontrarne di nuovi, per creare comunità e reti, per cercare informazioni e notizie, per condividere le proprie idee e opinioni... le famiglie possono restare in contatto anche se divise da enormi distanze... gli studenti e i ricercatori hanno un accesso più facile e immediato ai documenti, alle fonti e alle scoperte scientifiche”. I Le nuove tecnologie secondo il Papa “sono un vero dono per l’umanità. Dobbiamo perciò far sì che i vantaggi
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che esse offrono siano messi al servizio di tutti gli uomini e di tutte le comunità, soprattutto di chi è bisognoso e vulnerabile”. Perciò l’invito: “desidero incoraggiare tutte le persone di buona volontà, attive nel mondo emergente della comunicazione digitale, perché si impegnino nel promuovere una cultura del rispetto, del dialogo, dell’amicizia”. Sono tre obiettivi da raggiungere, e il Papa ha detto come. I Rispetto della persona. “Coloro che operano nel settore (dei mass media)
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iPad e iPod o ci ha dato tre direttive precise: nel rispetto
non possono non sentirsi impegnati al rispetto della dignità e del valore della persona umana. Se le nuove tecnologie devono servire al bene dei singoli e della società, quanti ne usano devono evitare la condivisione di parole e immagini degradanti per l’essere umano, ed escludere ciò che alimenta l’odio e l’intolleranza, svilisce la bellezza e l’intimità della sessualità umana, sfrutta i deboli e gli indifesi”. Invece, quanta spazzatura avvilente in certi programmi tv (si veda Grande Fratello), e nei siti dell’erotismo e della pedofilia. La filosofia cristiana ha elaborato lo stupendo concetto di persona, qualcosa di nobile e spirituale, degno di Dio. In quei siti e programmi la persona si degrada a istinto, allusioni, morbosità, istigazione. I Il dialogo. Ricorda il Papa: “La nuova arena digitale, il cosiddetto cyberspace, permette di incontrarsi e di conoscere i valori e le tradizioni degli altri. Simili incontri, tuttavia, per essere fecondi, richiedono forme oneste e corrette di espressione, insieme a un ascolto attento e rispettoso”. Perciò: “Il dialogo dev’essere radicato in una ricerca sincera e reciproca della verità. La vita... è ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia”. I L’amicizia. Osserva il Papa: “Il con-
cetto di amicizia ha goduto di un rinnovato rilancio nel vocabolario delle reti sociali digitali emerse negli ultimi anni. Tale concetto è una delle più nobili conquiste della cultura umana. Nel-
le nostre amicizie e attraverso di esse cresciamo e ci sviluppiamo come esseri umani”. E allora? “Occorre essere attenti a non banalizzare il concetto e l’esperienza dell’amicizia... Sarebbe triste se il nostro desiderio di sostenere e sviluppare on-line le amicizie si realizzasse a spese della disponibilità per la famiglia, per i vicini e per coloro che si incontrano nella realtà di ogni giorno, sul posto di lavoro, a scuola, nel tempo libero. Quando il desiderio di connessione virtuale diventa ossessivo, la conseguenza è che la persona si isola, interrompendo la reale interazione sociale”. In positivo: “L’amicizia è un grande bene umano... È gratificante vedere l’emergere di nuove reti digitali che cercano di promuovere la solidarietà umana, il rispetto per la vita e il bene della creazione. Queste reti possono facilitare forme di cooperazione tra popoli di diversi contesti geografici e culturali”. I In conclusione Benedetto XVI rivol-
ge un invito ai giovani. “Carissimi, sentitevi impegnati a introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano... A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito della evangelizzazione di questo «continente digitale». Sappiate farvi carico con entusiasmo dell’annuncio del Vangelo ai vostri coetanei!”.
U L’«iPad» è la novità più recente nell’informatica: il “tablet computer” utilizzabile con le dita, consente di navigare su internet, di riprodurre video e contenuti multimediali, compreso il “navigatore satellitare”.
I Hanno definito il computer “lo
stupido veloce”. Lo stesso si può dire di tanti altri ritrovati tecnologici. Ma se sono stupidi, sta a noi renderli intelligenti. Enzo Bianco bianco.rivista@ausiliatrice.net
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l “Catalogo Internazionale dei Santini del ’900”, edito pochi mesi fa, è il naturale complemento del “Primo Catalogo Internazionale dei Santini”, a sua volta dedicato alla produzione dal Cinquecento a inizio Novecento e che ha già riscosso notevole successo. So-
tre 1.200 santini, stampati pure in Paesi extraeuropei, e riuniti in otto capitoli tematici: la nascita, la vita e la famiglia di Gesù; passione, morte e risurrezione di Gesù; la vita e il culto di Maria; i Santi e le Sante; i Sacri Cuori di Gesù e Maria; gli Angeli, la prima Comunione, la Cresima e l’Eucaristia; i santini del periodo delle due guerre mondiali e le “perle” del Novecento, cioè i “pezzi” più preziosi. Per ogni immaginetta sono indicati il periodo o l’anno, il disegnatore e lo stabilimento, il materiale, la tecnica di stampa, il formato e la valutazione, che comprensibilmente varia anche in base allo stato di conservazione (da un minimo di 0,50 euro ai 30-40 euro per rari santini degli anni Venti dipinti a mano). Al di là del valore, queste immaginette documentano aspetti talora trascurati di storia dell’arte e del costume, e come ha detto Paolo Deambrosi, direttore del Cif, questi cataloghi sono “non soltanto un servizio alla memoria storica, ma anche una grande opportunità per indagare nel mistero della bellezza dell’arte sacra”. Lorenzo Bortolin
I Santini uno per uno U Per la prima volta un volume cataloga e riproduce le immaginette sacre prodotte nel Novecento.
Y Tre dei 1200 “santini” descritti nel Catalogo. Da sinistra: “Maria Santissima proteggi i nostri soldati”, i Cuori di Gesù e Maria e Nostra Signora di Lourdes.
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no, infatti, volumi ideali per conoscere il valore artistico e collezionistico delle immaginette, presenti in tutte le famiglie e soprattutto nei libri devozionali dei nostri nonni e genitori. Il volume dedicato al Novecento si deve sempre a Graziano Toni, con la collaborazione di Biagio Gamba, ha testi in italiano ed inglese ed è pubblicato da Cif-Unificato, la maggiore editrice italiana di cataloghi filatelici e collezionistici (pp. 456, euro 36). All’inizio propone la “Storia del santino”, il dizionario delle tecniche di incisione e stampa e il dizionario della terminologia comune, che si rivelano utili anche agli appassionati di altre collezioni cartacee. Vi sono presentati e quotati ol-
bortolin.rivista@ausiliatrice.net
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Il poster
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ella variegata agiografia della Chiesa Cattolica non c’è un santo (o santa) che sia diventato tale senza un riferimento esplicito a Maria di Nazaret. E non può essere altrimenti. Se la nostra salvezza ci è stata sì data attraverso la santissima umanità del Cristo, come diceva Santa Teresa d’Avila, la sua incarnazione cioè il suo concreto prendere una carne passibile e mortale come la nostra è stato possibile solo attraverso Maria, la Madre di Gesù. Ricordiamo il famoso “nato da donna” (Gal .........) di San Paolo. In alcuni di questi santi, per molteplici fattori, la presenza di Maria è stata molto più accentuata che in altri. Ricordiamo tra i tanti San Luigi Grignon de Monfort, San Massimiliano Kolbe. E San Giovanni Bosco. Nella vita di Don Bosco questa presenza è stata continua. Sua madre stessa, Mamma Margherita, nel 1835, entrando in seminario, gli disse solennemente: “Quando sei venuto al mondo ti ho consacrato alla Beata Vergine. Quando hai cominciato i tuoi studi ti ho raccomandato la devozione a questa nostra Madre. Ora ti raccomando di esserle tutto suo. Ama i compagni devoti di Maria. E se diventi sacerdote, raccomanda e propaga sempre la devozione di Maria”. Come si vede un vero programma di vita spirituale tenendo presente la Madonna. Maria intervenne nella vita di Don Bosco non solo attraverso Margherita, ma direttamente lei stessa. E non solo una volta. Ricordiamo il programmatico sogno dei 9 anni. Maria si presenta non solo come la sua maestra, la sua guida ma anche come “datrice di lavoro” in favore dei giovani... che Lei chiamerà nel sogno “i miei figli”. Altra svolta decisiva. Altro sogno nel 1844. Maria gli fa “vedere” una gran-
de chiesa sempre a Valdocco. Sogno profetico... perché Don Bosco non aveva niente, era ancora alla ricerca di una sede stabile per i suoi ragazzi (arriverà nel 1846 con la Casa Pinardi). Fu nel 1864 che iniziò la costruzione della “grande chiesa” (ampliata poi
L’Ausiliatrice e Don Bosco: un duo inscindibile nel 1934) intitolata naturalmente a Maria Ausiliatrice... per espresso desiderio della Madonna stessa che voleva essere invocata con quel titolo. Lei stessa disse a Don Bosco nel “sogno-visione”: “Questa è la mia casa, di qui la mia gloria”. Finita nel 1864 Don Bosco all’inaugurazione affermò che era stata la Madonna stessa a costruirsi la “sua chiesa” con tante grazie, quanti erano i suoi mattoni. Dopo il monumento a Maria in mattoni del 1864, nel 1872 ci sarà la fondazione (insieme a S. Maria Domenica Mazzarello) delle Figlie di Maria Ausiliatrice, monumento vivente. Quando Don Bosco fu proclamato santo, 1º aprile 1934, don Alberto Caviglia, insigne storico salesiano, scrisse sulla Rivista Maria Ausiliatrice: “Don Bosco è santo. L’opera di Maria, l’Ausiliatrice, è compiuta ed è completa. Al piccolo contadinello di nove anni di Murialdo, essa aveva rivelato la via, e per venti anni la Maestra datagli dal Figlio Divino l’aveva sostenuto per l’aspro cammino della vita...”. Questo per sottolineare la straordinaria presenza non solo operativa ma anche santificatrice di Maria. E scriveva ancora: “E dove c’è l’uno dei nomi, naturalmente, spontaneamente, si nomina l’altro. E si dice: Madonna di Don Bosco”. Insomma, un duo inscindibile, per la gloria di Dio. Mario Scudu
U Il sogno di Giovannino Bosco a nove anni. Dipinto di Pietro Favaro (1972)
“Maria Ausiliatrice ha ottenuto ed otterrà sempre grazie particolari, anche straordinarie e miracolose, per coloro che concorrono a dare cristiana educazionealla pericolante gioventù colle opere, col consiglio, col buon esempio o semplicemente con la preghiera”.
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Oh Maria, Vergine potente, tu, grande presidio della Chiesa; oh Maria, aiuto dei cristiani, tu, terribile esercito schierato; tu doni il sole che vince ogni tenebra, tu, nelle angosce e lotte della vita, tu, nei pericoli difendici dal nemico. Tu, nell’ora della morte accogli l’anima in Paradiso. S. Giovanni Bosco
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Pittore di Don Bosco... L’immagine del poster è di Cosimo (Nino) Musio. Dipinge non solo per mestiere ma per passione. “Cerco di immedesimarmi in quello che devo ritrarre. Leggo tutto quello che riesco a trovare su un determinato personaggio o su un determinato evento... Poi inizio a lavorare”. Grazie Nino anche dai lettori della Rivista Maria Ausiliatrice e... buon lavoro.
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L’ora dell’Ave Maria Santa Maria, Aiuto dei Cristiani, dipinto su drappo nella cappella tombale di San Biscioy (320-417). Monastero Copto dell’Amba Biscioy, Il Cairo.
Ave Maria! Sulla terra e sul mare quest’ora più d’ogni altra celeste è la più degna di te, Benedetta.
Ave Maria! Benedetta quest’ora, benedetto il giorno, il paese, il luogo dove tante volte ho sentito in pienezza questo annuncio scendere in terra dalla campana della torre lontana.
Saliva leggero il canto del giorno morente; non un soffio turbava l’aria tinta di rosa, eppure le foglie sui rami trasalivano vibrando in fremiti di preghiera.
U Nino Musio, accanto a sua moglie, mentre dipinge un quadro della Beata Alexandrina da Costa. Nino e Fernanda hanno recentemente celebrato i 50 anni di matrimonio.
Lord George G. Byron, poeta inglese, soggiornò a lungo in Italia, particolarmente a Venezia e a Ravenna. Fu colpito dalla devozione alla Madonna della gente semplice.
Ave Maria! È l’ora di pregare. Ave Maria! È l’ora di amare. Ave Maria! È l’ora che il nostro spirito si elevi fino a te, fino al tuo Figlio!
Ave Maria! Volto stupendo, occhi socchiusi sotto l’ala della Colomba onnipotente! Ti miro adesso in un’immagine dipinta? Ma essa traduce in bellezza la Pura Verità. Lord Byron
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L’abitino di Domenico Savio
Un simbolo di preghiera e protezione I
nostri lettori e i pellegrini del Santuario di Maria Ausiliatrice ne conoscono bene l’origine. Nel settembre del 1856 San Domenico Savio si recò a trovare la mamma ammalata e, senza che lei se ne accorgesse, le mise al collo un nastro al quale era attaccato un pezzo di seta piegato a forma di abitino. Non soltanto sua mamma guarì subito, ma anche altre donne già incinte o desiderose di avere un figlio richiesero di indossare quell’abitino o, più tardi, una sua riproduzione: e grazie appunto all’intercessione di Domenico Savio hanno ricevuto la grazia desiderata. A ricordo di quel primo “Abitino”, dal 1954, anno della canonizzazione di Domenico, la Direzione Generale delle Opere Salesiane ha messo a disposizione delle mamme un “Abitino”, impreziosito con l’immagine del giovane Santo. I pellegrini in visita a Torino-Valdocco possono chiedere l’Abitino direttamente presso il nostro Santuario di Maria Ausiliatrice. Inoltre tutti i lettori che desiderano riceverlo o regalarlo possono richiederlo per lettera a: CENTRO MARIANO SALESIANO, Via Maria Ausiliatrice 32, 10152 Torino, indicando chiaramente l’indirizzo preciso del recapito e il colore voluto. Verrà loro inviato prontamente l’Abitino con il modulo di Conto Corrente Postale per l’offerta. Dell’Abitino e di San Domenico Savio avremo l’occasione di riparlare più diffusamente nei prossimi numeri.
I L’“abitino” ricorda quello che Domenico Savio mise al collo della mamma ammalata e subito guarita. Da allora, la sua riproduzione è portata o donata a donne incinte o desiderose di avere un figlio, come segno di protezione o richiesta di grazia. Si può richiedere di un colore a scelta tra azzurro, rosa e bianco. Archivio Rivista
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Insieme verso la lectio
La struttura della Pa r RMA online All’indirizzo www.donbosco-torino.it oppure su www.ausiliatrice.net in approfondimenti, potete leggere anche l’articolo di don Timoteo Munari Proposte di preghiera: Il Silenzio.
Y “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,6). © Incisione di Safet Zec, da “Luoghi dell’Infinito”, gennaio 2007
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a Parola di Dio è Dio in persona, anzi è una Persona. L’evangelista Giovanni scrive: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,1-2.14). Proprio la Parola di Dio ci ha spiegato che “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Il Verbo che si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi è il “seme” che Dio ha “seminato” nelle Scritture. Ora occorre vedere il contenuto del “seme”. Per far questo, la parabola del Vangelo di Luca è magistrale. Riprendiamo il finale: “Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno. Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza” (Lc 8,11-15).
Con questa parabola il Signore ci dà un metodo completo per capire che cos’è la “Lectio divina”. Una prima sottolineatura: la “Lectio” nutre, fa crescere la Parola di Dio che è già seminata nel cuore dell’uomo. Pensate ad un seme. È composto da vari elementi: il rivestimento esterno, il contenuto del seme, il germe contenente il progetto specifico del seme e la potenza germinativa. Applichiamo queste componenti al seme-Parola. Il rivestimento esterno sono i generi letterari, che variano a seconda della natura dei libri biblici e delle epoche storiche. Il contenuto del seme è quanto noi possiamo comprendere con la nostra intelligenza. Il germe è il contenuto specifico del seme: noi non lo possiamo cogliere se non nella misura che esso si sviluppa nella sua crescita e
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a rola cioè nella storia. La storia è la storia della salvezza, è per questo che la Parola di Dio va letta nella Chiesa, nessuno di noi è la Chiesa da solo, nessuno di noi è la storia da solo. La potenza germinativa si vede quando il seme si sviluppa: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: eccolo qui, o, eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17,21). Se vogliamo fare degli abbinamenti: il rivestimento esterno è la Lectio, il contenuto del seme è la meditatio, il germe è l’oratio ed infine la potenza germinativa è la contemplatio. La contemplatio, però, non è principalmente un’attività umana, ma prima di tutto è accoglienza dell’azione dello Spirito Santo, che produce in noi il “gusto” per la Parola. È lo Spirito Santo che guida all’intelligenza vitale della Bibbia. “Sappiate innanzi tutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio” (2 Pt 1,20-21). Una conclusione che è un inizio La prima cosa da fare per ascoltare il Signore, che dona la sua consolazione e la comunione con Lui mediante la Parola, è entrare nella “camera” del proprio cuore e chiudere la porta: “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà” (Mt 6,6).
La porta del cuore non si può chiudere se non è ben fissata da quattro “cardini”, che sono le cosiddette virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Sono il primo passo che lo Spirito Santo fa fare: “La sapienza non entra in un’anima che opera il male, né abita in un corpo schiavo del peccato. Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione, se ne sta lontano dai discorsi insensati, è cacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia” (Sap 1,4-6). La prudenza: è necessaria; non tutto quello che mi viene in mente, viene dallo Spirito, anzi. Per questo devo leggere la Parola “nella Chiesa”. La giustizia: da soli non siamo capaci di capire tutto, dobbiamo cercare e bussare per trovare aiuto. La fortezza: molte volte ci sono cose più attraenti, e per impegnarsi ci vuole capacità di sforzo. La temperanza è necessaria per fare la Lectio: non si può aprire la porta a tutte le riviste, le notizie televisive e poi pretendere di avere tempo e voglia di aprire la Bibbia. Stefano Martoglio
U “Il seminatore uscì a seminare la sua semente... parte cadde lungo la strada... un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto” (Lc 8,5-8).
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“Insieme verso la Lectio” si conclude con queste riflessioni; le parti precedenti sono state pubblicate sui numeri di marzo e di aprile.
stefano.martoglio@salesianipiemonte.it
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Maria nell’arte
La Madonna di Coppo di Marcovaldo C Le mani del Bambino (sopra) e quelle di Maria (sotto) esprimono la loro tenerezza più di tante parole.
U Particolari del dipinto del fiorentino Coppo di Marcovaldo.
oppo di Marcovaldo nacque verso il 1225-30, a Firenze, nel “popolo” di San Lorenzo. Ben poco si conosce della sua formazione artistica: si presume che sia stato allievo di qualche pittore “bizantino”, come allora venivano chiamati i “primitivi”. Partecipò alla battaglia di Montaperti, combattuta dai guelfi fiorentini contro i ghibellini senesi nel 1261; la stessa alla quale partecipò Farinata degli Uberti, ghibellino di Firenze e “che fece l’Arbia colorata in rosso”. Fatto prigioniero, come risulta da un elenco di soldati catturati, fu condotto a Siena. Lì, Coppo pagò il riscatto dipingendo la Madonna del Bordone, per la chiesa di Santa Maria dei Servi, dove tuttora è conservata. L’opera era firmata e datata, come risulta da un’antica descrizione della città di Siena. La scritta “MCCLXI Coppus de Florentia me pinxit” scomparve quando la tavola fu sottoposta ad un ridimensionamento. La composizione fu in seguito “aggiornata” nei volti dei personaggi da un pittore senese vicino a Duccio di Buoninsegna. Due dipinti mariani per gli stessi religiosi
Il “corpus” di Coppo è assai esiguo: pochi anni prima di Montaperti, verso il 1264, aveva dipinto una Croce per la collegiata di San Gimignano. Dei suoi familiari si conosce soltanto il nome del figlio, Salerno, e si può supporre, con ragione, che lavorasse in bottega con il padre; tant’è che il Crocifisso della cattedrale di Pistoia, dipinto nel 1274, un tempo attribuito a Coppo, ora è as-
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segnato anche a Salerno. A Coppo è inoltre attribuita una parte, interessante, dei mosaici del battistero fiorentino di San Giovanni. Dopo il 1265 il pittore dipinse per la Chiesa di Santa Maria dei Servi di Orvieto una Madonna con Bambino. È interessante osservare che ambedue le tavole – questa e quella di Siena – furono commissionate dalla stessa famiglia religiosa. La data di esecuzione della tavola è dai critici riferita agli anni successivi al 1265: poco dopo la Madonna di Siena e il Crocifisso di San Gimignano. La tenerezza della Madre e del Figlio Una ieratica e imponente Madonna, con il piccolo Gesù in grembo, siede su un prezioso trono affiancato da due angeli, che fungono da solerti custodi. Il Bambino guarda teneramente la Madre, un gesto questo che umanizza la divinità, ma che simboleggia anche la trepidazione con la quale il Figlio di Dio guarda alla Chiesa. Anche il viso della Vergine – circondato da un’aureola ottenuta a pastiglia dorata, benché ancora debitore degli schematismi bizantini – è improntato a tenerezza e guarda in modo benevolo il fedele che si rivolge a Lei con una preghiera. Le figure sono riprese frontalmente e la loro volumetria è tutta espressa dagli abiti dove le pieghe sono ottenute con intense lumeggiature d’oro. La materia preziosa dai tessuti si estende al fondo e al drappo che riveste lo schienale del trono. La composizione è ricca di par-
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T La “Madonna con Bambino”. Dipinto di Coppo di Marcovaldo, conservato ad Orvieto. Allo stesso artista la stessa famiglia religiosa aveva chiesto un’altra “tavola” con lo stesso soggetto, a Siena.
ticolari interessanti: il candido velo che incornicia il volto di Maria, bordato da un semplice filetto d’oro, poi il fantasioso copricapo, sino al piccolo Gesù che già imparte la sua benedizione e stringe nella mano sinistra un rotolo che nell’iconografia più an-
tica rappresenta la legge della nuova alleanza consegnata dal Salvatore agli apostoli. La tavola è ancora conservata nella Chiesa di Santa Maria dei Servi a Orvieto. Natale Maffioli maffioli.rivista@ausiliatrice.net
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Memorie salesiane
L’incoronazione dell’Ausiliatrice L
U Don Michele Rua, primo successore di Don Bosco (9 giugno 1837-6 aprile 1910) e, sotto, il cardinale Agostino Richelmy, arcivescovo di Torino (29 novembre 1850 10 agosto 1923). entrambi protagonisti nel 1903. © Dipinto di E. Reffo, Editrice Elledici
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a vigilia dell’Epifania del 1903, il Beato Michele Rua, primo successore di Don Bosco, si presentava a Papa Leone XIII per sottoporgli, a nome delle “Famiglie di Don Bosco”, le felicitazioni per il Giubileo Pontificale, due album augurali con 70 mila firme di allievi e allieve di SDB ed FMA, e un’offerta di 12.400 Lire. In quell’occasione, don Rua – che aveva raccolto il suggerimento di un gruppo di confratelli, capeggiati da don Secondo Marchisio – presentò al Papa anche la richiesta di procedere alla Pontificia Incoronazione dell’effigie dell’Ausiliatrice e la domanda di dispensa dal “secolo di antichità” (dell’effigie), che era richiesto dalla prassi per l’incoronazione. L’evento – aggiungeva don Rua – sarebbe stato preceduto dal III Congresso Internazionale Salesiano. Il Papa si mostrò felice e non ebbe difficoltà ad assecondare ogni richiesta. Il 17 febbraio arrivava a Valdocco il Breve Pontificio, datato 13 febbraio. Don Rua non poteva trattenere la sua gioia profonda. Scrivendo ai Cooperatori salesiani, dopo aver ricordato “l’annunzio più doloroso” dato 15 anni prima per la morte di Don Bosco, si mostrava felice di poter comunicare “la notizia più bella e consolante che vi abbia mai dato o possa darvi, dovessi pure rimanere lunghi anni sulla terra”. Dopo l’annuncio, concludeva: “Per noi Maria SS. Ausiliatrice è tutto! È essa che ispirò e guidò prodigiosamente il nostro Don Bosco in tutte le sue grandi imprese; è essa che continuò e continua tuttodì tale materna assistenza sulle nostre opere, per cui possiamo ripetere con Don Bosco che
tutto ciò che abbiamo, lo dobbiamo a Maria SS.ma Ausiliatrice”. Ognuno fece del suo meglio per mobilitarsi in onore della Madonna di Don Bosco. Fra i collaboratori di don Secondo Marchisio per la parte musicale, c’è anche il chierico Vincenzo Cimatti, oggi venerabile, che lavorò per fornire alle feste un robusto organico di tenori e di bassi, da lui preparati nella casa di Valsalice. La celebrazione si svolse il 17 maggio, presenti i Cardinali Richelmy di Torino, Ferrari di Milano, Svampa di Bologna e di 29 Vescovi guidati da mons. Cagliero. All’ultimo momento il Card. Sarto, di Venezia, che di lì a poco sarebbe diventato Papa Pio X, si scusò con telegramma di non poter partecipare. Il Card. Legato Richelmy, Arcivescovo di Torino, guardando alla Famiglia Salesiana sparsa in ogni parte del mondo, espresse la speranza che essa “sia per dilatarsi ed estendersi per tutta la terra. Queste speranze si compiranno perché tutto si ottiene dalla protezione di Maria Ausiliatrice”. Grande protagonista dei preparativi e della festa fu il Beato Michele Rua, che, in qualche momento non poté resistere alla commozione travolgente. Intorno a lui, il popolo di Torino partecipò in massa alla celebrazione (si parlò di centomila persone, dentro e fuori della Basilica). Don Rua descrisse l’evento così: “In fine giunge quel momento cotanto sospirato. S. E. il Cardinal Richelmy, Delegato da S. S. a compiere la sacra cerimonia, prima in chiesa alla taumaturga Immagine e poi nel piazzale sulla divota Statua, impone con mano tremante la gemmata corona sul capo della Vergine Ausiliatrice,
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I Don Vincenzo Cimatti, chierico salesiano all’epoca dell’incoronazione dell’Ausiliatrice, per l’occasione curò la parte musicale della cerimonia; oggi è dichiarato venerabile.
e con voce forte ma velata dalla commozione, dall’alto del palco, pronunziò le parole del rituale: Sicut te coronamus in terris, ita a Christo coronari mereamur in coelis. A quegli accenti non è possibile frenare la pietà e l’entusiasmo dei fedeli che scoppia in fragorosi applausi (...) Che meraviglia se a tale dimostrazione di fede, di pietà e di amore per Maria, scorressero abbondanti le lacrime dagli occhi? Altro non posso dirvi, poiché le parole non valgono ad esprimere la gioia di quel momento, l’estasi soavissima in cui tutti i cuori sono assorti, il tumulto degli affetti, l’ardore delle preghiere che s’innalzano alla dolcissima nostra Madre. (...) Per dieci giorni furono continui pellegrinaggi dei divoti che venivano anche da lontane regioni a venerare la Vergine incoronata. (...) Pensai ai miei figli lontani, e mi venne spontaneo sul labbro questo lamento: Oh! perché non m’è dato di vedere presenti a questo trionfo di Maria tutti quanti i miei figli! (...) Ed anche qui io sento che mancherei ad un sacro dovere, se non facessi notare che in queste nostre me-
morabili solennità il nome di Maria Ausiliatrice andò sempre unito a quello di Don Bosco, che con sacrifici inauditi innalzò questo santuario, colla parola e con la penna si fece l’apostolo della sua divozione, e nella sua potentissima intercessione aveva posto ogni fiducia”. Testimonia don Melchiorre Marocco: “Don Ubaldi ed io eravamo i preti d’onore del Legato Pontificio, e quindi potemmo osservare il contegno veramente estatico di don Rua, il quale, quando vide posarsi sul capo del Bambino e della Madonna le sacre corone per mano di Sua Eminenza, scoppiò in pianto dirotto, cosa che ci meravigliò non poco, perché conoscevamo la padronanza assoluta che egli aveva di se stesso”. Dopo l’incoronazione “il culto dell’Ausiliatrice si accrebbe e si estese immensamente nel mondo. Era quello che Don Rua voleva, a gloria della Madre di Dio e a onore del suo fedel servo Don Bosco (Don Eugenio Ceria)”. A cura di Pier Luigi Cameroni pcameroni@salesiani.it
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La pagina dell’ADMA
Preghiamo l’Ausiliatrice riflettendo con il Papa ADMA news Per informazioni complete e aggiornate sull’ADMA nel mondo consultate il sito: www.donbosco-torino.it adma-on-line
I Dal 19 al 21 di marzo si sono svolti presso la Casa Madonna dei Laghi di Avigliana (Torino) gli Esercizi Spirituali per i soci provenienti da Torino, Mornese, Piossasco. Un particolare momento di gioia è stato l’incontro con i giovani dell’ADMA giovanile di Avigliana.
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nvitiamo tutti i gruppi e soci ADMA del mondo a valorizzare la novena dell’Ausiliatrice, in programma dal 15 al 23 maggio, usando la formula tradizionale suggerita da Don Bosco e mettendo alcune intenzioni speciali: per Papa Benedetto XVI, per la santificazione dei sacerdoti e per la Famiglia Salesiana. Suggeriamo anche di valorizzare come testo di meditazione e di preghiera l’atto di venerazione proposto lo scorso 8 dicembre 2009 da Benedetto XVI all’Immacolata, in Piazza di Spagna a Roma, durante la solennità dell’Immacolata Concezione. $
«Nel cuore delle città cristiane, Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell’esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli. Anche qui, in Piazza di Spagna,
Maria è posta in alto, quasi a vegliare su Roma. Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza? Ricorda che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20), come scrive l’apostolo Paolo. Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio. Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! (...) Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili. Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. È un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra,
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e richiede il più grande rispetto. La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso! I mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri. (...) Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. È vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. È l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia... La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili. Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo. È la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio. La Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. “Do-
ve abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”. Voglio rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell’amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia. Uomini e donne di ogni età, che hanno capito che non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società. Cari amici Romani, e voi tutti che vivete in questa città! Mentre siamo affaccendati nelle attività quotidiane, prestiamo orecchio alla voce di Maria. Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante. Ella dice ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita! E la città sarà più bella, più cristiana, più umana. Grazie, Madre Santa, di questo tuo messaggio di speranza. Grazie della tua silenziosa ma eloquente presenza nel cuore della nostra città. Vergine Immacolata, Salus Populi Romani, prega per noi!». A cura di Pier Luigi Cameroni
U Il gruppo di coordinamento del Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice a Cracovia. Da sinistra: don Pier Luigi Cameroni, don Sergio Pellini, don Janusz Zdolski, don Marek Chrzan, don Janusz Kaminski, Sr. Bernadetta Rusin, Sr. Janina Stankiewicz, don Boguslaw Zawada, don Henryk Bonkowski.
pcameroni@salesiani.it
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Appuntamenti mariani
Un’immagine pro d 11 maggio 1850 - La Madonna della Misericordia di Rimi n L’immagine CSDM online Consultate l’archivio on-line del Centro di documentazione. Troverete anche nuove informazioni ed approfondimenti. www.donbosco-torino.it Questo mese: storia illustrata dei Papi della prima metà del VI secolo.
I Il Tempio Malatestiano è il Duomo di Rimini. Dal XIII secolo sorge dov’era la Chiesa di San Francesco.
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Il quadro della “Misericordia di Rimini” è una bella immagine, dipinta su tela, e scaturita più che dal genio, dal cuore buono e pieno di fede dell’illustre pittore riminese Giuseppe SoleriBrancaleoni. Fu dipinta nel 1796 e donata, nel 1810, alla Chiesa di Santa Chiara per essere esposta alla venerazione dei fedeli. La Madonna, a mezzo busto, ha lineamenti fini e delicati. Il capo è dolcemente inclinato sulla spalla destra, i capelli biondi dividono l’ampia fronte; gli occhi sono rivolti al cielo ed il volto è sparso di tinte così delicate che attirano l’ammirazione. Le mani, dalle dita affusolate, sono incrociate sul petto. È l’atteggiamento di Maria che, piena di Spirito Santo, esulta nel cantico del Magnificat! Il miracolo Nel pomeriggio dell’11 maggio 1850 la Signora Anna Bugli, contessa Baldi-
ni, insieme alla figlia adottiva Anna, e l’amica Francesca Megani, entra nella piccola Chiesa di Santa Chiara per una breve visita alla “Madre di Misericordia”, tanto venerata dagli abitanti di Rimini. Inginocchiatasi davanti all’Immagine della Madonna, è colpita da un fenomeno straordinario. Le pare che gli occhi della Sacra Immagine si alzino sino a nascondersi e scomparire sotto le palpebre e poi ritornino ad abbassarsi e guardare dolcemente verso di Lei. Meravigliata e commossa, quasi non crede a se stessa. Credendosi vittima di una strana illusione chiama le due giovani e le invita a guardare verso l’Immagine. Queste, per meglio vedere, salgono sulla mensa dell’Altare e alla distanza di appena pochi centimetri osservano fissamente il quadro; anch’esse constatano che le pupille
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o digiosa mi ni della Madonna si alzano fino a scomparire e poi si abbassano. Le tre donne rimangono a lungo davanti all’Immagine, e con gioia grande constatano diverse volte il medesimo movimento. Con l’animo ricolmo di gioia, escono dalla Chiesa e per quella sera non rivelano ad alcuno il prodigio. La mattina seguente, la signora Bugli, in conseguenza della forte emozione provata la sera precedente, è costretta a restarsene a casa ammalata. Le due giovani, accompagnate da altre persone, ritornano in chiesa e si inginocchiano davanti alla Sacra Immagine. Di nuovo si ripete il movimento degli occhi, e questa volta i testimoni sono numerosi! Le pupille si alzano e si abbassano; talora hanno lo splendore di stelle lucenti, tal’altra si velano di pianto. La notizia si sparge in un baleno per tutta la città ed è un accorrere di popolo che si accalca davanti alla Sacra Immagine e tutti possono constatare il rinnovarsi del Prodigio. La chiesetta risulta incapace di contenere tanta folla ed allora si pensa di trasportare processionalmente la Sacra Immagine nella più vasta ed imponente Chiesa di Sant’Agostino dove rimane fino a tutto settembre del 1850. Esame del miracolo Il prodigio si rinnova centinaia di volte e migliaia di persone hanno la fortuna di constatarlo. Vescovi, Prelati, Sacerdoti e Religiosi, uomini di scienza e di lettere, persone venute espressamente dall’estero si inginocchiano davanti all’Immagine di Maria SS. Ma-
dre della Misericordia. Per allontanare ogni dubbio ed incertezza si procede ad un esame accurato e scientifico del fatto. Si toglie il cristallo che copre il quadro, si mostra al popolo la nuda tela; si passa sugli occhi dell’Immagine un filo di diverso colore, si osserva con le luci accese e con le luci spente, da tutte le direzioni e da tutte le posizioni. Migliaia di persone constatano sempre il movimento degli occhi della Madonna. Fugata ogni ombra di dubbio, l’Autorità ecclesiastica stabilisce un regolare processo canonico per sanzionare la veridicità del fatto prodigioso. Sono ascoltati testimoni di tutte le condizioni e categorie sociali: Vescovi insigni, Dotti del tempo, scienziati illustri, e uomini del popolo: tutti rendono, con la testimonianza, la loro riconoscenza a Maria. Mario Morra
U La Madonna della Misericordia che si venera nella chiesa di Santa Chiara.
morra.rivista@ausiliatrice.net
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Ricordo di mons. Chenis
Segni particolari? Il sorriso U
Mons. Carlo Chenis era nato a Torino il 20 aprile 1954. Nel luglio 1995, Giovanni Paolo II lo aveva nominato segretario della Pontificia commissione per i Beni culturali della Chiesa. È stato consacrato vescovo di Civitavecchia-Tarquinia dal card. Tarcisio Bertone il 10 febbraio 2007. È morto il 19 marzo 2010. Tutti ricordano il suo sorriso sincero. Qui sotto: mentre guida un pellegrinaggio diocesano.
© Foto di Tino Romano archivio Seapress - La Provincia.
Altre foto e materiali sono disponibili su: www.ausiliatrice.net
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n sacerdote e vescovo dal cuore gioioso e giovane, con il vizio del sorriso. Un uomo di grande cultura. Parliamo di mons. Carlo Chenis, o meglio don Carlo, come lo chiamavano i suoi tanti amici, torinese doc e salesiano. Un sorriso che non si è spento mai, neanche quando lo scorso dicembre, gli diagnosticarono un tumore che se l’è portato via in tre mesi. Tutti si resero subito conto di avere a che fare con un vescovo che avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia della città. “Era il 24 febbraio 2007 quando fece il suo ingresso – ricordano alcuni fedeli – rimanemmo colpiti da ciò che disse ai giovani: «La Chiesa siete voi, vincendo la sfida del pessimismo e del disagio»”. Parole che infiammarono il piazzale dello storico oratorio gremito di giovani. E proseguì: «Dovete essere ragazzi C.I.A.O.: Ciao come il saluto festoso e fraterno ma anche come Caritatevoli, Impegnati, Allegri ed Obbedienti». La missione giovanile è stata per lui un impegno irrinunciabile. Culmine del suo episcopato, i festeggiamenti per l’arrivo in città dell’urna con le spoglie di Don Bosco: tantissimi fedeli accorsero al porto e varcarono insieme al santo dei giova-
ni la storica Porta Livorno, antica via d’accesso alla città che Don Bosco attraversò il 21 febbraio del 1858 nel corso del suo primo viaggio a Roma. “Aveva una salesianissima passione per i giovani” – ricordano i responsabili della pastorale della diocesi – la porta del suo ufficio era sempre aperta. A Civitavecchia avviò un calendario di “Buonenotti”, il tradizionale pensiero spirituale con il quale Don Bosco salutava i ragazzi al termine di ogni giornata. Don Carlo pensò di rispolverarlo e farlo diventare un appuntamento mensile ed itinerante nelle varie parrocchie della diocesi. “È stato un vero Homo Apostolicus” – ha detto il card. Tarcisio Bertone, suo amico di sempre, che lo scorso 23 marzo ha presieduto le solenni esequie nel porto di Civitavecchia alle quali hanno partecipato oltre 10 mila fedeli, tre cardinali, 60 vescovi, 200 sacerdoti e 200 suore. Durante la celebrazione è stato letto un brano del testamento spirituale di mons. Chenis: «Non ho gustato il Paradiso, ma l’ho pregustato nel sorriso delle persone che mi hanno voluto bene. Chiedo scusa per gli errori e se a volte ho brontolato tanto com’è nel mio carattere. Ho trovato tanti amici, ho amato questa Chiesa, felice di essere stato chiamato qui. Ho amato tutte le persone qualunque fosse stato il loro ceto di appartenenza, perché ho potuto frequentare e godere la sapienza di tutti». Le sue spoglie ora riposano presso il cimitero di Allumiere, ma presto verranno trasferite nel vicino Santuario della Madonna delle Grazie. Matteo Marinaro redazione.rivista@ausiliatrice.net
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Lettere a Suor Manu
Al posto loro? “N
on pensavo di tribolare così tanto per la scelta degli studi dei miei figli... Il più piccolo non ha voglia di studiare e ha scelto un corso di due anni, la più grande vuole fare Lettere, una facoltà che sforna disoccupati. Dopo discussioni infinite, sono demoralizzata perché i miei figli non solo non si fidano dell’esperienza di noi genitori ma mi accusano di non voler lasciar loro la libertà di decidere sul loro futuro... Dove abbiamo sbagliato?
”
In queste mattine di sole mi piace osservare una mamma che accompagna la bimba a scuola con in braccio il fratellino che muove i primi passi. Quante volte lo mette giù, lo accompagna prima tenendolo con tutte due le mani, poi con una mano sola, poi prova a staccarle tutte due e lo lascia andare da solo qualche passo, finché il piccolo perde l’equilibrio e si guarda intorno spaesato... ma c’è il sorriso della mamma a bloccare lacrime e tristezza. Credo sia l’immagine più efficace per provare a riflettere sull’equilibrio tra libertà assoluta e dipendenza totale. La scelta degli studi è certamente delicatissima e potrei portare moltissimi esempi di ragazzi che hanno iniziato un corso di studi deciso dai genitori, ma poi, con buona pace dei genitori stessi, hanno dovuto ripiegare sulla scuola che fin dall’inizio avrebbero voluto frequentare. Riporto qualche stralcio del brano molto conosciuto di Kahlil Gibran che sento quanto mai adatto al difficile mestiere dei genitori.
I vostri figli non sono i vostri figli. ... E benché stiano con voi non vi appartengono. Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
U Noi possiamo soprattutto avere fiducia: nella bontà dell’arciere e nella possibilità della freccia. © ANS Image Bank
... L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane. Fatevi tendere con gioia dalla mano dell’Arciere; Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l’arco che sta saldo. Forse ci riesce più facile sentirci l’Arciere invece, grazie a Dio, l’Arciere è un altro. Noi possiamo soprattutto avere fiducia: nella bontà dell’arciere e nella possibilità della freccia. Avere fiducia e coltivare un atteggiamento che ha la stessa radice di fiducia: la confidenza. Se cureremo la relazione con i ragazzi fino a che loro sentiranno che meritiamo la loro confidenza, potremmo persino accettare che facciano degli errori. Certo questo richiede molta più pazienza e più tempo ed è molto più difficile che decidere al loro posto, ma le garantisco che dà anche molta più gioia e più pace. Manuela Robazza suormanu.rivista@ausiliatrice.net
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Ausiliatrice perché Madre La pagina del Rettore Maria, la donna del sì Editoriale
Don Franco Lotto Madre Yvonne Reungoat
Doni di salvezza Leggiamo i Vangeli
Marco Rossetti
“Allora Maria disse” Spiritualità mariana
Maria Ko Ha Fong
Un santuario dell’Ausiliatrice ad Efeso? Santuari all’estero
Vittorio Pozzo
Noi tra clic e blog, tra iPad e iPod Il Papa ci parla L’Ausiliatrice e Don Bosco: un duo inscindibile Il Poster Un simbolo di preghiera e protezione L’abitino di Domenico Savio La struttura della Parola Insieme verso la lectio
Enzo Bianco a cura di Mario Scudu Lorenzo Bortolin Stefano Martoglio
La Madonna di Coppo da Marcovaldo Maria nell’arte
Natale Maffioli
L’incoronazione dell’Ausiliatrice Memorie salesiane
Pier Luigi Cameroni
Preghiamo l’Ausiliatrice riflettendo con il Papa La pagina dell’ADMA
Pier Luigi Cameroni
Un’immagine prodigiosa Appuntamenti mariani Segni particolari? Il sorriso Ricordo di Mons. Carlo Chenis Al posto loro? Lettere a suor Manu
Mario Morra Matteo Marinaro Manuela Robazza
FOTO DI COPERTINA:
Un particolare del quadro di Maria Ausiliatrice, ideato da Don Bosco e realizzato dal pittore Tommaso Lorenzone. Basilica di Maria Ausiliatrice,Torino. Basilica di Torino Rivista della
-Valdocco
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5 - MAGGIO 2010
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ANNO XXXI -
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