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ANNO XXXI - MENSILE - Nยบ 6 - ESTATE 2010
Rivista della Basilica di Torino-Valdocco
Il fascino di Maria
Attività & iniziative hic domus mea Carissime Lettrici e Lettori di “Maria Ausiliatrice”,
inde gloria mea Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)
Direttore responsabile: Sergio Giordani Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-1980 Stampa: Scuola Grafica Salesiana Torino Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Centralino 011.52.24.822 Rivista 011.52.24.203 Fax 011.52.24.677 rivista@ausiliatrice.net www.donbosco-torino.it Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice, Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Collaboratori: Corrado Bettiga, Lorenzo Bortolin, Marina Lomunno, Maurizio Versaci, Nicola Latorre Per Bonifici: Codice IBAN: IT15J076 0101 0000 0002 1059 100 PayPal: abbonamento.rivista @ausiliatrice.net
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domenica 3 ottobre prossimo siete tutti invitati ad una giornata di incontro: l’appuntamento è Valdocco, la Casa Madre dei Salesiani a Torino, alle ore 9. Dopo l’accoglienza e la preghiera comune è in programma un momento di conoscenza e scambio reciproco sui contenuti della nostra rivista: sono auspicati vostri suggerimenti e consigli per renderla sempre più gradita. Nel pomeriggio ci ritroveremo nella Basilica di Maria Ausiliatrice per la preghiera del Rosario cui seguirà l’Eucaristia; ci saluteremo intorno alle ore 17,30. Il nostro incontro si svolgerà in concomitanza con la Giornata annuale dell’ADMA, Associazione di Maria Ausiliatrice: sarà dunque l’occasione per conoscerne l’attività e per coinvolgere di più gli associati nella diffusione della nostra rivista. Ciò che ci unisce – lettori, amici e benefattori della rivista e soci ADMA – è l’amore e la devozione alla Madonna Ausiliatrice: per questo ci ritroveremo a Valdocco presso la Basilica definita dall’Ausiliatrice «la mia Casa» e nel ricordo di Don Bosco che tanto ha raccomandato la devozione a Maria. Vi invitiamo dunque a non prendere impegni per il 3 ottobre: cominciate a scriverci per chiedere ulteriori informazioni e per garantirci la vostra presenza. A presto! La Direzione della Rivista
Campo “Base Uno” a Gressoney 21-26 giugno costo 140 € per ragazzi che hanno terminato la 1ª superiore
Campo “Base Uno” a Les Combes 21-26 giugno costo 140 € per ragazzi che hanno terminato la 1ª superiore
Campo “Base Due” a Cesana 21-26 giugno costo 140 € per ragazzi che hanno terminato la 2ª superiore
Campo “Base Due” a Cesana 14-19 giugno costo 140 € per ragazzi che hanno terminato la 2ª superiore
Campo “Animatori Uno” a Les Combes 14-19 giugno costo 140 € per ragazzi che hanno terminato la 3ª superiore
Campo “Animatori Uno” a Pracharbon 14-19 giugno costo 140 € per ragazzi che hanno terminato la 3ª superiore
Campo “Animatori Due” a Gressoney 14-19 giugno costo 140 € per ragazzi che hanno terminato la 4ª superiore
Campo “Animatori Quattro” 16-19 settembre per ragazzi dalla 5ª superiore in avanti costo da definire
La pagina del Rettore
In marcia verso il Regno Carissimi amici, un caro saluto dalla nostra Basilica, che da aprile, quando è iniziata l’ostensione della Sindone, fino alla festa di Maria Ausiliatrice, ha visto un continuo affluire di pellegrini. L’accoglienza ha richiesto un notevole impegno, ma con l’aiuto di tanti siamo riusciti a creare un clima dove ciascuno si è sentito a casa, accolto da Don Bosco e dall’Ausiliatrice. La festa di Maria Ausiliatrice ha concluso felicemente tutto con grande partecipazione e devozione. Inoltre la presenza di 100 Vescovi salesiani, provenienti dai vari continenti, ha donato alla festa un tono di grande ecclesialità e di mondialità. Il mese di giugno è il mese illuminato dal ricordo del Sacro Cuore e, collegato ad esso, del Cuore Immacolato di Maria. Don Michele Rua, primo successore di Don Bosco, di cui celebriamo il centenario della morte, fu un apostolo della devozione al Cuore di Gesù e fu lui a volere in Basilica la cappella del Sacro Cuore, a sinistra di chi entra, a cui si accostano tanti fedeli in preghiera. Proprio don Rua volle che nella notte tra il 31 dicembre del 1899 e il 1º gennaio del 1900 i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori e tutti i giovani delle opere salesiane compissero la consacrazione al Sacro Cuore. Nel Santuario di Maria Ausiliatrice, lui stesso insieme ai Superiori maggiori, ai Salesiani e ai giovani, trascorse quella notte in preghiera, e a mezzanotte la sua voce unita a quelle di tutti i presenti, pronunciò adagio e solennemente l’atto di Consacrazione. Don Bosco diceva che “l’educazione è cosa del cuore, e solo Dio ne possiede
la chiave”; egli tradurrà con la parola “amorevolezza” tutta la ricchezza della parola “cuore”, proprio pensando al Cuore di Gesù. Oggi quando si parla di cuore si rischia di banalizzare, di dare ad esso una connotazione di sentimentalismo, di emotività. Per noi cristiani parlare di cuore significa parlare di amore, ma di amore profondo, di dono, di servizio, di accoglienza, di ascolto, di decisione, di capacità di rinuncia. Così il Signore si è manifestato: “Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini e che nulla per essi ha risparmiato sino a consumarsi per dar loro segni del suo amore”. Il cuore è il luogo delle decisioni, dei valori fondanti, dell’incontro con il mistero della vita e della grazia, il luogo dell’incontro profondo con Dio e con i fratelli. Ecco perché il cuore più vicino a quello del Signore è stato il Cuore di Maria ed ecco perché la Chiesa ha collegato le due ricorrenze. L’impegno è allora di conservare il nostro cuore, unito al Cuore del Signore, nella trasparenza e nella limpidezza, libero da ogni egoismo e allora sarà vera per noi la Parola di Gesù: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8). A tutti il nostro saluto e il nostro ricordo. Don Franco Lotto, Rettore lotto.rivista@ausiliatrice.net
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Editoriale
Giovani d’estate
U Fabio Attard è nato a Malta ed è Consigliere mondiale per la Pastorale Giovanile Salesiana. © ANS Image Bank
I La gioia della persona sta nel coraggio di incontrare l’altro e dirgli che sei suo fratello, sua sorella. © Pastorale Giovanile ICP
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na battuta che non dimenticherò mai dei miei anni di oratorio, era: attenzione, d’estate il diavolo lavora di più! A distanza di tempo, capisco meglio il senso della battuta. Perché? Perché per me l’estate era il tempo più divertente e più occupato dell’anno. Con gioia ritorno a gustare quei ricordi. Di che cosa erano fatti? Di cose che sono valide ancora oggi e che noi salesiani continuiamo a proporre ai giovani. Le riassumo.
bertà bene applicata, ma anche un senso di essere protagonisti della propria vita. Il gruppo mi offre la possibilità di uno spazio umano dove io posso essere me stesso, me stessa, con l’opportunità di offrire e condividere i miei doni, esplorare e applicare le mie capacità. Nel gruppo ci sono due movimenti: da parte mia verso gli altri, da parte degli altri verso di me. Vivere l’estate da solo è davvero roba da matti, anzi da matti poveri.
1. Forte esperienza di gruppo
2. Allegria e carità
L’estate non è vera se la si vive da soli. L’estate è il tempo delle amicizie e delle relazioni. Non è possibile trascorrere, per non dire sprecare, un tempo così bello e disteso all’insegna dell’incognita, del nulla. Essere insieme con gli altri, dove con loro si può disporre del tempo libero per un motivo, un impegno, offre non solo un senso di una li-
Una vera esperienza di gruppo ha due aspetti: il primo è quello di una sensazione di essere qualcuno che gode la vita, che è felice della propria esistenza. Il secondo, connesso con il primo, consiste in quella dimensione che si chiama carità. Mi spiego: è felice colui che è capace di spendere la sua vita per il bene degli altri, essere caritatevole verso gli altri. Possiamo dire che qui ci giochiamo l’alfabeto della vita, l’ABC di tutto quello che noi siamo e possiamo essere: Allegria + Bontà + Carità. Non si può ottenere nella vita la vera felicità, la vera allegria se non è all’insegna di una decisione di donarsi anche agli altri – una bontà che si esprime nella carità. La gioia della persona sta nel coraggio di incontrare l’altro e essere lì per dirgli che sei suo fratello, sua sorella. Una vita senza il coraggio della fraternità, e fraternità condivisa e donata con gioia, non è vita piena. Qui è vero quello che si dice sulla relazione intima che esiste tra la matematica e l’amore: che l’amore si moltiplica attraverso la divisione. È un amore che sa essere allo stesso tempo fon-
te di gioia, di allegria, e ragione della carità. 3. Momenti di riflessione Infine, passa bene e fruttuosamente l’estate chi è abbastanza saggio da usare il tempo per dare un’occhiata alla sua vita, la direzione che sta prendendo. Chi fa un’esperienza di gruppo e arriva a sperimentare l’allegria e la carità, è una persona intelligente. Non parlo di intelligenza nel senso scolastico. Parlo d’intelligenza nel senso stretto della parola – intus legere, cioè saper leggere dentro. Soltanto nel silenzio che cerco e trovo, sono in grado di entrare nel mio cuore e vedo quali sono le cose importanti nella mia vita: dove sto spendendo tutte le mie energie, o su quali principi sto costruendo il mio presente e preparando il mio futuro. In molti oratori salesiani con l’“Estate ragazzi” e i “campi scuola”, con le varie opportunità del volontariato, sarebbe interessante riuscire anche a vedere le radici dell’albero che è la mia vita. Conclusione Su internet ho trovato questa storia che racconta la saggezza di chi fa una scelta nella vita e non è distratto da niente, né ricchezza, né potere: “Un potente sovrano viaggiava nel deserto, se-
guito da una lunga carovana che trasportava il suo favoloso tesoro di oro e pietre preziose. A metà del cammino, sfinito dall’infuocato sole, un cammello crollò boccheggiante e non si rialzò più. Il forziere che trasportava rotolò lungo i fianchi della duna, si sfasciò e sparse nella sabbia tutto il suo contenuto, perle e pietre preziose. Il sovrano non voleva rallentare la marcia, anche perché non aveva altri forzieri e i cammelli erano già sovraccarichi. Con un gesto tra il dispiaciuto e il generoso invitò i suoi paggi e i suoi scudieri a tenersi le pietre preziose che riuscivano a raccogliere e portare con sé. Mentre i giovani si buttavano avidamente sul ricco bottino e frugavano affannosamente nella sabbia, il sovrano continuò il suo viaggio nel deserto. Si accorse, però, che qualcuno continuava a camminare dietro di lui. Si voltò e vide che era uno dei suoi paggi, che lo seguiva ansimante e sudato. «E tu – gli chiese – non ti sei fermato a raccogliere niente?». Il giovane diede una risposta piena di dignità e di fierezza: «Io seguo il mio re»”. Auguro a tutti che nel nostro cammino estivo siamo come quel giovane paggio e non ci lasciamo distrarre dal seguire il nostro Re. Fabio Attard
U Una vita senza il coraggio della fraternità, e fraternità condivisa e donata con gioia, non è vita piena. © Pastorale Giovanile ICP
T Chi fa un’esperienza di gruppo e arriva a sperimentare l’allegria e la carità, è una persona intelligente. © Pastorale Giovanile ICP
Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile
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Leggiamo i Vangeli
L’Eucaristia. Amore che resta I
U Il salesiano don Luca Barone, incaricato missioni e animazione vocazionale per Piemonte e Valle d’Aosta. © Pastorale Giovanile ICP
l lungo viaggio di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme è concluso. Egli entra nella Città Santa per dare avvio ai momenti culminanti della sua esistenza, al suo «esodo» pasquale (Lc 9,31). L’istituzione dell’Eucaristia nel giorno degli Azzimi (Lc 22,1-38) è una delle narrazioni più toccanti ed importanti nella parte ormai conclusiva del Vangelo (Lc 19,2424,53). Era il 14 di Nissan: giorno di grande fermento in tutte le famiglie di Gerusalemme, che si preparavano alla festa eliminando ogni frammento di pane lievitato dalle dispense. Nelle prime ore del pomeriggio nel Tempio era sacrificato l’agnello, così al tramonto del sole ci si poteva ritrovare per la cena pasquale, per rendere presente nei riti la salvezza operata da Dio che aveva liberato Israele dalla schiavitù dell’Egitto. Preludio d’amore
Y L’Eucaristia sgorga dall’amore di Cristo e in questo Sacramento Egli è realmente presente. © Foto Guerrino Pera, Ed. Elledici
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Gesù che aveva disposto ogni cosa per quell’occasione (22,713), ora è seduto a mensa con i suoi. È l’ultima cena prima di lasciare questo mondo, il momento più solenne. Luca ce ne offre una descrizione che è il frutto della rilettura sapienziale compiuta dalla prima comunità cristiana. Egli tratteggia Gesù come l’unico grande pro-
tagonista della scena, ma ci fa anche percepire la profonda intesa di comunione coi suoi che ne ascoltano le parole e partecipano del più grande mistero di amore noto all’uomo. La smisuratezza di questo amore è più evidente, quando si noti che questa narrazione è come incastonata tra due atti di disamore: Giuda decide di tradire (vv. 1-6) e Gesù predice che Pietro lo rinnegherà (vv. 31-34). L’amore di Cristo è davvero più grande del nostro cuore e di quanto esso possa decidere. Gesù ripete il rituale ebraico prescritto (vv. 14-18), ma pronuncia per due volte espressioni nuove ed inerenti il Regno di Dio (vv. 16.18). Sono parole apparentemente misteriose, ma che in realtà intendono far capire ai presenti che quanto lui sta per dire e fare è anticipazione di una festa ancora più grande: quella che Dio imban-
T Gesù ha comandato di ripetere i suoi gesti nell’Ultima Cena non come semplice ricordo, ma come un “memoriale” grazie al quale garantisce la sua presenza in ogni tempo. © Ultima cena, G. Monaca, Editrice Elledici
dirà per noi alla fine dei tempi in segno di amore infinito (14,16-24). Nuove parole d’amore Gli Apostoli forse percepiscono che Gesù li stava preparando ad accogliere una grande novità. Per poterne dare inizio, Egli aveva affermato di aver «desiderato fortemente» mangiare quella Pasqua con loro (v. 15). Luca scrive: «Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice (vv. 19-20). Il pane, che durante la cena pasquale ebraica era il segno della comunione fra i membri della famiglia, è preso da Gesù ed offerto come suo corpo. Egli comanda di ripetere quelle parole e quelle azioni non come un semplice ricordo, ma come un «memoriale» grazie al quale garantirà la sua presenza vera ed efficace sempre, in ogni tempo. Si tratta di un’alleanza siglata non più, come in antico, dal sangue di un agnello, ma dal sangue di Cristo versato per noi. Ogni singolo gesto compiuto ed ogni parola pronunciata in quella sera da Gesù trovano pieno compimento negli eventi che sarebbero accaduti di lì a poco: al Calvario e presso la tomba vuota, gli Apostoli
avrebbero capito che l’Eucaristia era anticipazione del sacrificio di Cristo – da Lui vissuto e donato come personale atto di amore – e della sua Risurrezione. Un amore per sempre «Resta con noi», supplicarono i due discepoli che da Gerusalemme stavano andando ad Emmaus (Lc 24,13-35). Quel viandante accettò e «quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro» (v. 30). È rilevante che i discepoli abbiano riconosciuto Gesù proprio nel gesto del prendere il pane, del benedirlo e spezzarlo. Di lì a poco Gesù sarebbe scomparso, ma sarebbe rimasto per sempre nel Pane spezzato e nel Sangue versato. Anche in noi, quindi, aumenti la consapevolezza che l’Eucaristia sgorga dall’amore di Cristo e che in questo Sacramento Egli è realmente presente. Così il Signore continua a camminare verso di noi, a stare con noi offrendosi come il pane vero disceso dal cielo, il pane della vita, perché tutti coloro che ne mangiano siano in comunione con Lui, abbiano la vita eterna e siano da Lui risuscitati nell’ultimo giorno (cfr. Gv 6,34.48.51.54.56.58). Marco Rossetti rossetti.rivista@ausiliatrice.net
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Spiritualità mariana
Il volto di Maria nelle Beatitudini B
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I Nelle beatitudini si riflette la moltitudine dei santi di tutte le epoche e razze. E la prima “beata” è Maria, definita così dalla cugina Elisabetta. Maria Regina Pacis, di Giorgio Szoldatics
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eati i poveri in spirito”. Gesù ha voluto iniziare il suo primo discorso (Mt 5-7) in forma poetica, felicitandosi con coloro che “entreranno nel regno dei cieli”, cantando la bellezza e la gioia dei figli di Dio. È un momento suggestivo: il Maestro descrive l’immagine del discepolo ideale, che egli ha nel cuore, il Cristo rivela i lineamenti che ama vedere nei cristiani. Ma Quale altro ideale può avere il cristiano se non quello di essere «conforme all’immagine di Cristo» (Rm 8,29)? Quale altra bellezza può vantarsi chi vive nella sequela di Cristo se non quella di assomigliare a Lui? Cristo, dipin-
gendo il volto dei suoi discepoli, rivela il suo stesso volto. Il “Catechismo della Chiesa Cattolica” l’afferma esplicitamente: «Le beatitudini dipingono il volto di Gesù Cristo e ne descrivono la carità; esse esprimono la vocazione dei fedeli associati alla gloria della sua passione e della sua risurrezione; illuminano le azioni e le disposizioni caratteristiche della vita cristiana; sono le promesse paradossali che, nelle tribolazioni, sorreggono la speranza; annunziano le benedizioni e le ricompense già oscuramente anticipate ai discepoli; sono inaugurate nella vita della Vergine e dei santi» (n. 1717). Nelle beatitudini, quindi, si riflette una catena di volti, il volto di Cristo e i volti della moltitudine dei santi di diverse epoche e razze, con diversi cammini di vita e diverse forme di santità, rifulgono dello stesso splendore. In questa festa dei volti, emerge con particolare bellezza Maria, il volto più vicino e più simile a quello di Cristo, suo Figlio. La qualifica di “beata” si addice proprio a Maria. La prima a proclamarla tale è stata Elisabetta: «Benedetta tu fra le donne... Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1, 42-45). Una seconda proclamazione esce ugualmente dalla bocca di una donna, la quale, dopo avere ascoltato Gesù parlare, «alzò la voce di mezzo alla folla e disse: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte» (Lc 11,27). Questo riferimento, pur se implicito, è rivolto a Maria. Già in questa occasione Gesù si unisce a lodare la madre. La sua risposta: «Beati piuttosto coloro che
ascoltano la Parola di Dio e la osservano» mette a fuoco la beatitudine più autentica e più profonda di Maria, il cui atteggiamento di ascolto e di contemplazione è costante ed esemplare. Come emerge ora il volto di Maria nelle beatitudini proclamate da Gesù nel discorso della montagna? Cerchiamo di rilevarne alcuni tratti: – Beati i poveri in spirito - Nel suo canto del “Magnificat” Maria, l’umile serva in cui il Signore ha fatto grandi cose, ha fissato i tratti che caratterizzano per tutti i tempi i «poveri in spirito» secondo il cuore di Dio. «Maria primeggia tra gli “umili” e i “poveri del Signore”, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza» (LG 55). Il suo vuoto di sé, la sua apertura e disponibilità totale l’hanno resa «piena di grazia», degna d’essere «proclamata beata da tutte le generazioni». – Beati gli afflitti - Maria, madre dolorosa, ha sperimentato la spada che le trafigge il cuore e fino alla croce, ha sofferto in profonda unione con il suo Figlio. Ella conosce bene il mistero di morte e risurrezione, è la consolata e la consolatrice degli afflitti. – Beati i miti - Accanto a Gesù, “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), Maria appare nel Vangelo come madre tenera e buona, discreta e delicata. La proclamiamo da secoli alla conclusione della «Salve Regina»: «O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria». – Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia - Maria viveva in continua tensione alla piena realizzazione del piano di Dio su di lei e su tutto il mondo per mezzo di lei, anche se spesso questo piano le si presentava incomprensibile. Ella ha vissuto nella «peregrinazione della fede» con il desiderio di compiere sempre meglio la volontà di Dio. – Beati i misericordiosi - Il riconoscere Maria come madre di misericor-
dia è una tradizione antica ed ininterrotta nella Chiesa. Dante conclude il suo Paradiso mettendo in bocca a S. Bernardo questa preghiera a Maria: «In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate». – Beati i puri di cuore - Maria è la purissima, la tuttasanta, l’immacolata. In lei l’umanità viene ricondotta nella sua iniziale bellezza e innocenza. Maria manifesta la dignità e la vocazione umana pensata da Dio fin dalla creazione. Ciò che Adamo e Eva avrebbero dovuto realizzare ora rifulge in lei in pieno splendore e purezza.
U Gesù predica in Galilea. Miniatura di J. Colombe
– Beati gli operatori di pace - Maria è mediatrice e regina della pace. Il Vaticano II ha affidato a lei «l’intercessione» affinché «tutte le famiglie dei popoli ... in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio» (Lumen Gentium 69). – Beati i perseguitati per causa della giustizia - Maria visse la beatitudine dei perseguitati soffrendo profondamente con Gesù e offrendolo come sacrificio al Padre. È la regina dei martiri, forza e sostegno per chi soffre con e per il suo Figlio. Infine, è Maria stessa che si sente “beata”, ricolma di gioia e inondata dall’amore. Ella canta nel Magnificat: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Maria Ko Ha Fong kohafong.rivista@ausiliatrice.net
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Maria nei secoli Ruperto di Deutz
Sposa del Padre, Madre del Figli o A
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I Come si legge nel Cantico dei Canti e come San Paolo insegna agli Efesini, l’unione tra Cristo e la Chiesa è ben rappresentato nell’amore tra uno sposo e una sposa. © Photoxpress.com
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gloria dunque della Vergine e a nostro conforto, Noi proclamiamo Maria Santissima “Madre della Chiesa” (...) e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancora più onorata ed invocata da tutto il popolo cristiano». Con queste parole, il 21 novembre 1964, concludendo la terza sessione del Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI attribuì alla Madonna il titolo di “Madre della Chiesa”, illustrandone l’opportunità e l’utilità con molti argomenti teologici. Nel discorso, egli citò anche un autore del Medioevo, Ruperto di Deutz, che nel suo Commento al libro dell’Apocalisse, aveva definito la Madonna con le parole latine Portio optima, portio maxima, portio praecipua, portio electissima. Potremmo tradurle: Maria è la creatura più santa e più grande, unica destinataria di una scelta straordinaria di Dio. L’autore di questa lode mariana è, appunto, Ruperto, un monaco benedettino vissuto a cavallo tra i secoli XI e XII. Trascorse la vita religiosa tra Liegi, nell’attuale Belgio, e la Germania. Proprio in un monastero tedesco, a Deutz, divenne abate e scrisse buona parte dei trattati teologici e dei commenti biblici. Come tutti gli autentici teologi, univa la devozione all’Eucaristia e al Papa, ad una squisita venerazione per la Madonna. E di Lei parla spesso nelle sue opere. Una
di esse è un capolavoro: il Commento al Cantico dei Cantici. Due allegorie per il Cantico dei Cantici Questo libro dell’Antico Testamento è, come sappiamo, una raccolta di poesie d’amore tra uno sposo ed una sposa che si cercano e che esaltano la gioia della loro unione affettuosa e tenera, con un linguaggio non privo di delicate venature erotiche. Nulla di ciò che è autenticamente umano è estraneo alla storia della salvezza! Gli scrittori cristiani, sin dal III secolo, hanno commentato volentieri questo testo della Sacra Scrittura, ravvisandone fondamentalmente due significati allegorici. Per il primo di essi, il Cantico dei Cantici descrive l’unione tra la Chiesa e Cristo, che, come Paolo insegna nella lettera agli Efesini, è ben rappresentata nel sacramento del Matrimonio. Per altri autori, soprattutto i grandi mistici come San Bernardo di Chiaravalle o San Giovanni della Croce, la sposa del Cantico è l’anima del credente che aspira ad unirsi totalmente al Signore, amato come uno sposo, per godere della dolcezza della sua presenza e del suo amplesso spirituale. Nella storia della lettura del Cantico spicca Ruperto perché è il primo a proporre una spiegazione mariologica che risulta in continuità con le altre interpretazioni e ne approfondisce il significato. Egli scrive: “La Beata Vergine, la parte migliore del popolo antico, ebbe la gloria di essere la sposa di Dio Padre e di diventare per questo il tipo della novella Chiesa, sposa del Figlio di Dio e suo Figlio”. Se la Chiesa è Sposa del Figlio perché ge-
i o e della Chiesa nera figli di Dio per mezzo del Battesimo, la Madonna è la Sposa del Padre che ha riversato, come uno Sposo, tutta la forza e l’affetto del suo amore verso la Vergine.
T Immagine della “Vergine Santissima di Pozzano”, patrona di Castellammare di Stabia (Napoli), rinvenuta nel sec. XI e conservata nella cripta del santuario omonimo.
La Sacra Scrittura si spiega con la Scrittura Stabilito questo principio esegetico, Ruperto commenta i passi del Cantico dei Cantici offrendo considerazioni poeticamente suggestive e teologicamente convincenti. Per esempio, le parole della sposa del Cantico “Mi baci con il bacio della sua bocca” (Ct 1,1) sono riferite al dialogo tra l’angelo e Maria al momento dell’Annunciazione. «Hai udito e creduto: pregando per te, hai chiesto: “Avvenga di me”; e così è avvenuto di te. Dio Padre ti ha baciata con il bacio della sua bocca. Quale occhio ha mai visto una cosa simile? Nel cuore di quale uomo è mai entrata? Invece a te, o Maria, sono stati rivelati colui che ti ha baciata, il bacio e la bocca del baciante», cioè, allude Ruperto, il Padre, lo Spirito e il Figlio che si incarna. Ruperto di Deutz, come tutti i rappresentanti della teologia monastica del Medioevo, aveva appreso dai Padri della Chiesa una regola d’interpretazione biblica: la Scrittura si spiega con la Scrittura. Essi sono capaci di associare tanti passi della Bibbia e scoprire la meravigliosa unità che collega i libri ispirati. Nel nostro caso, il versetto del Cantico che recita: “Ricordando le tue mammelle, i giusti ti amano più del vino” (Ct 1,4), è connesso all’esclamazione che si leva dalla folla, come racconta il Vangelo di Luca: “Beato il ventre che ti ha portato, o Cristo, e beate le
mammelle che hai succhiato”. Spiega Ruperto: “Quantunque nel termine «mammelle» si possa correttamente individuare un significato mistico, tuttavia questo fatto sarà per tutti motivo di amore verso di te, perché colui che pasce gli angeli con la dolcezza della sua visione, ha succhiato le tue mammelle, o Vergine felice. Memori di questo evento, i giusti ti amano più del vino, vale a dire più di tutto quello che in questo mondo appare dolce e giocondo”. Sposa del Padre, Maria è Madre del Figlio incarnato e della Chiesa, nata presso la Croce. È questo un altro denso concetto teologico che trova riscontro in un’altra opera biblica di Ruperto, il suo Commento al Vangelo di Giovanni. Ella ha sofferto le doglie di un parto spirituale, quando, nel dolore e nella tristezza, ha assistito Gesù sulla Croce. Ed ecco la conclusione ricavata dal nostro autore: “Nella passione del suo Unigenito ha partorito la salvezza di tutti noi, certamente ella è la madre di noi tutti”. Si spiega così quel consolante titolo “Madre della Chiesa” proclamato da Papa Paolo VI, sulla scorta della teologia mariana così ben esposta da Ruperto di Deutz. Roberto Spataro spataro.rivista@ausiliatrice.net
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Il Papa ci parla
Care nonne e cari nonni... C’è crisi nella famiglia e nella società, ma nonne e nonni possono essere una valida risposta alle crisi: «con la loro maggiore robustezza di valori e di progetti». È questo il parere di Papa Benedetto XVI. (I testi del Papa dal suo Discorso del 5 aprile 2008).
I Particolare della pala di Tommaso Lorenzone, nella chiesa della Casa-madre delle Suore di Sant ’Anna, a Torino. Vi sono raffigurati Gioacchino ed Anna, genitori di Maria.
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hi non ricorda i suoi nonni? Chi può dimenticare la loro presenza e la loro testimonianza nel focolare domestico? Quanti tra noi ne portano il nome, in segno di continuità e di riconoscenza... Essi per noi si sono donati, si sono sacrificati, in certi casi si sono anche immolati... È consuetudine nelle famiglie, dopo la loro dipartita, ricordarne l’anniversario con la celebrazione della Messa in loro suffragio, e se possibile con una visita al cimitero... Questi e altri gesti di amore e di fede sono la manifestazione della nostra gratitudine nei loro confronti...”. Sono parole calde e affettuose di Benedetto XVI, pronunciate in un convegno sulla famiglia cristiana. Un intero discorso dedicato dal Papa al tema piuttosto insolito. “I nonni – ha precisato – sono un tesoro che non possiamo strappare alle nuove generazioni, soprattutto quando danno testimonianza di fede”.
Il ruolo dei nonni nella Chiesa Ha ricordato Benedetto XVI: “Pensando ai nonni, alla loro testimonianza di amore e di fedeltà alla vita, vengono in mente le figure bibliche di Abramo e Sara, di Elisabetta e Zaccaria, di Gioacchino e Anna, come pure gli anziani Simeone e Anna, o anche Nicodemo: tutti costoro ci ricordano come in ogni età il Signore chiede a ciascuno l’apporto dei propri talenti”. Quanto alla Chiesa: “ha sempre avuto nei riguardi dei nonni un’attenzione
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particolare, riconoscendo loro una grande ricchezza sotto il profilo umano e sociale, come pure sotto quello religioso e spirituale”. Quindi il Papa ha gettato sul ruolo dei nonni “uno sguardo capace di comprendere il passato, il presente e il futuro”. E con lui “analizziamo brevemente questi tre momenti”. Sguardo sul passato dei nonni Con una premessa. Se torniamo indietro fino al passato remoto, i paleoantropologi ci spiegano che al tempo dei Neanderthal i nonni, come categoria sociale, non esistevano. Non c’erano perché la vita umana, allora, era troppo breve: si moriva prima di diventare nonni. Secondo questi studiosi i nonni apparvero circa 40.000 anni fa. Allora l’Uomo di Neanderthal venne sostituito, anche sulla nostra penisola, dall’Homo Sapiens. Questo, più evoluto, seppe darsi condizioni di esistenza migliori, e divenne più longevo. Si ebbero genitori arzilli, in grado di aiutare i figli a mettere al mondo i loro figli. Nonne, nonni e nipoti, sarebbero cominciati così. Di fatto quei nipotini furono privilegiati: accuditi meglio, crebbero più «educati», più sani, vispi e capaci. Il Papa nel suo discorso non è risalito fino al passato remoto, si è fermato al passato prossimo. A quando i nonni hanno cominciato a far bene la loro parte. Intanto nelle famiglie spuntavano anche i pronipoti... Ha riconosciuto il Papa: “In passato i nonni avevano un ruolo impor-
tante nella vita e nella crescita della famiglia. Anche quando l’età avanzava, essi continuavano a essere presenti con i loro figli, con i nipoti e magari i pronipoti, dando viva testimonianza di premura, di sacrificio, e di un quotidiano donarsi senza riserve. Erano testimoni di una storia personale e comunitaria, che continuava a vivere nei loro ricordi e nella loro saggezza”. I nonni oggi Fino a mezzo secolo fa i nonni erano pochi, contavano poco, e non duravano molto. Erano marginali, di contorno. Oggi le schiere dei nonni sono sempre più folte, e molti diventano bisnonni. Contribuiscono alla stabilità degli affetti familiari, e sovente anche sul piano economico. Si sentono realizzati: “Essere nonno – ha scritto Anselmo Bucci – vuol dire arrivare alla terza edizione, riveduta e corretta, della propria autobiografia”. Trovano la piena accettazione dei più interessati, i nipoti: “Ogni generazione – ha osservato il sociologo Lewis Mumferd – si ribella contro i padri, e fa amicizia con i nonni”. Ma il Papa ha ricordato: “Oggi l’evoluzione economica e sociale ha portato profonde trasformazioni nella vita delle famiglie”. E ha indicato anche due trasformazioni negative e pericolose. – «Gli anziani, tra cui molti nonni, si sono trovati in una sorta di “zona di parcheggio”: alcuni si accorgono di essere un peso in famiglia, e preferiscono vivere soli o in case di riposo, con tutte le conseguenze che queste scelte comportano». – «Altra trasformazione, peggiore: da più parti sembra purtroppo avanzare la “cultura della morte”, che insidia anche la stagione della terza età. Con crescente insistenza si giunge persino a proporre l’eutanasia, come soluzione per risolvere certe situazioni difficili...».
E i nonni di domani? Avremo nonni sempre più numerosi, ed efficienti. Sempre più scrigni di esperienza, esperti in umanità. Vivranno più a lungo. Il loro influsso sulle future generazioni crescerà. Il Papa si è interrogato: “Di fronte alla crisi della famiglia, non si potrebbe forse ripartire proprio dalla presenza e dalla testimonianza di coloro – i nonni – che hanno una maggiore robustezza di valori e di progetti?”. Ha quindi indicato la necessità di puntare su di loro: “Se i nonni, come spesso e da più parti si dice, costituiscono una preziosa risorsa, occorre mettere in atto scelte coerenti, che permettano di valorizzarli al meglio”. Perciò il suo principio: “Mai, per nessuna ragione, i nonni siano esclusi dall’ambito familiare”. Infine il Papa ha formulato l’augurio, o programma: “Ritornino i nonni a essere presenza viva nella famiglia, nella Chiesa e nella società... Continuino a essere testimoni di unità, di valori fondati sulla fedeltà a un unico amore, che genera la fede e la gioia di vivere”. Enzo Bianco bianco.rivista@ausiliatrice.net
U Papa Benedetto XVI si augura che “Mai, per nessuna ragione, i nonni siano esclusi dall’àmbito familiare... Ritornino i nonni a essere presenza viva nella famiglia, nella Chiesa e nella società”. © Photoxpress.com
Preghiera con i nonni di Gesù Dio dei nostri Padri, ai santi Gioacchino e Anna hai dato il privilegio di avere come figlia Maria, madre del Signore Gesù. Per loro intercessione concedi ai tuoi fedeli di godere i beni della salvezza eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna nei secoli eterni. Amen. (Dalla Liturgia del 26 luglio).
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Un tempo per accorgersi
Il Don Bosco poeta di Dio Don Bosco cercava di sviluppare nei suoi ragazzi il sentimento del bello, del naturale, dell’estetico e lo faceva con poetici ritratti della natura. Raccontava ai suoi ragazzi che, quando saliva in camera a notte tarda, dopo un’intensa giornata di lavoro: «Giunto sul balcone mi fermava a contemplare gli spazi interminabili del firmamento, mi orizzontava coll’Orsa Maggiore, fissava lo sguardo nella luna, poi nei pianeti, poi nelle stelle. L’universo mi appariva un’opera così grande, così divina... che non potevo reggere a quello spettacolo». (Memorie Biografiche, IV, 202).
Y Dio conosce solo una parola: “gratis”.
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reoccupato del senso della vita e dell’ultimo giorno, e soprattutto del Giudizio Finale a cui prima o poi certamente sarebbe andato incontro, un uomo fece un sogno. Dopo la morte, si avvicinò titubante alla grande porta della casa di Dio. Bussò e un angelo sorridente venne ad aprire. Lo fece accomodare nella sala d’aspetto del Paradiso. L’ambiente era molto severo. Aveva il vago aspetto di un’aula di tribunale. L’uomo aspettava, sempre più intimorito. L’angelo tornò dopo un po’ con un foglio in mano su cui, in alto, campeggiava la parola “conto”. L’uomo lo prese e lesse: «Luce del sole e stormire delle fronde, neve e vento, volo degli uccelli e erba. Per l’aria che abbiamo respirato e lo sguardo alle stelle, le sere e le notti...». La lista era lunghissima. « ... il sorriso dei bambini, gli occhi delle ragazze, l’acqua fresca, le mani e
i piedi, il rosso dei pomodori, le carezze, la sabbia delle spiagge, la prima parola del tuo bambino, una merenda in riva ad un lago di montagna, il bacio di un nipotino, le onde del mare...». Man mano che proseguiva nella lettura, l’uomo era sempre più preoccupato. Quale sarebbe stato il totale? Come e con che cosa avrebbe mai potuto pagare tutte quelle cose che aveva avuto? Mentre leggeva con il batticuore, arrivò Dio. Gli batté una mano sulla spalla. «Ho offerto io», disse ridendo, «fino alla fine del mondo. È stato un vero piacere!». Dio conosce solo la parola “gratis”. Bruno Ferrero redazione.rivista@ausiliatrice.net
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Il poster
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a all’uomo del terzo millennio, naufrago delle grandi ideologie onnicomprensive che avevano promesso una salvezza universale e totale, deluso da parte della tecnologia che sembrava assicurargli un’esistenza “soft” senza quella insostenibile leggerezza dell’esistere, può ancora dire qualcosa di buono il ricordo del Sacro Cuore? Abbiamo ancora bisogno di questo simbolo religioso, altamente significante e intrigante, che è il Cuore di Gesù? Per la verità il capitolo di questa devozione ha conosciuto un periodo di crisi che ormai sembrava superato. Nel passato era stata vista come una pratica religiosa sdolcinata, per bigotte e bigotti, gente malata di devozionalismo. Invece oggi è proposta e vista come una devozione per anime forti, coraggiose e decise, che prendono sul serio il messaggio di Dio. San Paolo che aveva sondato in profondità il mistero del Cristo aveva affermato: “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). E su questo “pensiero forte” aveva fondato e vissuto la vita con tutte le sofferenze e poi affrontato anche il martirio. Allora contemplare il Cuore di Cristo è riflettere, meravigliarsi, ammirare, lasciarsi inondare da questo amore infinitamente serio per ciascuno di noi. Ecco il merito principale di questa devozione tornata ad essere proposta in ambito ecclesiale: confrontarsi con la serietà dell’amore di Cristo per noi. Qualcuno ha detto che se è difficile amare seriamente, è ancora più difficile lasciarsi amare... come nel caso di Dio che ci ha amati per primo. Gesù stesso ha detto una volta alla Beata Angela da Fo-
ligno (durante una sua meditazione sulla Passione): “Non ti ho amata per scherzo... Io per te fui crocifisso, ebbi fame e sete e per te sparsi il mio sangue, tanto ti ho amata”. Sì perché l’Amore vuole e deve essere riamato da noi.
Ti ho amato con tutto il Cuore... Il Cuore di Cristo, simbolo visibile di questo suo amore per ciascuno di noi, “è la misura obiettiva della verità dell’amore” (C. M. Martini). E costringe ciascuno di noi a verificare la consistenza e profondità del nostro amore quotidiano, se è ancorato, strutturato e rivissuto nell’amore di Cristo e nella sua modalità di donazione, o se invece è fondato su mode fluttuanti e pulsioni occasionali, su sentimentalismi contingenti e percezioni passeggere. È urgente per tutti la verifica non solo della verità della nostra fede ma anche del nostro amore a Dio e al prossimo. E ci accorgeremo che credere in Dio comporta amarlo e servirlo nel prossimo. Contemplare il Cuore di Cristo e l’amore per noi che rappresenta, significa sforzarsi di vivere le nostre piccole storie quotidiane come un dovere d’amore. Il Cuore di Gesù trafitto è il simbolo potente di questo innamoramento fino alla “follia della Croce” del Creatore per la sua creatura. Se l’amore è il “dono supremo”, se è il “carisma più importante” (San Paolo), il ricordo del Sacro Cuore per noi può costituire un potente richiamo a dare più consistenza alle nostre scelte quotidiane, immettendo in esse quel supplemento di amore necessario. Mario Scudu
“Il Cuore di Cristo Crocifisso è come un osservatorio da cui guardare tutta la storia per ritessere rapporti di amore assolutamente veri, capaci di attraversare la sanguinosa vicenda umana. Cristo, morto per l’uomo, è misura obiettiva della verità dell’amore. Una misura sempre presente perché Egli è vivente, risorto e vivo, presente come perenne istanza a cui l’uomo può fiduciosamente rivolgersi, per trascendersi e riportarsi all’autentico cioè a Dio... Card. Carlo Maria Martini
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RIVISTA MARIA AUSILIATRICE - nยบ 6 - 2010
Accoglimi tra le tue braccia
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San Giuseppe Freinademetz, nato nel 1852 entrò nella Congregazione del Verbo Divino e partì per la Cina. Nello Shan-tung, per quasi 30 anni, lavorò come missionario. Fu perseguitato dalla società segreta xenofoba dei Boxers, che uccisero centinaia di missionari e di cinesi convertiti. Riuscito a fuggire, morì di tifo nel 1909. Fu canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2003.
acro Cuore di Gesù, ti lodo e ti amo con tutto il cuore... Io amo solo te, sacratissimo Cuore di Gesù... Sono povero e misero, ma quando possiedo il tuo santo e amabile Cuore, allora sono ricco... Quando ingiustizia e pericolo mi assalgono, mi affido al sacratissimo Cuore di Gesù. Quando i nemici incalzano, essi non possono farmi del male. Subito mi rifugio in te, delizia dell’anima mia. Spesso sono stato confuso. Nelle mie necessità stammi accanto, sacro Cuore di Gesù. Tu sei il maestro, io il discepolo. Fammi ascoltare con cuore sincero e aperto le tue parole. Desidero portare ogni fatica, ogni croce fino alla fine della mia vita per amor tuo, sacratissimo Cuore di Gesù. Quando, nell’ora della mia morte, il corpo e l’anima vengono meno, prendimi tu tra le tue braccia. Nel giudizio sii misericordioso con me. Non mi respingere, sacratissimo Cuore di Gesù. San Giuseppe Freinademetz missionario in Cina
T Il Padre, rappresentato dal suo ministro, ti accoglie sempre a braccia aperte.
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Photogallery
Valdocco in festa 24 maggio 2010
FOTOSERVIZIO DI Renzo Bussio e Mario Notario
Anche quest’anno, la solenne processione in onore di Maria Ausiliatrice ha richiamato migliaia di persone a Valdocco e nelle vie adiacenti. A loro, si sono aggiunti il Rettor Maggiore don Pascual Chávez Villanueva e gli oltre 90 Vescovi e Cardinali Salesiani, provenienti da tutto il mondo per confrontarsi sulle sfide e sui cammini di fede per una nuova evangelizzazione dei giovani (ne parliamo alle pagine 22 e 23). In queste pagine Vi proponiamo alcuni “scatti” della processione, certi che le immagini esprimono più delle parole l’affetto all’Ausiliatrice, la gioia e la festa di quei momenti.
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Il gruppo dell’ADMA e alcuni Salesiani concelebranti, si riconoscono: il card. Oscar R. Maradiaga, il Rettor Maggiore don Pascual Chávez, il card. Raffaele Farina, il vicario del Rettor Maggiore don Adriano Bregolin e l’Ispettore del Piemonte e Valle d'Aosta, don Stefano Martoglio. Alcune delle tante famiglie in processione e ragazzi in preghiera. Il carro con la statua di Maria Ausiliatrice, a chiusura della processione. Gruppo di pellegrini guidati da don Franco Assom, vice Rettore della Basilica.
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tocronaca Un’ampia fo l sito: è su della festa rino.it
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Il card. Joseph Zen, già vescovo di Hong Kong, prega per la Cina, accanto a lui il card. Poletto, il Rettor Maggiore e il Rettore della Basilica don Franco Lotto. A sinistra, il card. Severino Poletto, arcivescovo di Torino, saluta un’ammalata. Il Consiglio generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice con la Madre Generale Suor Yvonne Reungoat. Don Stefano Colombo, Economo ispettoriale accoglie un gruppo di pellegrini.
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Avvenimenti
La nostra vita con i giovan i Valdocco: il Rettor Maggiore e oltre 90 Vescovi salesia n
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n avvenimento molto importante per la Famiglia Salesiana si è svolto presso il nostro Santuario a Valdocco, nei giorni a cavallo della solennità di Maria Ausiliatrice. Da venerdì 21 a martedì 25 maggio, infatti, il Rettor Maggiore don Pascual Chá-
U Al Colle Don Bosco, domenica 23 maggio, il Rettor Maggiore e il Segretario di Stato card. Tarcisio Bertone firmano la lettera a Papa Benedetto XVI, nella quale gli esprimono la “vicinanza in quest’ora difficile della Chiesa” e l’impegno ad “essere apostoli dei giovani”. © ANS Image Bank
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vez Villanueva e oltre 90 dei 119 Vescovi e Cardinali Salesiani sono arrivati da tutti i continenti per riflettere su “Carisma salesiano e ministero episcopale. Sfide e cammini di fede per una nuova evangelizzazione dei giovani di oggi”. Non solo: hanno venerato la Sindone, esposta in quei giorni nel Duomo cittadino, e hanno inviato una lettera al Papa per esprimergli “la nostra vicinanza in quest’ora difficile della Chiesa”. A rafforzare il legame tra i Salesiani e la diocesi di Torino, l’Arcivescovo Card. Severino Poletto ha concelebrato ed è intervenuto ad alcune iniziative. Per don Chávez, “l’incontro ha degli antecedenti, ma non di questa portata” e si aggiunge alle molte ricor-
renze di questo periodo: il 150º anniversario della fondazione della Congregazione, il centenario della morte di Don Rua, il 125º anniversario della consacrazione del primo vescovo salesiano, mons. Giovanni Cagliero, e in futuro il bicentenario della nascita di Don Bosco. Nell’omelia in Duomo, don Chávez ha detto che “la venerazione della Sindone ci porta al nucleo stesso del Mistero Pasquale: nella morte di Gesù troviamo la rivelazione definitiva di un Dio che è Amore (1Gv 4,8.16)... Nella morte di Gesù, di cui la Sindone è testimone silente, incontriamo la passione di un Dio appassionato per noi... Don Bosco visse in pienezza la passione dell’amore di Dio per i suoi ragazzi, soprattutto i più poveri, cercando di realizzare la Volontà di Dio in tutta la sua radicalità, e accettando i dolori e le sofferenze (non solo fisiche), come conseguenza della sua”. Non a caso, l’educazione dei giovani è stata al centro del saluto del Rettor Maggiore ai confratelli Vescovi. Anche perché è stata “lanciata una campagna contro il Papa e la Chiesa, suscitando confusione, indignazione e scoraggiamento. Si tratta di una questione molto dolorosa che vede coinvolta anche la vita consacrata in alcuni dei suoi membri”. Per questo, il Rettor Maggiore e i Vescovi e Cardinali Salesiani hanno firmato una lettera al Papa, sottoscritta anche dal Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone, durante la Messa concelebrata a Colle Don Bosco, domenica 23 maggio. Il motivo principale della lettera “è quello di esprimere a Vostra Santità, l’affetto,
n i e con il Papa a ni la vicinanza, la piena disponibilità che Don Bosco ci ha insegnato a vivere, fin dai primi tempi della sua esperienza carismatica, nei confronti del Santo Padre e di tutta la Chiesa”. E per assicurargli la loro “preoccupazione per i giovani di oggi, che spesso appaiono come «pecore senza pastore», i Salesiani hanno rinnovato l’impegno a far propria, come indicato dallo stesso Pontefice, l’emergenza educativa»... Vogliamo essere apostoli dei giovani”. L’attenzione ai giovani è stata ribadita dal Cardinale Bertone, nella sua omelia a Colle Don Bosco. Rivolgendosi in particolare ai confratelli Vescovi e Cardinali, ha osservato che tutta la vita di Don Bosco “è stata spesa fino in fondo, «fino all’ultimo respiro», per il bene dei suoi giovani, in un servizio continuo e fedele al Santo Padre e alla Chiesa. Sulla scia del suo luminoso esempio, seguito da tanti Vescovi, Sacerdoti e laici santi, disponiamoci anche noi, al soffio dello Spirito Santo, a
fare dono alla Chiesa della nostra santità personale, prima ancora che del nostro servizio ministeriale. Quando con orgoglio cantiamo “Don Bosco ritorna...” quel santo sacerdote, quel padre spirituale dei giovani, quell’apostolo appassionato, quell’esempio di fedeltà a tutta prova alla Chiesa e al Papa, dobbiamo essere noi”. Lorenzo Bortolin bortolin.rivista@ausiliatrice.net
U Quest’anno, alla processione, hanno partecipato anche oltre 90 dei 119 Vescovi e Cardinali Salesiani, arrivati da tutti i continenti. Foto Mario Notario
I Gli oltre 90 Vescovi e Cardinali Salesiani, al termine dell’incontro, nel cortile di Valdocco. Foto Anailug
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Attualità
Un pomeriggio s p Ricordi, musica e immagini dell’incontro dei Giovani con il Y Il pontefice, con accanto il card. Severino Poletto, arcivescovo di Torino, saluta le migliaia di giovani riuniti nella storica Piazza San Carlo. © Ufficio Stampa Sindone
U Alcuni momenti dell’incontro dei giovani con Papa Benedetto XVI, recatosi a Torino lo scorso 2 maggio, per venerare la Sindone. Qui, il “Grande Coro Hope” formato da oltre 270 tra ragazzi e ragazze. Foto Maurizio Versaci
Y L’incontro tra il Papa e i giovani è stata un’esperienza di grande coinvolgimento, come ha testimoniato il continuo sventolio di fazzoletti e striscioni. Foto Maurizio Versaci
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ravamo tutti lì nel tuo abbraccio spalancato a chiodi, sì”. È l’inizio dell’inno “Santo Volto dei Volti” composto in occasione dell’incontro dei Giovani con il Papa a Torino e che lo scorso 2 maggio è risuonato più volte in un’affollata piazza San Carlo.
Oltre 20 mila giovani, nel pomeriggio della visita del Santo Padre Benedetto XVI durante l’Ostensione della Sindone, sono accorsi nella centralissima piazza torinese, accogliendo l’invito a partecipare all’incontro con il Pontefice per ascoltare le sue parole e vivere insieme una piccola giornata della gioventù. Musica, canzoni, ma anche riflessioni, silenzi e un profondo ascolto hanno caratterizzato questo speciale pomeriggio che i molti giovani provenienti da tutte le diocesi piemontesi non dimenticheranno facilmente. Un grande coro formato da 270 elementi ha animato il momento precedente all’arrivo del Santo Padre e ha ac-
compagnato l’incontro con Benedetto XVI, un’esperienza anch’essa di grande coinvolgimento e di intensa condivisione. I molti brani musicali eseguiti durante il pomeriggio hanno per così dire preparato i tanti giovani presenti, all’ascolto delle parole del Papa il quale ha esortato in più occasioni ciascuno dei presenti a sentirsi “parte viva” della Chiesa coinvolto nell’opera di evangelizzazione, senza paura, in uno spirito di sincera armonia con i fratelli nella fede e in comunione con i Pastori, uscendo da una tendenza individualista anche nel vivere la fede, per respirare a pieni polmoni la bellezza di far parte del grande mosaico della Chiesa di Cristo. E ritornando alle proprie case i giovani hanno cominciato a scambiarsi impressioni, sensazioni e commenti
s peciale n il Papa a Torino
sulla giornata vissuta: come E. del “Grande Coro Hope” che ha voluto così esprimere il suo stato d’animo dopo la partecipazione alla giornata: “GraSu www.ausiliatrice.net nella sezione approfondimenti potete leggere “Benedetto XVI di fronte alla Sindone: una lettura nuova”, di Pier Giuseppe Accornero.
zie – ha detto – per questa esperienza che ho potuto vivere. Grazie perché è stato bello cantare nel cuore della nostra città la nostra fede in Dio. Abbiamo bisogno di nuova linfa, di un nuovo entusiasmo... Spesso è difficile essere buoni testimoni, spesso mi devo confrontare e discutere con chi il valore della fede non lo conosce o lo rifiuta. C’è bisogno di musica che raggiunga i gusti dei giovani, ma che abbia un testo che sa parlare al cuore, all’anima”. O come G. e F. che hanno così commentato: “Grazie di cuore per averci donato questa unica e splendida esperienza di preghiera. Il sogno di Tor Vergata ci è riapparso nel cuore!”. O ancora I.: “L’incontro di ieri 2 maggio 2010 è stata un’esperienza semplicemente meravigliosa ed emozionante! Vedere ed ascoltare da vicino il Papa, successore di Pietro, mi ha profondamente commossa! Ieri la musica si è fatta davvero preghiera e mezzo portentoso per unire i tanti pezzetti di quel mosaico che è la Chiesa!”. Le parole del Papa hanno suscitato grande apprezzamento e hanno dato risposte certe ai dubbi manifestati dai giovani rappresentati da Isabella e Vincenzo che nel saluto introduttivo hanno voluto esprimere la loro vicinanza al Pontefice. Benedetto XVI nel suo intervento ha scelto inoltre di prendere come modello il Beato Pier Giorgio Frassati incoraggiando i giovani a seguire l’esempio del giovane torinese avendo “il coraggio di scegliere ciò che è essenziale nella vita” e, dando appuntamento alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid nel 2011, li ha salutati con una famosa frase del giovane Beato torinese esortandoli a “vivere e non vivacchiare”. Maurizio Versaci
Santo Volto dei volti (© 2010) Testo di Marco Brusati Musica di Massimo Versaci
Eravamo tutti lì nel tuo abbraccio spalancato a chiodi, sì. Eravamo lì noi, quel venerdì: nel più flebile respiro e nel grido dell’addio: “Lemà sabactanì”! Eravamo insieme a te nella pietra che ti chiuse dentro sé che via rotola e in eredità da quell’alba in poi la vita ha l’energia dell’eternità. Alleluiah! Mani si aprono cercando luce per le nostre città. Alleluiah! Cuori cantano: nei milioni di sguardi Santo volto dei volti Tu sei! Ora vivi insieme a noi e ci guardi dentro gli occhi di chi ormai più non ce la fa oppure che non sa che per te, per noi la vita ha l’energia dell’eternità. Alleluiah! Mani si aprono cercando luce per le nostre città. Alleluiah! Cuori cantano: nei milioni di sguardi Santo volto dei volti Tu sei! Ed ogni vita che è per te, con te e in te si apre al mondo mentre si libera trova il tuo volto e in ogni volto ora i tuoi occhi vedrà. Alleluiah! Mani si aprono cercando luce per le nostre città. Alleluiah! Cuori cantano: nei milioni di sguardi Santo volto dei volti Tu sei!
versaci.rivista@ausiliatrice.net
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La pagina dell’ADMA
Messaggio della Madre Gener a Per il VI Pellegrinaggio Regionale dell’ADMA della Sicilia al Santuario “Madon na ADMA news Per informazioni complete e aggiornate sull’ADMA nel mondo consultate il sito: www.donbosco-torino.it adma-on-line
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n testo molto ricco che pone in luce la dimensione mariana del carisma dei Santi Fondatori e insieme l’impegno della Famiglia Salesiana ad essere segno concreto della sollecitudine materna di Maria verso le necessità materiali e spirituali delle persone, soprattutto nell’ora della prova. $
Carissimi partecipanti al Pellegrinaggio Mariano Annuale nel Santuario della “Madonna delle Lacrime” di Siracusa, vi scrivo dal Madagascar. Dalle notizie che ho ricevuto mi complimento per la vostra numerosa presenza e in particolare per i molti giovani che insieme a tutti voi renderanno il loro omaggio a Maria. Con piacere invio a tutti voi il mio saluto e un breve messaggio in questa circostanza così importante e significativa. La Y Sicilia: 6º pellegrinaggio regionale mariano nella Basilica Santuario della Madonna delle lacrime di Siracusa. Dai Centri ADMA di Adrano, Barcellona, Calatabiano, Caltagirone, Capaci, Catania, Floridia, Gela, Lercara Friddi, Marsala, Messina, Modica, Pozzallo, Palagonia, Palermo, Siracusa e Taormina sono giunti in 1200. Hanno partecipato anche 130 giovani provenienti dai vari CGS di Sicilia: Palermo, Messina, Catania, San Gregorio, Pedara, San Cataldo e Biancavilla.
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coincidenza del vostro Pellegrinaggio con cui Don Bosco diede vita all’Associazione in onore di Maria Ausiliatrice (18 aprile1869) rende ancora più gioioso questo momento. Maria, che nella vostra bella Isola onorate con il titolo di “Madonnina delle Lacrime”, è esperienza fondamentale nella vita dei nostri Fondatori. Lei è stata la Maestra donata da Don Bosco nel sogno dei nove anni e con Lei, Madre e Guida, ha donato tutto se stesso per la felicità dei giovani fino a l’ultimo respiro. Madre Mazzarello ha guardato e pregato Maria, fin da piccola, come Immacolata Ausiliatrice. La vita della nostra Fondatrice si è svolta “sotto lo sguardo di Maria”. La sua è tutta una storia di affidamento a Dio per le mani di Maria. È Maria che vi riunisce oggi come Famiglia Salesiana ed è presente per in-
r ale delle F.M.A., Sr. Yvonne on na delle Lacrime” di Siracusa (18 aprile).
fondervi quell’amore a Dio che diventa poi testimonianza presso quanti incontrate ogni giorno. Lei partecipa alle gioie e alle sofferenze del mondo intero, soprattutto in quest’ora così difficile per l’umanità. Le Sue lacrime si fondono con le nostre e ci invitano a guardare in alto per trovare motivi di speranza e di fiducia verso il futuro. Maria ci insegna che nessuna sofferenza è priva di senso. L’augurio che vi lascio è che possiate guardare la realtà con gli occhi stessi di Maria così da scegliere i segni dell’amore di Dio nella vostra vita e nelle situazioni concrete della vita quotidiana. Vi auguro un’esperienza ricca di spiritualità mariana. Saremo così, insieme, adulti significativi specialmente nei confronti dei giovani che sono il nostro presente e il nostro futuro. In comunione con tutti voi. Sr. Yvonne Reungoat, Figlia di Maria Ausiliatrice
U Il gruppo ADMA di Cordoba (Argentina).
A cura di Pier Luigi Cameroni pcameroni@salesiani.it
T A sinistra: L’ADMA giovanile della Bolivia e, a destra, il banchetto d’informazione dell’ADMA primaria.
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Appuntamenti mariani
Lacrime di sangue che porta n 2 giugno 1511 - Nostra Signora delle Lacrime, a Ponte No s
CSDM online Consultate l’archivio on-line del Centro di documentazione. Troverete anche nuove informazioni ed approfondimenti. www.donbosco-torino.it Questo mese: storia dei Papi della seconda metà del VI secolo.
I Il santuario di Nostra Signora delle Lacrime, a Ponte Nossa (Bergamo) è sorto sul luogo dove il 2 giugno 1511 è avvenuta la lacrimazione miracolosa. Parrocchia Santa Maria Annunciata P.za Santuario, 25 24028 Ponte Nossa (BG) Tel. 035.704271
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onte Nossa è un comune di circa duemila abitanti, situato sulla destra del fiume Serio, a circa 27 km da Bergamo. Il nome proviene certamente dalla presenza di un ponte sul torrente Nossa, che termina il percorso sfociando nel Serio, proprio all’interno del paese. La valle percorsa da questo corso d’acqua, è ricca di giacimenti di zinco, a lungo sfruttati da miniere, oramai in disuso. Nel paese si trova la chiesa parrocchiale dell’Annunciazione di Maria, edificata nel 1462 ed in seguito ristrutturata, luogo di pellegrinaggio ed oggetto di grande venerazione popolare, in seguito al miracolo della lacrimazione della Madonna, avvenuta il 2 giugno 1511. L’avvenimento è documentato da un atto notarile del tempo. Sulla parete della chiesa di S. Maria in Campolungo, accanto alla porta d’ingresso e poco elevata da terra, è dipinta fin dal 1400 la Crocifissione di Gesù. Presso la croce di Cristo morente, Maria, con le mani incrociate sul petto, ritta come una statua, rivolge lo sguar-
do non al Figlio, ma al fedele che la contempla. Alla sinistra del Cristo, S. Giovanni è in preghiera con le mani giunte. Un atto notarile con le testimonianze Nel pomeriggio del 2 giugno 1511, alcune fanciulle pascolano il loro gregge presso la cappella, chiamata dei Sette Fratelli Martiri, intrattenendosi in giochi. Ad un certo momento, una di loro solleva gli occhi verso l’immagine e vede che il volto della Madonna cambia colore, da pallido a rubicondo e quasi nerastro. Osservando più attentamente, nota che le pupille della Vergine si aprono e si chiudono e che dall’occhio sinistro esce sangue in abbondanza. Poiché l’immagine non è molto alta, la ragazza si avvicina, e con il grembiule terge quelle lacrime sanguigne, anche per assicurarsi se siano reali o soltanto apparenti; il grembiule ne rimane macchiato. Piena di meraviglia, lei rimane estasiata ed ecco una voce soave le dice: «Ai primi che passeranno da questa via, farai osservare questa mia Apparizione, e dirai che te l’ha detto la Beata Vergine, la quale ordina che qui sia fabbricata una chiesa a suo onore, dove farà molte grazie». All’incertezza della ragazza che chiede «Mi crederanno?», la voce risponde «Mostra il grembiule tinto di lacrime»! La lacrimazione continua a lungo, così che i passanti ne sono testimoni. La gente accorre per constatare di persona il prodigio. Tra i tanti, giunge anche un uomo a cavallo, in lacrime, te-
a no concordia o ssa (Bergamo)
di, della devozione degli abitanti della Valle Seriana è quello di superare i passati rancori e le lotte intestine. Come segno di pace e concordia, i ruderi di antichi palazzi e di torri minacciose sono usati per iniziare la costruzione del nuovo Santuario. Purtroppo, le difficoltà dei tempi e la povertà della popolazione rallentano i lavori e la nuova chiesa può essere inaugurata soltanto verso il 1569. La devozione popolare per la Madonna delle lacrime però non si è mai affievolita ed ancora oggi è cara alla gente del Bergamasco che la vive con simpatiche tradizioni. Durante il mese di aprile si abbatte un abete, preso dai boschi circostanti, lo si addobba e viene benedetto. Il 1º maggio è portato a braccio sulla cima del Pizzo Guazza e lo si pone a fianco della statua della Madonna. La sera del 1º giugno è bruciato, mentre il paese si prepara alla festa per “l’Apparizione della Madonna delle Lacrime”, tra canti, balli e spettacoli pirotecnici. Mario Morra morra.rivista@ausiliatrice.net
nendo le briglie tutto tremante, mentre il cavallo, indocile al freno, sta per scappare a rompicollo. Gli astanti lo fermano, aiutano il cavaliere a scendere e lo conducono davanti alla sacra immagine. I documenti riferiscono che quell’uomo, incredulo, diventa improvvisamente cieco, ma pentitosi riacquista la vista. Le testimonianze oculari dei fedeli sono redatte in un documento da pubblico notaio e presentate dal parroco don Gerolamo Donati al Vicario generale del Vescovo di Bergamo.
T L’immagine miracolosa, dipinta nel Quattrocento: la Madonna, ai piedi della Croce, guarda non il Figlio, ma San Giovanni.
I L’interno del santuario. Tra le tradizioni popolari della Valle Seriana in onore della Madonna delle Lacrime, c’è quella di tagliare un abete, benedirlo e portarlo a braccio sulla cima del Pizzo Guazza.
Una devozione mai affievolita Le lacrime della Madonna sono interpretate dai fedeli come segno del dolore di una mamma per le discordie dei propri figli. Primo risultato, quin-
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Novità Elledici
Nuova guida ai rapporti familiari I
l tempo del fidanzamento, la scelta della casa, il rapporto con le rispettive famiglie, i primi anni di matrimonio, il rapporto con i figli piccoli e adolescenti, la condizione di genitore single, la sindrome da “nido vuoto” quando i figli adulti se ne vanno, le incognite conseguenti alla scelta del divorzio, ma anche la gestione dei conflitti e dei piccoligrandi problemi che possono sgretolare il legame di una coppia, dalle incomprensioni al troppo tempo trascorso su Internet, sul lavoro o fuori casa, dall’abuso di sostanze alle intemperanze fisiche e verbali... L’Editrice Elledici manda oggi in libreria una nuova guida completa e maneggevole, Famiglie felici. Guida ai rapporti familiari (pp. 392, € 19,00), nella quale il consulente familiare americano Gary Chapman, in collaborazione con l’autore freelance Randy Southern, approfondisce le tematiche della sua opera più famosa, il best seller I cinque linguaggi dell’amore (Elledici 2001, pp. 160, € 9,50), applicandole alle varie stagioni della vita della coppia e in famiglia. Potete trovare altre novità e promozioni su www.elledici.org
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Il suo nuovo libro con la Elledici recita nel sottotitolo “Guida ai rapporti familiari”. Ma in ogni famiglia a un certo punto arriva il momento più difficile: è possibile avere davvero un “rapporto” costruttivo con i figli adolescenti? Oppure ai genitori non resta che sperare che... tutto fili liscio in questa tappa critica verso l’età adulta? “In I cinque linguaggi dell’amore con gli adolescenti cerco di venire incontro a tutti i genitori che desiderano comunicare il proprio amore ai figli teenager. Nel rapportarsi con loro, i linguaggi sono sempre gli stessi, anche se cambiano le... «inflessioni dialettali»”. Qual è il “cuore” dei suoi cinque linguaggi, per riprendere il titolo dell’altro suo piccolo libro tradotto quest’anno dalla Elledici, Il cuore dei cinque linguaggi dell’amore?
Dottor Chapman, possiamo definire con tre aggettivi la famiglia d’oggi?
“In questo volumetto ho cercato di condensare il messaggio di base senza troppe esemplificazioni. In sintesi, dico che nel matrimonio esistono essenzialmente cinque maniere per esprimere amore a livello emozionale. Ognuno di noi ha un linguaggio dell’amore «primario» che lo tocca in profondità più degli altri quattro. Ma poiché è raro che marito e moglie abbiano il medesimo linguaggio primario, dobbiamo imparare ad esprimerci con il linguaggio del nostro coniuge. Se ci riusciamo, lei o lui si sentono amati”.
“Direi indaffarata, frammentata, isolata”.
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Lettere a suor Manu
Grazie... ma di che? “M
ia figlia quattordicenne mi ha fatto una scenata incredibile: «Uffa mamma sei sempre lì che dici grazie, grazie, grazie... ma finiscila! Grazie di che? Le persone fanno il loro dovere, tu sempre lì a ringraziare... il postino, il negoziante, il vigile, il professore... ringrazi persino me... Basta, sei patetica!». Mi ha un po’ spiazzata. Non so bene perché, ma ringraziare, per me, è un bisogno, ho imparato così dai miei genitori, ma forse non sono riuscita a insegnarlo ai miei figli...
”
Nelle case salesiane la fine dell’anno scolastico prevede sempre la festa del Grazie. L’aveva inventata Don Bosco stesso e secondo me ebbe un’idea veramente geniale. In effetti saper dire grazie significa saper riconoscere i doni che si ricevono, significa avere uno sguardo positivo sulla vita e sulle persone, e questo sguardo positivo è proprio un po’ il segreto del sistema educativo salesiano. Un uomo e una donna si sposarono in tarda età e con grande loro gioia e sorpresa ebbero un figlio. Lo allevarono con tutto l’amore e la cura possibili e, pur essendo molto poveri, lo mandarono alla scuola di un saggio perché crescesse nello spirito. Tornato a casa, il ragazzo aveva un unico desiderio: sdebitarsi in qualche modo con i suoi genitori. “Che potrei mai fare” chiese loro “di realmente gradito per voi?”. “La cosa più cara che abbiamo sei tu, figliolo” risposero i due anziani. “Se però vuoi proprio farci un regalo, procuraci un po’ di vino. Ne siamo golosi, e sono tanti anni che non ne bevia-
mo un goccio...”. Il ragazzo non aveva un soldo. Un giorno, mentre andava nel bosco a far legna, attinse con le mani l’acqua che precipitava da un’enorme cascata e ne bevve: gli parve avesse il sapore del vino più dolce e schietto. Ne riempì un orcio che aveva con sé e tornò in fretta a casa. “Ecco il mio regalo” disse ai genitori, “Un orcio di vino per voi”. I genitori assaggiarono l’acqua e, pur non sentendo altro gusto che quello dell’acqua, gli sorrisero e lo ringraziarono molto. “La prossima settimana ve ne porterò un altro orcio” disse il figlio. E così fece per molte settimane di seguito. I due anziani bevevano l’acqua con grande entusiasmo ed erano felici di vedere la gioia fiorire sul volto del figlio. Avvenne così un fatto meraviglioso: i loro acciacchi scomparvero e le loro rughe si appianarono. Come se quell’acqua avesse qualcosa di miracoloso. È il miracolo del “grazie”. Educare a ringraziare significa educare ad accorgersi di quanto è bella la vita, di quante persone sono un dono per noi, di quante meraviglie ci circondano. Chi sa ringraziare sa riconoscere la presenza di Dio nelle tracce infinite del suo amore: i volti, il creato, i sentimenti del cuore. La domanda non è “Perché ringraziare?”, ma piuttosto: “Perché non ringraziare?”. Suor Manu
I “I loro acciacchi scomparvero... Come se quell’acqua avesse qualcosa di miracoloso”.
suormanu.rivista@ausiliatrice.net
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Nº 6 - ESTATE 2010
In marcia verso il Regno La pagina del Rettore
Don Franco Lotto
Giovani d’estate Editoriale
Fabio Attard
L’Eucaristia. Amore che resta Leggiamo i Vangeli Il volto di Maria nelle Beatitudini Spiritualità mariana Sposa del Padre, Madre del Figlio e della Chiesa Maria nei secoli
Marco Rossetti Maria Ko Ha Fong Roberto Spataro
Care nonne e cari nonni... Il Papa ci parla
Enzo Bianco
Il conto Un tempo per accorgersi Ti ho amato con tutto il cuore Il Poster
Bruno Ferrero a cura di Mario Scudu
Valdocco in festa Photogallery La nostra vita con i giovani e con il Papa Avvenimenti
Lorenzo Bortolin
Ricordi, musica e immagini dell’incontro dei giovani con il Papa a Torino Maurizio Versaci Attualità Messaggio della Madre Generale delle FMA, Sr. Yvonne La pagina dell’ADMA
Pier Luigi Cameroni
Lacrime di sangue che portano concordia Appuntamenti mariani Grazie... ma di che? Lettere a suor Manu
Mario Morra Manuela Robazza
FOTO DI COPERTINA:
“Nel ventre tuo si raccese l’amore”. Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso XXXIII,1-39 - Foto Renzo Bussio.
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