Rivista Maria Ausiliatrice n.7/2010

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ANNO XXXI - MENSILE - Nยบ 7 - SET.-OTT. 2010

Rivista della Basilica di Torino-Valdocco

Da Valdocco al mondo Il nostro grazie ai missionari


Attività & iniziative hic domus mea L’ADMA Primaria invita tutte le sezioni locali ADMA, i membri della Famiglia salesiana, i Devoti di Maria Ausiliatrice e tutti gli Amici della Rivista di Maria Ausiliatrice alla

XX GIORNATA MARIANA ANNUALE DOMENICA 3 OTTOBRE 2010 inde gloria mea

a Torino-Valdocco

Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)

Direttore responsabile: Sergio Giordani

Programma della Giornata:

Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-1980 Stampa: Scuola Grafica Salesiana Torino Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Centralino 011.52.24.822 Rivista 011.52.24.203 Fax 011.52.24.677 rivista@ausiliatrice.net www.donbosco-torino.it Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice, Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Collaboratori: Corrado Bettiga - Lorenzo Bortolin - Marina Lomunno - Maurizio Versaci - Nicola Latorre Per Bonifici: Codice IBAN: IT15J076 0101 0000 0002 1059 100 PayPal: abbonamento.rivista @ausiliatrice.net

Abbonamento annuo: .................. € 13,00 Amico .................... € 20,00 Sostenitore ............ € 50,00 Europa .................. € 15,00 Extraeuropei .......... € 18,00 Un numero ............ € 1,30 Spediz. in abbonam. postale Pubblicità inferiore al 45%

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W IN TEATRO

Ore 9,00 – Accoglienza. Ore 9,30 – Celebrazione delle Lodi. Ore 10,00 – “Con Maria annunciamo il Vangelo ai giovani”. Relazione di don Livio Demarie, Direttore della Rivista di Maria Ausiliatrice. Ore 10,40 – Preghiera di interiorizzazione. Ore 11,30 in Sala Don Bosco – Incontro di tutti gli Amici e Benefattori della Rivista Maria Ausiliatrice con i responsabili della Rivista. Un po’ di confronto, proposte ed un piano di diffusione. Ore 13,00 – Pranzo al self-service o al sacco. W IN BASILICA

Ore 14,30 – Rosario. Ore 15,15 – Concelebrazione Eucaristica presieduta da don Franco Lotto, Rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice. Impegno di adesione nuovi soci ADMA Ore 16,30 – Visita delle Camerette di Don Bosco ... e arrivederci al prossimo anno! (Prenotazioni pranzo e iscrizioni giornata entro il 30 settembre presso il Sig. Ettore Doglio 011.19702038 - 338.4609813 costo € 10,00).

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... nel prossimo numero


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19-07-2010

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La pagina del Rettore

Non dimentichiamo l’estate Carissimi amici, passati i mesi estivi, siamo ormai alla ripresa del nostro anno di attività, che come sempre affidiamo all’ Ausiliatrice, Madre e Maestra di Don Bosco e nostra. Spero che il tempo estivo possa essere stato un periodo di riposo e di possibilità per una tappa nel cammino annuale, sempre carico di progetti e di impegni e trampolino per una vera ripresa. Mi auguro che si sia potuto avere un tempo più intenso per la relazione con Dio: diciamo spesso che durante l’anno non abbiamo tempo per pregare, per riflettere, per meditare, per gustare nel silenzio le “cose spirituali”, per dare più profondità alla nostra vita. Anche la relazione con i fratelli e sorelle può aver avuto più spazio: stare accanto ai nostri familiari con più qualità, i nostri incontri, il gusto di dialogare, il dedicare del tempo a chi è solo e in difficoltà sono sempre messi in crisi dalla fretta, dal correre continuo nella lotta contro il tempo. Infine può essere migliorata la relazione con se stessi: lo scorrere della vita con le sue preoccupazioni, le difficoltà, i vari disagi creano spesso stress, tensione in noi stessi e con noi stessi; questo fenomeno incide sulla nostra salute, sul nostro umore, sulla nostra pace interiore. Siamo spesso tesi, nervosi, reattivi e il tutto incide sulla nostra serenità e sul nostro equilibrio. Queste tre relazioni vanno ovviamente curate non solo nel periodo estivo, ma tutto l’anno, per essere fedeli al progetto integrale di Dio su ogni persona: san Paolo così si esprime: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfe-

zione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1Ts 5,23). I mesi di settembre e di ottobre, caratterizzati da alcune feste mariane, ci invitano a coltivare la nostra devozione a Maria. Il Rosario è la preghiera semplice che può accompagnarci in questo cammino, alla luce dei misteri della nostra salvezza. Sappiamo quanto Don Bosco era attaccato al rosario: la sua terza Messa la celebrò all’altare della Madonna del Rosario nella Chiesa di san Domenico a Chieri; la prima cappellina ai Becchi, nella casa del fratello Giuseppe, la dedicò alla Madonna del Rosario; qui fece la vestizione don Rua, qui ci fu l’incontro di Don Bosco con Domenico Savio. Ritroviamo il gusto per questa preghiera, antica, ma sempre nuova, riscoperta ora anche da tanti giovani. Con l’assicurazione di un continuo ricordo in Basilica, un cordiale saluto. Don Franco Lotto, Rettore lotto.rivista@ausiliatrice.net

I Vacanze: più spazio per il dialogo; relazioni più profonde e qualitative. © ANS Image Bank

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Editoriale

Proclamate il Vangelo a t Il rosario missionario di Valdocco

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Don Václav Klement è Consigliere Generale per le Missioni. Coordina le iniziative e orienta l’azione delle missioni perché rispondano con stile salesiano alle urgenze dei popoli da evangelizzare. © ANS Image Bank

Y Camerette di Don Bosco: don Klement con il mappamondo del Santo, segno di un’attezione che non conosce confini. © ANS Image Bank

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gni volta che arrivo a Valdocco, non perdo l’occasione di visitare le camerette di Don Bosco e gustare un breve video con una forte carica missionaria, con testi di don Aldo Giraudo: “Quanto ancora resta da fare! Il resto lo faranno i miei figli. Dammi le anime, le altre cose non mi interessano”. Queste parole rivelano il segreto di Don Bosco. Raggiungere tutti i giovani, quasi un’ansia, che generava un fervore travolgente, incontri e fondazioni. Da queste finestre lo sguardo andava oltre il cortile di Valdocco. Sognava dei giovani di tutto il mondo. Guardava alla Chiesa, Madre di tutti gli uomini. Percepiva l’urgenza di Gesù: “Andate in tutto il mondo, proclamate il Vangelo a tutti”. Per questo, per il mese di ottobre –

da sempre mese Missionario – voglio offrire ai lettori due suggerimenti. Il primo è per tutti: pregare il “Rosario missionario”, e cioè ogni decina in un colore diverso, con le intenzioni missionarie per i non cristiani d’Africa (verde), America (rosso), Europa (bianco), Oceania (blu) ed Asia (giallo). Poi, far conoscere il Rosario missionario e farlo pregare. Il secondo suggerimento riguarda soltanto i pellegrini che arrivano a Valdocco. Si può provare un “percorso missionario di Valdocco”? Ci sono tante “stazioni” missionarie nella Casa Madre. Possiamo cominciare con il Museo mariano, con centinaia di quadri e statue mariane, mandati o portati dai missionari di cinque continenti. Nella cripta delle reliquie pos-


tutti

siamo contemplare il fazzoletto insanguinato di S. Luigi Versiglia e gli occhiali spezzati di S. Callisto Caravario. Davanti all’entrata della chiesa di S. Francesco di Sales troviamo il busto del primo missionario, vescovo e cardinale salesiano Giovanni Cagliero. Entrando nelle camerette di Don Bosco, tanti oggetti ci parlano dello spirito missionario delle origini, soprattutto il globo sulla scrivania del Santo. Ci sono poi tantissimi altri quadri, statue, simboli e oggetti che ci parlano dello spirito missionario del nostro Padre. Il testimone più eloquente, però, è la stessa Basilica di Maria Ausiliatrice. È la testimone fedele di 141 spedizioni missionarie, che si ripetono ogni ul-

tima domenica di settembre, con la presenza del Rettor Maggiore. Oltre undicimila Salesiani, tremila suore FMA e molti volontari laici hanno ricevuto il crocifisso missionario davanti al quadro dell’Ausiliatrice e sotto la cupola con gli affreschi delle missioni salesiane. Anche il prossimo 26 settembre, alle ore 12, possiamo pregare per una quarantina di giovani salesiani che hanno risposto alla chiamata di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo”. Come scriveva Don Bosco, infatti, “È necessario darsi totalmente a Dio, le energie, cuore... perché possa servirsi di me totalmente per la salvezza del mondo”. Václav Klement

U Il “Rosario missionario” con i colori dei 5 continenti.

Consigliere Generale per le Missioni

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Leggiamo i Vangeli

Ricordare ciò che G e Il racconto della tomba vuota (Lc 24,1-12)

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na grossa pietra tombale rimossa, uno sguardo al sepolcro di Gesù per registrare l’assenza del suo corpo, un senso di interiore smarrimento (vv. 2-3): paradossalmente l’avvenimento che sta al centro della nostra fede non è verificabile né descrivibile. Tutto questo accade perché la risurrezione è il più bel dono dell’amore di Cristo. Così come quell’amore è indescrivibile, perché incommensurabile, allo stesso modo lo è la resurrezione, perché sommo mistero d’amore. Sulla curiosità deve vincere il tempo del «ricordo» meditato della Parola affinché ci sia svelato il mistero e siamo consegnati all’amore. Giorno di novità

I “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”. Luca 24,5. © Beato Angelico, Resurrezione, Ed. Elledici

La scoperta del sepolcro vuoto ebbe luogo «il primo giorno della settimana» (v. 1), quello che nel computo ebraico coincide col giorno dopo il sabato e che per noi cristiani corrisponde alla domenica. L’indicazione crono-

logica «il primo giorno» tende a suggerire che con la risurrezione è iniziato per il mondo e per ciascuno di noi un tempo nuovo, quello del compimento delle promesse fatte da Dio. La nostra vita cristiana deve concentrarsi su questo giorno «primo ed ultimo, giorno radioso e splendido del trionfo di Cristo» (Liturgia delle Ore). Una tale concentrazione ci aiuterebbe a mantenere vivo il desiderio di cercare ed incontrare il Signore nella sua Parola e nell’Eucaristia per poterlo annunciare. Perché questo desiderio talvolta si affievolisce? Perché le nostre esistenze sono così spesso concentrate solo sulle cose di questa vita e povere di prospettive di futuro? Perché non sappiamo mettere Cristo nei giorni della nostra vita? Forse abbiamo perso il ricordo vitale di quel «primo giorno» che solo ci restituisce la capacità di rileggere ogni avvenimento alla luce del Signore Risorto. Giorno del ricordo della Parola È sorprendente, ma la scoperta della tomba vuota non muove Maria Maddalena e le altre donne all’accoglienza del mistero (v. 10). Ai fini della fede non è il vedere che conta, ma il farsi raggiungere dalla Parola: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui è risorto» (v. 5). Luca modifica a tal proposito i testi di Marco e di Matteo sostituendo all’ordine di recarsi dai discepoli quello di ricordare: «i due uomini in abito sfolgorante» invitano infatti le donne a «ricordare» ciò che Gesù aveva detto (v. 6). È insomma data assoluta precedenza

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G esù dice al momento dell’ascolto e del ricordo della Parola rispetto a quello dell’annuncio. Perché le donne capiscano, «i due uomini» le aiutano infatti a legare quanto stanno vedendo con quanto Gesù aveva detto nella sua predicazione ed in particolare nei tre annunci della sua morte e risurrezione. Non è forse quello che lo stesso Risorto avrebbe fatto coi due di Emmaus aiutandoli a ricordare tutto ciò che le Scritture Sante avevano già detto di Lui (24,25-27)? Non è forse quello che il Signore disse un giorno a Marta invitandola a non preoccuparsi ed affannarsi per molte cose, ma a concentrarsi nell’ascolto della Parola, l’essenziale che non teme confronti (10,3842). Non è forse ciò che Maria di Nazaret aveva fatto per prima meditando nel suo cuore tutte le cose che erano accadute dal suo «sì» fino alla nascita di Gesù (2,19)? Vi è qui uno stupendo e chiaro invito a non lasciarci vincere dalla semplice curiosità o dalla fretta nelle cose che riguardano il mistero di Cristo, ma a lasciarci vincere dalla Parola che ci aiuterà ad interiorizzarlo e a viverlo. Solo se ci facciamo raggiungere dalla Parola potremo essere credenti nel Signore Risorto.

dici e a tutti gli altri» (v. 9). Esse si fanno annunciatrici non per uno speciale incarico ricevuto, ma per quella spontanea iniziativa che sgorga in chi si è lasciato dimorare dal ricordo avvolgente della Parola e poi sente il bisogno di dirla. La loro testimonianza non viene però accolta, non perché non sia buona, anzi. Certo, gli antichi retaggi culturali ebraici vietavano di credere sulla parola data da una donna, ma il motivo centrale è che agli Undici e agli altri mancava ancora il decisivo tempo del «ricordo» in cui la Parola si sarebbe sedimentata in loro e li avrebbe condotti alla fede aiutandoli a capire il significato di quella tomba vuota di fronte alla quale, lo stesso Pietro, provò in quel preciso momento solo stupore (v. 12). Di lì a poco sarebbe venuto il tempo in cui Gesù si sarebbe preso cura di lui, come dei due di Emmaus, per introdurlo e confermarlo nella fede più adulta, quella che trova la manifestazione più alta nel dire: «Signore tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (cfr. Gv 21,15-23). Marco Rossetti rossetti.rivista@ausiliatrice.net

U Il sepolcro vuoto. La risurrezione è il più bel dono dell’amore di Cristo. © Ed. Elledici

I L’Eucaristia è la memoria quotidiana della resurrezione di Gesù, momento in cui sperimentare l’annuncio che Egli è vivo ed è in mezzo a noi. © Foto Guerrino Pera, Ed. Elledici

Giorno della testimonianza Solo se ci facciamo raggiungere dalla Parola potremo essere infine annunciatori del Signore della vita. L’Evangelista ci offre una prova della bontà di questo dinamismo quando afferma che le donne solo dopo essersi ricordate delle parole di Gesù (v. 8) «annunciarono tutto questo agli Un-

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Spiritualità mariana

Maria è scala, ponte e porta L’inno bizantino “Akáthistos” “

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e Maria numquam satis”, su Maria non si dirà mai abbastanza, recita da secoli un detto molto conosciuto. Quanto è stato scritto, narrato, riflettuto, cantato, dipinto, raffigurato, danzato, sceneggiato sulla Madre di Gesù! Tra le innumerevoli lodi innalzate a Maria lungo i secoli, c’è l’antico, stupendo inno Akáthistos della liturgia bizantina. Dentro un’architettura poetica molto curata troviamo espressioni e immagini meravigliose che celebrano in forma poetica la bellezza di Maria. Qui ne presento tre, semplici e suggestive: Maria come scala, ponte e porta.

Ave, o scala celeste che scese l’Eterno. Ave, o ponte che porti gli uomini al cielo. Ave, tu porta del sacro mistero.

I Maria è scala rivolta al Cielo per permettere a Dio di “scendere” verso gli uomini. © Photoxpress.com

Da sempre l’uomo avverte come insormontabile la distanza tra il cielo e la terra, tra il suo mondo e quello misterioso e irraggiungibile dove abita la divinità. Da sempre egli desidera che questa distanza si accorci, che la sfe-

ra divina e quella umana si tocchino per un abbraccio. «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19): questo grido del profeta Isaia esprime un anelito profondo dell’umanità. L’umanità ha tentato di superare questa distanza di propria iniziativa e con i propri mezzi. Adamo e Eva hanno ceduto alla tentazione di «diventare come Dio» (Gn 3,5). I loro discendenti hanno cercato di «costruire una torre e una città, la cui cima tocchi il cielo» (Gn 11,3). E naturalmente la loro impresa fallì, con conseguenze dolorose. Andando avanti nella storia, gli uomini hanno imparato gradualmente che il “salire” dell’uomo in cielo non è possibile se non preceduto da un “discendere” di Dio sulla terra. Si rivolgono quindi a Dio nella preghiera, perché Egli si “chini” su di loro (Sal 14,2; 53,3; 102,20; 113,6), e vedono in ogni intervento divino a loro favore un “scendere” di Dio verso il suo popolo (Es 3,8; 19,11; Nm 11,17; Sal 144,5). La terra è un riflesso della bellezza del cielo Intanto si matura l’idea che Dio ama manifestarsi in determinati luoghi, luoghi santi scelti da Lui come punto di contatto tra cielo e terra. Così esclama Giacobbe dopo aver visto in sogno la scala che dalla terra saliva fino al cielo: «Quanto è terribile questo luogo! Questo è proprio la casa di Dio, questo è la porta del cielo!» (Gn 28,17). Al tempo di Davide e Salomone, il luogo santo per eccellenza diviene la città di Gerusalemme e soprattutto il tempio. Da allora, l’espe-

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rienza del tempio è il desiderio più grande di ogni pio Israelita. La situazione cambia con l’incarnazione. Ora il punto d’incontro fra la sfera divina e quella umana non è più un luogo, ma una persona, il Figlio di Dio fatto uomo, colui che professiamo nel Credo: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo». Egli porta il cielo sulla terra e solleva la terra al cielo. Facendosi abitante del mondo annuncia a tutti i suoi coinquilini questo lieto messaggio: la terra è un riflesso della bellezza del cielo. Tutto il cosmo è un sacramento dell’amore divino. Questa trasformazione si è realizzata con la umile collaborazione di Maria, la madre; colei che, in maniera unica, rende concreta, corporea, umana, la presenza di Dio. Presentandola avvolta dallo Spirito (Lc 1,35), Luca vede Maria come nuovo tabernacolo e nuovo tempio, nuova arca dell’alleanza, nuova dimora di Dio, nuovo spazio di salvezza. Nella tradizione iconografica ella è spesso raffigurata come la platitera, la “più vasta dei cieli”. Colui che i cieli non possono contenere prende dimora nel suo grembo. Colui per mezzo del quale «tutto è stato fatto» (Gv 1,3), colui in cui avviene la «ricapitolazione di tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1,10), abita in Maria per trasformare tutto il mondo in casa sua e tutta l’umanità, i suoi coinquilini, non più stranieri, ma «concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19). L’“Odigitria”, che indica la via Non è soltanto lo spazio fisico, ma soprattutto lo spazio interiore di Maria che la rende il luogo dell’abbraccio tra il cielo e la terra. Nella preghiera del Padre nostro, insegnando ai suoi discepoli a dire «sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,10), Gesù mostra in che modo si realizza

questo abbraccio tanto atteso dagli uomini e anche da Dio: fare la volontà del Padre. Egli avrebbe potuto additare come modello sua Madre, la quale, pronunciato il fiat, è diventata “scala”, “ponte” tra cielo e terra. Scala, ponte, porta: sono tutte immagini di collegamento dinamico, che parlano di comunicazione, di movimento. Nei Vangeli, Maria è spesso in cammino. I suoi spostamenti sono frequenti: Nazaret, Ain Karim, Betlemme, Gerusalemme, Egitto, sono accompagnati da un movimento interiore ben più intenso. La sua «peregrinazione della fede» (Lumen Gentium, 58) è modello del nostro camminare verso la mèta celeste. Mentre Gesù rivela se stesso come «la via» (Gv 14,6), «la porta» (Gv 10,1), Maria è venerata dalla Chiesa come «Odigitria», colei che indica la via, e «ianua coeli», la porta del cielo.

U Maria è ponte tra uomo e cielo. Ogni creatura è riflesso della bellezza del Padre.

Ave, o scala celeste che scese l’Eterno. Ave, o ponte che porti gli uomini al cielo. Ave, tu porta del sacro mistero. Maria Ko Ha Fong kohafong.rivista@ausiliatrice.net

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Maria nei secoli Eadmero di Canterbury

L’Immacolata Concezione... e la cas t S

U L’attuale cattedrale di Canterbury risale all’epoca medievale. Dopo la proclamazione della santità di Tommaso Becket, diventò meta privilegiata di pellegrinaggi.

I I peccati del mondo, rappresentati dagli aculei che circondano la castagna, non impediscono al frutto di crescere e formarsi.

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i è parlato spesso della Chiesa in Inghilterra negli ultimi mesi, da quando Papa Benedetto XVI ha facilitato il rientro nella piena comunione con la Chiesa Cattolica di quei pastori e di quei fedeli appartenenti alla Comunione Anglicana, stabilita, con una dolorosa separazione da Roma, dal re inglese Enrico VIII, nel XVI secolo. Eppure fino a quel periodo, l’Inghilterra era stata un Paese molto legato alla Sede romana e, in quel secolo XII che abbiamo già definito “secolo mariano”, proprio tra gli inglesi primeggiano teologi di grande livello. Tra loro emerge l’abate benedettino Eadmero, che visse a lungo nel monastero di San Salvatore, a Canterbury. Uomo mite e dotto, era amico di un altro grande santo e teologo, Anselmo d’Aosta, di cui fu anche segretario per molti anni e di cui scrisse la vita. Questo suo maestro gli trasmise certamente l’amore alla Madonna, e il discepolo non fu da meno del maestro! Eadmero scrisse infatti il trattato “Sulla concezione di Maria”, che è una pietra miliare nella storia della teolo-

gia mariana. Egli prende le mosse dal tentativo operato da alcuni ecclesiastici del suo tempo che volevano abolire dal calendario liturgico la festa mariana della “Concezione della Santa Vergine Maria”, celebrata da almeno duecento anni in Inghilterra l’8 dicembre. Il nostro abate si dichiara favorevole a conservarla, fornendo due motivi. Il “senso dei fedeli” Il primo: quella festa in onore di Maria era celebrata con grande partecipazione da fedeli umili e semplici, che ne traevano grande beneficio spirituale. In altre parole, Eadmero ricorda un principio basilare nella storia della pietà e della teologia mariana. Si tratta del “senso dei fedeli”, ossia il popolo di Dio intuisce con il cuore, senza bisogno di lunghi ragionamenti, quanto la Madonna sia importante nella vita cristiana e nella storia della salvezza. In polemica con i “dotti” che optavano per la cancellazione della festa, il nostro autore scrive nel suo trattato: “Le persone semplici, forse non in grado di fornire le risposte richieste dai profondi ragionamenti di quei filosofanti, tuttavia, rafforzati nel loro devoto amore verso la Madre del Signore, affermano che tutto ciò che in termini di umana lode viene indirizzato alla sua dignità e al suo onore, non sembra esagerato, se si paragona ai suoi meriti insigni”. Il secondo motivo è di natura squisitamente teologica e di importanza straordinaria per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. Eadmero spiega che il contenuto di quel-


s tagna

la festa liturgica era proprio l’assenza in Maria, sin dal primo istante del suo concepimento, di ogni peccato, compreso quello originale, che accomuna invece tutti gli uomini. Per sostenere la sua tesi offre vari argomenti. Potendolo e volendolo Anzitutto, il “principio di convenienza”, cioè la corrispondenza che sussiste tra il ruolo eccelso ed unico che la Madonna esercita nella storia della salvezza, e i privilegi di cui è dotata: Lei sola è Madre di Dio incarnato, Lei sola è Regina del cielo e della terra; Lei sola, dunque, è esente dal peccato originale. E in una sentenza densa e concisa come soltanto la lingua latina permette, formula un altro argomento a favore dell’Immacolata Concezione: potuit plane et voluit: si igitur voluit, fecit. Traduciamo liberamente: Dio poteva fare tutto ed amava Maria al punto da volerla eccelsa nella santità e, dunque, priva anche del peccato originale. Potendolo e volendolo, Dio ha donato questa grazia alla Madre di Dio: la sua Concezione Immacolata. In questo dogma della nostra fede, cioè, si riflette un raggio luminosissimo del

Mistero di Dio che è amore potente, sapiente e santificante. Negare l’Immacolata Concezione, come purtroppo alcuni cristiani non cattolici osano fare, equivale a diminuire la grandezza dell’amore divino! Eadmero è bravo teologo e anche bravo catechista. Per illustrare l’Immacolata Concezione ricorre a vari paragoni. Uno di essi è eloquente ed efficace: “Quando la castagna compare sull’albero della sua specie in procinto di nascere, il suo involucro si rivela completamente ispido e circondato tutto intorno da densissimi aculei. Pensa. Se Dio dà alla castagna di essere concepita, nutrita e formata in mezzo alle spine rimanendo immune da esse, non poteva forse accordare a quel corpo umano, che egli stesso si era scelto come tempio in cui abitare corporalmente e dal quale diventare un uomo perfetto, di essere concepito in mezzo alle spine dei peccati senza essere in nessun modo toccato dai loro aculei?”. Fuor di metafora: la Madonna appartiene totalmente alla schiera dei figli di Adamo. Conosce le nostre debolezze e le nostre tentazioni. Però Ella è purissima, priva del peccato di origine e delle sue conseguenze che invece tutti gli altri uomini e donne sperimentano. Teologo e catecheta, Eadmero, è pure pastore zelante che invita i peccatori a ricorrere al patrocino della Madre di Dio. E con queste parole che ci confortano, completiamo la presentazione della sua teologia mariana: “È per i peccatori dunque che Maria è diventata Madre di Dio. O uomo peccatore, godi ed esulta! Il tuo giudice, cioè tuo fratello, ti ha insegnato a ricorrere all’aiuto della Madre sua. E Lei non ti ha negato il proprio intervento affinché tu non sia oppresso dal peso della di lui giustizia”. Roberto Spataro

T Dio poteva fare tutto ed amava Maria al punto da volerla eccelsa nella santità e, dunque, priva anche del peccato originale.

U Il giglio, da sempre, è simbolo di purezza ed innocenza.

spataro.rivista@ausiliatrice.net

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Il Papa ci parla

L’Assunta: una donna vestita di sole In un’omelia di rara densità, Benedetto XVI ha offerto ai cristiani una meditazione sulla Chiesa, la Madonna, e la storia dell’umanità. Da Papa e teologo. Da educatore nella fede.

I Papa Benedetto XVI tra l’affetto e la commozione dei fedeli. © Foto Ettore Ferrari, Ansa / Def

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ra le cento parrocchie dei Salesiani di Don Bosco in Italia, la più singolare è forse quella di San Tommaso da Villanova, a Castel Gandolfo. Lì c’è la residenza estiva dei Papi. Giovanni Paolo II, in vacanza a Castel Gandolfo, incontrando il parroco salesiano lo indicava con arguzia: “Ecco il mio parroco!”. Benedetto XVI il 15 agosto 2007 ha celebrato nella chiesa parrocchiale la Messa festiva, e all’omelia ha commentato la Prima Lettura della liturgia dell’Assunta: sull’Apocalisse. Con la visione giovannea della donna vestita di sole e sul punto di partorire, e col drago che attende la nascita del bambino per divorarlo. Un testo denso, da meditare.

I Anzitutto il Papa ha proposto la chiave di lettura del brano biblico: «Nella sua grande opera “La Città di Dio”, sant’Agostino dice che tutta la storia umana, la storia del mondo, è una lotta tra due amori: l’amore per Dio fino alla perdita di se stesso, fino al dono di se stesso, e l’amore di sé (l’egoismo) fino al disprezzo di Dio, fino all’odio degli altri». Agostino, diciamo subito, era per l’happy end: l’egoismo col suo strapotere sembra travolgere tutto, ma alla fine chi riporta la vittoria è l’amore di Dio. Ha proseguito il Papa: “Questa interpretazione della storia come lotta tra due amori, tra l’amore e l’egoismo, appare anche nell’Apocalisse. Qui, questi due amori appaiono in due grandi figure. Innanzitutto c’è il dragone rosso fortissimo, con una manifestazione inquietante del potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza”. I E noi a domandarci: chi sarà mai questo dragone? Ci spiega il Papa: “Nel momento in cui San Giovanni scrisse l’Apocalisse, per lui questo dragone era realizzato nel potere degli imperatori romani anticristiani, da Nerone fino a Domiziano. Questo potere appariva illimitato; il potere militare, politico, propagandistico dell’impero romano era tale, che davanti a esso la fede, la Chiesa, appariva come una donna inerme, senza possibilità di sopravvivere, tanto meno di vincere. E tuttavia sappiamo che alla fine ha vinto la donna inerme. Ha vinto non l’egoismo, non l’odio, ma l’amore di Dio. E l’impero romano si è aperto alla fede cristiana”.


I Il simbolo del drago ha poi trovato altri riscontri nei secoli successivi. “Questo dragone – dice il Papa – indica non soltanto il potere anticristiano dei persecutori della Chiesa di quel tempo, ma le dittature materialistiche anticristiane di tutti i periodi”. E con riferimento ai tempi a noi vicini: “Vediamo di nuovo realizzato questo potere, questa forza del dragone rosso, nelle grandi dittature del secolo scorso: la dittatura del nazismo e la dittatura di Stalin... Appariva impossibile che la fede potesse sopravvivere davanti a questo dragone così forte, che voleva divorare il Dio fattosi bambino e la donna, la Chiesa. Ma in realtà, anche in questo caso alla fine, l’amore fu più forte dell’odio”. I E oggi? “Anche oggi – ha proseguito il Papa – esiste il dragone in modi nuovi, diversi. Esiste nella forma delle ideologie materialiste, che ci dicono: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio... Vale soltanto vivere la vita per sé... Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento”. In sostanza: “Di nuovo sembra assurdo, impossibile, opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica”. Ma conclude il Papa: “Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso resta vero che Dio è più forte del dragone, che l’amore vince e non l’egoismo”. I Il Papa ha esaminato poi “l’altra immagine: la donna vestita di sole”. Un’immagine con più significati. «Un primo significato – spiega – è senza dubbio che la donna vestita di sole è la Madonna, Vestita di sole, cioè di Dio. Vive in Dio, circondata e penetrata dalla luce di Dio. Circondata dalle dodici stelle, cioè dalle dodici tribù d’Israele, da tutto il Popolo di Dio... E ai piedi la luna, immagine della morte e della mortalità. Maria ha lasciato dietro di sé la morte; è totalmente vestita di vita, è

assunta con corpo e anima nella gloria di Dio. E così, posta nella gloria, avendo superato la morte, ci dice: “Coraggio, alla fine vince l’amore!...”». “Questo – prosegue il Papa – è il primo significato della donna che Maria è arrivata a essere. La «donna vestita di sole» è il grande segno della vittoria dell’amore, della vittoria del bene, della vittoria di Dio”. I Infine il Papa indica un secondo significato forte: “Questa donna che soffre, che deve fuggire, che partorisce con un grido di dolore, è anche la Chiesa, la Chiesa pellegrina di tutti i tempi. In tutte le generazioni di nuovo essa deve partorire Cristo, portarlo al mondo con grande dolore... In tutti i tempi perseguitata, vive quasi nel deserto perseguitata dal dragone. Ma in tutti i tempi, in tutte le diverse situazioni, nelle diverse parti del mondo, la Chiesa... soffrendo vince. Ed è la presenza, la garanzia dell’amore di Dio contro tutte le ideologie dell’odio e dell’egoismo”. Conclude il Papa: “Vediamo che anche oggi il dragone vuol divorare il Dio fattosi bambino. Ma non temete per questo Dio apparentemente debole. La lotta è già cosa superata... Anche oggi questo Dio debole è forte: è la vera forza. E così la festa della Madonna è l’invito ad avere fiducia in Dio. Ed è anche invito a imitare Maria”. Enzo Bianco

Papa Benedetto ha concluso così la sua omelia mariana: «Guardiamo Maria, lasciamoci incoraggiare alla fede e alla festa della gioia: Dio vince. La fede apparentemente debole è la vera forza del mondo. L’amore è più forte dell’odio. E diciamo: Benedetta sei tu fra tutte le donne. Ti preghiamo con tutta la Chiesa: Santa Maria prega per noi. Amen».

bianco.rivista@ausiliatrice.net

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Catechesi & dintorni

“Gesù, toglimi la paura” M

U Le tante paure dei bambini scompaiono se ci si affida a Gesù. © Foto Marzanna Syncerz, Photoxpress.com

Y Anche nel cuore dei catechisti talvolta albergano paure. © Foto di Mascerpa, Elledici

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aggio. Tempo di Prime Comunioni. Tempo di affanno, di ripassi, di dubbi. Avranno capito? Saranno preparati all’“Incontro”? Come vivranno questo momento i bambini e le famiglie? Riusciremo a tenere fuori dalla Chiesa le distrazioni del momento, le preoccupazioni per l’abito, per i fiori, i regali, la festa? Che cosa diremo a Gesù in quel momento? Provo a chiederlo ai miei dodici ragazzini. E i dodici scrivono docilmente, sul loro quadernetto, qualche preghiera. “Grazie, Gesù perché mi hai amata prima che io ti conoscessi”. “Gesù, grazie e basta. Poi vieni a correre con me? Per me il più bel modo per festeggiare questo incontro è fare una corsa in cortile”. “Gesù, toglimi la paura. La paura del

buio. Toglimi la paura di essere abbandonato dai miei genitori. La paura che loro si separino. Toglimi la paura di essere l’ultimo della classe. La paura di essere preso in giro dai compagni. La paura di essere abbandonato dagli amici: questo l’hai provato anche tu. Gesù, toglimi tutte le paure che sai e che non oso dire”. E poi, l’ultimo “autore” mi chiede: “Ma voi adulti ne avete di paure? Mi vuoi dire le tue, catechista?”. “Certo!”. Gesù, toglimi la paura di sbagliare, la paura di aver detto troppo o troppo poco. Toglimi la paura di non essere capita, la paura di non essere abbastanza brillante o abbastanza simpatica. Dammi invece la paura di essere noiosa, di comunicare un cristianesimo grigio e triste. Dammi la paura di annunciare la mia parola e non la Tua. Dammi soprattutto la consapevolezza di essere “inutile servo” e l’umiltà di sapermi ritirare alla fine del servizio. Anna Maria Musso Freni redazione.rivista@ausiliatrice.net


Il poster

L

’episodio è noto. I personaggi pure. Da una parte Don Bosco, dall’altra il marchese Roberto D’Azeglio, senatore del Regno di Sardegna e amico del Re Carlo Alberto. Un uomo insomma che a Torino contava molto... in tutti i sensi. E in mezzo? Il Rosario. Il senatore aveva fatto una visita all’Oratorio di Valdocco. Gli onori di casa li fece lo stesso Don Bosco che gentilmente lo accompagnò nella visita. Il marchese vide i ragazzi che giocavano allegramente e li osservò anche mentre pregavano in chiesa. Espresse la sua viva compiacenza per quello che aveva visto, ma solo con una riserva. Definì tempo perduto quello occupato a recitare il Rosario. “Lasci, gli disse, di far recitare ai ragazzi quell’anticaglia di 50 Ave Maria infilzate una dopo l’altra”. Don Bosco lo guardò e gli rispose: “Ebbene, io ci tengo molto a tale pratica; e su questa potrei dire che è fondata la mia istituzione; sarei disposto a lasciare tante altre cose pure importanti, ma non questa”. E poi con il suo abituale coraggio, soggiunse: “Anche, se fosse necessario, sarei disposto a rinunziare alla sua preziosa amicizia, ma mai alla recita del S. Rosario”. L’amicizia si interruppe... ma la pratica del Rosario è continuata ... fino a oggi. Ma allora cos’è il Rosario, se per Don Bosco aveva molta più importanza dell’amicizia di un suo illustre benefattore? I papi ne hanno sempre ribadito l’importanza nella vita della Chiesa. Paolo VI ha scritto che lo scopo ultimo del culto alla beata Vergine Maria (quindi anche del Rosa-

rio) è di glorificare Dio e di impegnare i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà. Pio XII lo ha definito “il compendio di tutto il Vangelo”. Quindi recitare questa preghiera mariana, proprio nella metodologia ripetitiva dell’Ave Maria, è “ritornare al Vangelo” e al suo cen-

Il Rosario: una bella e dolce “anticaglia” tro, Gesù Cristo. È cioè riflettere e pregare, meditare e contemplare ciò che Lui ha fatto per noi. È richiamare alla nostra vita i misteri dell’incarnazione di Cristo per la nostra salvezza. In altre parole siamo portati, attraverso la preghiera, a pensare all’amore di Cristo per noi e a impostare, giorno dopo giorno, la nostra vita sul suo esempio. Questo lo facciamo chiedendo l’aiuto a Maria, Madre di Gesù e nostra. È quindi una preghiera mariana cristocentrica. Tutto valido anche oggi? La risposta è di Giovanni Paolo II: «Il Rosario della Vergine Maria... rimane, anche in questo Terzo Millennio... una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità. Non ha perso nulla della freschezza delle origini... per ridire, anzi “gridare” Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come “la via, la verità e la vita”». Tutte cose di cui anche noi, cristiani di oggi, moderni o post moderni, giovani o meno giovani, abbiamo bisogno, per continuare ad essere positivi e propositivi nel nostro mondo ricco di tecnologia e di benessere ma spesso povero di anima e di ideali. Mario Scudu

Nel Giudizio Universale della Cappella Sistina, Michelangelo ha un curioso particolare “mariano”. Accanto alla maestosa figura di Gesù, giudice giusto, c’è una dolce immagine di Maria, col capo rivolto in basso verso un angelo, che con una fune solleva verso l’alto due fedeli. Questa fune di salvezza è una corona del Santo Rosario. È una felice intuizione del grande artista sull’efficacia della mediazione di Maria, accanto a suo Figlio, nel salvare l’umanità dalla perdizione e nell’aprirla alla speranza.

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RIVISTA MARIA AUSILIATRICE - nยบ 7 - 2010


AVE MARIA


Preghiera di San Bernardo

Il Rosario? Sì, grazie Il Card. A. Ballestrero (1913-1998), da semplice carmelitano si chiamava Anastasio del Santo Rosario. La prima volta che fu ricevuto in udienza da Giovanni XXIII, questi gli disse: “Lei si chiama Anastasio del Santo Rosario. Ma lo dice il rosario?”. “Certo che lo dico”. “Quante poste dice?”. “Tutte e quindici”. “Tutti i giorni?”. “Sì”. “Bravo, anch’io faccio lo stesso, anche adesso che sono Papa e quando qualcuno mi chiede quando trovo il tempo, dico a tutti che basta volere e il tempo c’è sempre”.

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Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile ed alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ’l suo Fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore per lo cui canto nell’eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se’ a noi meridiana face di caritate; e giuso, intra i mortali, sè di speranza fontana vivace. Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disianza vuol volar sanz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi dimanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura e’ di bontate. Dante Alighieri, Paradiso canto XXXIII


Preti poeti L

o scorso 5 giugno al Circolo dei lettori di Torino si è tenuta la cerimonia di premiazione della II edizione del Premio di poesia «I Murazzi», promosso dalla Fondazione CRT e dall’associazione culturale «Elogio della poesia», presieduta da Sandro GrosPietro. Tra i quattro libri finalisti sui 153 giunti da tutta Italia si è distinta la raccolta «Il soffio della poesia» di don Pietro Zovatto (Ed. Italo Svevo, a cura di Paola Baioni dell’Università Cattolica di Milano). L’autore è docente di Storia delle religioni presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Trieste e fondatore del Centro Studi Storico Religiosi del FriuliVenezia Giulia.

Novità editoriali

Quando ha iniziato a scrivere poesie? Già a 17 anni scrivevo versi e li mostravo a mio zio che era docente universitario e mi incoraggiava a coltivare questa attitudine. Però c’era sempre una sorta di “censura freudiana” che mi impediva di sbloccarmi. Arrivato a sessant’anni la censura è crollata e ho cominciato a pubblicare poesie come un fiume in piena. Che ruolo ha la dimensione religiosa nei suoi componimenti? Vengo da una civiltà rurale intrisa di religiosità: va da sé che lo siano anche le mie poesie. In particolare ho sempre davanti a me il Crocifisso. Lo ritrovo in tante persone sofferenti. Lara Reale redazione.rivista@ausiliatrice.net

U Don Zovatto vive a Trieste, dove si è laureato con V. Verra e A. Del Noce. Perfezionatosi alla “Ecole des Hautes Etudes” della Sorbona con J. Orcibal, insegna Storia delle religioni, Storia della Chiesa e Storia Moderna presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Trieste.

Don Zovatto, il premio si intitola «I Murazzi» con chiaro riferimento al luogo di Torino dove i giovani amano ritrovarsi nel tempo libero. La lettura, purtroppo, non rientra tra i loro svaghi preferiti. Perché secondo lei? La cultura imperante privilegia l’elemento visivo e la fruizione immediata, quindi è poco portata alla riflessione che si traduce nello scrivere. Inoltre i nostri ragazzi sono molto attirati dalla comunicazione digitale: spesso diventano “tecnici” subordinati alle logiche dell’informatica e dell’elettronica, lasciando poco spazio all’inventiva spontanea.

T Tra i quattro libri finalisti si è distinta la raccolta “Il soffio della poesia”. Qui a fianco la copertina.

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Vita del santuario

Ordinati nuovi diaconi, linfa salesiana n C

U L’arcivescovo di Torino Card. Severino Poletto impone le mani su uno dei neo diaconi salesiani. Foto di Yandava Kalyam Kumar

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’era davvero tutto il mondo a Torino sabato 12 giugno nella basilica di Maria Ausiliatrice: qui, nella Casa Madre, l’Arcivescovo di Torino, card. Severino Poletto, ha ordinato diaconi 24 giovani salesiani. L’ordinazione è avvenuta a conclusione degli studi di teologia presso l’Istituto Internazionale Don Bosco di Torino, conosciuto anche come «Crocetta», dal nome del quartiere dove sorge lo studentato salesiano. Sette i giovani italiani, tre dei quali piemontesi: Pierantonio Gullino, Stefano Mondin, Marco Panero. Gli altri sono originari della Slovacchia, Slovenia, Malta, Filippine, Medio Oriente e Vietnam. In una basilica stracolma dei parenti (molti giunti da lontano), amici e tanti salesiani che hanno accolto fraternamente gli ordinati che daranno nuova linfa al carisma salesiano. «In un momento di carenza di vocazioni – ha sottolineato il cardinal Poletto nella sua omelia – è incoraggiante vedere tanti giovani che hanno deciso di diventare sacerdoti. La speranza è che tanti altri giovani che tramite voi incontreranno il carisma salesiano decidano di intraprendere la

vostra strada». Don Enrico dal Covolo, Postulatore generale della Famiglia salesiana, intervenuto all’ordinazione, ha letto il telegramma del card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano, inviato per l’occasione agli ordinati. I neo ministri, hanno scelto come motto della loro ordinazione una frase significativa del rito: «credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni». Il percorso verso l’ordinazione diaconale, la prima tappa verso il sacerdozio, prevede tre anni di studi teologici che i 24 aspiranti hanno frequentato e concluso alla «Crocetta» nell’Istituto che fin dalla sua fondazione, nel 1924, ospita studenti dalle case salesiane di tutto il mondo. Gli allievi, durante gli studi, conoscono i luoghi di Don Bosco in modo da «entrare» più a fondo nella spiritualità salesiana e solitamente il sabato e la domenica prestano servizio in una delle tante opere salesiane e in parrocchie della diocesi di Torino per sperimentare da vicino cosa significa «fare il prete», come Marco Panero, braidese di nascita e cresciuto come animatore dell’Oratorio San Domenico Savio di Bra e i due chierici che negli ultimi anni hanno prestato servizio a Bra nei fine settimana, Gerald Mangion, maltese e Lukas Stasak slovacco. Se tutto procede infatti i 24 diaconi verranno ordinati sacerdoti il prossimo anno: nel frattempo, alcuni rimarranno alla Crocetta per terminare gli studi, altri si trasferiranno in altri istituti salesiani per completare la loro formazione. Ma non solo a Torino, in prossimità della conclusione dell’Anno sacer-


, a nel mondo dotale indetto da Benedetto XVI, la famiglia salesiana è stata allietata dall’ingresso di nuovi ministri: numerose ordinazioni, sacerdotali e diaconali, hanno allietato varie comunità salesiane in tutto il mondo. Tra queste Gerusalemme e Lusaka (sempre il 12 giugno) e Roma, il 29 maggio, presso la Basilica del Sacro Cuore di Roma. A Gerusalemme, presso la Chiesa del Getsemani, sette studenti salesiani dello «Studium Theologicum Salesianum Saints Peter and Paul» (Ratisbonne) hanno ricevuto il ministero diaconale dalle mani di mons. Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme. I sette neodiaconi salesiani provengono da Brasile, Gabon, Italia, Stati Uniti, Polonia e

Francia. Nell’omelia il Patriarca ha sottolineato l’importanza di vivere il diaconato in maniera radicale, facendo sempre riferimento al Vangelo. A Lusaka, Zambia, il salesiano don Michael Mbandama è stato ordinato sacerdote nella Cattedrale di Gesù Bambino. A presiedere le ordinazioni, sempre sabato 12 giugno, è stato mons. Telesphore George Mpundu, arcivescovo di Lusaka. Il 29 maggio, nella Basilica del Sacro Cuore di Roma, mons. Mario Toso, sdb, Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha consacrato sacerdoti i salesiani vietnamiti Francesco Saverio Pham Dinh Phuoc e Pietro Tran Anh Tu, e ha ordinato diacono il salesiano indiano Justin Narzary. Tra i concelebranti mons. Pierre Nguyen Van De, sdb, vescovo di Thái Binh, e il Superiore della Circoscrizione Speciale Italia Centrale, don Alberto Lorenzelli. Marina Lomunno redazione.rivista@ausiliatrice.net

I I 24 neo diaconi. Per il giorno dell’ordinazione il motto da loro scelto è stato: “Credi sempre in ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”. Foto di Yandava Kalyam Kumar

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Maria nell’arte

La Madonna di Se n Il dipinto di Piero della Francesca

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iero della Francesca nacque a Borgo Sansepolcro, paese al confine tra Toscana e Umbria, attorno al 14161417. Suo padre si chiamava Benedetto de’ Franceschi; poi, non si sa come, il figlio fu denominato della Francesca, anche se in antico si preferiva chiamarlo Piero de Borgo.

Y Il dipinto Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, olio su carta riportata su tavola, è conservato nella Galleria Nazionale delle Marche, Urbino.

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Svolse gran parte della sua attività tra Arezzo e Urbino, ma ebbe la formazione a Firenze. Contrariamente ad altri pittori, Piero rimase profondamente legato all’ambiente dove era nato. Era innamorato della sua terra e molti dei suoi dipinti presentano il dolce paesaggio


e nigallia della Valle Tiberina. Nonostante lo stretto àmbito della sua attività, esercitò una profonda e duratura influenza sui pittori a lui contemporanei, anche se questi non lo avevano mai incontrato. Grande maestro della prospettiva Il lavoro più significativo di Piero è il grande ciclo ad affresco per la chiesa aretina di San Francesco: la leggenda della vera croce. Il testo letterario a cui si faceva riferimento era la Leggenda Aurea, composta verso la metà del Duecento dal frate francescano Jacopo da Varagine, l’odierna Varazze. Piero della Francesca fu uno dei primi a mettere in pratica le regole della prospettiva nei suoi dipinti. In vecchiaia, scrisse anche un trattato sull’argomento intitolato appunto De prospectiva pingendi. In genere, le figure da lui dipinte hanno una solidità che ricorda quella delle statue. Morì a Borgo Sansepolcro il 12 ottobre 1492. Da Senigallia ad Urbino Attorno al 1474, Piero dipinse la “Madonna di Senigallia”, così chiamata dal luogo di provenienza. Infatti, dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie extra Moenia di Senigallia, l’opera (che misura 61 x 53,5 cm) giunse nel secolo scorso ad Urbino, dov’è conservata nella Galleria Nazionale delle Marche. Il dipinto colpisce immediatamente per il senso di equilibrio, solido, espresso al punto da dare un senso di stati-

cità. L’atmosfera che regna nel dipinto è di estasi commossa. Il gruppo della Madonna con il Bambino in primo piano può essere contenuto in una piramide. Anche se le figure degli angeli e l’architettura del fondo accentuano una scansione in senso verticale della composizione.

T Il particolare del bambino con al collo la collana di perle rosse con un corallo, simbolo arcaico di protezione degli infanti, che nel caso delle scene sacre acquistava anche un valore di premonizione della Passione per via del colore rosso-sangue.

L’attribuzione alla fine dell’800 La soluzione spaziale non è più attuata da rapporti dimensionali, ma dalla luce, che varia a seconda delle superfici che investe. Lo studioso inglese Clark afferma che all’origine di un simile trattamento ci sarebbe un’opera perduta del pittore fiammingo van Eyck, allora presente nelle collezioni del duca di Urbino. Soltanto alla fine dell’800 la critica si è trovata concorde nell’assegnare l’autografia della tavola a Piero. Dopo essere stata attribuita alla sua scuola, un confronto con l’Annunciazione del polittico di Perugia ha sciolto il nodo; anche se l’impianto grandioso della Madonna di Senigallia è conseguito senza insistere sulla semplificazione geometrica, tipica dell’opera di Perugia. Natale Maffioli

U Piero Della Francesca (Sansepolcro, 1416-1492), pittore e matematico, è stato una personalità tra le più emblematiche del Rinascimento (Ritratto di Sigismondo Malatesta, 1451).

maffioli.rivista@ausiliatrice.net

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Attualità

Generazione “no studio, no l Don Bosco cosa farebbe? S

Y Aiutare i giovani ad essere protagonisti del loro futuro: per Don Bosco era questa la sfida educativa.

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ono molte le etichette che i pomposi “opinion maker” dei media internazionali appiccicano alla moderna realtà giovanile. I grandi quotidiani di lingua spagnola parlano dei giovani come della “generaciòn ni-ni: ni estudio, ni trabajo”. I facondi tuttologi inglesi precisano meglio l’idea parlando di “neet generation” dove l’acronimo vuol dire: “Non in Education, Employment or Training generation”, cioè ragazzi che non studiano, non lavorano, né imparano un mestiere. In Spagna una recente indagine demoscopica, firmata dalla società Metroscopia, rivela che il 54% dei giovani di età compresa fra i 18 ed i 35 anni dichiara “di non avere alcun progetto su cui riversare il proprio interesse o le proprie illusioni”. Si potrebbe pensare che i giovani siano disperati di fronte ad una tale realtà esistenziale triste nel presente e scarsa di prospettive future. Ebbene si sbaglia di grosso. Infatti l’80% dei giovani si dichiara pienamente soddisfatto della propria vita e di non avere il benché minimo progetto di cambiarla in quanto non impedisce la soddisfazione dei loro più importanti desideri. Il non avere né arte né parte non intacca il loro alto tenore di vita finanziato dai genitori che si preoccupano di non far mancare loro nulla: l’importante è che non disturbino il quieto vivere borghese. Molti giovani sono la personificazione del “signorino soddisfatto” di cui parla il filosofo spagnolo dei primi del Novecento Ortega y Gasset. Hanno fatto propria la filosofia di vita, insegnata da Nietsche e Deleuze, tutta im-

postata sulla piena soddisfazione di qualsivoglia bisogno. Si credono onnipotenti perché fanno quello che vogliono; sfangano una vita post-moderna al di là del bene e del male, al di qua del vero e del falso. Lo scrittore francese Bégaudeau nel suo romanzo «Verso la dolcezza» definisce il modo di vivere giovanile con il termine forte «bordello affettivo» che può urtare la sensibilità ma che non manca di sintesi e chiarezza.

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o lavoro”:

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La famiglia di Don Bosco, che porta, o dovrebbe portare, nel cuore una bruciante passione educativa per la gioventù, che cosa può concretamente fare? Forse potrebbe cominciare con il riflettere su una bella frase attribuita a Platone che dice: “L’unica buona moneta con cui bisogna cambiare tutte le altre è la «phronesis», un’intelligenza che sta in guardia”. Questa phronesis salesiana dovrebbe maturare nel-

la convinzione, fondante tutte le altre, che, come dice il martire Ignazio d’Antiochia, “il cristianesimo non è opera di persuasione, ma di grandezza”. In soldoni, dobbiamo essere grandi nella testimonianza e non nella chiacchiera, nel moralismo o nel dogmatismo. Don Bosco non disquisiva sui giovani, era grande in mezzo a loro, li sfidava, li provocava, li accettava, li faceva sentire importanti. Non imponeva diktat ma, nella più totale fiducia, li faceva crescere nell’autostima, forniva loro quanto di meglio la tecnologia del tempo metteva a disposizione per insegnare loro una professione, li caricava di responsabilità che li abilitava all’impegno, li educava alla sobrietà del vivere e del desiderare, e con la sua personale santità di prete tutto d’un pezzo proponeva alla loro intelligenza e libertà la bellezza di un vivere radicato nella fede di Cristo morto e risorto. Le carte che Don Bosco scopriva nello “show down” educativo con i giovani erano vere e non taroccate. Per questo i giovani lo hanno seguito, come lo seguirebbero anche oggi. Lui, i giovani, li motivava perché li conosceva e li amava. E noi? Ermete Tessore

Don Bosco, i giovani, li motivava perché li conosceva e li amava. E noi?

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La pagina dell’ADMA

ADMA: con Don Bosco verso i

ADMA news Per informazioni complete e aggiornate sull’ADMA nel mondo consultate il sito: www.donbosco-torino.it adma-on-line

Y Palazzolo (Brescia) - Sabato 5 giugno 2010 è stata costituita con 40 ragazzi l’ADMA Giovanile.

Y Torino-Valdocco Per l’ADMA Primaria, il 24 maggio, è stata una festa di Maria Ausiliatrice davvero pentecostale, per la forte passione che sempre comunica il Rettor Maggiore.

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ontemplare e riconoscere l’amore di Dio è sapere accogliere la vita come grazia, è capacità di custodire il bene che è in noi e attorno a noi, è impegno ad annunciare il vangelo della vita. La perdita della fede ha tolto il senso della vita a tante persone, in particolare alle nuove generazioni. Davanti a questo attacco diabolico è ancora il Cuore di Maria che ci indica la via dell’autentico amore e della sicura esperienza di Dio. Il pellegrinaggio del Santo Padre Benedetto XVI in terra portoghese, e specificamente a Fatima, ha costituito un momento forte di questo pontificato, che va sempre più rivelandosi altamente mariano, sulla scia del grande predecessore Giovanni Paolo II. In diversi interventi il Papa, facendo suo il messaggio di Fatima e attualizzandolo, ci mette in guardia dal rischio della perdita della fede ed esorta a custodire e incrementare la vita di Dio in noi e in mezzo a noi: “Nel nostro tempo, in cui la fede in ampie regioni della terra rischia di spegnersi come una fiamma che non viene più alimentata, la priorità al di sopra di tutte è rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l’accesso a Dio” (recita del Santo Rosario, spianata del santuario di Fatima, 12 maggio). E ancora: “Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?” (omelia

nella Santa Messa, Lisbona, 11 maggio). Don Bosco, fondando l’ADMA, aveva intuito come soltanto una forte devozione a Maria avrebbe preservato e aiutato il popolo cristiano a conservare ed a incrementare la fede cattolica, insidiata da tanti errori, da tante deviazioni che avrebbero spento la fiamma della fede nel cuore dei credenti. Per noi membri dell’Associazione di Maria Ausiliatrice tutto questo è un forte stimolo a comprendere che la grazia dell’ADMA è più una realtà aperta verso il futuro, che un fatto del passato. Il carisma di fondazione, nato nel cuore mariano di Don Bosco, ci impegna a vivere l’adesione all’Associazione con una nuova coscienza ecclesiale e con un rinnovato impegno, che ci spinge ad essere discepoli autentici e apostoli appassionati nell’annuncio del Vangelo. Pier Luigi Cameroni pcameroni@salesiani.it


o il futuro Y San Benigno Canavese (Torino) - In occasione della festa di Maria Ausiliatrice, il giorno 22 maggio 2010, è stata ufficializzata la nascita del nuovo gruppo ADMA di San Benigno Canavese.

T Giappone - Il 24 maggio è iniziato ufficialmente anche in Giappone il gruppo ADMA. Oltre 20 persone hanno intrapreso un cammino di preparazione per far parte dell’Associazione di Maria Ausiliatrice.

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Appuntamenti mariani

Maria, siede su un trono d 7 settembre 1528 Y La Madonna dei miracoli è una festività molto sentita nel nord del Piemonte.

I

l Santuario della Madonna dei miracoli, detta del Boden, sorge a 475 metri di altitudine, poco sopra Ornavasso e la Valle del Toce, su un pianoro (in dialetto walser, Boden significa appunto pianoro) circondato da fitti boschi di castagno.

L’Apparizione

I Veduta della facciata del Santuario della Madonna del Boden. SANTUARIO DELLA MADONNA DEL BODEN Via al Boden 28877 Ornavasso (VB) Tel. 0323.837298

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Nella regione, da sempre, è venerata l’Immagine della Madonna dipinta sul muro di una piccola cappella. La sera del 7 settembre 1528, una pastorella, Maria della Torre, mentre custodisce il gregge, si addormenta per la stanchezza. Svegliatasi a notte fonda, presa dalla paura e dal timore per la perdita del bestiame, si mette a piangere ed invoca l’aiuto della Madonna. Improvvisamente sente che le manca la terra sotto i piedi ed ha la sensazione di precipitare da un’alta rupe. Una luce vivissima l’avvolge e, giunta miracolosamente illesa sul fondo del precipizio, al chiarore di quella luce ve-

de poco distante la Cappella del Boden ed intorno ad essa radunato il proprio bestiame. Profondamente commossa, ringrazia la Vergine e la supplica di accompagnarla, tra l’oscurità di quella notte, nel tratto di strada che ancora le rimane per far ritorno a casa. Ed ecco, nuovo prodigio, la luce che risplende intorno alla Cappella, la guida fino al fondo valle, dove incontra la madre ed altre donne che vengono proprio in cerca di lei. Esse rimangono stupefatte per il chiarore di quell’insolita luce che circonda la ragazza ed il gregge. Il Santuario La notizia del fatto straordinario si diffonde ben presto nei dintorni e la gente, già commossa per altre grazie e prodigi verificatisi in quel tempo, trasforma la piccola Cappella in una vera Chiesa ad onore della Natività di Maria Santissima. Due anni dopo, l’8 settembre 1530, si inizia a celebrare la festa della Madonna del Boden, con uno straordinario concorso di fedeli provenienti dalle Valli dell’Ossola, dalle rive del lago d’Orta e del lago Maggiore che, attratti e stupefatti per i continui prodigi e per i tanti miracoli, ad una voce proclamano la Madonna del Boden, Madonna dei Miracoli. Le tante grazie concesse dalla Ma-


o d’amore donna ai devoti sono attestate da numerosissimi ex-voto, piccoli quadri che rivelano la devozione popolare e ricordano i vari episodi, oggetto della benevolenza della Madonna. Il numero complessivo degli ex-voto è di 1147, il 40 % dei quali risalgono al 1800. Essi costituiscono un documento di estremo interesse per la ricostruzione del sentimento religioso della popolazione della zona e degli stili di vita del tempo. Il primo a tramandare la memoria dei miracoli della Madonna del Boden, è il sacerdote Giovanni Antonio Ronchi, parroco del luogo dal 1593 al 1644. Numerose sono evidentemente le sue testimonianze: Angelino Jongo, lavorando nei campi, si ferisce gravemente e rischia di perdere irreparabilmente la mano: la Madonna gli restituisce l’uso dell’arto. Antonio Diro che abita a Roma, colpito da grave infermità, dopo aver invocato invano l’aiuto di San Gottardo e di altri santi, ottiene la guarigione per grazia della Madonna del Boden. E così infinite persone sono esaudite nelle loro necessità. La protezione di Maria si rivela poi in modo particolarmente materno durante le calamità naturali, come alluvioni ed epidemie pestilenziali, che di frequente colpiscono la popolazione nei secoli passati.

Pargoletto Gesù stretto al destro braccio, e posato nel grembo di Lei, il quale con la destra regge il globo del mondo, e la sinistra innalzata tiene in atto di accarezzare la Madre, cogli occhi pietosamente rivolti agli astanti, nel suo tutt’insieme inspira la più profonda venerazione e la più tenera devozione...”.1 L’Immagine della Madonna del Boden è solennemente incoronata una prima volta nel 1868 per mano del Vescovo di Novara Mons. Giacomo Filippo Gentile, ed una seconda nel 1921 per mano di Mons. Giuseppe Gamba, in seguito Vescovo di Torino e Cardinale. Mario Morra

U Affresco: Pastorella Maria della Torre, Santuario Madonna del Boden (VB).

CSDM online Consultate l’archivio on-line del Centro di documentazione. Troverete anche nuove informazioni ed approfondimenti. www.donbosco-torino.it Questo mese: storia illustrata dei Papi della prima metà del VII secolo.

morra.rivista@ausiliatrice.net 1 GAETANO BORGHINI, I Santuari della Madonna dei Miracoli del Boden e di S. Maria della Guardia nei monti sopra Ornavasso (Novara, Tip. S. Gaudenzio 1931).

I Particolare dell’interno del Santuario.

Le solenni Incoronazioni La Madonna del Boden è così descritta: “Siede Maria in seggio, come sopra un trono di amore, in atteggiamento pieno di carità e di dolcezza; l’affetto è semplice ed elegante, e col

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Filatelia religiosa

Cafasso, “perla” dei preti italiani P

er ricordare anche filatelicamente due importanti ricorrenze della diocesi di Torino, il Gruppo di Filatelia religiosa «Don Pietro Ceresa» ha organizzato un’esposizione di collezioni a tematica religiosa sui Missionari della Consolata e i Santi Sociali, presso i locali del Santuario della Consolata (Sala Gotica) dal 20 al 24 giugno scorso. – San Giuseppe Cafasso, nel 150º anniversario della morte (1811-1860). Il Cafasso, definito dal Papa la «perla del clero italiano», diresse il Convitto ecclesiastico e fu prefetto del Corso di Teologia Morale per il perfezionamento pastorale del giovane clero: per questo fu il formatore dei “santi sociali” piemontesi. Fu appunto attorno al Convitto che nacquero le nuove iniziative di pastorale giovanile, come gli oratori festivi con Don Bosco. Il santo dei giovani che fu suo allievo, così lo ricordò nelle sue memorie: «era mia guida e mio direttore spirituale, e se ho fatto qualche cosa di bene, lo debbo a questo degno ecclesiastico nelle cui mani riposa ogni studio, ogni azione della mia vita». Cafasso è anche ricordato come il «prete della forca» per la sua azione pastorale tra i carcerati e i condannati a morte. – L’altra ricorrenza è il 100º anniversario della fondazione della Congregazione delle Suore Missionarie della Consolata, avvenuta il 29 gennaio 1910 ad opera del beato Giuseppe Allamano (1851-1926), nipote del Cafasso e Rettore del Santuario della Consolata per 46 anni. Nel 1864, a Valdocco, l’Allamano incontrò il cardinal Massaia e decise di seguire le sue orme nella missione tra i Galla e, senza mai lasciare l’Italia, fondò i Missionari della Consolata, istituto oggi diffuso in tutti i continenti. – Cartoline commemorative. Il Gruppo filatelico ha promosso anche quattro cartoline commemorative e le Poste Italiane hanno utilizzato il 20 giugno 2010, presso l’Ufficio Postale, distaccato presso il Santuario, due annulli figurati: il primo rappresenta l’immagine del Cafasso ripreso dal monumento al santo eretto nel luogo dove esisteva la «forca» per i condannati a morte, a poche centinaia di metri dai Santuari della Consolata e di Maria Ausiliatrice; il secondo, il logo del centenario delle Suore Missionarie della Consolata. Angelo Siro redazione.rivista@ausiliatrice.net

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Lettere a suor Manu

Dire sì, dire no... “

«... ma le mamme degli altri glielo lasciano fare» è uno dei ritornelli più frequenti che esce dalla bocca di mia figlia, 17 anni. Mi pare una ragazza con la testa sul collo, lei... le sue amiche invece un po’ meno. Anzi, per la verità è sulle mamme delle sue amiche che avrei alquanto da ridire: possibile che non dicano mai un «no» alle loro figlie?

Una volta una pecora scoprì un buco nel recinto dove era rinchiusa e scivolò fuori. Era così felice di andarsene! Finalmente si sentiva libera! Ma, senza accorgersene, si allontanò molto e alla fine si perse. Si accorse allora d’essere seguita da un lupo feroce. Corse e corse, ma il lupo continuò ad inseguirla. Maledisse il momento in cui decise di uscire dal recinto! Impaurita e disperata si sentì persa. Finché fortunatamente arrivò il pastore e la salvò, riportandola amorevolmente nell’ovile. Allora, per evitare situazioni simili, tutti lo incitavano a riparare il buco nel recinto, ma il pastore per nessuna ragione lo volle riparare... In educazione vince chi “convince”. Non c’è una legge per regolare i “sì” e i “no” da dire ai propri figli, se non la legge del buon senso. Conosco una mamma che dice a sua figlia: a me hanno sempre detto “no” quindi io non voglio che tu debba passare quello che ho passato io, per cui fai quello che vuoi... ecco il recinto sempre aperto... È necessario avere il coraggio del dialogo. Non basta dire “no”. Molti di noi sono stati abituati a obbedire senza “se” e senza “ma”, in nome di un rispetto naturale per l’autorità che a nes-

suno veniva in mente di mettere in discussione. Oggi non è più così. Quando un figlio ti chiede un permesso, qualunque sia la risposta che senti di dover dare come genitore, non puoi sbrigartela con un monosillabo e l’arte della negoziazione è quella che “paga” di più. Così figli e genitori crescono contemporaneamente. Mi pare che ciò che caratterizza l’essere adulti sia la capacità di discernere sulle cose, la pazienza di ascoltare e di rispondere motivando le proprie affermazioni. Allora se ci sono queste premesse, i figli riusciranno anche a comprendere quella volta in cui dirai: “Questa cosa non me la sento di concedertela, anche se non ho il tempo di parlarne”. Non c’è una legge per comprendere quando dire “sì” o “no”. Ma è importante che ci preoccupiamo che i nostri “sì” e soprattutto i nostri “no” facciano percepire tutto l’amore che li motiva. Parafrasando Don Bosco: “Non basta amare i figli, bisogna che essi sentano che li amiamo!”. Manuela Robazza

U Talvolta sono proprio i “no” ad aiutare a crescere i nostri figli. © Pavel Losevsky, Photoxpress.com

suormanu.rivista@ausiliatrice.net

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Nº 7 - SETTEMBRE-OTTOBRE 2010

Non dimentichiamo l’estate La pagina del Rettore

Don Franco Lotto

Proclamate il Vangelo a tutti Editoriale

Václav Klement

Ricordare ciò che Gesù dice Leggiamo i Vangeli

Marco Rossetti

Maria è scala, ponte e porta Spiritualità mariana

Maria Ko Ha Fong

L’Immacolata Concezione... e la castagna Maria nei secoli

Roberto Spataro

L’Assunta: una donna vestita di sole Il Papa ci parla “Gesù, toglimi la paura” Catechesi & dintorni Il Rosario: una bella e dolce “anticaglia” Il Poster

Enzo Bianco Anna Maria Musso Freni a cura di Mario Scudu

Preti poeti Novità editoriali

Lara Reale

Ordinati nuovi diaconi Vita del santuario

Marina Lomunno

La Madonna di Senigallia Maria nell’arte

Natale Maffioli

Generazione “no studio, no lavoro”: Don Bosco cosa farebbe? Attualità

Ermete Tessore

Con Don Bosco verso il futuro La pagina dell’ADMA

Pier Luigi Cameroni

Maria siede su un trono d’amore Appuntamenti mariani Dire sì, dire no... Lettere a suor Manu

Mario Morra Manuela Robazza

FOTO DI COPERTINA:

Ogni anno, dal 1875, vengono inviati dalla Basilica di Maria Ausiliatrice in ogni parte del mondo centinaia di missionari.

2010

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20B - Legge 662/96

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ANNO XXXI -

MENSILE - Nº

7 - SET.-OTT.

al mondo Da Valdocco zie Il nostro gra ai missionari

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