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• ANNO XXX - MENSILE - N° 7 - LUG./AGO. 2009
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MARIA Regina del Cielo
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RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO
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Pietro e Gesù (21,15-19)
Gesù narra il Padre Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simone Pietro: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro? Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che io ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene! Gli disse: “Pasci le mie pecore”. Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene? Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”. E gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore”. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu
non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo disse: “Seguimi”. Il pasto preso insieme li ha affiatati e Gesù ora guarda Pietro e gli fa una domanda impegnativa, gli chiede: “Mi ami tu più di costoro?”. La risposta di Pietro è sfumata, umile. Pietro non usa il verbo “amare”. Dopo quanto gli è capitato, come può affermare con sicurezza un amore incondizionato che esige un totale dono di sé? E neppure osa dire che lo ama più degli altri. Egli ha rinnegato il Maestro, gli altri no! Si limita a usare il verbo dell’amicizia, ma anche questo con umiltà, affidandosi finalmente al giudizio del suo Signore: “Tu sai che ti voglio bene”. E Gesù sapeva che ora Pietro era in sintonia con lui e pronuncia quella formula che è con-
© Gesù e Pietro, Severino Fabris, Ed. Elledici
La domanda che Gesù rivolge a Pietro è impegnativa e richiede una risposta totalizzante. Pietro confesserà la sua debolezza e si affiderà totalmente al suo Signore.
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ferimento di missione: “Pasci i miei agnelli”. Siamo in un linguaggio pastorale. Dire “pasci” significa affidargli il gregge perché vada avanti e il gregge lo segua come si segue il pastore di cui le pecore conoscono la voce, significa preoccuparsi perché al gregge non manchi il necessario, incominciando dagli agnelli, cioè dai piccoli, dai più deboli, significa difenderli dai pericoli, disposto a dare la propria vita, perché abbiano la vita. Gesù per la seconda volta gli chiede ancora: “Mi ami tu?” e Pietro ripete: “Tu sai che ti voglio bene”. E Gesù gli dice: “Pasci le mie pecore”. Il parlare è cambiato. Gesù non solo gli affida il gregge, ma gli affida il governo del gregge, gli dà pieni poteri sul popolo di Dio. Tale è nella Bibbia il senso pieno di pascere. Gli affida la totalità del gregge. Sarà lui che visibilmente, nel suo ministero, dovrà unire tutti i figli di Dio dispersi, fare di tutti un solo gregge, un solo popolo. È l’autorità di Gesù sul suo popolo che il ministero di Pietro dovrà rendere visibile nella storia. Ed eccoci alla terza domanda di Gesù: “Mi vuoi bene?”. Qui Gesù si colloca sul piano di Pietro e usa il verbo dell’amicizia. Si compie così per Pietro la parola di Gesù: “Non vi chiamo più servi, ma amici e agli amici si dice tutto (15,14). Sulle prime Pietro si rattrista – è difficile dimenticare quel che gli è capitato – ma poi si dona totalmente a Gesù: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene”. Sono amici
e gli amici hanno gli stessi ideali e lavorano insieme per uno stesso scopo. Pietro perciò lavorerà all’unisono con Gesù e come Gesù. E Gesù gli ripete: “Pasci le mie pecore”. Senza immagini: Pietro sarà il Maestro della comunità, alla quale comunicherà quelle parole che sono spirito e vita (6,33) e si donerà al gregge come si è donato il suo Maestro e Signore. Gesù ne è sicuro e gli annuncia che sarà perfettamente associato al suo martirio. La parola di Gesù è fatta di immagini e antitesi, ma l’autore che scrive dopo i fatti commenta: “Questo gli disse per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio, proprio come Gesù. Poi si riporta un altro comando di Gesù a Pietro: “Seguimi” e Pietro lo seguì. Il “mi seguirai più tardi” (13,36) incomincia a realizzarsi. Il discepolo che Gesù ama (21,21-23) Pietro, voltatosi, vide che li seguiva il discepolo che Gesù amava, colui che nella Cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce?”. Pietro dunque, come lo vide disse a Gesù: “Signore, che cosa sarà di lui?”. Gesù gli rispose: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi. Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non aveva detto che non sarebbe morto, ma: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che ne importa?”. Si ha l’impressione che Gesù e Pietro si siano distaccati dal gruppo. Sembra possibile dedurlo dal fatto che il discepolo che Gesù amava si mise a seguire Gesù, non Pietro. Ma non ci si limita a dire questo di lui. Qui il richiamo alla prima volta che fu definito come “il discepolo che
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Il discepolo prediletto è colui che continua a vedere la presenza del Signore Risorto nell’oggi della storia.
Gesù amava” (13,23) è ben preciso perché si ricorda che allora fu lui a chiedere a Gesù chi era colui che l’avrebbe tradito (13,25). Con questo si sottolinea quanto sia entrato nella sfera dell’amore di Gesù, non perché Gesù avesse dei privilegiati, ma per la sua fedeltà. È, infatti, colui che non ha mai abbandonato il Maestro. Era presente sul Calvario (19,26); fu il primo a giungere al sepolcro e a credere (20,4.8) ed è la sua fedeltà e il suo amore che gli fece percepire, prima degli altri, la presenza di Gesù sulla spiaggia (21,7). Comunque le parole di Gesù sul discepolo amato si diffusero nelle comunità dei fratelli (così si chiamavano i cristiani) e, data forse la longevità di quel discepolo, si incominciò a pensare che non sarebbe morto e che perciò il ritorno del Signore fosse vicino. Ma lo stesso discepolo o un altro redattore di questo versetto (22), smentì una simile interpretazione ed ebbe ragione. Quel discepolo morì, (o forse era già morto) e la storia continuava e con essa l’attesa del Signore che continua tutt’oggi.
Conclusione (21,24-25) Questo è il discepolo che testimonia questi fatti e li ha scritti e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere. È la conclusione del Vangelo e suona come una testimonianza e una dichiarazione di quanto si è proposto l’autore nel mettere per scritto la sua testimonianza. È chiaro che non poteva riferire tutto quel che Gesù ha detto, sarebbe stato umanamente impossibile. Tale è il senso dell’iperbole finale. Egli si è limitato a scrivere alcune delle molte cose fatte e insegnate da Gesù e le ha scritte come ha detto nella prima conclusione (20,30-31) con uno scopo ben preciso: suscitare la fede, dare la possibilità a chi crede di avere la vita nel suo nome. Ora vuole solo insistere sul fatto che la sua è una testimonianza ed è vera. Il solenne “ Noi Sappiamo” include il redattore del capitolo, i membri della scuola giovannea o anche l’intera comunità che ora diventa garante della verità della testimonianza resa dall’autore dell’intero Vangelo. Mario Galizzi 3
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La Catechesi di Benedetto XVI
I Dodici
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’Apostolo Tommaso è sempre presente nelle quattro liste compilate dal Nuovo Testamento. Nei primi tre Vangeli è collocato accanto a Matteo (cf Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 6,15), mentre negli Atti si trova vicino a Filippo (cf At 1,13). Il suo nome deriva da una radice ebraica, ta’am, che significa «appaiato, gemello». In effetti, il Vangelo di Giovanni più volte lo chiama con il soprannome di «Didimo» (cf Gv 11,16; 20,24; 21,2), che in greco vuol dire appunto «gemello». Non è chiaro il perché di questo appellativo. Disponibile a seguire Gesù Soprattutto il Quarto Vangelo ci offre alcune notizie che ritraggono qualche lineamento significativo della sua personalità. La prima riguarda l’esortazione, che egli fece agli altri Apostoli, quando Gesù, in un momento critico della sua vita, decise di andare a Betania per risuscitare Lazzaro, avvicinandosi così pericolosamente a Gerusalemme (cf Mc 10,32). In quell’occasione Tommaso disse ai suoi condiscepoli: «Andiamo anche noi e moriamo con lui» (Gv 11,16). Questa sua determinazione nel seguire il Maestro è davvero esemplare e ci offre un prezioso insegnamento: rivela la totale disponibilità ad aderire a Gesù, fino ad identificare la propria sorte con quella di Lui e a voler condividere con Lui la prova suprema della morte. In effetti, la cosa più importante è non distaccarsi mai da Gesù. D’altronde, quando i Vangeli 4
L’Apostolo
Tommaso usano il verbo «seguire» è per significare che dove si dirige Lui, là deve andare anche il suo discepolo. In questo modo, la vita cristiana si definisce come una vita con Gesù Cristo, una vita da trascorrere insieme con Lui. San Paolo scrive qualcosa di analogo, quando così rassicura i cristiani di Corinto: «Voi siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere» (2 Cor 7,3). Ciò che si verifica tra l’Apostolo e i suoi cristiani deve, ovviamente, valere prima di tutto per il rapporto tra i cristiani e Gesù stesso: morire insieme, vivere insieme, stare nel suo cuore come Lui sta nel nostro. Una domanda rivelatrice Un secondo intervento di Tommaso è registrato nell’Ultima Cena. In quell’occasione Gesù, predicendo la propria imminente dipartita, annuncia di andare a preparare un posto ai discepoli perché siano anch’essi dove si trova lui; e precisa loro: «Del luogo dove io vado, voi conoscete la via» (Gv 14,4). È allora che Tommaso interviene dicendo: «Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,5). In realtà, con questa uscita egli si pone ad un livello di comprensione piuttosto basso; ma queste sue parole forniscono a Gesù l’occasione per pronunciare la celebre definizione: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). È dunque primariamente a Tommaso che viene fatta questa rivelazione, ma essa vale per tutti noi e per tutti i tempi. Ogni
volta che noi sentiamo o leggiamo queste parole, possiamo metterci col pensiero al fianco di Tommaso ed immaginare che il Signore parli anche con noi così come parlò con lui. Nello stesso tempo, la sua domanda conferisce anche a noi il diritto, per così dire, di chiedere spiegazioni a Gesù. Noi spesso non lo comprendiamo. Abbiamo il coraggio di dire: non ti comprendo, Signore, ascoltami, aiutami a capire. In tal modo, con questa franchezza che è il vero modo di pregare, di parlare con Gesù, esprimiamo la pochezza della nostra capacità di comprendere, al tempo stesso ci poniamo nell’atteggiamento fiducioso di chi si attende luce e forza da chi è in grado di donarle. Dalla sua incredulità, la nostra fede Notissima, poi, e persino proverbiale è la scena di Tommaso incredulo, avvenuta otto giorni dopo la Pasqua. In un primo tempo, egli non aveva creduto a Gesù apparso in sua assenza, e aveva detto: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò!» (Gv 20,25). In fondo, da queste parole emerge la convinzione che Gesù sia ormai riconoscibile non tanto dal viso quanto dalle piaghe. Tommaso ritiene che segni qualificanti dell’identità di Gesù siano ora soprattutto le piaghe, nelle quali si rivela fino a che punto Egli ci ha amati. In questo l’Apostolo non si sbaglia. Come
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sappiamo, otto giorni dopo Gesù ricompare in mezzo ai suoi discepoli, e questa volta Tommaso è presente. E Gesù lo interpella: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente» (Gv 20,27). Tommaso reagisce con la più splendida professione di fede di tutto il Nuo-
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20,29). Questa frase si può anche mettere al presente: «Beati quelli che non vedono eppure credono». In ogni caso, qui Gesù enuncia un principio fondamentale per i cristiani che verranno dopo Tommaso, quindi per tutti noi. È interessante osservare come un altro Tommaso, il grande teologo medioevale di Aquino, accosti a questa formula di bea-
sperano e prova di quelle che non si vedono» (11,1). Il caso dell’apostolo Tommaso è importante per noi per almeno tre motivi: primo, perché ci conforta nelle nostre insicurezze; secondo, perché ci dimostra che ogni dubbio può approdare a un esito luminoso oltre ogni incertezza; e, infine, perché le parole rivolte a lui da Gesù ci ricordano il vero senso della fede matura e ci incoraggiano a proseguire, nonostante la difficoltà, sul nostro cammino di adesione a Lui.
Incredulità di Tommaso, Duccio di Buoninsegna (1311), Siena
Testimone nel mondo
Tommaso offre a Gesù l’occasione di proclamare beati tutti coloro che pur non avendolo visto risorto crederanno in Lui.
vo Testamento: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). A questo proposito commenta Sant’Agostino: Tommaso «vedeva e toccava l’uomo, ma confessava la sua fede in Dio, che non vedeva né toccava. Ma quanto vedeva e toccava lo induceva a credere in ciò di cui sino ad allora aveva dubitato» (In Iohann. 121, 5). L’evangelista prosegue con un’ultima parola di Gesù a Tommaso: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (Gv
titudine quella apparentemente opposta riportata da Luca: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete» (Lc 10,23). Ma l’Aquinate commenta: «Merita molto di più chi crede senza vedere che non chi crede vedendo» (In Johann. XX lectio VI 2566). In effetti, la Lettera agli Ebrei, richiamando tutta la serie degli antichi Patriarchi biblici, che credettero in Dio senza vedere il compimento delle sue promesse, definisce la fede come «fondamento delle cose che si
Un’ultima annotazione su Tommaso ci è conservata dal Quarto Vangelo, che lo presenta come testimone del Risorto nel successivo momento della pesca miracolosa sul Lago di Tiberiade (cf Gv 21,2). In quell’occasione egli è menzionato addirittura subito dopo Simon Pietro: segno evidente della notevole importanza di cui godeva nell’ambito delle prime comunità cristiane. In effetti, nel suo nome vennero poi scritti gli Atti e il Vangelo di Tommaso, ambedue apocrifi ma comunque importanti per lo studio delle origini cristiane. Ricordiamo infine che, secondo un’antica tradizione, Tommaso evangelizzò prima la Siria e la Persia (così riferisce già Origene, riportato da Eusebio di Cesarea, Hist. eccl. 3,1) e poi si spinse fino all’India occidentale (cf Atti di Tommaso 1-2 e 17ss), da dove poi il cristianesimo raggiunse anche l’India meridionale. In questa prospettiva missionaria terminiamo la nostra riflessione, esprimendo l’auspicio che l’esempio di Tommaso corrobori sempre più la nostra fede in Gesù Cristo, nostro Signore e nostro Dio. Benedetto XVI L’Osservatore Romano, 27-09-2006
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Il pr€stito della s Vita della Chiesa o hanno chiamato «Prestito della speranza». Aiuterà almeno 30 mila famiglie in difficoltà per la crisi, che potranno contare su un prestito di 500 euro al mese a condizioni molto vantaggiose. Nessuna ombra di usura. È l’obiettivo del «Fondo di garanzia» lanciato dai vescovi e che il 6 maggio è di-
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parati con figli a carico, ma niente aiuti alle «coppie di fatto». È una discriminazione? Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, precisa che le famiglie destinatarie del prestito sono «quelle previste dalla
tà di quello in genere pagato alle banche e alle finanziarie. Il primo «mattone» di questa nuova «strategia della solidarietà» sono i 30 milioni della colletta straordinaria tenuta in tutte le parrocchie della Penisola domenica 31 maggio, solennità di Pentecoste. Una «base» che, grazie all’accordo con l’Abi, genererà prestiti per 180 milioni nel triennio. Bagnasco ricorda che «la crisi è pagata in Italia da quella parte della popolazione che non ha mai scialacquato e che già prima della grande crisi era in sofferenza per una cronica ristrettezza economica. La scelta delle famiglie non è casuale, ma corrisponde alla convinzione profonda che vede in esse non solo l’ammortizzatore sociale più efficiente ma anche la trama relazionale più necessaria per un armonico sviluppo delle persone e della società».
ventato operativo con la firma tra Associazione bancaria italiana (Abi) e Conferenza episcopale italiana (Cei). L’accordo istituisce un fondo nazionale di 180 milioni di euro per sostenere le famiglie più povere, con almeno tre figli a carico o con un disabile, rimaste senza reddito a causa della perdita del posto di lavoro del capofamiglia. Uno dei criteri è l’«integrità morale», come spiega Corrado Faissola, presidente dell’Abi. Nessuna discriminazione tra matrimoni cattolici, civili o di altre religioni, e nessuna esclusione per i coniugi se-
Costituzione italiana. Per altre povertà subentrano le forme di sostegno che già esistono» e che vengono già da anni date indistintamente a tutti, «coppie di fatto» comprese. Trentamila nuclei familiari, dunque, su tutto il territorio nazionale nei prossimi anni accederanno a un prestito mensile di 500 euro per un massimo di 6 mila. Il contributo potrà essere prorogato per un secondo anno con lo stesso importo. Il prestito sarà rimborsabile quando il capofamiglia avrà ritrovato un lavoro stabile a un tasso massimo del 4,5 per cento, cioè la me-
Il ruolo delle banche
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E le banche? Risponde Faissola: «Hanno aderito con entusiasmo». Ed è possibile che i tassi di rimborso siano inferiori a quelli previsti. È vero, le banche non sono un’opera pia, tuttavia questa operazione per l’Abi «è fuori mercato, anche perché il sistema bancario ritiene che l’iniziativa non debba avere aspetti di mercato. C’è un tasso d’interesse di tipo sociale e le singole banche, se lo riterranno opportuno, potranno dare un segnale praticando condizioni ancora più vantaggiose», cioè la restituzione
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a speranza potrebbe avvenire a un tasso inferiore al 4,5%. Sarà Banca Prossima di IntesaSanPaolo a gestire il «Fondo» – spiegano alla Cei – «per la vicinanza etica al nostro mondo e alle nostre iniziative». Le domande passeranno attraverso le Caritas diocesane che metteranno le famiglie che ne hanno diritto in contatto con le banche. Per Bagnasco il «Fondo» si colloca «nella crisi economica che attraversa il Paese come effetto di una più ampia recessione internazionale». Nel complesso fenomeno della globalizzazione merita ricordare che questo scenario, per quanto improvviso, «esige una revisione profonda del modello di sviluppo dominante per correggerlo in modo concertato e illuminante», come suggerì Benedetto XVI nella Giornata mondiale della pace 2009.
La Conferenza Episcopale Italiana, con il suo Presidente, il Cardinal Angelo Bagnasco, ha messo a disposizione delle famiglie in difficoltà un fondo di 180 milioni di Euro.
Spiega il presidente Cei: «A noi pastori preme frenare il rischio presente nell’attuale situazione finanziaria che ha anche conseguenze per la vita personale e sociale, in particolare presenta il rischio dell’involuzione antropologica ed etica. La crisi
Si pensa che saranno circa 30.000 i nuclei familiari che nei prossimi anni accederanno al prestito mensile istituito dalla Chiesa italiana.
tocca i singoli, le famiglie, le comunità e il lavoro, già prima precario, ora lo è di più: quando si interrompe lascia senza garanzie. Non poche famiglie sono già in una fase critica con ripercussioni gravi sul fronte affitti, mutui, debiti contratti. Come pastori diamo voce alla gente e alle preoccupazioni che non sono poche né piccole, ma sarebbe un guaio seminare il panico e uccidere la speranza». Da oltre un anno in Italia «un fiorire inarrestabile» di iniziative e progetti delle diocesi hanno cominciato a dare risposte concrete ai bisogni. Puntualizza il cardinale: «Le nuove forme di prossimità e solidarietà si aggiungono a una serie di servizi stabili, come centri di ascolto, fondi antiusura, iniziative per le emergenze familiari e microcredito, che da anni intervengono e che hanno ampliato il raggio d’azione». Il «Fondo di garanzia», in assoluto, è la prima iniziativa di respiro nazionale di questo genere. L’idea è stata lanciata nel Consiglio permanente della Cei del 26-28 gennaio e in poco più di tre mesi è stata realizzata: un record, anche in considerazione della complessità e dell’ampiezza dell’operazione. Per Bagnasco «è un segno e uno strumento di speranza per attraversare la crisi e non soccombere». Fondamentale, per la riuscita dell’iniziativa, è stata la «colletta nazionale» del 31 maggio perché costituisce l’avvio del Fondo che, per essere efficace e rispondere agli obiettivi, richiede un investimento di 30 milioni». Ma sono possibili anche offerte su conti correnti postali e bancari, elargizioni e contributi di fondazioni, aziende, diocesi e istituti religiosi. Come esempio è stato assunto San Paolo che organizzò «la colletta per i poveri di Gerusalemme». Pier Giuseppe Accornero 7
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Sul monte con Gesù Vita liturgica
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rette. Nel Vangelo secondo Marco, c’è scritto addirittura che Pietro non sapeva che cosa dire, non capiva il senso di quanto diceva. Certamente Pietro ha conosciuto la dolcezza dello stare con il Signore, si è reso conto che vale la pena rimanere in dialogo con lui e che è bello vedere accanto a lui Mosè ed Elia, per capire che tutta la Scrittura, tutti i profeti, tutto quanto è capitato al popolo di Israele, in fondo, è contenuto in Gesù. Gesù è colui di cui i profeti avevano parlato, e che Abramo aveva desiderato e sognato. Vale la pena riconoscere questo, perché così si arriverà a riconoscere che Gesù è il Figlio stesso di Dio. Dice il Vangelo di Matteo che all’udire la voce del Padre che riconosce in Gesù il suo Figlio, Gesù si trasfigura sul monte per preparare i suoi allo scandalo della Croce, quando si manifesterà come l’agnello immolato per il nostro riscatto.
«I discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da un grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: “Alzatevi e non temete”. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo». Si potrebbe anche dire che questo è lo scopo della preghiera: riuscire a vedere che Gesù è il Figlio di Dio, e vederlo così chiaramente che tutto il resto scompare. Naturalmente, il resto, dobbiamo imparare a vederlo attraverso gli occhi di Gesù, sicché i problemi, gli impegni, le persone, non ci nascondano più il Signore, ma lo sappiamo vedere in ogni cosa. Il giudizio di Dio Il Vangelo ci ha insegnato a vedere il volto di Gesù sul volto dei fratelli: quello che facciamo al più piccolo di questi fratelli lo facciamo al Signore. Possiamo però anche vedere il volto di Gesù negli avvenimenti, addirittura nelle sofferenze, nelle croci: esse portano il sapore del Signore. Con la fede, sapremo vedere Gesù come il Figlio di Dio, e il suo volto sarà così attraente che impareremo a vedere ogni cosa a partire da lui: il suo volto negli altri e negli avvenimenti della vita. In questo modo, secondo l’invito del profeta Daniele, avremo anche imparato a capire il senso stesso della storia. Nella prima scena del brano, Agnus Dei, Comunità di Taizé
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l Vangelo della festa della Trasfigurazione ci parla di una esperienza che alcuni discepoli hanno provato con Gesù che li prende in disparte e li conduce con lui su un alto monte. È il senso della preghiera: abbandonare le nostre occupazioni quotidiane per potere stare un po’ con il Signore e per poterlo vedere realmente, sapendo riconoscere in lui la gloria stessa di Dio. Gesù è uomo, è perfettamente uomo, ha un volto umano, usa parole umane, possiamo incontrarlo attraverso la sua parola; ma bisogna poter intravedere in Gesù la gloria stessa di Dio. Gesù porta sul suo volto la gloria del Padre: se uno è capace di vedere con attenzione, è capace di vedere sul volto di Gesù l’amore, la santità, la bellezza di Dio Padre. Per questo, dice il Vangelo: «Fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce». La preghiera dovrebbe condurci a saper vedere la bellezza di Dio sul volto di Gesù, in modo che il volto del Signore brilli anche per noi, sia luminoso di una luce che è la luce stessa del Padre; così che venga anche a noi voglia di ripetere le parole di Pietro: «Signore, è bello per noi stare qui; se vuoi, faremo qui tre tende, un per te, una per Mosé e una per Elia»: per gustare la presenza del Signore e il dialogo con lui. Le parole di Pietro però non sono del tutto cor-
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Sul monte santo, Gesù manifesta la sua origine divina. In lui il Padre ha posto ogni compiacenza e ogni salvezza per l’uomo.
vediamo il giudizio del mondo: si collocano i troni per il giudizio del mondo intero: il mondo, la storia devono essere alla fine giudicati. Li giudicherà un vegliardo, Dio, il quale, proprio perché è eterno, porta dentro di sé la ricchezza del tempo. Dice Daniele che la sua veste era candida come la neve: la veste candida è un segno di vittoria, di gloria e di potere – Dio infatti ha un potere universale – e i capelli del suo capo erano candidi come la lana: era cioè anziano e possedeva la saggezza degli anziani e il potere dell’eternità. Il suo trono era come vampe di fuoco, con le ruote come fuoco ardente e un fiume di fuoco scendeva davanti a lui: dal trono di Dio esce un fuoco capace di distruggere ciò che è male e di purificare quello che è miscuglio di bene e male; cioè è in grado effettivamente di giudicare il mondo.
Come giudica il mondo, Dio, e qual è la sua ultima parola sulla storia? Nella seconda visione si dice che viene sulle nubi del cielo Uno come Figlio d’uomo, uno cioè che ha figura umana e perciò potrebbe apparire debole, limitato e povero. Invece, quando questo uomo giunge davanti al Vegliardo, Dio gli «Dà potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno che non tramonta mai e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto». Questo uomo riceve da Dio un potere eterno, universale. Il che ci fa ricordare quanto abbiamo letto in Matteo 28,18: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra». Gesù uomo, con la sua morte e Risurrezione, ha ricevuto dal Padre un potere eterno e universale, per cui la storia del mondo è nelle mani dell’uomo Gesù di Nazaret, di
colui che, Figlio di Dio fatto uomo, è vissuto non esercitando un potere di ingiustizia o di inganno, ma trasformando la sua vita in amore. Abbiamo davanti Gesù di Nazaret, e parleremo sempre di lui, per imparare a vederlo davvero, non solo dal punto di vista esterno, con i nostri occhi, ma a vederlo con gli occhi della fede, per vedere dunque in Gesù la gloria stessa del Padre, e riconoscere in lui quello a cui Dio ha dato il potere sul mondo; vederlo così vuol dire in concreto, sottomettere a lui la nostra vita. Il senso della preghiera sta proprio nel non vedere altro che Gesù, o meglio, nel vedere ogni cosa in riferimento a lui, in modo che Gesù possa diventare il Signore della nostra vita, e che la nostra vita sia aggrappata a lui e riceva in lui quella ricchezza di vita, di gloria e di onore che Gesù possiede e che a noi viene trasmessa in lui. Mons. Luciano Monari 9
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Maria, Spiritualità mariana
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lcuni anni fa, Anastasio Ballestrero, (vescovo di Torino dal 1977 al 1989), in una delle sue profonde meditazioni mariane ha scritto: “La Madonna è presente nella nostra vita non perché ve la mettiamo noi, ma per un posto che prende da sé nella volontà del Figlio suo. Maria è un dono che Dio fa all’umanità; riceverlo vuol dire essere credenti, custodirlo vuol dire essere fedeli, amarlo e viverlo vuol dire rendere feconda la nostra fede e nutrire inesauribilmente la nostra carità”. E, aggiungo io, alimentare anche la nostra speranza. Ne abbiamo sempre bisogno, ogni giorno. Non per niente la Chiesa nella sua antichissima preghiera della Salve Regina la chiama “Speranza nostra, salve”. E ancora più avanti, criticando un certo ed errato “minimismo mariano”, che si è avuto dopo il Vaticano II presso studiosi o semplici fedeli, chiede perdono a Maria di Nazaret dicendole affettuosamente: “Madre mia, ti siamo costati l’olocausto di un Figlio, ti siamo costati il peso di una maternità indefettibile e tribolata, ti siamo costati una pazienza senza fine, una speranza sempre accesa, un cuore ardente di amore... e non ti vogliamo bene. O te lo vogliamo a sprazzi, a momenti...”. Trovo molto bella la definizione di Maria come “una speranza sempre accesa”, che riecheggia la sublime definizione di Dante “di speranza fontana vivace”. Recita un proverbio: “Finché c’è vita, c’è speranza”. Sì, ma molto spesso per milioni di per-
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una speranza semp sone, la vita è difficile, è dura, è piena di frustrazioni esistenziali, di diritti calpestati, di amori distrutti, di desideri sani e legittimi incompiuti, di progetti non
realizzati, di salute persa... E la morte, che si avvicina, inesorabile e inarrestabile. Per tutti, ma sembra più crudele e più veloce per i poveri. E così anche la spe-
La funzione spirituale di Maria è quella di sostenere con la sua presenza ogni fedele nel cammino della storia, al fine di formare in lui il vero volto di Cristo, suo figlio.
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pre accesa ranza se ne va, molte volte diventa più debole, spesso si spegne... e, comunque, vivere diventa più difficile. E questo per cristiani e non cristiani, uomini e donne. L’uomo per natura, da un certo punto di vista, rimane sempre bambino, ed ha bisogno perciò che qualche persona eserciti su di lui la funzione materna con quel carico di emozioni, di dolcezza, di sorriso, di incoraggiamento, di speranza che essa comporta e che ogni buona mamma fa per il figlio. E questa funzione, spirituale ma reale, la fede cristiana l’attribuisce alla Madonna, come Madre della Chiesa e dei singoli fedeli, e che i suoi veri e sinceri devoti sperimentano. Il perché delle apparizioni di Maria Il teologo cattolico Hans Urs von Balthasar a quelli che si meravigliavano, o non capivano... o peggio criticavano le tante apparizioni di Maria di Nazaret lungo la storia (se confrontate a quelle molto rare di Gesù Cristo) rispondeva: “Chi si meraviglia di questo non ha capito chi è veramente Maria”, cioè che le apparizioni lungo i secoli sono il mezzo che lei ha scelto e di cui lei si serve liberamente per adempiere alla missione di Madre nostra, missione che gli ha dato lo stesso Gesù morente in croce. E lei ha compiuto nei secoli e compie tuttora questa funzione materna: apparendo, parlando, ammonendo, incoraggiando, sorridendo, piangendo, pregando, accompagnando ciascuno di noi nel nostro
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cammino di pellegrini verso il Padre, nostra Patria definitiva. Come una buona Madre. Tutte azioni che possiamo sintetizzare nell’espressione: tenere sempre accesa la nostra fede e la nostra speranza in suo Figlio, il nostro Salvatore e Signore. Ma tutto questo anche nel nostro mondo di oggi? All’interno del nostro mondo occidentale saturo di beni e di tecnologia e povero di anima e di amore? All’interno di una cultura moderna o post moderna che ha emarginato coscientemente e scientificamente la presenza di Dio (chi non ricorda il “Dio è morto” di Friedrich Nietzsche)? All’interno di un’Europa che fa di tutto per non voler ricordare le proprie radici cristiane e quindi continuare ne “la cacciata di Cristo”? (R. Alberoni). La risposta è sì. Anche oggi. Forse più oggi che ieri. Certamente più che nel Medio Evo quando Dio aveva ancora libera cittadinanza nella società, era ancora “uno di casa”. E questo anche nei giorni nostri perché l’uomo, l’uomo profondo, oscilla sempre tra nuove e sempre più potenti tecnologie e la paura, antica e strutturale al proprio essere, che nessuna tecnologia potrà vincere. Tra i suoi desideri di infinito, coperti da tante maschere e l’insostenibile leggerezza del suo sforzo di essere uomo. Una speranza oltre il nichilismo Ha scritto il filosofo Nicola Abbagnano: “Nell’800 e nel ’900 l’uomo ha sognato di mettersi al posto di Dio, ma ha pagato e sta pagando a caro prezzo tale illusione. Ora per salvarsi non ha altra alternativa che quella di rientrare in se stesso, di accontentarsi di essere soltanto un uomo”.
Il rischio di mettersi al posto di Dio e di non attendere nessuna salvezza, è reale soprattutto per l’uomo di oggi che ha rapidamente dimenticato gli orrori da lui compiuti nell’ultimo secolo.
Già, rientrare in se stesso. Ma quanto è difficile per l’uomo di oggi, ubriacato da tanto potere tecnologico. Nelle nostre società occidentali opulente e non di rado pessimiste, si respira un clima culturale che sembra diventato egemonico e che mette al bando ogni visione antropologica che abbia un orizzonte metafisico. Sembra che ormai per dare una risposta ai perché dell’uomo basti la tecnologia. Per qualche filosofo essa è diventata e sarà la nuova religione, fatta dall’uomo e per l’uomo. Non sarà più opportuno consultare e interrogare la teologia per avere risposte ai perché, basterà la tecnologia. D’altra parte quando si pensa l’uomo come una macchina o un semplice organismo, basterà applicare a lui le scienze meccaniche o quelle naturali. E a fine corsa c’è il nulla, non certo un aldilà. Ci attende la notte del nulla, non certo la luce di Dio. Ecco il nichilismo come atmosfera che si respira, direttamente e indirettamente. Uno dei 11
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suoi padri, Nietzsche, ha scritto molto chiaramente: “Viene meno la meta, manca una risposta al perché”. La meta del nostro umano camminare e talvolta vagare non è più Dio, perché “è morto”, la risposta ai nostri perché non vengono da lui... perché non c’è (o perché noi l’abbiamo ucciso, dice sempre il filosofo). Ed anche perché il nostro pensare è troppo debole per progettare ed accarezzare orizzonti metafisici. E così la grande speranza che le religioni e segnatamente il Cristianesimo offrono con la “realtà” Dio non ha consistenza. Bisogna accontentarsi di piccole luci per il nostro cammino, e di piccole speranze. Dal nichilismo filosofico deriva come naturale conseguenza l’edonismo pratico, che è diventata la filosofia spicciola di tante persone. Per il sociologo Francesco Alberoni “nichilismo ed edonismo sul piano filosofico si identificano perché se non ci sono norme morali, fini, mete superiori resta solo la ricerca del proprio piacere o del proprio benessere...”. La Donna dell’Apocalisse che vince il drago Anche in questo clima culturale il Cristianesimo propone la sua verità che è, ieri, oggi e sempre Gesù Cristo, Via, Verità e Vita, e “nostra Speranza” (1 Tim 1). È lui la Grande Speranza perché offre la Meta al nostro camminare quotidiano, al nostro vivere e morire, e ci offre anche il “perché”, che è il suo amore indefettibile per noi (Rm 8,35). E questo lo ha fatto e ha voluto che continuasse nel tempo anche attraverso sua Madre. C’è una pagina nell’Apocalisse che è una lettura teologica della storia (c. 12). La lotta tra la Donna (e l’esegesi vede in questa figura anche lei Maria, come 12
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Maria è il buon consiglio che illumina l’uomo a compiere le scelte giuste per non allontanarsi dalla via della verità.
vertice e Madre della Chiesa) che sta per partorire ed il drago che è pronto a divorare il Bambino. La Donna è inerme e indifesa nel momento del travaglio mentre il drago è pronto e armato pesantemente. È l’eterna inimicizia preconizzata nella Genesi (Gen
Angosciàti perché tutto passa “Angosciàti dal sentire che tutto passa, che noi passiamo, che passa ciò che è nostro, che passa quello che ci circonda, l’angoscia stessa ci rivela la consolazione di ciò che non passa, dell’eterno, del bello. L’amore spera, spera sempre, senza mai stancarsi di sperare, e l’amore verso Dio, la nostra fede in Dio, è innanzi tutto speranza in lui. Poiché Dio non muore, e chi spera in Dio vivrà per sempre. E la nostra speranza fondamentale è il tronco e la radice di ogni altra nostra speranza, la speranza della vita eterna. E se la fede è la sostanza della speranza, questa è a sua volta la forma della fede” (MIGUEL DE UNAMUNO).
3,15) tra la discendenza della Donna e il diavolo con i suoi seguaci. La vittoria è della Donna e della sua discendenza (cioè il Cristo) che vince il drago. Quindi è proprio in lei che si condensa la speranza dell’umanità minacciata continuamente dal drago e delle molteplici forze del male lungo i secoli. È lei che ci porta il Cristo, la vera Grande Speranza, e quindi ci porta la vittoria (già raggiunta ma non ancora completamente). Proprio per questo il Popolo di Dio lungo i secoli l’ha sempre invocata come “nostra speranza”. Benedetto XVI concludendo l’enciclica Spe Salvi (2007) invoca Maria come Stella della Speranza e Madre della Speranza, proprio perché non ha spento la fiaccola della speranza né ai piedi del Golgota, né nell’attesa del Sabato Santo. È lei che può e vuole guidare tutti i discepoli di Cristo nel cammino verso Dio e verso suo Figlio Gesù. Ha scritto Benedetto XVI: “Così tu rimani in mezzo ai discepoli come la loro Madre, come Madre della speranza. Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con te. Indica la via verso il suo regno! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino!” (Spe Salvi, n. 50). Maria quindi guida il Popolo di Dio in cammino nella storia e lo illumina con la fiaccola di una speranza sempre accesa. È una missione questa che compie da 2000 anni, avendo cominciato ai piedi del Calvario, per espresso incarico di Gesù morente (Gv 19, 26), e che continuerà finché ci sarà un figlio o una figlia che avrà bisogno della sua presenza fatta di amore materno, di incoraggiamento alla preghiera, di esortazione alla penitenza e al bene e di speranza. Come ha fatto nelle sue apparizioni lungo la storia. Mario Scudu
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Maria Regina (22 agosto)
Meditazione
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a regalità di Maria Vergine viene celebrata non soltanto in questa festa liturgica, ma anche in diverse occasioni: per esempio, con il quinto mistero glorioso del Santo Rosario, dove si contempla la Madre di Dio incoronata quale regina degli Angeli e dei Santi, con molte invocazioni delle Litanie Lauretane (da Regina degli Angeli a Regina della pace), e nei titoli di tante Chiese, come nella prima Parrocchia della mia vita, l’Incoronata di Milano. Ma perché la Vergine è proclamata Regina? In ultima analisi, Ella è regina nel modo in cui Cristo è re. Ed Egli spiega agli Apostoli: “Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,43ss). Dunque, il Salvatore è re perché servo di tutti. Similmente, Maria è regina perché serva di tutti! E in che modo la Madonna ci serve? Per il semplice fatto che è mamma: la mamma di Gesù continua la sua maternità con l’essere mamma dei Fedeli. Infatti, sulla croce, «Gesù, vedendo la madre e lì accanto a
lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”» (Gv 19,26s). Del resto, anche popolarmente si ripete che la mamma è la regina della casa: proprio perché la mamma, da sempre e in ogni cultura, è colei che vive a servizio di tutta la famiglia. Così, Maria Santissima ha servito Elisabetta, Giuseppe, lo stesso Gesù, ha servito gli sposi di Cana, i primi discepoli dopo la Pasqua, ed ora continua a servirci pregando per noi, e spesso presentandosi ad
alcuni dei suoi figli, come a Lourdes e a Fatima. Forse, in sintesi, possiamo dire: Maria Santissima è regina perché è la mamma di tutti e quindi è la serva di tutti. Disse infatti Ella stessa, all’inizio della sua sublime gravidanza (Lc 1,46ss): “L’anima mia magnifica il Signore... perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”: e in questa acclamazione universale può già intravedersi la sua universale regalità! Antonio Rudoni
Maria è regina in quanto è stata la più grande serva del Signore. In questa sua funzione, ora partecipa della regalità di suo figlio ed esercita, quale prima creatura il servizio regale all’interno del cosmo.
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Il senso spirituale dell a Bibbia e spiritualità
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er i Padri della Chiesa, Antico e Nuovo Testamento, formano un’unità. Fra le due Alleanze vi è una sola armonia, perché una sola è la storia della salvezza. Una storia che continua nella Chiesa, in attesa del compimento nel mondo futuro. Oggi noi non siamo tenuti a seguire i Padri della Chiesa in tanti aspetti del loro metodo, ma l’intuizione di fondo rimane una guida valida: l’unità di un disegno di Dio che contiene in sé una sola «oikonomia» secondo la categoria storico-salvifica, incentrata sulla persona e sul messaggio di Cristo. Al centro di tutta la loro riflessione si trova il «Mysterium salutis». Basti pensare a certe concezioni patristiche, come la «recapitulatio» di Ireneo; il «mysterion» di Origene concepito come Logos che si dona all’uomo, quale Parola di Dio, quale Cristo storico, quale Corpo della Chiesa; la «divinizzazione» di Atanasio; la «teologia della storia» ed il «Christus totus» di Sant’Agostino. L’intuizione essenziale dei Padri è questa: la Bibbia intera parla di Cristo e riguarda personalmente ogni uomo. Questa lettura della Bibbia illumina ogni visione cristiana dell’uomo degna di questo nome. Quando, ad esempio, Ambrogio spiega le grandi verità della fede, egli utilizza non delle tesi ma degli esempi concreti di uomini: Abramo, Isacco, Giuseppe, Giobbe, Davide. Chi è Abramo, Isacco, Giuseppe?... Ciascuno di noi! La Parola di Dio allora è il libro
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Per i Padri della Chiesa tutta la Bibbia forma un’unità inseparabile, in quanto tutto converge nella realizzazione attuata da Cristo, principio e termine di tutta la storia umana.
più divino ed anche più umano, perché noi vi ritroviamo l’unica storia di salvezza di Dio che chiama l’uomo dove ogni uomo è interessato. La Bibbia allora non è per i Padri una raccolta di episodi e di slogans, ma, secondo quanto scrive San Bonaventura, è come una lira la cui corda più bassa rende un suono armonioso solo con le altre.1 Tra l’Antico e il Nuovo Testamento c’è armonia, continuità e sviluppo. Attraverso tutta la Bibbia, Dio persegue lo stesso disegno provvidenziale: la salvezza degli uomini in Cristo. Questo piano di Dio ha un pe-
riodo di preparazione e un altro di realizzazione: comprende due economie, di cui una sarà il tipo e l’altra l’antitipo. È in questa visuale unitaria dei due Testamenti che si innesta «la dottrina classica dei quattro sensi della Scrittura, luogo geometrico in cui coincidono l’esegesi, la teologia e la pastorale ».2 La dottrina dei sensi biblici La tradizione cristiana conosce due sensi della Scrittura: il senso letterale e il senso spirituale. Le altre formulazioni del
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tentica realtà non consiste nell’andare al di là del senso let/1 terale, come se il senso letterale sia una tappa da sorpassare, ma consiste nell’approfondirlo, nell’esplicitarlo e nell’assimilarlo. Questo senso spirituale è il vero senso della Bibbia in quanto è la Parola di Dio e non una triplice o quadruplice senso delcostruzione qualunque al di fuola Bibbia vanno sempre viste in ri, al di sotto, al di là del testo. rapporto con lo sviluppo del È il testo stesso che rimane, ma «senso spirituale». tuttavia apre le sue ricchezze. Se si sviluppa l’aspetto dogRimane la Parola di Dio che rimatico, si ha il senso allegoriprende e ricomincia a interpelco; se se si sviluppa la dimenlare il credente e invitarlo alla sione pratico-morale, si ha il conversione e alla santificaziosenso tropologico; se prevale ne. Il senso spirituale autentico l’aspetto escatologico e conallora è trovare una Vita scrutemplativo, si ha il senso anatando le Scritture. gogico. Iniziamo a vedere i primi tre. Il senso allegorico Il senso letterale o storico L’origine nominale del senso allegorico deriva da Paolo (cf È il primo dei sensi biblici. Gal 4,21-24). L’allegoria criRiguardo al testo è il senso delstiana tuttavia non va confusa le parole; per l’esegeta è la «pricon l’allegoria pagana, ebraica, ma lettura» e per il lettore è il gnostica. «primo significato». Per Grelot l’allegoria patriIl termine letterale è sinonistica rientra nel tentativo di una mo anche di storico nel senso interpretazione esistenziale delperò teologico e biblico della la Scrittura, che riflette «sulla storia. Quando i Padri dicono storia che Dio ha provvidenche la «lettera» è sterile e vuota, non intendono negare la realtà storica della Bibbia, ma ne negano solo l’interpretazione BENEDETTO XVI giudaica. Il senso letterale è unico, ma può avere spiegazioni varie, che Verità e amore manifestano la sua polivalenza Lindau, pp. 832 - € 29,00 e profondità. I Padri hanno svelato spesso queste preziose piste Per la prima volta in italiano, il letdel senso storico-letterale, pertore può disporre in un unico libro ché si lasciano guidare dallo Spiil meglio del pensiero del Papa. rito presente in questo senso, Questa antologia riunisce in un verso le dimensioni autentiche singolo volume molti degli scritti della Parola di Dio. più significativi del raffinato teolo-
l a Scrittura
zialmente disposto per essere la rivelazione del mistero di Cristo e della nostra vita nel mistero».3 Per Henri de Lubac è «un passaggio brusco dalla servitù della lettera alla libertà dello Spirito; non è un senso spiritualista: è il senso dello Spirito di Cristo».4 Gli elementi che costituiscono la natura del senso allegorico sono l’«allegoria del fatto», che contiene nel suo nucleo un senso spirituale. L’allegoria poi riconosce il mistero, cioè la presenza dello Spirito nella storia, per cui giustamente Gregorio Magno può dire: «l’allegoria edifica la fede».5 In questa prospettiva l’allegoria patristica era la lettura della Bibbia dove al centro sta il Cristo e la Chiesa, oggetto della fede. Giorgio Zevini 1 Cf BONAVENTURA, In Hexameron, Col. 19,7: ed. Quaracchi, V, p. 421. 2 P. GRELOT, Que penser de l’interprétation existentiale?, in ETL 43 (1967) 426. 3 Ibidem, p. 429. 4 H. DE LUBAC, Histoire et Esprit, Paris 1950, p. 270. 5 GREGORIO MAGNO, Hom. in Ev. 2, l: PL 76, 1302.
FEDE E RAGIONE
Il senso spirituale L’approfondimento del senso letterale, a livello di fede e alla luce dello Spirito, ci porta al senso spirituale, la cui au-
go eletto al soglio di Pietro. L’opera presenta i principali soggetti della vasta produzione ratzingeriana dalla teologia alla morale, dalla liturgia al dialogo interreligioso. Un’opera che interroga profondamente la cultura contemporanea. 15
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I Novissimi
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Celebrazione
In cammino verso le ultime realtà ETERNITÀ DELL’INFERNO L’inferno è eterno? Quando penso al dopo di questa mia vita terrena, la preghiera che mi auguro di dire sempre è quella del cuore, che suona così: Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore. Mi pare che questa sia come il pianto che il bambino rivolge a sua mamma quando ha bisogno del suo aiuto e delle sue coccole e lei lascia tutto e corre. Anch’io se grido con insistenza: Gesù, sono un peccatore, egli verrà in mio soccorso. L’inferno di cui parla Gesù è eterno? Ci sono teologi e fedeli cristiani che negano l’eternità delle pene dell’inferno e quindi della perdizione eterna del peccatore. Alcuni, infatti, osano affermare che tutti gli uomini devono un giorno essere salvati. Altri insistono: se anche uno solo cadesse nell’inferno e vi rimanesse per l’eternità, allora vorrà dire che Gesù Cristo non è stato il salvatore di tutto il mondo. E ancora come può San Paolo affermare che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, se qualcuno si è dannato in eterno? Siamo di fronte a ragionamenti completamente errati. Che cosa ha combinato quella schiera di angeli guidati da Lucifero? È insorto contro di loro l’Arcangelo Michele, gridando: Chi è come Dio? “Essi stessi si sono trasformati in angeli malvagi, perché, con libera e irrevocabile scelta hanno rifiutato Dio e il suo Regno, dando così origine all’inferno”. Così scrive il compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 74. Dunque non è stato Dio che ha creato l’inferno e lo ha voluto eterno. Se uno decide di morire nell’inimicizia definitiva di Dio, si troverà nella morsa di un fallimento insanabile e cadrà in rovina per sempre. Altrimenti come possiamo spiegare le parole accorate del nostro Salvatore? E qual significato avrebbe l’Incarnazione del Figlio di Dio, e la sua passione e la sua morte ignominiosa in croce? 16
Non è Dio che non vuole salvarli, ma è l’orgoglio dei dannati, siano essi demoni o creature umane, che non vuole piegarsi affatto a chiedere perdono. L’inferno è una scelta L’inferno non è una punizione che si abbatte sul peccatore che muore in peccato mortale. Dio non è un giustiziere che si accanisce sul suo avversario e lo mette alla tortura eterna. L’inferno è una scelta personale. Tutte le creature umane vengono a trovarsi di fronte a un bivio: la via del bene e la via del male. La saggezza umana e, naturalmente, l’aiuto amoroso del Creatore che non abbandona mai nessuno, ci invitano con insistenza a lasciare decisamente la strada del male. Infatti, se uno la percorre già qui e ora, egli inizia la distruzione di se stesso. Per quanto si trovi in buona salute e pieno di soldi, egli sa che sta camminando nella direzione sbagliata. Egli rimane aggrappato al suo “io” e non a Dio. Rifiuta di amare e di essere amato da Dio. Gesù racconta di un padre che invita il figlio maggiore ad andare a lavorare nella vigna. Costui rispose: Sì. Padre, ma poi non ci andò. Diede lo stesso ordine al secondo, il quale rispose seccamente: No! Ma poi si pentì e ci andò. La scelta del bene o L’inferno non è un castigo di Dio ma è una libera scelta dell’uomo.
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del male è sempre nostra, sia per la vita presente che per quella futura. E noi, come figli, sappiamo che Dio Padre non abbandona nessuno, perché egli vuole che tutti si convertano e così possano salvarsi. Egualmente uno che non conosce il vero Dio, si salva se usa misericordia e compassione verso chi ha fame, sete, verso chi è ignudo, carcerato, ecc. (Mt 25). Ma se costui non usa misericordia e compassione verso i bisognosi, rimane per sempre distaccato da Dio (la stessa parabola). Dunque Dio è fatto di Amore misericordioso, ma con questo non posso dire, faccio tutto quello che voglio, tanto lui mi perdona sempre. Preghiamo con il Salmo 32 Rit.: Della grazia del Signore è piena la terra. Esultate, giusti, nel Signore: ai retti si addice la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate. Rit. Retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera. Egli ama il diritto e la giustizia, della sua grazia è piena la terra. Rit. Il piano del Signore sussiste per sempre, i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni. Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede. Rit. Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. Rit. L’Amore rifiutato All’amore infinito e alla misericordia senza confini bisogna rispondere come esige amore e misericordia, diversamente uno si esclude senza appello. Dio non smetterà di amarti per i tuoi peccati: ti ha pagato a caro prezzo con la morte del suo Figlio. Se però tu lo disprezzi e lo respingi adesso e nell’ora della tua morte, allora sei tu che ti escludi da Lui. Non ci sono scuse. Con Dio Amore non siamo mai alla pari e patta se non con altrettanto amore. Anche se uno fosse pieno di fede, e avesse
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visioni celesti, o facesse miracoli di guarigioni, o anche se mettesse a disposizione degli altri tutte le sue sostanze e se stesso, ma non avesse l’amore, tutto ciò non gli servirebbe a nulla. La misura dell’amore di Dio è questa: egli ci ama senza misura. Possiamo affermare che l’inferno non è altro che il regno dell’amore rifiutato: colui che non volle amare né essere amato e perdonato, si è autolesionato, si è creato il suo inferno già qui in terra e sarà dannazione eterna per lui che muore per libera scelta in peccato mortale (CCC 1056-7). Costui non ha voluto l’amore misericordioso di Dio che gli è stato vicino per tutti i giorni della sua vita terrena, fino all’ultimo respiro. Ancora sull’eternità Qui in terra misuriamo il tempo con i giorni, gli anni, i secoli, nell’aldilà non c’è nessuna misura perché non esiste né il tempo né lo spazio: esiste solo l’eternità e cioè il sempre. Pertanto chi muore in peccato mortale non erediterà il Regno di Dio (Gal 5,21), vi sarà escluso per sempre. Dice la Scrittura: il loro verme non muore e il fuoco non si estingue (Mc 9,44). Non vi sono attenuanti, non c’è provvisorietà. Vita eterna e fuoco eterno. E la porta venne chiusa per sempre (parabola delle dieci vergini) (Mt 25,10); Gettatelo fuori (parabola dei talenti) (Mt 25,30); Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno (parabola del giudizio finale) (Mt 25,41). Questo star fuori è orribile, tanto più che uno sa che cosa ha perduto. È vero che il Maligno si è scatenato ed è persino riuscito a ottenere dai suoi di introdurli in riti satanici. Ma è ancora più vero che Dio Padre ci tiene in modo assoluto a salvare tutti i suoi figli. Sapendo che Dio può ciò che vuole, ci mettiamo tutti d’accordo con Gesù e con lo Spirito Santo per pregare così: O Padre, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia. Preghiera Gesù dolcissimo, senza di te la vita non ha alcun senso, è vuota, lacerata, ci manca tutto. Vieni, o nostro Diletto, non tardare e salvaci. Gesù, abbi pietà di noi peccatori, sempre incostanti, poveri noi, solo questo osiamo dirti, con amore. Vieni, o nostro Tutto e portaci con te, il resto è vanità. Don Timoteo Munari 17
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16 LUGLIO 1493 - APPARIZIONE DELLA MADONNA DELLE GRAZIE IN RACC O
Calendario mariano
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ulla riva destra del torrente Macra a Racconigi, il giovane trentenne G. Antonio Chiavassa, sordo e muto, è solito pascolare una piccola mandria a lui affidata. Nell’afoso pomeriggio del 16 luglio 1493, all’improvviso, in una luce folgorante, gli appare la Madonna che gli ordina di andare, a nome suo, dai responsabili del Comune e dire loro che Ella vuole essere onorata in quel luogo con l’erezione di una Chiesa e, come segno dell’autenticità della missione, gli ridona l’udito e la parola. Il giovane, esultante per la guarigione ottenuta, corre a casa e con i genitori si porta in Comune dove conferma la visione avuta e la volontà espressa dalla Madonna.
Voglio una chiesa A Racconigi non è la prima volta che si parla di apparizione della Madonna. Due anni prima, una bambina di cinque anni, la beata Caterina Mattei (1486- 1547), racconta che, mentre sta pregando nella sua cameretta, le appare la Vergine Santissima, vestita con l’abito bianco ed il manto nero, ed in capo una splendida corona. È il primo avvenimento mistico che trasforma l’esistenza di Caterina; umile e povera terziaria domenicana, donerà totalmente la sua vita all’amore del Signore e dei fratelli. Il racconto di G. Antonio Chiavassa è quindi accolto con favore; viene eretta una piccola cappella nella quale è posta l’Immagine della Madonna dipinta su tavola di noce, che vie-
La fondazione del Santuario della Madonna delle Grazie di Racconigi risale al 1493 quando un giovane sordo e muto viene istantaneamente guarito dalla Vergine.
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ne chiamata Beata Vergine delle Grazie. La Chiesa ed il Convento di Carmelitani L’anno seguente, con l’autorizzazione del Cardinale Domenico della Rovere, Arcivescovo di Torino, i Padri Carmelitani di Moncalieri comperano il terreno adiacente alla Cappella e costruiscono una bella e vasta Chiesa con attiguo un grandioso Convento. Per opera dei Padri Carmelitani la devozione alla Vergine delle Grazie e del Carmine si diffonde grandemente presso i fedeli di Racconigi e dei paesi limitrofi, come ne fanno fede le numerose testimonianze tramandate nel tempo. Nel 1742 essendosi diffusa nelle campagne della zona una peste contagiosa tra il bestiame, gli abitanti di Racconigi si rivolgono pubblicamente con voto solenne alla intercessione della Vergine delle Grazie e del Carmine. La novena di supplica, alla quale partecipano le Autorità comunali e tutte le Compagnie ed Associazioni religiose, si conclude il 26 gennaio 1743 con il canto riconoscente del Te Deum per la cessazione del morbo e per una abbondante nevicata, segno della benedizione della Madonna. A Racconigi si diffonde il detto «Se vogliamo favori, anche i più portentosi, bisogna che ricorriamo con somma fiducia alla nostra Madonna delle Grazie». A distanza di qualche anno,
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CC ONIGI (CN)1
nel mese di luglio ed agosto del 1753, una persistente siccità minaccia seriamente gravi danni alle colture ed alla popolazione della zona. All’inizio di Settembre si inizia un solenne triduo di preghiera con la partecipazione delle Autorità civili e religiose, predicato con eloquenza dal Padre Priore del Convento. Al terzo giorno del triduo, mentre tutti sono attenti ad ascoltare la predica ed a pregare con fervore, verso le ore 17, il cielo si rannuvola e scende una pioggia abbondante per tutta la notte. Ancora una volta la
L’immagine di Maria venerata all’interno del Santuario di Racconigi. A lato, San Giuda Taddeo particolarmente venerato in questa chiesa quale aiuto dei casi disperati.
Madonna ha esaudito la preghiera dei suoi fedeli. Anche oggi è tradizione nel Santuario invocare la Madonna per ottenere il tempo favorevole, e suonare la campana per allontanare la grandine. La furia dell’armata napoleonica e la rinascita All’inizio del 1802 giunge anche a Racconigi la furia dell’esercito napoleonico che ha invaso l’intero Piemonte recando distruzione e morte. Le dodici Chiese della Città vengono profanate, i Conventi dei Domenicani, dei Serviti, dei Cappuccini, dei Carmelitani ed il Monastero
delle Domenicane sono saccheggiati e distrutti. La Chiesa della Vergine delle Grazie e del Carmine è ridotta in macerie e del Convento non rimane che il giardino! L’Immagine della Madonna delle Grazie, miracolosamente salvata di notte da due sacerdoti, e consegnata al Municipio, viene collocata prima nella chiesa dei Serviti ed in seguito nell’Ospedale di Carità, dove rimane fino al 1835, anno in cui, per intercessione della Madonna, cessa la terribile epidemia di colera che tante vittime ha causato nella zona, specialmente nel Borgo di Macra. In ringraziamento per la grazia ottenuta, come voto Reale e della popolazione, il Re Carlo Alberto incarica l’architetto Ernesto Melano di Pinerolo di costruire l’attuale Santuario, terminato nel 1838. Nel Santuario sono custodite le Tombe dei Reali di Savoia. L’edificio è in stile neoclassico sul modello del Phanteon di Roma, con pianta a croce greca. La facciata è occupata da un grosso atrio e da sei colonne che sorreggono un timpano massiccio. L’interno è dominato da una cupola semisferica. L’altare è in marmo bianco cesellato è opera dello scultore Gaggini. Sul pavimento al centro è riprodotto lo stemma sabaudo, realizzato nel 1927 in ringraziamento della guarigione delle principesse Mafalda e Giovanna di Savoia. In posizione centrale è posto il quadro della Madonna, dipinto su legno di noce, il più antico di Racconigi, che ricorda l’apparizione del 1493. Don Mario Morra 1 BIAGIO BALLADORE, La Real Chiesa votiva di N. S. delle Grazie e del Carmine di Racconigi (Torino, Tip. Palatina di G. Bonis e Rossi 1920). ALDO PONSO, La grande mistica piemontese. Beata Caterina da Racconigi (Saluzzo, Fusta Editore 2008).
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INSERTO
L’ADMA nel mondo
Maria la maestra Buona notte di
Madre YVONNE REUNGOAT Superiora delle FMA all’incontro delle Giornate della Famiglia Salesiana /1 23 gennaio 2009
Caro Rettor Maggiore Don Pascual Chávez, Padre e centro di unità della Famiglia Salesiana Caro Don Adriano Bregolin, Vicario del Rettor Maggiore, Cari fratelli e sorelle della Famiglia salesiana, mi sento onorata di essere dinanzi a questa qualificata assemblea per offrire un pensiero di buona notte, al termine di una giornata dedicata alla ripresentazione della carta di comunione della Famiglia salesiana e in preparazione alla giornata incentrata sulla carta della missione. Domani è la festa del nostro grande comune Patrono, San Francesco di Sales, a cui Don Bosco ha attinto la spiritualità che ci ha lasciato in consegna. È anche la commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice, la madre e maestra affidata dal personaggio del sogno a Don Bosco come guida nella missione di educare le giovani generazioni. Ricordando la missione che Don Egidio Viganò aveva affidato alle FMA di tenere viva la dimensione mariana nella Famiglia salesiana, mi permetto di indirizzarvi alcune parole, tentando di non lasciare semplicemente sullo sfondo Maria, ma assumendo i suoi stessi occhi di madre e ausiliatrice. Lei è l’Ispiratrice della missione di Don Bosco e di tutte le istituzioni a cui ha dato vita, della Famiglia salesiana nel suo insieme. È lei la Madre che crea e alimenta la comunione, che sollecita i suoi figli e figlie alla missione di accogliere e far crescere la vita nello stile dell’amorevolezza salesiana. Da Maria apprendiamo lo sguardo d’insieme sulla realtà, importante per non disperderci nelle analisi delle situazioni, pur necessarie, che sono il punto di partenza per una missione più incisiva e fe20
conda. Nel Capitolo generale XXII del nostro Istituto, che abbiamo terminato due mesi fa, abbiamo voluto sottolineare l’importanza di sentirci accompagnate da Maria per aprirci a riconoscere e accogliere i segni dell’amore preveniente di Dio nel nostro tempo, per essere noi stesse segno di questo amore, per porre insieme nuovi segni anche nelle frontiere dell’educazione dove la fame e sete di amore dei giovani ci chiamano ad offrire risposte evangeliche coraggiose e coerenti. Con la Strenna 2009 il Rettor Maggiore Don Pascual Chávez ci ha offerto elementi importantissimi non solo su ciò che possiamo fare insieme come Famiglia salesiana, ma su ciò che possiamo essere, quando ci impegniamo a creare una cultura della Famiglia salesiana. Vogliamo assumere le indicazioni del Nono Successore di Don Bosco che riconosciamo quanto mai vitali in un tempo in cui è necessario non solo unire le forze di fronte alle sfide inedite che viviamo, ma unirci nell’assunzione più convinta della spiritualità che ci caratterizza nella Chiesa. Come FMA dichiariamo la nostra disponibilità in questo senso. In relazione al punto di vista mariano, vorrei accennare ad alcune dimensioni che Maria ci aiuta a costruire e ad alimentare. Ella è maestra nella pedagogia dell’amore preventivo che diventa servizio alla vita e alla gioia delle giovani generazioni. Capolavoro dell’amore preveniente di Dio, Maria porta in sé come nessun’altra creatura quella bellezza di grazia che risplende sul volto di Cristo. San Francesco di Sales inizia il Trattato dell’amor di Dio (TAD) con una preghiera dedicata a Maria, che definisce come la creatura più amabile e la più amata dalle creature. Maria è anzitutto la più amata da Dio, che ha posto in lei le sue compiacenze destinandola ad essere Madre del Figlio suo e di tutti noi. Il frutto più sublime dell’amore preveniente di Dio, diventa esso stesso amore preveniente. Per questo Maria è punto di riferimento essenziale per la Famiglia salesiana. In qualità di Madre di Cristo e icona della Chiesa, “madre dell’unità”, Maria
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contribuisce a far crescere la comunione nella grande famiglia umana e a sviluppare la fraternità tra popoli e religioni, tutti bisognosi di una madre e di una guida per maturare nell’amore. Non la troviamo mai sola nel Vangelo. Maria è figura che aggrega, convoca attorno a sé, è seme di comunità e matrice di comunione. Maria è madre della Famiglia salesiana, che in lei riconosce la sua fisionomia. Credo che la cultura della Famiglia salesiana possa maturare pienamente soltanto attorno a Maria. Benedetto XVI afferma che solo se Dio è grande anche l’uomo è grande. Quando lasciamo entrare Dio nel nostro cuore, come ha fatto Maria, la nostra umanità si esprime al meglio di sé: i nostri piedi si
Madre Yvonne Reungoat nuova Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
mettono in cammino, le nostre mani si aprono al servizio e dalle nostre labbra fioriscono parole di accoglienza e di comunione. Non c’è posto per parole vane che rivelano il vuoto interiore, e le nostre migliori qualità non ci inorgogliscono, ma vengono impiegate per la missione. Scoprire i mille segni d’amore con cui Dio accompagna la nostra vita ci rende pieni di gioia e capaci di essere anche noi dono per gli altri. Creati a immagine e somiglianza di Dio, siamo chiamati ad esprimere nelle relazioni quotidiane questa identità, in autenticità e libertà. Lo spirito di libertà, di cui S. Francesco parla spesso nei suoi scritti e che considera il più grande dei doni, è appunto la libertà dell’amore, attinta continuamente alla vita stessa di Dio. Sr. Yvonne Reungoat
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L’A D M A nel mondo ADMA Primaria (Torino). Dal 27 al 29 di marzo si sono svolti presso la Casa Madonna dei Laghi di Avigliana (Torino) gli Esercizi Spirituali della nostra Associazione a cui hanno partecipato circa 40 soci provenienti da Torino, Mornese, Arese, Piossasco, Giaveno. Ringraziamo il Signore e Maria Ausiliatrice per questi giorni di grazie! Il tema degli Esercizi è stato “La vita in Cristo alla scuola di San Paolo”. Alcune impressioni raccolte nel momento della condivisione: “Ho sentito vive le parole di San Paolo “ (Rinaldo) – “Grazie perché anche se mi sono allontanata Tu mi hai aspettato, Tu mi hai rischiarato” (Mariarosa) – “Il pregare insieme è mettersi in comunione. Ho sperimentato la verità dell’essere in Cristo, vivere in Cristo, il Signore che fa nuove tutte le cose” (Corrado) – “Ho sperimentato il valore della fede vissuta, della fede che salva” (Sergio) “È stata una bella esperienza! L’insegnamento ricevuto non cadrà nel vuoto cercherò di metterlo in pratica” (Giusy).
L’ADMA primaria di Torino al corso di Esercizi Spirituali di Avigliana.
EL CAMPELLO - ALICANTE (Spagna). VII Congresso Nazionale di Maria Ausiliatrice della Spagna (1-3 maggio). Una solenne concelebrazione eucaristica nella concattedrale di Alicante, presieduta dal Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez, è stata il sigillo al VII Congresso Nazionale di Maria Ausiliatrice, promosso dall’Associazione di Maria Ausiliatrice e svoltosi sia nel capoluogo alicantino, come nella vicina città di El Campello. Nella mattina di domenica 3 maggio, i 420 partecipanti giunti da tutta la Spagna, come dal Portogallo, hanno approvato una serie di linee operative che troveranno ulteriore concretizzazione nelle rispettive ispettorie e centri locali. Tra queste: essere testimoni dei valori essenziali, come la vita e la 21
l’ADMA Primaria di Torino con la presidente, Sig.ra Giuseppina Chiosso e l’animatore Don Pier Luigi Cameroni. Un particolare ringraziamento a chi ha organizzato e coordinato questo evento: Don Mario Pardos, direttore della casa salesiana di Saragozza e gli animatori SDB ed FMA della Spagna coordinati da Don Eleuterio Lobato. L’incontro di El Campello dove si è svolto il VII Congresso Nazionale di Maria Ausiliatrice.
famiglia, partendo da Don Bosco per guardare con lui ai giovani; rinnovare in forma adeguata la devozione a Maria Ausiliatrice; accentuare l’impegno sociale e la necessità della formazione. Don Pascual Chávez ha sottolineato come la devozione a Maria Ausiliatrice sia un elemento carismatico ed essenziale per tutti i membri della Famiglia Salesiana; ha ricordato come l’ADMA appartenga ai gruppi originari fondati da Don Bosco; infine ha presentato le profonde motivazioni di fede e di impegno apostolico che devono animare una autentica devozione a Maria Ausiliatrice. Successivamente nel salone teatro si è svolto un momento di festa conclusiva con diversi numeri offerti dai vari gruppi partecipanti e con una rappresentazione molto significativa dei giovani del Centro Giovanile di Alcoi. Un Congresso di tre giorni intensi che hanno visto il 1º maggio l’apertura solenne presso “La Casa della Cultura” di El Campello e la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo diocesano Mons. Rafael Palmero nella parrocchia dell’opera salesiana. Nel corso del Congresso sono state presentate tre relazioni: Don Juan José Bartolomé, segretario del Rettor Maggiore ha parlato del “Cammino di un impegno con Dio: Maria di Nazaret”; Don Eusebio Muñoz, dell’Università Salesiana di Roma ha trattato: “La fede di Don Bosco in Maria, chiave di una spiritualità di impegno”; Don José Luis Moral, professore dell’UPS: “Maria impegna oggi la Famiglia Salesiana verso il futuro”. Si sono svolti anche gruppi di lavoro. Nella serata di sabato 2 maggio il vescovo salesiano di Vitoria, Mons. Miguel Asurmendi, ha presieduto una solenne veglia mariana presso il santuario di Maria Ausiliatrice in Alicante. A queste giornate hanno preso parte anche Don José Miguel Núñez, Consigliere per l’Europa Ovest, diversi ispettori ed ispettrici della Spagna, tra i quali Don Juan Bosco Sancho, ispettore di Valenza, e una rappresentanza del22
NAPOLI - Vomero (Italia). Sabato 21 marzo, nella Parrocchia Sacro Cuore dei Salesiani, durante la celebrazione Eucaristica delle ore 18,30, presieduta dal Parroco Don Mario Cipriani, dieci nuovi aspiranti hanno espresso la loro adesione all’Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice (Consiglia Polito).
L’ADMA DEL VOMERO (Napoli) con il Parroco, Don Mario Cipriani. CALULO (Angola), i 39 nuovi membri dell’ADMA.
CALULO (Angola). Nella missione salesiana di San Antonio de Libolo un gruppo di fratelli e sorelle della comunità hanno fatto la loro promessa come soci ADMA. Il Direttore della Missione Don Manuel Ordoñez ha animato la Messa e ricevuto le promesse dei 39 nuovi membri. In totale i soci sono 124 guidati e animati dal Presidente Sig. Oliveira (Fratel. José Sobrero sdb). Don Pier Luigi Cameroni
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esempi esempi e pensieri A cura di Mario Scudu
Lucio Dalla: il lavoro santifica
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e tue dichiarazioni hanno fatto notizia, eppure non hai mai fatto mistero di essere cattolico... – “Cattolico praticante, certo, non è mica una vergogna. Come non è una novità il fatto che ho sempre votato a sinistra. L’equivoco è nato quando ho detto che il lavoro santifica. L’ho detto perché ne sono convinto: il lavoro, qualunque lavoro, se è fatto bene, l’artista come l’insegnante o l’elettrauto, è un modo per rendersi utile alla società”. Quanto è importante la ricerca di Dio, nella tua musica? – “Più che di una ricerca parle-
rei di una presenza. Non è che vada fuori con la pila: io sento Dio nelle cose della mia vita, nel mio lavoro, negli esseri umani, nel fatto che c’è il sole la mattina e la luna di notte. Cioè io credo di vivere, cerco di vivere – a volte non coerentemente – da cristiano. D’altronde, chi conosce le mie canzoni sa che ne ho sempre parlato, a cominciare da Gesù Bambino, che allora risultò una novità, perché mettevo Gesù tra la gente”. Anche la tua visione della vita, quindi, è coerente rispetto alla tua fede... – “Coerente... Io non sono un prete e nel mio modo di essere cristiano non è che i preti vengano in prima linea, però vado a
Pensieri A La Pasqua ci permette di affermare che se anche Dio sembra molto lontano e anche se siamo presi da mille piccole cose e preoccupazioni il nostro Signore cammina con noi lungo la strada e continua a spiegarci le Scritture. Così ci sono molti raggi di speranza che proiettano la loro luce sulla nostra strada attraverso la vita. Henri J. M. Nouwen S Eucarestia: quando si mangia Cristo, si mangia la vita. Sant’Agostino, dottore della Chiesa
D Tutto è grazia. Ogni grazia è una missione. Alfred Laepple, biblista
Messa fin da quando ero bambino e non è che mi diverta molto. Partecipo alla Messa, poi preferisco restare in chiesa da solo e pregare, fare quello che fa un cristiano. Dare un senso alla mia vita soprattutto attraverso il lavoro, cercando di dare il meglio, perché è l’unico messaggio che
Il cantautore Lucio Dalla con Papa Giovanni Paolo II nel 1997.
possiamo offrire. Se mi va di prendere in giro la gente non lo faccio col mio lavoro e poi la gente io non la prendo in giro. Mai”. Da un’intervista a Lucio Dalla di Famiglia Cristiana, 2008
F Dio è la solitudine degli uomini. J. P. Sartre, filosofo G Che l’amore è tutto: questo è tutto ciò che sappiamo dell’amore.
Emily Dickinson, scrittrice
H La paura non può essere senza speranza e nessuna speranza senza paura. Baruch Spinoza, filosofo
J Presto dimenticherai tutto: presto tutti ti dimenticheranno. Marco Aurelio, imperatore romano e filosofo
Il cibo sulla tavola non è scontato
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ingraziare sempre il Signore, prima di prendere il cibo, con una breve preghiera e il segno della croce (...). Questa consuetudine va conservata o riscoperta perché educa a non dare per scontato il “pane quotidiano”, ma a riconoscere in esso un dono della Provvidenza (...). Dovremmo abituarci a benedire il Creatore per ogni cosa: per l’aria e per l’acqua, preziosi elementi che sono a fondamento della vita sul nostro pianeta. Benedetto XVI, 12-11-2006
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Santuari mariani
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Santuari della Lombard i
CODOGNO (LO) Santuario Madonna di Caravaggio
mente isolata e situata sulla curva di un grande viale che circonda Codogno. All’interno della chiesa è suggestiva la cripta marmorea che custodisce l’immagine della Madonna e sono degne di nota le tre grandi tele che ornano l’altare maggiore e i due altari laterali, opera di due ignoti artisti del Settecento, Giovan Angelo Borroni e Sebastiano Galeotti.
Indirizzo: Viale Manzoni, 2 Tel. 0377.32.640 Diocesi: Lodi Calendario: La festa del Santuario si celebra ogni anno il 26 maggio, giorno dell’apparizione della Madonna a Caravaggio.
Si tratta di un tempio maestoso, costruito in tre anni, dal 1711 al 1714, con le offerte del popolo che accorreva devoto e riconoscente per le grazie ottenute per intercessione della Madonna. La Vergine era venerata nella sua apparizione a Caravaggio, dipinta in un’edicola campestre per mandato di un sacerdote, Don Giuseppe Dragoni nel 1709, al posto di una rappresentazione del mistero della Presentazione di Maria al Tempio, scolorita dal tempo.
Effigie della Madonna onorata nel Santuario di Codogno.
Si tratta di un Santuario maestoso, dallo stile barocco ad una navata, riccamente decorata, svettante e con una bellissima cupola che verticalizza la sua imponenza. La costruzione sacra è facile da ammirare perché total-
Solenne facciata del Santuario della Madonna di Caravaggio a Codogno, eretto nel 1714.
COMO Santuario SS. Crocifisso Padri Somaschi Parrocchia SS. Annunciata Indirizzo: Viale Varese, 23 Tel. 031.265.180 Diocesi: Como Calendario: Il Santuario vive il giorno più importante dell’anno il Venerdì Santo, quando viene portato il Crocifisso miracoloso in solenne processione cittadina con la partecipazione del Vescovo. Note: Il Crocifisso miracoloso viene esposto il Martedì Santo alle ore 15 e resta esposto per il bacio dei fedeli fino alle 23 del Venerdì Santo. Nel 1700 il Cristo è stato riportato su di un’altra croce; ma la croce del miracolo è tuttora conservata.
Un tempo il terreno su cui sorge il Santuario era paludoso e malsano. Nel 1236 il canonico Erasmo Campacci pensò di bonificare la zona e fece anche costruire una chiesetta campestre in onore della Vergine Annunciata. Nel 1401 alcuni pellegrini, di ritorno dal giubileo di Roma e diretti in Francia, in segno di ringraziamento, donarono il crocifisso, che li aveva guidati lungo 24
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il viaggio, ai monaci Celestini che gestivano la Chiesa e l’annesso Monastero eretto da Pietro Morone nel 1278. Nel 1529 avvenne un grande miracolo: il Giovedì Santo, che in quell’anno cadeva il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, i confratelli che si recavano in processione con il crocifisso, trovarono una strada sbarrata da grosse catene. Tentarono di passare sotto di esse abbassando la croce; ma in quel preciso istante le catene si spezzarono e vennero strappate dal solido muro di pietra. Nel 1564 avvenne il primo ingrandimento della chiesa e nel 1754 il secondo. Nel 1893 arrivarono i Padri Somaschi e nel 1945, il 17 giugno, il beato Ildefonso Schuster incoronò il Crocifisso. Il Santuario è in stile neoclassico dalle linee maestose. La facciata, affiancata da due gran-
Il Santuario del SS. Crocifisso a Como.
La solenne processione del Venerdì Santo.
diosi porticati, è stata rifatta da Luigi Fontana nel 1864 e reca in alto un gruppo marmoreo dell’Annunciazione di Giuseppe Bayer. L’interno è formato da un’unica navata a croce latina; nelle pareti laterali si aprono quattro cappelle, oltre le due grandiose formate dall’asse trasversale del transetto. Il vastissimo tempio è un susseguirsi di volte e cupole affrescate in epo-
che successive. La cappella di destra è affrescata da Carlo Carloni (1726) e quella di sinistra da un allievo del Morazzone. La cupola, alta 32 metri e con 17 metri di diametro, è stata affrescata nel 1928 da Gersam Turri e rappresenta il trionfo di Cristo Re. Il Santuario è ornato da numerosi stucchi, colonne e statue. L’altare maggiore, parte principale del tempio, è neoclassico, ed è ornato con decorazioni in bronzo dorato, inoltre è sovrastato da un tempietto marmoreo in cui si venera il SS. Crocifisso (alto 1,28 metri con un’apertura di braccia di 1,35), ai lati del quale sono raffigurati due bellissimi angeli che sorreggono le catene: si tratta del tesoro più notevole del Santuario. Cristina Siccardi 25
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Festa di Maria Ausili Don Ripa di Meana Vicario episcopale per la vita consacrata ha presieduto la celebrazione delle 8,30. S. Em. Card. Severino Poletto ha presieduto la solenne concelebrazione delle ore 11,00.
Il Rettor Maggiore con il suo vicario Don Adriano Bregolin e l’Ispettore Don Stefano Martoglio.
Il vescovo ausiliare di Torino, Mons. Guido Fiandino ha celebrato la Messa delle ore 11,30. Il Padre Generale del Cottolengo, Don Aldo Sarotto ha presieduto la Messa delle ore 17,00. Il Rettor Maggiore Don Pasqual ChĂĄvez ha incontrato il Movimento Giovanile Salesiano alle 18,30.
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liatrice Suor Yvonne Reungoat, Superiora delle FMA.
Anche quest’anno i gruppi “Mamma Margherita” sono stati presenti durante la festa.
aca ocrono t o f a : i p Un’amesta è sul sit ino.it della f onbosco-tor www.d
La veglia, la processione e le celebrazioni sono state trasmesse in mondovisione da Telepace in collaborazione con Missioni Don Bosco.
Mons. Giacomo Martinacci ha concluso la giornata presiedendo l’ultima celebrazione eucaristica.
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Anche quest’anno sono stati numerosi i partecipanti alla processione, venuti anche da varie parti del mondo, a dare il loro omaggio all’Ausiliatrice.
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Foto M. Notario
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La pagina del Rettore
Carissimi amici, bbiamo ancora negli occhi e nel cuore la bella festa di Maria Ausiliatrice qui a Valdocco e possiamo farne memoria attraverso le foto che sono inserite in questo numero. Subito alcune notizie: desidero comunicarvi che con il nuovo anno sociale nelle responsabilità della rivista ci sono alcuni cambi. Da settembre prossimo don Giuseppe Pelizza, direttore in questi anni della rivista cede il testimone a don Livio Demarie, che ha accettato con grande disponibilità questo incarico. A don Giuseppe il nostro sentito grazie per quanto ha dato con passione e competenza, e a don Livio l’augurio di un proficuo e fecondo lavoro. Don Mario Scudu continua nel suo ruolo di Vice Direttore e incaricato del Sito internet (www.donbosco-torino.it), che andrà sempre più arricchendosi di novità e contenuti. Alla distribuzione e amministrazione don Teofilo Molaro, fedele e solerte collaboratore da molti anni, sarà sostituito dal diac. Luca Desserafino. Anche a lui il nostro grazie più sentito. L’estate è occasione per molti di vacanza, di riposo e di esperienze significative, anche se con il momento che stiamo vivendo
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Ecologia dello spirito la cosa sarà certamente più sobria e ridimensionata. Non facciamo mancare la nostra preghiera per quanti stanno vivendo situazioni precarie e preoccupanti. Si sta notando come da un po’ di anni stia crescendo l’interesse per il turismo religioso. Molte persone approfittano di questa possibilità e si recano in vari luoghi segnati dalla presenza di un Santuario, di un monastero, di una qualche memoria legata ad esperienze spirituali di qualche Santo. È un fenomeno in crescita. Sarà il fatto che in un mondo che sempre più sottolinea la dimensione materiale, che non riesce a dare spazio alle cose più profonde del cuore umano, si sente la necessità di compensare il vuoto, di respirare un’aria più pura, di cercare orizzonti più vasti, di trovare spazi di silenzio
e di preghiera? Anche il nostro Santuario di Maria Ausiliatrice vede questo accentuato movimento di persone. La cosa forse interessa anche a voi e alle vostre famiglie. Perché non approfittare dei giorni di vacanza e di ferie per qualche esperienza su questa linea? Non è necessario andare molto lontano: non mancano nelle nostre regioni italiane luoghi di spiritualità, Santuari, monasteri... dove ritrovare il Signore e se stessi, anche solo per una giornata. È l’ecologia dello spirito! L’esperienza di tante persone può diventare anche la vostra. Con l’augurio di giorni sereni, l’assicurazione del nostro ricordo e della nostra preghiera. Don Franco Lotto Rettore
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OTTO SECOLI DI POESIE E PROSE IN ONORE DELLA MADRE DI DIO tà novi Da La Divina Commedia, Paradiso, c. XXXIII, vv 1--6
“Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo Fattore non disdegnò di farsi sua fattura.”
Pagine: 368 Prezzo: € 28,0 0
Il volume, cartonato elegantemente con sovracoperta, raccoglie poesie e prose della letteratura italiana di tutti i tempi. Una antologia che attraversa la lingua e la storia della letteratura da San Francesco d’Assisi ad Aldo Nove arricchito da immagini d’arte e bibliografia
Libreria Editrice Vaticana
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: tel. 06/698.81032 - fax 06/698.84716 - commerciale@lev.va www.vatican.va - www.libreriaeditricevaticana.com 31
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FOTO DI COPERTINA:
SOMMARIO
Maria, ti contempliamo nel silenzio della Tua vita nascosta, in attento e docile ascolto alla chiamata di Dio. Ci intenerisce il Tuo cuore di Madre, pronto a seguire ovunque il Figlio Gesù fin sul Calvario, dove, tra i dolori della passione, stai ai piedi della croce con eroica volontà di redenzione. Ora, nella beatitudine di Dio, quale sposa dello Spirito, Madre e Regina della Chiesa, colmi di gioia il cuore dei santi e, attraverso i secoli, sei conforto e difesa nei pericoli.
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Pietro e Gesù - Gesù racconta il Padre - MARIO GALIZZI Tommaso I Dodici - BENEDETTO XVI Il prestito della speranza - Vita della Chiesa - PIER G. ACCORNERO Sul Monte con Gesù - Vita liturgica - MONS LUCIANO MONARI Maria, una speranza sempre accesa - Spiritualità mar. - M. SCUDU Maria Regina Meditazione - ANTONIO RUDONI Il senso spirituale della Scrittura Bibbia e Spiritualità - GIORGIO ZEVINI
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I novissimi/14 Celebrazione - TIMOTEO MUNARI Madonna delle Grazie di Racconigi Calendario mariano - MARIO MORRA Maria e la miss. sal. - L’Adma nel mondo - DON PIER LUIGI CAMERONI Esempi e pensieri MARIO SCUDU
Santuari della Lombardia/6 - Santuari mariani/90 - CRISTINA SICCARDI Fotocronaca della Solennità di Maria Ausiliatrice - 24 maggio 2009 Ecologia dello spirito - La pagina del Rettore - FRANCO LOTTO
Altre foto: Teofilo Molaro - Archivio Rivista - Centro Documentazione Mariana - Redazione ADMA - Guerrino Pera - Andreas Lothar - Mario Notario - Editrice Elledici.
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