Maria Ausiliatrice d e l l a
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vera vacanza è con Dio
4 Educazione moderna
ed educatori 2.0 le difficoltà nell’educare oggi
12 Giuseppe uomo e santo, intelligente e perseguitato dal dubbio
34 Essere persona omosessuale
ISSN 2283-320x
amare la chiesa e vivere felici. Incontro con Philippe Ariño Luglio-agosto 2014
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Marco Bonatti
1 M aria è ancora
punto di riferimento
Franco Lotto
A TUTTO CAMPO 4 Educazione moderna ed educatori 2.0 Ermete Tessore
7 Grazie
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Francesca Zanetti
Matteo Picciriello
CHIESA E DINTORNI 18 Guardare alla realtà con occhi nuovi
Ezio Risatti
20 Quei cinque
Papi dell’anno 2014
Enzo Bianco
22 Vigilia, giorno, giorno dopo
Redazione
LA PAROLA 8 L a qualità dell’amore
Romano Borrelli
24 C’ero anch’io!
Deborah Contratto
26 L a rivoluzione Marco Rossetti
10 Il regno dei cieli
significa scegliere
delle parole semplici
28 Quel ladro speciale Marco Bonatti
Enrico Romanetto Anna Maria Musso Freni
30 Monica, una mamma
di pazienza e preghiera
MARIA 12 Giuseppe, vero uomo
e grande santo perseguitato dal dubbio Bernardina do nascimento
14 Un vasto oceano fra noi
Francesca Zanetti
Mario Scudu
FAMIGLIA 32 Le famiglie salveranno la Famiglia. Con l’alleanza
Luciano Moia
16 L a “Incoronazione della Vergine”
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di Raffaello
Stefano Ugolini
domus mea ic
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Matteo Picciriello
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Pier Giuseppe Accornero
GIOVANI 34 Essere persona omosessuale, amare la chiesa e vivere felici
38 Le silenziose
chiacchierone
Matteo Picciriello
inserto
52 Don Bosco...
in Monferrato!
Egidio Deiana
54 Da Malta a Londra
Carlo Tagliani
36 Andare a messa? che noia!
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Eugenia Pantallaresco
Giuliano Palizzi
56 Fior ‘d cossot
Anna Maria Musso Freni
40 In vacanza con... il diavolo?
Federica Bello
42 Professione:
artista di strada
Matteo Picciriello
INSERTO Festa di Maria Ausiliatrice 2014
DON BOSCO OGGI 44 I giovani più poveri:
la priorità dei Salesiani
Marina Lomunno
46 Don Bosco al 27° Salone del Libro!
Pier Giuseppe Accornero
48 Un’immaginetta in processione
Romano Borrelli
50 M aria desidera aiutarci
Pierluigi Cameroni
RivMaAus
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a tutto campo
Educazione moderna ed educatori 2.0 Ermete Tessore redazione.rivista@ausiliatrice.net
Le difficoltà nell’educare oggi
Di fronte al magmatico mondo giovanile gli educatori sembrano pietrificati dalla paura di non essere in grado di rispondere, adeguatamente e coerentemente, alle sfide che le moderne generazioni pongono in modo sempre più pressante. Il quasi analfabetismo informatico, una cultura paludata ma datata e non più in grado di trasmettere valori comprensibili dai giovani, la tradizionale visione etica umiliata 4
Maria Ausiliatrice n. 4
e svuotata di senso dall’attuale “liquidità” comportamentale da parte degli adolescenti, lo iato fra cultura umanistica e scientifica pongono in grande imbarazzo chi, per vocazione o per mestiere, ha il compito di educare. Lo straripare dell’uso dei social network nelle relazioni quotidiane, il dilagare del relativismo etico e della filosofia gender, l’insegnamento tradizionale superato dalla tecnologia digitale, le richieste di libertà ed autonomia comportamentale che i giovani rivendicano, hanno provocato
a tutto campo
un autentico tsunami di identità e di ruolo tra i genitori, gli educatori, i preti e le tradizionali agenzie educative (famiglia, scuola e Chiesa), che sono sempre stati i cardini dell’educazione. La formazione contemporanea non può più essere alimentata da vistosi pacchetti valoriali preconfezionati, a cui è sufficiente attenersi punto per punto. L’odierna “liquidità” ha messo in moto una globale omologazione di vita, di valori, di culture, di fedi, di religioni e di modelli comportamentali. Il risultato finale risulta esser una sempre più crescente marginalizzazione dei valori “tradizionali” e di tutte le pedagogie elaborate nel passato. È urgente, di fronte a questa realtà, mobilitare le migliori energie di mente e di cuore, abbandonando i panni dell’ideologia pedagogica onnisciente ed onnipotente, per essere in grado di accettare, di sfidare, e di vincere, la nuova realtà, senza lasciare spazio all’atteggiamento di rassegnata accettazione di quanto viene percepito come ineluttabile ed inevitabile. Che fare?
Non è di rassegnati disfattisti quello di cui abbiamo bisogno. Come Martin Lutero, dopo aver affisso le sue novantacinque tesi alla porta della chiesa di Wittenberg, gli educatori devono dichiarare il proprio “Ich kann nicht anders” (non posso fare altrimenti). In mezzo alla confusione ed al frastuono del nostro bazar-liquido-postmoderno, è necessario, con passione, dedicarci instancabilmente alla ricerca di sen-
so nell’attuale condizione umana. I nostri giovani si collocano, per dirla con Albert Camus, “a metà strada tra la miseria ed il sole”. La miseria si radica nel travolgente processo di spersonalizzazione; il sole è rappresentato dal desiderio di non rassegnarsi passivamente al processo globale di omologazione in atto. La libertà a cui dobbiamo formare, non è quella di limitarsi a dire o a fare quello che frulla per la testa, ma quella di dimostrare concretamente, malgrado tutti i condizionamenti, che è possibile essere, o diventare, migliori. L’educatore, sempre seguendo il pensiero di Camus, deve essere Prometeo e non Sisifo. Prometeo incarna il modello di una vita-per-gli-altri che deriva, dovuta ad una instancabile ostinazione, dalla incrollabile certezza della non assurdità della condizione umana. Sisifo, invece, piange rassegnato sulle proprie incapacità ed inadeguatezze, roso da inutili complessi di inferiorità, surgelato nei propri dogmi pedagogici e didattici ormai ammuffiti dal tempo che lo spingono a gettare la spugna. Nell’ambito della Famiglia Salesiana questo avrebbe come conseguenza l’assassinio del sistema preventivo di don Bosco.
Albert Camus ci parla da maestro autentico. Scrittore e filosofo, uomo grande ed esemplare, ha prodotto un’opera ed una testimonianza che non invecchieranno mai. Rainero Regni in Il sole e la storia (Armando editore) propone una lettura in chiave pedagogica del suo pensiero e della sua biografia.
La sfida posta dalla ideologia gender
L’ideologia gender è un ottimo banco di collaudo della nostra capacità di educare oggi. Di fronte allo sconcerto generale creato da questa invasiva ed invadente nuova ideologia, come ci stiamo attrezzando per Luglio-agosto 2014
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a tutto campo
Melting pot (tradotto come “crogiolo”) è l’espressione che si usa per indicare l’amalgama, all’interno di una società umana, di elementi diversi (etnici, religiosi, ecc.).
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dare delle risposte sensate? Quali testimonianze comportamentali siamo in grado di dare ai ragazzi sempre più disorientati ed incapaci di gestire i bombardamenti mediatici a cui sono quotidianamente sottoposti? La loro nevrotica sudditanza a internet, li rende fragili, aggressivi e inquieti. Quale demone si nasconde dietro i loro comportamenti segnati sempre più dal compulsivo legame con i social network, con gli iphone, con i tablet, tanto da dare la sensazione di essere inconsciamente plagiati ed etero diretti? Qualsiasi forma di dipendenza finisce per accrescere l’angoscia della solitudine, impedisce l’elaborazione, sofferta e faticosa, di una personale identità capace di attivare atteggiamenti critici e non omologati. Tutti i grandi problemi esistenziali, tra cui quello fondamentale del formare una identità sessuale ben definita, ormai si sottraggono all’influsso delle tradizionali agenzie educative di riferimento. Il risultato è che gli adolescenti vivono in una specie di melting pot onnivoro che fa perdere loro il senso dell’appartenenza e cancella l’individualità personale. Lo stesso concetto di “identità biologi-
Maria Ausiliatrice n. 4
ca” viene azzerato. La sessualità viene fortemente condizionata dall’esasperazione del vivere e viene vissuta in base alle emozioni momentanee, al non impegnativo, condizionata dall’incapacità di gestire le pulsioni del momento. In questo contesto “l’ordine dell’egoismo” soppianta “l’ordine della solidarietà”. Questo genera un tipo di relazioni “poroso” in cui il diritto ad essere diverso è conclamato, in cui è buono quello che mi piace, in cui arbitrariamente posso decidere di sentirmi maschio al mattino, femmina al pomeriggio, trans alla sera, senza per questo sentirmi “strano”. È appena uscito un libro scritto dal neurologo Gianvito Martino, In crisi di identità. Contro natura o contro la natura?. È inquietante e mette i brividi a chi non conosce le recenti scoperte nell’ambito della scienza. Il concetto di natura viene rivoluzionato. La scienza contemporanea ci presenta la natura non come un progetto definito, ma come un architetto che incessantemente toglie, taglia, mette, riorienta, rimodella, arrangia. Dice l’autore: “Additare contro natura certi comportamenti assolutamente naturali, significa ignorare la realtà delle cose, scegliendo, deliberatamente di essere ‘contro la natura’”. Basta modificare, in un topo, solo uno dei trentamila geni che compongono il suo genoma, per attivare reazioni a cascata che hanno come risultato finale quello di cambiare fisicamente la composizioni degli organi sessuali da maschili a femminili, e viceversa. Una informazione del genere non la possiamo ignorare e non può lasciarci indifferenti per le implicanze che contiene.
Grazie Grazie, don Stefano. Grazie, don Enrico. A entrambi un grazie spontaneo, sincero. Perché ogni volta che una persona, e a maggior ragione un sacerdote, lascia le reti dove sino a ieri aveva pescato per diventare pescatore in altri mari, il nostro cuore di carne prova una fitta. Si lasciano amicizie, attività, progetti... Poi, subentra la serenità: il Signore è vicino a tutti, in particolare a chi, attraverso i superiori, affida nuove e maggiori responsabilità. E perché – più dei graditi auguri umani – si conosce l’importanza della preghiera rivolta al Signore dalla famiglia (com’è una comunità salesiana) che si lascia e da quella in cui si entra. Grazie, quindi, a don Stefano Martoglio, nato a Cumiana (TO) 49 anni fa. Negli ultimi sei anni è stato Superiore dell’Ispettoria Piemonte-Valle d’Aosta e Lituania, con sede a Valdocco (dove tutto ha avuto origine), e quindi è ben conosciuto dai giovani, dai pellegrini del nostro Santuario e dai nostri lettori. Lo scorso marzo, al Capitolo Generale 27, è stato eletto Consigliere Regionale per la nuova regione “Mediterranea”. Questa nuova regione è costituita dalle Ispettorie dell’Italia, del Medio Oriente, del Portogallo e della Spagna. Grazie a don Enrico Stasi. Nato a Taranto 48 anni fa, è stato tra l’altro direttore della comunità salesiana di Torino-Valsalice (2006-2012), dal 2008 anche consigliere ispettoriale e dal 2013 direttore della comunità salesiana di Torino-Agnelli. Lo scorso gennaio, don Enrico è stato nominato nuovo Superiore dell’Ispettoria Piemonte-Valle d’Aosta e Lituania per il sessennio 2014-2020, succedendo a don Stefano dal mese di maggio. E dopo il “grazie”, ad entrambi gli auguri più belli. Con la certezza che con noi anche i nostri lettori li ricorderanno nelle preghiere al Signore e all’Ausiliatrice. LA REDAZIONE redazione.rivista@ausiliatrice.net
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CHIESA e d’itorni
Vigilia, giorno, giorno dopo Romano Borrelli redazione.rivista@ausiliatrice.net
La festa dell’Ausliatrice ora dopo ora. I cortili e la Basilica: una città nella città. Pensionati, ragazzi, lavoratori. Emozioni, gioie, speranze. Una città all’interno della città. Dialetti e lingue varie questa sera si mescoleranno e si ritroveranno, magari a distanza di un anno. Uno sciamare continuo, lungo una notte. La lunga notte di Valdocco, in attesa della festa di domani, di devozione, di processione, inizia. Il tempo non è clemente. In molti osservano il cielo e le previsioni. La sera è oramai scesa sulla città. Qui intorno, quasi tutto è illuminato a giorno. Bus in continuo arrivo, carichi e stracarichi di fedeli. Ognuno di loro, portatore o portatrice di una
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Maria Ausiliatrice n. 4
storia diversa. Ogni anno sempre più difficile capire come facciano ad entrare nel cortile. Provo a contarli, i bus. Dieci, venti, trenta. Mi fermo. Impossibile. Noto solo che alcuni passeggeri hanno mani occupate da qualcosa. Chi un rosario, chi una bottiglietta d’acqua, chi un seggiolino pieghevole. È gente che passerà la notte qui. Pensionati, ragazzi, lavoratori. Di votazioni. Non rassegnamoci
All’interno della Basilica centinaia e centinaia di mani passano oggetti
Stanchi ma felici
Una Messa presieduta volge al termine. Si deve lasciar posto alla prossima. La lunga giornata volge al termine. Stanchezza, fatica, fame cominciano davvero a farsi sentire. Ma la forza dei sentimenti, è più forte. Anche quando non hanno modo di esprimersi dopo un anno e si sciolgono in un abbraccio, commosso, intenso, interminabile. Ci si siede e si aspetta. Pazientemente. Altri ne approfittano, seduti, consumando la propria cena al sacco. Nel frattempo sono in arrivo gli ultimi. Al termine, tutti a casa. Felici e contenti. Casa, parola ripetuta e rimbalzata nella testa di molti, nella scorsa notte, tra un popolo variegato. Saluti. Abbracci, mani intrecciate. Avrebbe potuto essere il titolo di un libro,
chiesa e d’intorni
di ogni tipo, affinché vengano posati per pochi istanti a contatto della statua della Madonna. Alcuni volontari, avranno questo compito, per tutta la notte. Ogni oggetto un ricordo, una speranza, una preghiera. Immagino dietro quei visi, storie personali, di sofferenze. Ci si avvicina a mezzanotte. E la gente continua ad arrivare. Ai piedi della Statua, pare di essere in una delle rappresentazioni al Calvario. Comincia a farsi l’alba. I devoti continuano ad arrivare. Torino, 24 maggio. Ancora un salto nei cortili di Valdocco, e provare a scrivere, descrivere, raccontare, fotografare. Il Rettor Maggiore, don Àngel Fernàndez Artime. Giovane, loquace, affabile e concede una parola e un selfie a tutti. Con un linguaggio diretto e giovane si rivolge anche lui, come poco prima l’Arcivescovo Cesare Nosiglia ai giovani nell’omelia, in Basilica. “Non rassegnamoci”, incitando ogni gruppo di giovani, ragazze e ragazzi. Foto, incoraggiamenti e parole di speranza per tutte, tutti.
Riti e rituali, ma non lo è stato. Negli anni il percorso della processione si è modificato. Ma l’intensità dell’evento, del rito è sempre la stessa. La devozione, la passione è sempre identica. Sempre l’identica bellezza, che non muta mai. Di queste giornate ricorderemo visi giovani, che hanno vissuto e che si apprestano a vivere qualcosa di entusiasmante. Nella speranza che qualcosa di migliore possa davvero arrivare.
Durante la notte del 23, bus in continuo arrivo, carichi e stracarichi di fedeli, provenienti da paesi diversi: Borgomanero, Novara, Domodossola, Milano, Alessandria. Sud... impossibile elencarli. Difficile contare i bus immessi e costretti nel cortile. Ogni anno è sempre più difficile capire come facciano ad entrare lì dentro.
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chiesa e dintorni
Quel ladro speciale Anna Maria Musso Freni redazione.rivista@ausiliatrice.net
Era giusto che il buon ladrone andasse in Paradiso? Il perfetto atto di fede di un condannato a morte. Il buon ladrone del racconto evangelico ha creduto fortemente nella divinità di Cristo. E la fede lo ha salvato. “La prossima volta voglio fare san Giovanni!”, dichiara Stefano, ancora vestito da soldato romano, al termine della Via Crucis che Gesù portò per primo in Paradiso il buon conclude gli incontri della settimana santa. ladrone perché ha “Vedremo! Una parte così deve essere meritata con l’impegno di professato la sua fede tutto l’anno”. – “Sì, va bene, però... tu dici sempre che per andare in lui. Così Gesù gli in Paradiso dobbiamo essere molto buoni per tutta la vita, osservare rispose: «sarai con me la legge di Dio, volerci bene, perdonare, aiutare gli altri. Come ha in Paradiso». fatto quel ladro là, che doveva essere stato molto cattivo, a guadagnare il Paradiso soltanto dicendo a Gesù di ricordarsi di lui? Sarà poi vero questo racconto? Non ci credo mica tanto!”. Il racconto è sicuramente vero e Gesù non aveva intenzione di ingannare con una falsa promessa né il buon ladrone né quelli che, nei secoli, avrebbero ascoltato la sua Parola. Il Paradiso, è vero, deve essere la conquista di tutta la vita, ottenuta faticosamente giorno dopo giorno. Ma Gesù, nella sua infinita misericordia, ha promesso la stessa ricompensa agli operai della prima e a quelli dell’ultima ora. Un pentimento sincero dei propri peccati, finché si è in vita, può ottenerci il perdono completo. “Ma quel ladro non aveva chiesto il perdono, e forse non era nemmeno pentito” obietta Gian Luca. “Non lo aveva chiesto in questi termini, ma le sue parole lasciano capire il pentimento. Il buon ladrone rimprovera il compagno che insulta Gesù, prova dispiacere per la sua condanna, mentre ritiene giusta la propria. Ma ciò che lo ha salvato è stato soprattutto il suo perfetto atto di fede. Un atto di fede di cui nemmeno gli Apostoli erano stati capaci: tutti erano fuggiti, spaventati, abbandonando il Maestro. E quel condannato a morte doveva avere tutta la fede dell’universo per riconoscere Dio in un uomo apparentemente debole e incapace di difendersi, che si era lasciato insultare, flagellare, incoronare di spine, inchiodare alla croce senza protestare, come l’ultimo dei delinquenti, pregando per i suoi crocifissori. Una fede così limpida di cui forse noi non saremmo capaci”. “Allora, la prossima volta voglio fare il buon ladrone”, conclude Stefano.
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24 maggio 2014
festa di maria ausiliatrice
foto di: Mario Notario, Giuseppe Verde, Dario Prodan, Renzo Bussio
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Andare a messa? che noia! Giuliano Palizzi redazione.rivista@ausiliatrice.net
Quale religione ha un Dio che “si fa mangiare”? C’è gioia più grande per un cristiano di quella di essere invitato a cena dal suo Dio? Eppure guardiamoci nelle nostre celebrazioni domenicali: arriviamo in ritardo, siamo distratti, non partecipiamo... Ma siamo lì per celebrare e o per fare il precetto? Dove prevale la noia non c’è il Dio di Gesù Cristo, il “Dio dei vivi”, ma soltanto un “dio” degli uomini, un “dio morto”. Nella mia vita precedente mi piacevano tanto le grandi convocazioni: stadio, concerti, Taizè e poi le GMG... Un piacere immenso andarci da ragazzo. Doppio piacere immenso accompagnarci poi i ragazzi. Perché? Per l’aria che si respira, perché si trovano tante cose entusiasmanti, stravaganti, esilaranti. 36
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E anche perché le esperienze fanno la differenza in qualunque cammino che sappia di crescita, perché non ti fanno sentire solo, ma parte di una mondialità incredibile. Poi la televisione e i social network hanno ammorbidito il desiderio di partecipazione perché tanto si gusta meglio sullo schermo! Ma dentro ti rimane la nostalgia dell’“io c’ero” quando lo puoi raccontare. La messa come un concerto?
Lasciatemi sognare. La messa è alle 11 ma già al mattino presto frotte di persone si precipitano nella chiesa per prendere i primi posti per non perdere nulla del conc..., pardòn, della celebrazione e man mano che arrivano altri ci si saluta, ci si sente la grande famiglia del cantaut..., pardòn, del Dio che si va ad ascoltare. Tutti son venuti liberamente e non si son posti il problema di spendere 60 € per il
E invece?
E adesso lasciatemi uscire dal sogno. La messa è alle 11 e se tutto va bene alle 11.30 arrivano gli ultimi che hanno perso tutta la prima parte e siccome i primi si sono messi tutti al fondo occupando gli ultimi posti quelli che arrivano in ritardo devono attraversare tutta la chiesa per trovare un posto a sedere, ma forse è meglio ammucchiarsi dietro le colonne dell’ingresso. Qualcuno accenna a qualcun’altro un gesto di saluto smorto e timido. L’impressione non è di chi è arrivato per celebrare la sua libertà quando di chi è obbligato a “fare il precetto”, però prima di partire ha preso qualche monetina per non correre il rischio di dover ricorrere a 1 € per il bigl..., pardòn, per la questua. E quando il sacerdote inizia, qualcuno prende il libretto, un altro magari canta ma la maggioranza vegeta alla grande. Ed è un canto di un entusiasmo incredibile: non ti fa muovere neanche un sopracciglio! Ognuno per conto suo, un anonimato pazzesco. Il senso della festa è rimasto fuori. La gioia pure. Basta guardare la tristezza quando ci si mette in fila per far la comunione: sembra la fila dei condannati a morte non certo quella di chi scoppia di gioia perché va a “mangiare il
suo Dio”. Ognuno pensa ai fatti suoi imitando quello che dall’ambone legge senza preoccuparsi di regolare il microfono per farsi capire né di dare senso al testo che viene letto in maniera piatta e atona, per non parlare di chi fa la predica intento a parlare a se stesso visto che dice cose che non interessa nessuno. E alla fine? Il fuggifuggi, da molti anticipato prima ancora che ci si scambi un gesto di saluto...
GIOVANI
biglietto più accessori vari. E, finalmente, quando inizia ed entra il sacerdote c’è un’accoglienza piena di gioia fatta di canto corale ritmato con le mani e con tutto il corpo. C’è comunione totale con lui e con tutti. E basta che lui apra bocca e tutti rispondono e partecipano, conoscono i testi delle canzoni, i testi del rito di festa, della liturgia della vita e della gioia. Una gioia che ti prende la pancia e non ti permette di annoiarti e stancarti un momento. Non puoi pensare ai tuoi pensieri perché i tuoi pensieri sono quelli che si stanno celebrando. E alla fine nessuno se ne vuole andare e si continua a stare insieme, a riprendere i momenti belli del vissuto e a cantare e ad abbracciarsi e salutarsi dandosi appuntamento alla prossima volta fra sette giorni...
La festa della comunità
I giovani amano il concerto e sono pronti a tutto per poter esserci e per godersi ogni minuto. Gli adulti amano il rito, la ripetizione, la sonnolenza e odiano ogni novità che rischi di risvegliarli? L’eucaristia è una “cosa” giovane (lo riconobbero allo spezzare il pane). La messa è una cosa vecchia, da museo? Smettiamo di “andare a messa” e cominciamo a “celebrare l’eucaristia”: non un rito da compiere, non solo una liturgia da seguire, ma un pane da spezzare, una comunione da costruire, una vita da cantare insieme. Cantiamo insieme la nostra fede, la fede della comunità, giovani e vecchi e bambini e... tutti insieme, la fede in un Dio vivo e allegro. Giovani tutti, riprendiamoci la messa. Che sia la festa della comunità piena della gioia e del calore della giovinezza di chi è seguace di Gesù Risorto. La messa non è una “pia devozione”. La messa è “la” celebrazione. La messa sia il grande concerto settimanale della comunità.
La Messa non è qualcosa che si prende, si ascolta; non è neppure un obbligo da assolvere, noioso ma necessario, magari per tradizione o per abitudine. La Messa è una festa.
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don bosco oggi
I giovani più poveri: la priorità dei Salesiani
Marina LOMUNNO redazione.rivista@ausiliatrice.net
Don Àngel incontra un gruppo di giovani
Don Ángel Fernández Artime, eletto nel Capitolo Generale dello scorso 25 marzo, ha partecipato per la prima volta da Rettor Maggiore alle celebrazioni centrali della festa di Maria Ausiliatrice, accolto con affetto da una folla di giovani, famiglie, oratori salesiani provenienti di tutto il Piemonte per conoscerlo e augurargli “buon cammino”. Abbiamo incontrato don Ángel a Valdocco, alla vigilia della festa di Maria Ausiliatrice, e volentieri in spagnolo, perché “in italiano ancora non riesco ad esprimere al meglio i miei sentimenti più profondi”, ci ha parlato della sua nuova “avventura” di Rettor Maggiore e della Congregazione “che sogna”. “Sono salesiano da 36 anni e da allora la Congregazione che ho conosciuto ha continua44
Maria Ausiliatrice n. 4
to a camminare in tutte le parti del mondo dove è presente accanto ai giovani più bisognosi. E noi oggi non possiamo fare diverso, la scelta per i giovani più poveri deve essere una tensione permanente. Papa Francesco chiede alla Chiesa di andare nelle periferie: questo invito per noi è centrale, lo dobbiamo avere nel nostro dna, è il nucleo del nostro carisma che è partito di qui, da Valdocco, dalla periferia dove don Bosco ha cominciato la sua opera. È questo che deve fare il Rettore Maggiore con il suo Consiglio: ricordare a tutto il mondo che la nostra opzione preferenziale è quella dei giovani poveri e che quello che abbiamo fatto finora non è sufficiente, dobbiamo fare sempre di più.
Lei in questi giorni è tornato a Valdocco... Qual è il suo legame con questi luoghi da dove è partita l’avventura salesiana? E cosa significa per lei tornaci da Rettor Maggiore? Venire a Valdocco per un cuore salesiano è sempre toccante: mi emozionano la chiesa di san Francesco di Sales, la Basilica di Maria Ausiliatrice, la cappella Pinardi, le Camerette di don Bosco e poi, tornare nel luogo dove si è riunito il Consiglio generale. Le dico sinceramente però che tornando in questi giorni qui come Rettor Maggiore sento la necessità di cercare uno spazio di intimità per trovarmi con don Bosco, per incontrarmi con lui serenamente, nel silenzio, senza il rumore del mondo esterno, mettendomi davanti a Maria Ausiliatrice che un salesiano porta sempre nel cuore. Questo perché, se da una parte non mi sento di meritare tutto questo – ma chi può sentirsi all’altezza? – dall’altra vivo tutto con trepidazione perché sento, e lo dico come credente, che il Signore è sempre presente. E poi non sono solo in questo percorso: mi sento accompagnato con affetto dai miei fratelli del Consiglio, dal mio segretario personale da tutta la Congregazione. Allo stesso modo sento con urgenza il dovere di stare vicino a don Bosco perchè la mia gran-
don bosco oggi
Secondo lei quali sono i giovani d’oggi e quali sono le loro necessità? È molto difficile rispondere perché oggi ci sono 100 modi diversi di essere giovani nei 5 continenti. Noi salesiani dobbiamo voler bene ai giovani, dargli ascolto, star loro vicino, infondere la forza perché diventino protagonisti della loro vita. Questa è la volontà di don Bosco e questo deve essere il nostro primo impegno. In secondo luogo, come salesiani dobbiamo essere attenti alle povertà. La povertà più drammatica è quando non si ha nulla da mangiare per potersi sostentare. Dove invece il necessario è assicurato ci sono altri tipi di povertà: la mancanza di senso della vita, la tremenda solitudine, la destrutturazione della famiglia e la distruzione della persona con la droga e l’alcool. Un fenomeno preoccupante che il papa ha segnalato anche a noi salesiani è la disoccupazione.
de preoccupazione, il mio sogno, è che dopo i sei anni del mio mandato – e lo dico con forza qui a Valdocco – se noi rafforzeremo l’identità del carisma di don Bosco per portarlo a chi ha bisogno – allora potremo sentirci tranquilli e felici. Lei è il Rettore Maggiore del bicentenario, che significato ha per lei accompagnare la Congregazione a celebrare i duecento anni di vita del fondatore? Il mio predecessore don Pasqual Chàvez pochi mesi fa proprio qui a Valdocco ha detto che il bicentenario è l’occasione soprattutto per tornare all’essenza del carisma di don Bosco e io concordo con lui. Non abbiamo intenzione di fare del bicentenario un evento sfarzoso o grandi festeggiamenti. Anzi, tutto il contrario. Celebriamo il bicentenario essenzialmente perché don Bosco non è proprietà dei salesiani ma è un dono dello Spirito per tutta la Chiesa, è patrimonio di tutta l’umanità; anche per i non credenti è stato un grande educatore e anche per loro ha formato una grande famiglia di educatori. Infine se noi in questo anno di celebrazioni ci impegneremo soprattutto ad arrivare agli ultimi, ai più poveri, allora sì che avremo raggiunto l’obiettivo del bicentenario. Ha collaborato per la traduzione Rosa Felix-Diaz Mateo
La nostra Europa, con uno sviluppo economico molto diverso, ha molto da imparare dai valori che si incontrano negli altri continenti e in particolare nel Sud del mondo.
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Don Bosco al 27o Salone del Libro! Pier Giuseppe Accornero redazione.rivista@ausiliatrice.net
Roberto Giannatelli ha scritto: «Don Bosco ha contribuito allo sviluppo della comunicazione sociale sia come educatore moderno e preveggente dei giovani, sia come promotore della “buona stampa” e dell’editoria cattolica e fondatore di un movimento mondiale che annovera tra i suoi scopi l’educazione dei ceti popolari “in particolare con la comunicazione sociale”».
(Costituzioni salesiane, art. 6)”
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San Giovanni Bosco “patrono degli editori cattolici”. Lo proclamò Pio XII il 24 maggio 1946. Cento anni prima il “genio dell’educazione” inizia una strepitosa (e sconosciuta) carriera di scrittore e di editore con Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo morto nel seminario di Chieri ammirato da tutti per le sue singolari virtù, scritti da un suo collega pubblicato a Torino nel 1844 dalla Tipografia Speirani e Ferrero. Il catalogo dei suoi scritti, dal 1844 alla morte nel 1888, raccoglie 403 titoli. La pubblicazione più popolare è dal 1853 Letture cattoliche, che dal 1862 stampa nella tipografia dell’Oratorio. I suoi sono temi popolari di istruzione. Ad esempio, per diffondere il sistema metrico decimale – obbligatorio nel Regno dal 1850 – nel 1846 pubblica con Para-
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via Il sistema metrico decimale preceduto dalle 4 operazioni aritmetiche “a uso degli artigiani e della gente di campagna” e nel 1849 scrive una commedia in tre atti (8 dialoghi) Il sistema metrico decimale. Il teatro per veicolare valori e contenuti
Quando don Bosco vuole passare ai giovani qualcosa di importante, immancabilmente si volge al teatro. Poi letture amene, agiografie, biografie edificanti e racconti di ispirazione storica, come la vita dei Papi dei primi tre secoli, brevi biografie dei santi, specie giovani. Scritti di istruzione religiosa e manuali di preghiera. Il più famoso è Il giovane provveduto. Per la pratica de’ suoi doveri negli esercizi di cristiana pietà per la recita dell’Uffizio della B.Vergine, dei
na Cristiana (LDC oggi Elledici). Cosa significhi il contributo dato dai “pionieri”, come don Bosco, all’editoria e all’editoria cattolica lo si è visto al 27° Salone internazionale del libro di Torino del 2014. Nel padiglione della Santa Sede, “ospite d’onore”, sono stati messi in mostra alcuni capolavori: reperti archeologici, un’Iliade del 1477, un’illustrazione dell’Inferno della Divina Commedia dantesca realizzata da Sandro Botticelli e, dall’Archivio Segreto Vaticano, alcune missive: la lettera autografa di re Carlo Alberto a Pio IX (10 agosto 1848); la lettera con firma autografa di Camillo Benso conte di Cavour al reggente della Nunziatura apostolica a Torino (20 luglio 1859); la lettera autografa di re Vittorio Emanuele II a Pio IX (8 settembre 1870); la lettera autografa di don Giovanni Bosco a Pio IX (29 ottobre 1876).
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Vespri di tutto l’anno e dell’Uffizio dei morti coll’aggiunta di una scelta di laudi sacre pubblicato a Torino da Paravia nel 1847 e che conobbe decine e decine di ristampe. Ancora, articoli, memorie e informazioni sull’Oratorio e sulla Famiglia salesiana; libretti elementari di catechesi; suggerimenti di vita morale, di educazione domestica ed economica secondo la mentalità popolare piemontese. Partite con una tiratura di 3 mila copie, le Letture cattoliche arrivano a 12 mila nel 1870, a prezzi molto bassi, distribuite da una rete di parroci e laici. Nelle tecniche tipografiche don Bosco vuole “essere all’avanguardia del progresso”. Da obbediente figlio della Chiesa, il “padre e maestro dei giovani” segue le allarmate preoccupazioni di Pio IX sull’”uso perverso della nuova arte libraria”. Nel XIX secolo la Chiesa prende coscienza dell’importanza della stampa e dell’editoria per promuovere e conservare la fede nel popolo e per combattere l’anticlericalismo e l’indifferentismo religioso. Allo scopo di togliere i ragazzi dalla strada e di avviarli a un mestiere, apre a Valdocco nel 1861 la Tipografia di san Francesco di Sales.
Padiglione del Vaticano al 27° Salone Internazionale del Libro di Torino.
Nascono la S.E.I. e l’Elledici
L’unità d’Italia favorisce l’alfabetizzazione, la scolarizzazione e la cultura, l’abbattimento delle barriere doganali, il miglioramento delle tecnologie e delle comunicazioni e si passa da una gestione artigianale a una pre-industriale. Dal 1884 è attiva a Torino una “Biblioteca circolante per le signore torinesi” fondata dal prete-scienziato Francesco Faà di Bruno, grande amico di don Bosco. Nel 1908 si costituisce la Società Anonima per la Diffusione della Buona Stampa, che nel 1919 diventa Società Editrice Internazionale e nel 1941 nasce la Libreria DottriLuglio-agosto 2014
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