Rivista Maria Ausiliatrice 4/2015

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MARIA AUSILIATRICE D E L L A

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RIPOSO DELL’ANIMA E DEL CORPO

I M ARIA AUSILIATRICE LA MAMMA DI TUTTI NOI INSERTO SPECIALE

4 DALLA COSCIENZA A DIO. ROBERT CHEAIB CI PRESENTA LA RIFLESSIONE DEL BEATO JOHN HENRY NEWMAN

32 LE MAGLIETTE GIALLE DI DON BOSCO. VOLONTARI VIVONO IL SERVIZIO COME ESPERIENZA DI FEDE

ISSN 2283-320X

LUGLIO-AGOSTO 2015

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Qualunque fatica è poca quando si tratta della Chiesa e del Papa

foto: Mario Notario

Cari amici, si è appena conclusa in Torino l’Ostensione della Sindone, in concomitanza con il Bicentenario della nascita di don Bosco, e Valdocco ha visto una numerosissima presenza di pellegrini venuti qui nella nostra Basilica per onorare il nostro Santo e affidarsi all’intercessione di Maria Ausiliatrice. I numeri sono significativi, ma molto più significativi sono stati i momenti intensi di preghiera dei gruppi, le tante celebrazioni dell’Eucaristia in Basilica e nelle varie cappelle di Valdocco e la significativa e continua affluenza ai confessionali. Amore all’Eucaristia e alla Riconciliazione sono segni concreti di autentica spiritualità, che non esclude forme esteriori di devozione popolare, ma richiama il centro della fede e della pratica cristiana. Per don Bosco i due sacramenti sono i pilastri della sua azione educativa. Dono grande per noi è stata la visita in Basilica di Papa Francesco che ha voluto onorare don Bosco e salutare la Famiglia Salesiana in questa nostra chiesa, dove suo padre, in gioventù, prima di partire per l’Argentina era solito venire a pregare. Si è rafforzato in noi l’affetto per il Papa e l’adesione al suo insegnamento, elementi fondamentali della nostra spiritualità salesiana: «Io sono attaccato al Papa più che il polipo allo scoglio», affermava don Bosco con forza, e continuava: «Qualunque fatica è poca quando si tratta della Chiesa e del Papa». Non sono assenti in questo momento attacchi alla sua persona e ai suoi insegnamenti, anche da frange interne e da gruppi nostalgici che si ergono come maestri di fede e di verità. Non dimentichiamo l’insegnamento di san Ambrogio: «Ubi Petrus, ibi Ecclesia» e preghiamo per il Papa, come egli chiede spesso. Il periodo estivo è un periodo di riposo e di ripresa anche dal punto di vista spirituale. Un po’ più di preghiera, qualche buon libro, qualche momento di condivisione serena con gli altri aiuteranno a riprendere il cammino con serenità e fiducia, ricchi di speranza e di carità. Vi ricordiamo quotidianamente in Basilica. DON FRANCO LOTTO RETTORE lotto.rivista@ausiliatrice.net

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ALLESSANDRO GINOTTA

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CARLO TAGLIANI

1 QUALUNQUE FATICA È POCA QUANDO SI TRATTA DELLA CHIESA E DEL PAPA DON FRANCO LOTTO

ANNA MARIA MUSSO FRENI

18 SUL CAMMINO DI SANTIAGO... E RITORNO CARLO TAGLIANI

20 PERCHÉ LA FESTA SIA FESTA

A TUTTO CAMPO 4 COL TUO CUORE CONSIGLIATI ROBERT CHEAIB 7 UN PATTO INTERGENERAZIONALE CONTRO L’INDIVIDUALISMO

ALLESSANDRO GINOTTA

LA PAROLA 10 SUCCESSI DI FOLLA E RITIRO IN PREGHIERA

EZIO RISATTI

22 L A STORIA DI SAN GIOVANNI PAOLO II IN UN LIBRO DI ANTONIO PREZIOSI FEDERICA BELLO

24 CON GLI OCCHI DEL CUORE ALESSANDRO GINOTTA

26 IL DIAVOLO E L’ACQUA SANTA. “IL DIO CHE NON ESISTE”

MARCO BONATTI

12 «LA PAROLA DI DIO CRESCEVA E SI DIFFONDEVA»

MARCO ROSSETTI

DIEGO GOSO

28 LE PIETRE E LA MISERICORDIA ANNA MARIA MUSSO FRENI

MARIA 14 L A CONQUISTA DELLA MATERNITÀ FRANCESCA ZANETTII

CHIESA E DINTORNI 16 CHIARA, POVERA PER CRISTO MARIO SCUDU

DON BOSCO OGGI 29 STORIA DI UNA VOCAZIONE CONSACRATA NELL’ISTITUTO SECOLARE VDB

32 LE 200 MAGLIETTE GIALLE DI DON BOSCO MARINA LOMUNNO

34 DON GERVASIO FORNARA: “UN MISSIONARIO

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IN CANOA”

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Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione) Direttore responsabile: Sergio Giordani Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-80

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UNA VDB

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GIOVANNI COSTANTINI

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GIULIANO PALIZZI

36 DE AGOSTINI: IL SALESIANO ESPLORATORE

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INSERTO

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GIOVANI 52 UNA FEDE VISIBILE, CREDIBILE, FECONDA

LORENZO BORTOLIN

38 DON BOSCO AL SANTUARIO DI CREA

GIULIANO PALIZZI

54 IL DRAMMA DEL DOMINANTE MORALISMO

PIER GIUSEPPE ACCORNERO

INEDUCANTE MODERNO

40 I XXVI GIOCHI INTERNAZIONALI DELLE POLISPORTIVE GIOVANILI SALESIANI

ERMETE TESSORE

GIOVANNI COSTANTINI

42 SONO 30.000 I MINORI ITALIANI COSTRETTI A VIVERE LONTANO DALLE LORO FAMIGLIE

INSERTO FESTA DI MARIA AUSILIATRICE 2015

ILARIA M. NIZZO

44 QUANDO UN CANTO SA MUORE UN CUORE. ANZI, MOLTI

CLAUDIO GHIONE

46 DON BOSCO “FILATILICO” LORENZO BORTOLIN

48 DALLE CASE DI MARIA ALLE NOSTRE CASE PIERLUIGI CAMERONI

50 FAMIGLIE IN CAMMINO CON MARIA ADMA FAMIGLIE

56 PESCHE MARGHERITA ANNA MARIA MUSSO FRENI

RivMaAus

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A TUTTO CAMPO

Col tuo cuore consigliati In che senso la mia coscienza mi parla di Dio? La risposta del grande convertito e ROBERT CHEAIB redazione.rivista@ausiliatrice.net beato John Henry Newman.  A volte parliamo di Dio come se fosse un prodotto da scoprire o un luogo da visitare. Invece, i grandi mistici hanno sempre intuito la presenza di Dio come più intima a noi di noi stessi (sant’Agostino). Alcuni di loro parlano di Dio che dimora nel «fondo dell’anima» (Taulero). Di Dio non bisogna parlare come la scoperta dell’isola-che-non-c’è, ma aiutare le persone a rifamiliarizzarsi con un assopito sentore profondo. Testimonium Dei in nobis habemus, abbiamo in noi stessi un’attestazione di Dio. È da evidenziare per contrasto che la percezione di Dio non è una sensazione immediata o scontata. Mi viene in mente la metafora della luce. La luce è la nostra mediatrice visiva. Grazie ad essa si vedono le cose. Ma il paradosso grande è questo: la luce stessa si vede solo quando si infrange sulle cose (o sulla nostra retina). Un esempio? Se la luce entra da una finestra ed esce dall’altra senza infrangersi contro niente, non te ne accorgi. Ti accorgi della luce, ad esempio, dalle particelle di polvere nell’aria. LA CERTEZZA INTUITIVA DELLA MIA ESISTENZA

Oggi vogliamo esplorare un geniale contributo del grande convertito inglese John Henry Newman (1801-1890; è stato beatificato nel 2010), che ci parla di questo intuitivo passaggio dalla coscienza a Dio. Innanzitut4

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to, Newman parte da una critica al famoso cogito ergo sum – penso dunque sono, esisto – di René Descartes. Newman rimprovera a Cartesio il dubbio su se stessi. È un processo impossibile. Non possiamo giungere alla nostra esistenza attraverso un sillogismo. È un’intuizione primordiale. Con ironia Newman scrive: «Descartes si è macchiato di permanente ridicolo quando ha tentato di dimostrare matematicamente la propria esistenza a se stesso; quando ha tentato, cioè, di applicare la prova dimostrativa a una proposizione che può essere provata soltanto con ciò che i metafisici chiamano intuizione». Newman parte dall’irrinunciabilità della coscienza dell’io come esistente in qualsiasi atto o pensiero. In ogni operazione che


NELLA COSCIENZA UN’ECO RIMANDA A “UN MAESTRO INVISIBILE”

E come si passa all’intuizione di Dio? Newman considera la coscienza, sia come senso morale sia come

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facciamo (pensare, parlare, agire…) c’è un unico soggetto indispensabile: l’io. Ogni atto di coscienza è primariamente e immediatamente un atto di coscienza di sé e dell’oggettività della propria esistenza. Per usare un’espressione di Tertulliano, è un testimonium animae, una testimonianza, un’attestazione dell’anima. Per dirla brevemente: la certezza della mia esistenza non viene da un’argomentazione. È una certezza intuitiva. Non posso fare un atto di fede cieca nella mia esistenza! La mia coscienza e autocoscienza sono più vicine a me di qualsiasi altro strumento di conoscenza.

senso metafisico. La congiunzione fra questi due aspetti gli permette di formulare ciò che l’allora cardinale Joseph Ratzinger chiama il Gewissensweg – via della coscienza – di Newman. Per rimanere nella linea del linguaggio di Tertulliano: lo stesso testimonium animae si rivela come testimonium Dei. Newman cerca di far vedere come nell’intimo dell’immanenza personale c’è la presenza di un necessario comandamento quale eco della trascendenza sovrapersonale. La coscienza scopre di essere non autrice, ma testimone e depositaria di un comandamento interiore. Il ragionamento di Newman è degno di un filosofo personalista, ma cerchiamo di semplificarlo. Innanzitutto, e sulla scia di Tommaso, Newman parla della coscienza come «il giudizio pratico, o dettato dalla ragione, col quale decidiamo quello che qui e ora, va fatto perché bene o evitato perché male». La coscienza si configura come fenomeno estatico. Non esiste auto-coscienza e coscienza che non vada al di là di se stessa, costringendo l’uomo a uscire da sé, a salire al di sopra di sé cercando nell’altezza e nella profondità Colui

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A TUTTO CAMPO

Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata Cheaib Robert - Il Pozzo di Giacobbe 2015 pagine 200, euro 15,00

del quale essa rappresenta la voce. Qualche immagine rende ancora meglio l’idea. Newman afferma che «come la luce del sole implica che il sole sia nel cielo, benché possiamo non vederlo» e «come un bussare alla nostra porta di notte implica la presenza di qualcuno fuori nel buio che chiede di entrare» così anche nella nostra coscienza percepiamo un’eco, quell’eco rimanda a una Parola, la quale rimanda a «un Maestro invisibile». «SENTO QUEL DIO DENTRO IL MIO CUORE»

«La strana e fastidiosa perentorietà» della coscienza sono indizio del suo riferimento a un’alterità. «La coscienza – spiega Newman – implica una relazione fra l’anima e qualcosa di esteriore, che sia, inoltre, ad essa superiore; una relazione con un’eccellenza che essa non possiede, e con un tribunale sul quale non ha alcun potere». Per questo egli osa dire che la coscienza è «la grande maestra interiore di religione» ed è «l’originario vicario di Cristo, profetica nelle sue parole, regale nella sua perentorietà, sacerdotale nelle sue benedizioni e nei suoi anatemi». Per chiudere questa semplice presentazione, lascio la parola allo stesso Newman che nel romanzo Callista mette sulla bocca di quella ragazzina analfabeta il nucleo della sua riflessione sulla coscienza quale «eco dello Spirito». Callista risponde così a un filosofo pagano che deride le sue intuizioni di un Dio personale: «Sento quel Dio dentro il mio cuore. Mi sento alla Sua presenza. Egli mi dice: Fa’ questo, 6

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non fare quello. Potete dirmi che questa prescrizione è solo una legge della mia natura, come lo sono il gioire o il rattristarsi. Non riesco a capirlo. No, è l’eco di una persona che mi parla. Niente mi convincerà che alla fine non provenga da una persona a me esterna. Essa porta con sé la prova della sua origine divina. La mia natura prova verso di essa un sentimento come verso una persona. Quando le obbedisco, mi sento soddisfatto; quando le disobbedisco, mi sento afflitto, proprio come ciò che sento nell’accontentare o nell’offendere un amico riverito… l’eco implica una voce; la voce rimanda a una persona che parli. Quella persona che parla, io amo e temo».


A TUTTO CAMPO

Un patto intergenerazionale

contro l’individualismo

Intervista a mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, Custode Pontificio della Sindone e presidente del Comitato CEI Firenze 2015.

Eccellenza, lei è da sempre molto attento ai giovani. Come vede il futuro dei giovani torinesi e, più in generale degli italiani? Il 50% dei giovani non ha lavoro. C’è un senso di disimpegno, a volte, in larghe fasce dei giovani, perché non si vedono considerati. Nelle “cabine di regia” non ci sono mai giovani. Sono sempre gli adulti a detenere il potere nei vari settori economici, politici e forse anche ecclesiali. Non è detto che anche da noi i giovani abbiano molto spazio. Si sente spesso dire “voi siete il futuro”; nella realtà a livello di sbocchi concreti per la vita non si trova una rispondenza nei programmi politici, ecclesiali ed economici. Io vedo, però, che c’è una volontà di reagire da parte dei gio-

vani. Certo c’è chi si lascia andare, ma c’è una parte, direi anche abbastanza consistente di giovani, che invece vuole reagire a questa situazione. Come reagire? Noi dobbiamo dare un po’ di aiuto a questi giovani. Tutte le forze politiche, sociali ed anche ecclesiali dovrebbero dare vita ad un patto intergenerazionale. Gli adulti, le persone che contano, dovrebbero cessare di parlare soltanto di giovani, ma dovrebbero mettersi in ascolto dei giovani, e soprattutto dovrebbero mettersi in gioco insieme con loro. I giovani vogliono fare la loro parte. Bisogna che noi diamo loro spazio e cerchiamo di offrire loro delle possibilità concrete di dare quel LUGLIO-AGOSTO 2015

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contributo necessario e indispensabile che hanno per la città, per la Chiesa… Senza i giovani non c’è la possibilità di uscire fuori da questa situazione difficile che stiamo vivendo. Io penso ad un’alleanza forte tra le generazioni. Al giorno d’oggi la società ha diviso i giovani dagli adulti, dagli anziani. Dove io vado, anche nelle parrocchie, in qualsiasi situazione sociale, c’è isolamento: al centro anziani sono tutti anziani, alla movida sono tutti giovani… Il mondo giovanile si è chiuso in se stesso, quasi a riccio. Accanto a questi giovani ce ne sono altri che desiderano invece avere una loro presenza e si esprimono nel servizio, nella generosità. Saranno forse una minoranza, ma ci sono: su questi giovani bisogna contare. Ma come raggiungere i giovani? Come diceva don Bosco e come dice

anche Papa Francesco, non possiamo limitarci ad aprire gli oratori e restare ad aspettare chi viene. E chi non viene? Bisogna uscire, bisogna andare nei centri commerciali dove ci sono tanti giovani, nella stessa movida, dappertutto dove ci sono i giovani: farsi vicino ai giovani attraverso i giovani. È giusto che ad andare avanti siano proprio i giovani, ma noi dobbiamo dare loro la possibilità di sentirsi sostenuti, di avere una comunità alle spalle. Io penso che tutto questo a Torino sia possibile. Un’esperienza che ho fatto in questa città è proprio che quando c’è un progetto che viene lanciato, ed è un progetto “bello”, significativo, la risposta arriva. Dobbiamo però proporre, dobbiamo dare la possibilità di comprendere e motivare il senso della proposta. Mi viene in mente la parabola del Vangelo degli operai dell’undicesima ora perché l’accento è posto su quelli che per ultimi sono chiamati ad andare a lavorare nella vigna: il padrone dice loro: «Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?» Gli operai rispondono: «Perché nessuno ci ha presi a giornata». In questo momento i giovani sono un po’ come quegli operai. Dicono: «Ma nessuno mai ci ha detto queste cose», «Nessuno ci ha mai impegnati», «Impegnateci, noi siamo pronti a fare la nostra parte». C’è terreno fertile. Ce la possiamo fare. Lei è presidente del Comitato CEI Firenze 2015, quindi ha un po’ il polso della Chiesa in tutta Italia. Come vede il futuro del nostro Paese? Gli italiani hanno risorse spirituali, umane, sociali, civili fortissime, soltanto che non ci credono più molto. Gli italiani si chiudono un po’ in un individualismo dove possiamo vedere il principio: «si salvi chi può»… Bisogna ridare il senso della comunità. Invece mi pare che le vie che si perseguono a livello politico, economico, di proposte, non siano su questa strada: si tende sempre ad esasperare il discorso dei diritti individuali. I diritti sono importanti, per carità, ma se non c’è anche una dimensione comunitaria, un rispetto degli

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glie, non si sa più come impostare un rapporto di relazione famigliare. Si spezzano i gruppi, si spezzano le realtà sociali… Bisogna invece riscoprire l’anima del nostro popolo: la solidarietà fondata su valori etici, su valori spirituali, su valori comuni che ti diano la possibilità di sentirti parte di un popolo. Il futuro del nostro Paese dipende molto da questo richiamo forte ad una comunione che nasce dai valori.

Allora, che cosa fare? Purtroppo nel nostro Paese c’è frammentazione. Si esaspera sempre di più il discorso dell’io anziché del noi. L’individualismo sfrenato porta alla frammentazione della società. Si smembrano le fami-

ALESSANDRO GINOTTA redazione.rivista@ausiliatrice.net

Libreria Elledici

A Mathi e Nole sui passi di Don Bosco Federico Valle - Velar e Elledici, 2015 pagine 48, euro 5,00

acquistabile presso queste librerie

A TUTTO CAMPO

altri, non solo di “te stesso”, si alimenta soltanto il “cancro” dell’individualismo, del disimpegno riguardo alla comunità. Io mi accorgo che ci sono tante associazioni, tanti gruppi, tante realtà, ma ognuna è chiusa in se stessa, è un arcipelago di isole che non comunicano. Papa Francesco ha più volte fatto rilevare che non servono costruttori di muri, ma costruttori di ponti.

Torino – Valdocco

Ci credo ancora? Tonino Lasconi - Elledici, 2015 pagine 192, euro 9,00

365 giorni con Maria, regina della famiglia Amour Lucia - Elledici, 2015 pagine 560, euro 18,00

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LA PAROLA

Successi di folla e ritiro in preghiera UNO DEI SUOI DISCEPOLI, ANDREA, FRATELLO DI SIMON PIETRO, DISSE A GESÙ: «C’È QUI UN RAGAZZO CHE HA CINQUE PANI D’ORZO E DUE PESCI; MA CHE COS’È QUESTO PER TANTA GENTE?». RISPOSE GESÙ: «FATELI SEDERE». C’ERA MOLTA ERBA IN QUEL LUOGO. SI MISERO DUNQUE A SEDERE ED ERANO CIRCA CINQUEMILA UOMINI. ALLORA GESÙ PRESE I PANI E, DOPO AVER RESO GRAZIE, LI DIEDE A QUELLI CHE ERANO SEDUTI, E LO STESSO FECE DEI PESCI, QUANTO NE VOLEVANO. E QUANDO FURONO SAZIATI, DISSE AI SUOI DISCEPOLI: «RACCOGLIETE I PEZZI AVANZATI, PERCHÉ NULLA VADA PERDUTO». LI RACCOLSERO E RIEMPIRONO DODICI CANESTRI CON I PEZZI DEI CINQUE PANI D’ORZO, AVANZATI A COLORO CHE AVEVANO MANGIATO. ALLORA LA GENTE, VISTO IL SEGNO CHE EGLI AVEVA COMPIUTO, DICEVA: «QUESTI È DAVVERO IL PROFETA, COLUI CHE VIENE NEL MONDO!». MA GESÙ, SAPENDO CHE VENIVANO A PRENDERLO PER FARLO RE, SI RITIRÒ DI NUOVO SUL MONTE, LUI DA SOLO (GV 6,8-15)

«Sapendo che stavano per venire per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo». La liturgia di queste settimane propone il tema centrale del “nutrimento”, che per la Chiesa è divenuto, con il sacrificio di Cristo, l’Eucaristia. Ma sconcerta un poco vedere che in ognuno dei brani (tanto di Giovanni quanto di Marco) il racconto degli incontri con la folla sia sempre intrecciato con la “fuga” di Gesù dalla folla stessa, il ritirarsi suo e dei discepoli in qualche luogo appartato a pregare o a 10

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Dipinto di: Mario Bogani

discorrere; in questi stessi giorni, nel mese di agosto, la liturgia inserisce la festa della Trasfigurazione, manifestazione della visibilità gloriosa di Gesù; e anche quell’episodio si svolge sul monte Tabor, lontano da tutti e dagli stessi discepoli (solo Pietro Giacomo e Giovanni rimangono con Gesù, gli stessi che saranno con lui al Getsemani, ma che non resisteranno al sonno).

La tensione fra successi di folla e ritiro in preghiera va dunque interpretata come una costante del ministero pubblico di Gesù: la gente vede e ascolta questo profeta e trova molto convincenti i suoi argomenti – magari i miracoli più delle parole. Ma quando per Gesù si tratterebbe di “incassare” i risultati del successo conseguito, ecco che egli si ritira. Accade anche


LA PAROLA

te più profonda e decisiva dell’animo umano, il cuore; e dunque l’adesione a Gesù deve nascere dalla scelta libera, consapevole e profonda del cuore. Il resto è un di più. CIÒ CHE CONTA È METTERE A DISPOSIZIONE DEI FRATELLI

nella manifestazione più clamorosa, la moltiplicazione dei pani. GESÙ È FEDELE ALLA SUA MISSIONE E RINUNCIA AL RESTO

«Stavano per venire per farlo re». La gente riconosce i poteri di Gesù e coerentemente lo vorrebbe come capo per difendere e promuovere i propri interessi. Gesù stesso sa di aver bisogno della fol-

la per comunicare il più possibile il proprio messaggio; ma egli rimane fedele alla sua missione, rinunciando a tutte le altre: non gli serve a niente diventare re di un gruppo di povera gente; e neppure gli è utile convincere i popoli coi miracoli piuttosto che con le armi. Se la “salvezza” che è venuto a portare deve essere davvero divina, occorre che essa riguardi la par-

La grande simbologia del pane, alimento fondamentale, sostiene l’insegnamento: così come è essenziale il nutrimento del corpo, altrettanto sarà essenziale il nutrimento per lo spirito. E se il profeta è capace di donare in abbondanza il pane del corpo, tanto più potrà offrire i doni dello Spirito. L’abbondanza degli avanzi raccolti propone anche un’altra osservazione: non è mai la quantità dei beni ad essere decisiva per la vita della fede (cioè per la vita eterna), perché sono altri gli elementi che pesano di più: la capacità di mettere a disposizione i beni stessi, come fa il ragazzo (v 8); e la capacità di comprendere che il nutrimento del corpo è necessario ma finisce, mentre il pane dello Spirito è davvero donato per la vita eterna. MARCO BONATTI RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE COMMISIONE DIOCESANA OSTENSIONE SINDONE press@sindone.org

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LA PAROLA

«La Parola di Dio cresceva e si diffondeva» Città, incontri, vicende si susseguono nel racconto avvincente di At 9,32–12,24 in cui Luca riflette sulle vicende legate alla persona di Pietro dal suo arrivo a Lidda fino alla prodigiosa liberazione dal carcere.

Giovanni Francesco Barbieri, Liberazione di Pietro, Cappella di San Sebastiano di Roma

LA CONVERSIONE E LA FEDE

Pietro aveva ben presto lasciato Gerusalemme con l’intento di portare l’annuncio del Risorto ad altre città della Palestina romana. Giunto a Lidda guarisce Enea che da otto anni era paralitico; a Giaffa ridà vita a Tabità, una discepola che «abbondava in opere buone e faceva molte elemosine» (9,36). Questi due rac12

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conti, oltre che a ricordarci con facilità simili prodigi compiuti da Gesù, dimostrano la bontà della promessa formulata dal Risorto poco prima della sua Ascensione: egli aveva detto agli Apostoli che una volta ricevuto lo Spirito Santo sarebbero divenuti testimoni non solo a Gerusalemme, ma in tutta la terra. Luca pertanto avvalora queste vicende per la loro


UNA RINNOVATA PENTECOSTE

«Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutta la nazione dei Giudei, ha ricevuto da un angelo santo l’ordine di farti venire a casa sua per ascoltare ciò che hai da dirgli» (10,22). È quanto tre inviati riferiscono a Pietro: lasci Giaffa e si rechi a Cesarea Marittima, città-sede del procuratore romano. Una volta arrivato, il discorso che Pietro pronuncia nella casa del centurione Cornelio, un pagano, dove un Giudeo non sarebbe potuto entrare, è chiaro: «Dio ha risuscitato Gesù al terzo giorno …: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome» (At 10,40-43). Le parole vengono poi certificate da una nuova effusione dello Spirito sui presenti, pagani che, come Cornelio, si erano già aperti alla fede del Dio di Israele e che ora Pietro ordina di battezzare. Un fatto straordinario paragonabile a quello della Pentecoste in Gerusalemme. L’annuncio della Pasqua del Signore, dato dall’Apostolo, ed il dono dello Spirito diventano in tal modo il fondamento in forza del quale si comprende quanto sia importante predicare il vangelo non solo ai Giudei, ma anche ai pagani.

il re Erode Agrippa I ordina di decapitare Giacomo, il fratello di Giovanni, e di arrestare Pietro. Evidente l’intento di voler sradicare definitivamente il gruppo dei cristiani uccidendo un Apostolo e mettendo sotto strettissima custodia in carcere il primo tra loro: nessuna possibilità di fuga gli viene data. A crearne una, non contemplata dal re, è però la preghiera incessante che la chiesa innalza per Pietro. Gesù aveva detto che la preghiera unanime ed elevata nel suo nome sarebbe stata accolta dal Padre. E così è: lo sfolgorare di una luce, poi un angelo del Signore conduce prodigiosamente Pietro fuori dal carcere, quindi scompare. Dio non abbandona chi gli da testimonianza e crede in lui. L’Apostolo libero senza esitazione si dirige verso la «casa di Maria, madre di Giovanni soprannominato Marco» (12,12): egli sapeva che in quella piccola chiesa domestica i credenti erano soliti riunirsi di notte per pregare. Vi trova sicuro riparo, racconta quanto gli è appena accaduto, manda a dire a Giacomo e ai i fratelli che egli è salvo! L’opera missionaria di Pietro, conversioni, visioni, la manifestazione inattesa dello Spirito, battesimi, sangue innocente versato, preghiere concordi: così la Buona Notizia raggiunge i confini del mondo, cresce e si diffonde.

LA PAROLA

importanza in sé, ma anche per il fatto che mostrano molto bene come Cristo sia presente sia nella sua Parola che nelle opere compiute da chi lo testimonia: coloro che le vedono infatti sono mossi alla conversione, come si legge dopo la guarigione di Enea (9,34), e alla fede: a Giaffa infatti «molti cedettero nel Signore» (9,42).

L’ANNUNCIO DELLA PASQUA DEL SIGNORE, DATO DALL’APOSTOLO, ED IL DONO DELLO SPIRITO DIVENTANO IL FONDAMENTO IN FORZA DEL QUALE SI COMPRENDE QUANTO SIA IMPORTANTE PREDICARE IL VANGELO NON SOLO AI GIUDEI, MA ANCHE AI PAGANI.

MARCO ROSSETTI rossetti.rivista@ausiliatrice.net

IL SANGUE E LA PREGHIERA

Una nuova prova si profila intanto per la comunità di Gerusalemme: LUGLIO-AGOSTO 2015

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MARIA

La conquista della maternità  Essere una ragazza madre non è certo una situazione facile, ma diventarlo quando si è molto giovani e si vive in un paese piccolo è un’esperienza che può segnare tutta la vita. È ciò che capitò a Vanna, circa una quarantina di anni fa, quando ancora immatura e poco responsabile si trovò a tessere una relazione con un compaesano più vecchio di lei e fidanzato ufficialmente. L’essere molto belli può essere un punto a favore ma a volte può diventare pericoloso se questa bellezza viene vista come un qualcosa da cogliere e poi accantonare. La bella Vanna fu per quel giovane un intervallo piacevole prima delle nozze e niente di più.

Per la ragazza, invece, quella storia fu l’inizio di un percorso difficile che le cambiò la vita: infatti restò incinta e si trovò a dover affrontare una situazione che non aveva neanche lontanamente messo in bilancio. All’inizio sperò che la sua gravidanza convincesse il ragazzo a lasciare la fidanzata e farsi carico delle sue responsabiltà, invece fu molto umiliata dall’atteggiamento sprezzante di lui che le tolse ogni illusione, rimarcando crudelmente che era stata solo un’avventura e che non ne voleva più sapere nulla né di lei né del bambino. LA FAMIGLIA DI VANNA

Vanna era la terza figlia di una famiglia numerosa, molto caotica, in cui i litigi erano all’ordine del giorno, ma era anche un nucleo fondamentalmente sano che dopo un’iniziale fase di disorientamento, accettò la situazione e non respinse Vanna e neppure il nascituro. Il paese invece no, quel mondo chiuso ed ipocrita si erse da giudice, si schierò dalla parte del ragazzo che l’aveva sedotta, la etichettò come una ragazza “leggera”, “poco seria” e la emarginò. Quando nacque la bimba, bella e bionda come la madre, la famiglia di lei l’adottò come fosse stata una nuova sorellina da coccolare ed accudire. Questo atteggiamento di accoglienza se da un lato fu positivo, dall’altro contribuì a distogliere Vanna dal suo ruolo di madre, le impedì di imparare a farsi carico della piccola Rosetta ed iniziò anche lei a considerarla una sorella, delegando a sua madre il ruolo che avrebbe dovuto essere il suo. Ho conosciuto da bambina Rosetta ed abbiamo giocato insieme per molti 14

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anni. Una cosa che mi ha sempre colpito molto era che lei chiamava “Mamma” la nonna e quando era in difficoltà o aveva bisogno di qualcosa si rivolgeva sempre e solo a lei. Chiamava invece “mammina” la sua vera madre e la trattava come una sorella maggiore e così Vanna aveva continuato a fare la vita da ragazza, aveva trovato un lavoro e quando arrivava a casa la sera e non condivideva nulla con Rosetta. Iniziò anche diverse relazioni che non andarono mai a buon fine perché la “fama” che il paese aveva creato attorno a lei non la rendeva affidabile. ROSETTA “RICONQUISTA” SUA FIGLIA

Più Rosetta cresceva più la distanza fra lei e sua madre aumentava; inoltre Vanna continuava a cercare un amore stabile e ciò imbarazzava e faceva soffrire sua figlia, costretta a sentire le critiche ed i pettegolezzi del paese. Poi finalmente incontrò un uomo responsabile e maturo, si sposò e piano piano acquisì la consapevolezza di non aver mai svolto il suo ruolo di madre. La maternità non è un dato di fatto ma è una conquista quotidiana e Vanna decise che avrebbe riconquistato sua figlia,

l’avrebbe partorita di nuovo, ma questa volta con la testa. La Vergine Maria le sarebbe stata da modello perché anche per la madre di Gesù la maternità era stata una strada complessa ed aveva dovuto sopportare pregiudizi e difficoltà: ora l’avrebbe guidata a riconquistare sua figlia, le sembrava di sentire nel cuore la sua celeste solidarietà femminile! Non fu facile, Rosetta oppose molte resistenze ma piano piano riuscì nel suo intento ed ottenne la fiducia e l’amore di sua figlia. Sono passati molti anni, ora Vanna è nonna di due bambine ed aiuta Rosetta a crescerle, grata alla Madonna di averle permesso di recuperare il tempo perduto.

LA MATERNITÀ NON È UN DATO DI FATTO MA È UNA CONQUISTA QUOTIDIANA.

FRANCESCA ZANETTI redazione.rivista@ausiliatrice.net

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Chiara, povera per Cristo Chiara, dal carattere forte, deciso e indipendente, compaesana e amica di Francesco d’Assisi. Resistette al papa Gregorio IX fino ad ottenere “il privilegio della povertà”. È patrona della Televisione perché una notte... Cristo. Si era rifugiata alla Porziuncola, presso Francesco e la piccola comunità di discepoli. Divenne religiosa, fondatrice di un ordine di suore, le Clarisse, e dopo una lunga malattia morì nel 1253. E fu veramente santa e subito. Infatti papa Alessandro IV, la canonizzò solo due anni dopo. CHIARA: RAGAZZA DECISA E CON LE IDEE.. CHIARE

Assisi, domenica della Palme 1212. La notizia è sulla bocca di tutti, i commenti pro e contro si moltiplicano, i sarcasmi e i dubbi crescono: Chiara Scifi (sì, quella ragazza bella, nobile, ricca e… sognata da molti) è scappata di casa. Qualcuno dava la colpa al ‘cattivo’ esempio di alcuni anni prima, di Francesco, il figlio di Pietro Bernardone. Il motivo, che alcuni capivano e approvavano ma che molti altri criticavano e … condannavano, era per avere rifiutato un matrimonio (coi fiocchi!) combinato da famiglia e parenti: lei si era già decisa, promessa e consacrata a 16

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Nata nel 1194 ad Assisi, quindi compaesana di Francesco, è stata certo influenzata da lui, ma non certo plagiata. Anche lei aveva una forte personalità e la manifestò nella decisione di consacrarsi a Cristo nonostante tutto. Questa non fu per niente improvvisa, frutto di una incosciente fretta adolescenziale o di una precoce esaltazione spirituale. No, Chiara sapeva bene quello che voleva con tutta se stessa. Fino a fuggire di casa. Francesco l’accolse nella sua cerchia, le tagliò i capelli e la rivestì di un rude saio, segno della rottura con l passato. E poi la portò in un monastero benedettino. Qui Chiara resistette anche agli assalti dei parenti che erano andati a riprenderla, con la forza. Dopo qualche tempo trovò rifugio presso la Chiesa di San Damiano, ad Assisi, dove la raggiunsero alcune sue amiche, affascinate dal suo


TUTTO PER CRISTO, COME CRISTO

A San Damiano è presente sì lo spirito di Francesco, ma è Chiara che dà l’impronta alla comunità. Sarà lei stessa con coraggio a “resistere” alle pressioni del papa Gregorio IX, che insisteva nel persuaderla a possedere qualche proprietà proponendo una dispensa dal voto di povertà. Lei stessa gli dirà: “Santo Padre, a nessun patto e mai, in eterno, desidero essere dispensata dalla sequela di Cristo”. Il papa in seguito le concederà il “privilegio della povertà”. “La difesa dell’ideale pauperistico ed il mantenimento a pieno titolo dell’Ordine Damianita nell’alveo del movimento francescano, stelle polari dell’esistenza di Chiara, furono dunque motivo di tenaci e prolungati confronti con la Sede Apostolica... Nel contesto della tradizione monastica, la scelta di povertà era per Chiara l’unico

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esempio, dal suo coraggio e dai suoi ideali (per questo furono chiamata dal popolo le Damianite). Qui la comunità si sentiva al sicuro, e poteva cominciare la vita di una vera comunità religiosa. In seguito fu raggiunta anche dalle sorelle Agnese e Beatrice e… dalla stessa madre. Tutte affascinate dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, dei suoi frati, e dalla decisione coraggiosa di Chiara. Queste donne non “fuggivano dal mondo”, non si imboscavano lontano dalle difficoltà quotidiane della gente. Volevano vivere ritirate sì, ma sostenute dal proprio lavoro, immerse nella preghiera per sé e per gli altri, ponendosi al servizio della chiesa, preoccupandosi davanti a Dio della salvezza di tutti.

DA QUANDO HO CONOSCIUTO LA GRAZIA DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ PER MEZZO DI QUEL SUO SERVO FRANCESCO, NESSUNA PENA MI È STATA MOLESTA, NESSUNA PENITENZA GRAVOSA, NESSUNA INFERMITÀ MI È STATA DURA.

modo per preservare una sua specifica identità” (S. Brufani). Grande fu la devozione di Chiara all’Eucaristia. E’ rimasto famoso l’episodio, narrato da un testimone, dell’allontanamento dei Saraceni dal monastero. Quando arrivarono gli invasori chiamarono Chiara. Ella andò alla porta del refettorio e fece portare la cassetta contenente l’Eucaristia, si prostrò davanti e piangendo implorò: “Signore, guarda tu queste tue serve, perché io non le posso guardare”. Si udì una voce di grande soavità che disse: “Io ti difenderò sempre”. Poi Chiara implorò la stessa grazia per la città. La voce rispose: “La città patirà molti pericoli, ma sarà difesa”. Ed i Saraceni se ne andarono. Chiara morì l’11 agosto 1253 dopo anni di malattia e due giorni dopo l’approvazione della Regola. Un’ultima annotazione. Pochi sanno che nel 1958 Pio XII la proclamò “Patrona della Televisione”. Perché? Era la notte di Natale, essendo Chiara a letto perché malata, non poteva essere presente alla liturgia. Tuttavia ella seguì miracolosamente la celebrazione che avveniva a grande distanza come fosse presente. Il giorno dopo infatti la raccontò alle consorelle, che rimasero tutte santamente meravigliate.

Tratto in forma ridotta da: Mario Scudu Anche Dio ha i suoi campioni Elledici, 2011 pagine 936, euro 29,00

MARIO SCUDU archivio.rivista@ausiliatrice.net

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Sul cammino di Santiago... e ritorno A volte un fastidioso contrattempo può trasformarsi in un incontro del tutto inaspettato...  Da tempo l’idea mi ronzava per la mente. Il desiderio di percorrere a piedi i circa novecento chilometri che da Saint-JeanPied-de-Port conducono a Santiago de Compostela e poi alla spiaggia di Finisterre si faceva strada, di giorno in giorno, nella testa e nel cuore. Consapevole che stare quarantacinque giorni lontano da casa non è cosa da poco, affidai la decisione alla Provvidenza: «Se ha senso partire – mi ripetevo – si creeranno le condizioni favorevoli. Diversamente, mi accontenterò di una “vacanza” meno impegnativa». PRONTI… PARTENZA… VIA!

Dopo aver riempito e svuotato mille volte lo zaino, lo carico nel portabagagli, deciso a percorrere i millecento chilometri che mi separano dal confine tra Francia e 18

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Spagna. Tutti mi sconsigliano di servirmi dell’auto, ma – desideroso di concludere il cammino là dove comincerà – non sento ragioni. Giungo a Saint-Jean-Pied-de-Port in un pomeriggio piovoso di fine giugno, posteggio la macchina, mi guardo intorno e mi domando smarrito: «Che ci faccio io qui?». Ma non mi preoccupo: accade ogni volta che sono teso e sto per affrontare una nuova esperienza. Zaino in spalla, m’incammino verso la città vecchia. Al numero 39 di Rue de la Citadelle entro nell’ufficio che accoglie i pellegrini, prenoto un posto letto per la notte e - conquistato dall’affabilità dei volontari - ritrovo il senso del mio essere lì. Divido il tavolo e la cena con un ragazzo francese e ci diamo appuntamento per


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il giorno seguente alle 6.30: attraverseremo i Pirenei per giungere a Roncisvalle. Le giornate si susseguono tutte uguali e tutte diverse. Sveglia all’alba e a letto poco dopo il tramonto ma, in mezzo, tanta vita: l’incontro con persone di ogni parte del mondo alla ricerca di sé e la condivisione, in semplicità, della fatica, di un sorriso e di un po’di cibo. E poi l’eleganza di Puente la Reina, l’imponenza delle cattedrali di Burgos e di Leon, la solitudine delle mesetas, la Cattedrale di Santiago e la vista dell’Oceano Atlantico da Capo Fisterre…

Didier e Isabelle.

UN DONO INASPETTATO

Dopo trentaquattro tappe e circa novecento chilometri percorsi, a inizio agosto, in una manciata di ore, ritorno in treno a Saint-Jean-Pied-de-Port. Sono felice e riconoscente alla Vita per quanto ho visto, vissuto e imparato. Con la gioia nel cuore aziono il telecomando per sbloccare l’antifurto dell’auto e… non succede nulla. Non mi perdo d’animo, provo a mettere in moto, e… continua a non succedere nulla. È evidente: la batteria è scarica. Pagati gli ultimi quaranta euro a un meccanico, riparto senza esitare verso l’Italia. Dopo un centinaio di chilometri sosto a un autogrill per far benzina. Mi reco alla cassa per pagare, ma il bancomat non ne vuol sapere. I gestori mi guardano sospettosi, pensano voglia imbrogliarli e – come se non bastasse – la batteria è nuovamente scarica.

Quando i gestori chiamano la Gendarmeria mi cade il mondo addosso. L’agente mi chiede carta d’identità e patente. Spiego l’accaduto in un mix d’inglese e d’italiano e un automobilista di passaggio, impietosito, mi dona qualche euro. Dopo aver discusso con i gestori il gendarme ottiene un compromesso: trascorrerò sabato e domenica in autogrill, potrò servirmi di cibo e di quanto mi sarà necessario e lunedì, chiamata la banca, salderò i debiti e potrò ripartire. Angosciato, penso alla reazione del direttore, che lunedì alle nove mi attende in ufficio. Dopo il tramonto, mentre passeggio nei dintorni dell’autogrill, ricompare l’agente, in borghese, in compagnia della moglie, che per fortuna parla inglese. «Non la conosciamo – mi sussurra con dolcezza – ma sappiamo che se ai nostri figli accadesse quanto è successo a lei ci spiacerebbe che nessuno si prendesse cura di loro. Abitiamo in una piccola casa qui vicino. Se vuole, sarà nostro ospite fino a lunedì». Rimango senza parole. Accetto e… ringrazio la Vita anche per questa esperienza. Da quel giorno – lo confesso – faccio fatica a distogliere lo sguardo dagli occhi di chi è in difficoltà. CARLO TAGLIANI redazione.rivista@ausiliatrice.net

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Perché la festa sia festa Qualche suggerimento dell’ultimo minuto per prepararsi a vivere con gioia e riconoscenza il duecentesimo compleanno di don Bosco.

Dopo averla a lungo attesa, evocata e desiderata, domenica 16 agosto 2015 – giorno in cui si festeggerà il duecentesimo “compleanno” di don Bosco – è finalmente alle porte. Si tratta indubbiamente di una ricorrenza importante per tutti gli uomini e le donne che, in ogni angolo del mondo, sono affascinati dal carisma del “padre e maestro” dei giovani e s’impegnano, nei modi e nelle realtà più diverse, per proseguirne e attualizzarne l’opera e il messaggio. Un’occasione di festa e di riconoscenza da vivere insieme nella gioia. CONDIVIDERE LA GIOIA DI STARE INSIEME

Fare festa non è impresa per anime solitarie. Ne è convinto un gran numero di 20

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psicologi, che ha definito la festa come «l’occasione ideale per dirsi la gioia di stare insieme attraverso lo stare insieme nella gioia». Una formula che sottolinea come gli «ingredienti» irrinunciabili di ogni festa siano l’incontrarsi e il ritrovarsi di persone che vivono relazioni e condividono ideali comuni. Non esiste, naturalmente, limite al numero di persone che si possono invitare a una festa. Per dirsi pienamente riuscita, dovrebbe coinvolgere tutte le persone che hanno in qualche modo a che fare con l’evento che si celebra, anche se a volte è impossibile perché può capitare che alcuni siano impediti da motivi oggettivi, legati magari alla distanza o a problemi di salute, e che altri non desiderino essere


FESTEGGIARE È PARTIRE PER NUOVI ORIZZONTI

se rincresce – sa bene che sono cose che succedono in tutte le famiglie. Il 16 agosto, per la Famiglia Salesiana, sarà anche l’occasione per scoprire più profondamente il proprio senso e il proprio valore. Dopo essersi ritrovata e aver ringraziato Dio per il dono di don Bosco alla Chiesa e al mondo, rinnoverà lo slancio e l’entusiasmo per continuare ad essere fedele alla propria vocazione e dedicare ogni sforzo ed energia a fare dei giovani delle periferie del mondo buoni cristiani e onesti cittadini.

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presenti per ragioni che possono spaziare dal disinteresse all’astio. Ogni assente, è inevitabile, rappresenta una “diminuzione” della festa. Perché una festa possa definirsi “festa” è necessario che sia evidente la gioia di stare insieme. Che si respiri un’atmosfera di comunione e di benessere capace di andare al di là delle parole e dei discorsi di circostanza e di trasparire in ogni gesto, esprimendo senza equivoci la sensazione che “ci si incontra perché si è contenti d’incontrarsi”: un circolo virtuoso di vicinanza e di comunione che s’innesca nel profondo e che, se creato artificialmente o simulato, risulta fastidioso e privo d’autenticità. Un ulteriore elemento che caratterizza la festa è il fatto che si festeggia sempre qualcosa di positivo: a Capodanno, per esempio, non si celebra l’anno che sta per finire ma quello che sta per cominciare. La mezzanotte del 31 dicembre, quando si alzano i calici e iniziano i brindisi, si dà il benvenuto al futuro, ai prossimi trecentosessantacinque giorni, che si auspicano piacevoli e ricchi di soddisfazioni anche se nulla e nessuno possono garantire che lo saranno.

EZIO RISATTI PRESIDE IUS REBAUDENGO redazione.rivista@ausiliatrice.net

www.ssfrebaudengo.it Tel. 011 2340083 info@ssfrebaudengo.it

Domenica 16 agosto 2015 non potrà non essere una data da ricordare. Quel giorno, infatti, Cielo e Terra si uniranno idealmente intorno a don Bosco per comunicare la gioia di stare insieme e ringraziare Dio per tutto il bene che – confidando in Maria e nella Provvidenza – ha saputo realizzare. La Famiglia Salesiana, gli allievi e gli ex allievi, i ragazzi e le ragazze che frequentano e hanno frequentato gli oratori saranno idealmente a Colle don Bosco per stringersi in festa in un’atmosfera di gratitudine e riconoscenza. Ci sarà anche chi non lo farà, chi – pur avendone beneficiato – avrà altro a cui pensare o non si sentirà di festeggiare. Senza dubbio don Bosco avrà un sorriso e una preghiera anche per loro, perché – anche LUGLIO-AGOSTO 2015

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La storia di san Giovanni Paolo II in un libro di Antonio Preziosi

La bicicletta, uno zaino, un cappello imbottito. Oggetti della quotidianità di un uomo “Immortale”, oggetti che si svelano nella mostra inaugurata il 26 maggio all’Archivio di Stato di Torino e che traducono in immagini il libro di Antonio Preziosi Immortale – Da Lolek a San Giovanni Paolo, la grande storia di un uomo “venuto da lontano” edito da Rai Eri. Un volume dedicato a Giovanni Paolo II in cui è lui stesso a raccontarsi, così come accade nella omonima mostra che al testo si è ispirata. Un libro e una mostra presentati a Torino «perché qui – ha sottolineato Preziosi – in questi giorni con l’Ostensione della Sindone e il Bicentenario di don 22

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Bosco si respira quell’universalità che è propria del messaggio stesso di san Giovanni Paolo II». «L’ispirazione di scrivere un romanzo dedicato alla vita di san Giovanni Paolo II – ha proseguito Preziosi – mi è arrivata il giorno della sua canonizzazione a piazza san Pietro. Quel giorno, vedendo la straordinaria marea umana che riempiva la piazza fino a tutta Via della Conciliazione, da credente, ho immaginato che san Giovanni Paolo assistesse dal cielo alla cerimonia e ripercorresse la sua vita. Ho quindi pensato che avrei voluto scrivere un romanzo, a lui dedicato, che fosse raccontato da lui stesso in prima persona».


Alla presentazione del volume e all’inaugurazione della mostra l’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, il sindaco del capoluogo subalpino Piero Fassino, il vaticanista Andrea Tornielli, e don Jacek Pietruscka vicedirettore del Museo della Casa di Famiglia di san Giovanni Paolo II di Wadowice da dove provengono vari oggetti e documenti presentati nell’esposizione (altri giungono dal Museo Karol Wojtyla di Cracovia). «Pensando ai 13 anni in cui sono stato Ausiliare di Roma e quindi a stretto contatto con Giovanni Paolo II tre sono gli aspetti che più ricordo – ha sottolineato Mons. Nosiglia – e che sono lieto che questo libro e questa mostra riportino alla memoria: il desiderio continuo di avvicinare la gente, il suo impegno per l’unità, la comunione, la pace, e l’attenzione e l’amore per i giovani». Aspetti che si ritrovano in tutte le pagine del volume e che si svelano anche da episodi inediti che l’autore ha scelto. «Momenti – ha commentato Tornielli – come le prove per la prima omelia fatte con il cameriere Angelo Gugel – o particolari del giorno dell’attentato con cui si apre il racconto, o della storica foto con Pinochet, resi ancora più interessanti dall’espediente dalla narrazione in prima persona usato da Preziosi». Ed ecco che parole e gesti “rivivono naturalmente” nella mostra che, seguendo i capitoli del libro, è articolata in sette sezioni e che è stata concepita come esposizione itinerante che ha Torino come prima tappa.

vanni Paolo II e la visita dell’80 fu un grande successo che ne segnò la storia stessa». A testimoniare il rapporto con Torino nella mostra si ritrova anche un’immagine della visita alla Sindone che il Papa fece nel ’98 e che al termine dell’esposizione sarà donata a mons. Nosiglia. Complessivamente sono oltre 130 le fotografie esposte presentate in grandi dimensioni e fornite da fondi fotografici tra cui L’Osservatore Romano e Fondazione Alinari. Tra gli oggetti si possono ammirare il Gesù bambino del presepe di famiglia, la bicicletta, uno zaino che usava in montagna. La mostra (piazza Castello 209) è visitabile fino al 2 agosto dal mercoledì a lunedì dalle 10 alle 19.

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ATTENZIONE E AMORE PER I GIOVANI

Immortale. Da Lolek a san Giovanni Paolo, la grande storia di un uomo «venuto da lontano» Preziosi Antonio - RAI-ERI pagine 156, euro 19,00

FEDERICA BELLO redazione.rivista@ausiliatrice.net

TORINO, CITTÀ AMATA DA SAN GIOVANNI PAOLO II

«Torino infatti – ha concluso Preziosi – è stata città amata da GioLUGLIO-AGOSTO 2015

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Con gli occhi del cuore Conclusa l’Ostensione e tralasciando il dibattito scientifico, si scopre che è l’Uomo della Sindone a guardare noi, e non noi a guardare Lui.

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Nessun discorso sulla datazione al carbonio 14, né sulle più recenti analisi chimico-fisiche che pure sembrerebbero posizionare il Telo nel tempo “giusto” e nel luogo “giusto”. Dimentichiamo tutti i riscontri scientifici. Guardiamo la Sindone con gli occhi del cuore. Di certo, sono evidenti le tantissime coincidenze con il racconto della Passione di Gesù che troviamo sui Vangeli. San Giovanni Paolo II, nella sua visita a Torino il 24 maggio 1998, definì la Sindone «Specchio del Vangelo». Benedetto XVI il 2 maggio 2010 dichiarò: «Si può dire che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo».

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E Papa Francesco, nel messaggio in occasione dell’Ostensione televisiva del 2013, disse: «Questo Volto ha gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda, e nel silenzio ci parla. Come è possibile? Come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso? Perché l’Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazareth. Questa immagine - impressa nel telo - parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore. Lasciamoci dunque raggiungere da questo sguardo, che


VOI CHI DITE CHE IO SIA?

L’Uomo della Sindone ha sofferto, ma la sua immagine ci parla non soltanto di morte o di dolore, ma anche di luce e di vittoria, di pace e serenità, perché ci rimanda a Gesù un istante prima della Resurrezione: il momento in cui la vita ha sconfitto la morte. Allora, la domanda che ciascuno di noi, guardando il Telo, si dovrebbe fare è: «Chi è quest’Uomo per me?». In altre parole, non tanto chiedersi se la Sindone è quella “vera” di Gesù o no, ma chi è per me Gesù. Nel Vangelo troviamo una domanda di Gesù: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?», e subito dopo: «Voi chi dite che io sia?». A questa domanda Pietro risponde: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,13-16). Per Pietro, che ha visto con i suoi occhi le guarigioni, la pesca miracolosa, la moltiplicazione dei pani, è facile rispondere così. Eppure, dopo l’ultima Cena, Pietro rinnega Gesù: «Non conosco quell’uomo». C’è il canto del gallo. E soprattutto un pianto che riscatta tutto: «E uscito all’aperto, pianse amaramente» (Mt 26,74-75).

volerci) bene quando sono (e siamo) a Messa, nel “nostro” gruppo, ad un ritiro, durante l’adorazione eucaristica, in processione, durante una festa… E dopo, come mi comporto nel quotidiano? Come vivo il “qui e ora”? Voglio essere “cristiano in uscita” non a parole, ma con i fatti? Davanti a questo Telo, non posso non stare in silenzio. Quest’Uomo mi guarda, interroga la mia fede, il mio io più profondo. Questo “sconosciuto” Uomo della Sindone mi interpella di continuo. Mi chiede di essere discepolo, cioè testimone. Nel momento in cui l’immagine di quell’Uomo mi spinge alla conversione, e spinge migliaia di fedeli a chiedersi se vivono da cristiani, nel momento in cui io esco trasformato, anzi “risorto” nel mio piccolo, così come è risorto Gesù, in quel momento è così importante sapere se l’Uomo della Sindone è proprio Gesù? E a questo punto, è spontaneo ricordare di nuovo Pietro, che in un altro brano dice: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Chi mai ci ha fatto una proposta altrettanto entusiasmante, se non questo “sconosciuto” Uomo?

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non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore». A sua volta, mons. Giuseppe Ghiberti, presidente Onorario della Commissione Diocesana per la Sindone, ha dichiarato: «La Sindone non è Gesù, ma un segno, un’icona che ci rimanda a Gesù. Non devo credere alla Sindone, ma la Sindone aiuta a credere».

“LASCIAMOCI DUNQUE RAGGIUNGERE DA QUESTO SGUARDO, CHE NON CERCA I NOSTRI OCCHI MA IL NOSTRO CUORE. ASCOLTIAMO CIÒ CHE VUOLE DIRCI, NEL SILENZIO”. PAPA FRANCESCO.

ALESSANDRO GINOTTA redazione.rivista@ausiliatrice.net

TU HAI PAROLE DI VITA ETERNA

La fede deve andare oltre i miracoli. Io fisso lo sguardo sul volto dell’Uomo della Sindone e, in quel momento riconosco sul suo volto i tratti di Gesù. Anche per me è facile dire: «Sei il Cristo». È facile voler (e LUGLIO-AGOSTO 2015

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Il diavolo e l’acqua santa. “Il Dio che non esiste” Dialogo sulla preghiera. (continua dal numero scorso… una signora semplice e un uomo elegante stanno discutendo mentre sono sull’autobus) - Il principe dei miracoli… sembra un titolo per un romanzo per bambini… - E invece è il tutto della preghiera… - Il tutto della preghiera… Amo queste forme loquaci di ecclesiastichese. Lei è una suora… - O no, glielo garantisco. Nulla in contrario sulla categoria ma proprio non è per me. - Certo che non è per lei… quella vita non è per nessuno. - Ah, su questo non avrei difficoltà a smentirla, sa? Ho detto che non sono una suora, non che non conosco tante: e molte sono tra le persone più libere e felici,

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soprattutto perché pregano tanto… per rimanere in tema… Lei mi sembra molto bravo a divagare dopo aver accennato ad un dubbio. - In un’altra lingua si direbbe che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Allora, queste sue suore, per tornare in tema, conoscono il principe dei miracoli? - Sono la prova vivente che esite! Sono loro il principe dei miracoli: cuori pieni di fede che quando pregano non pensano di dover spiegare a Dio come far girare il mondo ma gli chiedono la forza di camminare per la strada dove il Signore vuole condurli. - Ah, proprio uno spettacolo divertente. Cosa serve la preghiera se poi non posso nemmeno chiedere? - Guardi che Dio non è un cameriere al nostro servizio. - Su questo siamo d’accordo. È un Re Assoluto, un monarca disinteressato all’Universo che ha creato. - E io pensavo che sulle suore ci fosse andato pesante…Anche il Padre Eterno proprio non la convince… eh? - Diciamo che la mia è una reazione. Non solo al Padre Eterno, ma anche a certa predicazione… - Ecco, ora attacca i preti. - Preti, Papi, frati, di nuovo le suore, vescovi e cardinali. Tutti quelli che presentano Dio come fosse al telefono con ogni uomo e donna viventi ogni volta che questi starnazzano le loro pene d’animo. - Non capisco perché un Dio del genere dovrebbe darle fastidio… Anche se non è sicuramente quello che ho in testa io. - Perché Lui è il Padre. Non un cameriere


nemmeno accennare a questi discorsi. Loro ormai sono… liberi da Dio e da tutto quello che rappresenta. - Lo dice quasi compiaciuto. - Sono compiaciuto perché conferma la mia idea: l’uomo che prega un Dio scambiato per un super domestico sempre pronto ad esaudire ogni suo fiato è un uomo che ne sarà molto deluso e alla fine per rabbia comincerà a voler vivere senza di lui, fiero del suo sprezzante distacco da chi prima era convinto di adorare. - Terribile destino per un uomo. E per un Dio. Ecco perché sono convinta che il Cielo abbia proprio altri colori.

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appunto. Certo che le preghiere non vengono ascoltate. Nemmeno gli arrivano. Ma stiamo scherzando? Dio che ascolta i balbettii dello studentello la notte prima della maturità? O della ragazza grassa che Gli chiede di renderla bella… tsè… e questi che pretendono davvero di catturare la Sua attenzione. Non esiste quel Dio. - L’uomo è una creatura fragile. Alza la voce e piange come un bimbo quando qualcosa lo spaventa. È nella sua natura. Da millenni sulla terra ma non ha ancora imparato quasi nulla, ed è molto immaturo. - Parli piano signora. - Mi scusi? - Dire che l’uomo è immaturo… Se la sentono alcuni atei progressisti, difensori dell’emancipazione a tutti i costi… Con quelli non potrebbe

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Le pietre e la misericordia «Donna, nessuno ti ha condannata? Neppure io ti condanno» (Gv 8,1-11).

Affermato professionista ultratrentenne, Maurizio – che da ragazzo si annoiava agli incontri di catechismo – aveva intrapreso il percorso di preparazione alla Cresima-adulti, alla ricerca della Verità, con un cammino tortuoso e pieno di ostacoli. Rifiutava in blocco il magistero della Chiesa e gli elementi base del Cristianesimo. «Amare i nemici? Non se ne parla: sono avvocato. La Confessione? Inu-

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ANNA MARIA MUSSO FRENI redazione.rivista@ausiliatrice.net

tile sceneggiata. Il pentimento e il perdono sono questioni private fra Dio e l’uomo. I preti non c’entrano. La presenza reale di Cristo nell’Eucarestia? Una fiaba come quella di Babbo Natale». Avevamo sempre accolto le sue obiezioni, rispondendo con pazienza e rispetto, ringraziandolo perché con le sue domande favoriva il dialogo e la partecipazione attiva del gruppo. Poi lo abbiamo affidato a Dio e seguito con molta preghiera. La sera della confessione generale era stata posta davanti all’altare una Bibbia, aperta alla pagina del brano di Gesù e dell’adultera, letto e commentato. Sul pavimento era stato tracciato un sentiero, sul quale i cresimandi, dopo la confessione, erano invitati a deporre una pietra, togliendola da un grosso mucchio appoggiato sulla Bibbia. «Non farò questo giochetto puerile», aveva dichiarato seccamente Maurizio, sedendo nell’ultimo banco e aspettando che i compagni si confessassero. A fine serata trovò anche lui un confessore adatto. Tutti i cresimandi se ne erano andati, dopo aver gettato la loro pietruzza sul sentiero, ma il mucchio era ancora grande. Al termine della lunga e sofferta confessione Maurizio venne a ringraziare noi catechisti, il volto finalmente sorridente, lo sguardo limpido di un bambino. Ci invitò a guardare verso l’altare: il sentiero era stato completato. Aveva tolto tutte le pietre dal mucchio. E, soprattutto, dal suo cuore.


24 maggio 2015

FESTA di MARIA AUSILIATRICE

foto di: Mario Notario, Giuseppe Verde, Dario Prodan, Renzo Bussio, Andrea Cherchi, InfoANS

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MARIA SI È LASCIATA ABITARE DALLO SPIRITO, CAMBIANDO, COSÌ, RADICALMENTE LA STORIA DEL MONDO.

Pentecoste con Maria Ausiliatrice, la Mamma di tutti noi Omelia di don Angel Fernàndez Artime, rettor maggiore, per la festa di Maria Ausiliatrice nel Bicentenario della nascita di don Bosco.

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Carissimi fratelli e sorelle, ma specialmente carissimi e carissime giovani, ancora una volta ci troviamo nella Casa della nostra Madre per manifestare la nostra appartenenza; esprimere il nostro affetto vicendevole, come veri fratelli e sorelle che condividono le stesse radici, pur provenendo da diverse parti del mondo e vivendo diversi stati di vita, vocazioni e ministeri ecclesiali. Ci troviamo qui per condividere la nostra fede e la nostra speranza. Oggi questo incontro di famiglia è caratterizzato da un particolare molto importante e significativo perché in questi giorni si trovano tra di noi tanti dei nostri fratelli salesiani vescovi: chi è a carico di una diocesi, chi di un servizio in Vaticano o chi è emerito prestando altri servizi. Stiamo avendo con loro un bell’incontro. La loro presenza mette più in evidenza il nostro essere Chiesa universale, allarga la nostra famiglia perché portano con loro la vita delle loro proprie chiese particolari, e oggi, solennità di Pentecoste, la presenza delle diverse culture e nazioni, allarga il nostro senso di Chiesa e di universalità. Maria, la Mamma di tutte e di tutti noi, ci ha convocato qui, e noi abbiamo risposto molto volentieri a questo appello arrivando da tante parti per essere insieme attorno a Lei così come sono stati anche i primi discepoli dopo la Pasqua del


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MARIA È IL CAPOLAVORO DELLO SPIRITO SANTO. CI AIUTA COSÌ A SCOPRIRE QUAL È LA COSA PIÙ BELLA E PIÙ NECESSARIA CHE POSSIAMO FARE: UN INTERIORE ATTO DI AFFIDAMENTO ALLO SPIRITO. NELLA PAGINA A FIANCO DON ANGEL FERNÀNDEZ ARTIME, RETTOR MAGGIORE, TRA DON ENRICO STASI, SUPERIORE DI PIEMONTE, VALLE D’AOSTA E LITUANIA CON DON STEFANO MARTOGLIO, SUPERIORE DELLA NUOVA REGIONE SALESIANA MEDITERRANEA.

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Signore. E dove si trova Lei, si trova anche lo Spirito. Oggi qui, questa bella Basilica che ci ha regalato don Bosco come eredità della sua fede e del suo carisma, si trasforma in un cenacolo dove Maria in mezzo a noi garantisce la presenza dello Spirito, prega insieme a noi e ci incoraggia a essere aperti ai suoi doni. Carissimi giovani, carissimi tutti, voi volete vivere secondo lo Spirito di Gesù? Restate sempre con Maria e quindi diventerete veri discepoli missionari, mossi dallo Spirito. Ripeto, Lei è la migliore garanzia per trovarci con lo Spirito di Dio! Maria è la giovane vergine dell’Annunciazione e la vergine-madre che si trovava con gli apostoli nella Pentecoste. Lei fu protagonista in questi due momenti inediti nella storia dell’uomo e di tutta la creazione. L’Annunciazione e la Pentecoste sono i due momenti eccezionali che diventa-

no pietre miliari senza le quali non possiamo spiegare la storia dell’umanità; due momenti solennissimi dove il vero protagonista centrale è lo Spirito di Dio in persona, e con Lui, la pienezza del Dio Trino e Uno; due momenti che mettono in evidenza la vicinanza unica tra lo Spirito Santo e Maria, la Madre di Gesù. Nel primo evento, Lei partecipa, in certo qual modo, di un’azione “creatrice” sorprendente. Nel 1874, un contemporaneo di don Bosco, il Metropolita Philaret, di Mosca, ha espresso nel sermone della festa dell’Annunciazione che: «Nei giorni della creazione del mondo, quando Dio pronunciò il suo vivificante e poderoso “Sia fatto”, la parola del Creatore introdusse creature nel mondo. Ma il giorno senza precedenti nella storia del mondo, nel quale Maria pronunciò il suo breve e obbediente “Sia fatto”, appena ho il coraggio di


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dire ciò che è capitato, perché la parola della creatura introdusse il Creatore nel mondo». Ecco, «appena [aveva lui] il coraggio di dire ciò che è capitato», perché fu un’azione sorprendente che ha dato il via all’azione dello Spirito per compiere la volontà del Padre, cioè, che il suo Figlio eterno si sia fatto uomo. Senza quella disponibilità all’azione dello Spirito la nostra storia non sarebbe oggi la storia segnata dalla presenza del Figlio, Gesù, il Signore Risorto che dà senso alla nostra vita e che vogliamo seguire. Ecco, una giovane donna, una ragazza, che si è lasciata non solo guidare ma abitare dallo Spirito, ha cambiato radicalmente la storia del mondo. Lei si è fatta complice dello Spirito e così ha vissuto la sua vita. Vedete, carissime e carissimi

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giovani, quanto può essere poderoso un “Sì”, un “Sia fatto”. Voi siete coraggiosi per natura, perché il coraggio è proprio dei giovani e di quelli che nel trascorrere degli anni conservano quella gioventù nel profondo del cuore. Non abbiate paura di dire “Sì” al Signore della Vita e diventare complici, anche voi, dello Spirito del Signore, e vedrete che la vostra vita, pur non esente da difficoltà, diventa una vita che vale la pena di essere vissuta. L’altro evento nel quale Maria è presente in modo significativo è la Pentecoste, la solennità che celebriamo oggi. In questo caso, la Scrittura non ci presenta parole di Maria, ma sì la sua presenza, compagnia e incoraggiamento nella preghiera. Lei si trova lì, con gli apostoli, ancora disperati, tristi e scoraggiati, impauriti e richiusi per timore, per dar loro forza

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IN SENSO ORARIO: MONS. CESARE NOSIGLIA, ARCIVESCOVO DI TORINO, CARD. TARCISIO BERTONE, SEGRETARIO DI STATO EMERITO, CARD. JOSEPH ZEN, VESCOVO EMERITO DI HONG KONG, MONS. LUCIANO CAPELLI, VESCOVO DI GIZO (ISOLE SALOMONE).


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come fa una mamma affianco al figlio sofferente. E prega. Ma quello che ancora gli apostoli non sapevano è che con Lei lo Spirito viene assicurato, perché Lei è la sua complice e la sua garanzia. Lasciamoci prendere per mano da Lei. Lasciamoci introdurre nel mistero della preghiera intima ed efficace, aiutati da Lei. Una volta, in un Regina Coeli, Papa Benedetto XVI ha espresso con grande convinzione: «In qualsiasi parte dove i cristiani si radunano in preghiera con Maria, il Signore dona il suo Spirito». Carissimi tutti, in un tempo dove in tante parti del mondo sembra imbrunirsi l’orizzonte e il futuro, e in tante famiglie e comunità tutto sembra imbrogliato e manca il sorriso, il piacere della vita vissuta insieme con tenerezza e amore, in questo tempo, che non è molto diverso ad altri del passato, noi possiamo essere come quella donna giovane, quella ragazza che è stata capace di cambiare il mondo e che una volta complice dello Spirito ha aiutato i discepoli a divenire anche loro altri complici. Per questo Lei è Madre e Maestra. Don Bosco lo ha capito molto bene. Mamma Margherita ha saputo mostrare con il suo esempio e la sua parola semplice come la Madonna ci aiuta a essere aperti allo Spirito che ci trasforma in coraggiosi discepoli missionari di Gesù, il Signore.

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PUOI TROVARE ALTRE FOTO SU WWW.DONBOSCO-TORINO.IT (GALLERY)


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Storia di una vocazione consacrata nell’Istituto secolare VDB

Quello che siamo viene dalle nostre radici. Fin da bambina ho potuto respirare, crescere e fortificarmi nei valori cristiani. Sia per quello che ho respirato in famiglia grazie ai miei genitori, sia per i vari ambienti che ho frequentato. L’esperienza oratoriana mi ha dato l’opportunità di trovare ed imparare a conoscere più a fondo l’immensità di Dio. Crescendo, nonostante i periodi difficili e le esperienze che mi hanno segnato profondamente, mi sono resa conto che molte delle tempeste che ho attraversato mi hanno temprato e che le persone che mi hanno ferita mi hanno in realtà spinta ad una crescita sempre più matura e consapevole. Spirituale, psichica e umana. Spesso mi sono chiesta: «Dio ha un progetto per me?». A volte di fronte ad alcune espe-

rienze negative, che mi facevano chiudere in me stessa, è stato davvero difficile lasciare spazio a Dio. A un certo punto, in me è nata l’esigenza di capire, approfondire e arricchire la mia vita. Mi chiedevo in continuazione, dove fosse Dio, come sentire il Suo Infinito Amore e come amarlo a mia volta? QUANDO MENO TE L’ASPETTI

A quindici anni, un’età difficile, la risposta di Dio mi ha raggiunto attraverso una suora, una FMA, eccezionale, che ha dato una svolta significativa e profonda nella mia vita. È stata lei a condurmi a Lui, facendomi percepire concretamente e totalmente, cosa significa sentirsi accolti e amati. Cosi come si è, in ogni aspetto. E cosi, Dio è entrato nella mia vita. Non era più un ideale LUGLIO-AGOSTO 2015

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astratto, ma un Padre da amare e dal quale abbeverare l’anima assetata di comprensione, compassione e amore incondizionato. Nonostante questa consapevolezza non è stato facile capire, quale progetto Dio aveva in serbo per me. Al contrario, molte erano le prove da superare e gli ostacoli da sormontare. Ho vissuto molte e forti esperienze di vita, di preghiera e di silenzio sino a comprendere davvero gli avvenimenti come la chiamata di Dio. Ho risposto prontamente e commossa. Tuttavia... che scossone esistenziale! Nulla si è modificato apparentemente, eppure, tutto è cambiato! OCCHI NUOVI

Pur svolgendo le stesse attività, lo spirito con il quale le svolgevo ora era impregnato di insegnamenti, e ispirazioni di Dio. L’incontro con Lui è stato un Dono senza il quale era impensabile vivere, è diventato il centro dei miei pensieri, di ogni mia situazione e azione. Il confronto costante, in particolare con il confessore mi ha reso meno dura, più attenta verso altri, sorridente e gioiosa. L’Isti30

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tuto secolare a cui appartengo mi ha offerto molti momenti di riflessione e d’approfondimento spirituale. Mi ha sollecitato a cercare ogni benedetto giorno di essere come il lievito nella pasta, come la terra nutriente per i semi. Nei momenti di particolare fatica e sconforto, in cerca di sostegno, mi affido alla guida delle parole del Signore. Oppure cerco l’ispirazione che deriva dai gesti di carità di altre persone che mi danno la forza per andare avanti. PERFINO UN RECITAL

In particolare l’esperienza di un recital ideato e realizzato alcuni anni fa, dal gruppo “giovani” VDB per presentare la vocazione secolare delle Volontarie di don Bosco, mi ha richiamato costantemente a cosa significhi “essere consacrata” e a come vivere il quotidiano, interpretando sempre e tutto con il cuore proteso verso il mio sposo: Gesù. Ho riscoperto il bisogno e la volontà di pregare chiedendo a Dio la forza. E contemporaneamente di aver la stoica forza di riuscire ad amare con gioia le persone “non amiche”.

SUL LUOGO DI LAVORO

Molte ore della giornate, le trascorro in fabbrica. Il mio non è certo un luogo ideale di “carità”, ma anzi, è un posto pesante, anche insensibile e crudele, e pieno di insidie spirituali. D’altronde il luogo ideale non esiste. L’esperienza della preghiera mi ha dato più volte la forza di accettare e agire in modo positivo proprio nell’ambiente lavorativo, dove spesso maleducazione, grettezza, arroganza ed esagerate pretese fanno da padroni. Ma una luce, per quanto flebile dissolve il buio. La preghiera è la fonte della luce di Dio affinché noi


NEL VOLONTARIATO

Per me, ancora oggi, a distanza di vent’anni, allenare, guidare e ispirare le ragazze del gruppo sportivo è un onore. Ascoltare i loro problemi, discutere, uscire con loro, condividere alcune delle loro fatiche o gioie, mi dà la possibilità, come ci ha insegnato don Bosco, di testimoniare che si può essere felici rispettando e amando le persone così come sono, cercando nell’altro non una persona da sfruttare o da usare, ma da accettare così com’è. Insomma, da amare come Dio ama ciascuno di noi in modo incondizionato.

Parlare di Dio oggi è molto difficile. L’unico modo è testimoniarlo con lo stile cristiano di vivere, parlare e agire in prima persona. Solo così le persone possono comprendere l’immensità di una vita con Dio nel cuore e l’intensità che assume il quotidiano con la Sua presenza. È questa la più perfetta dimostrazione di Dio: Il bambino chiese alla mamma: «Secondo te, Dio esiste?». «Sì». «Com’è?». La donna attirò il figlio a sé. Lo abbracciò forte e disse: «Dio è così». «Ho capito». UNA VOLONTARIA DI DON BOSCO redazione.rivista@ausiliatrice.net

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possiamo progredire nel cammino dell’umano, sui sentieri che la Provvidenza di Dio (il migliore dei TomTom) ci indica ogni giorno.

LE VDB SONO DONNE CONSACRATE SECOLARI SALESIANE. VIVIAMO NEL MONDO CON RISERBO, SENZA COMUNICARE LA NOSTRA CONSACRAZIONE SE NON CON LA NOSTRA TESTIMONIANZA DI VITA. IL NOSTRO STILE È ESSERE NEL MONDO MA NON DEL MONDO. PER CONTATTARCI PUOI SCRIVERE A formazione.vdb.to@gmail.com

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Le 200 magliette gialle di don Bosco  «Migliaia di occhi, di volti, di mani. Migliaia di storie di vita. Gioie e dolori che sfilano in silenzio davanti a don Bosco. Migliaia di preghiere, suppliche, pensieri e domande. Migliaia di “Grazie!” per doni grandi ricevuti nella vita. E nel cuore rimane ogni volta l’espressione di qualche pellegrino: gli occhi umidi di lacrime dei più anziani, il sorriso commosso di molte mamme e tanti papà. E loro, i bambini, che ascoltano in prima fila, che partecipano con la loro curiosità, che osservano e commentano e che, al racconto dei miracoli di don Bosco, avvenuti proprio dove loro si trovano in quel momento, spalancano occhi e bocca come di fronte al più stupefacente e bellissimo racconto mai udito prima. Ecco una delle Grazie ricevute nella mia vita». Sono le parole, anonime, di una delle 200 magliette gialle, i 200 volontari di don Bosco che accolgono 32

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sette giorni su sette le migliaia di pellegrini che in questi mesi del Bicentenario affollano senza sosta i cortili di Valdocco e la basilica di Maria Ausiliatrice. Le magliette gialle sono studenti, pensionati, casalinghe, professionisti, disoccupati: ognuno offre quello che può, tempo, competenze, professionalità, pazienza. E un sorriso, per tutti. IL VOLONTARIATO DIVENTA ESPERIENZA DI FEDE

Al termine del proprio turno ognuno è invitato a scrivere o a mandare un’email con un pensiero, una riflessione sulla giornata e sull’esperienza di servizio. «Abbiamo iniziato a lasciare i nostri pensieri così, a ruota libera: adesso i messaggi sono centinaia, è il nostro diario di bordo, la narrazione di un’avventura che per molti di noi sta diventando un’esperienza di fede – dice una delle magliette gialle che si presenta sempli-


MAGLIETTA GIALLA 1

Don Enrico Lupano, maglietta gialla numero uno, è l’anima del gruppo: rappresenta i salesiani nel Consiglio del Comitato organizzatore dell’Ostensione della Sindone del 2015. Lo si trova e già di primo mattino nell’Ufficio volontari nel cortile di Valdocco, in anfiteatro a spiegare ai gruppi di pellegrini chi era don Bosco, a intrattenere le centinaia di scolaresche che da tutt’Italia vengono a conoscere il santo dei giovani o davanti al cartellone luminoso che indica i gruppi che arriveranno in giornata da tutto il mondo. Sì, perché in questi mesi in Basilica ci sono davvero tutti i continenti con i gruppi che giungono dai 132 paesi dove sono presenti i salesiani. «L’esperienza delle magliette gialle

– dice don Enrico – è una delle novità del Bicentenario: è un gruppo che abbiamo “inventato” per questa occasione e che – dato l’entusiasmo – proseguirà il suo cammino innanzi tutto di formazione. A chi vorrà aggiungersi verrà proposto un corso di conoscenza sui luoghi salesiani ma soprattutto un itinerario di fede. Stiamo vivendo in questi mesi una esperienza unica soprattutto per le migliaia di giovani che vengono a Torino a leggere nel mistero dell’Uomo della Sindone che richiama Gesù morto in Croce le sofferenze dei ragazzi e delle ragazze di oggi. A loro sicuramente don Bosco avrebbe qualcosa da dire, una strada da indicare per costruire il futuro, lui che ha speso tutta la vita per dare speranza e opportunità per i giovani più in difficoltà. Don Bosco oggi ci richiama a rimettere al centro l’educazione e invita tutti coloro che hanno responsabilità a collaborare perché questo Paese torni ad essere un luogo dove le giovani generazioni possano progettare la loro vita adulta. Solo così il Bicentenario, l’Ostensione e l’attesa visita di papa Francesco a Torino, al dì là dei momenti celebrativi, saranno davvero un’ occasione di crescita e di speranza».

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cemente come un “nonno” – non ho mai frequentato un gruppo salesiano, conoscevo don Bosco superficialmente perché vengo a Messa a Maria Ausiliatrice. Una domenica ho sentito che c’era bisogno durante i mesi del Bicentenario di una mano per l’accoglienza dei pellegrini sarebbero venuti a Valdocco per don Bosco e la Sindone: e così ho dato la mia adesione. Abbiamo frequentato un corso, ho incontrato altri pensionati come me è nata una bella amicizia. È una bellissima esperienza di scambio generazionale: i giovani con il loro entusiasmo non si risparmiano: fanno giocare i bambini, intrattengono i ragazzi, accolgono i pellegrini parlando svariate lingue. Noi anziani andiamo più lenti e ci occupiamo di chi fa più fatica. Prima i miei pomeriggi erano vuoti, adesso non vedo l’ora sia il mio turno».

Alcune immagini delle magliette gialle al lavoro.

MARINA LOMUNNO redazione.rivista@ausiliatrice.net

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Don Gervasio Fornara: “Un missionario in canoa”

Se la Chiesa è missionaria, “in uscita” come dice Papa Francesco, o non è fedele alla volontà del Signore, la storia del salesiano Gervasio Fornara riempie il cuore. Quarantun anni tra le foreste equatoriali colombiane, a tu per tu con guerre civili, narcotrafficanti, epidemie, e migliaia di chilometri percorsi in canoa, sulle rapide dei fiumi che sfociano nel Pacifico. Quando nel 1961 il responsabile per le missioni di Torino don Albino Fedrigotti gli consegnò il Crocifisso Missionario nella Basi-

lica di Maria Ausiliatrice, gli disse: «Ricorda: paese che vai usanza che trovi». Una vita che vale almeno una mezza dozzina di sceneggiature per film d’azione, la sua; intanto è diventata un libro, Un missionario in canoa, scritto con Veronica Iannotti. La Colombia di don Gervasio è quella della caccia al platino e all’oro, con tutto il contorno di violenza che ne consegue. Per raggiungere le comunità nei villaggi il mezzo più rapido era proprio la canoa: ore e ore scivolando sulle acque contornate dalla miseria e dalla fame. L’INTUIZIONE

Come arrivare fin nelle più sperdute lande di un paese dai confini infiniti? Durante la prima missione nella foresta di Condoto, dipartimento di Chocò, arriva l’intuizione: fondare un canale in modulazione di frequenza, Radio Don Bosco. Accorsero in suo aiuto gli ex allievi dell’Istituto tecnico industriale salesiano Pedro Justo Berrio di Medellin i quali, recuperato del vecchio materiale, riuscirono a costruire un’an34

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I SALESIANI IN COLOMBIA

Oggi don Gervasio è un’istituzione in Colombia, confermando il legame indissolubile tra la congregazione e il paese sudamericano. A fine ’800 il governo e l’arcivescovo di Bogotà chiesero più volte la presenza dei salesiani a don Michele Rua, successore di don Bosco. L’opera iniziò nel 1890 sotto la guida di don Evasio Rabagliati con l’apertura di una scuola professionale. Nel 1893 nacque poi una casa di noviziato a Fontibòn. Ma l’opera più grande condotta dai salesiani in questo paese fu a favore dei lebbrosi e vide l’impegno di un autentico uomo di Dio, don Luigi Variara, allievo di don Bosco a Valdocco, missionario in Colombia e fondatore della congregazione delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria. Agua de Dios, Mosquera, Contrataciòn, Bogotà, Barranquilla furono i vari luoghi assegnatigli dall’obbedienza. La Chiesa ne esalterà il coraggio e la santità proclamandolo Beato nell’aprile 2002. IL RITORNO IN ITALIA

Dopo l’esperienza nella foresta e la creazione di due centri missiona-

ri a Condoto e a Buenaventura, per don Fornara i superiori sceglieranno Medellin e il suo Santuario di Maria Ausiliatrice che sorge nella città sulla Cordigliera. Nel 2002, poi, il ritorno in Piemonte: nato a Borgomanero, noviziato a Pinerolo, poi lo Studentato Teologico e Filosofico Salesiano di Foglizzo, nel Canavese, gli viene affidata la Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù a Casale Monferrato. «Oggi la mia canoa è la bicicletta – ci racconta nell’oratorio gremito di ragazzi –. Vado a trovare gli anziani ammalati, vivo la mia vita da salesiano in una nuova realtà. Anche qui c’è tanto da fare. Casale è la città dell’Eternit. L’amianto era anche nei muri delle case e delle scuole. Quanti morti tra i miei parrocchiani, anche giovani. Una tragedia che sembra non conoscere la parola fine». Fedele all’insegnamento di don Bosco questo missionario salesiano è davvero instancabile: ragione, religione, e amore sono le tre parole-chiave che lo hanno guidato nella vita. Il segreto di un metodo nato a Valdocco e che oggi costituisce un patrimonio in tutto il mondo. Dalla Colombia al Piemonte.

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tenna alta trenta metri, posizionandola in un punto strategico della vegetazione. Poi arrivò la televisione, Teleplatino. Tivù e radio si rivelarono un mezzo straordinario di divulgazione: «È grazie ai programmi di carattere sanitario che certe zone di foresta sono state risparmiate dall’epidemia di colera – racconta oggi don Gervasio –. Avevamo un medico dal forte impatto comunicativo che spiegava perfettamente come prevenire le epidemie insegnando via radio come evitare il rischio di infezioni».

Un missionario in canoa Veronica Iannotti - The Press pagine 156

ANDREA CAGLIERIS GIORNALISTA RAI E SEGRETARIO DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DEL PIEMONTE redazione.rivista@ausiliatrice.net

Don Gervazio Fornara mentre celebra una S. Messa suoi luoghi della missione.

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De Agostini: il salesiano esploratore

Per mezzo secolo, ha alternato l’impegno missionario all’attività di geografo, documentarista e alpinista in Patagonia e nella Terra del Fuoco. Una mostra a Torino. LA STEPPA PATAGONICA È PIENA DI IMMENSA, SUBLIME POESIA. LA SAPIENZA CREATRICE DI DIO, CHE TUTTO HA MERAVIGLIOSAMENTE DISPOSTO, ANCHE QUI HA DISTRIBUITO LARGAMENTE I SUOI TESORI DI BELLEZZA E DI INCANTO. ALBERTO M. DE AGOSTINI, “ANDE PATAGONICHE”, VIVALDA EDITORI, TORINO 1999

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De Agostini: un nome che in tutto il mondo è sinonimo di passione per la geografia e la cartografia. E il merito è anche di un prete salesiano, soprannominato “padre Patagonia”. Alberto Maria De Agostini, infatti, nasce il 2 novembre 1883 a Pollone (Biella). Il fratello maggiore, Giovanni, è il fondatore del noto Istituto geografico De Agostini di Novara. Entrato ancor giovane tra i salesiani, Alberto Maria è ordinato sacerdote nel 1909 e subito parte come missionario per le regioni meridionali del Cile e dell’Argentina, dove i salesiani erano impegnati a migliorare la vita degli indios, sfruttati e decimati dagli estancieros con i loro primi, grandi allevamenti di ovini e bovini. Da allora, per mezzo seco-

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lo, don – anzi, padre, come si usa dire in Sud America – De Agostini alterna l’impegno missionario a viaggi di esplorazione nella Patagonia e nella Terra del Fuoco. Ogni volta compie la mappatura del territorio, spesso inesplorato e ghiacciato; descrive la vita delle ultime tribù indigene, addolorato per non poterne fermare la scomparsa; classifica specie vegetali sconosciute; raccoglie campioni di rocce e fossili; scatta migliaia di fotografie, gira documentari (Terre Magellaniche, ad esempio, è proiettato nelle sale cinematografiche nel 1933). Al rientro dai viaggi, prepara relazioni per convegni, scrive articoli per riviste specializzate, pubblica avvincenti libri divulgativi, insegna ed altro ancora. Il tutto senza trascurare il ministero pastorale.


NELLE TERRE DEI SOGNI DI DON BOSCO

Impossibile citare tutte le sue esplorazioni e le sue ricerche, compiute – per di più – con gli scarsi mezzi dell’epoca. Basti ricordare che nel 1914 esplora i canali Beagle e Cockburn, l’anno dopo è a Capo Horn; nel 1928-29 viaggia lungo lo stretto di Magellano; nel 1930-32 compie la prima traversata della Cordigliera Patagonica; negli anni 1936-38 esplora la zona del monte San Lorenzo, di cui conquista la vetta nel 1943; nel 1955 organizza e partecipa alla spedizione nella Terra del Fuoco nella zona del monte Sarmiento; nel 1957 collabora con un’altra spedizione italiana che compie la prima salita al Cerro Paine, sulle Ande patagoniche. Questa è l’ultima volta che don De Agostini si reca in Patagonia. Tornato in Italia, muore il giorno di Natale del 1960, proprio nella “sua” Valdocco. In ricordo del suo eccezionale impegno missionario e geografico, il Cile gli ha dedicato il fiordo lungo 35 km che lui scoprì nel 1912 e l’Argentina ha dato il suo nome ad un tratto delle Ande lungo il confine cileno e ad un parco nazionale nella Terra del Fuoco. In Italia, già nel 1932 don De Agostini è premiato dall’Accademia delle Scienze di Torino. E quando lui rientrò dal successo sul monte Sarmiento e Torino volle onorarlo, disse soltanto: «Questi festeggiamenti sono sproporzionati; io altro non sono che un povero prete».

Eppure, dopo una vita così affascinante e quasi incredibile, l’opera di “padre Patagonia” rischiava di essere dimenticata. Però, dopo un incontro nel 1984 con l’allora Rettor Maggiore don Egidio Viganò, il Museo Nazionale della Montagna di Torino ha avviato un programma sia per valorizzare le opere, le fotografie e i film realizzati da De Agostini, e appartenenti alle collezioni del Museo stesso, sia per farne meglio conoscere la figura, l’attività e il pensiero. Ora, a 55 anni dalla sua morte e in concomitanza con i 200 anni della nascita di don Bosco, il Museo ha pubblicato un libro e organizzato la mostra Nelle terre dei sogni di don Bosco. Alberto Maria De Agostini dal Piemonte all’America Australe.

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NON SONO CHE UN POVERO PRETE

LA MOSTRA È APERTA PIAZZALE MONTE DEI CAPPUCCINI 7 10131 TORINO - ITALIA TEL. +39 011 6604104 FAX +39 0116604622 DIR. ALDO AUDISIO

LORENZO BORTOLIN redazione.rivista@ausiliatrice.net

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Don Bosco al santuario di Crea

NELLE TRADIZIONALI PASSEGGIATE AUTUNNALI MONFERRINE, IL 10 OTTOBRE 1861 DON BOSCO FECE TAPPA A CREA.

Il 1° maggio 2015 a Crea, santuario della diocesi di Casale Monferrato, le comunità salesiane del Monferrato – Alessandria, Asti, Casale Monferrato, Castelnuovo don Bosco, Trino Vercellese, Vercelli – si sono ritrovate in una Concelebrazione con i vescovi di Casale mons. Alceste Catella e delle altre diocesi del Monferrato, presente don Enrico Stasi, ispettore dei Salesiani di Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania. È stata inaugurata una lapide a ricordo della sosta che al santuario fecero don Bosco e cento suoi ragazzi affamati. LA CONGREGAZIONE OTTIENE LA PRIMA APPROVAZIONE DAL VESCOVO DI CASALE

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Don Bosco il 12 aprile 1845 inaugura il primo oratorio a Valdocco e consacra la sua vita ai giovani. Il 18 dicembre 1859, dopo aver comunicato la decisione di dare vita alla sua Congregazione, costituisce il primo capitolo superiore; il 12 giugno 1860 ventisei giovani sottoscrivono le regole; il 14 maggio 1862 i primi 22 emettono i tre voti della professione religiosa. È un gesto di grande coraggio in una stagione e in una città nella quale politici, liberali e massoni vanno a caccia dei beni della Chiesa e sopprimono Ordini e Congregazioni per incamerarne le succulente rendite. Poiché il governo piemontese caccia in esilio l’arcivescovo di Torino, Luigi Fransoni che dal 1851 resta a Lione fino alla


CANTANO A MARIA E OTTENGONO GRAZIE

Don Bosco aveva combinato il pranzo con il canonico Crova ma, giunti a Crea, ecco la sorpresa: il canonico ha capito male ed è andato a Casale a preparare il pranzo in Seminario. La lapide, inaugurata a Crea il 1° maggio, dice: «Nelle tradizionali passeggiate autunnali monferrine, il 10 ottobre 1861 don Bosco fece tappa a Crea. In devota visita alla Madonna, volle che si intonasse, con l’accompagnamento della banda e sull’aria del Va’ pensiero, la lode di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori Vivo amante di quella Signora. La deliziosa melodia si diffuse nel santuario e risuonò nel convento destando nei frati grande commozione e il desiderio di preparare e of-

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morte nel 1862, la Congregazione salesiana ottiene la prima approvazione diocesana da mons. Luigi Nazari di Calabiana, vescovo di Casale Monferrato (1847-1867) e poi arcivescovo di Milano (1867-1893). Di nobile famiglia di Savigliano, Calabiana conosce il giovane Bosco. Nel 1863 il prete torinese apre la prima casa fuori Torino a Mirabello, provincia di Alessandria e diocesi di Casale. Nel 1861 e nel 1862 si svolgono le passeggiate autunnali per la festa della Madonna del rosario. Il 10 ottobre 1861 la lieta brigata si ferma al santuario di Crea e qui avviene un episodio curioso.

frire il pranzo ai cento ragazzi. Li servirono con tanta sollecitudine. Nelle peregrinazioni autunnali don Bosco passò in diversi paesi del Monferrato incontrando giovani che, divenuti salesiani, furono suoi primi collaboratori e insigni missionari e vescovi in terre lontane». LA MERAVIGLIOSA GIOVENTÙ MONFERRINA

La compagnia si rimette, così, in moto per Casale dove sono ospitati in Seminario. Si fermano due giorni e visitano la splendida Cattedrale e la chiesa di san Filippo. Raggiungono Mirabello e poi da Alessandria tornano a Torino in treno. Nel Monferrato il santo trova grandi benefattori nei conti Fassati di Montemagno e nei conti Callori di Vignale. La lapide riporta i nomi e gli estremi biografici dei 74 giovani monferrini che furono allievi di Valdocco. Sono di Alessandria e provincia: Casale Monferrato, Cuccaro, Mirabello, Morano Po, Mornese, Lu – paese che per buona parte del XX secolo ebbe il primato mondiale delle vocazioni sacerdotali e religiose –, Occimiano, Ovada, Rosignano, San Salvatore, Terranova, Vignale Monferrato. Anche Asti e provincia fornisce vocazioni salesiane: Rocchetta Tanaro, Viarigi, Buttigliera d’Asti, Costigliole d’Asti, Maranzana,

Canelli, Nizza Monferrato, Revigliasco d’Asti, Grana, Calliano, Montemagno, Piovà. Infine Vercelli e provincia: Caresana, Crescentino, Trino, Fontanetto Po, Saluggia. Alcuni andarono missionari e morirono in vari Paesi: Colombia, Brasile, Stati Uniti d’America, Uruguay, Argentina, Perù, Venezuela, Equador, Cile, Spagna e Portogallo. Alcuni furono vescovi: Ernesto Coppo, Giovanni Cagliero primo vescovo e primo cardinale salesiano, Giuseppe Fagnano, Felice Guerra, Luigi Lasagna. Altri svolsero un ruolo importante nella Congregazione come Pietro Ricaldone di Mirabello, rettor maggiore 19321951, il beato Filippo Rinaldi di Lu, rettor maggiore 19221932, beato dal 1990. Infine il beato Luigi Variara di Viarigi, una vita tra i lebbrosi in Colombia, beato dal 2002. PIER GIUSEPPE ACCORNERO redazione.rivista@ausiliatrice.net

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I XXVI giochi internazionali delle Polisportive Giovanili Salesiani

Oltre 1500 ragazzi e ragazze si sono sfidati a Torino sotto lo sguardo di don Bosco.  È ancora possibile uno sport pulito, rispettoso dell’avversario e soprattutto a misura di giovani. Lo hanno dimostrato i XXVI giochi internazionali della gioventù salesiana. Oltre 1500 ragazzi tra i 14 e i 18 anni si sono confrontati a Torino dal 30 aprile al 3 maggio scorsi sui campi di pallacanestro, pallavolo, tennis da tavolo, calcio e calcio a 5. La manifestazione è stata organizzata da PGS International. 11 le nazioni europee partecipanti: Spagna, Portogallo, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria, Slovenia, Croazia, Belgio e Italia. 350 partite tra gli atleti suddivisi nelle categorie 1997-1998 e 1999-2000 sono state disputate in una decina di impianti della città. 40

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COME DON BOSCO LO SPORT PER INFONDERE AUTOSTIMA E FIDUCIA AI GIOVANI

Tutto si è svolto secondo lo spirito di don Bosco, che utilizzava il gioco per infondere autostima e fiducia nell’animo dei giovani. «Le Polisportive Giovanili Salesiane – spiega il presidente nazionale Gianni Gallo – traducono nella pratica quotidiana il suo modello educativo. Il gioco e quindi lo sport diventano un percorso di educazione, di crescita e di fede per i giovani e con i giovani». «Questi giorni di sfide e tornei – continua – ci hanno dimostrato come ci si può fare coinvolgere dallo sport senza cadere in un agonismo esasperato. Ogni partecipante si è sentito


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coinvolto, a prescindere dal risultato ottenuto dalla propria squadra. Ho visto ragazzi esultare per avere raggiunto un sesto posto oppure loro coetanei lasciarsi sfuggire la lacrimuccia per un secondo gradino sul podio. Ciascuno di loro ha corso per vincere, pur coscienti comunque che una sola squadra avrebbe raggiunto questo traguardo. Non per questo le altre dovevano stare a guardare o, peggio, giocare sporco». Praticate anche solo a livello di oratorio le attività sportive trasmettono valori come sacrificio, costanza, rispetto dell’avversario. «Una maggiore diffusione della pratica sportiva – conclude Gallo – ci renderebbe persone ben diverse e non assisteremmo a scontri come quelli registrati tra tifosi juventini e granata proprio a Torino alla vigilia dei giochi delle PGS». «Durante le gare – sottolineano Alessandro Abate e Giovanni Mascellani, arbitri federali di basket – il doveroso agonismo si è accompagnato al fair play ed al rispetto degli avversari. Mentre le squadre più forti hanno dimostrato di saper vincere senza umiliare gli sfidanti, quelle più deboli hanno comunque giocato dando il massimo. Non di rado al termine di una partita i ragazzi si fermavano per tifare i coetanei con cui si erano scontrati in precedenza».

Molti degli atleti torinesi hanno alternato alle partite in campo il volontariato per i loro coetanei stranieri. «Mettersi al servizio degli altri – sottolinea Olimpia Pelizza, allenatrice dell’Auxilium Monterosa (volley) e responsabile dei circa 200 volontari dei giochi – è stata un’altra tappa di un cammino di crescita all’interno della pratica sportiva. Una delle tante facce dello sport è proprio lo spirito di accoglienza e disponibilità nell’aiuto». Ora per tutti l’appuntamento è a Bratislava-Vienna per i Giochi 2016. GIOVANNI COSTANTINO redazione.rivista@ausiliatrice.net

LO SPORT, NELLO STILE DI DON BOSCO, OFFRE A TUTTI, EDUCATORI SPORTIVI COMPRESI, LA POSSIBILITÀ DI SVILUPPARE LE CAPACITÀ DI CIASCUNO E CONCORRE ALLA PREVENZIONE DEL DISAGIO.

ACCOGLIERSI RECIPROCAMENTE E CRESCERE INSIEME

«L’obiettivo delle PGS – ribadisce Oliviero Alberti, allenatore della squadra di pallavolo femminile I Gabbiani di Galliate (Novara) – è innanzitutto educare tramite lo sport. Abbiamo fatto incontrare i giovani attraverso la competizione sportiva per fare condividere loro un percorso di amicizia e di fede». «In questi giorni qui a Torino – concludono Giulia, Concetta, Anilda e Michelle, 17 anni, atlete dei Gabbiani – abbiamo conosciuto realtà diverse dalle nostre. Dalle sfide in campo è nato un clima di convivenza e confronto tra tutti noi che ci ha fatto indubbiamente crescere». LUGLIO-AGOSTO 2015

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Sono 30.000 i minori italiani costretti a vivere lontano dalle loro famiglie

A CURA DI ILARIA M. NIZZO redazione.rivista@ausiliatrice

In Italia 29.309 minorenni vivono “fuori dalla famiglie”, quasi 3 bambini e ragazzi di età compresa tra 0 e i 17 anni, ogni 1.000 coetanei. Tra le cause dell’allontanamento famigliare c’è, al primo posto, l’inadeguatezza o l’incapacità dei genitori di fornire le risposte ai bisogni fondamentali, ai propri figli. Per alcuni bambini, però, la vita può iniziare con grandi difficoltà e può continuare con serenità e amore quando sul loro “cammino” incontrano una Casa Famiglia dei Salesiani per il Sociale. Basterebbe conoscere la storia di Giovanni. DALL’UNGHERIA A UNA CASA FAMIGLIA DEI SALESIANI PER IL SOCIALE

Giovanni è un ragazzo cresciuto nelle campagne ungheresi, che all’età di tre anni è allontanato dalla sua famiglia di origine, a causa dei genitori alcolisti. In Ungheria è così affidato a una famiglia, dove rimane, fino all’età di sette anni, quando una famiglia italiana decide di adottarlo, insieme ai due fratelli. Dopo qualche mese nella nuova famiglia iniziano, però, le prime difficoltà. I traumi e le sofferenze vissute da Giovanni sfociano in comportamenti aggressivi. Non mangia e mostra segnali di disagio fisico. Con il passare del tempo la famiglia, che lo aveva adottato, non riesce più a gestire questi comportamenti e chiede aiuto ai servizi sociali 42

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del territorio. La famiglia si rende conto che le proprie attese non sono legittimate e che le motivazioni dell’adozione iniziano a mancare e chiede ai servizi sociali che il bambino venga allontanato. Nell’agosto del 2012 i servizi sociali affidano il ragazzo in una delle 31 Casa Famiglia dei Salesiani per il Sociale. DALLA TRISTEZZA ALLA SERENITÀ

Quando Giovanni arriva nella casa famiglia, all’età di undici anni è molto magro, impaurito e triste. Inizia, però, da subito una nuova vita: non c’è nessuna imposizione, se non il rispetto delle regole di casa; nessun ricatto emotivo, ma il riconoscimento del suo bisogno di riconquistare serenità, equilibrio, insieme a sorrisi e la voglia di correre e giocare. Giovanni finalmente “sperimenta” cosa vuole dire essere amato ed accettato, per quello che è. Tutto questo lo porta a migliorare, a partire proprio dalle sue condizioni fisiche, dalla sua voglia di vivere. Oggi si sente amato e, oltre agli studi, riesce a prendersi l’impegno di accudire gli animali


PERCHÉ È IMPORTANTE COMPRARE LE BOMBONIERE

Nelle bomboniere solidali dei Salesiani per il Sociale è nascosto un gesto di solidarietà. Dare di più ai bambini, ragazzi e giovani che dalla vita ha avuto di meno! In occasione di matrimoni, battesimi, cresime, comunioni, anniversari, lauree e nascite, festeggia la tua gioia con le bomboniere solidali dei Salesiani per il Sociale! Anche tu puoi trasformare la tua giornata indimenticabile in un gesto di solidarietà per i “ragazzi di don Bosco” che trovano accoglienza e sostegno presso le nostre comunità! La tua donazione, infatti, servirà per pagare cure specialistiche o visite dentistiche o ancora per aprire borse lavoro e finanziare il sostegno psicologico di questi giovani o più semplicemente per acquistare la benzina necessaria per portarli in gita e farli sentire come tutti gli altri bambini della loro età.

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presenti in casa, due asini e 25 galline, sentendosi valorizzato e felice riuscendo a essere accogliente, affettuoso e sorridente. Giovanni è un esempio di come si possono sostenere i bambini nel loro percorso di crescita spesso interrotto dalle vicissitudini e dalle problematiche emergenti della vita, di cui loro non hanno nessuna responsabilità.

GRAZIE A TUTTI COLORO CHE GIÀ FANNO GESTI DI ALTRUISMO

Mamma Gabriella è tra le tante mamme che hanno scelto le bomboniere solidali dei Salesiani per il Sociale: «Come famiglia siamo sempre a contatto con i Salesiani. Una grande grazia! Vogliamo collaborare offrendo un piccolo aiuto per tutti quei bambini che non hanno avuto le nostre stesse opportunità. E la bomboniera solidale è quindi una di queste possibilità». Grazie a tutti! Ad Arturo che, per festeggiare l’anniversario di 45 anni di matrimonio con Vittoria ha scelto questo gesto di solidarietà! Ad Alessandro e Valeria che nella felicità del giorno del loro matrimonio non si sono dimenticati di chi dalla vita ha avuto di meno! Quanti “Grazie!” dovremmo scrivere! Tra i tanti, a mamma Patrizia, a mamma Mariella, a zia Laura che hanno festeggiato la cresima dei loro figli Stefano, Marco e della nipote Eleonora regalando un po’ di speranza a ragazzi meno fortunati! Ed anche a Gabriella che, per celebrare la laurea di sua figlia Chiara, ha scelto un gesto di altruismo! Unitevi a loro e passate parola!

Codice Fiscale 5x1000: Via Marsala, 42 - 00185 Roma tel. 06.49.40.522 - fax 06.44.70.17.12 www.salesianiperilsociale.it info@salesianiperilsociale.it

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Quando un canto sa muovere un cuore. Anzi, molti Scopriamo da vicino quello che rende inconfondibili i canti della nostra fede.

Il mese di Maggio, meraviglia per gli occhi nel rifiorire della natura, meraviglia per la fede, nelle manifestazioni devozionali dedicate a Maria Santissima, si può dire anche meraviglia per l’ascolto. Per chi vive in Valdocco, ma non solo, il mese dedicato alla Madre di Dio si distingue infatti per le sensazioni musicali regalateci dagli inni popolari che possiamo ascoltare durante celebrazioni, processioni, preghiere. Proviamo a comprendere qual è il segreto di questi ritornelli così amati, che creano un’interruzione sonora nelle nostre conversazioni e nei rumori di sempre, riempiendo i cortili di una presenza costante e mai intrusa. PAROLE E MUSICA

Un inno popolare parte da un testo, rivolto a Maria, ad un Santo o ad un mi44

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stero teologico quale la Trinità o la Santa Eucarestia. Se il testo è prioritario, non significa tuttavia che esso nasca “prima” nell’ordine del tempo: può accadere infatti che il compositore musicale sia anche compositore del testo. Felice unione di sensibilità artistica, che dà come frutto una particolare consonanza tra il significato delle parole, più razionale, e il significato della musica, più emotivo. Nel caso che egli parta da un testo dato, magari scritto da un altro, il compositore si ingegna ad intuire le emozioni che possono coesistere con le parole; mentre nel caso che uno stesso autore rediga testo e musica, egli si ritroverà a “saltare questo passaggio”, e ad intuire alternativamente cosa “dire” insieme alle note e cosa “cantare” insieme alle parole. Il risultato sarà una maggiore scorrevolezza dell’inno: immediatamente l’assemblea dei fedeli, ra-


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dunata in chiesa, in processione o semplicemente passando nelle vicinanze, si ritroverà a cantare. È il segno inconfondibile che “qualcosa funziona” magicamente nella composizione. Sono emblematici, a questo riguardo, i lavori di Domenico Machetta, a cui forse senza saperlo siamo felicemente abituati nei nostri ambienti salesiani. LO STILE

Con la musica si può fare ormai di tutto. Insieme alle avanguardie del ‘900, che hanno rotto con qualsiasi regola armonica classica, e perfino con il concetto stesso di suono musicale tradizionalmente inteso, oggi coesistono forme e generi musicali appartenenti ad ogni epoca, dal canto gregoriano alla melodia ottocentesca. E questo solo per fermarci alla cultura europea…cosa che non possiamo fare, dal momento che ci troviamo a contatto con molti continenti geografici e confessionali, dal jazz degli spirituals alle atmosfere africane, dalla cantabilità del Rinnovamento nello Spirito a quella delle Comunità Neo catecumenali. Gli inni popolari si distinguono in questo per alcune caratteristiche: si muovono, per esempio, all’interno di una tonalità precisa, e solitamente costante da principio a fine del brano. La tonalità è un’organizzazione dei suoni sistematica e coerente, basata su una nota fondamentale (chiamata tonica), attorno alla quale la musica si muove creando una tensione di sviluppo (chiamata armonia di sottodominante) e una tensione di conclusione verso la fondamentale (chiamata ar-

monia di dominante). Per non perdersi in troppe parole difficili, basta pensare a quell’invincibile desiderio di concludere il canto a voce spiegata che sempre proviamo al termine di un inno: si tratta di una cadenza perfetta dominante-tonica. È altrettanto caratteristico di un impianto saldamente tonale il fatto di poter arrivare agevolmente alla fine del canto senza…perdersi e stonare, anche a voci scoperte: sono rare infatti le note dette alterate, alzate o abbassate di mezzo tono, sempre un po’ difficili da intonare, e necessarie per introdurre il passaggio ad un altro “mondo” musicale, un’altra tonalità. Segreti della Musica! E perché un canto innamori i cuori, molti cuori, bisogna maneggiare questi segreti con una certa agilità. Un’agilità dello Spirito.

“IL SEGRETO DEL CANTO RISIEDE TRA LA VIBRAZIONE DELLA VOCE DI CHI CANTA E IL BATTITO DEL CUORE DI CHI ASCOLTA.” KHALIL GIBRAN

CLAUDIO GHIONE redazione.rivista@ausiliatrice.net

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Don Bosco “filatelico”

Splendidi francobolli ricordano i 200 anni della nascita del “padre e maestro della gioventù” e l’Ostensione della Sindone.  I 200 anni della nascita di San Giovanni Bosco e la contemporanea Ostensione della Sindone, a Torino, sono stati commemorati anche da varie amministrazioni postali. Innanzi tutto, le Poste Italiane e l’Ufficio Filatelico e Numismatico del Vaticano hanno proposto un’emissione congiunta, cioè soggetto identico, ma diverso nome dello Stato. Il francobollo riproduce il logo del Bicentenario, raffigurante un ritratto del Santo alla cui base sono incastonati il numero 200 ed una fila di giovani esultanti. In entrambi i casi il valore è di € 0,80. Il dentello vaticano è proposto in un accattivante minifoglio da sei esemplari, che nella parte sinistra raffigura la facciata della basilica dedicata a don Bosco, costruita sul colle dove lui è nato, e ripropone cinque sue frasi di colui che papa san Giovanni Paolo II ha definito “padre e maestro della gioventù”. E cioè: «Miei cari, io vi amo con tutto il cuore, e basta che siate giovani perché io 46

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vi ami assai», «Chi prega si occupa della cosa più importante di tutte», «Uno solo è il mio desiderio: quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità», «Studia di farti amare piuttosto che farti temere» e «L’educazione è cosa del cuore». L’AMORE PIÙ GRANDE

Per quanto riguarda l’Ostensione della Sindone è stato il Vaticano ad emettere il primo francobollo sul tema. Infatti, per sottolineare la “particolare testimonianza di un evento dall’alto valore religioso e culturale” ed anche la visita di papa Francesco a Torino, il 19 febbraio ha posto in vendita un dentello che riporta le date dell’evento (dal 19 aprile al 24 giugno scorso), ripropone i tratti somatici del volto impresso sul Lino e il motto della celebrazione L’amore più grande. Il valore facciale è di € 0,95 (valido per spedire dal Vaticano in tutt’Europa una cartolina o una lettera sino a 20 g). Anche le Po-


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ste dell’Ordine di Malta ricordano l’Ostensione proponendo uno splendido dipinto di Cima da Conegliano: il Cristo in pietà sostenuto dalla Madonna, Nicodemo e san Giovanni Evangelista con le Marie, conservato a Venezia, nelle Gallerie dell’Accademia. La tela è riprodotta su tre francobolli da € 2,40 ciascuno, uniti a formare un trittico per complessivi € 7,20. In tutti questi casi sono stati usati speciali annulli con l’indicazione “primo giorno di emissione”. Le Poste Italiane, invece, non hanno emesso francobolli per l’Ostensione 2015, ma hanno proposto un annullo speciale e un blister (ancora in vendita negli uffici postali). L’annullo era disponibile con il giorno d’inizio dell’evento (19 aprile) o di quello in cui lo si richiedeva, e in questo modo diventava ricordo datato del pellegrinaggio. Il blister, invece, comprende il francobollo emesso nel 2010 per la precedente Ostensione, e una riproduzione in miniatura della Sindone su tela di lino, inserita in un riquadro che consente di vedere la riproduzione su entrambi i lati; sul retro, alcuni cenni storici con una riproduzione del Duomo di Torino.

I FRANCOBOLLI CHE NON SONO EMESSI DA POSTE ITALIANE SI POSSONO ACQUISTARE NEI NEGOZI DI FILATELIA, OPPURE RIVOLGENDOSI ALLE RISPETTIVE AMMINISTRAZIONI POSTALI. PER QUELLI VATICANI, CHI È A ROMA PUÒ RECARSI ALL’UFFICIO PELLEGRINI E TURISTI, IN PIAZZA SAN PIETRO; GLI ALTRI A: UFFICIO FILATELICO E NUMISMATICO, GOVERNATORATO, 00120 CITTÀ DEL VATICANO; UFN@SCV.VA. PER LE EMISSIONI DELL’ORDINE DI MALTA, INVECE, L’INDIRIZZO È: POSTE MAGISTRALI DEL SOVRANO MILITARE ORDINE DI MALTA, VIA BOCCA DI LEONE 68, 00187 ROMA.

LORENZO BORTOLIN redazione.rivista@ausiliatrice.net

L’annullo sarà disponibile, sempre presso lo stesso Ufficio Filatelico per il periodo previsto dalle norme, mentre la cartolina commemorativa potrà essere acquisita anche presso il Santuario di Maria Ausiliatrice.

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Dalla casa di Maria alle nostre case

Il tema scelto per il VII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice, che si terrà a Torino e al Colle don Bosco dal 6 al 9 agosto 2015, è in particolare sintonia con il cammino della Chiesa che dedica ben due sinodi alla famiglia e alla quale Papa Francesco sta dedicando da alcuni mesi le catechesi del mercoledì. Anche la Famiglia Salesiana con questo evento del Bicentenario della nascita di don Bosco si sente interpellata e coinvolta da questa sfida antropologica, pastorale ed educativa a cui la Chiesa universale sta dedicando particolare attenzione. Nella scelta della famiglia, con le sue sfide inedite e le grandi risorse, la Chiesa respira a pieni polmoni, per se stessa e per tutta l’umanità, e in essa la 48

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Famiglia Salesiana coglie l’urgente necessità di far dialogare pastorale giovanile e pastorale famigliare. Il vangelo sulla famiglia è la buona novella dell’amore divino che va proclamata a quanti vivono questa fondamentale esperienza umana personale, di coppia e di comunione aperta al dono dei figli, che è la comunità familiare. Il magistero della Chiesa sul matrimonio va presentato e offerto in modo comunicativo ed efficace, perché raggiunga i cuori e li trasformi secondo la volontà di Dio manifestata in Cristo Gesù. «La famiglia è un ambiente in cui si impara a comunicare nella prossimità e un soggetto che comunica, una “comunità comunicante”. Una comunità che sa accompagnare, festeggiare e fruttificare. In questo senso è possibile ripristinare uno sguardo capace di riconoscere che la famiglia continua ad essere una grande risorsa, e non solo un problema o un’istituzione in crisi… La famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli. Non lottiamo per difendere il passato, ma lavoriamo con pazienza e fiducia, in tutti gli ambienti che quotidianamente abitiamo, per costruire il futuro» (Papa Francesco – Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali 2015).


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FAMIGLIA SALESIANA

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CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MARIA AUSILIATRICE

hic domus mea inde gloria mea dalla casa di Maria alle nostre case

EVENTO UFFICIALE DELLA FAMIGLIA SALESIANA FAMIGLIA SALESIANA

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CONGRESSO Anche attraverso il VII Congresso INTERNAZIONALE DI MARIA AUSILIATRICE Internazionalehicdidomus Maria Ausiliatrice mea inde gloria mea dalla casa di Maria alle nostre case la Famiglia Salesiana vuole esprimeEVENTO UFFICIALE DELLA FAMIGLIA re il proprio impegno di SALESIANA accogliere TORINO e promuovere oggi il disegno di Dio 6-9 AGOSTO 2015 PALARUFFINI sulla famiglia, affidando tale causa VALDOCCO CASTELNUOVO DON BOSCO all’intercessione potente di Maria Ausiliatrice dei cristiani e della fawww.mariaausiliatrice2015.org congresso@admadonbosco.org miglia. termine iscrizioni il 31marzo 2015 PIERLUIGI CAMERONI pcameroni@sdb.org

TORINO

6-9 AGOSTO 2015

PALARUFFINI VALDOCCO CASTELNUOVO DON BOSCO

www.mariaausiliatrice2015.org congresso@admadonbosco.org termine iscrizioni il 31marzo 2015

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TORINO

SAN PAOLO Scarti incontrare e custodire l’umanità fraterna Laura Capantini San Paolo, 2015 pagine 128, euro 12,50

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Famiglie in cammino con Maria

Continuiamo a condividere le esperienze di vita di famiglie che fanno parte dell’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA) o ne sono simpatizzanti. Queste condivisioni vogliono anche accompagnare la preparazione al VII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice che sarà celebrato a Torino e al Colle don Bosco dal 6 al 9 agosto del 2015. ABBIAMO PRESO MARIA IN CASA

Da quando abbiamo lasciato entrare Maria nella nostra casa è cambiata la modalità di approccio a qualsiasi problema, dal lavoro alle relazioni, dalle gioie alle difficoltà della vita. Fare nostra l’esperienza di vita di Maria ha aumentato in noi la tenacia nelle difficoltà, al pensiero di come era Lei sotto la croce. Guardare a Maria e Giuseppe ci ha fatto crescere nel vivere meglio l’essere uomo/donna, e nel vedere i figli non più come una proiezione delle nostre aspettative ma un dono da accogliere. Anche le relazioni con i genitori sono cambiate: amati, accuditi e presi per quello che sono con pazienza, amore, rispetto e gratitudine. 50

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Nelle relazioni anche più difficili, di vicinato, di lavoro, abbiamo imparato a ricercare soluzioni in Dio, al di là degli schemi e di ciò che il nostro primo impulso poteva suggerire, affidando alla Provvidenza anche gli eventi che umanamente possono sembrare negativi. Il rosario è diventato la nostra preghiera di famiglia e riempie tutti gli spazi delle nostre giornate. Anche verso la Chiesa è cresciuto un atteggiamento di misericordia per tutte le cose che ci possono urtare e di gratitudine per quanto abbiamo ricevuto e riceviamo ogni giorno dal dono dei sacerdoti, soprattutto il Dono incommensurabile dell’Eucaristia. Vivendo ogni giorno la presenza eucaristica nei nostri cuori possiamo rilanciare in ogni momento della giornata l’amore di Gesù per le persone, offrendo ogni piccola azione e ogni sacrificio. E quando riusciamo a vivere queste cose siamo davvero più felici! Ad esempio io, Rosanna, non capivo perché Daniele


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dovesse dare tanta importanza a cose che per me sono assolutamente secondarie. Maria con il suo atteggiamento di accoglienza mi ha insegnato che l’importante nella mia vocazione di sposa è “sposare” con amore quello che piace a lui: in questa rinuncia al mio io si è potuta riversare la Grazia di Dio. Io sono più serena, ho deposto le armi della rivendicazione e della rabbia, e Daniele è più felice e disponibile all’ascolto. L’amore fra di noi è cresciuto davvero! Rosanna e Daniele MARIA CAMMINA CON NOI

In questi anni di cammino con le famiglie dell’ADMA abbiamo ricevuto moltissimo come sposi e come famiglia. Abbiamo approfondito grazie ai sacerdoti, visto nelle altre coppie e sperimentato in noi la bellezza e la grandezza del dono di Dio che è il matrimonio. Abbiamo riscoperto la presenza di Gesù nell’Eucaristia e la spinta a crescere che riceviamo con la Confessione. Abbiamo imparato che Maria ci ama, cammina con noi e ci tiene per mano. Come genitori abbiamo compreso che tanto è sterile preoccuparsi quanto fecondo affidare i figli alla Mamma che meglio di noi li ama e li custodisce. Con gli alti e i bassi di ogni cammino, proviamo a mettere in pratica nel quotidiano ciò che abbiamo ricevuto. Cerchiamo di crescere nella fedeltà ai momenti di preghiera personale e insieme ai figli. Cerchiamo di migliorare nella capacità di testimoniare con semplicità l’amore di Gesù e Maria in parrocchia, nei corsi per fidanzati, con gli amici, con i genitori dei compagni dei nostri figli. Un dono che ci è rimasto particolarmente nel cuore è stato ospitare per una settimana la “capelita” con la statua di

Maria Ausiliatrice. Abbiamo sentito molto la sua presenza con noi, tanto che abbiamo poi deciso di proporre un’analoga esperienza ai gruppi di famiglie della nostra parrocchia, sperimentando anche in questa occasione i segni tangibili della sua premura materna. A lei vogliamo affidarci sempre di più, con il suo aiuto vogliamo crescere nell’amore e nell’unità fra noi e con Gesù. Mariangela e Gian Luca ADMA FAMIGLIE redazione.rivista@ausiliatrice.net

“VIVENDO OGNI GIORNO LA PRESENZA EUCARISTICA NEI NOSTRI CUORI POSSIAMO RILANCIARE IN OGNI MOMENTO DELLA GIORNATA L’AMORE DI GESÙ PER LE PERSONE, OFFRENDO OGNI PICCOLA AZIONE E OGNI SACRIFICIO”. ROSANNA E DAVIDE

ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE

www.admadonbosco.org LUGLIO-AGOSTO 2015

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GIOVANI

Una fede visibile, credibile, feconda  Ci sono momenti della vita, di ogni vita, che si ricordano come rivoluzionari. Quanti adolescenti trascinano la loro vita giorno dopo giorno, non riescono a concludere niente, non fanno esami, non hanno sogni... e poi all’improvviso... eccoli lì che fanno tre esami in un mese, si alzano presto, sono pieni di entusiasmo. Che è successo? Hanno incontrato una ragazza e tutto è diverso. Potere di una persona che riempie la vita di significato: bella e carica! Qualcosa di simile capita anche a tanti cristiani. Conducono una vita scialba, preghiere distratte, messe infilzate una all’altra senza entusiasmo, confessioni generiche, gruppo oratoriano tanto-per-passare-il-tempo e i giorni vanno avanti così. Poi un bel giorno il sole entra nella loro vita e tutto cambia. Anche gli apostoli erano così, andavano dietro a Gesù senza crederci, magari sognando un piccolo posto nel suo «regno», era-

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no smunti, e di fronte alla sua morte spariscono di paura e vivono di ricordi delusi. Ma poi… Ricordate san Paolo? FARE PASQUA

Guardiamoci allo specchio: somigliano più agli apostoli prima della risurrezione o più a loro dopo la Pasqua e la discesa dello Spirito? Ahimè! Quante “pasque”… inutili! Cos’è che manca perché mi alzi quella mattina e senta la gioia di esserci con la voglia di cantarlo quell’”alleluja” che in genere biascico senza calore? Se “fare-Pasqua” vuol dire “fare-un-passaggio” chi, che cosa, come, quando potrebbe capitare? Ci sarà un giorno la “mia” Pasqua, il mio passaggio? Riuscirò a passare dalla morte alla vita? Dalla mediocrità alla grinta? Dal letargo al risveglio? Dalla tristezza alla gioia? Da gregario a protagonista? Da anonimo a conquistatore? Insomma


GIOVANI

riuscirò a dire “sono risorto” e sentirmelo anche dire: «perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»? (Lc 15,24). Mi piacerebbe far felice Dio: «ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove…»? (Lc 17,7). A volte mi guardo intorno e vedo tristezza e noia. La vedi anche tu? Mentre con la bocca diciamo alleluja, con il cuore ci sentiamo appesantiti e fuori da quella leggerezza e freschezza di chi “esce dal sepolcro”. Che fede facciamo vedere? Una fede non è tale se non è “visibile” e attraente anche nei piccoli segni quotidiani. FERMI AL VENERDÌ SANTO

Che fatica a mollare il venerdì santo. Come ci piace accarezzare e baciare il Cristo morto e consolare l’addolorata. Ci sentiamo a casa nostra. Quanto lontani dalla gioia della risurrezione. Pensiamo agli apostoli. «Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono» (Mt 28,17). «Li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto» (Mc 16,14). «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele…» (Lc 24,21). «Gli dissero: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli (Tommaso) disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi…» (Gv 20,25.29). Non è una fede “credibile”.

demòni, parleranno lingue nuove, imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,15-18). Una fede “feconda”: «Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila» (Atti 4,4). Una fede che affascina non una fede che indottrina, ammaestra… Una fede che trascina. Smettiamola di infilare messe su messe senza smuoverci dalle nostre tristezze. Fermiamoci e chiediamoci che cos’è che non ci fa fare Pasqua? Perché non vogliamo fare la gioia di Dio smettendola di considerarci tra i 99 cristiani anagrafici, rassegnati e tristi, per diventare quell’“uno convertito” pieno di gioia che diventa testimone visibile, credibile e fecondo e «chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me». Quel giorno sarà Pasqua, finalmente! Coraggio! GIULIANO PALIZZI palizzi.rivista@ausiliatrice.net

“LA CHIESA NON È UN RIFUGIO PER GENTE TRISTE, LA CHIESA È LA CASA DELLA GIOIA! MA QUELLA DEL VANGELO NON È UNA GIOIA QUALSIASI. TROVA LA SUA RAGIONE NEL SAPERSI ACCOLTI E AMATI DA DIO”. PAPA FRANCESCO

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«Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i

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GIOVANI

Il dramma del dominante moralismo ineducante moderno ERMETE TESSORE redazione.rivista@ausiliatrice.net

La cronaca dei quotidiani è il riflesso della realtà sociale della moderna società 2.0. La stampa è sempre attenta a cogliere e riportare tutto quanto succede nel variopinto mondo giovanile. È vero che l’educazione non la si racconta ma la si costruisce giorno dopo giorno in un estenuante sforzo personale radicato nella capacità di intuire, nella sfibrante testimonianza della coerenza radicale, nel perenne aggiornamento, nella capacità di creare nuove sfide e di aprire nuovi orizzonti di vita, nell’intelligenza del desossidare le incrostazioni che la storia apporta a valori e metodi educativi, nel coraggio dell’ag54

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giornamento tecnologico. Pur tenendo conto che fa più rumore un albero che cade che non una foresta che cresce, ultimamente l’educazione dei giovani è balzata quotidianamente all’onore delle prime pagine dei media scritti sollevando inquietudine e seri interrogativi. Gli episodi narrati riguardano svariati aspetti della vita moderna. Mi atterrò a quelli che toccano i settori che, da sempre, sono considerati i principali agenti di educazione. LA SCUOLA EDUCA ANCORA?

La scena si svolge nei dintorni dell’Expo milanese. Un’Expo dominata dallo sfarzo della moderna tecnologia non può non attirare l’attenzione dei giovani. E così, giustamente, la 5.a sez. E del liceo scientifico Nievo di Padova decide di orientare la gita scolastica nella sua direzione. La visita è un successo. Si sa che la tecnica riempie gli occhi e scatena la fantasia. Gli obiettivi culturali vengono tutti centrati brillantemente. I guai cominciano fuori dell’Expo dove la buona educazione, la ma-

turità, il senso di responsabilità, la capacità di gestire con intelligenza i momenti di libertà e di svago dovrebbero caratterizzare il comportamento di ragazzi tutti maggiorenni. Invece ci scappa un morto tra la generale indifferenza condita da un clima di pesante ed incomprensibile omertà. È una tragedia che dovrebbe avere effetti dirompenti in termini educativi. Invece nulla. Agghiacciante. Ma ancora più shoccante è la relazione depositata da uno dei professori accompagnatori: «La classe, con sincera partecipazione ed entusiasmo, ha contribuito al buon esito della visita all’Expo». Nessun accenno al defunto Domenico, al comportamento omertoso dei compagni, all’indifferenza della scuola al momento delle esequie, alla disperazione dei genitori, all’incapacità di creare relazioni di amicizia e di sostegno anche tra ragazzi appesantiti da un benessere che rende disumani in un dilagante egotismo. Se questa è l’eccellenza educativa fornita dalla scuola più prestigiosa di Padova, cosa succede in scuole meno blasonate e titolate?


Lo sport è sempre stato presentato come luogo privilegiato di educazione e di formazione. La cronaca quotidiana dimostra che, oggi, sostenere questa verità, diventa sempre più un azzardo improponibile. Anche in questo campo la corruzione ha toccato i sommi responsabili delle attività sportive. La notizia che Joseph Benjamin Sepp Blatter, presidente della FIFA, ha rassegnato le dimissioni pochi giorni dopo la sua quinta rielezione ha fatto il giro del mondo in pochi secondi. Alla base di questa decisione ci stanno diversi milioni non di buoni motivi ma di euro intascati. Lo sport non si pratica più in nome di mens sana in corpore sano, ma per un robusto conto in banca alla faccia dell’onestà. Sempre più frequentemente si fa sport solo per interessi economici. La vittoria pulita, frutto di una grande dedizione e capacità di sacrificio, sembra un lontano ricordo. Ora il messaggio che passa è: la fama, miniera inesauribile di ricchezza, si deve ottenere con ogni mezzo dal doping alla corruzione, dalla compravendita alla subornazione. È penoso, nei fine settimana, frequentare i campi da cal-

cio animati da ragazzini. In loro si possono cogliere atteggiamenti da grandi infarciti di simulazioni, violenze verbali, atteggiamenti da bulli sostenuti in maniera becera dal tifo spettrale di genitori irresponsabili. L’AFFETTIVITÀ È FINALIZZATA ALL’EDUCAZIONE?

Uno slogan che va per la maggiore è life is short, have an affair (la vita è breve, fatti un’avventura). Nella vita contemporanea i tempi di reazione diventano sempre più brevi. Avere una storia seria richiede troppo tempo e consuma troppe energie. È meglio ottimizzare il tempo per vivere l’istante che fugge. I media ci raccontano che abbiamo sdoganato tutto. È arrivato il momento di sdoganare anche la famiglia, la fedeltà coniugale, l’indissolubilità matrimoniale, la monogamia, la poliandria… Anche in questo i giornali si mostrano informati. Il signor Noel Biderman ha deciso, visto il notevole successo ottenuto, di quotare alla London Stock Exchange la sua agenzia web che promuove gli incontri extra coniugali nell’anonimato più assoluto. Accanto ad essa, come funghi, sono sbocciate altre agenzie, in diverse nazioni del mondo occidentale, gratuite per

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IL MONDO DELLO SPORT È ANCORA MENS SANA IN CORPORE SANO?

le donne e a pagamento per gli uomini, che hanno come target chi, sposato o no, è in cerca di dolce compagnia senza impegno. Le statistiche dicono che un italiano su quattro apprezza tale servizio. Nel Bicentenario della nascita di don Bosco sarebbe bello sapere quale sarebbe la reazione sua di fronte a questa modernità. In che cosa farebbe consistere l’educazione finalizzata a formare «buoni cristiani ed onesti cittadini»? È una riflessione che forse dovrebbe essere elaborata ed approfondita durante le celebrazioni in corso.

“DOBBIAMO DIVENTARE INTRANSIGENTI SULL’EDUCAZIONE ALLA GRATITUDINE, ALLA RICONOSCENZA: LA DIGNITÀ DELLA PERSONA E LA GIUSTIZIA SOCIALE PASSANO ENTRAMBE DA QUI. SE LA VITA FAMIGLIARE TRASCURA QUESTO STILE, ANCHE LA VITA SOCIALE LO PERDERÀ”. (PAPA FRANCESCO, UDIENZA GENERALE DEL 13 MAGGIO 2015 IN P.ZA S. PIETRO)

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DON BOSCO OGGI

Pesche Margherita ANNA MARIA MUSSO FRENI redazione.rivista@ausiliatrice.net

In alcune ricorrenze, come la festa di sant’Antonio, san Giorgio, santa Lucia, si usa distribuire ai fedeli, al termine di una funzione religiosa, il pane benedetto, che si regala poi alle persone care, ai malati, o si conserva devotamente per tutto l’anno. A Castelnuovo probabilmente il pane si benediceva anche nelle Messe ordinarie con una certa frequenza. Margherita Occhiena ogni giovedì si recava in paese per vendere i prodotti dell’orto e le uova delle sue galline e tornava ai Becchi portando, con gli altri acquisti, il pane benedetto, dono atteso con impazienza da Giovanni e Giuseppe, premio al buon comportamento tenuto dai ragazzi durante l’assenza della mamma. Ai Becchi, più che in altri luoghi salesiani, si respira l’aria di Mamma Margherita. Qui lei è presente non solo nella grande statua che la raffigura, ma nelle massime e nelle citazioni proverbiali illustrate e inquadrate nella casetta, accanto agli oggetti di uso quotidiano della piccola cucina o agli attrezzi agricoli conservati nel Museo. Non è difficile immaginarla intenta ad impastare il pane, a cucinare rustici piatti accanto al camino, interrompere il lavoro per inginocchiarsi e pregare al suono delle campane. E, chiudendo gli occhi, si può immaginare anche la distesa di vigneti che copriva il Colle, proprio dove oggi si distendono cortili, spazi di divertimento e di riflessione e il grande tempio. E non è difficile immaginare in quelle vigne gli alberi di pesche selvatiche, adatte a preparare un semplicissimo dolce che potrebbe avere il nome della mamma di don Bosco. Certo, Margherita è il nome di una celebre pizza, battezzata così in onore dell’omonima regina. In onore di una donna molto più semplice, ma forse più grande battezziamo Margherita questa specie di macedonia.

4 grosse pesche 1 manciata di amaretti 1 cucchiaio di cacao 1 cucchiaio di zucchero

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Sbucciare e tagliare a pezzi le pesche. Metterle in una casseruola; aggiungere un cucchiaio di zucchero e cuocerle a fuoco lento. A metà cottura aggiungere il cacao e gli amaretti sbriciolati. Cuocere finché le pesche siano morbide. Servire ghiacciato: ha il sapore di un gelato casalingo.


Dio benedica e ricompensi largamente la carità dei nostri benefattori. Don Bosco

Ci uniamo a don Bosco nel ringraziare tutti Il 19 dicembre 1887 gli abbonati dellaper Rivista in Don particolare i benefattori. l’ultima e volta Bosco si sedette alla scrivania Senza il vostro aiuto non potremmo continuare e con fatica scrisse alcune frasi, a offrire questa come la presente,pubblicazione. su immagini che mandare Lasi volevano Redazione ai Benefattori. Se non sei ancora abbonato/a a questa rivista e desideri riceverla in

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“Come Don Bosco, Con i Giovani, Per i Giovani” 10-16 agosto 2015 Torino e Colle Don Bosco

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