MARIA AUSILIATRICE R I V I S T A
D E L L A
B A S I L I C A
D I
T O R I N O – V A L D O C C O
m bre
m b r e - di
ce
ve
617
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27–02–2004 n. 46) art. 1, comma 1 NO/TO
no
# NATALE,
CON GLI OCCHI DI MARIA
6 C OLLABOR ATORI DI DIO, NON PROTAGONISTI. DON CRISTIAN BESSO
10 GESÙ È IL VERO PERSONAGGIO DELL’ANNO. MARCO BONATTI
28 DIO È SEMPRE IN OR ARIO.
ISSN 2283–320X
GIULIANO PALIZZI
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
MARIA AUSILIATRICE R I V I S T A
D E L L A
B A S I L I C A
D I
T O R I N O – V A L D O C C O
Per richiedere una copia della Rivista: A: 3202043437 rivista Mario Rossi, Via Verdi 12 – 10150 Torino
PUOI INVIARCI UN SMS ANTEPONENDO LA PAROLA rivista AI TUOI DATI ANAGRAFICI AL NUMERO 320.2043437
PUOI MANDARCI UNA EMAIL ALL’INDIRIZZO: diffusione.rivista@ausiliatrice.net
PUOI INVIARCI PER POSTA, IL CEDOLINO COMPILATO CON I TUOI DATI ANAGRAFICI ale rrente post Il conto co ni numero, og in o rit inse e all’ufficio mentre serv e etichetta com spedizione ole facilitare , vu di indirizzo volesse fare e il lettore ch un’offerta. CO
ri ric ever
busta sp ed isc i in
Mario Rossi Verdi ino 10100 si@rTor si.it s o mros
NOME ___ GNOME E
VIA ___ ___
___ ___ ___
CAP ___ ___
___ ___ ___
___ ___ ___
___ ___ ___
___ E-MAIL ___
e la riv is ta
o email a:
via fax 2 To rin o e 32 – 1015 Au si lia tr ic ce.net ia ar x, M bo a il Vi tri com pila tr ic e – @ ausilia ar ia Au si lia ail: diffusione.rivista Ri vi st a M 24677 – em 100 0002 1059 Fa x: 011.52 6 0101 0000 offerte : : IT 15 J 07 iatrice sil AN IB Au Per le tue – ia 00 ar to n. 210591 ntuario M bb onamen BancoPosta ario intestato a: Sa trice.net /a nc ista.ausilia assegno ba al : ht tp:// riv yP Pa su ___ ___ ___ ___ ___ ___ Credit Card
Se de si de
__ CIT
___ ___ ___
___ ___ ___
___ ___ ___
___
___ ___ ___ ___ ___
___ ___ ___
___ ___ TÀ ___ ___
___ ___ ___
___
___ ___ ___
___ ___ ___
AZ. ___ ___ ___ FR ___ ___ ___
___ ___ ___
___ ___ ___
chiusa e af
___ ___ ___
___ ___ ___
franc ata o
___ ___ ___
___ ___ ___
___ ___ ___
___
NO ___ __ TELEFO ___ FIRMA ___
___ ___ ___
___
___ ___ ___
___ ___ ___ ___ ___
_________
___
___
12 14/11/74
___ ___ ___ __ N. ___
___ __ PROV. ___ ___ ___
___ ___
___ ___ __
___ ___ ___ ___ ___ ___ ___ ITA ___ ___ A DI NASC ___ ___ _ DAT ______ _________ ___ ___ _________ _________ _________
0115224100
___ ___ ___
___ ___ ___
___ ___ ___ ___ ___
Grazie.
rivista.ausiliatrice
A TUTTO CAMPO © Nino Musio
Quella notte a Betlemme Racconto di Natale, con gli occhi di Maria
Buon Natale a tutti voi! Questa volta ho pensato di raccontarvi un pezzo della mia vita, con parole adatte ai vostri tempi. Un giorno Giuseppe rientra dalla sinagoga. Giuseppe è il mio sposo: fa il falegname ed è buono e paziente. Ebbene, quel shabbat arriva impensierito. Dice: «I poveri pagano sempre per tutti». Lui è sempre stato di poche parole, così penso che qualcuno non voglia pagargli qualche lavoro. Lui continua: «Hanno detto che l’imperatore vuol fare un censimento». Non è bello sapere in quanti siamo rimasti ebrei? Risponde: «Sapere quanti siamo significa anche
sapere quante coorti romane devono stare qui, quante tasse ci faranno pagare... E finisce che gli amici e gli amici degli amici pagano niente, e noi invece...». Non è una novità. Così, oltre alla tassa per il Tempio, avremo nuovi tributi da dare a Cesare. Aggiunge: «Non basta. Siccome io sono della famiglia di Davide, dovremo farci registrare a Betlemme». Lo guardo stralunata. Sino in Giudea? Ma io sono incinta! Questione di giorni e nasce il bambino, anzi il Bambino. Come posso fare il viaggio in queste condizioni? Dove dormiremo? Come mangeremo? Non meravigliatevi di queste mie domande. So
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
1
A TUTTO CAMPO
che la potenza dell’Altissimo è su di noi, ma un po’ di concretezza (femminile) non penso disturbi. Lui allarga le braccia: «Prepariamoci». Mi guardo attorno. Poche cose: una tunica e uno scialle di ricambio, le fasce da neonato, un otre per l’acqua durante il viaggio, un po’ di fieno per il nostro asino... Accostiamo la porta di casa. E via. Senza parole.
2
MARIA AUSILIATRICE N. 6
UNA GROTTA PER RIPOSARSI
Non vi racconto il viaggio. Da Nazareth a Betlemme sono grosso modo i vostri 150 chilometri. Tutti su mulattiere, sassose e tortuose proprio perché collegano villaggi e campi. Eppure scelte perché lontane dalla più rischiosa strada litoranea o da quelle montuose della Samaria. Certo, in due-tre villaggi
qualche donna mi ha offerto un pezzo di pane azzimo e da bere, ma il viaggio è da dimenticare. E il bello, si fa per dire, deve ancora arrivare. Quando finalmente entriamo a Betlemme, troviamo il caos. E l’albergo, anzi il caravanserraglio? Ai lati poche stanze già tutte occupate, un porticato per riparasi dal freddo della notte, e le bestie mescolate nel cortile in mezzo. Gente che mangia, che canta, che parla di soldi e dei romani. Sudiciume. Odori di ogni tipo. Giuseppe si guarda attorno, amareggiato. Non se l’aspettava così la “sua” Betlemme. «Andiamo via», dice. Di nuovo sull’asino. Anche la nostra bestia sognava un po’ di riposo e invece... Poco fuori dal villaggio un uomo ci indica una grotta. Ci sistemiamo come possiamo. C’è anche un bue. Ci riscaldiamo al suo calore. Per fortuna non c’è la confusione di prima.
PROPRIO ADESSO L’INCREDIBILE
Giuseppe e io tiriamo un sospiro di sollievo: sinora tutto è andato bene. Proprio mentre stiamo per addormentarci, ecco le doglie. Proprio adesso, mi vien da dire. E pochi minuti dopo, eccomi con il mio, scusate, con il nostro Gesù tra le braccia: un fagottino che strilla, da fasciare subito. Sono spossata. Lo sistemo nella mangiatoia: il bue e il nostro asinello lo riscaldano con il loro calore. Non mi sembra vero: questo “mio” bimbo, nato in queste condizioni, «sarà chiamato Figlio dell’Altissimo e il suo regno non avrà fine». Com’è possibile? Anche Giuseppe è attonito: intuisce che è accaduto qualcosa di straordinario. IL PASTORELLO CON IL REGALO
Mentre tutti e due siamo
ancora indaffarati, arrivano alcuni pastori. Un altro imprevisto, penso. Non vorrei ci mandassero via. Si avvicinano, e mi preoccupo: noi ebrei li consideriamo impuri per il loro lavoro. Invece ci raccontano di angeli e di luci, e capiamo – sì, capiamo, ma con quanta fatica! – che stiamo vivendo qualcosa di incredibile. Loro, gli impuri, sono i primi a vedere Gesù: dunque, basta differenze tra gli uomini. Un pastorello all’ingresso della grotta ci guarda cercando di non farsi notare. Gli faccio segno di avvicinarsi. «Non ho niente da darvi – sussurra dispiaciuto – Sono l’unico a mani vuote!». Allora, gli dico, mentre io preparo le fasce per cambiare Gesù, tu tieni il Bambino tra le braccia. Un sorriso gli esplode in viso e piange di gioia: lui, senza doni, è il primo a ricevere il Regalo dell’Altissimo. Un altro segno. Forse anche per questo, adesso anch’io
sento gli angeli cantare «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». Giuseppe mi guarda. La sua mano destra stringe forte la mia. Piangiamo. Sì, piangiamo di gioia anche noi. E dopo?, mi chiederà qualche lettore. Una maternità mica facile la mia. Tutti e tre scappiamo subito in Egitto, a causa di Erode. Poi, torniamo a Nazareth e lì rimedito a tutte queste cose. Quello che è successo dopo, ve lo racconterò un’altra volta. Per adesso, buon Natale a tutti voi e alle vostre famiglie. P.S. – Cari amici, se questo racconto vi è piaciuto, leggetelo insieme ai vostri figli e nipotini. Alla fine, fate loro una carezza e dite a ciascuno: «Maria, la mamma di Gesù, è Ausiliatrice: vuole bene a Lui come a te. Sì, proprio come a te». DA UN’IDEA DI LORENZO BORTOLIN redazione.rivista@ausiliatrice.net
F.W. NIETZSCHE, La gaia scienza, in ID., Opere filosofiche, vol. I, Utet, Torino 202, 206-207. 2 Ibid., 207. 3 Cf. PLATONE, Apologia di Socrate 38A. 4 F.W. NIETZSCHE, La gaia scienza, 93. 5 L’espressione, probabilmente orale, è citata sovente da Carlo Maria Martini. Si veda C.M. MARTINI, Le cattedre dei non credenti, Bompiani, Milano 2015, 195. 6 Gen 3,9. 7 A.J. HESCHEL, L’uomo alla ricerca di Dio, Qiqajon, Magnano (VC) 1995, 18. 8 Cf. G.W.F. HEGEL, La fenomenologia dello spirito, vol. I, La Nuova Italia, Firenze 1984, 25. 9 Cf. J. WERBICK, Essere responsabili della fede. Una teologia fondamentale, Queriniana, Brescia 2002, 40. 10 J.-P. SARTRE, L’Etre et le Néant. Essai d’ontologie phénoménologique, Gallimard, Poitiers 1966, 708. 11 Cf. R. LAURENTIN, Dio esiste. Ecco le prove, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1997, 11-12 1
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
3
12
16
CARLO MIGLIETTA
23
EZIO RISATTI
A TUTTO CAMPO 1 QUELLA NOTTE A BETLEMME REDAZIONE
ANNA MARIA MUSSO FRENI
16 UOMO, CREATURA NATA PER L’IMMORTALITÀ EZIO RISATTI
18 SAN MICHELE, L’AGO DELLA BILANCIA E LA SPADA DI DIO
RETTORE 6 ATTENDERE, PAZIENTARE
STEFANO UGOLINI
20 NEL NOME DI DIO ONNIPOTENTE
CRISTIAN BESSO
MARIO SCUDU
LA PAROLA 8 L’IMPREVEDIBILE POTENZA
22 COME EREMITI NEL CUORE PULSANTE DELLA CITTÀ CARLO TAGLIANI
MARCO ROSSETTI
10 GESÙ È IL VERO PERSONAGGIO DELL’ANNO
23 DOMENICA È SEMPRE DOMENICA?... ANNA MARIA MUSSO FRENI
MARCO BONATTI
CHIESA E DINTORNI 12 INVECCHIARE SECONDO DIO CARLO MIGLIETTA
LA FEDE ALLA PROVA DEL DUBBIO
h
ROBERT CHEAIB
24 M ARIA, MADRE DEL SALVATORE, CI AMA COME SIAMO
26 M ADRE A 360° FRANCESCA ZANETTI
domus mea ic
Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)
Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino
PER SOSTENERE LA RIVISTA:
Direttore responsabile: Sergio Giordani
Collaboratori: Federica Bello, Lorenzo Bortolin, Ottavio Davico, Marina Lomunno, Luca Mazzardis, Lara Reale, Carlo Tagliani
Intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice via Maria Ausiliatrice 32, 10152 Torino
Foto di copertina: Archivio RMA
BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX
Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21–4–80
4
MARIA
ANGELO DI MARIA
14 OLTRE LA MORTE DI DIO.
de g a me lor i
a
in
MARIA AUSILIATRICE N. 6
Progetto Grafico, impaginazione ed elaborazione digitale immagini: at Studio Grafico – Torino Stampa: Higraf – Mappano (TO)
Archivio Rivista: www.donbosco–torino.it
BancoPosta CCP n. 21059100
IBAN: IT 15 J 07601 01000 0000210529100
FRANCESCA ZANETTI
26
ADMA
GIOVANI 28 UNA FEDE “IN-CARNATA”
32
I
POSTER
42 DON PIETRO MELLANO:
«DIAMO A TUTTI UN’OPPORTUNITÀ DI INSERIRSI NEL MONDO DEL LAVORO IMPARANDO UN MESTIERE»
GIULIANO PALIZZI
MARINA LOMUNNO
DON BOSCO OGGI 30 IL PRODIGIO DI LISBONA
43 A MARO DELLA CASA ANNA MARIA MUSSO FRENI
LA REDAZIONE
32 ADMA FAMIGLIE PRACHARBON 2017 ADMA FAMIGLIE
34 QUESTA È LA MIA CASA,
IN MEMORIA 44 GRAZIE DON CORRADO! MARIO SCUDU
DA QUI LA MIA GLORIA! PIERLUIGI CAMERONI
36 ONESTI CITTADINI E BUONI CRISTIANI LA REDAZIONE
POSTER
POSSIAMO ANCORA SORRIDERE? MARIO SCUDU
38 TRENTASEI ANNI DI MISSIONE. E NON SENTIRLI... CARLO TAGLIANI
40 “DIACONI BEATI E SANTI”
da venerdì 8 dicembre 2017 a domenica 7 gennaio 2018
CAMILLA FURNO
18a Mostra dei Presepi Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commercialeCondividi allo stesso modo 3.0. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Rivista Maria Ausiliatrice, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. CC BY-NC-SA 3.0 IT
Domenica, festivi e prefestivi: ore 9,00-13,00; 15,30-19,00 RivMaAus
rivista.ausiliatrice
Foto FOTOLIA: Bacalao (23); Konstantin Sutyagin (26); ALTRI: Archivio RMA (2-3,10-11,14,16-20,22,24-25,27-29,31, 40); Andrea Cherchi (6); Milla1974 (8); Bloom Productions (12); Fotografohdr.com (30); ADMA Primaria (32-35); CNOS-FAP Piemonte (36); Missioni don Bosco (38-39); Mondadori Press (44)
Giorni feriali: ore 15,30-18,00
INGRESSO LIBERO facilitato ai disabili
info: 347 5144183 338 4247210 csdm.valdocco@gmail.com per comitive-scolaresche: accoglienza@valdocco.it
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
5
RETTORE
Attendere, pazientare Come ogni bimestre ci sembra molto bello raccontarvi alcune impressioni sul tempo che è trascorso qui in Basilica. Siamo stati molto felici di poter celebrare due ricorrenze care a tutta la famiglia salesiana. L’8 settembre undici novizi salesiani hanno emesso per la prima volta la professione religiosa nella Congregazione salesiana. È davvero significativo celebrare questo momento di festa e preghiera a Valdocco, dove la Congregazione di don Bosco è nata nel 1859. Questi giovani salesiani sono il segno della fecondità della vita religiosa salesiana e della bellezza del nostro carisma. In un tempo segnato da una vita ecclesiale meno appariscente, i giovani sentono certamente ancora il fascino della radicalità e del richiamo alla gratuità massima del Vangelo: tale realtà apre i nostri cuori alla speranza e ci stimola alla preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione. Domenica 24 settembre, poi, il Rettor Maggiore ha consegnato il crocifisso missionario a 22 Salesiani e 15 6
MARIA AUSILIATRICE N. 6
Figlie di Maria Ausiliatrice: essi andranno in tutto il mondo per affidare ai giovani la carità dell’educazione e per essere testimoni umili del Vangelo e segno di comunione. Unitamente a questi momenti di sincera gioia, venerdì 22 settembre don Ángel Fernández Artime, ha presieduto l’eucaristia di intercessione per il funerale dell’architetto Gian Piero Zoncu, giovane professionista che, da quindici anni almeno, seguiva con passione il restauro e la manutenzione ordinaria del complesso architettonico della Basilica. La nostra Chiesa gremita e la presidenza del successore di don Bosco sono stati il segno della riconoscenza e della gratitudine che tutta la comunità salesiana ha espresso ad un uomo di profonda
RETTORE
umanità ed autentica fede, stroncato ancora in giovane età da un male incurabile. La preghiera e le condoglianze alla famiglia, anche della Rivista, sono ulteriormente il segno della sincera stima di ciascuno di noi. IL RESTAURO DELL’ORGANO
Con l’inizio di ottobre chi veniva in Basilica sentiva come uno sfondo di martelli e sibili; erano il continuo sfondo musicale delle navate, segno che il restauro del grande organo, stava giungendo quasi alla conclusione. Questi lavori saranno inaugurati con il nuovo anno liturgico, e vogliono essere il dono tangibile di molti benefattori alla Vergine Maria in occasione del 150° anniversario della consacrazione della Basilica. Se novembre è il mese particolarmente propizio per riflettere sull’impegno alla santità, come specifico della vocazione cristiana, ci pare bello ricordare che la vita liturgica del santuario è stata allietata dalla presenza temporanea di tre reliquie significative: le stampelle miracolose del beato Luigi Novarese (in occasione del 70° anniversario di fondazione dei Volontari della sofferenza), ed i frammenti ossei della beata Maria degli Angeli (monaca carmelitana della fine del XVII sec., di cui don Bosco scrisse la vita ) e del neo-beato Titus Zeman (salesiano e martire slovacco per le vocazioni). GLI AUGURI DEL RETTORE
Concludo offrendo a ciascuno l’augurio più sincero di tutta la comunità salesiana, per il cammino di avvento e in prossimità delle festività natalizie: ci sentiamo di augurarvi la mite pazienza di Maria. Come Lei anche noi vogliamo far maturare nel nostro cuore la capacità di attendere e di pazientare. Non sono perdite di tempo o inoperosità insensate. “Attendere
e pazientare” significa avere coscienza che si è collaboratori di Dio, e non protagonisti assoluti e superbi della storia. “Attendere e pazientare” sono i verbi di coloro che sanno crescere nella condivisione dei loro progetti e che si sentono parte di un piano più ampio, che non assolutizza il singolo a scapito degli altri. La santa attesa di Maria sia anche quella del nostro intimo, che dopo avere ricercato il Signore, ed aver camminato nel bene possibile, si dispone all’incontro gratuito e a lasciar spazio all’inatteso del Signore che viene. Vivremo così come credenti, testimoni della pace del cuore, che sanno offrire a chi ci incontra ascolto e sincera consolazione: veri doni natalizi! DON CRISTIAN BESSO RETTORE rettore.basilica@ausiliatrice.net
PER QUESTE FESTIVITÀ VI AUGURIAMO IL DONO DELLA MITE PAZIENZA DI MARIA
è la nostra foresteria per ospitare: singoli, famiglie, piccoli gruppi; pellegrini
UFFICIO ACCOGLIENZA
tel. 011.5224201 – fax: 0115224680 accoglienza@valdocco.it www.accoglienza.valdocco.it NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
7
LA PAROLA
L’imprevedibile potenza Gesù ama parlare usando contrasti e sproporzioni. Entrambi colpiscono e lasciano pensosi: come sono possibili? Che cosa significano? Dopo le parabole del seminatore e del grano che cresce con la zizzania nello stesso campo, Matteo ne ricorda altre due collegate tra loro (13,31-33). Ci narrano della straordinaria potenza del Regno dei Cieli che sulla terra cresce silenziosamente, ma senza sosta. Così agisce la novità del vangelo, capace di trasformare realtà piccolissime in sorprendenti realizzazioni. Gesù aiuta a capire meglio questo insegnamento visualizzandolo nelle immagini di un impalpabile granello di senape che diventa un albero e di una modesta quantità di lievito che fa fermentare un impasto. 8
MARIA AUSILIATRICE N. 6
ALBERI RAMIFICATI ABBELLITI DA FIORI GIALLI
La gente raccolta intorno a Gesù è abituata a vedere grandi alberi di senape. Forse è meno abituata a riflettere sul fatto che nascano da semi piccolissimi piantati in primavera e già in grado di fruttificare nei primi mesi dell’estate. È proprio qui che si insinua l’insegnamento: del Regno dei Cieli avviene esattamente come del granello di senapa. Non ci si deve pertanto scoraggiare se la parola del Maestro accolta con entusiasmo, viene poi dimenticata: una volta predicata essa lavora e a suo tempo porta un frutto accolto da molti, anche da
EFFETTO ASSICURATO
Ai tempi di Gesù preparare il pane in casa era un’azione consueta. Per chi ascolta l’esempio dunque è chiaro. Lievito, «tre misure di farina», una quantità considerevole con cui si potevano preparare moltissime pagnotte, l’impasto e poi ... il tempo dell’attesa. Gesù, o forse Matteo, esagera le misure perché riluca il contrasto tra una piccola causa ed un effetto grande: le parole che il Maestro pronuncia, il suo stile di vita coronato da un apparente fallimento, hanno la capacità di trasformare
LA PAROLA
chi sembra lontano. Il prendere dimora degli uccelli tra i rami è infatti un’espressione che nell’antichità cristiana veniva usata per parlare dei pagani che accoglievano il Signore. Un inizio insignificante dal finale stupefacente per chi si fida e sa attendere.
il mondo, di rinnovarlo. Il vangelo non si impone, ma possiede una forza straordinaria: del Regno avviene esattamente come del lievito mescolato a farina. ESITI SORPRENDENTI
È una potenza strana quella che è capace di produrre il grande dal piccolo ed il molto dal poco, non è quantificabile, agisce senza fretta, ci insegna ad apprezzare la pazienza dell’attesa per gustare meglio la sorpresa dell’esito. È la potenza dello stile di Dio che non si impone, ma c’è, opera sommessamente coi tempi che le sono propri fino a raggiungere il suo obiettivo. Chi la accoglie, non le si oppone e non vuol bruciarne i tempi, si vede gradualmente cambiare la vita, in meglio: è l’esistenza dei figli di Dio che già da ora pregustano e si appassionano a leggere i segni del Regno dei Cieli che viene. MARCO ROSSETTI redazione.rivista@ausiliatrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
9
LA PAROLA
Gesù è il vero personaggio dell’anno Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li be10
MARIA AUSILIATRICE N. 6
nedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. (Lc 2, 33) È l’ultima domenica dell’anno civile, è quasi d’obbligo tirare i conti. Anche i giornali propongono bilanci; c’è la tradizione, in questo tempo di sondaggi, di racchiudere in un solo simbolo il “personaggio dell’anno” – una volta erano solo persone, poi venne scelto anche un computer. Anche il
vangelo propone un “personaggio dell’anno” che però – essendo il vangelo presente ogni anno e ogni attimo – va oltre i termini di qualunque concorso. È Simeone il personaggio simbolo, di tutti questi duemila anni e anche dei precedenti. È la figura di una condizione umana precisa, di una “santità” che si conferma in ogni giorno della vita. Simeone è il giusto davanti al Signore, quello che non si nasconde la fine della propria esistenza ma riconosce la grazia che ha ricevuto: «i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Fra i tanti auguri che ci si scambia in questi giorni, se fossimo sinceri potremmo mettere soprattutto questo: di poter vivere e morire come Simeone, con la piena dignità della nostra vita e con la consapevolezza che anche i nostri occhi, prima di
chiudersi, hanno veduto la salvezza del Signore. Auguri agli altri, e ancor più a noi stessi. Tutti i bambini di Israele sono passati davanti a Simeone, per anni; ma lo Spirito gli ha preannunciato che «non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore». Questi “annunci” dello Spirito, come altri segni soprannaturali (gli angeli, la cometa...), noi – abituati al materialismo – siamo portati ad interpretarli come un genere letterario, qualcosa che confina più con la favola che con la storia. IL “SENSO DELLO SPETTACOLO” NEL NOSTRO IMMAGINARIO
Ci sforziamo di credere all’irruzione del soprannaturale nella nostra storia umana: ma tante volte continuiamo ad
immaginarci queste scene come l’”arrivano i nostri” dei polpettoni western, o il deus ex machina della tragedia classica: come se la presenza di Dio fosse qualcosa di estraneo alla nostra vita quotidiana. Forse è frutto anche dei modi in cui l’arte sacra si è sviluppata in Occidente: la rappresentazione varia, continua “fantastica” della Scrittura ha prodotto capolavori assoluti, ma ha contribuito a far crescere nel nostro immaginario, anche religioso, il “senso dello spettacolo”. L’Oriente delle icone ha compiuto un cammino del tutto diverso. Lo Spirito che pronuncia la verità a Simeone ci obbliga, invece, a riportare in tutt’altro contesto il senso dei messaggi del Signore. Un contesto interiore: per essere in grado di comprendere l’annuncio dello Spirito biso-
gna essere divenuti capaci di ascoltarne la voce. Cioè, bisogna aver imparato e praticato lungo l’intera vita quell’esercizio dell’ascolto di Dio che è la preghiera, la “scelta del Signore” invece delle scelte del mondo. È l’“abitudine a Dio” che permette di ascoltarlo e comprenderlo... Con la presentazione al Tempio si compie un altro adempimento della storia sacra: il bambino Gesù, ebreo, viene inserito nella tradizione ebraica, «secondo la legge di Mosè». Al popolo che aspetta il Salvatore è stato promesso un Messia che nascerà dal cuore del popolo stesso. Un altro «segno», che i contemporanei di Gesù ricevono, ma che sono lasciati liberi di riconoscere o di non capire – come l’annuncio di Giovanni, la stella, i Magi. Eppure lo scenario è quello “giusto”: il Tempio è l’edificio perfetto, il segno più alto che gli uomini potessero innalzare al Dio vivente. Quel luogo segna da sempre l’alleanza di Dio con i suoi fedeli (una tradizione ricorda che sulla cima del monte Moriah, dove sorgeva il Tempio, Abramo venne chiamato a sacrificare Isacco). Di quel Tempio, servito da scenario alla vicenda umana di Gesù, oggi non è rimasto niente (se non la memoria di un muro occidentale): forse perché anch’esso, con la venuta del Signore «nella pienezza dei tempi», ha esaurito la sua funzione. È il Cristo vivente il “terzo Tempio” dove si trova la salvezza e se ne celebra il culto. MARCO BONATTI redazione.rivista@ausiliatrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
11
CHIESA E DINTORNI
Invecchiare secondo Dio Una visione realistica della vecchiaia.
La nostra cultura rifiuta ormai il concetto di invecchiamento: il mito per tutti è l’eterna giovinezza, e in fondo si pensa che, grazie alla cura del proprio fisico, ad una corretta alimentazione, ad una vita sportiva, e soprattutto ai progressi della moderna medicina, si giungerà a sconfiggere il decadimento senile e la stessa morte. Ma nella Bibbia la vecchiaia è considerata con estremo realismo, senza mitizzazione e senza disperazione. L’anzianità talora è vista come premio di Dio, come coronamento di una vita retta (Sl 92,15); come Abramo e gli altri patriarchi amici di Dio, il giusto muore «sazio di giorni» (Gen 25,8), dopo una vecchiaia felice e florida. La stessa morte è spesso un momento sereno, vissuto nella dignità e nella benedizione riconoscente, attorniati dai 12
MARIA AUSILIATRICE N. 6
figli (Gen 49). Ma la Bibbia ci presenta anche con oggettività la vecchiaia come tempo di decadimento e di malattia. Qoelet ci parla della senescenza con crudo ma sereno disincanto, descrivendo con precisione e ironia, in un brano bellissimo, il degrado corporeo e il rallentamento psicofisico progressivo dell’anziano (Qo 12,1-7). Talora la morte è persino attesa come una liberazione: «O morte, è gradita la tua sentenza all’uomo indigente e privo di forze, vecchio decrepito e preoccupato di tutto!» (Sir 41,1-2). Ma anche nel momento della limitazione e del dolore, il credente si affida con semplicità a Dio: «Sei tu, Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla giovinezza... Non mi respingere nel tempo della vecchiaia, non mi abbandona-
re quando declinano le forze... Ora, nella vecchiaia e nella canizie, Dio, non abbandonarmi» (Sl 71,5.9.18). LA VECCHIAIA, MOMENTO DI CRISI DI FEDE, DI SPERANZA E DI CARITÀ
L’anziano deve considerare la sua situazione come tempo in cui Dio può operare prodigi inattesi per il credente, come fece donando in tardissima età un figlio ad Abramo e Sara e a Zaccaria ed Elisabetta: la fede può rendere la vecchiaia un tempo di fecondità. Ma in ogni caso la vecchiaia è sempre il tempo di una salvezza che arriva solo da Dio. In questo senso è anche da comprendere lo strano messaggio della Genesi che ci dice che Dio abbreviò la vita dell’uomo, che nei patriarchi antidiluviani arrivava fino ai novecentosses-
PREPARARSI. FIN DALLA GIOVINEZZA
Non è facile invecchiare bene. Occorre prepararsi «fin dalla giovinezza» (Sl 71,5), curando la propria spiritualità, operando una vera e propria ascesi per arrivare alla Sapienza interiore. L’uomo a qualunque età è chiamato da Dio a convertirsi, a liberarsi dall’«uomo vecchio..., e rivestire l’uomo nuovo» (Ef 4,22-24). Ad ogni età bisogna farsi «come bambini, per entrare nel Regno dei cieli» (Lc 18,17). Gesù rivela il segreto della vera eterna giovinezza: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,4-6). Ma soprattutto quando il tempo passa, quando svaniscono gli entusiasmi iniziali della conversione o della gioventù, il credente è chiamato alla perseveranza, virtù quanto mai oggi in crisi. Gesù insiste sulla necessità di perseverare nella Fede: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8): la venuta del Signore si realizzerà
al momento della nostra morte, e Gesù sa che con il passare degli anni, con l’accumularsi delle prove, delle disillusioni e delle ferite della vita, è sempre più difficile confidare in lui e a lui affidarsi. Anche la Speranza spesso viene messa in crisi: spesso l’anziano è un brontolone, sempre pronto a criticare tutto ciò che vede e a rimpiangere i tempi passati. Molte volte anzi si insinua la depressione: l’età anziana è quelle che ha maggior incidenza di suicidi rispetto a tutte le età della vita. LA CRISI DELL’AMORE
Ma pure la Carità tende a diminuire. Gesù afferma che all’«inizio dei dolori..., per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato» (Mt 24,8-13). È vero: quando incominciano le prove, le difficoltà, le malattie, spesso si affievolisce il nostro slancio di amore. Anche Pietro sa che quando si va verso la fine della vita, la dimensione che va più in crisi è proprio l’amore: quando «la fine di tutte le cose è vicina, soprattutto conservate tra voi una grande carità» (1 Pt 4,78). Andando avanti negli anni di vita cristiana, l’attenzione più grande deve proprio essere quella a perseverare nell’amore. È la grande sfida dell’invecchiare da cristiani: in un’età in cui si è portati a chiudersi in se stessi, preoccupati delle proprie malattie e del proprio declino, occorre più che mai coltivare la capacità di restare aperti agli altri, nell’ascoltarli e nel servirli.
CHIESA E DINTORNI
santanove anni di Matusalemme: «Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni» (Gen 6,3). Di fronte alla pretesa dell’uomo di autosufficienza, di divinizzarsi da solo (si pensi al mito dei giganti di Gen 6,4 o al peccato della torre di Babele di Gen 11...), Dio pone la vecchiaia, con il suo decadimento, come segno di una salvezza che giunge solo per la grazia di Dio e non per gli sforzi degli uomini.
GESÙ RIVELA IL SEGRETO DELLA VERA ETERNA GIOVINEZZA: «SE UNO NON NASCE DA ACQUA E DA SPIRITO, NON PUÒ ENTRARE NEL REGNO DI DIO» (GV 3,4-6)
IMPARARE A MENDICARE
Gesù aveva detto a Pietro: «“Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”... E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Gv 21,18-19). Dobbiamo imparare la sequela del Signore anche in questo portare la croce dietro di lui, nell’età difficile in cui si deve, come diceva il cardinal Martini, «imparare a mendicare». Ma anche quando viene il tempo in cui la nostra vita dipende sempre più dagli altri, non dovremmo mai perdere la gioia cristiana, anzi diventare capaci, diceva Martini, di «godere di questo fatto», di quella spogliazione e umiliazione che Gesù ci chiede chiamandoci alla logica della Croce che prelude la Resurrezione (Mt 16,25), del chicco di frumento che solo morendo porta molto frutto (Gv 12,24). CARLO MIGLIETTA redazione.rivista@ausiliatrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
13
CHIESA E DINTORNI
Oltre la morte di Dio. La fede alla prova del dubbio Dal nuovo libro di Robert Cheaib. Il silenzio di Dio. LA CREAZIONE È ATEA
Il mondo è un non-dio. In questo senso è il luogo del silenzio di Dio. Il fatto che Dio parli nell’universo, nel mondo, nella storia non è un evento naturale, ma soprannaturale. Il mondo non è emanazione di Dio, ma la sua creazione. Ciò che traspare dalla Scrittura, già dalla prima pagina di Genesi, è «una lettura primieramente laica della storia. La terra è creatura di Dio, il cielo è creatura di Dio, il sole e la luna sono creature, cioè non sono divinità»1. Il mondo non è parte di Dio e in questo senso possiamo dire che la creazione è atea. La creazione non è Dio! La creazione non è neppure un’estensione di Dio. Il silenzio di Dio nella creazione è una umile confessione divina dell’alterità della creazione. 14
MARIA AUSILIATRICE N. 6
Se gli esistenzialisti del XX secolo avessero meditato questa discreta e rispettosa gestualità di Dio, non avrebbero dovuto fare un aut aut tra Dio e l’io2. Dio non ruba la scena all’uomo, Dio dona la scena del mondo, cede tutta la scena all’uomo3. La Cabala, una corrente mistica dell’ebraismo, riflettendo sul tema dell’autonomia della realtà creata, si sofferma sull’impossibilità teorica della creazione dato che Dio riempie tutto l’essere, è tutto l’essere. Per ovviare a questo problema, e con non poca immaginazione, i teorici della Cabala affermano che la creazione è resa possibile dal ritirarsi di Dio, dalla «entrata di Dio in se stesso», tramite un atto, noto in ebraico come zimzum, con il quale Dio si contrae e quindi rende possibile l’esistenza di qualcosa di diverso e di altro rispetto a lui4.
LA CREAZIONE È UNA KENOSI DIVINA
Al di là dello sforzo immaginativo richiesto per cogliere la portata di questa teoria, possiamo cogliere un fatto teologico importante: la creazione è espressione dell’umiltà di Dio, è una kenosi divina. È l’umiltà di Dio che permette l’esistenza di qualcosa e di qualcuno che non è Dio. La creazione è il rischio con il quale Dio crea l’alterità, il non-dio. In questo senso possiamo dire che la creazione è “atea”. Naturalmente, non nel senso che sussista senza Dio, ma nel senso che la creazione è non-dio, ciò che Dio non è. Creando, l’onnipotenza di Dio ha fatto spazio alla sua onni-debolezza: «Sì, c’è un’onnipotenza di Dio, perché può creare e lasciar esistere fuori di sé altre libertà, quella dell’angelo e quella dell’uomo. Se c’è un’onnipotenza di Dio essa è inseparabile dalla sua onni-debolezza. Dio si ritira in qualche modo (nozione vicina allo zimzum della mistica ebraica) per lasciare all’angelo e all’uomo lo spazio della loro libertà. Egli attende il nostro amore, ma l’amore dell’altro non si comanda. “Ogni grande amore è crocifisso”, diceva Evdokimov. Sì, Dio ha rischiato, Dio è entrato in una vera e dunque tragica storia d’amore»6. Da quanto detto possiamo trarre alcune conclusioni:
CHIESA E DINTORNI
La creazione, nella visione cabalistica, è resa possibile non tanto dal fare di Dio, quanto dal suo ritirarsi da una porzione del suo essere. «Diversamente dall’uso midrashico della parola (mezamzem) che parla di Dio il quale si contrae nel Santo dei Santi nella dimora dei cherubini, la contrazione cabalistica ha il significato inverso: non è la concentrazione della potenza di Dio in un luogo, bensì il suo ritirarsi da un luogo»5.
• la creazione non è una parola di Dio, ma è creata dalla parola di Dio7; • in quanto altro-da-Dio, il mondo può celare e sottacere Dio, essere il suo luogo di silenzio, essere uno schermo, come può anche narrare la gloria di Dio e annunciare la sua opera8; • la creazione è autonoma, ma non è compiuta in sé. Il suo compimento è in Dio, e l’uomo, nella sua apertura al suo Creatore, dona compimento e voce a quest’aspirazione silente della creazione. «L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio»9; • l’uomo, lo zoon logikon, il vivente con il dono dello spirito, dell’anima e della parola, può dare parola al gemito della creazione10, è la breccia aperta nella creazione per invocare, evocare, echeggiare e adorare il Creatore. ROBERT CHEAIB redazione.rivista@ausiliatrice.net
.M. TUROLDO, Il diavolo sul D pinnacolo. Le tentazioni di Gesù, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2016, 72. 2 Cf. J.-P. SARTRE, L’Être et le Néant, 21-32. 3 Cf. Sal 115,16. 4 Cf. G. SCHOLEM, La Cabala, Edizioni Mediterranee, Roma 1982, 133-140. 5 Ibid., 13417 F. MORANDI – M. TENACE, Fondamenti spirituali del futuro. Intervista a Olivier Clément, Lipa, Roma 1997, 94-95. 6 Cf. Gen 1. 7 Cf. Sal 19,2. 8 Rm 8,19. 9 Cf. Rm 8,22 10 F. MORANDI – M. TENACE, Fondamenti spirituali del futuro. Intervista a Olivier Clément, Lipa, Roma 1997, 94-95. 1
Oltre la morte di Dio. La fede alla prova del dubbio Robert Cheaib San Paolo Edizioni, 2017 Pagine 192
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
15
CHIESA E DINTORNI
Uomo, creatura nata per l’immortalità
Tutte le religioni, con sfumature diverse, pongono l’accento sul fatto che la vita non si esaurisca con l’ultimo respiro. In occasione del 2 novembre, una riflessione su quanto la Bibbia afferma sul destino dell’uomo. Che esista una vita oltre la morte e che l’esistenza non si esaurisca con l’ultimo respiro è convinzione diffusa, seppur con sfumature diverse, in tutte le religioni. Anche quelle che sembrano più lontane dalla tradizione cristiana, come lo Scintoismo o il Confucianesimo, prevedono riti e forme di culto per invocare la protezione e la benevolenza degli antenati. Se la percezione che non tutto si esaurisca con la morte pare condivisa da larga par16
MARIA AUSILIATRICE N. 6
te dell’umanità, le idee su che cosa attendersi dopo il trapasso sono assai diverse. La ricorrenza della Commemorazione dei defunti può rappresentare un’occasione per riflettere su quanto, nel corso dei millenni, la Bibbia ha proposto e propone sul destino dell’uomo. DALLE TENEBRE DELLO “SHEOL”...
L’Antico Testamento descrive essenzialmente due tipi
di realtà che attendono l’essere umano dopo la morte. La più arcaica – che compare per la prima volta nel sedicesimo capitolo del Libro dei Numeri e può essere collocata intorno al 1500 a. C. – immagina che tutti i morti discendano nello Sheol (in greco “Ade”, in latino “Inferi”), l’immensa profondità della Terra. E che lì sia i buoni sia i cattivi, senza distinzione, conducano una sopravvivenza tetra e noiosa, senza neppure la possibilità di lodare Dio. Lo
nel quindicesimo capitolo della prima lettera ai cristiani della comunità di Corinto: «Se non credete che Cristo è resuscitato è vana la vostra fede». Nella vita, morte e resurrezione di Gesù il cristiano trova il senso e la certezza della propria esistenza, la testimonianza vivente che chi possiede la fede, la determinazione e il coraggio di seguire fino in fondo il progetto che Dio ha per lui e di «fare la Sua volontà affinché venga il Suo Regno», è in grado di sconfiggere anche la morte. Come narrano i primi capitoli del Libro della Genesi, fin dall’eternità Dio ha per ogni uomo un progetto di felicità, di pienezza e di gioia. Con il peccato, però, egli si lascia ingannare, ha paura e si allontana da Dio. Tale allontanamento lo conduce alla sofferenza, alla fatica, al dolore e alla paura della morte. E proprio per mostrargli la via da percorrere e rivelargli la certezza concreta di una vita oltre la morte Gesù, vero Dio e vero uomo, ha scelto d’incarnarsi.
CHIESA E DINTORNI
testimoniano – tra tanti – i versi del Salmo 6 in cui Davide dice a Dio: «Nessuno tra i morti ti ricorda. Chi negli Inferi canta le tue lodi?» e quelli del Salmo 88, in cui Davide domanda a Dio: «Compi forse prodigi tra i morti? O sorgono le ombre a darti lode? Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà negli Inferi?». La più moderna – che prende forma nella seconda parte del Vecchio Testamento anche in seguito alla terribile esperienza della deportazione del popolo ebraico a Babilonia, avvenuta intorno al 590 a.C. – prevede la possibilità di ricompense per i buoni e di castighi per i cattivi e l’eventualità di risorgere. Come sottolineano alcuni versetti del terzo capitolo del Libro della Sapienza, «Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono. Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà».
www.ssfrebaudengo.it Tel. 011 2340083 info@ssfrebaudengo.it
FIN DALL’ETERNITÀ DIO HA PER OGNI UOMO UN PROGETTO DI FELICITÀ, DI PIENEZZA E DI GIOIA
EZIO RISATTI redazione.rivista@ausiliatrice.net
... ALLA RESURREZIONE DI GESÙ
Con il Nuovo Testamento la prospettiva cambia e acquista credibilità: con la resurrezione di Gesù quello che sembrava una possibilità si tramuta in certezza. E la Pasqua, l’annuncio di Gesù risorto, diventa il cuore del Cristianesimo e la “buona notizia” attorno a cui ruota la predicazione degli apostoli e la diffusione del Vangelo. Un evento così importante che fa scrivere a san Paolo, NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
17
CHIESA E DINTORNI
San Michele, l’ago della Bilancia e la spada di Dio zione strategici tra Oriente e Occidente. Celebre è la particolare disposizione dei principali luoghi di culto dedicati all’arcangelo posti lungo una linea retta che da Mont St. Michel in Normandia, attraverso la Sacra di San Michele in Piemonte e Monte Sant’Angelo sul Gargano, giunge sino a Gerusalemme, evocando secondo la tradizione il colpo di spada che Michele inflisse a Lucifero come narrato da San Giovanni nell’ultimo libro della Bibbia. MICHELE È IL SIMBOLO DELLA LOTTA VITTORIOSA DEL BENE CONTRO IL MALE
Raffaello Sanzio, Arcangelo Michele, Parigi Louvre
Principe delle angeliche gerarchie, figura di assoluto rilievo nelle Sacre Scritture, l’arcangelo Michele sin dagli albori della civiltà cristiana è stato oggetto di un culto vivo e fecondo, il quale portò alla formazione di una particolare iconografia in cui vengono riflesse le peculiari caratteristiche del principe degli angeli. Il culto verso san Michele ha attraversato nei secoli l’Europa da un capo all’altro, generando flussi costanti di pellegrini e segnando con la sua presenza luoghi e vie di comunica18
MARIA AUSILIATRICE N. 6
L’immagine e il culto di san Michele Arcangelo dipendono in particolare quindi dal libro dell’Apocalisse ove è narrata la battaglia che lo oppose al demonio. È proprio questa caratteristica di essere un angelo guerriero ad emergere sin dagli albori nella rappresentazione artistica di Michele. Il nome stesso dell’arcangelo che deriva dall’aramaico, risulta essere quel vero grido di battaglia “Chi è come Dio?” che egli pronunciò con impeto e furore scagliandosi contro la superbia di lucifero, che desiderava innalzarsi nei Cieli sino ad essere pari a Dio. Michele, armato di spada divenne dunque per i cristiani il simbolo della lotta vittoriosa contro le tenebre e il difensore coraggioso della Chiesa e del popolo di Dio. È per questo che comunemente venne rappresentato come un giovane alato in armatura, con la spada o una lancia con cui sconfigge il demonio, spesso nelle sembianze di drago. È cosi che lo raffigurò anche Raffaello nel sua celebre opera commissionatagli nel 1517 da Lorenzo duca d’Urbino, tramite suo zio Leone X de’ Medici, per omaggiare
PER CONTO DI DIO MICHELE TIENE LA BILANCIA DEL CREATO
Un’altra particolare tipologia di rappresentazione legata alla figura dell’Arcangelo Michele, ce lo mostra, a volte, con in mano una bilancia con cui pesa le anime, particolare arcaico che deriva dalla mitologia egizia e persiana. Sulla base del libro dell’Apocalisse sin dal V sec d.C. in area Orientale vennero infatti redatti scritti e preghiere dedicati a Michele, i quali finirono per definirlo come essere maestoso con il potere di vagliare le anime prima del Giudizio. La memoria liturgica che celebra Michele, assieme agli altri arcangeli Gabriele e Raffaele il 29 settembre, inoltre, si colloca in un particolare periodo dell’anno solare, coincidente con l’equinozio di autunno. È dunque probabilmente per tale ragione che assieme alla spada è dunque la bilancia ad essere il secondo attributo relativo alla figura di Michele. Il perfetto equilibrio tra le ore di luce e le ore di buio e la levata eliaca del sole nella costellazione della bilancia nel
CHIESA E DINTORNI
l’alleato Francesco I di Francia. La scelta del santo era legata all’Ordine di San Michele, di cui il re era Gran Maestro e l’atteggiamento battagliero alludeva alla crociata contro i Turchi, in cui il re di Francia doveva, come un terreno Arcangelo, divenire la spada sguainata della Chiesa contro il male che minacciava la Cristianità. San Michele è dal Sanzio ritratto a piena figura, mentre incede eroico sopra il demonio, schiacciandolo col piede e preparandosi a colpirlo con la lancia appuntita. I drappi svolazzanti amplificano il senso di movimento, che riecheggia esempi michelangioleschi. Satana, che regge il forcone, è rappresentato tra rocce in cui si vedono fiamme, quali accessi agli Inferi, ha corna che gli spuntano dai capelli crespi e ali di rettile, ben diverse da quelle col piumaggio iridescente del santo che nei colori evoca l’Arcobaleno, simbolo per eccellenza di Cristo, ponte tra Cielo e Terra.
giorno dell’equinozio, esaltano la figura di Michele come colui che per conto di Cristo tiene l’ago della bilancia dell’intero creato nelle proprie mani, sia come custode dell’equilibrio diretta emanazione di Dio, sia come sintesi del Giudizio finale tra il Bene e il Male, evocato chiaramente dalla luce e le tenebre che si fronteggiano nell’equinozio. Michele è dunque il guerriero e il sacro custode dello scorrere del tempo e della vita e questo lo si vede chiaramente nel pannello centrale del Trittico di Danzica del fiammingo Hans Memling, in cui Michele, rivestito di una lucente corazza da cavaliere, tiene in mano la Bilancia con cui vengono pesate le anime. Egli è posto sulla Terra in modo perpendicolare alla figura di Cristo nei Cieli, diventando così il braccio armato e potente di Dio tra gli uomini e rievocando anche in questo caso nella figura dell’Arcobaleno quel legame sacro di Alleanza tra il Padre e l’umanità incarnato da Gesù e riattualizzato in definitiva in ogni tempo dall’esperienze dei santi. STEFANO UGOLINI redazione.rivista@ausiliatrice.net
Hans Memling, Trittico del Giudizio Universale, Danzica, Museo Nazionale
EZIO RISATTI PRESIDE SSF REBAUDENGO redazione.rivista@ausiliatrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
19
CHIESA E DINTORNI
Nel nome di Dio onnipotente Thomas Becket: prima un uomo di stato al servizio del re inglese Enrico II, poi un uomo di Chiesa come vescovo di Canterbury. nel nuovo ruolo, con gli oneri e con tutti gli onori dovuti al suo rango. Un particolare: era generoso con se stesso ma fu anche generoso con i poveri. Lavorò molto e bene al servizio del re, rafforzandone l’autorità. Fu il suo vero braccio destro, abile ed efficiente e quindi il suo destino sembrava assicurato... dentro le stanze del potere. THOMAS, UOMO DI CHIESA
Thomas è nato a Londra nel 1118, in una famiglia borghese e benestante. Tuttavia alla morte dei suoi genitori rimase quasi nullatenente e per questo lavorò come impiegato. Studiò diritto canonico prima ad Auxerre e poi a Bologna, la prima delle Università, già famosa. Diventato collaboratore del vescovo di Canterbury, Teobaldo, fu da lui inviato in diverse missioni a Roma. Ed ecco la prima svolta nella sua vita: nel 1155 il re Enrico II lo nominò cancelliere del regno, come dire il numero 2. Thomas, legato anche da amicizia al sovrano, si calò a meraviglia
20
MARIA AUSILIATRICE N. 6
La seconda svolta fu nel 1161 alla morte dell’arcivescovo Teobaldo: lo stesso re Enrico lo propose come successore. Mossa disinteressata? Pensiamo di no: il re infatti era desideroso non solo di conservare il potere ma possibilmente... di aumentarlo. Enrico sperava con la sua nomina di porre fine alla resistenza della Chiesa schierata contro l’usurpazione dei diritti e privilegi. Davanti a tanto “sponsor” poteva il numero due del regno dire di no? E infatti, a malincuore, accettò. Aveva capito però la situazione in cui si metteva era rischiosa. «Se Dio mi permettesse di essere arcivescovo di Canterbury – disse – , perderei la benevolenza di vostra maestà, e l’affetto di cui mi onorate si trasformerebbe in odio, giacché diverse vostre azioni volte a pregiudicare i diritti della Chiesa mi fanno temere che un giorno potreste chiedermi qualcosa che non potrei
CHIESA E DINTORNI
accettare, e gli invidiosi non mancherebbero di considerarlo un segno di conflitto senza fine tra di noi». THOMAS, UOMO DI DIO
Terza tappa. Come primo atto egli si trasferì da Londra a Canterbury iniziando così con un gesto concreto e ben visibile, la nuova missione ed il suo cambiamento. Che fu coraggioso e totale: era diventato un uomo di Chiesa, cioè di servizio, non più uomo di potere, secondo la logica di questo mondo. Voleva rappresentare Gesù Cristo come pastore del proprio gregge e volle assomigliargli più possibile nella propria vita. Sobrietà nel mangiare e vestire, preghiera e meditazione della Scrittura ogni giorno, distribuzione ai poveri delle elemosine che furono più abbondanti, visite agli ammalati e agli ospedali. Ma ben presto vennero a galla i conflitti con il re e l’occasione furono le Costituzioni di Clarendon, molto importanti nella storia inglese, che mise in conflitto Chiesa e Regno. La polemica che ne scaturì era di ordine giuridico: l’arcivescovo difendeva le posizioni acquisite dalla Chiesa, secondo il diritto canonico. Il re e i suoi giuristi facevano riferimento a consuetudini feudali, che andavano a beneficio del potere regale (nascita del diritto civile). Queste Costituzioni sono considerate la prima dichiarazione legale della Common Law (Legge Comune) inglese. Thomas all’inizio fu conciliante, poi esaminati i dettagli (il diavolo si nasconde sempre ..nei dettagli!) le respinse affermando: «Nel nome di
Dio onnipotente, non porrò il mio sigillo». E così cominciarono i guai per Thomas, che fu sostenuto dal papa di Roma, Alessandro III, ma dovette comunque andare in esilio per ben 6 anni. Tornato a casa, fu ben accolto dal popolo, ma con non celata rabbia dalla corte: lui era ormai un nemico. Finché un giorno il re esclamò a gran voce se per caso non ci fosse qualcuno che lo liberasse da quel vescovo. Non era un vero ordine di assassinarlo, ma alcuni cavalieri che l’udirono lo interpretarono proprio così. E passarono subito all’azione. Arrivati nella cattedrale gridarono: «Dov’è Thomas il traditore?». E lui rispose: «Sono qui, ma non sono un traditore, bensì un vescovo e sacerdote di Dio». E l’assassinio si consumò velocemente e con crudeltà. L’orrenda notizia fece il giro dell’Europa ed il re Enrico ne fu profondamente addolorato, fino a digiunare per molti giorni. Era sincero? Forse lo era. Ma era troppo tardi. Ha scritto lo studioso inglese A. Butler: «Thomas non aveva vissuto come un santo, ma morì come tale, un uomo dai molti aspetti che cercava la gloria, che trovò alla fine, con coraggio e abnegazione». La sua fama di martire (e dei miracoli ottenuti per sua intercessione) fu sancita solo tre anni dopo dal papa Alessandro III, e la sua tomba è diventata meta di numerosi pellegrinaggi.
THOMAS NON AVEVA VISSUTO COME UN SANTO, MA MORÌ COME TALE, UN UOMO DAI MOLTI ASPETTI CHE CERCAVA LA GLORIA, CHE TROVÒ ALLA FINE, CON CORAGGIO E ABNEGAZIONE (A. BUTLER)
Tratto in forma ridotta da: Anche Dio ha i suoi campioni di Mario Scudu Elledici, 2011 pagine 936
MARIO SCUDU archivio.rivista@ausiliatrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
21
CHIESA E DINTORNI
Come eremiti nel cuore pulsante della città Le e-mail di Chiara e di Juri su domande e temi esistenziali sono diventate un volume ricco di suggestioni e di spunti di riflessione. Lei si chiama Chiara, vive a Trento, è infermiera professionale e, intorno ai vent’anni, è stata colpita da una malattia rara e progressiva che la costringe alla sedia a rotelle. Lui si chiama Juri, vive a Torino, si definisce “progettista di esperienze educative”, si trova spesso a convivere con il disagio del mondo giovanile, carcerario e della malattia e ha fondato un eremo che è un’oasi di silenzio nel cuore frenetico della città. Entrambi s’impegnano a creare dentro di sé uno spazio affinché la loro esistenza sia abitata dalla speranza e dalla quotidiana presenza di Dio e – insieme – hanno dato vita al volume La cella e il silenzio (edizioni San Paolo), che raccoglie la loro corrispondenza per posta elettronica in cui affrontano i grandi interrogativi sui quali s’interrogano: l’infinito, l’amore, la santità, il dolore, il perdono... fino al grande tabù della morte. Tra i concetti più originali e curiosi della pubblicazione spicca quello del-
La cella e il silenzio e le altre piccole occasioni di libertà Maria Chiara, Juri Nervo San Paolo Edizioni, 2107 pagine 160 22
MARIA AUSILIATRICE N. 6
l’“eremitaggio urbano”, la possibilità di vivere come eremiti all’interno dei centri e delle periferie caotiche e non di rado alienanti delle città. La “ricetta” è semplice e alla portata di tutti: sentirsi nella città come all’interno di un eremo e, in tale contesto, ricercare e alternare silenzio e preghiera, azione e contemplazione. Un silenzio che non sia solo assenza di rumore ma anche e soprattutto scoperta e attenzione per le piccole cose: la luce che filtra tra gli alberi, il vento che fa agitare le foglie, una coppia di anziani che cammina mano nella mano... Simboli, richiami, segni che portano a osservare il mondo con occhi nuovi. E anche la tecnologia, in quest’ottica, può rivelarsi un valido aiuto, scaricando per esempio sullo smartphone le applicazioni che contengono le letture del giorno o la Liturgia delle ore da leggere su una panchina o alla fermata del Metro. CARLO TAGLIANI redazione.rivista@ausiliatrice.net
Possiamo ancora sorridere? MARIO SCUDU archivio.rivista@ausiliatrice.net
CHIESA E DINTORNI POSTER
Lasciamo perdere, dirà qualcuno. Con tutto il male che c’è nel mondo: guerre mai finite, di persecuzioni sempre presenti, di terrorismo sempre in agguato, uragani, terremoti e crisi economica... mai superata, ecc. Per molti il tasso di ottimismo esistenziale è molto basso ed il sorridere alla vita, nonostante tutto, sembra un indice di superficialità e di ingenuità. Papa Francesco però ci invita a non lasciarci rubare la speranza e a respingere il pessimismo che il diavolo, ogni mattina, ci propone, a piene mani, per orientare le nostre giornate. Il cristiano, per definizione, dovrebbe essere pieno di speranza, di ottimismo e di capacità di sorridere sempre, ma specialmente a Natale. Perché? Ecco la risposta di papa Benedetto XVI: «La nascita di Gesù è la ragione vera per cui l’uomo può ancora sorridere». Ogni bambino che nasce nelle nostre famiglie, spesso molto atteso, porta gioia, speranza, ottimismo (anche normali preoccupazioni!). Il sorriso del bambino ridona la capacità di sorridere e di riprendere con coraggio la “fatica del vivere”. Un ricordo personale, su un bus a Torino. Ero vicino ad una giovane donna che teneva sulle ginocchia il suo bambino. Questi, ritto in piedi, distribuiva sorrisi a tutti i vicini, che rispondevano a quel messaggio così bello. La presenza di un bambino con il suo sorriso aveva cambiato l’atmosfera e la faccia dei viaggiatori. Anch’io ho risposto sorridendo e mi sono permesso di dire alla madre: «Ho letto giorni fa che il primo sorriso di un bambino alla mamma e al papà è come il sorriso di Dio stesso per loro». Contenta e sorridente mi rispose: «Che carino. Allora Dio mi ha sorriso molto i questi giorni». Il poeta indiano Tagore ha scritto: «Ogni bambino che nasce è segno che Dio non è stanco dell’umanità». E ne avrebbe il motivo. Anche il grande vescovo Agostino, in una delle sue omelie sul Natale, afferma con forza: «Svegliati, o uomo, per te Dio si è fatto uomo. Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5,14). Prepariamoci a celebrare con gioia la venuta della nostra salvezza e della nostra redenzione. È un invito pressante e forte: smettere di “dormire” il sonno del pessimismo e del fatalismo; cercare di superare la “morte” dei grandi ideali e della stessa trasformazione in meglio del nostro mondo e lasciarci illuminare della luce di Cristo, che è luce di speranza, di ottimismo (nonostante tutte le brutte notizie quotidiane) e di sorriso. Sì, veramente, Gesù che nasce dentro la nostra umanità e per questo nostro mondo così problematico, questo Bambino donatoci da Maria, la sua giovane madre, è veramente Qualcuno che ci dona la vera ragione per sorridere a Natale e dopo. NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
I
II
MARIA AUSILIATRICE N. 6
La nascita di Gesù è la ragione vera per cui l’uomo può ancora sorridere. (Papa Benedetto XVI)
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
III
POSTER
Perché sono nato. Sono nato nudo, dice Dio perché tu sappia spogliarti di te stesso Sono nato povero, perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza Sono nato in una stalla perché tu impari a santificare ogni ambiente Sono nato debole, dice Dio perché tu non abbia mai paura di me Sono nato per amore perché tu non dubiti mai del mio amore Sono nato di notte perché tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà Sono nato persona, dice Dio perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso Sono nato uomo perché tu possa essere “dio” Sono nato perseguitato perché tu sappia accettare le difficoltà Sono nato nella semplicità perché tu smetta di essere complicato Sono nato nella tua vita, dice Dio per portare tutti alla casa del Padre. Lambert Noben
IV
MARIA AUSILIATRICE N. 6
CHIESA E DINTORNI
Domenica è sempre domenica?... Almeno per i cristiani? Il vuoto di giovani e bambini nelle messe festive preoccupa i catechisti, che insistono particolarmente sul terzo comandamento. Santificare la festa è una parola grossa anche per gli adulti. Quale il senso della festa per i bambini? «Mangiare patatine e cioccolata! Non andare a scuola, non avere compiti! Dormire fino a mezzogiorno! Giocare tutto il giorno a calcetto! Guardare la tv facendo zapping! No, guardare solo i cartoni! Fare chiasso con gli amici, ma tanto chiasso, senza che nessuno ci sgridi! Stare appiccicati ai videogiochi senza interruzioni, neanche per mangiare!». La nostra cultura edonista fa consistere la festa nel divertirsi in vari modi fino allo stordimento, per rimanere più stanchi e stressati. La catechesi di papa Francesco ridimensiona la festa in senso biblico: festa è quel settimo giorno di riposo in cui Dio ha contemplato la sua opera creativa, è godere, riconoscenti, del frutto del proprio lavoro, è condividere il bello e il buono con le persone che si amano. Giorno
di festa per eccellenza, la domenica, con l’annuncio gioioso della Resurrezione. La festa diventa quindi: «Far vedere ai genitori il disegno riuscito bene, cantare insieme il canto imparato con gli scout, giocare un po’ con la sorellina che è tanto noiosa...». Con un passo avanti parliamo allora della necessità di dedicare tempo al Signore, anche se... «Io a Messa mi annoio! Mia mamma dice che è meglio andare a pregare al cimitero. Io verrei anche in Chiesa, ma i miei non mi accompagnano!». L’anno della prima Comunione ci porta a riflettere sulla bellezza di quel primo giorno dopo il sabato e di come l’Eucarestia domenicale illumini la vita, dando senso anche alla sofferenza. Hanno capito l’importanza della domenica, ma Alice, con improvvisa intuizione leopardiana, sostiene che «È meglio il sabato, perché il giorno dopo è ancora vacanza. La domenica è un giorno triste perché si comincia a pensare al lunedì e al ritorno a scuola». ANNA MARIA MUSSO FRENI redazione.rivista@ausiliatrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
23
MARIA
Maria, Madre del Salvatore, ci ama come siamo ne: «Io sono onesto: non ho ucciso... tutto sommato, sono a posto». Il secondo ostacolo è l’attaccamento agli idoli, il sentirci sicuri solo quando possediamo ricchezze o la stima degli altri. La schiavitù dell’avere ci fa credere ricchi. Spesso il distacco dalle cose ci pesa e diventa a volte insostenibile perché non è vivo in noi il senso profondo di Provvidenza e di appartenenza a Dio. Il terzo ostacolo è la chiusura verso gli altri: abbiamo paura che, mettendoci a servizio degli altri, perdiamo noi stessi. ESPERIENZA DI MARIA
Gesù è il Salvatore e Maria è sua madre e vuole il nostro incontro con lui. Incontrarlo non è facile; non lo è stato neppure per gli apostoli che si sono manifestati molte volte dubbiosi. Gesù si presentava e si presenta come la perla preziosa per la quale vale la pena di vendere tutto. Esige di essere creduto e amato totalmente; chi lo incontra nell’amore e nella fede ed ha la forza e il coraggio di abbandonarsi totalmente a lui, vive un incontro entusiasmante. GLI OSTACOLI AD UN VERO INCONTRO CON CRISTO
Anzitutto non crediamoci autosufficienti. È un rischio molto comu24
MARIA AUSILIATRICE N. 6
In questo incontro con Cristo, quale testimonianza ci può dare Maria? Ella è il tralcio più attaccato a Gesù, è colei che più di ogni altra creatura ha lasciato che Cristo entrasse nel suo cuore; lo ha accolto, come madre, prima redenta, piena di grazia, figlia prediletta del Padre. È anche il tralcio più proteso verso di noi. Gesù ha detto: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano» (Gv 15, 5-6). Soltanto se rimaniamo in lui portiamo frutto e Maria lo ha fatto e ci invita ad imitarla. È la madre che Gesù ci ha dato ed è corredentrice: ha accettato di essere sofferente con il Figlio per la nostra redenzione. Più di ogni altra persona ha sapu-
MARIA
to vivere questa esperienza di unità e di inscindibile amore con il Figlio suo. L’era dello Spirito è iniziata per l’adesione, libera e cosciente di Maria al progetto di Dio. Se uno accetta di fare la volontà di Dio in ogni circostanza, diventa a sua volta corredentore, partecipa all’opera redentrice di Cristo in maniera certo misteriosa, ma reale e noi sapremo solo in cielo quante persone sono state aiutate dalla nostra disponibilità ad accogliere la volontà del Signore.
mo e come siamo; non per lasciarci come siamo, ma per cambiarci. Il passato lo si recupera con l’amore e l’impegno nel presente e nel futuro che Dio crederà concederci. Anche Maria ci ama come siamo, perché quando si ama non si fa caso se la persona amata è vestita bene o male. Merita un posto speciale nella nostra vita perché ci ha dato Gesù e continua a donarcelo e Cristo ci dà futuro, fiducia e speranza. ANGELO DI MARIA redazione.rivista@ausilaitrice.net
IL SÌ DI MARIA E IL SÌ NOSTRO
Il sì di Maria al Padre è stato generoso, altruista e totale. E i nostri «sì» come sono? Quante volte diciamo sì al Signore solo perché non possiamo farne a meno! Diciamo «Sia fatta la tua volontà» perché non possiamo fare la nostra. Non è questo lo stile di vita del cristiano e non è questo che ci insegna Maria. Ella è imitatrice di Cristo che ha detto: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4, 34). Nostro cibo è impegnarci a realizzare ciò che Dio vuole da noi oggi, non domani, in ogni situazione: piccola o grande, sconosciuta o gratificante. Martire non è solo chi si lascia uccidere per testimoniare la sua fede, ma anche, e direi soprattutto, chi, in ogni istante della giornata, sa dire il suo sì a Dio. A volte nella gioia, spesso nella sofferenza e nel dubbio, sa chiedere a Dio l’aiuto per dire questo sì. Non spaventiamoci se qualche volta questo sì ci è costato e non l’abbiamo detto. La realtà più grande e consolante è questa: Dio, comunque, ci ama per quello che sia-
O MARIA, MADRE DI GESÙ, NOSTRO SALVATORE. IN QUESTO MONDO, DIMENTICO DEL CIELO, ALLA RICERCA DEL SENSO DELLA VITA, AIUTACI A VALORIZZARE OGNI GIORNO IL MESSAGGIO CHE CI DONA IL VANGELO; PAROLA DI CRISTO CHE CI INVITA ALL’INCONTRO PROFONDO CON LUI.
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
25
MARIA
Madre a 360° Maria è stata per anni bidella in una scuola elementare, io l’ho conosciuta quando ero una giovane maestra e mi ha sempre colpito il suo atteggiamento materno nei confronti di tutti, alunni, insegnanti e genitori. La sua storia personale è stata complessa e faticosa fin da piccola, quando ha iniziato il suo ruolo di madre con la sua stessa madre, anche se può parere un paradosso. Nella Sicilia degli anni Quaranta i pregiudizi la facevano da padrone: la mamma di Maria aveva sfidato la sua famiglia benestante sposando un giovane di ceto sociale “basso” ed alla morte prematura del marito si era trovata sola, senza soldi e con una bambina di cinque anni. La piccola Maria si era fatta carico di quella madre che era troppo “nobile” per lavorare, era stata messa a servizio da una famiglia dove aveva svolto i lavori più umili e per giocare, 26
MARIA AUSILIATRICE N. 6
come bambola aveva usato una semplice bottiglia avvolta in una coperta. Quando l’ormai anziana bidella aveva iniziato a raccontarmi la sua vita, inizialmente mi era sembrata una storia degna della narrativa strappalacrime di fine dell’Ottocento, purtroppo invece era reale. LA MADONNA SUO MODELLO E AIUTO
Ciò che mi aveva profondamente stupita era stata la capacità di Maria di giocare il ruolo di madre con sua madre e questo compito lo aveva svolto per tutta la vita della genitrice, morta in tarda età e proseguito nel corso degli anni in tante altre si-
GIOVANI MARIA
tuazioni: davvero una madre a 360°. Maria si era sposata giovanissima ed era subito diventata madre allargando il suo angolo di maternità. Ogni madre cerca di mettere in gioco la parte migliore di sé e così fece Maria, anche con gli altri figli che vennero dopo, pur vivendo in condizioni sociali modeste, con accanto un marito pigro e malaticcio che aggravava ulteriormente il peso che lei si portava sulle spalle. Maria è stata ed è molto religiosa, forse in forma semplice ed ingenua, ma non certo meno sincera e sentita: la Madonna è stata il suo modello ed il suo aiuto morale. Aveva pensato che la Madre di Gesù avesse provato dispiacere nel non poter offrire a suo Figlio al momento della nascita, niente di meglio di una mangiatoia, così come era successo a lei nei confronti dei suoi figli, dato che con il suo lavoro e quello saltuario del marito, i soldi non bastavano mai! La Vergine Celeste, aveva sofferto per quel Figlio che teneramente amava perché quello era il progetto del Padre per l’umanità anche Maria, come figlia obbediente di quello stesso Padre, aveva accettato i dispiaceri causati dal suo unico figlio maschio ed aveva continuato ad esercitare il suo ruolo di madre protettiva e rassicurante. Sembrava che fosse nel suo destino questo sacrificio della maternità: essere madre senza assaporarne tutte le gioie, con gran fatica ma senza mai crollare, con l’unica preoccupazione di aver sopportato dolori e disagi per il bene dei suoi figli... e anche per lei, come per la Maria Celeste, si era spesso avverata la profezia di Simeone: «Una spada ti trafiggerà l’anima».
LA MADONNA DILATA IL NOSTRO CUORE
La Madonna con i suoi comportamenti ci dà una grande lezione di equilibrio, ci mostra, non con le parole, ma con l’atteggiamento concreto, con il suo vissuto quotidiano, come non ci si debba mai chiudere all’altro e cadere nell’egoismo. Così la semplice bidella Maria, ormai nonna, nonostante le mille difficoltà della sua vita familiare, non esitò ad allargare ulteriormente la sua angolazione di madre, adottando un lontano cugino di otto mesi, per sottrarlo ad una situazione di degrado ed abbandono morale e fisico. Con la sua avvolgente maternità, seguendo le parole del Vangelo di Giovanni: «Donna ecco tuo figlio», «Figlio, ecco tua madre» è riuscita a dare al piccolo Claudio calore ed affetto. Ho visto crescere questo bambino, correre sereno nei corridoi della scuola ed ho notato come i suoi tratti somatici nel tempo, fossero diventati simili a quelli di Maria, plasmati non dal DNA ma dall’Amore.
LA SIGNORA MARIA, POVERA DI BENI MA RICCA DI AVVOLGENTE MATERNITÀ, GIÀ NONNA, SEGUENDO LE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI: «DONNA ECCO TUO FIGLIO», «FIGLIO, ECCO TUA MADRE» È RIUSCITA A DARE AL PICCOLO CLAUDIO CALORE ED AFFETTO
FRANCESCA ZANETTI redazione.rivista@ausilaitrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
27
GIOVANI
Una fede “in-carnata” «Dio non viene mai quando lo vogliamo, ma è sempre in orario. Siamo noi fuori tempo», Buon Natale! Nel Credo noi diciamo di credere in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma la fede è credere nella Trinità? È necessario? Serve a qualcosa? Non è una costruzione intellettuale superflua? Cambia qualcosa nella nostra vita se non crediamo nel Dio trinitario? Due secoli fa il celebre filosofo Immanuel Kant scriveva queste parole: «Dal punto di vista pratico, la dottrina della Trinità è perfettamente inutile». Come dargli torto? No, non scandalizzarti! Stiamo parlando della “dottrina”. Una dottrina come ricerca puramente razionale per cercare di definire Dio (quasi che noi fossimo in grado di dare una definizione di Dio) non arricchisce la nostra fede e la nostra vita. Ma la “fede” nella Trinità è tutto un’altra cosa. Allora la risposta alla domanda precedente è assolutamente sì! La fede nella Trinità cambia non solo la nostra visione di Dio, ma anche la nostra maniera di intendere la vita. Confessare la Trinità di Dio significa credere che Dio è un mistero di comunione e di amore. Non un essere chiuso e impenetrabile, immobile e indifferente. La sua intimità misteriosa è solo amore e comunicazione. Conseguenza: al fondo ultimo della realtà non c’è altro che Amore, che dà senso e esistenza a tutto. 28
MARIA AUSILIATRICE N. 6
DAL “CHE COSA” AL “CHI” CERCHI?
È importante fare un piccolo passaggio. Seguendo il Vangelo di Giovanni si nota che è tutto un cammino di fede che si chiarisce man mano si ha il coraggio di andare all’essenziale e ci si mette a disposizione di chi dice di essere la Verità. Tutto inizia con una domanda di Gesù a due discepoli del Battista che lo seguono: «Che cosa cercate?». Alla risposta dei discepoli: «Maestro dove dimori?» disse loro: «Venite e vedrete». In Gesù tutti noi cerchia-
mo “qualcosa” che ci rassicura, che ci conforta, magari qualche piccolo miracolo o almeno un privilegio che in qualche modo ci fa sentire importanti. La religione come un posto dove si manovrano delle cose fino ad arrivare ad assolutizzarle e farle diventare una forma di potere, fino a forme di fondamentalismo, fino alla chiusura in gruppi privilegiati, quasi dei club autoreferenziali e gli altri sono “i lontani”. Ci vorrà un lungo cammino di maturazione per essere pronti alla vera domanda, quella della fede, quella
TEOLOGO CON LA FEDE
Tutto questo cammino esige un continuo discernimento, una continua conversione, un lasciare tutto quello che è marginale e che può diventare zavorra per non perdere lui, l’unico che è risposta alla nostra sete di eternità. Dare tanto
tempo alla dottrina, alla ricerca, alla conoscenza è importante. Sant’Agostino prega perché il Signore ci aiuti a trovare la verità e a continuare a cercarla dopo averla trovata. Ma non la troveremo mai se non diventerà un persona, un lui a cui affidarsi, consegnarsi, perché, come dice Pietro, «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Non è detto che la teologia porti automaticamente alla fede. C’è un famoso detto «Era teologo e aveva la fede. Oh, miracolo!» ed è molto significativo. Gli apostoli dopo tre anni di frequenza di Gesù erano ottimi teologi ma lontanissimi dalla fede, erano ancora all’infatuazione legata agli eventi e
GIOVANI
che Gesù fa alla donna davanti al sepolcro vuoto: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». È quel «chi» che segna il definitivo riferimento della ricerca del discepolo. Solo quando il «che cosa» sfocia e si abbandona nelle braccia del «chi», dalla dottrina si arriva alla fede, dalla dipendenza a un Dio che si segue perché ci si aspetta da lui delle ricompense, a un Dio che si segue solo perché lui ci ama.
CONFESSARE LA TRINITÀ DI DIO SIGNIFICA CREDERE CHE DIO È UN MISTERO DI COMUNIONE E DI AMORE. LA SUA INTIMITÀ MISTERIOSA È SOLO AMORE E COMUNICAZIONE
ai gesti compiuti. Solo quando si lasciano conquistare dall’incredibile gesto di chi si offre e si consegna completamente (ultima cena, lavanda dei piedi, crocifissione e risurrezione) e rinunciano alle loro attese di cose non ben definite, non vogliono più niente ma solo seguire quel «chi» che finalmente è diventato la loro Via, Verità e Vita. GIULIANO PALIZZI redazione.rivista@ausilaitrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
29
DON BOSCO OGGI
Il prodigio di Lisbona
Sport e fede a braccetto nel nuovo romanzo di Paolo Gulisano. È un libro davvero originale quello di Paolo Gulisano, medico e scrittore, tra i maggiori esperti delle opere di J.R.R. Tolkien, profondo conoscitore della cultura britannica. Il suo nuovo romanzo, Il prodigio di Lisbona. Da una periferia scozzese alla Coppa dei Campioni... passando per Fatima, della collana Storie di vita della Editrice Elledici, si colloca all’incrocio tra narrativa, storia e religione. Lo spunto della narrazione è un evento realmente accaduto cinquant’anni fa: un’affascinante favola sportiva, in cui una squadra di calcio, il Celtic Football Club, nata in Scozia nel 1887 con lo scopo di aiutare i poveri delle misere periferie di Glasgow, nel 1967 conquista il titolo 30
MARIA AUSILIATRICE N. 6
di Campione d’Europa nella finale della Coppa dei Campioni (l’attuale Champions League) battendo la mitica Inter di Helenio Herrera. SQUADRA DI CALCIO MA COL SAPORE DI FAMIGLIA
È la storia di una squadra uscita dalle mura di uno dei tanti oratori (il team ricevette l’etichetta di “squadra dei cattolici”, contrapposta all’altra compagine calcistica di Glasgow, i Rangers, formata solo da protestanti) per coronare un traguardo di gloria, forse inaspettato ma vero. Insomma, il classico sogno sportivo che diventa realtà e che fa del Celtic «non una semplice squadra di calcio, ma una famiglia, una cultura, una di-
ROMANZO E REALTÀ
Muovendosi sapientemente tra realtà e invenzione, presentando personaggi famosi e sconosciuti, tutti portatori di messaggi e valori pro-
DON BOSCO OGGI
mensione del vivere», in una parola un team entrato nella leggenda. In attesa della storica finale, nel romanzo si intrecciano varie storie, emozionanti e commoventi, che testimoniano la forte devozione mariana dei cattolici scozzesi e irlandesi e la vitalità della cultura celtica, capace di superare ogni omologazione e globalizzazione. Ne risulta un affresco vivace e coinvolgente, in cui tra fatti, luoghi e persone reali e alcuni personaggi e circostanze che sono frutto dell’immaginazione dell’Autore, si ripercorrono, con una narrazione che ha il respiro del romanzo storico, le vicende di questa grande squadra e dei suoi atleti. Il riferimento a Fatima c’entra non solo perché la finale di Coppa avvenne a Lisbona, ma è motivano dall’originale “cornice narrativa” voluta dall’autore (reale è invece l’esistenza del movimento della Legione di Maria, del suo fondatore Frank Duff, di Alfie Lambe). In essa si narra di un pellegrinaggio, prima a Santiago di Compostela e poi a Fatima, di un gruppo di cattolici di Dublino, al quale si uniscono Brian e Desmond, due personaggi del romanzo, tifosi della squadra, un po’ tiepidi sul piano della Fede, ma che nel corso del viaggio otterranno dal sacerdote che ha organizzato il pellegrinaggio la possibilità di assistere alla finale di Coppa, gioendo della vittoria con gli eroi della loro squadra del cuore dopo aver vissuto il viaggio come una specie di catarsi spirituale.
PAOLO GULISANO NATO A MILANO NEL 1959, A NOVE ANNI SI TRASFERISCE A LECCO DOVE VIVE TUTTORA. DOPO AVER FREQUENTATO IL LICEO CLASSICO A. MANZONI, SI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA, SPECIALIZZANDOSI IN IGIENE E MEDICINA PREVENTIVA. CULTORE E DOCENTE DI STORIA DELLA MEDICINA, ALL’ATTIVITÀ DI MEDICO AFFIANCA DA ANNI UN IMPEGNO CULTURALE DI SAGGISTA E SCRITTORE.
fondi, il romanzo offre lo spaccato di un periodo storico in cui risuonava ancora l’eco dei drammatici eventi della guerra. Vi sono diverse altre figure letterarie inventate. In primo luogo Peter Smyth, così come il suo giornale e il suo direttore. È tuttavia vero che la Royal Air Force bombardò Napoli e altre città con attacchi provenienti da Malta. È vero che esistette il campo di prigionia di Fossoli di Carpi, che dopo la fuga dei prigionieri britannici divenne un campo di concentramento per ebrei e antifascisti. La figura di Antonio e della famiglia Azzoni è inventata, ma è tristemente vero che esponenti delle brigate comuniste uccisero tanti innocenti, durante la guerra e fino al 1946, compresi il seminarista Rolando Rivi e don Umberto Pessina, citati nel libro, così come Nutrizio, Attilio Giordani, Giovannino Guareschi. La finale del 25 maggio 1967 e tutti gli avvenimenti sportivi raccontati si svolsero come descritto nelle pagine di questo avvincente romanzo. E infine, è meravigliosamente vera la Coppa dei Campioni che fa bella mostra di sé nella sala dei trofei del Celtic Park.
Paolo Gulisano Il prodigio di Lisbona Elledici, 2017 pagine 184
LA REDAZIONE redazione.rivista@ausiliatrice.net
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
31
DON BOSCO OGGI
ADMA famiglie Pracharbon 2017 Nelle prime tre settimane di agosto si sono svolti a Pracharbon (Val d’Ayas – regione Valle d’Aosta), gli esercizi spirituali per tre gruppi nutriti di famiglie che fanno riferimento all’ADMA primaria di Torino-Valdocco. In tutto hanno partecipato, tra grandi e piccoli, circa 450 persone. Il tema guida di quest’anno è stato la beatitudine del cuore – gioioso, ardente, aperto e puro – con la luce che viene anche dal centenario delle apparizioni di Fatima. Uno degli aspetti più belli e che dà grande forza a questa esperienza è la condivisione di vita che si fa tra le famiglie, dai momenti profondi di scambio di esperienza di fede all’aiuto reciproco che ci si dà per le esigenze di vita quotidiana (pasti, pulizie...). Riportiamo qualche risonanza.
solo quando la vita è prova apre ad una gioia profonda e inattaccabile: questa è la mia speranza.
In questo campo il Signore mi ha fatto capire quanto sia fondamentale l’esperienza del deserto per poter purificare il cuore.Voglio lasciarmi condurre verso la terra promessa attraverso il deserto, luogo di prova e di intimità, perché
Signore ti ringraziamo perché in questo campo le tue parole hanno lasciato un segno indelebile nei nostri cuori. Ti preghiamo di aiutarci ora a recuperare la purezza dei nostri cuori e di insegnarci ogni giorno come custodirla.
32
MARIA AUSILIATRICE N. 6
Signore, guarisci la nostra stoltezza e aiutaci ad essere pronti a compiere la tua volontà. Il pensiero negativo che più spesso viene ad inquinare il mio cuore è il senso di colpa (per esempio nei confronti dei figli). Non si tratta di un sentimento positivo che mi sprona a migliorare, bensì di un sentimento negativo che mi butta indietro nel passato e mi fa vedere un futuro pieno di problemi. Per purificarmi da questi pensieri devo invocare di più lo Spirito Santo, che mi faccia essere presente all’oggi, al momento attuale, che mi apra gli occhi sugli aspetti positivi della mia vita e della mia famiglia.
Ti ringraziamo Signore di questi giorni, per il tempo trascorso insieme, per gli incontri, per il tempo di preghiera e di ristoro, per le desolazioni e i momenti di difficoltà, per gli amici e per le nostre guide che ci accompagnano nel nostro cammino, per le oasi nel deserto e per chi si è preso cura di noi per far trovare “tutto pronto”. Ti affidiamo le famiglie da cui veniamo, tutte le famiglie che abbiamo incontrato, le nostre individualità e la famiglia che saremo insieme, tutte le persone che non hanno l’opportunità di vivere e ricevere quanto abbiamo ricevuto. Fa di noi dei testimoni della tua presenza. La fisioterapia della fede grata: cambiare in gratitudine gli “sbuffi” con cui reagisco ai piccoli contrattempi, perché “là c’è la provvidenza”.Vietato lamentarsi, cetera tolle! Maria, aiutami ad accogliere Gesù nel mio cuore e a custodirlo. Liberami dalle preoccupazioni e dalla pigrizia affinché possa riconoscere Gesù che mi cammina a fianco.
O Maria, qui in questo luogo benedetto oltre alla bellezza di essere famiglia si è visto anche la grazia di essere sacerdoti di don Bosco e religiose figlie di Maria Ausiliatrice. Se nei nostri figli/e intravedi il segno di questa vocazione, accompagnali a tuo Figlio Gesù e proteggi il loro cammino. Noi cercheremo di essere vicini con la nostra preghiera. Grazie. Il mio cuore è un condominio nel quale continuamente ospito ladri che mi rubano la pace. Ma ora basta! Fuori tutti! E mi faccio mettere un bel sistema di allarme. O Maria Immacolata, grazie perché questo campo di Pracharbon 2017 mi ha permesso di riscoprire la bellezza di vivere da cristiano sveglio, pronto in spirito, vigile e che prega tanto. Ti offro questi pochi propositi chiedendoti il tuo aiuto: svegliarmi un po’ prima al mattino e mettere in moto la famiglia dedicando un buon tempo per la preghiera e l’ascolto della Parola del giorno, prendere con serietà il lavoro ma senza lasciare che, a meno di eccezioni, rubi tempo alla mia famiglia, prendermi più cura dei “momenti speciali” tra me e mia moglie. ADMA FAMIGLIE redazione.rivista@ausiliatrice.net
DON BOSCO OGGI
Affidiamo a Te e al cuore puro di Maria le intenzioni della nostra famiglia, con il desiderio sincero che essa sappia diventare custode dell’Amore e della Chiesa.
TI AFFIDIAMO LE FAMIGLIE DA CUI VENIAMO, TUTTE LE FAMIGLIE CHE ABBIAMO INCONTRATO. FA’ DI NOI DEI TESTIMONI DELLA TUA PRESENZA
ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE
Voglio vendere i miei averi per avere Te: l’orgoglio, i desideri, la stanchezza, i pensieri, le distrazioni, la superficialità, il giudizio.Voglio che Tu sia l’unico padrone del mio cuore, Tu e Maria. Signore, passa a curare le ferite che ho causato, consola i cuori che ho scandalizzato, riempili della tua pace. Perdonami per quando non ho accolto, amato i tuoi figli, aiutami a non oppormi al tuo amore che chiede di passare attraverso di me. I doni enormi che ho ricevuto siano per me luce nella notte, mi orientino sempre verso Te. NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
33
DON BOSCO OGGI
Questa è la mia casa, da qui la mia gloria! In preparazione al 150° di consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice (8 giugno 2018), dedicheremo alcuni spunti formativi al significato e al messaggio di questo anniversario. Dall’omelia tenuta dal Rettor Maggiore l’8 agosto 2015 nella Basilica di Maria Ausiliatrice in occasione del VII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice (Prima parte). In questo luogo e in questo momento più che mai vogliamo riflettere e accogliere le parole di Maria: «Hic domus mea, inde gloria mea» e l’attualizzazione che ne è stata fatta per questo Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice: Dalla casa di Maria alle nostre case. La sua misericordia di generazione in generazione. Dalla “sua casa” Maria Ausiliatrice e Madre della Chiesa vuol fare lievitare gli affetti della Chiesa e della Famiglia Salesiana su nuove profondità e verso più ampi orizzonti. 34
MARIA AUSILIATRICE N. 6
Viviamo questo incontro in questo luogo di grazia. Don Eugenio Ceria, storico di don Bosco, ha affermato che l’erezione del tempio di Maria Ausiliatrice a Valdocco ha nella tradizione della Famiglia Salesiana un’importanza eccezionale: proclama la certezza dell’intervento materno dell’Ausiliatrice («Maria si è costruita questa casa»), si costituisce in “luogo privilegiato” di un messaggio spirituale e apostolico (cuore del patrimonio spirituale del Fondatore) e diviene centro di coesione e di diffusione universale («Qui è la mia casa, di qui la mia gloria»). Con questo tempio don Bosco accese, dice il Ceria, «un mistico focolare, a cui si sarebbero scaldate e sarebbero
DON BOSCO OGGI
tornate a ritemprarsi generazioni di operai evangelici, mandati largamente a lavorare nella vigna del Signore» (E. Ceria, Annali I pag. 89; cf tutto il cap. 9). Il Santuario di Valdocco trascende la geografia locale ed è centro fecondo che estende al mondo le ricchezze di un carisma dello Spirito Santo custodite e animate dalla sollecitudine della Vergine Maria, Madre di Dio. Gesù ha assunto la natura umana in una famiglia, ha dato inizio ai segni nella festa nuziale a Cana, ha annunciato il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che ricupera il progetto originario di Dio. Vorrei commentare il brano biblico delle nozze di Cana, proposto per l’Eucaristia in onore di Maria Ausiliatrice, alla luce della lettura che don Bosco propone nell’opuscolo Meraviglie della Madre di Dio, il testo più bello del nostro Padre su Maria Ausiliatrice e Madre della Chiesa. Scrive don Bosco: «Maria manifesta nelle nozze di Cana il suo zelo e la sua potenza presso suo figlio Gesù. Vinum non habent: Maria prega, supplica e intercede come Madre tenerissima e misericordiosa, perché “è proprio della misericordia il reputar nostro il bisogno altrui”. “Sollecitudine e diligenza” nel prevenire e nel provvedere: un aiuto opportuno e al giusto momento, perché espressione e frutto dell’intima unione della Madre col Figlio nell’opera della salvezza. Maria rifulge quale luminoso esempio di fede, maestra di fiducia, di amore e di obbedienza, esempio di umiltà, di prontezza e di prudenza». In queste poche righe il nostro padre ci elenca una varietà di ele-
menti che orientano il nostro cammino, offrendoci alcune indicazioni preziose per la vita delle nostre famiglie e per una rinnovata pastorale famigliare. Maria prega, supplica e intercede. Maria è la donna che intercede con la potenza dell’amore. Tre verbi che qualificano la mediazione materna di Maria. La forza della preghiera deve sostenere il cammino, le relazioni, le scelte, le fatiche e le prove della famiglia. La famiglia non deve privarsi della protezione della preghiera. Quando viene a mancare il vino della gioia, dell’armonia, della pace, la preghiera deve intensificarsi. Quante persone e situazioni famigliari segnate dalla solitudine, dall’abbandono e spesso dal rancore, perché è venuto a mancare il vino della gioia che da sapore alla vita. La debolezza e la fragilità della famiglia oggi è spesso dovuta al grande vuoto spirituale e all’assenza della preghiera fatta insieme. «La famiglia che prega unita resta unita», affermava la Santa Teresa di Calcutta. Come Madre tenerissima e misericordiosa, che conferma la verità dell’amore di Dio “di generazione in generazione”. È proprio dentro la storia delle nostre famiglie, delle relazioni coniugali, genitoriali, fraterne, parentali che deve oggi rivelarsi l’amore misericordioso di Dio. Relazioni spesso ferite, risentite, malate, che nella pratica di un amore che accoglie, perdona, scusa, sa rigenerare i rapporti ed aprirli e dilatarli su nuovi orizzonti. PIERLUIGI CAMERONI pcameroni@sdb.org
ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
35
DON BOSCO OGGI
Onesti cittadini e buoni cristiani Tra pochi mesi il CNOS-FAP del Piemonte festeggerà i 40 anni di fondazione. Ecco le parole del Presidente, don Enrico Stasi, e del direttore generale, Lucio Reghellin.
Al termine dell’anno formativo in corso, l’Associazione CNOS-FAP Regione Piemonte compirà i 40 anni di fondazione, avvenuta il 30 giugno 1978. Per l’occasione, ecco alcune parole del Presidente, don Enrico Stasi – Ispettore dei Salesiani Piemonte e Valle d’Aosta –, e del direttore generale, sig. Lucio Reghellin. DON STASI: UN FUTURO SULLE ORME DI DON BOSCO
«In qualunque continente don Bosco è conosciuto soprattutto grazie alla Formazione Professionale. E non può che essere così: don Bosco sin dall’inizio della sua opera (170 anni fa!) ha voluto “insegnare un 36
MARIA AUSILIATRICE N. 6
mestiere” proprio perché la possibilità di un lavoro dà dignità alla persona e la fa crescere in modo equilibrato e sano, anche moralmente. Nelle Costituzioni dei Salesiani, si legge: “I giovani degli ambienti popolari che si avviano al lavoro e i giovani lavoratori spesso incontrano difficoltà e sono facilmente esposti ad ingiustizie. Imitando la sollecitudine di don Bosco, ci rivolgiamo ad essi per renderli idonei ad occupare con dignità il loro posto nella società e nella Chiesa e a prendere coscienza del loro ruolo in vista della trasformazione cristiana della vita sociale”. Da quarant’anni, in Italia e in Piemonte i Salesiani operano in que-
REGHELLIN: CORSI PER OGNI PROFESSIONE
«Il primo nucleo era composto da nove CFP (Centri di Formazione Professionale) con un minimo coordinamento regionale. L’attività formativa per i giovani dopo la scuola media era svolta nell’ambito industriale, principalmente in tre settori professionali: meccanica industriale, elettro/elettronica e grafica. Nello sviluppo della sua attività, il CNOSFAP ha istituito un coordinamento regionale più forte, ha aperto altre sedi operative (oggi sono 15), ha diversificato la sua proposta formativa ampliando i settori professionali anche in ambito artigianale e dei servizi: si va dalla carrozzeria alla termoidraulica, dai servizi alla persona agli operatori di cucina-sala bar. Il servizio del CNOS-FAP in questi anni si è diretto anche ad altri destinatari, pur rimanendo i ragazzi in obbligo di istruzione i destinatari privilegiati: si sono attivati corsi di qualifica per adulti disoccupati, di aggiornamento per i lavoratori, di accompagnamento per le fasce più in difficoltà. Intenso è stato lo sforzo che l’Associazione ha dovuto fare per
rimanere fedele alla propria missione di fronte alle continue evoluzioni della legislazione, delle norme europee e nazionali. Possiamo affermare che sono stati pochi gli anni che non ci hanno chiesto un aggiornamento, una nuova progettazione, un cambio dei nostri modi di agire. Lo statuto pone tra gli scopi dell’Associazione anche quello dell’orientamento. Molto si è fatto in questo ambito per avviare i giovani alla vita, ma è soprattutto in questi ultimi anni che si sono rafforzati i servizi al lavoro con l’obiettivo di accompagnare le persone nel mondo del lavoro. Recandosi in uno dei CFP piemontesi è possibile conoscere i percorsi formativi e i mestieri, visitando i laboratori e le officine, e i titoli di studio che si possono conseguire. Inoltre si potrà avere un’indicazione sulle propensioni dei giovani e presentare come gli allievi sono accompagnati per raggiungere il successo formativo». LA REDAZIONE redazione.rivista@ausiliatrice.net
DON BOSCO OGGI
sto campo attraverso il CNOS-FAP. Sono stati 40 anni di grandi trasformazioni del mondo della formazione a cui i Salesiani, grazie all’azione associativa, sono sempre stati in grado di rispondere con efficacia e spesso anche con chiaroveggenza. Questa è stata la nostra forza e lo sarà anche per il futuro sempre ben radicati nelle intuizioni delle origini e insieme aperti all’innovazione e ai cambiamenti che le leggi e la struttura sociale richiederanno».
“I GIOVANI DEGLI AMBIENTI POPOLARI CHE SI AVVIANO AL LAVORO E I GIOVANI LAVORATORI SPESSO INCONTRANO DIFFICOLTÀ E SONO FACILMENTE ESPOSTI AD INGIUSTIZIE. IMITANDO LA SOLLECITUDINE DI DON BOSCO, CI RIVOLGIAMO AD ESSI PER RENDERLI IDONEI AD OCCUPARE CON DIGNITÀ IL LORO POSTO NELLA SOCIETÀ E NELLA CHIESA E A PRENDERE COSCIENZA DEL LORO RUOLO IN VISTA DELLA TRASFORMAZIONE CRISTIANA DELLA VITA SOCIALE”.
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
37
DON BOSCO OGGI
Trentasei anni di missione. E non sentirli... ricerca di realtà da far fiorire; oggi siamo un centinaio, più della metà di noi sono malgasci e cinque di essi hanno la responsabilità della comunità. Salesiani malgasci sono partiti dal Madagascar per andare in missione in Sri Lanka, Cambogia, Zambia, Venezuela e Uruguay. Quest’anno si stanno formando quindici novizi e venticinque prenovizi. Insomma: la Provvidenza è davvero generosa!».
Incontro con padre Bepi Miele, che fin da piccolo sognava di diventare missionario e ha coronato il proprio sogno, sulle orme di don Bosco, in Madagascar. Non di rado, se coltivati con perseveranza e illuminati alla luce della concretezza, i sogni possono trasformarsi in realtà. Ne è convinto padre Bepi Miele, che fin da piccolo s’immaginava missionario in qualche villaggio sperduto e quest’anno festeggia mezzo secolo di vita salesiana e trentasei anni di missione in Madagascar. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua esperienza. ISTRUIRE I BAMBINI PER FAR PROGREDIRE UNA NAZIONE
La presenza salesiana in Madagascar ha avuto inizio 38
MARIA AUSILIATRICE N. 6
una quarantina di anni fa... «Nel 1981, per la precisione. E ho avuto l’onore di far parte della prima spedizione. Convinti che il futuro di una nazione passi attraverso l’elevazione culturale dei bambini, fin dall’inizio, come Salesiani, abbiamo concentrato le nostre energie nell’allestire centri di formazione professionale e scuole, che si sono rivelate anche un ottimo strumento per l’evangelizzazione». Che cosa è cambiato da allora? «Allora eravamo pochi, tutti provenienti dall’estero e alla
Tra tanti meriti, avete anche quello di aver “importato” l’oratorio in Madagascar... «Una realtà che era sconosciuta e che ha incantato e continua a incantare giovani e adulti. Quando, negli anni Ottanta, abbiamo chiesto al vescovo gesuita di Fianarantsoa il permesso di operare nella sua diocesi ci ha risposto: “Venite! E fateci vedere cos’è l’oratorio”. Così abbiamo realizzato l’oratorio più bello del Madagascar, che non si limita ad accogliere ragazzi e ragazze a scopo ricreativo ma, grazie anche all’impegno di gruppi, associazioni e catechisti, provvede alla loro formazione umana e cristiana». ACCOMPAGNARE I GIOVANI VERSO L’INDIPENDENZA ECONOMICA
Quali sono i problemi più gravi che dovete affrontare? «Senza dubbio il triste feno-
I Salesiani come reagiscono? «S’impegnano a seminare speranza cercando, con ogni mezzo, d’infondere nei giovani fiducia nell’avvenire. Da qualche tempo, per esempio, abbiamo avviato un progetto per accompagnare gli ex allievi dei nostri centri di formazione professionale verso un inserimento nel mondo del lavoro dando loro la possibilità di lavorare per un anno presso di noi per rafforzare le proprie capacità, imparare il rispetto della disciplina e dei tempi di produzione e approfondire la conoscenza delle leggi riguardanti il lavoro. E non smettiamo di prenderci cura dei ragazzi più poveri e abbandonati, spesso pagando
DON BOSCO OGGI
meno dei dahalo, i banditi che assaltano i villaggi e fanno razzia soprattutto di zebù e di raccolti. Entrano nei villaggi, chiedono ciò di cui hanno bisogno e uccidono chi si oppone alle loro prepotenze. Sono bande organizzate, protette da qualche organizzazione criminale, vittime della mentalità deleteria che impone loro di fare tanti soldi in fretta e senza fatica. All’inizio si trattava di razzie occasionali, ora stanno diventando frequenti e le persone che vivono nei villaggi sono disperate ed esasperate: quando catturano un brigante lo sottopongono a giudizio sommario e lo uccidono. E questo esaspera ancor più il clima e mette in moto un circolo vizioso di vendette e ritorsioni».
loro la retta per andare a scuola e sostenendo tutte le spese necessarie al loro mantenimento». Che cosa consiglierebbe a un ragazzo che, come è accaduto a lei, sogna di diventare missionario? «Non aver paura e sarai contento. Io non mi sono mai pentito di essere partito per le missioni e, dopo i primi tempi in cui ho dovuto imparare la lingua e ambientarmi, non ho mai avuto ripensamenti».
SCOPRI I I DIARI DI GIAMPIETRO PETTENON, PRESIDENTE DI MISSIONI DON BOSCO SEGUENDO IL QRCODE
CARLO TAGLIANI redazione.rivista@ausiliatrice.net
Chiunque desideri approfondire o sostenere l’attività di Missioni Don Bosco Onlus in Madagascar può mettersi in contatto con l’Ufficio progetti
ANCHE TU PUOI FARE QUALCOSA!
Missioni don Bosco Valdocco ONLUS
via Maria Ausiliatrice 32, 10152 Torino tel. 011 39 90 101 e-mail: info@missionidonbosco.org www.missionidonbosco.org NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
39
DON BOSCO OGGI Da sinistra: Luca Del Negro, Stefano Passaggio, don Claudio Baima Rughet, l’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia, Benito Cutellè e Lorenzo Bortolin
“Diaconi beati e santi” Le biografie di oltre duecento diaconi, dalle origini ad oggi. Un invito ad imitarli. «Sorpresa e gioia: sono i sentimenti che ho provato scorrendo questo libro». Così scrive l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nella presentazione del volume Diaconi beati e santi. Dalle origini ai giorni nostri, da poco pubblicato. E aggiunge: «Sorpresa, innanzi tutto, per il numero dei diaconi – oltre duecento – che la Chiesa ha già riconosciuto beati e santi; in secondo luogo, sorpresa perché non mi risulta che sinora sia stata compiuta una ricerca così approfondita. Infine gioia, perché queste biografie valorizzano una volta di 40
MARIA AUSILIATRICE N. 6
più la particolare vocazione al diaconato e perché gli autori sono diaconi permanenti della nostra amata diocesi di Torino». In effetti, le sorprese sono ad ogni pagina, a cominciare dai santi stessi. Accanto a martiri venerati ovunque, come Stefano, Lorenzo e il medico Damiano, fratello di Cosma, ci sono tanti santi meno noti, ed altri ancora dei quali qualche volta ci si dimentica che sono diaconi e non preti, e tra questi Bernardo d’Aosta (fondatore dell’ospizio alpino), Francesco (patrono d’Italia) o Marino (all’origine
UN MINISTERO VOLUTO DAGLI APOSTOLI
Il diaconato nasce per volontà degli Apostoli, quando scelsero «sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza», ai quali affidarono il servizio delle mense (At 6,1-6). Già da subito, però, l’incarico si amplia: con l’approvazione evidente, anche se non scritta, dei Dodici, i diaconi si pongono al servizio del Vangelo e dell’uomo. Così, di volta in volta, il diacono è difensore dei poveri e dei malati, costruttore di ospizi, missionario, estensore di inni, oratore ad un Concilio, Consigliere del papa, fondatore di un’abbazia o di uno Stato, ed altro ancora. Già prima del Mille, tuttavia, la gerarchizzazione delle funzioni liturgiche, la nascita di congregazioni religiose tese ad aiutare i poveri, oltre che l’obbligo del celibato, riducono il diaconato a tappa obbligata, seppur temporanea, verso il sacerdozio (ancora oggi per i seminaristi si parla di diaconato transeunte). Bisogna attendere il Concilio Vaticano II per assistere al ripristino del diaconato permanente (oggi è la sola “vocazione” in crescita: i diaconi italiani sono oltre tremila). Il diacono riceve il sacramento dell’Ordine nel primo dei tre gradi (gli altri sono il presbiterato e l’episcopato) e per questo può anche battezzare, celebrare matrimoni e funerali, svolgere omelie, presiedere varie funzioni compresa la Liturgia della Parola, sostitutiva se del caso della Messa. Quasi tutti i diaconi mantengono sé stessi e l’eventuale famiglia con il proprio lavoro o la pensione, e se sono sposati e restano vedovi, non possono risposarsi.
DON BOSCO OGGI
dell’omonima Repubblica). Ma qui s’impone un passo indietro.
DA SANTO STEFANO ALLE PERSECUZIONI RECENTI
Il libro, dunque, propone le biografie di oltre duecento diaconi, dal protomartire santo Stefano al brasiliano Giovanni Luigi Pozzobon, “servo di Dio” di chiare origini italiane, morto nel 1985. Se per alcuni di loro le notizie sono lacunose, specie se vissuti nei primi tre secoli o uccisi in recenti rivoluzioni e dittature, per quasi tutti gli altri, gli autori hanno avuto difficoltà a condensare le informazioni. La lettura e la consultazione sono facilitate dall’aver posto i nomi in ordine alfabetico, con tanto di varianti e appellativi stranieri, e di ognuno è precisato se è servo di Dio, o venerabile, o beato, o santo ed anche se è martire. Sono indicati pure la città e il giorno di nascita e di morte, e la data della loro memoria liturgica. In una parola, una marea di dati e notizie. Utile è l’elenco emerologico, dove beati e santi sono citati secondo i giorni del calendario. Il volume si presenta, quindi, unico nel settore, da leggere con curiosità e da consultare. E soprattutto, come sottolinea don Claudio Baima Rughet, delegato per il diaconato permanente nell’Arcidiocesi di Torino, è un invito ad imitare quei diaconi per farci santi noi, qui ed ora.
IL DIACONO RICEVE IL SACRAMENTO DELL’ORDINE NEL PRIMO DEI TRE GRADI (GLI ALTRI SONO IL PRESBITERATO E L’EPISCOPATO)
CAMILLA FURNO redazione.rivista@ausiliatrice.net
Diaconi beati e santi. Dalle origini ai giorni nostri Lorenzo Bortolin, Benito Cutellè, Luca Del Negro, Stefano Passaggio, Effatà Editrice, 2017 pagine 192
NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
41
DON BOSCO OGGI
Don Pietro Mellano:
«Diamo a tutti un’opportunità di inserirsi nel mondo del lavoro imparando un mestiere» Don Pietro Mellano, salesiano, nativo di Fossano, classe 1971, è da settembre scorso il nuovo direttore nazionale del CNOS-FAP. Già economo della Ispettoria salesiana del Piemonte (Italia Circoscrizione Piemonte) e direttore generale dell’editrice Elledici don Pietro ha iniziato il suo nuovo incarico con la concretezza tipica di don Bosco che cercava di cogliere nel cambiamento spunti positivi a vantaggio dei giovani più in difficoltà.
vazione ma con lo stile di don Bosco che cercava vie di riscatto per tutti, soprattutto per i giovani in difficoltà perché nessuno fosse escluso. La nostra formazione inclusiva ha come obiettivo di dare a tutti un’opportunità di inserirsi nel mondo del lavoro imparando un mestiere anche se non nascondiamo le difficoltà di questo momento storico in cui, come è stato sottolineato al G7, l’industria 4.0 sta rivoluzionando il mondo del lavoro.
Al G7 a Torino si è parlato molto del ruolo centrale della Formazione Professionale. Quali sono i vostri programmi e i vostri obiettivi? Il nostro programma pastorale per l’anno formativo ha come slogan #nessuno escluso. Con l’ hashtag vogliamo indicare che le nostre scuole professionali vogliono continuare ad accettare la sfida dell’inno-
Come vi state attrezzando per la sfida dell’industria 4.0? Don Bosco nel 1852 a Torino inventò il primo contratto di apprendistato per uno dei suoi giovani facendosi da garante presso il datore di lavoro. Oggi a distanza di 165 anni i dati ci dicono che i contratti di apprendistato introdotti dal Job act con il sistema duale di formazione Professionale alterna-
42
MARIA AUSILIATRICE N. 6
ta tra scuola e lavoro sta funzionando tanto che questo tipo di contratti sono passati nel 2017 da 1400 a 14 mila. Gli sportelli lavoro attivi nei nostri centri di Formazione Professionale e in rete su tutto il territorio nazionale, dove si raccolgono le richieste da parte delle aziende di figure professionali cercando di favorire la domanda con l’offerta, spesso registrano difficoltà a trovare personale qualificato. Questo significa che la Formazione Professionale che si sta adeguando ai cambiamenti dell’automazione ha anche bisogno di un cambiamento culturale delle famiglie italiane: occorre accettare che i propri figli si spostino laddove c’è richiesta di lavoro che sarà sempre meno sotto casa e nella città di origine. MARINA LOMUNNO redazione.rivista@ausiliatrice.net
DON BOSCO OGGI
Amaro della casa ANNA MARIA MUSSO FRENI redazione.rivista@ausiliatrice.net
• ½ LITRO DI ALCOOL A 90° • 200 G DI ZUCCHERO • ½ LITRO DI ACQUA •5 O 6 CHIODI DI GAROFANO, UN PEZZO DI CANNELLA
•U NA MANCIATA DI FOGLIE PER
OGNI TIPO DI ERBA: SALVIA, ROSMARINO, BASILICO, ALLORO, MENTA, LIMONINA
• UN CUCCHIAIO DI TÈ IN FOGLIE •U N CUCCHIAINO DI CAFFÈ MACINATO
SISTEMARE LE ERBE IN UN BARATTOLO A CHIUSURA ERMETICA. COPRIRLE CON L’ALCOOL , CHIUDERE IL RECIPIENTE E LASCIARE IN INFUSIONE PER UN MESE SCUOTENDO IL CONTENITORE OGNI GIORNO. TERMINATO IL PERIODO, BOLLIRE L’ACQUA, SCIOGLIENDOVI LO ZUCCHERO A FUOCO LENTO. ELIMINARE LE ERBE E FILTRARE L’ALCOOL AROMATIZZATO. UNIRVI LO SCIROPPO DI ACQUA E ZUCCHERO RAFFREDDATO E FILTRARE NUOVAMENTE IL LIQUIDO. IMBOTTIGLIARE E LASCIARE RIPOSARE UN MESE PRIMA DI UTILIZZARLO.
È confortante leggere sulla nostra rivista che tutti i collaboratori e benefattori sono ricordati ogni giorno in Basilica. Ho potuto sperimentare l’efficacia di questo ricordo sabato 1° luglio. Partita per le vacanze con la mia vecchia Punto, decido di fermarmi al primo distributore di carburante dell’autostrada per un precauzionale rifornimento. Entrando nell’area di servizio, con orrore constato che i freni non funzionano. Eppure, per arrivare all’autostrada ho incrociato almeno una ventina di semafori, fermandomi e ripartendo regolarmente... Afferro disperatamente il freno a mano, ma l’auto, impazzita, “salta” le pompe di benzina e continua la corsa urtando violentemente il guardrail del parcheggio che, fortunatamente, la
blocca. I fari volano in mille pezzi, il cofano si piega. Esco dall’abitacolo terrorizzata e tremante, ma illesa. Nemmeno un livido, nemmeno un graffio. Mi rendo subito conto che una Mano potente ha afferrato lo sterzo della mia Punto arrestandone la folle corsa verso il nulla. E la stessa Mano ha fatto in modo che l’autogrill della Torino- Piacenza, sempre molto affollato in un sabato estivo, quel pomeriggio fosse deserto. È stata evitata una strage. Non è corretto usare uno strumento pubblico come questo per raccontare vicende private, ma ritengo giusto farlo per esprimere visibilmente il mio grazie a Maria Ausiliatrice. È bello lavorare per Lei. E un evento come questo merita un brindisi con un facile liquore casalingo. NOVEMBRE-DICEMBRE 2017
43
IN MEMORIA
Grazie don Corrado! Il 27 agosto 2017 alla Casa Madre dei Salesiani di TorinoValdocco don Corrado Bettiga finiva i suoi giorni terreni e cominciava quelli eterni senza tramonto in Paradiso. La Rivista Maria Ausiliatrice lo ricorda volentieri perché è stato, insieme a don Gianni Sangalli (+2004), che ne fu il direttore per oltre 20 anni, uno dei suoi ri-fondatori, nel 1980. L’ideatore e fondatore della Rivista fu il Beato Filippo Rinaldi nel 1928. Essa ricevette un’ottima accoglienza suscitando grande entusiasmo in tutta la Famiglia Salesiana... fino al 1943, quando, in piena seconda guerra mondiale, cessò la pubblicazione. Fu ripresa nel 1980, in seguito alla visita del papa Giovanni Paolo II a Valdocco (13 aprile 1980), ad opera di don Gianni, rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice, coadiuvato nell’impresa proprio da don Corrado Bettiga, allora nella stessa comunità Maria Ausiliatrice (prima vicario economo nel 1979 e poi direttore 1985-1989). Don Corrado è nato nel 1932 a Sueglio, in provincia di Como (Italia). È diventato salesiano nel 1949 e sacerdote nel 1959. Specializzatosi in Diritto Canonico fu professore di questa materia a Castellamare, presso Napoli, dove insegnò per ben 16 anni. È stato per 6 anni anche responsabile spirituale delle VDB. Comunità Maria Ausiliatrice. Anch’io l’ho conosciuto personalmente qui a Valdocco e mi è rimasto impresso nella memoria il suo sorriso, la sua presenza gentile con tutti, mai ingombrante o dominante, sempre disponibile ad aiutarti se chiedevi qualche as-
44
MARIA AUSILIATRICE N. 6
sistenza. Di don Corrado ho due ricordi. Il primo è il giudizio espresso da un salesiano, che era stato suo allievo a Castellamare. Mi disse: «Don Corrado, oltre alla sua docenza di Diritto Canonico, andava, da buon salesiano, all’oratorio per aiutare quei ragazzi che non erano proprio i più educati e disciplinati di questo mondo tutt’altro. Ebbene don Corrado, con il suo sorriso, con la sua pazienza a tutta prova, con la sua bontà quasi disarmante, era riuscito nell’impresa, non facile, di ammansirli e renderli più rispettosi e disponibili, quasi un miracolo. Per me è stato un vero figlio di don Bosco». Quindi professore sì, ma non dimenticava il suo cuore salesiano, che batteva sempre per l’educazione dei giovani. Il secondo ricordo. Nella comunità don Corrado era il salesiano non della “parolina all’orecchio” come faceva don Bosco ai suoi ragazzi, ma della barzelletta, che lui ti raccontava sorridente e con voce quasi sussurrata. Beh, qualche volta erano delle belle “freddure”. Io una volta mi sono permesso di dirgli: «Ma padre Corrado questa è semplicemente una freddura e a Torino fa già freddo di suo la deve raccontare a luglio-agosto per avere un po’ di sollievo dal caldo. Adesso ci prendiamo un raffreddore». Lui ti guardava, ti sorrideva beato e soddisfatto del suo singolare apostolato e, naturalmente, aspettava un’altra occasione, per un’altra barzelletta o freddura. Anche questo creava buon umore e suscitava qualche sorriso in più in comunità il che non guasta mai. Grazie di tutto don Corrado i lettori della nostra Rivista ti ringraziano per il tuo contributo nella sua ri-fondazione, per la tua collaborazione ed il costante sostegno. A noi che ti abbiamo conosciuto mancheranno la tua bontà, il suo sorriso e le tue barzellette, che, lo pensiamo sorridendo, continuerai a raccontare in Paradiso. Grazie di cuore. MARIO SCUDU archivio.rivista@ausiliatrice.net
Buon Natale
In questa notte ogni uomo riceve il “dono” più grande! Dio stesso diventa il Dono per l’uomo. Entra nella storia dell’uomo non già soltanto mediante la parola che da lui giunge all’uomo, ma mediante il Verbo che è diventato carne! San Giovanni Paolo II
Dio benedica e ricompensi largamente la carità dei nostri benefattori. don
Il conto corrente postale inserito in ogni numero, mentre serve all’ufficio spedizione come etichetta di indirizzo, vuole facilitare il lettore che volesse fare un’offerta.
Bosco
Se desideri ricevere la rivista compila il box, spedisci in busta chiusa e affrancata o via fax o email a:
Rivista Maria Ausiliatrice – Via Maria Ausiliatrice 32 – 10152 Torino Fax: 011.5224677 – email: diffusione.rivista@ausiliatrice.net Per le tue offerte: BancoPosta n. 21059100 – IBAN: IT 15 J 076 0101 0000 0002 1059 100
assegno bancario intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice Credit Card su PayPal: http://rivista.ausiliatrice.net/abbonamento
COGNOME E NOME _________________________________________________________________________________________________________ VIA ____________________________________________________________ FRAZ. ___________________________________ N. _______________ CAP _________________ CITTÀ _____________________________________________________________________________ PROV. ___________ E-MAIL ____________________________________________ TELEFONO ____________________________ DATA DI NASCITA __________________
Grazie.
FIRMA __________________________________________________________________
I dati forniti dal Cliente saranno inseriti negli archivi elettronici e cartacei della Rivista Maria Ausiliatrice e sono obbligatori per adempiere all’ordine. I dati non verranno diffusi né comunicati a terzi, salvo gli adempimenti di legge, e saranno utilizzati esclusivamente dalla rivista, anche per finalità di promozione della stessa. Si possono esercitare i diritti di cui all’art. 7 D. Lgs 196/03 “Codice della Privacy” rivolgendosi al titolare del trattamento: Parrocchia Maria Ausiliatrice – Rivista Maria Ausiliatrice, con sede in Torino, Piazza Maria Ausiliatrice 9 – 10152. Al medesimo soggetto vanno proposti gli eventuali reclami ai sensi del D. Lgs. 185/99.
In caso di MANCATO RECAPITO inviare a: TORINO CMP NORD per la restituzione al mittente: C.M.S. Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino, il quale si impegna a pagare la relativa tassa.