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Landung in Cape Cod. I piani tedeschi di invasione degli Stati Uniti (1897-1906), di Raffaele Moncada “

Landung in Cape Cod

I piani tedeschi di invasione degli Stati Uniti (1897-1906)

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di Raffaele Moncada 231

il pericolo americano

In una conversazione del novembre 1899 con Arthur James Balfour, Guglielmo II gli avrebbe detto: «Ogni volta che scoppia una guerra in qualche parte del mondo, noi tedeschi ci mettiamo seduti e prepariamo un piano»1. L’attivismo tedesco non riguardava infatti solo i conflitti balcanici, asiatici e africani di fine Ottocento, ma anche quello ispanoamericano, in cui Berlino aveva invano cercato di creare una coalizione europea contro il «pericolo americano». Proprio la guerra di Cuba dette lo spunto all’ammiraglio von Tirpitz per rilanciare il potenziamento dela flotta d’alto mare, considerata strumento indispensabile della Weltpolitik. La Germania, ammonivano i navalisti, era a un bivio. Si trattava di scegliere se far parte del direttorio mondiale disponendo di una reale capacità di imporsi, oppure di accontentarsi di un misero ruolo di spettatori della grande politica. Abile propagandista, Tirpitz presentava il potenziamento della flotta come una questione di vita o di morte. L’entusiasmo per la marina dilagò. Erano gli anni in cui in Occidente e in Giappone i ragazzini delle famiglie borghesi vestivano alla marinara e le storie di mare dominavano nella letteratura per adolescenti. Lo stesso Guglielmo II «divorava»2 the influence of Sea Power upon History del comandante Mahan.

Ma erano anche gli anni in cui il tenente Eberhard von Mantey (18691940) – un giovane e ambizioso ufficiale dell’Oberkommando der Marine (OKM), futuro storico semi-ufficiale della Kaiserliche Marine durante la

1 Holger H. Herwig, D. F. Trask, «Naval Operations Plans between Germany and the USA, 1898-1913. A Study of Strategic Planning in the Age of Imperialism», in P. Kennedy (Ed.), the War Plans of the Great Powers, 1880-1914, Guildford, Surrey 1979, p.42. 2 John C. G. Röhl, Wilhelm ii. the Kaiser Personal Monarchy, 1888-1900, Cambridge 2004, p.1003.

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grande guerra3 – metteva a punto un piano di guerra offensiva contro gli Stati Uniti4. Lo studio, ovviamente, gli era stato commissionato dall’alto. Le consegne che il tenente aveva ricevuto, riflettevano il clima di crescente rivalità nelle relazioni tedesco-americane. Gli argomenti sui quali avrebbe dovuto lavorare von Mantey avevano a che fare con Cuba e le Filippine, l’America e la dottrina Monroe. Questo nel 1897. Ma l’anno successivo, l’attenzione si spostò sui luoghi di un eventuale sbarco negli Stati Uniti (Chesapeake Bay e Long Island), sul bombardamento di New York e altre faccende del genere5. Quel tipo di lavoro, sul quale dovevano esercitarsi le menti di promettenti ufficiali, veniva commissionato d’inverno, e così quegli studi venivano indicati come Winterarbeiten. Il fatto che a sforzarsi fossero dei giovani ufficiali ha indotto molti storici a liquidarli come semplici esercitazioni di ambiziosi virgulti desiderosi di mettersi in mostra per far carriera. In realtà, come riconobbe lo stesso Mantey una trentina di anni dopo, mentre nell’esercito i Moltke e gli Schlieffen concepivano i grandi piani operativi da soli, nella marina questi erano il frutto dei ragionamenti di giovani intelligenti, e i piani, dopo aver ricevuto la benedizio-

3 Auf See Unbesiegt, erlebnisse im Seekrieg, Lehmann, München, 1922, 2 vol.; Deutsche Marinegeschichte. Mit 16 Tafeln. Verlag Offene Worte, Charlottenburg 1926;

Unsere Marine im Weltkrieg 1914-1918, Vaterländischer Verlag, Berlin, 1927; Seeschlacht-atlas, Mittler, Berlin, 1928; Der Krieg zur See 1914-1918, vol. I ostsee,

Marinearchiv; Marinefibel, Berlin, Offene Worte, 1934; Unsere Kriegsmarine vom

Großen Kurfürsten bis zur Gegenwart, Berlin, Offene Worte, 1934; So war die alte Kriegsmarine, Berlin, Frundsberg, 1935; Die deutschen Hilfskreuzer, 1937 ; Marine-Geschichtfibel, Berlin, Offene Worte, 1939. 4 Il primo ad annunciare al vasto pubblico l’esistenza di piani d’invasione tedeschi degli

Stati Uniti fu Die Zeit dell’8 maggio 2002, con la pretesa di dimostrare la del tutto opinabile continuità tra il Secondo e il Terzo Reich (cfr. James Duffy, target: america: Hitler’s Plan to attack the United States. Lyon Press, 2006; Rowman & Littlefield, 2011, pp. 2-5). In realtà, quella che all’apparenza sembrava una recente scoperta nel Militärarchiv di Friburgo aveva già una lunga storia. Il primo dibattito sui piani navali tedeschi comparve infatti in due articoli del tedesco-americano Alfred Vagts (1892-1986) in Political

Science Quarterly Dicembre 1939 (I) e Marzo 1940 (II) - dal titolo «Hopes and Fears of an American-German War, 1870-1915». Nel 1958, Walther Hubatsch (1915-1984) scoprì un rapporto al Kaiser del capo dell’ammiragliato, datato febbraio 1900, nel quale questi raccomandava un attacco sulla costa del New England in caso di guerra con gli Stati Uniti (Walther Hubatsch, Der admiralstab und die obersten Marinebehörden in Deutschland 1848-1945, Frankfurt am Main 1958). 5 Holger H. Herwig, Politics of Frustration. the United States in German Naval Planning, 1889-1941, Little, Brown and Company – Boston-Toronto 1976, p.43.

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ne del capo dell’Admiralstab, venivano da costui presentati direttamente (immediatvorträge) al Kaiser. Fino al 1897, i Winterarbeiten avevano avuto tutti a che fare con la Royal Navy, ma a partire da quel momento passò in primo piano il «pericolo americano».

Il Kapitän zur See Guido von Usedom (1854-1925) conduce i marinai tedeschi all’assalto del forte cinese di Haiku (22 giugno 1900), durante il fallito tentativo di liberare le legazioni di Pechino. Olio di Karl Röchling (1855-1920).

il «miserabile arcipelago»

Eppure i rapporti tra i tedeschi e gli americani, fino agli anni 1890, erano stati buoni. Nella guerra dei coloni d’America contro l’Inghilterra, i tedeschi avevano simpatizzato con gli insorti piuttosto che con i mercenari assiani, e Federico il Grande era stato il primo sovrano di una grande potenza europea a riconoscere il nuovo stato. Le cose erano andate complicandosi nell’età del navalismo e dell’imperialismo, i cui miasmi erano arrivati oltre Oceano.

Gli interessi delle due potenze emergenti erano entrati per la prima volta seriamente in conflitto alla fine degli anni ’80, quando scoppiò la prima crisi delle Samoa, «quel miserabile arcipelago»6, come le definì Sir Thomas

6 Ivi, p.14.

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Sanderson (1841-1923), permanent undersecretary agli esteri britannico. Le isole dovevano buona parte della loro notorietà alla presenza di Robert Louis Stevenson, che vi sarebbe andato a vivere nel 1890 per restarvi fino alla morte, nel 1894, protestando, fino all’ultimo, contro la presenza coloniale. La natura del territorio aveva determinato una frammentazione politica, con tanti capi che esercitavano il potere nelle diverse isole, ciascuna delle quali aveva le sue tradizioni e i suoi sistemi amministrativi, cosa che non impediva ai samoani di avere di sé una percezione comune. Quando arrivarono missionari, mercanti e colonizzatori, costoro non riuscirono a raccapezzarsi nel complesso sistema di distribuzione del potere, le cui gerarchie parevano un vero rompicapo. Il sistema, ai loro occhi, complicava le attività commerciali e l’evangelizzazione, e così pensarono bene di promuovere una centralizzazione del potere con un unico re per tutto l‘arcipelago. Il fatto che i pretendenti al trono avessero un curriculum che poco aveva a che fare con le secolari tradizioni delle isole scatenò, a partire dagli anni ’30, una sequela di guerre civili che funestarono l’arcipelago per una cinquantina d’anni. Mentre infuriavano i combattimenti tra i samoani, i bianchi occupavano Apia, il principale villaggio delle Samoa, e la trasformavano in un porto di importanza strategica per gli affari americani ed europei nel Pacifico. Apia divenne lo scalo più importante della impresa tedesca J. C. Godeffroy & Sohn, che aveva messo piede nelle Samoa nel 18577. Le cose erano andate talmente bene per la compagnia, che il volume dei suoi traffici nell’area aveva superato quello inglese e le aveva fruttato il monopolio del commercio dell’arcipelago. Finché, nel 1879, la Godeffroy, che aveva deciso di diversificare le sue attività facendo investimenti sbagliati nel settore siderurgico, fu travolta dagli effetti della crisi del ’73 e dichiarata fallita. Il rifiuto del Reichstag di concedere gli aiuti di stato alla compagnia alimentò, soprattutto in Gran Bretagna, la sensazione che il governo tedesco avesse dismesso ogni proposito di sostenere iniziative di espansione coloniale, e così inglesi e francesi consolidarono le proprie posizioni in Oceania a discapito delle compagnie tedesche. Nel frattempo in Germania ferveva il dibattito in seno al movimento colonialista e vi era chi contestava le modalità burocratiche e commerciali con le quali, facendo

7 Florence Mann Spoehr. White Falcon, the House of Godeffroy and its Commercial and

Scientific Role in the Pacific. Palo Alto, California: Pacific Books. 1963.

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leva sulle compagnia private, Bismarck cavalcava, di malavoglia peraltro, l’avventura imperialista. Altri sostenevano che gli interessi tedeschi nelle Samoa, quelle «infelici isole», come le chiamò il cancelliere, fossero non più una questione di partiti, libero mercato o protezionismo, ma di «onore e gloria della Germania»8 .

Vento divino

Quando la Godeffroy era arrivata nelle Samoa, inglesi, americani e tedeschi avevano nominato, ciascuno di essi, un console per tutelare i propri interessi. Quindi, tutti si erano dichiarati d’accordo sul fatto che occorreva avere un unico interlocutore che regnasse sull’intero arcipelago, così da razionalizzare e legalizzare l’appropriazione di terre da parte dei bianchi. Le guerre civili che ne erano derivate, come ricordato, sconvolsero le isole per decenni. A un certo punto, le parti in campo si ridussero a due, e così americani, inglesi e tedeschi tentarono varie soluzioni per ricomporre la questione, non ultima una staffetta tra i due pretendenti al trono. Non ne uscì nulla di buono, tanto più che i tedeschi cominciarono a sospettare che il nuovo re («Malietoa») Laupepa (1841-1898), simpatizzasse per gli inglesi e gli americani, tanto da indurli ad appoggiare il suo rivale, il principe («Tupua Tamasese») Titimaea. Si andò avanti in un clima di crescente sospetto, finché la guerra riesplose nel 1887. Titimaea attaccò Laupepa forte dell’appoggio delle navi tedesche, mentre ad Apia i sostenitori di Laupepa armavano i suoi uomini. La faccenda si andò complicando finché, nel marzo del 1889, si arrivò a un soffio dallo scontro militare diretto. Americani, inglesi e tedeschi contavano di risolvere le loro rivalità attraverso la vittoria del partito che ciascuna di esse sosteneva e per il quale, nel porto di Apia, continuavano ad arrivare armi. La situazione sembrava sfuggire di mano. Nella baia di Apia si erano affollate tre navi da guerra americane, tre tedesche e una inglese, ufficialmente per proteggere i connazionali dalla guerra civile. A risolvere la disputa ci pensò madre natura il 15 marzo, quando un devastante ciclone si abbatté sull’arcipelago. Le navi

8 Giovanni De Martis, lebensraum. ideologia e violenza nel colonialismo tedesco (18801914), Tesi di laurea discussa alla Facoltà di «Lavoro, Cittadinanza Sociale, Interculturalità» dell’Università di Venezia nell’a. a. 2011-2012, p.35.

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tedesche e americane restarono ostinatamente alla fonda, perché nessuno si sognava di lasciare la baia prima dell’avversario. La nave inglese, più pragmaticamente, appena fiutò la situazione meteorologica si allontanò in una zona protetta e la scampò. Il tifone fece scempio delle sei navi, con 52 morti americani e 93 tedeschi9 .

La cannoniera SMS adler, dopo il ciclone tropicale del 15 marzo 1889

La cosa era andata ben oltre i limiti che Bismarck riteneva accettabili. Questi tuonò che pensare alla possibilità di una guerra tra Stati Uniti e Germania per un malinteso senso dell’onore militare era da irresponsabili e che non avrebbe più tollerato di sentire tintinnii di sciabole tra le due nuove arrivate sulla scena coloniale10. L’anziano cancelliere si affrettò a dire che i tedeschi non avevano alcun interesse «politico» nelle Samoa e così aprì

9 Paul M. Kennedy, the Samoan tangle. a Study in anglo-German-american relations 1878-1900, 1974, p.86. Cfr. András K. Molnár, «Deutsche Samoa», History & Uniforms,

No. 1/2016, pp. 63-80. 10 Herwig, Politics of Frustration. cit., p.17.

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la strada alla conferenza che si tenne a Berlino un mese dopo il disastro. Londra, Berlino e Washington si accordarono su una amministrazione tripartita delle isole, in sostanza un condominio. Riconobbero Laupepa come legittimo sovrano e istituirono una corte suprema presieduta da un magistrato scelto dalle tre potenze. Per Bismarck la conferenza sulle Samoa fu l’atto finale della sua lunga carriera. L’uscita di scena del cancelliere spianò la strada alle ambizioni, di tutt’altro tenore, del giovane Guglielmo II, fermamente convinto che il futuro della Germania fosse sul mare.

Geschwaderkrieg

L’affare delle Samoa era stato vissuto male dai tedeschi, tanto che il Vizeadmiral Max von der Goltz (1838-1906), capo dell’OKM, chiese al contrammiraglio Guido Karcher (1844-1905), capo di stato maggiore dell’Ammiragliato (Chef des Stabes der Admiralität), un memorandum su come poteva esser condotta una guerra contro gli Stati Uniti. Karcher rispose che i tedeschi avrebbero dovuto eliminare la flotta da guerra nemica e distruggere quella commerciale, ma che si potevano costringere gli americani alla pace solo con il bombardamento navale delle più importanti città costiere. Il contrammiraglio dovette ammettere che la flotta tedesca non era ancora in grado di portare a termine un’invasione degli Stati Uniti, e che pertanto la marina tedesca si sarebbe dovuta limitare a fare dei raid con gli incrociatori per interrompere il commercio marittimo. Intanto, le preoccupazioni del Kaiser per il pericolo rappresentato dall’economia americana per gli interessi europei stavano diventando una vera e propria ossessione, tanto da fargli pensare a un blocco paneuropeo contro gli Stati Uniti, sul modello del sistema continentale napoleonico. Quando scoppiò la crisi di Cuba, che Guglielmo spacciò per uno stato europeo al fine di intimidire gli americani, il Kaiser fu tentato di andare in soccorso degli spagnoli invocando la solidarietà del vecchio continente contro quella che Tirpitz chiamava la «Fenice» americana11. In realtà non intendeva esser lasciato fuori dalla spartizione delle spoglie dell’impero coloniale di Madrid. Tirpitz, interpellato, sentenziò che la guerra era arrivata trop-

11 Holger H. Herwig, Germany’s Vision of empire in Venezuela, 1871-1914, Princeton, New

Jersey 1986, p.197.

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po presto, e che l’insufficiente potere navale tedesco non permetteva alla Germania di esercitare un ruolo decisivo.

I tempi per l’approvazione della Prima legge navale erano maturi. Il parlamento, che mise la flotta al di sopra dei partiti, si lasciò convincere dalla «teoria del rischio» (Risikogedanke) e approvò la messa in cantiere di 19 navi da battaglia, 8 incrociatori corazzati, 12 grandi incrociatori e 30 leggeri e il Kaiser cominciò a firmarsi «Ammiraglio dell’Atlantico»12. Tirpitz si sbarazzò d’un colpo di tutti i piani dei suoi predecessori. L’ambizioso ammiraglio aveva letto Darwin e trasferiva, come molti al suo tempo, la teoria della selezione nel contesto delle potenze europee. E, come il Kaiser, trovò in Mahan la conferma che il potere mondiale poteva essere raggiunto solo attraverso il potere navale13 .

I conti con la vecchia dottrina, che faceva perno sulla difesa costiera e gli incrociatori, Tirpitz aveva cominciato a farli già nel 1894, quando, come capo di stato maggiore dell’OKM, scrisse il Dienstschrift iX, una critica delle infelici manovre del 1893 nella quale, riprendendo concetti mahaniani, aveva sentenziato che il fondamentale obiettivo delle operazioni navali era il dominio del mare, e che per ottenerlo bisognava fare la guerra con le navi da battaglia (Geschwaderkrieg) piuttosto che con gli incrociatori (Kreuzerkrieg)14. Tirpitz, che si dichiarava uno «studioso di Clausewitz», condivideva l’idea del jominiano Mahan secondo il quale tra i fondamentali principi della guerra per terra e per mare non vi fossero sostanziali differenze. La sua intelligenza della guerra terrestre era mediata dalle lettura di Clausewitz tipica della fine dell’800, che vedeva nel generale prussiano il capofila dei teorizzatori della battaglia decisiva napoleonica e interpretava il Vom Kriege come un manuale militare15. Tirpitz, insomma, si ispirava all’esercito, che con von Schlieffen aveva adottato l’idea della battaglia d’annientamento nei suoi piani di guerra16. Il cambiamento di paradigma

12 Herwig, Politics of Frustration. cit., p.27. 13 Michael Stürmer, l’impero inquieto, Bologna 1993, p.394 (ed. orig. Das rühelose reich.

Deutschland 1866-1918, Berlin 1983). 14 Terrell D. Gottschall, By order of the Kaiser. otto von Diederichs and the rise of the imperial German Navy, Naval Institute Press, Annapolis 2003, p.120. 15 Dirk Bönker, Militarism in a Global age. Naval ambitions in Germany and the United

States before World War i, Cornell University 2012, p.105. 16 V. R. Berghahn, «War preparations and National Identity in Imperial Germany», in Man-

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identificava la missione naturale della marina nella offensiva strategica. Il problema era che, in ambedue le eventualità, si trattava di strategie senza alternative. D’altronde, il mondo era ormai pressoché diviso tra le grandi potenze e alla Germania, secondo la logica mahaniana dell’ammiragliato, non restava che accaparrarsi punti d’appoggio navali (Stützpunkte) ogni qualvolta se ne fosse presentata l’occasione. E i principali obiettivi erano al momento parte delle Filippine, le isole Samoa e alcune isole caraibiche.

Manila

Mentre i tedeschi pensavano con ottimismo al proprio futuro, dalle Filippine arrivarono cattive notizie: a Cavite, il 1° maggio 1898, il commodoro George Dewey (1837-1917) aveva sbaragliato la flotta spagnola. Come se non bastasse, pareva che gli americani si stessero accingendo a spartirsi le Filippine con gli inglesi. I tedeschi puntarono i piedi e fecero sapere che intendevano partecipare ai dividendi della sconfitta spagnola.

fred F. Boemeke, Roger Chickering, Stig Förster, anticipating total War. the German and american experiences 1871-1914, Cambridge 1999, p.317.

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Guglielmo II si affrettò a spedire il vice ammiraglio Otto von Diederichs (1843-1918), che comandava lo squadrone di incrociatori che navigava nell’Asia orientale, da Kiautschou (Kiao-Ciao) a Manila, affinché si rendesse conto di persona della situazione. A Manila, che gli americani stavano sottoponendo a un blocco navale, si precipitarono una gran quantità di spettatori: navi francesi, inglesi e russe si affollarono nelle Filippine, ma il sanguigno Dewey non digerì l’ingombrante presenza dei tedeschi, che avevano messo insieme una forza che superava quella americana. Il commodoro interpretò qualche modesto incidente come se i tedeschi volessero provocatoriamente far mostra di infischiarsene del blocco, e questi ultimi si stizzirono di fronte alle pretese americane di intendere estensivamente il droit de visite.

Alla richiesta di spiegazioni da parte dell’aiutante di bandiera di Diederichs, Paul von Hintze (1864-1941), Dewey rispose brutalmente che intendeva fermare qualunque nave, anche a costo di doverla prendere a cannonate, aggiungendo, a scanso di equivoci: «e questo significa guerra, lo capisce Signore? E le dico, se la Germania vuole la guerra, bene, noi siamo pronti!»17. Diederichs attribuì l’uscita al clima antitedesco creato dalle esagerazioni della stampa americana ma la scusò «in considerazione della immaturità e della rozzezza della nazione americana, che non ha avuto né il tempo né il progresso materiale per insegnare ai suoi figli il tatto e le buone maniere»18. Ma la stampa internazionale scrisse di una guerra imminente tra Stati Uniti e Germania; e lo stesso Dewey la riteneva inevitabile, sia pure entro una quindicina d’anni. Alla fine, comunque, la Germania restò a mani vuote e dovette farsene una ragione, mentre la convinzione che solo le navi da battaglia avrebbero contenuto l’arroganza americana era ormai diventata una granitica certezza.

17 Terrell D. Gottschall, op. cit., p.208. 18 ibidem.

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«la terra più odiata»

Non si era ancora spenta l’eco della guerra ispano-americana, che il fragile equilibrio dell’accordo tripartito per le Samoa del 1889 venne messo in crisi da una cannonata accidentale partita da una nave da battaglia statunitense che centrò il consolato tedesco di Apia. Le isole erano di nuovo in fiamme per la consueta guerra civile, e questa volta i tedeschi si opponevano sia agli americani che agli inglesi. Tirpitz fece sapere al ministro degli esteri von Bülow – che tendeva a liquidare la questione delle Samoa come un affare di valore soltanto ideale e patriottico – che egli considerava l’arcipelago di grandissimo valore strategico: una base importantissima sulla rotta da Kiautschou al Sud America, destinata a diventare ancor più significativa con l’apertura del Canale di Panama. L’ammiraglio era comunque consapevole che un confronto militare con gli Stati Uniti sarebbe stato prematuro, dal momento che occorreva ancora una decina d’anni per avere una potente flotta da battaglia. Tuttavia, gli accordi del 1899 consegnarono ai tedeschi buona parte delle Samoa, anche se gli americani tennero per sé l’isola più importante, Tutuila, con il porto di Pago Pago.

Mentre il confronto politico si alternava alle esibizioni muscolari, la reciproca diffidenza si trasformava in malcelata ostilità orchestrata a dovere dalla propaganda e dalla stampa. L’edizione 1898 del rapporto annuale sulle relazioni tedesco-americane, redatto dall’ambasciatore a Washington Theodor von Holleben, concludeva che negli Stati Uniti la rivalità economica con la Germania era l’argomento di punta, indipendentemente dal fatto che al governo ci fossero i democratici o i repubblicani. Per molti americani, si legge nel rapporto, la Germania era «la terra più odiata», e questo perché la stampa traduceva i fattori economici in termini politici: «Ci credono capaci di qualunque cosa, soprattutto le peggiori»19. Per il sottosegretario alla marina Theodore Roosevelt, il convincimento che i tedeschi stessero pianificando di prendersi dei territori nell’emisfero occidentale era diventata un’ossessione, forse pari, quanto a intensità, a quella di Guglielmo II, secondo il quale americani e inglesi stavano meditando lo strangolamento dell’esuberante Germania. Ciascuno, infine, pensava dell’altro che intendesse solo le ragioni della forza. L’ipotesi di un

19 Herwig, Politics of Frustration. cit., p.22.

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conflitto, insomma, era maledettamente seria, tanto che il 5 ottobre 1898 il Chicago Daily tribune titolava: «May have war. Conflict with United States is thought in Berlin official circle to be near»20 .

obiettivo New York

La convinzione della stampa americana era fondata. Come sappiamo, l’OKM stava valutando seriamente la questione. Il Winterarbeit di von Mantey del 1897-1898 sulla fattibilità di un’offensiva navale contro gli Stati Uniti divenne la base a partire dalla quale vennero sviluppati tutti i lavori successivi sull’argomento. Mantey aveva capovolto la tesi del contrammiraglio Karcher, che prevedeva di limitare le operazioni navali ai soli incrociatori, e aveva pensato a una battaglia decisiva al largo della costa orientale, seguita dall’occupazione di Norfolk, Hampton Roads e Newport News. L’invasione sarebbe culminata con una spallata su Chesapeake Bay in direzione di Baltimora e Washington. L’ottimismo di Mantey si fondava sulle condizioni della marina americana e sulla ritrosia del Congresso ad allargare i cordoni della borsa per potenziarla e modernizzarla; nonché sulla risibile forza dell’esercito statunitense. Nel marzo del 1899 il tenente partorì un secondo Winterarbeit, un piano molto più audace e ambizioso del precedente, tanto che questa volta la scelta dell’obiettivo cadde addirittura su New York. Mantey, per il successo, confidava nella sorpresa e nella velocità e si richiamava al precedente dell’attacco frontale del porto di Copenhagen da parte di Nelson del 1801. Le operazioni sarebbero state facilitate dal panico che avrebbe sopraffatto la popolazione alle prime voci di un possibile bombardamento di New York, così come era accaduto nei porti della costa orientale quando lo squadrone dell’ammiraglio Cervera era salpato da Capo Verde21. Il piano prescriveva l’impiego di due distinte unità navali, una di blocco e l’altra d’assalto. La prima si sarebbe dispiegata all’uscita di Long Island Sound, mentre la seconda avrebbe investito

20 Ivi, p.32. Il primo warfiction americano in cui si immagina una guerra con la Germania (un intervento contro i tre Imperatori tedesco, austriaco e russo) è del 1886 (Bietigheim, Funk and Wagnalls, New York) di George Lynde Catlin (1840-1896). Cfr. Everett F. Bleiler, Science-Fiction: the early Years, The Kent State U. P., Kent, Ohio, 1990, N. 203, pp. 65-66. 21 Cfr. Georg W. Baer, one Hundred Years of Sea Power. the U.S. Navy 1890-1990, Stanford 1994, p.31.

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i forti di New York e la stessa città. Per sopraffare la flotta americana e le difese costiere di New York, secondo i calcoli di Mantey, bastava una superiorità navale di un terzo. Il problema di come rifornire le forze per un periodo prolungato nelle acque americane era semplicemente ignorato: il piano non prevedeva alternative, era tutta questione di rapidità.

Il comandante del primo squadrone da battaglia, vice ammiraglio August von Thomsen (1846-1920), non condivideva il baldanzoso ottimismo di Mantey sulla possibilità di cogliere di sorpresa gli americani e propose un piano alternativo che faceva leva, come Stützpunkt, invece che su Norfolk, su Portorico, da dove le operazioni contro gli Stati Uniti si sarebbero potute intraprendere in qualunque momento. Nel frattempo, utilizzando i due lavori di Mantey, si cominciò a mettere nero su bianco il primo dettagliato piano d’avanzata (Marschplan), e così la materia divenne ufficialmente affare dell’Admiralstab, affidato nel dicembre 1899 proprio a Diederichs, subito interpellato da Tirpitz nella valutazione dei piani di guerra contro gli Stati Uniti. Il suo parere fu che le forze previste dalla Legge navale del 1898 erano insufficienti per un attacco alla costa atlantica. In ogni modo ordinò all’addetto navale a Washington, tenente di vascello Hubert von Rebeur-Paschwitz (1863-1933)22, di ispezionare segretamente la costa tra New York e Boston alla ricerca di un’idonea area di sbarco.

l’ipotesi Cuba e i calcoli di Schlieffen

A giugno del 1900, con il pretesto del peggioramento della situazione internazionale, arrivò la sospirata Seconda legge navale, che prevedeva, nel giro di una ventina d’anni, la costruzione di 38 navi da battaglia, 20 grandi incrociatori e 38 incrociatori leggeri. Sei mesi dopo, Diederichs fu ricevuto dal Kaiser, che egli aggiornò intorno all’avanzamento del piano di guerra contro gli Stati Uniti. Le sue stime prevedevano che la Germania avrebbe avuto a disposizione, nel 1901, 22 navi da battaglia contro 18 degli Stati Uniti, e 138 pezzi di artiglieria pesante navale contro 114 americani. Per la traversata dell’Atlantico Diederichs stimava sufficienti 25 giorni. Un’offensiva tedesca, ne deduceva, avrebbe avuto successo. Ma il

22 Comandò poi la Divisione Incrociatori in visita negli Stati Uniti nel giugno 1912.

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Kaiser, questa volta, fu meno ottimista. Si rese conto della impossibilità di trasportare una quantità sufficiente di truppe nelle fasi iniziali del conflitto, e indicò Cuba come obiettivo preliminare di un’iniziativa contro gli Stati Uniti23. Diederichs girò a von Schlieffen il quesito circa la quantità di forze occorrenti per occupare Cuba e proseguire le operazioni terrestri contro Boston e New York, partendo da Cape Cod (dove nel 1620 erano sbarcati dal Mayflower i Padri Pellegrini). L’ambiguità e la vaghezza della risposta di Schlieffen, che si mostrò tutt’altro che entusiasta, fecero infuriare Diederichs. Circa le forze americane, il capo di S. M. ammoniva a non farsi ingannare dagli scarsi effettivi impiegati a Cuba e nelle Filippine, perché, nel caso di uno sbarco in terra americana, il Paese avrebbe attinto a insospettabili risorse di patriottismo. Inizialmente gli americani avrebbero avuto sotto mano circa 100.000 uomini, di cui solo un terzo ben addestrati, ma l’afflusso spontaneo dei volontari avrebbe compensato la mancanza di un piano di mobilitazione. Ciò impediva calcoli precisi, ma si poteva ragionevolmente immaginare che occorresse un corpo d’armata per mettere in sicurezza Cape Cod, e forze maggiori per sortire dalla penisola e attaccare Boston e poi New York, soprattutto in considerazione delle lunghe linee di comunicazione che avrebbero esposto gli invasori agli attacchi sui fianchi da parte delle riserve e dei volontari. Schlieffen non poteva che convenire sulla valutazione che tutto dipendeva dalla velocità dei movimenti. Quanto a Cuba, egli pensava che occorressero 50.000 uomini per mettere in sicurezza l’isola come base d’operazioni; e altri 100.000 per lo sbarco negli Stati Uniti.

la questione venezuelana

Il punto di vista dello stato maggiore segnò un momento di svolta nell’intera vicenda e marcò il ritorno a una politica militare meno temeraria e alla Stützpunktpolitik dell’ammiraglio Tirpitz, ovvero al progetto di costituire

23 Il Platt Amendment, che Cuba dovette recepire nella propria costituzione e che la trasformava di fatto in protettorato americano, è da mettere in relazione, più che al montante imperialismo, alla sicurezza della zona del Canale e alla prevenzione nei confronti di una possibile influenza tedesca. L’allora segretario alla difesa Elihu Root (1845-1937) nel 1934 disse: «You cannot understand the Platt Amendment unless you know something about the character of Kaiser Wilhelm the Second», cit. in Michael Lind, the american

Way of Strategy, Oxford 2006, p.83.

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un sistema di basi navali in giro per il mondo. Malgrado ciò e nonostante la risposta evasiva di Schlieffen, che in fin dei conti diceva che tutto sarebbe dipeso dalla resistenza incontrata, Diederichs non rinunciò all’idea di uno sbarco sulla costa orientale in operazioni combinate con l’esercito, finché, all’inizio del 1902, fu silurato dal Tirpitz. In febbraio l’ammiraglio accompagnò infatti il principe Enrico di Prussia (1862-1929), fratello del Kaiser e Grande Ammiraglio, in visita ufficiale negli Stati Uniti. Tra l’altro visitarono l’Accademia navale di Annapolis e cavalcarono sotto la pioggia insieme a Roosevelt24, al quale Tirpitz parlò delle nuove dreadnought tedesche, facendogli poi inviare la descrizione tecnica25 .

Ben presto, però, la nuova crisi venezuelana, che riportò la prospettiva di un conflitto tra Germania e Stati Uniti sulle prime pagine dei quotidiani internazionali. Il rifiuto del presidente del Venezuela Cipriano Castro (1858-1924) di onorare i debiti e pagare i danni subiti dalle imprese europee durante una recente guerra civile indusse Germania e Gran Bretagna, alle quali si aggiunse l’Italia con qualche mal di pancia tedesco, a imporre un blocco navale dei maggiori porti venezuelani. A un certo punto, mentre si discuteva su come sottoporre la materia a un arbitrato internazionale, il clima si surriscaldò, e quando (il 21 gennaio 1903) la cannoniera tedesca Vineta spianò il forte San Carlos all’ingresso del Lago di Maracaibo provocando 25 vittime civili, negli Stati Uniti esplosero i sospetti sulle reali intenzioni dei tedeschi. In realtà, per costoro, si trattava più che altro di tenere alto l’onore e il prestigio della Germania, anche perché la flotta di Dewey nei Caraibi soverchiava quella del blocco europeo. Il presidente Roosevelt

24 the New York times, March 1, 1902, online. 25 letter from Hubert von rebeur-Paschwitz to George B. Cortelyou (segretario di Roosevelt). March 14, 1902, in cui chiede conferma che il presidente abbia ricevuto il libro inviato da Tirpitz. Theodore Roosevelt Papers. Library of Congress Manuscript

Division, Roosevelt Digital Library, Dickson State University.

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soffiò sul fuoco del sentimento antitedesco e agitò il sospetto che la Germania volesse prendersi una base navale nei Caraibi, che gli Stati Uniti consideravano il Mediterraneo americano.

Alla fine l’accordo con il Venezuela venne raggiunto nel febbraio del 1903. Il Kaiser sospettò che l’irrigidimento americano fosse stato ispirato dalla Gran Bretagna, con la quale aveva sperato in un riavvicinamento, e tornò a dar ragione a Tirpitz, il quale sosteneva che le due potenze marittime anglosassoni fossero saldamente unite dalla condivisione della politica del containment della Germania. Negli Stati Uniti la propaganda antitedesca ebbe i suoi frutti: il Congresso approvò la costruzione, tra il 1902 e il 1905, di 10 navi da battaglia, 4 incrociatori corazzati e 17 incrociatori leggeri26 .

operationsplan iii

Circa un mese dopo l’accordo col Venezuela, il successore di Diederichs, Vice Ammiraglio Wilhelm Büchsel (1848-1920), venne ricevuto per la prima volta dal Kaiser per aggiornarlo sullo stato dei piani navali contro gli Stati Uniti. L’arrivo di Büchsel al vertice dell’Admiralstab coincise con la dismissione della strategia puramente offensivistica del suo predecessore, a favore di un approccio più gradualista. Come Stützpunkte vennero individuati Culebra e Portorico, anche in considerazione della imminente apertura del Canale di Panama. L’obiettivo strategico, a questo punto, non era più costringere gli americani al tavolo delle trattative a suon

26 Herwig, Politics of Frustration. cit., p.81.

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di bombardamenti navali, ma quello di archiviare la dottrina Monroe e farla finita con l’egemonia statunitense sull’emisfero occidentale, ormai incompatibile con l’accrescimento di potenza tedesco e le sue pretese in America Latina. Büchsel e Schlieffen cominciarono a calcolare quanti uomini e mezzi servivano per occupare le due isole27 e nel frattempo il nuovo orientamento venne ufficializzato come Operationsplan III nel novembre del 1903. Qualcosa, tuttavia, mutò nell’atteggiamento intellettuale dei pianificatori tedeschi, che fino a quel momento non erano sembrati tenere in gran conto il contesto delle relazioni internazionali in caso di conflitto con gli Stati Uniti. Qualcuno cominciò a rendersi conto che la guerra con gli Stati Uniti sarebbe stata possibile solo nel caso in cui i tedeschi si fossero alleati con gli inglesi, ipotesi sulla quale la entente Cordiale anglo francese del 1904, testata dalla prima crisi marocchina (1905-06), mise una pietra tombale. Senza contare che i successi americani nella guerra con la Spagna avevano galvanizzato gli animi e dischiuso agli Stati Uniti inediti orizzonti di potenza, verso i quali essi cominciarono a navigare con una flotta di navi da battaglia in rapida espansione. Tutto ciò mortificò il senso di superiorità dei tedeschi, che avrebbero dovuto far sempre più conto su un primato di forze perlopiù morali sullo strumento militare americano, le cui condizioni, con una certa supponenza, erano considerate deprimenti, non tanto per fattori contingenti, quanto, così sembrava dai liquidatori giudizi tedeschi, ontologicamente. Andò a finire che l’Operationsplan III venne derubricato a mero esercizio teorico e i tedeschi ripresero ad attrezzarsi all’eterno problema della guerra su due fronti nel continente europeo. Chi sembrò non rendersi conto della mutata situazione strategica furono proprio gli americani, che elaborarono un piano difensivo contro la Germania solo nel 1913 (War Plan Black)28, contemplando addirittura la possibilità che gli inglesi fornissero un supporto, ancorché passivo, all’attacco tedesco alla dottrina Monroe. La fantasiosa ipotesi venne recepita

27 La marina calcolò che sarebbero serviti 1.750 marinai per l’occupazione di Culebra, mentre Schlieffen ritenne che sarebbero occorsi, per l’occupazione di Portorico, 793 ufficiali, 14.780 soldati e 894 veicoli meccanizzati (Denkschrift zu O-Plan III, 76-89, 103 [BA-MA,

F 5174b, III], cit. in: Herwig, Politics of Frustration. cit., p.88). 28 Sui piani di guerra americani e i loro limiti, cfr. Baer, one Hundred Years of Sea Power cit., pp.49-63.

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in una delle più famose German invasion Novels29 , pubblicata nel 1915 da John Bernard Walker, dal titolo america Fallen!30 nella quale gli inglesi chiudono un occhio quando i tedeschi, sconfitti nel 1916 dalle forze dell’Intesa, invadono gli Stati Uniti per pagare i debiti ai vincitori. L’impreparazione degli americani permette al Kaiser di imporre dure condizioni al Presidente degli Stati Uniti, in fuga a Cincinnati dopo l’ultima sconfitta campale: il pagamento di 12 miliardi di dollari e l’abbandono della dottrina Monroe, che evidentemente, secondo Walker e non solo, non sarebbe affatto dispiaciuto ai cugini britannici.

Washington, 26 giugno 1899. La popolazione assiste incredula e sgomenta alla sfilata di centomila Pickelhaube

29 Cfr. Patrick J. Quinn, the Conning of america. the Great War and american Popular literature, Amsterdam-Atlanta, GA 2001, cap. 4. V. specialmente Harrie Irving Hancock (1868-1922), the invasion of the United States, in the Battle for New York, Making the last Stand for old Glory, at the Defense of Pittsburgh (Henry Artemus, Philadelphia, 1916). Cfr. Bleiler, op. cit., N. 1028-1031, p. 339. 30 J. Bernard Walker, america Fallen! the Sequel to the european War, Dodd, Mead and

Coy, New York 1915. Bleiler, op, cit., p.

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