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Soft power. L’ IsMEO e il Giappone (1933-43), di Enrica Garzilli “
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Direttore generale delle Antichità e Belle Arti – segnalò Michael I. Rostovtzeff a Galassi Paluzzi quale possibile relatore per le conferenze celebrative da tenersi in occasione del Bimillenario7. Considerato come lo storico si trovasse a Yale già da molti anni dopo la Rivoluzione del 1917, Paribeni lo indicava come statunitense, ma Galassi Paluzzi tenendo prioritariamente conto della sua origine non esitò a rubricarlo senz’altro come russo.
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gio a Roma», Il Lavoro fascista, 30 gennaio 1935. Sulle Sezioni create o progettate in Italia ed all’estero v. per un’introduzione Carla Lodolini Tupputi, «L’Archivio storico dell’Istituto Nazionale di Studi Romani. III: Le sezioni (1933-1971)», Studi Romani, 44.34, 1996, pp. 517-538. 7 Su Paribeni v. Andrea Paribeni, «Paribeni, Roberto», DBI, 81, Treccani, Roma 2014, pp. 357-359. Copia della lettera venne inviata a Giglioli: v. in AINSR, s. Corsi Superiori di Studi Romani (CSSR), b. 47, f. 4, sott. Preliminari, sub sott. Giglioli.
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La Russia ai Corsi Superiori di Studi Romani durante il Bimillenario Augusteo
La storia della partecipazione “russa” al Bimillenario Augusteo iniziò nell’ambito delle conferenze celebrative incardinate all’interno dei Corsi Superiori di Studi Romani8. L’11 settembre 1936 Galassi Paluzzi scriveva a Rostovtzeff proponendogli la partecipazione all’XI a. a. dei Corsi, 1936-37, nell’ambito del ciclo «dedicato ad illustrare la figura e l’opera di Augusto e l’influenza che la creazione dell’Impero Romano ha avuto nello sviluppo della civiltà mondiale» ed in particolare il tema che si chiedeva di svolgere allo studioso “russo” era Gli studi russi sulla figura e l’opera di Augusto e sulla fondazione dell’Impero Romano9. Rostovtzeff rispondeva il 27 settembre 1936 dichiarando che non gli sarebbe stato possibile intervenire ed il 17 ottobre Galassi Paluzzi insisteva garbatamente per una partecipazione all’a. a. 1937-38 in cui parlare «non solo degli studi sulla figura e l’opera di Augusto, ma dell’influenza che dalla sua grande opera è derivata – sia pure indirettamente – al mondo slavo». Con una garbata lettera da Yale dell’8 novembre 1936 Rostovtzeff, adducendo soprattutto la tarda età – «Sono troppo vecchio» – e la mancata disponibilità di bibliografia sul tema che gli si chiedeva di illustrare – «Non leggo le lingue slave e sono privo dell’uso di libri russi» – rinviava ogni decisione a data futura e Galassi Paluzzi non esitava a mantenere il nome dello studioso di origine russa nei progetti delle conferenze almeno sino al 27 febbraio 193710. Alla fine, il ruolo che nell’ambito delle conferenze celebrative avrebbe dovuto essere di Rostovtzeff venne ricoperto da mons. Alexander Sipiagin – “Alessandro Sipiaghin” –, presentato come studioso «che era stato membro della Duma Imperiale», che tenne una conferenza su Riflessi della fondazione dell’Impero Romano sulla storia e sulla vita della Russia. Sipiagin, che peraltro era nato in Georgia e che univa all’appartenenza all’universo imperiale zarista la non poco rilevante “patente” di prelato cattolico, aveva già preso parte al IV Congresso Nazionale di Studi Romani, cui era intervenuto quale rappresentante del Pontificio Collegio Russicum11 .
8 Sull’intera vicenda rinvio al mio «Il Bimillenario della nascita di Augusto tra celebrazione nazionale ed omaggio mondiale: il caso del Convegno Augusteo del 23-27 settembre 1938», Civiltà Romana, I, 2014, pp. 159-229. Sui Corsi sino al 1943 v. Carlo Galassi Paluzzi, I Corsi Superiori di Studi Romani, ISR, Roma 1943. 9 AINSR, s. CSSR, b. 49, f. 8, sott. 1936-1937. Russia. Il Presidente dell’Istituto aveva proposto anche una seconda conferenza sugli Studi russi sulla archeologia e l’arte del tardo impero: approfondimento in Silverio, «Il Bimillenario», cit., pp. 196-197. 10 AINSR, s. CSSR, b. 47, f. 4, sott. Rapporti con gli Enti e b. 49, f. 8, sott. 1936-1937. Russia. 11 V. sulla vicenda Silverio «Il Bimillenario», op. cit., p. 198 ed E. e T. Silverio, «Il Quinto
Império», op. cit. pp. 209-210.
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Se la scelta di mons. Sipiaghin aveva permesso all’Istituto di annoverare la presenza della Russia tra i Paesi partecipanti alle conferenze celebrative – con sottintesa riaffermazione della superiorità dell’Italia-nuova Roma sulla nuova Russia, quell’URSS distruttrice ma anche “erede” dell’Impero zarista –, era stata però sostanzialmente un ripiego. Galassi Paluzzi continuava ad essere interessato al coinvolgimento del “russo” Rostovtzeff nelle iniziative del Bimillenario e soprattutto nel suo atto finale, il grandioso e di sofferta preparazione Convegno Augusteo del 23-27 settembre 1938, inteso come sorta di reverente omaggio dei maggiori studiosi italiani e stranieri alla memoria del primo imperatore inquadrato nei festeggiamenti organizzati da un’Italia tornata imperale12. Già Arnaldo Momigliano, notando l’inclusione di Rostovtzeff alla voce “Russia” di un elenco di possibili invitati, il 4 agosto 1937 scriveva che «va considerato come americano, sebbene di origine russa» ed in seguito Giulio Q. Giglioli il 2 giugno 1938 a proposito della Russia-URSS aveva scritto a Galassi Paluzzi: «Non la inviterei. Rostovzeff (sic) può essere invitato a parte se è in Europa»13. Lo studioso venne in effetti invitato il 22 o 23 luglio 1938 ma il 31 luglio rispose in italiano rammaricandosi di non poter intervenire ed esprimendo con significative parole la sua gratitudine verso gli organizzatori della Mostra Augustea della Romanità per la realizzazione di un tale «splendidissimo corso di Storia Romana»14. Intendendo tale missiva come una sostanziale adesione al Convegno, Galassi Paluzzi fece pubblicare nel programma della manifestazione il nome di Rostovtzeff tra gli studiosi aderenti – invece tra i Paesi aderenti non si giunse ad annoverare la Russia – mentre i principali quotidiani, probabilmente per interessamento di Giglioli, Direttore generale della Mostra Augustea e da sempre collaboratore dell’Istituto, pubblicavano un ampio stralcio della lettera dello studioso introducendolo con significativi titoli del tipo La Mostra Augustea della Romanità. L’ammirazione di un insigne studioso profugo dalla Russia15. Così, tra adesione personale e richia-
12 Silverio, «Il Bimillenario», ed Id., «Il Convegno Augusteo del 1938 nel quadro del bimillenario della nascita di Augusto attraverso i documenti d’archivio e le pubblicazioni dell’Istituto», Studi Romani, 62.1-4, 2014, pp. 358-425. 13 AINSR, s. Congressi, Convegni e Mostre (CCM), b. 220, f. 58, sott. Rapporti con il Museo dell’Impero e b. 223, f. 70, sott. 1937-38 Momigliano. Sui rapporti di Momigliano con l’Istituto v. Massimiliano Ghilardi, «Tra bimillenario augusteo e leggi razziali: Istituto di
Studi Romani, settembre 1938», Civiltà Romana, V, 2018, c. s. 14 AINSR, s. CCM, b. 223, ff. 70 e 74 e Silverio «Il Bimillenario», op. cit., p. 198, nota 110. Sulla Mostra v., con precedente bibliografia, Anna Maria Liberati, La Mostra Augustea della Romanità, in 2014. Bimillenario della morte di Augusto, op. cit. 15 V. ad es. Il Messaggero ed Il Corriere della Sera, 26 settembre 1938 e Il Resto del Carlino, 27 settembre 1938. V. inoltre AINSR, s. CCM, b. 222, f. 68 e b. 225, f. 79.
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mo all’origine russa di Rostovtzeff, alla fine l’Istituto – grazie pure alla mediazione della Mostra Augustea – riuscì ad ottenere che la Russia fosse in qualche modo presente all’ultimo atto di quel Bimillenario Augusteo in cui l’Impero dell’Italia fascista si sovrapponeva a quello di Roma in una atmosfera densa di “fatali” rinvii e parallelismi.
La vicenda del coinvolgimento della Russia nel Bimillenario del 1937-38 interessa non solo per lo studio della “geopolitica imperiale” perseguita dall’Istituto in ambito culturale, che realizzava una sorta di fusione tra Impero antico e contemporaneo non senza il richiamo alla Roma cristiana. Infatti essa interessa anche quale particolare declinazione16 di un’idea di Impero italiano non limitata al dato geografico ma intesa anche quale egemonia spiritual-culturale di portata universale. Un’idea che non sarebbe stata pensabile senza l’esperienza dell’ “impero” spirituale della Roma cattolica così fondamentale per l’Istituto ed il suo fondatore.
16 Altra declinazione fu ad es. quella espressa nella rivista Lo Stato: v. nel tomo II.