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1.3. La catastrofe. Pag

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delle donne indigene; c) richieste di prestiti a indigeni benestanti; d) modo sguaiato di vivere e di vestire che è in contrasto stridente al modo col quale si comportano e vestono gl’indigeni”393

Al contrario di queste critiche vi erano molte testimonianze che asserivano che quando non vi erano motivi di attrito tra le due comunità la vita trascorreva abbastanza tranquillamente. Naturalmente dobbiamo sempre tenere presente la mentalità dell’epoca e le dottrine pseudo-scientifiche che imbottivano le teste dei coloni e che portavano a considerare gli indigeni sempre con uno sguardo perlomeno paternalistico.

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Come ho accennato nell’introduzione di quest’opera, considero la conquista dell’Etiopia più come un’occupazione militare che non come una vera e propria colonizzazione (dovuta allo scarso tempo a disposizione, neanche cinque anni ed alla disorganizzazione con la quale il territorio venne occupato), ma non posso negare che lo sforzo del regime, soprattutto dal punto di vista economico, e le speranze con cui molti connazionali partirono verso l’Africa Orientale, confermino una volontà di occupazione stabile che terminò con l’invasione britannica durante la seconda guerra mondiale. Certo è che il bilancio di quell’esperienza fu per molti italiani decisamente negativa, sia dal punto di vista del lavoro che da quello della vita in colonia, ridotti a vivere in realtà estremamente lontane da quelle della madrepatria (soprattutto per quanto riguarda le abitazioni); chi non riuscì a sfruttare l’iniziale fiume di denaro che pervenne in colonia fu costretto ad arrabattarsi ed a vivere di espedienti od a uniformarsi al modo di vivere degli indigeni. Non furono pochi, quindi, coloro che al rientro in Italia commentarono la loro esperienza con un “maledetta l’Africa ed il giorno che ci sono venuto”.

4.3. La catastrofe.

Il 10 giugno 1940, dopo 9 mesi e mezzo di cosiddetta non-belligeranza, l’Italia entrò in guerra al fianco della Germania nazista. Il paese si unì al conflitto senza avere minimamente colmato il gap industriale e militare con l’alleato tedesco.394 La Germania poteva contare su un complesso industriale di prim’ordine, secondo solo a quello degli Stati Uniti, sul possesso di diverse materie prime (tranne il petrolio ed il ferro che venivano però garantiti dall’alleanza con la Romania il primo e dagli accordi con la neutrale Svezia il secondo), sul possesso di armamenti all’avanguardia e di una élite di scienziati alcuni dei quali sarebbero diventati ben noti al termine della guerra e non tutti per la loro adesione al

393 E. Ertola, In terra d’Africa – Gli italiani che colonizzarono l’impero, Laterza, Bari, 2017, Pag. 153.

394 Secondo le stime più ottimistiche l’Italia sarebbe riuscita ad avvicinare la forza militare tedesca del 1939 solo nel 1943 e secondo quelle più realistiche non prima del 1945.

128 nazismo (Von Braun395, Heisenberg396, tanto per citarne un paio). Al contrario l’Italia, paese principalmente agricolo, con scarsissime risorse primarie e con un livello tecnologico non ancora all’altezza o utilizzato in maniera errata (dal punto di vista bellico)397 si trovava lontano anni luce dall’alleato teutonico.

In Etiopia dal momento della dichiarazione di guerra scoppiarono diverse rivolte fomentate anche dall’Intelligence Service britannica che già da circa un mese era in contatto con il Negus Hailé Selassié e le forze reali etiopiche. Lo sforzo britannico venne profuso tramite l’invio di diversi agenti, denaro e massicci invii di armi, peraltro già in atto prima dell’inizio delle ostilità sul suolo europeo. Il Negus, dopo un lungo viaggio via aereo, treno e nave ritornò in Etiopia (con lo pseudonimo prima di Mr. Strong e poi di Mr. Smith) a metà novembre del 1940 ed appena messo piede in patria emanò un proclama che dovrebbe ancora oggi fare riflettere sull’idea di presunta civiltà superiore dei bianchi che, a tutt’oggi, non è ancora scomparsa:

“Io vi raccomando di accogliere in modo conveniente e di prendere in custodia tutti gli italiani che si arrenderanno, con o senza armi. Non rimproverate loro le atrocità che hanno fatto subire alla nostra popolazione. Mostrate loro che siete dei soldati che possiedono un senso dell’onore ed un cuore umano. Non dimenticate che durante la battaglia di Adua i coraggiosi guerrieri che hanno condotto al loro imperatore i prigionieri italiani hanno

395 Braun, Werner von. - Pioniere dell'astronautica (Wirsitz, Posnania, 1912 - Alexandria, Virginia, 1977); progettista di razzi e studioso dei problemi relativi all'astronautica. Ha progettato il razzo V2 impiegato dai Tedeschi nella seconda guerra mondiale. Dal 1952 negli USA, ha contribuito largamente alla riuscita dei primi lanci spaziali statunitensi. Direttore del gruppo per lo sviluppo dei missili guidati dell'esercito degli USA, ha progettato il missile Jupiter C con il quale fu messo in orbita l'Explorer I, il primo satellite americano, e tutti i missili della serie Saturno, impiegati nel programma Apollo.

396 Heisenberg, Werner Karl. - Fisico tedesco (Würzburg 1901 – Monaco di Baviera 1976). Dopo il conseguimento del dottorato a Monaco (1923), H. iniziò un'intensa collaborazione con N. Bohr presso l'Istituto di fisica teorica di Copenhagen, che si concluse nel 1927, anno in cui H. fu chiamato a ricoprire la cattedra di fisica teorica all'università di Lipsia. Nel 1932 gli fu conferito il premio Nobel per la fisica. Trasferitosi all'università di Berlino (1941) venne nominato direttore del Kaiser Wilhelm Institut für Physik. Alla fine della guerra, sospettato d'aver assicurato la propria collaborazione alle autorità politicomilitari naziste, H. venne fatto prigioniero dalle forze alleate. Dal 1947 socio straniero dei Lincei. Dal 1952, divenuto direttore del Max Planck Institut für Physik und Astrophysik a Monaco, H. si impegnò a fondo nella ricostruzione dei centri di ricerca tedeschi ed europei; fu tra i principali promotori della creazione del CERN a Ginevra, dove ricoprì la carica di presidente del Scientific policy committee. n Le indagini iniziali di H. presero le mosse dalla teoria quantistica dell'atomo di idrogeno di Bohr (1913), nella quale confluivano l'ipotesi di quantizzazione dell'energia applicata da M. Planck allo studio della radiazione di corpo nero e il modello d'atomo nucleare di Rutherford. H., anche in collaborazione con Born, contribuì a una migliore comprensione delle leggi della spettroscopia atomica e ricercò, sulla base della regola di quantizzazione e del principio di corrispondenza, un'interpretazione del cosiddetto effetto Zeeman anomalo. Ma, soprattutto, egli rimase sempre attratto dai problemi filosofici ed epistemologici della meccanica quantistica, sui quali tornò fino alla fine con contributi di notevole portata storica e filosofica.

397 Portiamo ad esempio il campo aeronautico nel quale l’Italia era stata all’avangurdia durante il primo conflitto mondiale: grandi risorse furono utilizzate nel tentativo di realizzare inutili record di velocità (come la coppa Schneider) o di altitudine e non di sviluppare velivoli adatti al conflitto che si stava preparando. Una mentalità vecchia, legata a concetti ormai obsoleti uno dei quali era la completa predominanza del pilota rispetto al mezzo fece il resto: inoltre i successi nella guerra civile spagnola contribuirono ad accreditare presso gli stati maggiori la teoria succitata. Anche decisioni industriali (la FIAT si rifiutò sempre di produrre nei suoi stabilimenti aeroplani che non fossero di propria progettazione) estremamente discutibili fecero si che, ancora nel 1944, in Italia si producessero antiquati biplani quando la Germania faceva uscire dalle proprie fabbriche i primi jet (Me 262).

aumentato l’onore e nobilitato il nome dell’Etiopia”.398

Il Viceré d’Etiopia e comandante militare in Africa orientale era dal 1938 il duca Amedeo d’Aosta399, uomo capace ed ottimo soldato, il quale si rese subito conto dell’importanza strategica delle colonie italiane in quel settore in caso di evento bellico. Sostenne infatti che il destino della guerra contro l’Inghilterra sarebbe stato deciso in Africa orientale e non in Egitto o nel Mediterraneo. Domandò a Mussolini rifornimenti militari per più di cinque miliardi di lire e le sue richieste teoricamente accettate ma non esaudite: gli vennero inviati materiali per 900 milioni che però non arrivarono mai a causa dell’interferenza inglese che non si faceva scrupoli a fermare e sequestrare mercantili di nazioni neutrali. Qualche rifornimento riuscì ad arrivare in Somalia dal lontanissimo Giappone (all’epoca neutrale) ma in numero non certo sufficiente ai fabbisogni dell’esercito in Africa orientale. Gli ordini che il 9 giugno 1940 giunsero dal capo di Stato Maggiore Generale, maresciallo Badoglio, stabilirono che il compito delle forze italiane in Africa orientale fosse quello strettamente difensivo e che ci si dovesse preparare a violente reazioni solo dopo essere stati attaccati. Badoglio aveva creduto ad uno dei più riusciti bluff dell’Intelligent Service riguardo ad una presunta armata Weygand400 presente in Siria e pronta a marciare contro i possedimenti italiani del Mar Rosso e si comportava di conseguenza. Come abbiamo visto, però, l’idea strategica del duca d’Aosta era ben diversa; concepì una tattica decisamente più aggressiva, basata su due direttrici d’attacco principali: la prima prevedeva l’occupazione del Somaliland britannico e la seconda una decisa spinta contro il Sudan, in modo da impegnare il maggior numero di truppe britanniche distogliendole dal fronte libico-egiziano. Effettivamente questi attacchi riuscirono a sortire l’effetto sperato tanto che il MEC401, nonostante la schiacciante vittoria a Sidi el Barrani402, fu costretto a spostare diverse divisioni sul fronte sud e non sfruttare pienamente il successo403. Il mattino del 4 luglio 1940 scattò l’attacco contro il Sudan, 6500 uomini mossero contro Cassala che viene di lì a poco occupata; il mese successivo cominciarono le operazioni anche contro la Somalia britannica, settore decisamente più importante di quello sudanese giacché avrebbe consentito di sostituire 1050 chilometri di frontiera terrestre con 750 di frontiera marittima, la

398 E. Biagi, La seconda guerra mondiale – Uomini e fatti, testimoni e documenti, Vol. II, Fabbri, Milano, 1995, Pag. 530.

399 Savoia, Amedeo di, duca d'Aosta. - Primogenito (Torino 1898 – Nairobi 1942) di Emanuele Filiberto e di Elena di Francia. Dopo aver preso parte alla prima guerra mondiale, effettuò numerosi viaggi in Africa e comandò truppe sahariane durante le operazioni volte a conquistare la Tripolitania (1928-30). Vicerè di Etiopia (1937), contribuì alla realizzazione di ingenti opere pubbliche; partecipò poi alla seconda guerra mondiale in Africa Orientale, venendo insignito della medaglia d'oro al valor militare. Costretto ad arrendersi agli Inglesi sull'Amba Alagi (maggio 1941), morì in prigionia.

400 Weygand, Maxime. - Generale francese (Bruxelles 1867 – Parigi 1965). Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, nel 1940 fu nominato comandante supremo delle forze francesi, ma nulla poté fare per arginare l'offensiva tedesca. Ministro della Difesa del governo di Vichy (1940) e governatore di Algeri (1941), fu internato in Germania fino al 1945. Nel dopoguerra fu reintegrato nelle sue prerogative.

401 Middle East Command in seguito chiamato Middle East Land Forces (MEF).

402 Località egiziana a circa 95 km. dal confine libico.

quale, grazie alle nostre basi navali nell’area sarebbe stata più facile da sorvegliare ed avrebbe consentito di recuperare vitali forze terrestri che non potevano giungere in sostegno dall’Italia. Inoltre bisognava evitare che anche la Côte française des Somalis fosse invasa dagli inglesi e che si ponesse come spina nel fianco delle forze italiane. Gli inglesi, dopo un’accanita resistenza al varco di Tug Argan, consapevoli di poter essere accerchiati decisero di evacuare il Somaliland ed il 19 agosto 1940 le truppe italiane entrarono a Berbera. Queste conquiste di territori per circa centomila chilometri quadrati, deserti e quasi completamente disabitati, furono le uniche vittorie italiane in Africa orientale prima della riscossa britannica.404

Secondo molti storici queste conquiste furono assolutamente inutili ma abbiamo già visto che dal punto di vista tattico servirono per salvare la Libia dalla completa occupazione; lo stesso Churchill405 commentò al termine del conflitto in riferimento agli scontri in Africa orientale:

“Non ero affatto contento della condotta tecnica di questo episodio, che rappresenta la nostra sola sconfitta ad opera degli italiani. In quel particolare momento, quando eventi formidabili incombevano sull’Egitto e tante cose in tutto il mondo dipendevano dal nostro prestigio, quella sconfitta ha rappresentato un danno di gran lunga superiore al suo valore strategico.”406

404 Biagi, La seconda guerra mondiale – Uomini e fatti, testimoni e documenti, Vol. II, Fabbri, Milano, 1995, Pag. 532-546.

405 Churchill, Sir Winston Leonard Spencer. - Statista inglese (Blenheim Palace, Oxford, 1874 – Londra 1965), figlio di lord Randolph. Ufficiale, in India e nel Sudan (1897-98), partecipò (1899-1902), dapprima come tenente di cavalleria e poi come giornalista, alla guerra anglo-boera. Deputato conservatore (1900), passò poi al liberalismo; sottosegretario alle Colonie nel 1908-10, fu successivamente ministro del Commercio (1908-09), degli Interni e primo lord dell'Ammiragliato (1911-1915). L'opera da lui compiuta in tale qualità per il rafforzamento della flotta si rivelò preziosa allo scoppio del conflitto mondiale. Ch. fu l'ideatore della spedizione di Anversa e di quella dei Dardanelli, ma le disastrose vicende di quest'ultima lo costrinsero a lasciare l'Ammiragliato. Dopo un periodo di guerra sul fronte francese, tornò al governo come ministro delle Munizioni (1916). Ministro della Guerra e Aeronautica alla fine del conflitto (1919), propugnò l'intervento armato contro la Russia sovietica. Nel 1921 fu ministro delle Colonie, ma cadde nelle elezioni del 1922. Rientrato (1924) nel partito conservatore, nominato cancelliere dello Scacchiere sotto St. Baldwin (1924-29), si fece promotore di una dura politica deflazionistica. Caduto il gabinetto Baldwin, fu all'opposizione per 10 anni, criticando la politica del disarmo unilaterale e la condotta del governo laburista in India. Durante la crisi che sboccò nella seconda guerra mondiale, Ch. criticò aspramente la conciliante politica estera di Baldwin e di N. Chamberlain nei riguardi di Hitler e di Mussolini, critica che si accentuò dopo Monaco. Il 3 sett. 1939 Chamberlain gli affidò l'Ammiragliato quale primo lord. Organizzò allora il blocco navale della Germania cercando al tempo stesso un ravvicinamento con l'URSS. Fautore della guerra a oltranza e di una più energica coordinazione degli sforzi militari, egli fu l'uomo sul quale si appuntarono gli sguardi di tutta la nazione quando, con l'invasione tedesca della Norvegia e poi della Francia, la situazione divenne gravissima per l'Inghilterra. Capo di un governo di coalizione (10 maggio 1940), con la sua energia, con la popolarità che seppe conquistare, impersonò la volontà di resistenza della nazione e di tutti gli altri popoli alleati contro la minaccia nazista nel difficilissimo periodo 1940-41. Dopo la vittoria sulla Germania e la fine del ministero di coalizione, Ch. formò il 23 maggio 1945 un governo di transizione: ma l'esito delle elezioni del 5 luglio lo costrinse a dimettersi. Capo dell'opposizione, fu tra i primi a proporre una politica antisovietica e a propugnare l'unione delle democrazie occidentali e l'unità europea. Nell'aprile 1955 si ritirò a vita privata.

406 E. Biagi, La seconda guerra mondiale – Uomini e fatti, testimoni e documenti, Vol. II, Fabbri, Milano, 1995, Pag. 546547.

La tattica del viceré sembrò quindi funzionare, anche considerando il fatto che nell’estate 1940 la Luftwaffe407 di Göring408 scatenò quella che sarebbe poi rimasta negli annali come la battaglia d’Inghilterra la quale avrebbe dovuto anticipare l’operazione Seelöwe409 cioè l’invasione terrestre della Gran Bretagna. A metà ottobre del 1940, a causa delle forti perdite subite dalle squadriglie di bombardamento (KampfGeschwadern), Hitler decise di rimandare a data da destinarsi l’invasione limitandosi ad ordinare alla Kriegsmarine410 di cingere d’assedio, soprattutto con i mezzi sottomarini, le isole britanniche in modo da toglierli la possibilità di essere rifornite e di prenderle per fame. Naturalmente colui che si autodefiniva uno dei più grandi strateghi militari della storia germanica non comprese o non si premurò di informarsi sulla reale situazione militare inglese: la RAF411 era giunta ormai allo stremo delle forze ed un’ultima spallata avrebbe probabilmente aperto la strada per Londra alle truppe del 3° Reich.412

La mancata apertura del fronte sul territorio metropolitano consentì naturalmente agli inglesi di recuperare forze per altri obbiettivi ed uno dei primi, se non il primo fu proprio il contrattacco in Africa orientale. Già nel novembre 1940 nella zona di Cassala vi fu il primo scontro tra le forze britanniche e quelle italiane: i fortini di Gallabat e Metemma furono attaccati il 6 di novembre da forze sudanesi, indiane ed inglesi, il forte di Gallabat fu occupato ma poi abbandonato dagli stessi inglesi poiché indifendibile. Si trattò principalmente di un attacco di prova per saggiare le difese italiane nell’area.413

Prima di proseguire con il racconto militare della perdita dell’Africa Orientale Italiana,

407 Aviazione militare tedesca.

408 Göring, Hermann. - Uomo politico tedesco (Rosenheim 1893 – Norimberga 1946). Ufficiale di aviazione, si distinse durante la 1a guerra mondiale; dal 1921 uno dei più autorevoli collaboratori di Hitler, fu organizzatore delle squadre d'assalto. Dopo il Putsch di Monaco (nov. 1923), si rifugiò nel Tirolo, poi in Italia. Deputato nazionalsocialista nel 1928, presidente del Reichstag nel 1932, con la conquista hitleriana del potere divenne ministro di Stato. Ministro degli Interni di Prussia, riorganizzò la polizia e represse le agitazioni comuniste e i tentativi deviazionistici in seno al suo stesso partito (a Berlino, nel 1934, il movimento guidato da E. Röhm). Nel 1936 gli fu affidata, con poteri eccezionali, l'esecuzione del piano quadriennale. Maresciallo nel 1938, ebbe praticamente la responsabilità della condotta della guerra aerea tedesca durante la 2a guerra mondiale. Verso la fine del conflitto (aprile 1944) forse tentò di aprire trattative con gli alleati. Condannato a morte dal tribunale di Norimberga, si uccise avvelenandosi la notte prima dell'esecuzione.

409 Leone marino.

410 Marina da guerra tedesca.

411 Royal Air Force, Regia aeronautica.

412 Nei quasi tre mesi di incursioni, i tedeschi avevano praticamente distrutto tutte le installazioni radar sulla costa meridionale dell’Inghilterra ed anche i vari aeroporti a sud di Londra erano ormai ridotti a rovine fumanti, senza contare i danni alle città (Coventry venne colpita così duramente che fu coniato un nuovo verbo “coventrizzare” come sinonimo di città rasa al suolo). Inoltre la RAF scarseggiava anche di piloti in grado di affrontare con buone possibilità di vittoria gli esperti aviatori tedeschi. Secondo diversi studiosi di storia militare, anche britannici, ancora una decina di giorni di attacchi avrebbero costretto a terra ciò che restava dell’aviazione inglese ed avrebbero quindi consentito l’attuazione del piano “Leone marino” e la conquista delle isole britanniche. L’esercito inglese era ancora gravemente scosso dopo la fuga da Dunkerque e soprattutto le enormi quantità di materiale bellico che era stato costretto ad abbandonare in Francia non erano ancora state sostituite; privato ora anche del sostegno aereo non sarebbe stato in grado di affrontare le potenti e rapide Panzerdivisionen germaniche.

mi sembra opportuno ricordare che la sconfitta militare nelle colonie non fu dovuta esclusivamente ad una mancanza di uomini e materiali ma a questa dobbiamo aggiungere anche la mentalità che da sempre, come abbiamo visto già più volte in questo studio, considerava le colonie come territori di popolamento e di sviluppo commerciale. Al contrario della Gran Bretagna ed in parte della Francia, l’ostinazione della politica coloniale italiana nel vedere questi territori esclusivamente come simbolo di prestigio internazionale, non riuscendo ad utilizzarle come teste di ponte militari ed importanti basi navali, fu il motivo principale del disastro. Il crollo della Francia aveva creato una situazione a noi estremamente favorevole se aavessimo saputo sfruttarla: le scarse forze coloniali britanniche sul continente africano non avrebbero potuto sostituire quelle francesi nel controllo del territorio e se la marina italiana avesse potuto avere delle basi importanti nei porti dell’Eritrea e della Somalia in modo da poter bloccare il traffico sul Mar Rosso, le forze britanniche presenti in Africa orientale e sudorientale avrebbero potuto essere rifornite solo tramite la circumnavigazione del continente con tempi e rischi non sopportabili. Inoltre il blocco del Mar rosso avrebbe costretto la Mediterranean Fleet presente ad Alessandria d’Egitto a togliersi dal Mediterraneo orientale per non essere imbottigliata. Gli inglesi stessi, prevedendo questo mossa avevano affondato due piroscafi carichi di cemento per bloccare il canale di Suez e non farlo utilizzare dalle forze dell’Asse in caso di sconfitta in nord africa. Ma nulla di tutto questo si verificò a causa del mancato utilizzo dei porti africani come fattore militare; persino la flotta presente ad Alessandria fu solo blandamente attaccata in un porto alquanto scomodo e pericoloso dal punto di vista strategico.414

L’unico a capire l’importanza del Mar Rosso e dell’Africa orientale fu il duca d’Aosta ma come abbiamo potuto notare non venne affatto sostenuto dal governo di Roma ma quasi sopportato. Peraltro al comando supremo in Italia ci si convinse, al contrario, che l’Africa orientale non rappresentasse un vantaggio strategico ma un peso morto di cui disfarsi nel più breve tempo possibile o di utilizzarlo come moneta di scambio. Dato che però non si poteva cedere il territorio africano senza colpo ferire per qustioni politiche e di prestigio, venne ordinato a tutti i comandanti dello scacchiere orientale di organizzare dei ridotti difensivi in ciascuna delle più importanti zone dell’impero e di resistere ad oltranza con i propri mezzi. Vennero abbandonate quindi tutte quelle zone pianeggianti che avrebbero consentito una facile libertà di movimento ai mezzi corazzati nemici ed alle grandi unità alleate e ci si rintanò in zone montagnose. Il primo attacco deciso alle forze italiane avvenne il 20 gennaio 1941 quando la 4° divisione indiana attaccò nella zona di Cassala ma venne respinta dopo tre giorni di aspri combattimenti. Nonostante la vittoria il comando supremo decise di arretrare le forze verso Agordat ed il bastione di Cheren ma i britannici approfittarono di questo ripiegamento, riuscirono a dividere in due le forze italiane ed gli inflissero gravi perdite. Il 2 febbraio cominciò l’attacco alla ridotta di Cheren, porta occidentale per arrivare ad Asmara, con gli inglesi abbastanza convinti che avrebbero avuto vita facile contro i resti di quello che era il corpo d’armata italiano nella zona: in effetti nel sistema difensivo italiano non venne lasciata nemmeno una divisione integra, ma solo delle brigate miste, le quali, secondo gli strateghi britannici, non avrebbero dovuto creare particolari problemi alle forze attaccanti. In verità, come spesso accade, la realtà assunse contorni ben diversi da quelli ipotizzati dagli inglesi: qualche giorno prima della battaglia l’alto comando italiano prese la decisione (una delle

poche azzeccate della nostra guerra, ndr) di dare il comando delle truppe al generale Carnimeo415, soldato di grande spirito combattivo nonché di un eccezionale senso tattico.416 Sotto il suo comando, granatieri, bersaglieri, alpini, artiglieri, ascari e cavalleria lottarono con accanimento e ferocia per cinquantasei giorni contro forze soverchianti, scrivendo una delle pagine più belle come valore e perizia militare dell’intera guerra e solo il 27 marzo 1941, grazie all’intervento dello squadrone “B” del 4° Royal Tank Regiment417, il fronte italiano venne sfondato, anche se più di un cedimento improvviso si potè parlare di una naturale breccia dovuta all’ormai sottilissima linea difensiva. Al termine della battaglia di Cheren gli italiani contarono 12.437 morti e 21.700 feriti, gli inglesi ebbero circa 5000 morti ed un numero superiore di feriti.418

Da quel momento la strada per Asmara era aperta e la capitale dell’Eritrea fu occupata il 31 marzo e Massaua il 7 aprile. Gli inglesi concessero l’onore delle armi agli eroici difensori della Colonia Primigenia (un contentino, commentò acidamente Mussolini) e dall’11 aprile il Mar Rosso fu dichiarato navigabile per le navi statunitensi che portavano i rifornimenti alle truppe britanniche in Egitto, proprio nel momento in cui Rommel419 stava lanciando una potente controffensiva in Libia.

415 Carnimeo, Nicolangelo. – Generale e magistrato (Bari, 1887 – Napoli, 1965). Laureato in giurisprudenza, scienze politiche e sociali, fu nominato ufficiale nel 1909. Combattente nella guerra italo turca e nella prima guerra mondiale, dal 1940 al 1941 fu comandante della seconda divisione Coloniale dell'Africa Orientale Italiana, nonché ufficiale del X Comando di Difesa Territoriale. Fu artefice con il generale Orlando Lorenzini della difesa della colonia eritrea dagli attacchi britannici del generale William Platt, nonostante la successiva capitolazione alle armi alleate durante la battaglia di Cheren. Il 27 marzo 1941 fu promosso, per merito di guerra, a generale di divisione. Catturato dagli inglesi, il generale Carnimeo fu internato in una campo di concentramento. A posteriori gli stessi avversari inglesi ebbero parole di elogio per l'ottima condotta difensiva della piazzaforte nei 56 giorni di accanito assedio, attuata in condizioni militari inferiori. A sua volta il generale Carnimeo rese omaggio al valore delle truppe indiane. A tuttora, il Generale è considerato dagli storici, per quanto dimostrò nella difesa di Cheren, uno dei migliori generali italiani della seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra raggiunse il grado di generale di corpo d’armata e dopo il congedo ricoprì la carica di consigliere di Stato addetto alla 3ª sezione consultiva di Roma. Il 28 novembre 1957 fu nominato Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

416 E. Biagi, La seconda guerra mondiale – Uomini e fatti, testimoni e documenti, Vol. II, Fabbri, Milano, 1995, Pag. 558-61.

417 I reggimenti carri britannici erano dotati, tra gli altri, del carro pesante Matilda II da 28 ton. dotato di una corazza impenetrabile per le armi anticarro italiane, basate principalmente sul fucilone controcarri Breda da 20 mm. e dal cannone controcarro 47/32 da 47 mm. nonché per le armi dei carri italiani L/3, L/6 e M/13. Lo stesso carro Matilda era già stato artefice dello sfondamento britannico in Egitto a Sidi Barrani ed alla successiva avanzata britannica in Cirenaica nel 1940.

418 G. F. Ghergo, La battaglia di Cheren, Storia Militare n. 213 giugno 2011, Albertelli, Parma, 2011, Pag. 36-48.

419 Rommel, Erwin Johannes. - Generale tedesco (Heidenheim, Württemberg, 1891 – Ulma 1944). Partecipò alla prima guerra mondiale, segnalandosi nelle campagne di Francia (1914-15), di Romania (1916), d'Italia (1917); aderì fin dall'inizio al partito nazista e vi divenne membro delle sezioni d'assalto. Le sue moderne teorie sull'impiego dei carri gli valsero il comando della scuola militare di Wiener Neustadt (1938). Nella seconda guerra mondiale partecipò alla campagna di Polonia come colonnello addetto al quartier generale di A. Hitler; quindi (1940) comandò la 7a divisione corazzata che, dopo lo sfondamento sulla Mosa, puntò direttamente su Abbeville, dividendo in due l'esercito francese. Inviato in Libia alla testa dell'Afrika Korps (1941), vi si rivelò capo militare di grande talento tattico e audacia, nel corso delle offensive del gennaio e, più ancora, del giugno 1942, quando fulmineamente conquistò Tobruch e portò gli Italo-Tedeschi ad el-῾Alamein, per cui fu nominato feldmaresciallo; ma tale azione determinò, per l'allontanamento dalle basi, uno dei presupposti che, con la superiorità degli uomini e dei mezzi, consentì la vittoriosa controffensiva del maresciallo Montgomery; dopo strenua resistenza (23 ott. - 2 nov. 1942), R. dovette abbandonare l'Egitto e la Libia, ma effettuando assai abilmente il ripiegamento fino in Tunisia. Rimpatriato, comandò le truppe che, dopo il 25 luglio 1943, invasero la Valle Padana; nel 1944 fu nominato ispettore del Vallo atlantico, quindi comandante del gruppo d'armate B della battaglia di Normandia, durante la quale, il 17 giugno, fu gravemente ferito. Nel corso della guerra R. era diventato sempre più critico nei confronti della politica di Hitler che, dopo l'invasione della Normandia, sollecitò a una pace separata con gli Alleati occidentali; dopo l'attentato al Führer, pur trovandosi ancora convalescente in ospedale, fu sospettato di esserne coinvolto: costretto a scegliere il suicidio o il processo pubblico, R. si uccise.

Se la conquista dell’Eritrea non venne considerata dagli inglesi una passeggiata di salute, altrettanto non si potè affermare per quanto riguarda la Somalia; nonostante il viceré Amedeo d’Aosta avesse preparato per anni un campo trincerato intorno a Chisimaio ed avesse disposto di dividere le forze in due gruppi, uno a Chisimaio ed uno a Dolo in modo da poter affrontare e colpire le forze inglesi nelle retrovie o obbligarle ad attaccare la bene attestata guarnigione di Dolo, i generali Giulio De Simone (comandante della Somalia) ed il suo pari grado Gino Santini decisero di abbandonare Chisimaio e di attestare la difesa lungo il fiume Giuba, disposti su un fronte di 600 km. e con facili guadi sul fiume in quel periodo in secca. Come prevedibile le forze attaccanti non ebbero alcun problema ad oltrepassare il fiume e ad annientare la scarsa resistenza italiana, l’attacco venne lanciato il 20 gennaio ed il 25 febbraio le prime avanguardie britanniche entrarono a Mogadiscio. Più a nord, in Etiopia, le avanguardie inglesi entrarono ad Addis Abeba il 6 aprile ed Hailé Selassié vi rientra il 5 di maggio; l’Africa Orientale Italiana è ormai persa ma gli italiani tentano di prolungare al massimo la resistenza sia per le ripercussioni che un’efficace difesa può avere sugli altri fronti e sia per questioni morali, di valore militare. Una sacca di resistenza si era formata spontaneamente a Gondar, nell’Amhara, comandata dal generale Guglielmo Nasi420, una seconda sacca venne formata nella regione dei Laghi ed una terza, per ordine dello stesso viceré, sull’Amba Alagi. Quest’ultima ridotta, composta da circa 4000 uomini è la prima a venire attaccata dalle forze britanniche il 1° maggio 1941 e dopo una rabbiosa quanto inutile resistenza il duca d’Aosta si arrende la sera del 17 maggio per evitare ulteriori sofferenze ai feriti ed ai pochi superstiti. Anche in questo caso gli inglesi concedono l’onore delle armi ai difensori dell’Amba Alagi. La seconda sacca a cadere è quella della regione dei Laghi che combatte fino al 10 di luglio, mentre la sacca di Gondar, quella più grande forte di circa 40.000 uomini ma che scarseggiano praticamente di tutto resistono stoicamente fino al 27

420 Nasi, Guglielmo. – Generale e politico (Civitavecchia, 1879 – Modena, 1971) Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, si distinse in forza all'artiglieria, in particolare nel corso del 1917, ed al termine del conflitto risultava decorato con altre tre Medaglia d'argento al valor militare, ed aveva raggiunto il grado di tenente colonnello. Dopo lo scoppio della guerra d’Etiopia, Nasi fu impegnato sul fronte sud al comando della 1° Divisione fanteria “Libia”, alle dipendenze del generale Rodolfo Graziani. In questo frangente portò le sue truppe a scontrarsi con le truppe etiopi al comando di Wehib Pascià, un generale turco al servizio dell'imperatore etiopico. Wehib cercò di attirare l'armata italiana in una trappola facendola spingere il più possibile nel deserto dell'Ogaden. Ma nello svolgimento di tale operazione i reparti italiani al comando di Nasi, e del generale Navarra, fecero fallire l'operazione infliggendo gravissime perdite agli abissini e mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza dell'armata di Wehib Pascià. Al termine della campagna d'Etiopia fu nominato governatore dell'Harar, ricoprendo tale incarico dal 1936 al 1939, quando assunse quello di governatore dello Scioà che ricoprì fino al 1940 (cumulando anche la carica con quella di vice governatore dell'AOI). La sua politica di governo fu caratterizzata da una forte azione moralizzatrice dell'amministrazione civile e militare. Si dimostrò anche un abile diplomatico nella gestione delle relazioni con le diverse tribù indigene, alternando l'utilizzo della forza con la trattativa. Sostenne, inoltre, il viceré Amedeo d’Aosta nella sua azione di collaborazione con i notabili, inclusi i dissidenti, e in quella di avvicinamento alle popolazioni etiopi. Con l'entrata in guerra dell'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, venne inoltre nominato comandante in capo dello scacchiere Est delle Forze Armate dell’A.O.I. In questo ruolo organizzò e guidò personalmente una fortunata campagna contro il Somaliland britannico, impiegando gli ascari. L'ultima piazzaforte nell'Africa orientale italiana fu completamente conquistata dagli inglesi a Gondar (Etiopia), Nel 1941 l'equilibrio delle forze nel corno d’Africa cambiò decisamente costringendo le forze italiane ad assumere una posizione difensiva. Nasi, rimasto completamente isolato, combatté la battaglia di Gondar. Il 27 novembre 1941 iniziò l'attacco finale degli inglesi diretto subito sull'aeroporto di Azozo. Nella mattinata cadde Azozo e le truppe britanniche raggiunsero il castello di Fasilades. Alle 14.30 il generale Guglielmo Nasi inviò in Italia l'ultimo dispaccio: «La brigata di riserva, lanciata sul fronte sud, non è riuscita a contenere l'attacco. Il nemico ha già superato il reticolato e i mezzi blindati sono penetrati in città. Ritengo esaurito ogni mezzo per un'ulteriore resistenza ed invio i parlamentari». Poco dopo il comando italiano di Gondar fu preso d'assalto e costretto alla resa. Il 30 novembre deposero le armi gli italiani negli ultimi presidi che ancora resistevano. Guglielmo Nasi fu l'ultimo comandante italiano ad arrendersi nell'Africa Orientale Italiana il 28 novembre 1941. Fatto prigioniero, fu inviato in un campo di prigionia nel Kenya insieme al duca Amedeo d'Aosta, e quando costui morì, Nasi assunse la leadership dei circa 60.000 prigionieri italiani. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, si schierò con il governo del Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Gli fu consentito di rientrare in Italia solo nel novembre 1945 per presentarsi davanti all'Alta Corte di Giustizia e difendersi dalla denuncia presentata contro di lui dall'Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo.

novembre. Con la perdita della piazzaforte di Gondar termina l’avventura italiana in Africa orientale, l’impero è perduto ed il sacrificio di molti uomini coraggiosi non è neppure servito ad evitare che ingenti quantità di rifornimenti e rinforzi giungano in Egitto. La strada che porta diretta ad El Alamein421 è ormai già pronta; quando il 22 ottobre 1942 l’artiglieria britannica inizierà a martellare le postazioni dell’Asse422 il rapporto di forze tra Commonwealth e italo-tedeschi sarà di 10 a 1. La battaglia egiziana sarà insieme a quella di Stalingrado423, più o meno contemporanea, il punto di non ritorno per le forze tedesche ed i loro alleati in Europa.424

421 El-‛Alamèin. Località del deserto egiziano, posta circa 80 km a O di Alessandria, dove tra il giugno e il novembre 1942 si confrontarono le forze italo-tedesche guidate dal feldmaresciallo E. Rommel e quelle britanniche. Lo scontro decisivo avvenne a partire dal 24 ottobre, quando l’offensiva lanciata dall’8ª Armata agli ordini del generale B. Montgomery riuscì a vincere la resistenza nemica, aprendo definitivamente la strada verso la Libia.

422 È la politica d'intesa fra la Germania hitleriana e l'Italia fascista (1936-43), inaugurata dagli accordi di Berlino del 23 ottobre 1936 e sancita col "patto d'acciaio" del 22 maggio 1939.

423 Stalingrado. Una delle più importanti battaglie del fronte russo-tedesco durante la Seconda guerra mondiale, che ebbe come teatro la città russa. Con l’attestamento delle armate tedesche sul Don (ag. 1942), S. aveva assunto un notevole valore strategico, infatti con la sua conquista i tedeschi si sarebbero impadroniti della maggiore via acquea di rifornimento della Russia e di una grande base per le operazioni in corso in Caucasia e nel Kuban′. Per i russi la perdita di S. avrebbe rappresentato la fine dei rifornimenti di grano e di petrolio, nonché la realizzazione della manovra tedesca di accerchiamento di Mosca. Nel sett. 1942, dopo violenti combattimenti, le truppe tedesche riuscirono a penetrare nella città e, malgrado l’imponente sistema di fortificazioni approntate dai russi sulle alture intorno a S., l’avanzata tedesca proseguì. Tuttavia, non riuscirono a conquistare Voronezh, che per la sua posizione li esponeva a un attacco da nord che li avrebbe tagliati dal grosso delle forze tedesche. La controffensiva russa ebbe inizio in nov., riuscendo a compiere la manovra di accerchiamento delle truppe tedesche, che furono costrette al ripiegamento. Ma Hitler vietò sia di ritirare la 6° armata dalla città sia di accettare l’offerta di capitolazione e il 10 genn. 1943 il comando russo scatenò una massiccia offensiva che si concluse con la resa delle forze tedesche ed enormi perdite. La battaglia di S. segnò la fine dell’impulso offensivo tedesco e l’inizio del tracollo militare della Germania.

424 E. Biagi, La seconda guerra mondiale – Uomini e fatti, testimoni e documenti, Vol. II, Fabbri, Milano, 1995, Pag. 562-70.

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