Rossella Menegazzo
Fotografia e immaginario fotografico nelle silografie dell’ukiyoe Bakumatsu e Meiji
L’introduzione della tecnica fotografica in Giappone intorno alla metà dell’Ottocento comportò un inevitabile e rivoluzionario mutamento dello sguardo, oserei dire maggiore rispetto a quello che fu l’impatto sulla cultura occidentale già formata da secoli alla tecnica prospettica di rappresentazione della realtà.1 Mutò lo sguardo del fruitore che, anche grazie all’utilizzo di dispositivi ottici, potenziò la sensibilità di osservazione e intuizione della realtà e della sua conseguente rappresentazione visiva; mutò la capacità descrittiva della realtà da parte di artisti e creatori di immagini che, anch’essi supportati da mezzi meccanici e ottici, seppero raggiungere nella riproduzione bidimensionale un livello di fedeltà al soggetto reale sempre più alto.2 Da un punto di vista meramente tecnico, il mezzo meccanico fotografico andò via via soppiantando la tecnica silografica realizzata invece manualmente da matrice in legno, che all’epoca rappresentava la più cospicua e redditizia fetta di mercato delle immagini dell’ukiyoe 浮世絵. Le caratteristiche di precisione e, idealmente, di infinita riproducibilità della fotografia aumentarono quello che era il potenziale già insito nella silografia, cioè la possibilità di produrre una quantità di multipli; qualità che permise da una parte la nascita di un mercato dell’immagine come souvenir, dall’altra di ottenere una resa realistica ancora più fedele al soggetto ritratto. Ciò si aggiungeva a un altro aspetto che affascinò particolarmente il pubblico locale e straniero in quei primi decenni di sperimentazione e diffusione della fotografia, ossia il tocco artistico dato alle immagini fotografiche giapponesi, in particolare con l’aggiunta del colore a mano all’immagine, che si discosta dalle esperienze fotografiche di qualsiasi altro Paese per intensità, raffinatezza e continuità con la tradizione pittorica autoctona. È evidente che sia i primi fotografi giapponesi sia gli stranieri che lavorarono in Giappone e contribuirono attivamente a questa prima produzione mantennero un forte legame con la tradizione estetica delle immagini del Mondo Fluttuante, trasfe1
Si veda Rossella Menegazzo, “Nuove visioni dall’Occidente. L’arrivo della fotografia in Giappone” Atti XXXIII Convegno di Studi sul Giappone, Milano 2009, pp. 259-273. 2 Si veda Rossella Menegazzo, “Anticipando il futuro: macchine e vere ‘vedute’”, in Gian Carlo Calza, Rossella Menegazzo (a cura di), Giappone. Potere e splendore 1568-1868, Federico Motta Editore, Milano 2009, pp. 315-317.