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cittadini italiani
rispetto alla repressione del dissenso, che molto attivi in questo senso furono i vari Comitati d’azione per la resistenza interna, i quali «svolsero [anche] una funzione di controllo politico, poiché era in loro potere includere o escludere le famiglie – in base alla loro fede patriottica – dall’elargizione dei sussidi e del lavoro a domicilio, e fornire alle autorità locali i nomi di cittadini “sospetti”» 7 .
Di seguito, nella prima parte del capitolo, si analizzeranno le indagini condotte dai Reali Carabinieri – supportati anche dal Prefetto di Treviso – su cittadini italiani sospettati di spionaggio o che potevano venire a contatto con i militari e, di conseguenza, anche a conoscenza di informazioni sensibili; nella seconda parte, invece, ci si occuperà dei cittadini stranieri di nazionalità nemica residenti (o comunque con proprietà consistenti) a Treviso e dintorni, i quali, oltre a essere presi di mira dalla popolazione locale, si videro – senza alcuna tutela di qualche genere in Italia – limitare la propria capacità giuridica, controllare ogni aspetto della vita privata e sequestrare i beni posseduti in Italia, anche se erano naturalizzati.
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2.1. Sorveglianza e indagini su persone sospette: i cittadini italiani
Alla vigilia della dichiarazione di guerra dell’Italia all’AustriaUngheria, il governo emanò alcune leggi che, nel corso del conflitto, avrebbero segnato pesantemente la vita quotidiana della popolazione civile. Il 22 maggio 1915, dunque proprio nei giorni precedenti all’entrata in guerra, venne emanata una normativa – detta legge dei «pieni poteri» – che attribuiva al governo la facoltà di emanare decreti riguardanti l’ordine pubblico, la difesa dello Stato e l’economia nazionale. Tale legge andava ad affiancarsi ad un’altra promulgata due mesi prima, il 21 marzo, la quale mirava principalmente a reprimere lo
7 Giovanna Procacci, Il fronte interno. Organizzazione del consenso e controllo sociale, in Daniela Menozzi, Giovanna Procacci, Simonetta Soldani (a cura di), Un paese in guerra. La mobilitazione civile in Italia (1914-1918), Milano, UNICOPLI, 2010, p. 21.
spionaggio, «[assicurando] al governo il potere di emanare decreti su alcune materie (tra cui il soggiorno degli stranieri) e [limitando] la libertà di stampa e di comunicazione di “notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato”»8 .
Proprio grazie a tale sistema dei «pieni poteri»9, il governo poté emanare il regio decreto del 23 maggio 1915 (n. 674) – che riprese in gran parte le disposizioni contenute nella legge di pubblica sicurezza del 1889, promulgata dalla Destra di Crispi – fornendo a chi di dovere gli strumenti per limitare notevolmente i diritti civili e le libertà individuali. Questo decreto prevedeva che
il ministro dell’Interno potesse affidare l’esercizio di poteri straordinari di p. s. in qualunque parte del territorio a comandanti militari o a commissari civili (art. 2); e che il prefetto, il comandate militare o il commissario civile avessero il potere di prendere autonomamente qualsiasi provvedimento “che credano indispensabile per la tutela dell’ordine pubblico” nelle materie contemplate nella legge o nel regolamento di pubblica sicurezza, con la sola condizione dell’essere giustificato da urgenza10 .
Ai prefetti e ai comandanti militari veniva in questo modo attribuito un potere praticamente illimitato nel campo della pubblica sicurezza. Successivamente, altre leggi si aggiunsero a questa normativa limitando ulteriormente i diritti dei cittadini: oltre alle
libertà di riunione e associazione (r. d. 23 maggio 1915), vennero sospese anche quelle di stampa e di comunicazione telegrafica. Infine, il 20 giugno, tramite un decreto luogotenenziale (n. 885), a essere colpita, attraverso l’arresto immediato dei presunti colpevoli, fu la
8 Giovanna Procacci, Le limitazioni dei diritti di libertà nello stato liberale : il Piano di Difesa (1904-1935), l’internamento dei cittadini nemici e la lotta ai «nemici interni» (1915-1918), in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», n. 38 «I diritti dei nemici», Tomo 1, Milano, Giuffrè Editore, 2009, pp. 627-628. 9 Sul sistema dei «pieni poteri» e sullo stato d’eccezione si rimanda a Carlotta Latini, Una giustizia “d’eccezione”. Specialità della giurisdizione militare e sua estensione durante la Prima guerra mondiale, in «DEP – Deportate, Esuli e profughe», n. 5/6, dicembre 2006, pp. 67-85. 10 Giovanna Procacci, Le limitazioni dei diritti di libertà nello stato liberale…, cit., p. 629.