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3.2.3. Don Antonio Passazi, parroco di Casier

Mons. Longhin si tormentava però non solo al pensiero dei suoi parroci incarcerati e processati per false accuse, ma anche al pensiero dei parrocchiani di questi ultimi. Nel caso di Vallio, scriveva al Santo Padre:

Pensi, Eccellenza, che cosa diranno adesso quei buoni villici di Vallio minacciati di carcere perché hanno deposto la verità in confronto di due carabinieri, che a loro giudizio [in corsivo nell’originale, N.d.A.] hanno certamente detto il falso per mandare in carcere il loro amato e benemerito Parroco. È mai possibile che non sorga nella loro anima così profondamente ferita, un senso di esecrazione contro queste odiose persecuzioni sistematiche? […]

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Mi si dica un po’, è proprio questo il vero modo di tenere alto il morale del nostro povero popolo, che in generale quassù nell’ora del bisogno e dello sconforto, solo dai suoi preti ebbe la parola confortatrice? Per conto mio, lo dissi già più volte, sono dolentissimo di doverlo ripetere un’altra volta, questo è un vero disfattismo dei più disastrosi48 .

3.2.3. Don Antonio Passazi, parroco di Casier

Don Antonio Passazi49, parroco di Casier, in occasione della messa celebrata per la festività di Ognissanti, il 1° novembre 1917, tenne una predica che si rivelò fonte di non pochi problemi nel corso dei mesi successivi. I confusi giorni che seguirono la disfatta di Caporetto ispirarono al sacerdote un’omelia che venne mal interpretata da un tenente presente alla messa, il quale si recò, in un secondo momento, presso la caserma dei Carabinieri per denunciarlo.

Durante la predica in questione, don Passazi ricordò ai suoi fedeli quanto la terra sia una valle di lacrime, ma anche che essa non sarà la patria degli uomini per sempre:

Ci troviamo sotto a una bufera ma portiamo pazienza, operiamo, confidiamo in Dio […]. Oh! si avesse ascoltato il Papa non avessimo oggi

48 Ivi, p. 297. 49 Don Antonio Passazi nacque a Castelfranco e diventò parroco di Casier nel 1890, presso la quale parrocchia rimase fino al 1931, anno della sua morte.

tante sciagure. Ma Dio è con noi, e noi dobbiamo stare con Lui […]. Stiamo buoni, stiamo tutti al nostro posto (si fuggiva per la disastrosa ritirata dal fronte, anche da Casier e si andava raminghi all’impazzata per un ordine padronale, scompigliato). Stiamo al nostro posto. Niente ci turbi tutto passa e Iddio non si muta50 .

Come già detto, un tenente che era presente alla messa reputò che queste parole «potessero mettere scompiglio nella popolazione […] e credette opportuno scrivere al Parroco consigliandolo a non entrare in politica»51. Don Passazi gli rispose subito, per evitare ulteriori discussioni, ringraziandolo dell’avvertimento.

La cosa sembrò finire lì, invece, dopo circa un mese, un carabiniere andò dal sacerdote chiedendo informazioni sull’incidente avvenuto fra

lui e il suddetto tenente. Il successivo 28 febbraio 1918 venne

interrogato sulla vicenda dal giudice istruttore di Treviso, dichiarando di aver detto solo la frase riguardante il papa, mentre tutte le altre accuse a suo carico erano false. Tra queste ultime c’era anche quella di aver procurato dei «lasci-passare a suoi parrocchiani senza permessi»52 e di essere stato cacciato dalla casa dei signori Toso «con queste parole: Lei vada coi suoi Tedeschi e noi rimaniamo coi nostri Italiani»53 .

Solo il 25 marzo si tenne il dibattimento al tribunale civile. Qui il sacerdote presentò dodici testimoni a sua difesa, i quali avevano ascoltato la predica incriminata. Tutti deposero che effettivamente egli aveva pronunciato quelle parole sul papa, ma che «ei non aveva proferito altre parole, tantomeno disfattiste, che anzi non fece che animare alla resistenza profetizzando che dopo la bufera sarebbe venuto il sereno»54 .

50 «Relazione sulla querela mossa contro D. Antonio Passanzi Parroco di Casier 1917-18», ASDTv, Opera di Ricostruzione delle Chiese del Lungo Piave, b. 51, f. 16. 51 Ibidem. 52 Ibidem. 53 Ibidem. 54 Ibidem.

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