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Castelfranco - San Liberale

fosse un arciprete e non un semplice parroco di paese o un vicario parrocchiale, come invece erano i precedenti sacerdoti.

Circa un mese prima, in ogni caso, era stata emessa dal Capo di Stato Maggiore una circolare indirizzata ai vari Comandi relativa all’allontanamento dei parroci dalle zone di guerra, nella quale veniva raccomandata una certa cautela nel mettere in atto il provvedimento di internamento nei confronti dei sacerdoti:

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È opportuno che quando i Comandi delle Armate ritengano, per gravi sospetti dipendenti da equivoci atteggiamenti non corrispondenti all’attuale situazione di dover disporre la rave misura dell’allontanamento dalla zona di guerra di Ministri del culto cattolico, si rendano conto della notevole ripercussione che siffatto provvedimento produce a causa della dignità e dell’autorità della persona colpita, sia dell’influenza che – specialmente nella zona delle operazioni quale è ora delimitata – i sacerdoti hanno incontrastabilmente fra le masse popolari. […] Provvedimenti di simile genere non ben ponderati a carico di persone in vista, sono abilmente ritornati a danno delle autorità che li emanano, tacciate facilmente di eccesso, mentre il sospetto di persecuzione accresce la pietà e la simpatia dei più per i colpiti e ne deriva, in compenso, l’effetto del tutto opposto a quello che si voleva conseguire. […] Si ritiene conveniente che le informazioni raccolte intorno ai sacerdoti siano sempre controllate opportunamente, interrogando autorità locali, che diano sicuro affidamento, autorità politiche e di pubblica sicurezza, e gli stessi superiori ecclesiastici dei sacerdoti sospettati97 .

3.3.4. Mons. Luigi Bertolanza, arciprete di Castelfranco-San Liberale

L’ultima vicenda qui analizzata interessò mons. Luigi Bertolanza98 , allontanato dalla sua parrocchia di Castelfranco-San Liberale per

97 Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Gen A. Diaz, «Circolare riservata, Oggetto: Allontanamento di Sacerdoti dalle Zone di Guerra», 25 aprile 1918, ASDTv, Opera di Ricostruzione delle Chiese del Lungo Piave, b. 2, f. 1. 98 Mons. Luigi Bertolanza nacque a Vedelago nel 1873. Nel 1897 venne ordinato sacerdote e, nel 1903, fu nominato arciprete di Castelfranco-San Liberale. Dopo la

essere internato a Cosenza da inizio gennaio 1918. Anche in questo caso, come per don Attilio Andreatti, fu il Prefetto di Treviso a mettere in atto il provvedimento per ordine del Comando francese.

Già a fine dicembre 1917 il Prefetto segnalò al vescovo che il Comando francese aveva intenzione di far allontanare mons.

Bertolanza dalla sede della sua parrocchia, Castelfranco Veneto, senza però chiarire la motivazione che avrebbe dovuto giustificare tale misura punitiva.

Tra la corrispondenza di mons. Longhin al papa si ritrova questo episodio: «Oggi [25 dicembre 1917] il prefetto mi previene che allontani subito da Castelfranco quel monsignor abbate, altrimenti per ordine del Comando francese dovrebbe internarlo. È così che si tiene alto il morale delle nostre grame e desolate popolazioni»99 .

Sempre attraverso la corrispondenza del vescovo, questa volta indirizzata al già citato On. Indri, emergono maggiori dettagli riguardo all’internamento del monsignore:

Nessuno seppe o volle dirmi le cause di vere di questo gravissimo provvedimento, ma io persisto a credere che il povero sacerdote sia vittima di quei malvagi, rimasti sempre nell’ombra, che a suo tempo hanno fatto l’impossibile perché non avesse il Regio Placet. E mi conferma in questa persuasione la campagna denigratoria che si è fatta in questi giorni contro il povero esiliato, dipinto come una spia del governo austriaco, degno della fucilazione, anzi si arrivò a dire e a stampare con la maggior osservanza che fosse realmente fucilato100 .

Intanto, mons. Bertolanza, giunto a Cosenza, venne ospitato da una famiglia del luogo ed ebbe anche modo di incontrare alcuni profughi trevigiani. Qui conobbe don Carlo Noè, vicario parrocchiale di Sant’Elena di Silea, il quale nomina mons. Bertolanza in più d’una

guerra rinunciò alla cura della parrocchia per diventare cameriere segreto di Sua Santità. Nel 1922 morì a Caselle di Altivole dopo essersi ritirato a vita privata. 99 Antonio Scottà (a cura di), op. cit., vol. II, p. 279. 100 Lettera di mons. Longhin all’On. Indri, 20 gennaio 1918, ASDTv, Opera di Ricostruzione delle Chiese del Lungo Piave, b. 2, f. 1.

delle sue lettere al vescovo, definendolo come il suo «compagno di sventura».

Durante il periodo di internamento, mons. Bertolanza mantenne contatti epistolari sia con il vescovo che con i suoi parrocchiani: «Ricevo con frequenza lettere dai miei cari parrocchiani, anche prigionieri di guerra, che mi confortano assai, perché suonano approvazione della povera opera mia, in mezzo di loro, e non manco di dare a tutti paterno riscontro»101 .

Solo al termine della guerra mons. Bertolanza poté fare ritorno alla sua parrocchia di Castelfranco e il vescovo di Cosenza, nel marzo 1919, scrisse a mons. Longhin facendogli sapere di essere lieto che il sacerdote fosse rientrato nella sua diocesi e che egli, a Cosenza, non fece altro che del bene.

Di lì a poco, però, il monsignore lasciò nuovamente il suo paese, questa volta in maniera del tutto volontaria, per assumere il ruolo di cameriere segreto di Sua Santità, titolo onorifico conferito ai sacerdoti ritenuti particolarmente meritevoli e incaricati del servizio personale diretto del papa.

101 Lettera di mons. Bertolanza al vescovo di Treviso, 8 aprile 1918, ASDTv, Opera di Ricostruzione delle Chiese del Lungo Piave, b. 2, f. 1.

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