IL SEPARATISMO SICILIANO

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I.2 Occupazione alleata, mafia e “dietrologie” Sull’operazione Husky e sui contatti che in quel periodo americani e inglesi avrebbero avuto con elementi della mafia siciliana tanto si è detto e scritto negli ultimi decenni. Il più delle volte il quadro tinteggiato è quello che annovera elementi ai vertici dei comandi militari e della burocrazia statunitense che intrattengono relazioni con personaggi più o meno noti del crimine organizzato italo-americano. Il tutto arricchito dall’immancabile coinvolgimento di spie, informatori, infiltrati e in generale di membri appartenenti alle schiere dei servizi segreti sguinzagliate dalle varie nazioni nel corso del secondo conflitto mondiale. Queste circostanze, ancora di fatto non chiarite (ammesso che si potranno mai chiarire), inevitabilmente, non hanno fatto altro che alimentare un intero filone storico a metà tra la letteratura, la cronaca e la pubblicistica, che dal secondo dopoguerra a oggi ha avuto largo seguito nell’opinione pubblica ma sul quale gli storici di stampo accademico hanno sempre avanzato forti dubbi di fondo, incertezze se non addirittura una totale avversione. È quel filone fatto di libri d’inchiesta, articoli, saggi che, a qualche anno di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale, cominciò a furoreggiare attingendo alle testimonianze, alle voci e alle teorie che circolarono in Sicilia e secondo le quali la mafia, dietro interessamento del governo statunitense e per tramite dei servizi segreti e degli stessi vertici delle forze armate alleate, avrebbe avuto un importante ruolo d’appoggio e di ausilio nell’ambito delle operazioni di occupazione del territorio isolano. Un intreccio di fatti, circostanze e coincidenze che vedrebbero coinvolti non solo gangster italo-americani del calibro di Lucky Luciano e boss della mafia siciliana come Calogero Vizzini ma anche personaggi racchiusi in quei torbidi ambienti detti “dei servizi segreti deviati”, oltre che reazionari, faccendieri ed eversivi di varia estrazione politica. Di certo uno dei primi a “teorizzare” l’esistenza di quello che fu definito, con termine latino, il pactum sceleris (patto scellerato) tra Alleati (e in particolare gli Stati Uniti) e la mafia fu Michele Pantaleone.16 Scrittore, giornalista e politico, Pantaleone visse a Villalba, piccolo centro nel cuore della Sicilia, in provincia di Caltanissetta, e fu testimone di fatti che, subito dopo l’arrivo degli Alleati, videro protagonista Calogero Vizzini, esponente di 16

Cfr. DICKIE JOHN, Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana, Laterza, Bari 2005, pp. 245-251.

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