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fORTIFICA7-IONE B ASTIONATA URBANA
A quel punto pur essendo quanto visibile del castello angioino squisitamente aragonese, somigliando ad un maschio di medievale memoria finì per divenire nelle dicitura popolare il Maschio Angioino!
Il Cas te l S. Ange lo di R o ma
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Come accennato la polarizzazione fondamentale della fortificazione cinquecentesca, e quindi bastionata, deve individuars i nell a strenua resistenza alla s pinta ottomana. E se le coste meridionali furono l 'es trema frontiera della cristianità occidentale, ogni abitato che non se ne discostava a sufficienza ne condivideva l'esposizione, indipendentemente dall e sue dimensioni , in particolare se lambito da un fiume. Lo scarsissimo pescaggio delle galere ed ancor di più delle fuste, battelli corsari per eccellenza ne consentiva la facile ri salita, trasformando il corso d'acqua in ideale via di penetrazione. Pertanto anche Roma finì per condividere tutti i rischi delle città riviera sc he, senza goderne i vantaggi, tanto più che riguardandosi come città santa della opposta religione ass ur se ad obiettivo primario dell'aggressività islamica.
Recepì tosi l' i neq ui vacabile preci pi tare della situaz ione anche la dirigenza pontificia dovette prodigarsi per l' aggiornamento delle fortificazioni della città, sia di quelle perimetrali che di quelle del Castello per antonomasia, l'antico mausoleo di Adriano, già riadattato con periodici cicli di interventi in massiccia cittadella.
P e r la verità, dal punto di vista difensivo, queHa sorta di gigantesco tamburo eccelleva soltanto come s truttura pa ss iva di incomparabile solidità, che per dirla con il Guglielmotti, quand'anche: " ... spog liato dai barbari e dal tempo dei s uoi ornamenti, restò duro e fermo testimonio del!' altrui rovina e della propria saldezza: non più ricettacolo di morti imperatori contro l 'oblio dei seco li , ma rifugio di viventi tapini contro la ferocia degli invasori ..." < 24 > _ Ma fu proprio per evitare che torna sse ad essere un ricettacoli di morti , o più esattamente di moritmi, che la sua riqualificazione difensiva s'impose per l 'ennesima volta secondo le più avanzate concezioni.
Persino ad una superficia le indag ine poche costruzione di rilevante mole risultano tanto intrinsecamente incompatibili con i criteri architettonici che si erano andati progressivamente affermando nel corso del XV secolo, prodromici del fronte bastionato del mausoleo di Adriano, già castello medievale. La s ua vertiginosa altezza, circa m 60, non ammetteva alcuna ipotesi né di cimatura né, m eno che mai, di defila.tura con volumi e ma sse coprenti; la sua configurazione cilindrica non consentiva neppure una larvata parvenza di fiancheggiamento, per cui la campagna esterna s i proponeva al riguardo come un unico immen so angolo morto. E , fenomeno al limite dell'incredibile, finanche la difesa piombante di preistorica memoria, nonostante l'adozione d'un apparato a sporgere s u beccatelli trilobati ed archetti, non poteva esple tar s i isotropamente lungo l'intero diametro. L'antica base , infatti, non presentava l'indispensabile verticalità del!' estradosso, Iimite che detenninò l'innesto di vistose bertesche. In conclusione una sorta di collina artificiale il cui valore difensivo consisteva nell'indistruttibilità e nell 'a lt ezza, entrambe connotazioni spiccata mente passive.
Del re sto per l 'ambito cronologico al quale se ne fa rimontare l'iniziale adattamento da tomba a fortificazione, per la rozzezza dei tempi , garantiva esiti straordinari a quella sia pur infima protezione. La definitiva ristrutturazione in castello si ritiene avvenuta all'inizio del VI secolo, tesi confortata da alquante fonti che citano un Castello di Adriano. Per cui: " ... quando il teatro di Marcello, e il sepolcro di Cecilia, e l ' anfiteatro Flavio, e gli altri più sald i monumenti dell 'a ntichità metteansi in fortezza, allora pure i I mau so leo di Adriano diveniva castello: Romani e Goti , Alberigo e Crescenz io, Ghibellini e Guelfi, tutti facevan capo a quel propugnacolo dove senza troppo di spe ndio trovavano s icurezza ..." <25 > .
La comparsa delle bombarde ed il potenziarsi del loro tiro pose termine a quella fase protrattas i per oltre sette secoli, imponendo i primi radicali interventi miranti ad allontanare il più possibile l'offesa ed al contempo a fornire un perimetro fortificato dal quale sostenere una difesa attiva non esclusivamente ficcante.
Volendo riassumere per grandi linee quelle riqualificazioni, si deve innanzitutto accreditarne il merito a papa Niccolò V, che: " non solo intraprese la costruzione di innumerevoli chiese, palazzi e ponti romani, ma progettò anche il consolidamento delle fortificazioni della città; in tutto lo stato pontificio poi eresse numerose fortezze ..." 126> Più precisamente, Niccolò V: " ... decide di fare del complesso Castel S. Angelo-Borgo S. Pietro-Vaticano la sede della curia e la fortezza papale. Eletto nel 1447, vede nell'imminente anno santo (1450) l'occasione per raccogliere attraverso le elemosine i fondi con cui realizzare questo programma... In pratica, Nicolò V comincia con lo sgomberare la testata di ponte S. Angelo dalle botteg h e che lo ingombravano ... compie numerosi lavori nella fortezza, s ia per migliorarne le condizioni di difesa che per crearvi dei confo11evoli alloggiamenti in caso di necessità ... Nulla sappiamo di questo progetto, redatto forse nel 1451-52 da Bernardo Rosse I I i no (1409-64), né quanto sui progetti di tutta la cittadella influì L eon Battista Al berti (1404- 72) ... venuto a Roma in quegli ann i e sicuramente in contatto col papa " c27J _ Chiunque ne fosse l'autore è certo che quel progetto prevedeva la reali zzazione di un recinto quadrato, con l ato di poco maggiore al diamelro del castello e ad esso c ircoscritto, tangente al Tevere. La ristrettezza data alla cerchia quadrata deriva dall'e sse re stata eretta, ovviamente per ridune le spese in maniera cospicua, sullo zoccolo quadrato solidissimo che fungeva da basamento or i ginario del Mausoleo di Adr i ano, adattandos i perciò alle sue dimensioni massime. In corrispondenza di ciascun vertice si innestò una torre cilindrica. Molto verosimilmente quella tornata di lavori si conc lu se alcuni decenni dopo, quando la minaccia turca, caduta ormai Costantinopoli, puntava direttamente su Roma. Trascorse così un breve intervallo denso di paure e di recriminazioni, finché su l fi- nire del secolo il pontefice Alessandro VT, perfettamente conscio dell'inconsistenza difen s iva del complesso di S.Angelo ne avviò una più accurata riqualificazione. L'incarico nella circostanza fu affidato ad Antonio da Sangallo il Vecchio , che per prima cosa sostituì le torri angolari niccoline con altrettanti massicci torrioni ottagonali, tipici dell'ultima transizione.
Ancora una volta l'impianto architettonico poco felice deve attribuirsi alta scarsa competenza de ll a dirigenza pontificia, che probabilmente dovette imporre al prestigioso ingegnere militare una soluzione di compromesso piuttosto che l'innesto di quattro bastioni del tipo di quelli di Nettuno. Giustamente osserva i l Guglielmotti che: " ... se bene la giunta dei baluardi a cantoni ottagoni già sufficientemente dimo s tri la novità ed il progresso dell'arte , nondimeno ad un papa come Alessandro ... e ad uno architetto come Antonio da Sangallo , non dovevano parer s ufficienti le angustie della seconda cinta, senza le larghezze della terza. Di ciò lo stesso Architetto ne faceva fede perché non osava mettere gli ottagoni all'estremo, ma so lo dentro dei recinti primari. Dunque intendeva alla terza cinta: e aveva g ià in punto il disegno sopra grande e bello pentagono bastionato " < 28 l
Le tragiche vicende storiche che seguirono, culminate per Roma con il s uo terribile 'sacco', provocarono una battuta d 'aITesto a tutti i lavori, ma ss imamente a quelli deile fortificazioni che notoriamente richiedevano finanziamenti colossali. Quando si superò lo stallo fu necessa1io, e sempre sotto l'incubo turco, dare la precedenza alla riqualifica z ione della cerchia della città e so l o dopo l'inizio della seconda metà del XV I secolo quel grandioso progetto del Sangallo potette trovare finalmente attuazione.
Infatti: " ... non potevano allora essere dimenticati in Roma i modelli del Cas triotto , né i disegni del Sangallo: certamente esisteva l'e sem plare in Civitacastellana alla vista di chiunque avesse voluto bastionare sulla figura ciel pentagono. Perciò senza nes s uno stento , e nel brevissimo giro di quindici giorni. la terza cinta di cas tello in pentagono regolare , cordeggiata da Camillo, sul terreno, venne levata s u da Latino Orsini suo figliuolo. Opera campale di fascina e terra, so pra ampia spianata all'intorno, e so mmamente acconcia ai lavori della zappa, per essere sedimento di alluvione fino al letto del Tevere ..." (29)
85 Affreschi del Palaz zo Vaticano: la cerchia bastionata del Vaticano e sullo sfondo quella di Castel S. Angelo.
Un ' ultima annotazione s i impone: i lavori della cerchia bastionata descritti dal Gughelmotti di terra e fascine, cioè di tipo campale, in realtà non erano affatto tali o almeno non sarebbero restati indefinitamente con tale connotazione. Se mai quella era la procedura canonica per realizzarli , poiché le masse di terra tratte dai fossati. approssimatamente sagomate in forma di bastioni e trattenute mediante fascine e legname, operazione tecnicamente definita all'epoca 'imbastitura', costituiva l'inevitabile prima fase di costruzione del bastione stesso. L ' edificazione della sua camicia muraria, infatti, poteva effettuarsi so ltanto dopo un determinato periodo di tempo durante il quale il rilevato si assestava definitivamente, dal momento che la stessa non aveva la so lidità di un muro di contenimento, capace quindi di neutraliz zare eventuali sp int e del terreno.
In conclusione, la: " ... cinta pentagonale, sollecitata anche dall'architetto s ubentrato al Sangallo, Iacopo Fusti detto il Castriotto, venne realizzata sotto Pio IV (1559-1565) che s i preoccupò delle difesa dal mare contro i turchi [e] venne collegata all'ampliamento di quella di Borgo (civitas Pia) collegante Belvedere a Castello " uo) _
Bastionatura Delle Cerchie Urbiche Di Pianura
I bastioni di Roma
Lo sporadico dilagare dell'incubo musulmano al1' intemo cli Roma , per oltre mille anni non costituì mai un 'asso luta novità, ravvisandosi, come già osservato, una stret ta correlazione fra le sue fortificazioni e l'acuirsi di tale stimolo. Con l'espandersi dell'Impero turco divenne perciò so ltanto più ossessivo. Ogni s uccesso ottomano sui cristiani, dovunque fosse avvenuto, equivaleva ad un 'u lt eriore avanzata verso la Città. Trascurando gli interventi su lJ e Mura Aureliane, pure quelle leonine erano state erette sotto l ' impatto emotivo di una scorreria saracena del JX secolo, estrinsecatasi ti salendo il Tevere 131 ) In maniera del tutto analoga intorno al 1534 , complice il terrore delle razzie ciel Barbarossa, si avviò sotto il pontificato di Paolo fil e sotto l a direzione del so lito Antonio Sangallo una radicale ricostruzione del!' antica cerchia imperiale, affiancandole possenti mura presidiate da modernissi mi bastioni.
Il criterio in formatore della grandiosa opera può sintetizzarsi nel voler, ad un tempo , dim ezza re il perimet ro difensivo della giubilata, ma non fatiscente murazione di Aureliano 1321, includendo però a l I' interno del moderno tracciato le vivaci realtà urbane aggregatesi tumultuosamente all'esterno del medievale bor- go. 1 12 secoli ed i 18 km della g lorio sa fortificazione romana erano ormai e ntrambi troppi per dispen sa re un minimo di s icurezza ai cittadini e per suscitare un minimo di di ss ua s ione ad un eventuale aggressore. Ad ogni buon conto la nuova realtà s ociale non forniva uomini s ufficienti per un circuito tanto lungo , né le ri- s or se economiche ne consentivano un congruo armam e nto balistico: troppi po c hi g li uni e tropp e poche le altre. La o nniprese nza de ll e artig li er ie, impon endo un debito conto della loro az ion e difensiva e so prattutto offensiva consentiva, e d a l contempo obbligava, ad una sensibi le decurtazione: unica permanenza Castel Sant' Angelo, peraltro in un a rinnovata veste arch ite ttonica.
Al pari delle molte c itt à che s ubiron o into rno alla m e tà del '500 l 'aggiornamento delle fo rtifi cazioni perimetrali , anche per Roma il prin c ipal e problema da s up erar e co n sis te tte ne l neu trali zzare la s ua grav issima soggez ion e tattica alle colline circostan ti . Una fa - cile occupaz ione nemica le avrebbe trasformate in micidiali postazioni per batterie d'artiglieria in grado di cannoneggiare direttamente l'abitato, va nifi cando così qualsiasi cerc hi a. Imp ossib il e, come si praticò in diverse alt re c itt à m, , insediare sulla sommità d i ognuna un adeguato caposaldo capace di frustrarne il rischio: troppe e troppo ravv ic in a te fra l oro.
Scelta se n sata perciò condurre il tracciato delle nuove mura lungo l a loro sommità di modo che, inglobando l e, finiva per el iminarn e og ni pericolo, fornendo pe r contro ai difensori ottime posizioni e levate da cui battere le pendici e la piana esterna . Ne scaturì una articolata muraglia , sca ndita da salienti e rientranti, inframm ezza ti da altrettanti enormi bastioni. L'in terasse medio fra questi ultimi non eccedeva i 500 m , limite imposto dall 'o ttimizzazione de l reciproco appogg i o balistico. Per quanto in precedenza ricordato la collocazione non pianeggiante dei bastioni non rappresentava la so lu zione più felice , ma nella fattispecie s i ebbe cura di non farli coincidere con il ciglio tattico in modo da lasciargli innanzi una d iscreta s up e rfi c ie sufficiente per il fiancheggiamento ravvicinato della mitr ag lia.
Allo scopo di sfrutta r e a l massimo il non ideale impianto, s i p rev id e l 'adoz i o ne di batterie alte e basse, ovvero di troniere casamattate a ll a base dei fianchi dei bastioni e di ca nnoni ere in barbetta s ugl i spa lti degli stess i e lun go le cortine. Ampio ricorso ai camminame nti defi l ati e sotterranei tra le diverse opere, alle gallerie di co ntro-min a, ai pozzi e d a tutt o il repertorio dell e g uerra sotte rran ea, adozione agevolata dalla natura tuface a d e i ri lievi collinari. Sull ' abbrivio del panico i lavo ri ostentarono una feb bril e part e nza, inc e ntivata no n ultimo d a lla ragguardevole disponibilità finan ziaria. Così l e p aro l e di un a r c hitetto coevo:
·'!{ gran principio di papa Paolo Ili in voler.fortificare tu/fa Roma, il quale fece fare certi hello vard i (ba l uardìl dentro il cinto delle mura, et desegnato di gettare a terra le vecchie mura Parlo del meraviglioso bellovargo fatto fare da Paolo terzo nel principio del suo polltificato: ve ne andavano altri diciassette l'ho veduto.formare " ' 14 1
Diciotto bastioni su dodici km dì cerchia, per giunta con andamento altimetricamente variabile, costituivano un'impre sa non so lo tec ni camente improba, ma economicamente ciclopica. Ed infatti l'ultimazione del primo bastione notificò con il s uo esorbitante costo, anc h e ai meno qualificati e preparati, quella sco nfortante realtà, s pegnendo ogni facile entusiasmo. P er cui: ·'... fu fatto del 1534 ... quel famosissimo baluardo in Roma, con fianchi doppi, e piazze alte e basse, e contromine, e casematte, e pozzi, di tanto smisurata grandezza et grossezza del muro, che costò infinito tesoro .'' <3si _
La percezione inconfutabile del salasso patrimoniale prodotto da q uell'unico elemento innescò le prime incertezze sulla effettiva potenzialità di condurre a t e rmine, in tempi ravvicinati, l'intera costruzione. Incertezze ancora maggio1i però, sulla loro reale necessità , le istigò la gloriosa ed inattesa conquista di Tuni si compiuta da Carlo V nel 1535. L a concomitanza delle due rifle ss ioni determinò un rapido rallentamento e quindi l'an-esto dei lavori. Si gi un se così al 1541 ed alla disgraziati ss ima spediz ione di Algeri, nel corso della qua le le fo r ze anfibie spagno le ed alleate s ubiron o una allucinante disfatta. A R oma, poche se ttimane dopo , n ell'angoscia genera le si tornò immediatamente a riattivare gli ormai abbandonati cantieri . Nuovi bastioni si innalzarono seguendo tuttavia minuziosamente i precetti del Sa n ga ll o, per cui in concreto:
·'... nel J 543 ebbero inizio i lavori per la fortificazione della città leonina e l 'anno s uccessivo v'erano costruiti i baluardi e le mura che dal monte di S. Spi1ito , propaggine nord del Gianicolo , s i protendevano verso il Te vere ... " <36 l In modo asso lut amente id entico al '35. l' avanzamento dei lavori produsse da un lato una veloce ridu z ione della paura e dall 'altro una a ltrettanto veloce riduzione dei fond i. I primi s int omi del conte- stuale scadimento cli interesse si colgono già ne11 ·anno s uccessivo, tanto che per alcuni attenti studiosi l'intera opera s ubì una nuova battuta di arresto, per cui: " .. .il progetto di cingere Roma con una cerchia di diciotto possenti ba s tioni fu abbandonato nel 1542 quando si accertò che la costruzione di un so lo bastione era costata 44.000 ducati " (37 )
I n realtà i lavori continuarono, sebbene con un 1itmo notevolmente stentato e singhiozzante, almeno fino al 1544 quando la tentata conquista di Civitavecchia, da parte di una poderosa flotta turco-barbaresca agli ordini del Barbarossa, provocò una nuova ondata d i panico ed il conseguente riattivarsi dei cantie1i. La base navale pontificia grazie alle s ue fortificazioni riuscì a resistere evitando lo scemp io , non così però le località vicine ed in particolare l'isola del Giglio. L e terribili notizi e delle atrocità e delle deva staz ioni perpetrate dalle orde ottomane agirono da sferza sulla dirigenza romana per recuperare il tempo perduto. E quando finalmente nessun ostacolo burocratico od economico ostacolò l'impre sa, un in ed ito motivo di perplessità si interpose contribuendo a sua volta ad un ulteriore incepparsi dei lavori. Per molti aspetti fu ancora più paralizzante dei precedenti, mettendo in discuss ione proprio l'affidabilità di quelle fortificazioni tanto complesse e costose.
La grandiosità della fortificazione perimetrale di Roma ed i I s uo elaboratissimo tracciato si prestavano egregiamente a fomentare interminabili disquisizioni tecniche, alle spa lle dell e quali sì intuivano, oltre ad una malcelata ostilità verso il progettista, anche larvate accuse di sperpero di d e naro. A dar manforte ai detrattori contribuì, da un certo momento in poi lo stesso Michelangelo, che re se la diatriba di una asprezza paralizzante. Tant' è che dis so ltasi altrettanto rapidamente di come era esplosa la paura turca, non s i dissolse affatto la controversia degli architetti. Assottigliandosi di g iorno in g iorno la disponibilità econom ica, nell'autunno del 1545 si sospesero nuovamente i lavori. Poco meno di un anno dopo, il 29 settembre del 1546 moriva il Sangallo (38 > , ponendo termine con la sua scomparsa ad ogni controversia Michelangelo, come facilmente prevedibi1e, g li subentrò, ma restò alla guida della fortificazione pochissimo, poiché già nel 1548 se ne dimise per dedicarsi, senza alcun impaccio, a ll a sua più congenia le professione artist ica. T rascorse un altro anno e nel novembre del 1549 scomparve anche P ao l o III che tanto impulso aveva impresso al l a difesa della città ed alla fortificazione dello stato pontificio. Per i cantieri significò l'arresto assoluto, stasi protrattasi quasi per una dozzina d'anni.
È certamente vero che nel corso di quel lungo intervallo non mancarono i motivi di preoccupazione per l'ennesimo aggravarsi della pressione ottomana e per le incessanti azioni corsare barbaresche. Ma la presenza di una flotta costantemente impegnata in crociere di polizia navale, suscitando se non altro una pa r venza di dissuasione nei piccoli predatori, alleviava le conseguenze. Disgraziatamente, proprio per i suoi reiterati successi, quel modesto rimedio finì per essere ri gua rdat o come un efficace strumento militare suscettibile di impiego offensivo: e fu la tragedia delle Gerbe <39i _
In perfetta continuità con quanto evidenziato nell'immediato passato, il sopraggiungere delle funeste notizie della disfatta stroncò improvvisamente l 'imbelle letargo. Pur osservandosi la riproposizione pedissequa della farsesca tradizione, il contesto di quest'ultima ondata di tenore non trovò neppure a ll ora puntuali analogie con i precedenti. L a protezione della squadra della guardia non esisteva più, né era lecito sperare negli aiuti militari degli alleati, dovendo ciascuno provvedere urgentemente alla propria difesa, senza ulteriori indu gi e senza poter stornare uomini e mezzi. I quasi dodici anni di asso lut a inattività vennero nel breve volgere di pochi giorni completamente dimenticati ed una travolgente fase di frenetica attiv ità si abbatté sulle abbandonate fortificazioni.
L'8 maggio del 1561, con la solennità e la pompa riservata alle cerimonie particolarmente solenni e s ignificative , papa Pio IV pone la prima pietra della nuova tratta di fortificazione perimetrale, sotto la guida di quel Francesco Laparelli. L'anno dopo lo stesso pontefice: " ...decide di completare la cerchia di nuove mura costruite da Paolo IJ I e che aveva recinto il Vaticano lungo tutti i lati collinosi; nella pianura tra il cortile del Belvedere e Castel S. Angelo la difesa rimaneva costituita dal vecchio muro sotto al corridore di Alessand ro VI.
È qui che Pio IV fa costruire una nuova muraglia più esterna completata da un fossato in cuì vengono convogliate le acque della valle dell'Inferno; contemporaneamente, anche ì bastioni esterni di Castel S. Angelo, e quasi certamente le recenti mura dì Paolo III, so n o oggetto di lavori di rinforzo e di miglioramento. Sì tratta dì una muraglia dritta con un dente nella parte centrale e due porte in corrispondenza delle analoghe nel co1Tidore ... Lo spazio compreso tra le due mura è più grande di tutto il vecchio Borgo e , fino al 1562, c'erano soltanto l a fonderia dei cannoni e le due piccole chiese di S. Egidio e di S . Anna; contemporaneamente alle nuove mura viene tracciato un piano di lottizzazione di questo enorme spazio - il più grande finora messo a disposizione per un ampliamento a Roma - ad opera dello stesso Laparelli. L'area più vicina a l Vatica n o è lasciata libera... serviva da campo di esercitazioni. La restante parte fino all'esterno dei fossati di Castel S. Angelo è destinata alle costruz ioni: una strada, chiamata Borgo Pio, viene tracciata sulla direttrice dell'ingresso al cortile del Belvedere ...
Sette strade parallele dividono l'area tra il corridore e le nuove mura ... Borgo Pio segnava l ' inizio di un nuovo quartiere radicalme nt e concepito come ta l e, ben diverso dalle aree concesse agli illirici e ai lombardi a Rip etta o di quelle ancor più gener icamente avviate a edificazione a S. Maria Maggiore. Ma in quel momento no n v i era più a Roma un ' affluenza organizzata per nazioni o spinta da difficoltà internazionali: il nuovo quartiere stentò a forma rsi malgrado le consuete facilitazioni promesse dal pontefice ..." , 4oi .
I tisultati di tanti lavori e potenziamenti e di altri ancora, compiuti nel corso del secolo successivo, in partico lare intorno al 1642, non valsero ad eliminare le originarie deficienze della cerchia bastionata di Roma. Agli inizi del '700 così relazionavano, infatti , i generai i pontifici circa la s ua valenza militare: " ... Quanto alla difesa, pare che gli offiziali di Guerra sieno di sentimenti che le muraglie di Roma non siano presentemente capaci di difesa così per il longo giro come per le debolezze di esse per la maggior parte, e per non essere iso late ma occupate da giardini, vigne et a ltro , et anche per il poco numero di so ldatesche, e queste poco espe rte, e m ale armate e non meno per la mancanza delle vettovaglie nece ssa rie, et i l far re sistenza i n tale stato di cose (qua ndo non potesse servire per ottenere qualche capito l azione vantaggiosa che non è verisimile perché li Generali alemanni saranno bene informati dello stato de ll a Città) darebbero prettesto alli med.mi Generali , di considerarla come conquista a discrezione. e per conseguenza sogge tta aJli rigori militari, et al sacco" 14 n.
Bastio Natura Dell E Ce Rchie Urbiche Fl Uvia Li
Prima di del i neare, con la medesima logica espositiva di tipo meramente ricognitivo , le cerchie urbiche basti onate. un breve accen no mer i ta una rara tipologia: le piazzeforti fluviali. Per molti aspetti ricordano quelle costiere, ostentando la medesima anisotropia godendo lungo un fronte, più o meno ampio, della protezione dell'acqua. Che poi que s t ' ultima fosse dolce o salata, s uperata una certa larghezza , nulla cambiava ai fini ostativi. Se mai per preci sione di definizione non si dovrebbe par.lare di cerchie, essen- do dei semplici archi , compresi fra i 90° ed i 180 ° , con gli estremi sulla sponda. Tra gli esempi certamente più significativi e per il molo storico sostenuto fino all ' Unità d'Italia e per la limitatissima ampiezza angolare all'interno di un ' ansa del Voi turno e per l'essere stata sin dalla progettazione strettamente connessa con il forte di Carlo V. già descritto nel precedente capitolo, la cerchia di Capua.
I bastioni di Capu a
La città di Capua fu eretta sui resti dell'antica Casilinum, che a sua volta sostituì un remotissimo ab i tato italico la cui origine si perde nella notte dei temp.i < 42 > Il fattore che rendeva quel particolarissimo sito ambito persino nella preistoria, deve individuarsi ne ll a protezio ne e l argitagli dal] ' ansa del fiume, una sorta di ampio fossato allagato che finiva per circondare per quasi due lerzi tanto l'arcaico in sediamento quanto la moderna città < 4 3i _ Facile perciò , realizzando uno sbarramento dì raccordo fra le opposte sponde del corso d ' acqua distanti pochi centinaia di metri, ottenere uno sbarramento di ri levante i nviolabilìtà. Nel corso dei secoli siffatta concezione fortìficatoria rimase in s ostanza priva di alternative migliori. Ovvio, pure che l'idea di condurre una cerchia bastionata s econdo quel medesimo criterio fosse pienamente matura intorno alla metà del XVI secolo.
Sin dal 1495 , infatti, si tentava di ridtme la tragica esposizione di Capua dopo la sua pronta re sa all'armata di Carlo VI II Qualcosa in merito venne finanche realizzata, log icamente secondo i canoni della tran s iz ione, ma quando la sera del 23 marzo del 1536 l'imperatore Carlo V giunse in visita ufficiale nella città, dove si trattenne per tutto il giorno success ivo , 1'irrile-
FORTIFlCAZLONE B ASTIO:'lAfA URBANA
vanza delle sue difese si impose senza alcuna attenuante. Il sovrano. ripartito alla volta di Roma dove arrivò il 5 ap1ile, non mancò in seguito di sollecitarne il potenziamento che richiese però una lunga gestazione amministrativa, da relazionarsi probabilmente al già gravoso onere imposto dalla costruzione del forte. Nessuna meraviglia pertanto che i lavori della cerchia potettero avviarsi solo dopo la sua ultimazione. Secondo molti studiosi, infatti, il vero avvio della grandiosa fortificazione deve farsi risalire all'incarico professionale commissionato ad Ambrogio Attendolo da parte di Filippo II nel 1557.
Il celebre tecnico, valutata attentamente la configurazione dei luoghi e, soprattutto. tenuta nel debito conto la presenza del forte, optò per una serie di 6 bastioni, fra loro molto diversi per forma e grandezza. I n particolare gli ultimi due, ricalcando quelli del for- te, risultarono cli gran lunga più piccoli, mentre quello ad essi immediatamente contiguo. peraltro il maggiore dell'intera cerchia, fu dotato di un unico fianco rientrato, dal lato opposto al forte. Probabile che s i volesse in quel modo subordinarlo al tiro del forte stesso evitando il contrario, concezione che si ritrova anche in altre fortificazioni perimetrali , s pecialmente costiere, come ad esempio nella piazza di Civitavecchia.
La valenza complessiva della cerchia di Capua fu accentuata verso la fine dello stesso secolo, tramite l ' ultimazione di un profondo e largo fossato, scavalcato in corrispondenza di Porta Napoli da un lungo ponte, in origine parzialmente levatoio.
Intorno alla metà del '700, sotto Carlo ID , si effettuarono ulteriori potenziamenti alla fo1tificazione facendola precedere dalle famose sette 'frecce', opere difensive avanzate che implicarono una più complessa articolazio- ne dei fos sati e dei cammi nam e nti so tt erra nei. Ed ancora agli inizi del XIX seco lo il Genio militare borbonico ne incrementò le opere, disl ocan do in oltre a ll ' inte rn o della città un ampio compl esso ospedaliero per la cura delle più frequent i m a la tti e di c ui all 'e po ca erano affetti g li ese rciti , suddi v id endolo i n vari ed ifici quali il Sifilicornfo, il Qu artiere della Rog na, e cc. D che, implicitamente , tes timonia 1' irr eve rsibile tramonto s trateg ico della p iazza di Capua, già chiave del Regn o . U n ultim o assedio però ancora attendeva quei vetusti bastioni.
Do po la ce l ebre battaglia del Volturno fra g aribaldini ed eserc ito regolare borbonico (44 ', c h e vide la v itt oria dei primi , nei g i o rni l e 2 ottobre l 860 la g u a rni gio ne di Capua rima se abba nd o n ata a se stessa carente di viveri e dì muni z ioni. A difendere la pia zza in effetti erano rima s ti c irca 10.000 uomini sotto il coma nd o del brigadiere Raffae l e d e Cornè , co n un parco di ar ti glierie a pp a r ente m e nte num erosissime ma composto nella s tragrand e maggioran za di pezzi g iubilati , non di rado degli ini z i del se colo precedente : in ogni c aso ness uno verame nt e ri gato Contro i vetusti bastio ni e g li a ltr e ttant o arcaici pezzi di Capua g uid ava l ' inve s timento il genera l e piemontese D e lla R occa, c he diede subito l ' ordine di all esti r e circo l a nn e nt e otto batt e ri e per iniziare il bombarda- mento. I lavori procedettero alacremente per tutto il 29 , 30 e 3 J ottobre .
Alle ore 16 del 1 novembre, sferzata dalle raffiche di vento e dalla pioggia battente, una rossa bandiera, in so s tituzione dei segnali luminosi regolamentari , venne innalzata nella pianura a pochi chilometri dalla città. 1n rapidissima successione setle batterie dell ' esercito sardo aprirono il fuoco. Dai loro 23 cannoni, di cui otto modernissimi cannoni 'Cavalli' <4 5 ) ad anima rigata, un diluvio di proietti prese a convergere sulle mas sicce opere della leggendaria 'chiave del regno'.
La reazione napoletana non si fece attendere e con identica violenza, e forse persino con una più accurata punteria, i pezzi dagli spalti e dalle casematte controbatterono gli a s sedianti, fracassandone dopo pochi minuti una cannoniera. Ma già dai primi tiri parve a tutti evidente la risaputa disparità tecnologica delle opposte artiglierie. talmente rilevante da sovvertirne ampiamente la pur rimarchevole differenza numerica.
Ben I 50 bocche da fuoco , infatti , armavano la cerchia, ma costituivano dal punto di vista militare un assortito insieme assolutamente degno di esporsi alla curio s ità dei visitatori in un museo piuttosto che al tiro nemico sui rampari di una piazza s trategica. Quasi non bastasse, il doverle impiegare contro cannoni di gittata efficace notevolmente superiore imponeva, nel disperato tentativo di riuscire a stabilire un contatto balistico significativo, il ricorso al valore massimo di alzo con conseguenze devastanti per gli affusti, anch'ess i ovviamente di remota concezjone e comunque non progettati per un sjmile tom1ento djnamico.
Trascorse circa quattro ore si registrò un significativo diradarsi del fuoco di controbatteria, provocato, come affem1ò il Delli Franci nella sua Cronaca della campagna d'autunno del 1860, dall ' inevitabile cedimento di gran: " ... parte delle artiglierie della piazza [cheJ non più sparavano. dappoiché i loro affusti , a cagione del rincular dei cannoni e dell'angolo di elevazione col quale dovevasi tirare per far lunga gittata, mal reggendo a tali s forzi erano renduti sconci e disadatti ..." <~61
Nel frattempo gli effetti del bombardamento piemontese si confermavano, di minuto in minuto, terribili per la popolazione civile. Molti i morti, ancora cli più i feriti. Prostrato dal massacro di tanti innocenti il cardinale della città, Cosenza, supplicò le autorità militari di porre fine all'inutile resistenza , consegnando la piazza. Da notare cbe fra i difensori impegnati sui bastioni le perdite erano fino a quel punto irrisorie. Il de Cornè pressato da ogni parte a cedere. con s cio peraltro de.ll'assurdità della situazione, fece avviare nella mattina del 2 novembre le trattative pur nell ' intima convinzione che arrendersi con i bastioni, le can-
CAZION E B ASTIO NATA URB ANA
non i ere ed i depositi di munizioni pressoché intatti fosse un atto disonorevole e vile : ma la guerra era ormai indiscutibilmente persa per i Borboni e la c itt à s i arrese nello stesso giorno.
U bastio ne del reg no, il suo estremo baluardo, capitolò cosi dopo una so l a nottata di bombardamento! Di lì a breve anc he Gaeta, quindi Messina e Civitella del Tronto s i sarebbero arrese, ponendo fine co nt e mp oraneamente alla dinastia borbonica ed a ll a indipendenza de l regno del Sud. il primo e maggiore stato dell'Italia. Co n esso s i co ncludeva pure l'epopea del fronte basti onato.
Bas Tionatura
1 bas tioni di Pa lermo
Al tramonto de l 13 settembre de l 1535, Carlo V e nt rava in P alermo da P orta Nuova <rn, fra ali di popolo acclaman te e sfarzos i addobbi, dir i gendosi al Du o mo . La folla degli schiav i lib era ti c he l' osa nn avano, il tripudio dei sudd iti s ici Jiani e l a magnificenza degli o rn ame nti profusi lun go il tragitto, non b as tarono però a nascondergli la fin troppo palese fatiscenza de ll e fortificazioni della ca pit a l e. Redu ce da un fortunato assedio, ne va lut ò con cog ni z ion e di ca usa l'insignificanza difensiva delle mu ra norm ann e, traendon e conclusioni preoccupanti. L a cons tatazione c he P alermo n on rientrasse a buon diritto ne lla fronti.era marittima propriamente detta, non costituiva una duratura ce rt ezza di immunità. La città : " infatti era dislocata in un ver san te geografico d e l!' Iso la che non costituiva di per sé uno degli obiettivi del nemico . E sso probabilmente sa r e bb e stato preso in co n sideraz i one d ai Tur chi soltanto in un secondo temp o, qualora , presa M ess in a In questa ottica P ale rmo si do veva se mpr e fortificare ma il pericolo non era cos ì in combente come per Mess ina e le città ne lla cos t a orientale" 14 8 >
I n linea di massima si può 1itenere che all'epoca le fortificazioni della città fossero costituite essenzialmente della murazione peJimetrale normanna e del castello. Qu esto a sua volta: " si presentava completo ne ll e sue struttu re ma sprovvisto di opere di bastionamento. In effetti esso ri usciva difficilmente attaccabile dal mare per avere mura alte e spesse ed inoltre l' antico Don gio ne c he a ncora s i trovava rinse rrato nel centro del p erimetro funzionava da "caval iere" consentend o di dominare il circuito delle mura e parte della città. Dalla pa11e di terra l'efficienza delle mura era più precaiia essendovi quasi addossate alcu ne costruzioni ed anche delle chiese" (·!9\ A pp are , stando ad una serie di ri sco ntri , più o meno attendib ili , che in epoca aragonese alla cerchia vennero apportati alcuni pote nziamenti , forse mediante l 'i nserimento di grossi torrioni. Di certo però l a s u a sca nsio ne permase immutata per tracciato e logica d'impianto.
P ertanto nei piimi decenni del '500, l ' esigenza di procedere da capo a ll a ricostruzione de ll e s trutture difensive della città secondo i criteri del fronte bast ionato, divenne improrogabile. L a sua concreta attuazione , però, potette avviarsi solta nto dopo l 'arri vo da Bergamo dell'ingegner Ferramolino agl i inizi deg l i anni '30. L a compa rsa de l tecnico a Palermo può ascriversi ad un in carico probabi lm e nte ricognitivo o di co nsulenza, tale comunque da consentirgli la redazione di un primo programma di la voro per la t rasformazione dell · arcaica cerchia i n una moderna for tifi cazione, massicciamente bas tion ata Ma accorse ancora attende re l a nomin a de l Gonzaga a v ice ré, perché il suo progetto divenisse esecutivo
La città cli Palerm o s i presentava a li ' epoca planimetricamente affine ad un vas to retta ngo l o : a settentrione ed a meridione i l ati maggiori, a l evante e ponente qu e lli minori. In casto nato ne ll ' ultim o il menz i o nato castello su l m are La particolare configurazione, vagamente regolare, suggerì e consentì al Ferramo lino i co nc e tti o rdin ato ri per la e ri genda grand iosa fortificazione. Per persona le e diretta esperie nza in attacchi anfi bi, il bergamasco volle prioritariamente ga - [ l 05 Palermo. scorcio di un bast io ne nei pressi del Palazzo Real e. rantire massicciamente il fronte a mare della città, potenziando co n poderose bastionature l 'anacronistico maniero medievale e lo s pigolo a mezzog i orno del lato minore cu i apparteneva. Volle , parimenti, creare un identico caposaldo di maggior resistenza , sul lato s immetrico al porto, s ul fronte a ten-a , ad immediato rido sso del Pala zz o R ea le, conseg ue nd o, a un tempo , l'ir ri gidì mento della sez ione più debole e l a sa lvaguardia del pres tigio so edificio.
Da tale v is i one ne conseguì un a c hi ara polarizzaz ione della cerch i a, sc h e m a arc hit etto ni co entro il qual e, senza eccessiv i s bilanciamenti s i sa rebb e dovuta realizzare l'intera costruzio ne n ei decenni succe ss iv i. Prec isa ti i criter i progettua li , avutone pro nta accettaz ion e dal v ice ré e certa m ente dallo s te sso imperatore, esiste nd o l a di s po nibili tà eco nomica, almeno per avv iar li, il Ferramo l ino ne fissò rigidamente le caratteristiche ed il dimens ionamento, nonché una min u- z iosa tabella di avanzamento da rispettare in fase esec ut iva. Per una fortunata circosta nza, il pacchetto re l ativo ci è pervenuto i nt eramente. consentendoci interessa nti precisazio ni , peraltro di va le nza genera le.
La dinamica di appro nt amen to della cerchia bast ionata di Pal ermo si att uò, come accennato e seco ndo la pras s i, per grad i ed una vo lta ultim ata sc hierò: " .in tutt o ... dodici bas tioni , due di mare e d ieci di terra , due da o ri ente, quattro da tramo n ta na con l' an go lo, quattro da pon e nte con l 'an go lo, e due da mezzogiorno co n l'angolo, c he tutti si riducono a i predetti dodic i " < 50 ) La procedura, se nza dubbio più lenta d i un a co ntemp ora nea demolizione, evi tava però il ri sc hio s iss imo scade re della sicurezza de ri vante d a lla e liminazione delle vecc hi e s trutture in manca nza dell e nu ove ed aJla a ncora più frustrante care n za di denaro. Al fine di sco ngiurare a l ma ssimo tale pericolo Jo stesso ingegnere sta bilì con pedantesca pignoleri a la prio -