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LA POLITICA ESTERA ITALIANA E IL RUOLO DEGLI ADDETII MILITARI

Il "giovane" governo italiano, pur partecipando formalmente nel 1878 al Congresso di Berlino - voluto da Bismarck per una revisione del trattato di Santo Stefano - viene sostanzialmente ignorato nelle sue modeste richieste (1) e deve accettare la situazione di fatto, allo scopo di mantenere comunque relazioni amichevoli con le grandi Potenze, in funzione di future e più fruttuose alleanze (2).

Ma verso quali obiettivi si muove l'Italia? Se molteplici e di diverso contenuto possono essere i desideri, le mire, le ambizioni, in sostanza non è azzardato credere che lo scopo principale sia quello di raggiungere, velocemente, gli altri paesi europei per partecipare con essi alla spartizione delle zone di influenza.

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Da Minghetti a Visconti Venosta, da Giolitti a Crispi, con la Destra al potere o con il governo della Sinistra, la costante è data da una accelerazione nei ritmi e nei tempi, che - pur con motivazioni ideologiche di-

(l) In realtà non si era lraltato neanche di vere e proprie richieste, ma di "timidi" accenni, alla questione del Tremino e alla rellifica della propria frontiera, da estendere fino all'Isonzo.

(2) In effelli, nonostanle l'innegabile sviluppo commerciale e finanziario (dichiarato da Sella nel la sua relazione finanziaria al Parlamento del 1871) certamente significmivo rispetlo alle condizioni del paese negli anni precedenli, i dali quantitativi rimanevano assai mediocri se rapportati a quelli delle allre potenze, anche sul piano della finanza pubblica (In merito cfr. F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari 1965, vol. II, p. 563 sgg.).

Anton ello Biagini

verse - determina per l'Italia una politica estera volta all'occupazione degli spaz i internazionali (3).

Allora, in concreto e sul piano operativo, gli obiettivi italiani diventano essenzialmente due: l'antica ambizione della supremazia nel Mediterraneo - dunque l'Africa -e il progetto "nuovo" di ostacolare l'ampliamento dell'area di potere della Ru ssia, bloccando il Mar Nero attraverso una politica di espansione nei paesi balcanici.

Le insurrezioni contro i turchi in Erzegovina nel luglio 1875 riaprono fatalmente la questione d'Oriente mentre nei primi mesi del 1876 le insurrezioni in Bulgaria, la dichiarazione di guerra della Serbia e del Montenegro al governo di Costantinopoli (3 luglio 1876) determinando la pesante reazione ottomana offrono, nel 1877, il pretesto alla Russia per intervenire direttamente. Torna così a riproporsi qu e lla questione ritenuta ormai risolta dal Congresso di Pari gi del 1856 dove era statoribadito il principio dell'Jntegrità dell'Impero ottomano e della neutralizzazio ne del Mar Nero. E pur vero che la situazione balcanica non ha mai cessato di essere al centro delle attenzioni e delle analisi politiche delle varie potenze europee: l'in sofferenza verso il dominio ottomano, particolarmente viva in quelle zone dove l'elemento cristiano incontra maggiori difficoltà a convivere con l'elemento turco , la presenza di un secolare "insurrezioni smo", l'ascesa nazionale dei vari popoli balcanici, gli interventi delle pote nze europee per far valere i propri interessi a sostegno dei movimenti nazionali o preoccupate di far valere l'integrità dell'Impero ottomano, hanno caratterizzato il ventennio tra le due crisi. La diplomazia zarista , ben presente nello svolgersi degli avvenimenti, ha concluso con successo, nel marzo 1871, una convenzione per l'abrogazione delle norme sulla neutralità del Mar Nero e alla politica ufficiale accompagna, in quegli anni, un intenso lavoro propagandistico inteso a cementare i vincoli di fraternità slava e di comunione nella stessa fede, quella ortodossa, di cui lo zar è il centro e il capo. La stessa scena internazionale europea è del resto sensibilmente mutata con la realizzata unità italiana che h a posto all'Austria il problema di un orienta-

(3) Com'è noto, le tendenze delle forze politiche all'interno del pa ese son ben lungi dall'essere univoche. Non mancano le conLrapposizioni, n é le diversità di vedute, che in sos tanza si riducono a due, opposte, soluzioni: risolvere i problemi interni esistenti, lavorando per irrobustire il tessuto demografico, economico, finanziario del paese, prima di corre re il rischio di una guerra europea che l'Italia non è ancora in grado di affrontare; lanc iarsi nell'azione concreta di confronto con gli altri paesi europei, per impedire loro di accaparrarsi le zone di influenza ancora libere.

30 mento verso i Balcani contrastata in ciò dalla Russia zarista. Nella opinione pubblica italiana si manifestano simpatie per gli insorti e si sviluppa una campagna per la liberazione dei popoli cristiani dai turchi.Tuttavia se la posizione dell'opinione pubblica è di slancio verso la causa slava e dei rivoltosi, i circoli politici italiani si mostrano molto più cauti. Visconti Venosta, ministro degli Esteri nel governo Lanza, appoggia le proposte di riforme varate dal ministro degli Esteri austriaco Andrassy e quindi il mantenimento dello statu quo nella penisola balcanica. Se il governo della Destra delude in questo senso non differentemente avviene per il governo Depretis, costituitosi nel marzo 1876, che vanifica ogni speranza di azione italiana nelle questioni orientali. L'eco di queste delusioni si rinviene del resto negli stessi rapporti dei delegati italiani nelle commissioni internazionali costituite dopo il Congresso di Berlino per la delimitazione dei confini: molto spesso lamentano la mancanza di disposizioni precise di fronte ai problemi politici che da quelle delimitazioni nascono. Il governo della Sinistra condivide, in pratica, l'indirizzo precedente che si basa sul disinteresse dell'Italia per le questioni d'Oriente mentre l'impegno che l'Austria-Ungheria assume sempre di più nei Balcani avrebbe reso meno gravosa la rinunzia alle terre italiane la cui acquisizione è, in concreto, la motivazione centrale della politica estera dell'epoca. Calcolo, come si vedrà, infondato, poiché proprio in quel momento la monarchia asburgica - divenuta l'ago della bilancia della situazione balcanica - gode di una posizione diplomatica estremamente forte e solida: l'idea di una contropartita all'Italia è dunque totalmente destituita di fondamento. Nel marzo 1878 Luigi Corti, nell'accettare la carica di ministro degli Esteri, in sostituzione di Luigi Amedeo Melegari nel Gabinetto Cairoli, impone l'abbandono della pretesa soluzione del problema nazionale attraverso l'opposizione all'occupazione austriaca della Bosnia (4).

Sotto il profilo militare la questione d'Oriente viene seguita, principalmente, dagli addetti militari a Vienna e a Berlino. Nell'agosto 1875 Majnoni informa il capo di Stato Maggiore sui particolari della mobilitazione in atto in Austria-Ungheria sin dall'inverno precedente, poiché i moti in Bosnia-Erzegovina hanno destato l'attenzione della diplomazia "per le complicazioni che ne potrebbero nascere", e le misure adottate dal ministro della Guerra austriaco mettono l'esercito in grado di intervenire e occupare la Bosnia "qualora se ne presenti il destro". Elencate le divisioni mobilitate ricorda come la "sola am1a che sarà in gran parte

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sostituita in siffatta situazione sarà l'artiglieria la quale sarà di montagna e sarà raccolta dalla Dalmazia, dal Tirolo e da Vienna" (5) Sempre al Majnoni si deve un lungo rapporto, redatto nel dicembre 1876 al ritorno dalla missione in Serbia e Tu rchia per la delimitazione della linea d'armistizio fra i due contendenti. In quell'occasione l'ufficiale italiano s i propone di "determinare quale fosse la forza che, nelle circostanze attuali l'Impero ottomano potrebbe opporre a propria difesa, nel caso possibile di un attacco per parte della Russia". Descritto particolareggiatamente l'ordinamento e la consistenza dell'esercito turco, ne tratteggia i limiti operativi per la scarsa preparazione dei quadri e l'insufficiente armamento ed equipaggiamento di soldati. Tali carenze, se non hanno influenzato lo scontro con la Serbia, conclusosi appunto favorevolmente per la Turchia, sarebbero state elemento determinante nel caso di lotta contro un esercito europeo: "ammesso pertanto - scrive Majnoniche le doti individuali e naturali del soldato turco, fra le quali primeggia il coraggio, la fedeltà, la frugalità e la costanza nel sopportare le fatiche, possano in parte compensare l'inesperienza dei generali , l'ignoranza degli ufficiali, la cattiva amministrazione e la mancanza dei servizi organizzati, pure è tale il divario che si osserva fra l'esercito ottomano e un qualunque altro europeo che, anche a parità di forze, oso predire il risultato favorevole al secondo". Prevedendo l'inizio dell'azione militare contemporaneamente in Asia e in Europa ricorda gli accordi che si stanno prendendo con il governo romeno , la mobil i tazione dell'esercito valacco, la raccolta di materiali da ponte sulle due sponde del Danubio, a Cladova e Turnu-Severin, e conclude indicando la probabile linea che l'esercito russo avrebbe seguito: in quattro giorni avrebbe concentrato sul D anubio una divisione e un reggimento di cavalleria da far marciare poi su Cuprija per arrestare l'eventuale avanzata turca verso la Morava.

Gli avvenimenti militari della guerra russo-turca nel loro svolgersi sono sufficientemente noti. Assicuratasi la neutralità dell'Austria, la Russia dichiara guerra alla Turchia il 24 aprile 1877 e, ricevuto il permesso della Romania, attraversa il confine del Principato. Mentre la flottiglia turca del Danubio tenta inutilmente il passaggio del fiume, la Romania raduna il proprio esercito ad occidente dell'Olt e a metà giugno l' armata russa è pronta ad agire lungo il corso di questo affluente del Danubio. I turchi concentrano il grosso delle loro truppe a Sumen, rafforza no Tu rtukai, Ruse, Svistov, Nicopoli e spingono un piccolo corpo ne lla Dobrugia. I russi approntano un ponte sul Danubio per il pas- l'Italia e le guerre balcaniche saggio dei quattro corpi d'armata mentre un'avanguardia, comandata dal generale Gurko, deve superare i Balcani e portarsi in Bulgaria meridionale per sollevarla contro i turchi. In giugno il XIV corpo d'armata russo passa il Danubio a Macin mentre il XII e XIII si dirigono sul Jantra e il IX su Nicopoli. Sotto la pressione delle forze russe, il comando turco richiama dal Montenegro le truppe di Suleiman pascià e da Vidin quelle di Osman pascià inviandole sul teatro di guerra bulgaro. Durante la marcia O sma n pascià giunge, tra il 17 e il 19 luglio, a Plevna (Pleven) dove si arresta fortificandosi. Per due volte i russi invano sferrano su questa località l'offensiva e dopo il 31 luglio il granduca Nicola chiede al principe Carlo di Romania la fusione dei due eserciti. Solo il 10 dicembre le forze congiunte russo-romene hanno ragione della re sistenza turca (6).

Luchino del Mayno, assegnato alla ambasciata italiana a Berlino nel 1875 , fin dal 1876 segue la mobilitazione dell'esercito russo e gli avvenimenti che si svolgono in Oriente considerandoli soprattutto attraverso le valutazioni e le opinioni degli ufficiali prussiani (7). Al centro del suo interesse si collocano le osservazioni sull'organizzazione della campagna da parte dei ru ssi e dei turchi. Nell'aprile del 1877 sottolinea come fosse necessario per i russi occupare la zona della Dobrugia: un'azione turc a su Gala,ti avrebbe infatti tagli ato le comunicazioni ferroviarie (8). Informazioni ricevute da ufficiali russi confermano, nell'addetto militare italiano, la convinzione che la Ru ssia, soverchiante per forze, non avrebbe incontrato difficoltà nell'attraversare il Danubio. Queste si manifestano invece nel provved~re al vettovagliamento degli oltre duecentomila uomini in Bulgaria. E opinione diffusa a Berlino che lo zar ricerchi la collaborazione delle popolazioni per il sostegno logistico ma intenda rifiutare l'aiuto militare romeno: l'atteggiamento russo rimane infatti tale fino agli avvenimenti di Plevna quando infine la collaborazione

(6) Majnoni, Calcolo delle forze militari di terra che la Turchia potrebbe opporre alla Russia in una prossima guerra, Vi enn a 20 dicembre 1876, r. 48. Sui problemi connessi alla guerra e la valutazione dei circoli politici e militari viennes i cfr. i dispacci di Majnoni, Vienna 21 aprile 1877; 3 maggio 1877; 10 maggio 1877; 11 maggio 1877; 30 luglio 1877 (con informazioni s ull'ostilità dell'opinione pubblica austriaca nei confronti della Ru ssia); 1° agosto 1877; 7 agosto 1877 (con considerazion i sull'esercito rus so e la battaglia di Plevna).

(7) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 31 gennaio 1876; 12 giugno 1876; 9 gennaio 1877; r. 26.

(8) Del Mayno a Berto lè Viale, Berlino 23 aprile 1877; 25 aprile 1877; 29 aprile 1877; r. 26.

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dell'esercito romeno viene richiesta e sollecitata (9).

Caratteristica dei primi mesi di campagna - ripetutamente sottolineata da del Mayno nelle sue lettere a Bertolè Viale, comandante del Corpo di Stato Maggiore - è l'inazione turca da un lato e la disorganizzazione russa dall'altro: il ventilato passaggio del Danubio, studiato e programmato, viene continuamente rimandato con grave pregiudizio per il futuro svolgimento della campagna (10). Nell'agosto 1877, registrando le conseguenze dell'insuccesso russo nel primo combattimento di Plevna, sottolinea come questo fosse il risultato "di soverchia fiducia in se stessi e soverchio disprezzo per le attitudini militari del nemico" (11 ). La successiva mancanza di qualsiasi attività sul teatro di guerra della Bulgaria, dimostra, a giudizio dell'ufficiale italiano, che gli avvenimenti hanno preso una piega decisamente negativa per i russi e che questi non sono in grado di riprendere l'iniziativa : solo dopo la caduta di Plevna, con il contributo delle armi romene, si ha la certezza della vittoria (12).

Componente della commissione militare che prepara i materiali cartografici per le missioni dei plenipotenziari al Congresso di Berlino, in una lettera del luglio 1878, del Mayno lamenta la superficialità, gli strumenti inadatti e i tempi eccessivamente brevi nell'esecuzione dei lavori; ciò avrebbe aggravato i prevedibili conflitti che sui tracciati di confine si sarebbero accesi una volta che le commissioni internazionali fossero passate alla reali zzazione concreta dei loro compiti (13). Facile profezia come si vedrà dalle relazioni dei delegati italiani nelle conunissioni per la delimitazione delle frontiere di Romania, Bulgaria, Rumelia orientale, Montenegro e Serbia.

Contrariamente ad altri eserciti europei quello italiano non inviò osservatori propri a seguire lo svolgimento del conflitto: uno studio sulle operazioni militari viene condotto con ricognizio ni sul teatro di guerra dal colonnello Celestino Rossi e dal capitano Francesco Tanfani. Il 6

(9) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 6 maggio 1877; 20 maggio 1877; 27 maggio 1877; r 26.

(10) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 9 giugno 1877 ; 13 giugno 1877; 18 giugno 1877; 9 luglio 1877; 14 luglio 1877 (Idee svolte dagli ufficiali del grande stato maggiore prussiano sulla guerra russo-turca); 22 luglio 1877; 29 luglio 1877; r. 26.

(11) Del Mayno a Bcrtolè Viale, Berlino 6 agosto 1877; r 26.

(12) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 13 agosto 1877; 20 agosto 1877; 29 agosto 1877; 18 dicembre 1877; 17 marzo 1878; 25 aprile 1878; r. 26.

(13) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 9 agosto 1878, r . 26.

L'Italia e le guerre balcaniche novembre 1878 i due ufficiali italiani, con l'ausilio del marchese Galvagna, ambasciatore italiano a Costantinopoli, si mettono in contatto "con quelle notabilità ottomane e forestiere che potevano maggiormente facilitare la missione loro affidata" (14). Al termine delle ricognizioni e sulla base delle osservazioni effettuate e della documentazione raccolta, viene stilata una relazione riguardante la difesa di Costantinopoli, del Bosforo, dei Dardanelli e della penisola di Gallipoli. In una nota sulla Dobrugia, in quel momento al centro del dibattito tra Bulgaria e Romania, i due ufficiali indicano le tre possibili linee di delimitazione tenendo conto delle motivazioni economiche, politiche, etniche e militari che sono alla base delle aspirazioni dei due paesi. Il teatro d'Asia con la formazione e la dislocazione delle truppe dei due eserciti, le operazioni militari per la presa di Ardahan e di Kars, la consistenza delle forze turche, serbe e montenegrine costituiscono altrettanti punti della lunga relazione, redatta tra il 1879 e il 1880 dai due ufficiali (15).

Nel novembre 1879, Giuseppe Ottolenghi, delegato italiano nella commissione per la delimitazione nel Montenegro, nella sua relazione al capo di Stato Maggiore riassu me- il lavoro svolto. Ricorda brevemente la partecipazione del paese agli avvenimenti bellici, sottolinea la decisione della commissione di prendere le decisioni a maggioranza contrariamente all'opinione del delegato russo favorevole al principio di unanimità.

Base dei lavori è la carta austriaca al 300.000 sulla quale si sono svolte le discussioni al Congresso di Berlino: "il commissario turcoscrive a quel proposito il delegato italiano - vi si oppose, probabilmente perché non ignorava che tutti gli errori materiali del trattato ridondavano a vantaggio della Porta". Il commissari o turco , alla prima decisione presa contro il suo volere, abbandona i lavori condannando la commissione all'inoperosità dal maggio al luglio 1879. I lavori riprendono quando le potenze aderiscono alla proposta di tracciare linee di frontiera provvisorie. Le difficoltà, in sostanza, nascono dall'estrema labilità del testo scaturito dal Congresso di Berlino il quale, eccettuate le

(14) Galvagna a Corti, Costantinopoli 8 novembre 1878 , MAE-AS, Rapporti in arrivo. Turchia, b. 1462.

(15) Guerra d'Oriente (1877 1878). Relazioni, r. 189; Studi particolari: difesa di Odessa contro eventuali aua cchi della floua turca, r. 190; Studi particolari : guerra d'Oriente (1877-1878). Teatro d'Asia, r. 201; Guerra d'Oriente (1877-1878). Teatri di guerra secondari d'Europa, r 202; Guerra d'O riente (1877- 1878). Teatro danubiano , r. 203.

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disposizioni tassative di lasciare alla Turchia il territorio delle tribù albanesi, non offre, quale criterio direttivo, principi di nazionalità, di razza o di re lig ione. Lo stesso governo ottomano pur mostrandosi ufficialmente favorevole ai lavori della Commissione cerca di impedire le ricognizioni sul terreno, rende d ifficile l'accesso ad alcune località mentre il suo rappresentante abbandona i lavori ogni qualvolta si prendono decisioni sfavorevoli alla Turchia. La Russia, commenta Ottolenghi, "favoriva in tutto e per tutto i l Montenegro, anche patrocinando in un suo vantaggio concessioni non accordate o escluse tassativamente dal testo del trattato"; l' Inghilterra, la Francia e l'Italia, "sempre impar ziaU, si trovarono sempre d'accordo", mentre la Germania e l'Austria si caratterizzano per un contegno mu tevole ma sostanzialmente favorevole agli interess i ottomani. L a Turchia finisce dunque per essere favorita poiché, nella peggiore delle ipotesi, può sempre contare su quattro (Turchia, Austria, Germania, Inghilterra) degli otto voti della Commissione . Questa, riunitasi il 30 aprile 1879, inizia i lavori veri e propri il 25 luglio con l'esame del tratto di frontiera tra l'Adriatico e Gusinje -P l av. La Commissione , ricorda ancora Ottolenghi, non può recarsi nei territori ad es t e ovest di Gusinje-Plav: in quei territori, cioè, che la Turchia ha abbandonato ma che si è rifiutata di consegnare al Montenegro. La tribù della zona "in stato di anarchia e retta da Aly bey, il quale fece disarmare e spogliare dei propri beni gli slavi ortodossi del paese, si legò con gli altri paesi dell ' alta Albania: Ipeck [Pet], Djakovo, Prisrend [Prizren] , Dibra per respingere qualsiasi tentativo di annessione al Mon tenegro" (16). Il problema della frontiera con l'Albania venne risolto nel 1880, dopo lunghe trattative, con la rinuncia del Montenegro a ll e zone circostanti Gusinje e Plav in cambio di Ulcinij precedentemente restituita alla Turchia. Bar rimane al Montenegro con il vincolo di non costruire una propria flotta da guerra e il suo porto, per evitare che divenga una base militare russa, è chiuso alle navi da guerra degli altri paesi .

Un 'altra relazione, di 135 fogli, è quella redatta dal colonnello Attilio Velini sulla delimitazione della Serbia. Tralasciando i pur ampi particolari sulle vicende della Commissione, la re laz i one è sostanzialmente suddivisa in quattro parti riguardanti la delimitazione vera e propria, le conseguenze politiche, le istituzioni serbe e le condizioni militari del paese. I lavori di delimitazione durano circa quattro mesi (giugno -settembre 1879) e Velini sottolinea come questo tempo avrebbe potuto

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essere molto più breve se ogni commissario avesse avuto a sua disposizione qualche topografo e se s i fosse seguito un procedimento più semplice: quello di limitarsi a rilevare solo la linea di confine fissando capisaldi ben determinati. Alla Serbia sono stati annessi 12.000 chilometri quadrati di territorio e una popolazione di circa 300.000 abitanti. Il nuovo confine della Serbia, so ttolinea Velini, "tracciato sommariamente a Berlino non rispondeva che incompletamente al concetto delle nazionalità, di guisa che la tranquillità della frontiera in alcuni punti è compromessa, in causa appunto di questo difetto, potrebbe dare appiglio a nuov e com plicazioni", collegandosi all'altro grave problema costituito dal rimpatrio degli albanesi: la Serbia, la Turchia e le Potenze europee avrebbero dovuto trovare per tempo una soluzione soddisface nte.

Altre difficoltà possono nascere dalle convenzion i ferroviarie tra la Serbia e l'Au stria- Ungheria e l'Italia, di fronte ai molteplici interessi che si collegano alla questione ferroviaria nei Balcani, non deve rimanere indifferente per la tutela dei propri interessi commerciali. Riguardo poi alle istituzioni politiche della Serbia, particolareggiatamente descritte, l'ufficiale italiano sottolinea come fossero tra le più liberali d'Europa: curata l'istruzione pubblica, vivo il sentimento religioso, il sentimento familiare, l'attaccamento alla patria e alle tradizioni storiche. Sono questi elementi che fanno "di quel piccolo popolo un nucleo potente attorno al quale, dati ce rti eventi, si verranno raccogliendo tutti gli slavi del sud". Ponendosi nella prospettiva risorgimentale , comune del resto a larga parte della opin ione pubblica italiana, sottolinea come "il panlavismo che come uno spauracchio si fa balenare agli occhi dell'Europa dalle potenze interessate ogni volta che il tornaconto lo domandi, a quanto sembra, non è che un fantasma. Tutti sentiamo che la dominazione turca nei Balcani è prossima a finire; e tra i superbi e potenti colossi che si contrastano la supremazia in oriente, tra i successori di Caterina Il e gli eredi della politica del principe di Metternich che tendono ad avere un piede sull'Egeo ed uno sul litorale Adriatico, e il cuore a Vienna e la te sta sulle Alpi, parmi più logico e umanitario e patriottico e anche più utile assecondare le popolazioni della penisola nella conquista della loro nazionalità".

Proseguendo nella s ua attenta e puntuale descrizione Velini sottolinea come lo stato dell'industria, del commercio e dell'agricoltura sia ancora del tutto inadeguato a causa delle continue lotte che il paese ha dovuto sostenere per conquistare la propria indipendenza.

Dal punto di vista militare la Serbia ha un esercito relativamente ben ordinato e in progressivo miglioramento: il sol dato serbo, con le sue ottime qualità militari, ha dato nell'ultima campag na indubbie prove del

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suo valore. Velini a questo proposito suggerisce di far studiare agli ufficiali italiani, addetti alle legazioni, l'ordinamento degli eserciti di grande numero con risorse economiche relativamente esigue.

Descritte le condizioni difensive ed offensive Velini conclude la sua lunga relazione indicando i probabili compiti deHa Serbia. Questa, infatti, avrebbe dovuto consolida re le proprie istituzioni, promuovere e diffondere l'istruzione, rafforzare l'esercito, "essere d'esempio ai figli dispersi della grande famiglia serba, e, senza provocare direttamente la trasformazione dell'Europa orientale, tenersi parati ad ogni evento, e mettersi a livello della fortuna, ed usufruire calmi e risoluti dei momenti propizi . È cotesta, a quanto pare, una condotta saggia e feconda. Che l'Europa civile assecondi le aspirazioni della libera Serbia e che i voti italiani accompagnino nel compimento della sua nobile missione la valente avanguardia degli slavi del sud, è l'augurio ch'io faccio a quella degna nazione nel suo interesse e nell'interesse dell'equilibrio d'Europa" (17).

L'azione del rappresentante italiano, colonnello Alessandro Baldassare Orero, in seno alla Commissione europea per la delimitazione dei confini, costituita dopo il Congresso di Berlino, è nota alla storiografia dei rapporti italo-romeni. Se ne sono occupati infatti, studiando il problema del nuovo assetto balcanico, G. Bibesco, Historie d'une frontière, Parigi 1883 e B. Cialdea, La politica estera della Romania nel quarantennio prebellico, Bologna 1933, pp. 102-103. La documentazione conosciuta è essenzialmente quella contenuta in Documente oficiale din coresponden;a diplomatica ... presentate corpurilor legitoare fn sesiunea anului 1880-1881, Bucure~ti 1882, pp. 203-204 (due rapporti del rappresentante romeno a Costantinopoli, 22 e 29 agosto 1879) e in Politica externa a Romàniei fntre anii 1873 - 1880 privitii dela agenJia diplomatica din Roma, a cura di R. V. Bossy, Bucure~ti 1928, pp: 181-185 (due rapporti del rappresentante romeno in Italia, 29 ottobre 1878, 1O febbraio 1879; un dispaccio del ministro degli esteri Cfunpineanu al rappresentante romeno in Italia, 5 febbra io 1879) . Ma l'azione del colonnello Orero può essere meglio determinata grazie alla documentazione offerta degli archivi italiani; in particolare seguendo i rapporti che egli inoltra al ministero degli Esteri tramite la legazione a Costantinopoli e a Silistra dal 4 ottobre al 17 dicembre 1878, contenuti nell'Archivio Storico del Ministero degli esteri, Rapporti in arrivo, Turchia, buste 1462 e

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1463; i protocolli, invece, si trovano nella busta 1463 dello stesso fondo. Si conserva, inoltre, nell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Coloniale, R epa rto operazioni, Stati esteri, busta 32, fascicolo 3 e busta 25, fascicolo 2, la relazione finale di Orero, composta di due quaderni rispettivamente di 40 e 108 fogli. La prima parte della relazione riguarda il periodo settembre-dicembre 1878, durante il quale la Commissione europea compie i lavori per la delimitazione del confine tra Romania e Bulgaria; la seconda, invece, riguarda il periodo marzo-luglio 1879 impiegato per delimitare il confine della Rumelia orientale.

Il colonnello Orero, ufficiale di formazione piemontese e risorgimentale, fu attore non secondario di alcune vicende di s toria italiana, mostrando costantemente una spiccata personalità. Entrato nell'Accademia militare di Torino nel 1865 e nominato sottotenente dei bersaglieri, partecipa alla seco nda guerra d'indipendenza , alla campagna del 1860-1861 dove collabora con il generale Enrico Cialdini e alla presa di Roma del 1870 (18). Trasferito allo Stato Maggiore nel 1872, viene inviato nel 1875 a Pietroburgo in qualità di osservatore italiano alle grandi manovre russe. Dopo aver lavorato alla delimitazione dei confini in Dobrugia e in Rumelia, nel 1889, ottiene il suo incarico di maggior rilievo, quando viene chiamato a sostituire il generale Antonio Baldissera in Africa. Si trova allora ad organizzare l'amministrazione della colonia Eritrea e a svolgere, di fatto, le funzioni di governatore. Assertore della necessità di pacificare il Tigrè e di estendere l'influ enza italiana su quelle popolazioni per sottrarle alla propaganda dei due ras ribelli, Mangascià e Alula, elude gli inviti alla prudenza forniti da Crispi alla sua partenza dall'Italia e si pone in contrasto col rappre sentan te italiano, conte Pietro Antonelli. Promuove quindi una spedizione verso Adua per non lasciare alle truppe di Menelik il compito di pacificare il Tigrè; ma il risultato, militarmente e st rategicamente positivo della spedizione, non sanò il contrasto, ormai aperto, con Crispi e sopra ttutto con il conte Antonelli, alla c ui politica Orero è dichiaratamente contrario. Nell'aprile 1890 rinuncia all'incarico, sottolineando polemicamente come fosse "necessario che il governo si pronunci chiaramente, riponente tutta la sua fiducia nel comando supe-

( 18) Nel 1881 pubblica le proprie memorie sui lavo ri della Commissione; fermandosi piulLOsLo . sugli aspetti di colore che su quelli poli Lici, col titolo Note di viaggio nella penisola del Balcani (Novara 1881 ). Sulle esperienze falle durante le guerre per il Risorgimento e l'Unità Orero ha lasciato una vivace Lcstimonianza nel volume Da Pesaro a Messina (Torino 1905).

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riore o tutta nel conte Antonelli ... " ( 19) . Vico Mantegazza, nella sua narrazione delle guerre africane, contrappone le virtù militari e civili di Orero alle incertezze governative e ai maneggi della diplomazia, incarnata dal conte Antonelli: "la storia del periodo breve nel quale Orero rimase nell'Eritrea - conclude perentoriamente - non è che la storia di questo dissenso" (20).

Nominato nell'agosto 1878 delegato italiano della Commissione europea per la delimitazione dei confini (21), viene convocato al ministero degli Esteri dove il conte Luigi Corti, giusto alla vigilia della sua uscita dal ministero Cairoli, raccomanda all'ufficiale una condotta equa e una fedele applicazione degli accordi di Berlino e lo informa particolareggiatamente intorno ai problemi relativi al confine romeno - bulgaro e alla città di Silistra. Ricevuta una lettera di istruzioni, Orero si imbarca a Brindisi il 3 settembre, giunge a Costantinopoli il 9, ed è il primo delegato a raggiungere il proprio posto. A causa della prolungata assenza dei suoi colleghi, rappresentanti delle altre Potenze , e del ritardo con cui la Porta nomina il proprio rappresentante, i lavori iniziano solo il 21 ottobre 1878, con un ritardo di trentasette giorni. Inutilmente Orero se ne stupisce e, come altri suoi colleghi, se ne duole con il plenipotenziario italiano presso la Sublime Porta, conte Francesco Galvagna (22) . Questi gli conferma che il ritardo è dovuto a una precisa tattica della diplomazia ottomana, volta a far decantare la situazione. Nelle riunioni informali con i rappresentanti europei a Costantinopoli , si delinea con chiarezza la posizione del delegato russo, il quale, in sintonia con le istruzioni ricevute da Pietroburgo, tende a favorire la Bulgaria a danno della Romania, mentre si dichiara autorizzato a trattare per i soli confini della Dobrugia, escludendo il problema della Rumelia (23) . Il periodo di

(19) Sull'attività di Orero in Africa cfr. Storia politico -militare delle colonie italiane (Roma 1928) e Storia militare della colonia Eritrea (Roma 1936, voli. 2) entrambe a cura dell'Ufficio Storico dello SME. Cfr. inoltre k memorie dello stesso in "Nuova Antologia" a. XCL (1901), fase . 698-699, Ricordi d'Africa.

(20) V. Mantegazza, La guerra in Africa, Firenze 1896, p. 97

(21) Ministero della Guerra a ministero degli Esteri, 24 agosto 1878, MAE-AS, Rapporti in arrivo. Turchia, b. 1462. Oltre a Orero il ministero della Guerra nomina il capitano Felice Gola per la Commissione speciale della Serbia Galvagna a Corti, Costantinopoli 8 settembre 1878, ivi.

(22) Orero a Corti, Costantinopoli 4 ottobre 1878; 22 ottobre 1878, MAES-AS, lVl.

(23) Galvagna a Corti, Costantinopoli 23 settembre 1878; 26 settembre 1878; 1° ottobre 1878; i vi.

L'Italia e le guerre balcaniche forzata inattività fu usato da Orero per prepararsi ulteriom1ente ai lavori, per conoscere la capitale ottomana e studiare a fondo l'organizzazione militare turca; la crisi di quell'esercito che pure ha mobilitato nella guerra contro la Russia oltre 740 mila uomini, non può essere arrestata con l'espediente di utilizzare ufficiali stranieri.

Nelle prime pagine della sua lunga relazione Orero ricorda come il Congresso di Berlino avesse voluto creare in Europa una pace stabile e duratura, affidando alle tre Potenze estranee (Germania, Francia e Italia) un compito di mediazione fra le parti interessate. Tuttavia il bilancio del Congresso sembra deludente: l'Europa, in definitiva, ha sanzionato esigenze derivanti dall'interesse particolare di alcune Potenze e con ciò ha costruito una pace precaria.

Il 21 ottobre 1878, con la nomina del delegato ottomano, generale di brigata Tahir pascià, la Commission~, definite le questioni di metodo e di principio, decide di iniziare le operazioni col determinare la frontiera romeno - bulgara tra Silistra e il Mar Nero (24). Fissato il 2 novembre quale data di riunione a Silistra, il 28 ottobre la Commissione, preceduta dal delegato russo e dagli ufficiali topografi inglesi, si imbarca per Varna, ove giunge il mattino del 29; da Varna raggiunge Rusçiuk (Ruse) in ferrovia, e da Rusçiuk scende per il Danubio fino a Silistra. In merito ai rapporti russo- romeni Orero scrive: "indipendentemente dai dissapori creati dalla condotta poco generosa della Russia verso la Romania, esisteva un'altra causa la quale rendeva sempre sensibile l'avversione reciproca tra i due eserciti .. . Nuoceva all'amor proprio degli ufficiali russi la parte abbastanza considerevole avuta dall 'esercito romeno nella vittoria fina le; epperciò si valsero del malcontento e delle proteste del loro alleato per la retrocessione de ll a Bessarabia come di un pretesto plausibile a liberarsi del peso della riconoscenza e dar sfogo al ferito sentimento di alterig ia che era in loro".

F in dai prim i scambi di opi nione con il delegato russo, co lonnello Bogoljubov , O rero intravede il disaccordo assai pronunciato che si sar eb be verificato ne ll a sce l ta del punto "sull a riva des tra del D anubio" da cui far partire la frontiera per asseg nare a ll a Roman ia il territorio ricevuto come compenso de ll a Bessarabi a. Questo d isaccordo si fa palese fin dal primo g io rn o quan d o la Commissione si riunisce a Silistra in seduta u fficiale . Le indicazioni fornite dall 'articolo 2 del Trattato di Berli no per la scelta di quel p un to, com e in genere per il tracc iato di tutta la linea di front iera dal Danubio a l Mar Nero, sono a lquanto indeterminate.

Antonello Biagini

Il testo che si riferisce a quella parte di confine indica che la frontiera deve lasciare la riva destra del Danubio "a un punto da determinare dalla Commissione europea all'Est di Silistra" e di là dirigersi verso il Mar Nero a sud di Mangalia. In astratto qualunque punto scelto dalla Commissione sulla riva destra de l Danubio e all'est di Silistra avrebbe soddisfatto la condizione fissata nel testo. Già con le prime stipulazioni di Santo Stefano si stabilisce, in linea di massima, di assegnare alla Romania il delta del Danubio. Con ciò il principato, da un lato, ottiene una posizione sulla riva destra del Danubio ed entra in possesso di importanti sbocchi sulla costa del Mar Nero dall'altro, porta il suo confine al Prut e al Danubio, con il vantaggio di ottenere una lunga linea di frontiera tracciata in modo certo. Orero tuttavia valuta pienamente i motivi di carattere nazionale che suscitano la reazione della Romania: questa perde, infatti, una provincia abitata da una popolazione in maggioranza romena, in camb io di una dove l'elemento etnico è minore (25).

L'orientamento generale della Commissione è dunque quello di individuare un punto situato ad ottocento metri dalla cinta di Silistra da cui far partire il confine e dal quale sia possibile gettare un ponte sul Danubio. Questa vicinanza alla città - in pratica vengono assegnate alla Romania le posizioni militare situate a sud-est della fortezza, fra cui Arab Tabya - incontra la vivace opposi zione del rappresentante russo interessato a difendere e a favorire la Bulgaria. Il 6 novembre 1878 la Commissione include dunque la fortezza di Arab Tabya nel territorio romeno; la decisione, presa a maggioranza di sei voti, toglie a Silistra la sua importanza come piazzaforte e sanziona, di fatto, quanto scritto nel trattato, e cioè che tutte le fortezze situate nel territorio del principato bulgaro dovevano essere distrutte (26).

Dal 7 novembre, per dodici giorni, la Commissione viaggia per determinare sul terreno la linea di confine e molti dei commissari, compreso il colonnello Orero, debbono ricredersi circa la Dobrugia, ritenuta, "a torto, un paese piano e paludoso, povero e insalubre, senza strade e

(25) Su questo particolare problema Orero esprime il p roprio pun to di v ista affermando che la Romania avrebbe dovuto fare del problema Dobrugia-Bessarabia una questione nazionale "senza tener conto della probabilità d i vittoria e disporsi a sostenere con le armi i suoi diritti" soprattutto perché inaccettabile il baratto BessarabiaDobrugia

(26) Orero a Cairoli, Silistra 6 novembre 1878 . Cfr. anche protocolli n. I (21 ottobre 1878), n . 3 (24 ottobre 1878), n. 4 (3 novembre 1878), n. 5 (4 novembre 1878) n. 6 (5 novembre 1878), n. 7 (6 novembre 1878), MAE-AS, b. 1463 . In realtà nessuna delle fortificazioni prima turche, poi bulgare, venne distrutta.

L'Italia e le guerre balcaniche senza villaggi, abitato da una popolazione di diverse razze, rada e nomade in gran parte". Molte pagine della relazione sono dedicate alla descrizione dei luoghi visitati, delle difficoltà incontrate con le popolazioni e non mancano interessanti considerazioni sulla presenza economica italiana in quelle regioni: questa è, a giudizio di Orero, progressivamente scaduta per la concorrenza vittoriosa della navigazione a vapore su quella a vela dell'antico Piemonte e delle Due Sicilie e, in quel periodo, per il disinteresse e l'inerzia del governo italiano verso questi problemi(27).

Ultimati i lavori la Commissione si scioglie dandosi appuntamento a Costantinopoli entro otto giorni, tempo necessario per la preparazione degli atti e documenti da firmare e da inviare ai rispettivi governi. La maggior parte dei commissari si dirige a Varna per imbarcarsi sul battello austriaco e rientrare così a Costantinopoli; Orero e il commissario tedesco preferiscono usare quel tempo per recarsi a Bucarest dove l'ufficiale italiano non manca di o s servare come la città sia un "misto biz zarro di lusso, comodità e conforto" tipiche delle più grandi città europee insieme a vie fangose e povere abitazioni in legno e come sia ben presente una sorta di deprecabile sudditanza psicologica e di costume verso tutto ciò che è francese.

Dopo una sosta di tre giorni, durante i quali viene ricevuto dal principe Carlo che gli mostra la propria riconoscenza per l'opera svolta in favore della Romania, Orero parte da Bucarest per rientrare a Costantinopoli dove il 26 novembre la Commissione riprende le sue sedute. Il colonnello Bogoljubov si mostra irremovibile e attacca, con termini violenti, l'operato dei commissari. Il 17 dicembre 1878 l'atto diplomatico, le carte e i documenti che descrivono la linea di frontiera fra Silistra e Mangalia vengono firmati da sei commissari e inviati ai rispettivi governi senza la firma del commissario russo (28).

Il contrasto tra l'ufficiale italiano e quello russo, in sintonia del resto con la politica dei propri governi, costituisce, in pratica, una costante per tutto il periodo dei lavori della Commissione. L'oggetto della vertenza, se comprendere o meno Silistra nel territorio romeno, è di rilevante importanza politica e militare, come si vedrà poi nel gennaio 1879.

L'importanza strategica di Arab Tabya è fuori discussione: fortifica-

(27) Orero, conformemente a molti ufficiali in missione all'estero, auspica una · più incisiva politica governativa di penetrazione economica.

(28) Orero a Cairoti, Costantinopoli 26 novembre 1878; 4 dicembre 1878; 11 dicembre 1878; 17 dicembre 1878; MAES-AS, b. 1463.

Antonello Biagini

zione avanzata di Silistra, possederla rende possibile il controllo delle comunicazioni con la Dobmgia e per questo è al centro delle vertenze dei primi mesi del 1879 . In gennaio i romeni occupano il forte e premono· affinché le potenze europee risolvano senza indugio il problema. Depretis ritiene, e così si esprime in un colloquio diretto con il rappresentante romeno a Roma Mihail George Obedenaru, che la vertenza possa e debba essere risolta con un accordo diretto tra la Russia e la Romania(29).

Le truppe romene si ritirano da Arab Tabya sul finire del febbraio 1879; il governo di Bucarest tuttavia precisa essere quello un atto di buona volontà nei confronti delle potenze e non una rinuncia al proprio diritto (30) .

Gli inviti alla prudenza espressi al governo romeno durante gli avvenimenti di Arab Tabya non modificano le posizioni assunte dall'Italia al Congresso di Berlino e nei lavori di delimitazione. Il 13 aprile 1879, alla vigilia della convocazione della Commissione per i confini rumelobulgari, Depretis, ministro degli Esteri, nell'inviare precise istmzioni al colonnello Orero sul comportamento da tenere nei lavori relativi alla delimitazione della Rumelia, ricorda all'ufficiale essere ferma intenzione del governo italiano mantenere la linea politica elaborata al Congresso di

(29) Depreùs a Fava, Roma 10 febbraio 1879, MAES-AS, Registro copialettere in partenza, n 1202 Depretis informa il console italiano a Bucarest dell'incontro avuto con il console di Romania a Roma. Il governo italiano, sostiene Depretis, di fronte agli avvenimenti di Arab Tabya non può nascondere all'amica Romania la propr ia preoccupazione. L'esponente romeno ha assicurato non essere intenzione della Romania occupare più territorio di quanto attribuito dal Co ngresso di Berlino; l'occupazione del forte è stato un passo necessario in reazione alle minacce- russe. Dcpretis a Fava, Roma 14 febbraio 1878, ivi. Sulla presenza russa in Dobrugia e sui difficili rapporti russo-romeni cfr. Maffei a Fava, 25 novembre 1878; Fava a Cairoli, Bucarest 6 dicembre 1878 (Rapporti in arrivo. Romania, b. 1396); Dcpretis a Fava, 1° febbraio 1879; Tomielli a Fava, 3 febbraio 1879 (Tornielli informa Fava dei passi compiuti a Roma dall'agente romeno in vista della prossima convocazione della Commissione per la delimitazione dei confini). Cfr. D. Caccamo, L'Italia, la questione d'Oriente e l'indipendenza romena nel carteggio del consolato italiano a Bucarest (1870 - 1879), in "Storia e Politica" , a. XVIII (1979), I.

(30) Fava a Depretis, 20 febbraio 1879; 22 febbraio 1879; 26 febbraio 1879, MAE - AS, Rapporti in arrivo Romania, b. 1396. Informa che da un punto di vista strategico il possesso di Arab Tabya è necessario per le comunicazioni con la Dobrugia. Con il possesso di quella fortezza i bulgari possono impedire il transito verso la regione. Secondo Fava le potenze firmatarie degli accordi di Berlino possono esigere lo smantellamento della fortezza questa una fortificazione avanzata di Silistra.

L'Italia

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