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l'Italia e le guerre balcaniche

Mentre a Londra si svolgono le trattative per la pace relative alla conclusione della prima guerra balcanica, nei primi mesi del 1913 sorgono e si inaspriscono molteplici tensioni "minori", che accendono e alimentano una serie di conflitti, per cosi dire separati, le cui sorti tuttavia condizionano inevitabilmente gli avvenimenti principali.

Sincronicamente alle trattative per la pace, si attuano così ulteriori ostilità diplomatiche e militari che si accentrano in particolar modo intorno a temi specifici: la conclusione della guerra tra bulgari e turchi; la sistemazione delle concessioni territoriali fra bulgari e romeni; il violento cambiamento del governo di Costantinopoli dovuto alla vittoria dell'ala oltranzista del movimento dei Giovani Turchi.

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Dal dicembre 1912 ai primi di febbraio 1913 l'area balcanica si profila più ricca di avvenimenti politici piuttosto che di avvenimenti militari; mentre si svolgono in maniera alterna e incerta le trattative per la pace iniziate a Londra il 16 dicembre, l'armistizio viene denunciato a causa d e ll'intransigenza dei Giovani Turchi e de l conseguente colpo di Stato te so a sovvertire l'atteggiamento governativo che si era mostrato disponibile - almeno in linea generale - a cedere alle richieste degli alleati. L'armistizio che pure ha sospeso le ostilità fra serbi e bulgari da una parte e turchi dall'altra, non ha interrotto quelle fra turchi e gre ci. Il principale punto di contestazione continua a ess ere Adrianopoli, che la Turchia non intende cedere ai bulgari considerando tale condizione assolutamente disonorevole. Il delegato greco, che abbandona Londra, sostiene che "la guerra è la via più spiccia per arrivare alla pace" e, infatti, negli ambienti diplomatici londinesi , si dice che il conflitto può avere fine solo con la caduta di Adrianopoli, mentre negli ambienti militari e in quelli della stampa si ritiene che il vero obiettivo dei bulgari sia quello delle linee di Catalca e di Costantinopoli. Gli alleati hanno un comune int e resse, il bisogno cioè di conclud e re al più presto la campagna: "non vogliamo più sentir parlare di nego z iati ( ... ) non possiamo spendere enormi somme per tenere centinaia di migliaia di uomini in campo con Io spettro di una prossima carestia, mentre noi perdiamo il tempo in conversazioni inutili". Tutti sono per suasi che bisogna ricorrere alle armi per risolvere al più presto l'intricata qu estione; e i delegati, infatti , con varie motivazioni, si trattengono a Londra per tenere i contatti tra sir Edward Grey e le Potenze balcaniche. II delegato montenegrino Popovié rimane come chargé d'affaires, forse col probabile intento di costituire una le gazione montenegrina a Londra(14).

Antonello Biagini

Per quanto riguarda la situazione militare in Bulgaria, il 15 gennaio 1913, si tiene a Mustafa pascià un Consiglio di guerra sotto la presidenza di re Ferdinando, al quale prendono parte tutti i ministri e inoltre; il generale Savov, il generale Fifov - capo di Stato Maggiore dell 'esercito - e i comandanti delle quattro armate - generale Kutincev della prima, generale Ivanov della seconda, generale Dimitrieff della terza, generale Kovacev della quarta. I generali tutti sono concordi sulla convenienza di riprendere la guerra piuttosto che subire il perdurare eccessivo delle lunghe trattative; ma nonostante ciò, il Consiglio stabilisce di attendere i risultati delle iniziative intraprese dalle grandi Potenze nei confronti della Turchia e dunque decide di aspettare la risposta della Turchia stessa; nello stesso tempo decide di presentare un ultimatum per evitare che essa possa ricorrere a ulteriori astuzie per procrastinare larisposta alle grandi Potenze e allontanare così la ripresa delle trattative di pace. Mentre Londra boccia la proposta dell ' ultimatum, a Sofia notizie ufficiali e ufficiose informano che la Bulga ria è pronta a riprendere la guerra considerando questo l'unico modo idoneo per imporre al più presto alla Turchia la cessione dei territori richiesti dagli alleati; è opinione corrente , infatti, che la Bulgaria ha commesso un grave errore nell'accettare l'armistizio, che non era stato voluto né dalla Grecia né dalla Serbia (tanto che la prima aveva proposto di dare cinquantamila soldati e la seconda altri quarantamila per continuare l' azione su Catalca). In effetti, all'epoca, la Bulgaria aveva acconsentito all'ultimatum sia a causa della grande stanchez za dell'esercito bulgaro, particolarmente provato dai combattimenti in Tracia, sia per l'insufficienza dei servizi di intendenza e per le insormontabili difficoltà sanitarie che si sarebbero create, q~alora si fossero condotte le truppe nelle zone difese dai turchi presso Catalca, proprio dove erano scoppiati focolai di epidemie. L'armistizio - che secondo alcuni era frutto dell'espressa volontà di qualcuna delle grandi Potenze - aveva favorito in modo particolare la Serbia, la quale, in caso di vittoria , avrebbe avuto l'appoggio da parte della Bulgaria e da parte della Grecia in merito alla questione del porto sull'Adriatico. La decisione bulgara invece, non solo non risolve il problema della Serbia, ma - contrariamente a quanto prescritto dal trattato militare - invece di darle aiuto con le proprie truppe, le richiede due divisioni e alcuni reggimenti di cavalleria.

L 'addetto militare a Sofia - tenente colonnello Errico Merrone -

E Masemti, Momenti della questione adriatica (1896-1914), cit.

L'Italia e le guerre balcaniche segnala i punti più controversi della questione balcanica ricordando che nei due anni di permanenza a Sofia ha più volte richiamato l'attenzione sulla connessione tra avvenimenti balcanici e politica estera italiana, sulle consistenti lacune dell'esercito bulgaro, sulla grave questione macedone e albanese dopo il conflitto italo-t urco; e ha indicato più volte la necessità di vigilare sul mare Adriatico, la cui rilevanza strategica per l'Italia assume carattere preponderante nel momento in cui si concretizza la fine dell'influenza ottomana sulla penisola balcanica (15).

Si registra comunque una netta ripresa della forza militare bulgara: il 70% dei feriti e degli ammalati ha ripreso servizio, un forte conti ngente di truppe fresche si è potuto aggregare con numerosi richiamati alle armi ed emigrati rientrati in patria dall'America, l'ultima classe di diciottenni è stata già richi amata. Di contro a questo potenziamento militare, si registrano numerose perdite, specie da parte serba, dovute alle epidemie di colera e di tifo che infieriscono ad Adrianopoli, dove nonostante le severe ed estese misure igieniche negli accampan1enti, la percentuale giornaliera di malati è molto elevata. Pare comunque che i rinforzi provenienti dalla Serbia riescano a n~:> ntenere in organico le unità serbe ad Adrianopoli - due divisioni - e a cost itui re un altro nucleo di cavalleria tra Kesan e Rodosto di fronte alla penisola di Gallipoli; il ministro serbo a Sofia ha ammesso, nel corso di conversazioni private con l'addetto militare italiano, un eventuale accordo fra Belgrado e Sofia al fine di inviare, in caso di bisogno, una terza divisione serba ad Adria nopoli.

In sintesi, mentre si svolgono le trattative, si cerca di consolidare le posizioni a Catalca e mantenere invariate quelle di Adrianopoli. Le perdite subite in combattimento, per le malattie ordinarie e per le epidemie, sono ingenti e si vanno ad aggiungere alle inevitabili perdite di materiali. In buona sostanza, durante l'armistizio le ostilità vengono sospese solo fra i serbi e bulgari da una parte e la Turchia dall'altra; continuano invece sotto Scuta.ri, dove il comandante si rifiuta di riconoscere le trattative intercorse, e fra i turchi e i greci i quali non aderiscono all'armistizio.

Intanto, sempre in gennaio, la tensione tra Bulgaria e Romania si aggrava ulterioriormente e si prospetta in maniera sempre più concreta l'ipotesi di un conflitto tra i due Stati.

Forse non è inutile richiamare i precedenti storici della vicenda bulgaro - rom e na e le basi sulle quali la Romania fonda le sue richieste. Come è noto, essa, in seguito alle vittorie bulgare nella prima guerra balcanica vede vanificato lo scopo di quella linea politica seguita per

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trentacinque anni, quello cioè del mantenimento dello statu quo e dell'equilibrio nell'Oriente europeo nell'ambito del quale la Romania presume di rappresentare "un'isola latina in mezzo a un mare slavo". La linea politica romena è stata così quella di unirsi strettamente all'Austria e alla Germania per arginare il "pericolo slavo", e dunque il nionfo dello slavismo non poteva non provocare malessere e inquietudine per l'avvenire. La minaccia bulgara al possesso del litoral e sul Mar Nero costituisce inoltre un ulteriore problema per la vita economica del paese, produttore di grano, petrolio e legname, tutte mer c i che tro v ano uno smercio proficuo per via marittima. L'opinione pubblica intern.~ ha sempre consid e rato la politica govern a tiva (e del re) colpevol e di non aver saputo prevenire gli eventi impedendo, con la minaccia a ter go, la mobilitazione bulgara e non pre tendendo dalla Bulgaria - prima della mobilitazione - un compenso alla propria neutralit à che fos se in grado di equilibrare l'espansione bulgara. In realtà il governo romeno è rimas to passivo soprattutto perché ha cre duto - come del r e s to la diplom azia di tutta Europa - alla vittoria de i turchi e alla solenne proclamazione delle Potenze europee sull 'inalterabilità dello statu quo nella penisola balcanica. Quando, all'inizio della Confe re nza di Londra, si manifesta invece il fatale e ge nerale rifacimento della carta geopolitica d~Ila penisola, il governo romeno - spinto dal malcontento del paese e dell'esercito e desideroso di dimostrare che la linea politica seguita sino a quel momento non avrebbe imp edi to alla Romania di far valere i propri diritti - avanza la richiesta dei compensi alla Bulgaria, sulla base di considerazioni giuridico-politiche derivanti dal Trattato di Parigi del 1856, secondo il quale ottiene le province meridionali della Bessarabia, mentre viene implicitamente investita, dall'Europa intera , del delicato compito di assicurare la libera navigazione sul Danubio.

Il successivo Trattato di Berlino (1878) lega cosi strettamente le sorti della Romania (nata dalla fusione dei due principati danubiani) alla navigazione sul Danubio, che tale questione viene considerata come un problema quasi esclusivamente romeno: infatti gli ar ticoli contenuti nel Trattato, intesi a garantire la libertà di navigazione - prolungamento del mandato della Commissione europea, cooptazione della Romania nella stessa Commissione, attribuzione alla Romania del delta del Danubio e dell ' Isola dei Serpenti sul Mar N ero - seguono immediatamente a quelli relativi in modo esclusivo alla Romania. Il Trattato di Berlino, inoltre (art. 11 e art. 52) ha stabilito che tutte le fortez ze lungo il Danubio devono essere distrutte con l'esplicito divieto a costmirne di nuove.

La Bulgaria, al contrario, non ha rispettato tale clausola : ha restaurato fortezze antiche e ne ha costruite di nuove. L'oggettivo pericolo di questo stato di cose è per la Romania accresciuto dalla pol i tica militare bul-

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gara, che rende impossibile ai romeni tollerare oltre la minaccia. In special modo a Silistra, che costituisce il punto terminale della frontiera della Dobru gia, i bulgari hanno aumentato la loro capacità offensiva-difensiva e la Romania, per garantire la libertà di navigazione e le frontiere, ritiene necessario richiedere il possesso di Silistra.

Sulla questione, come già si è detto, il Congresso di Berlino ha lascia to una situazione decisamente equivoca. La Romania, che pure ha partecipato alla guerra contro i turchi a fianco della Russia, viene sacrificata con la sottrazione della Bessarabia in cambio della cessione della Dobrugia con tutto il territorio compreso fra Silistria, Sciumla e (Sumen) Varna.

La frontiera in Dobrugia, tracciata con le difficoltà di cui si è detto, non risponde alle condizioni di una frontiera ben definita, tale da eliminare i conflitti. Essa, al contrario, per il suo andamento sinuoso e irregolare, "pare fatta apposta per far nascere incidenti".

I romeni sostengono dunque che il Congresso di Berlino ha voluto una frontiera non strategica, ossia priva di importanza militare per l'una e per l'altra parte, mentre in realtà ne era ri sultata un a frontiera militarmente assai favorevole ai bulgari. In conclusione, quando dopo la prima guerra balcanica la Bulgaria manifesta concretamente la sua politica di crescita, la Romania crede di aver pieno di diritto per reclamare quei confini che precedentemente le sono stati negati. I romeni sottolineano come i bulgari a Silistra non siano mai stati in maggioranza, nonostante gli sforzi per allontanare i turchi e i greci e per "bulgarizzare" i romeni; aggiungono inoltre che senza la neutralità romena i bulgari non avrebbero potuto conseguire i successi riportati sui turchi.

La Bul garia dal canto suo - pur ribadendo di non essere più una creazione della Rus sia e di non voler pagare dunque , dopo piL1 di trent'anni, un compenso per una sottrazione (la Bessarabia) realizzata a favore di quella - ammette in via di principio di dover fare delle concessioni alla Romania. Non intende però concedere le rettifiche di frontiera richieste dalla Roman ia e si dice disponibile solo a qualche mod ificazione della linea di confine esistente, secondo una linea retta che va dal Danubio sino al mare, scendendo più a s ud , inglobando in tal modo due triangoli di terreno bulgaro in territorio romeno. Nell'ipotesi di fallimento delle trattative per la pace a Londra , la Romania sarebbe pronta ad attaccare senza preavviso la Bulgaria e ad occupare i principali punti del territorio conteso, cioè Silistra , Dobrié e Balcik sul Mar Nero. Tutti i sintomi di preparazione per una eventuale e immediata mobilitazione confermano il proposito del governo romeno che sembra intenziona to a mobilitare le unità attive del secondo, terzo e quinto corpo d'annata, cioè i corpi di Bucarest, di Gala,ti e di Costanza. Mal grado si proceda ad

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adattare i carri ferrovieri al trasporto di soldati, tuttavia, ancora nella prima parte del gennaio 1913 nessun reparto viene ancora spostato, poiché di fatto si spera nella soluzione della contesa grazie all'intervento della Russia che dovrebbe appianare la soluzione. Il tenente colonnello Zampolli - addetto militare temporaneo in Romania - riferisce , in merito alla probabilità del conflitto romeno-bulgaro, che la Bulgaria ha offerto ai romeni lo smantellamento dei forti di Silistra e la cessione delle alture di Megid-Tabya, con diritto per i romeni di erigervi fortificazioni; cederebbe una porzione del litorale del Mar Nero a sud dell'attuale punto di confine per consentire ai romeni di fare di: Mangalia un loro porto militare sicuro: non vuol dare, invece, l'abitato di Silistra per ragioni morali e sentimentali.

Il governo romeno dichiara di non potersi accontentare di tale concessione e chiede il possesso dell ' intera città di Silistra, nonché lo spostamento del confine a partire dalla destra del Danubio (a ovest di Silistra), in linea retta al mare, sino a un punto a sud di Baleik. I bulgari sono disposti ad altre concessioni, nel senso che accetterebbero di spostare più a sud il punto di arrivo del confine al mare, ma non vogliono che tale punto vada in nessun caso a ovest del capo Kaliakra; in altri termini, oppongono serie difficoltà a cedere Kavarna e non intendono assolutamente rinunciare a Silistra. La Romania che pure adduce a giustificazione delle proprie richieste la ben nota esigenza di difendersi dalla Bulgaria, divenuta più forte e potente, ha in realtà un pressante interesse militare ed economico per Kavarna , sia per l'importanza intrinseca del porto sia per motivi di prestigio interno. Il governo romeno, infatti, ha bisogno di una concessione emblematica che consacri e riassuma in forma accessibile alla comprensione popolare l'onenimento di un vantaggio tale da giustificare, di fronte all'op inione pubblica, la politica seguita; dunque, se i bulgari non cederanno né Silistra né Kavarna, esso si troverà costretto a tentare la carta militare. Dopo tanti preparativi militari e tanto clamore, una concessione non soddisfacente sarebbe impopolare e travolgerebbe il governo e il re, già accusato di aver fatto una politica estera più attenta all'interesse dinastico e in funzione d èl tornaconto tedesco che a quello nazionale. L'accordo, dunque, potrebbe essere raggiunto solo se la Rus sia - che ha assunto una funzione mediatriceconvincesse la Bulgaria a cedere Kavarna. Ogni azione militare romena è al momento da escludere, informa l'addetto militare a Sofia, perché le condizioni dell'esercito bulgaro sono ancora buone e la chiusura delle frontiere nella Dobrngia meridionale richiede costose opere permanenti di fortificazioni, in quanto il terreno si presenta dovunque scoperto e ondulato; la fascia rnrale della popolazione, dalla quale provengono i soldati, non potrebbe condividere la scelta di una simile guerra mentre

L'Italia e le guerre balcaniche una parte, pur non numerosa, di intellettuali e politici - compresi parecchi ufficiali - propugna una futura alleanza con la Bulgaria. Alla fine del gennaio 1913, lo stesso governo romeno si muove in tale ottica e avanza concrete proposte di alleanza e di aiuto alle quali però il presidente del Consiglio bulgaro Gefov non aderisce. Una serie di ragioni di varia natura, dunque, indicano che il governo romeno tende a ottenere una sufficiente soddisfazione, minacciando la guerra ma, in effetti, cercando di evitarla (16).

Parallelamente a queste controversie che pennettono al governo e alla stampa di Bucarest di accusare la Bulgaria di sciovinismo, si deve registrare una certa difficoltà nei rapporti dei bulgari con l'alleata Serbia dove si sviluppa, unitamente ad alcuni problemi economici e politici, il consistente timore circa il leale rispetto dei patti da parte bulgara. La Serbia, infatti, ha tutto l'interesse a conservare l'alleanza con la Bulgaria, ma questa deve cedere il possesso di Monastir in cambio dell'aiuto (circa 45.000 uomini) ricevuto (anche se non contemplato dal trattato militare) ad Adrianopoli e di ogni altro eventuale appoggio nella guerra in Tracia contro i turchi. I serbi, inoltre, motivano la loro richiesta con il fatto che la guerra in corso non ha risolto la questione del porto serbo sull'Adriatico, mentre essi hanno aiutato il Montenegro nell'attacco di Scutari e per molti anni hanno sostenuto un'intensa attività di propaganda nella zona di Monastir (17). In questo contrasto latente si inserisce l'Austria che propone alla Serbia un accordo diretto sulla questione dei confini albanesi, sul dominio serbo di Monastir e sullo sbocco al mare. La Serbia non vuole ancora trattare separatamente dagli altri alleati, sia per non vanificare l'alleanza sia perché ritiene che la Bulgaria, già impegnata su molteplici fronti, avrà sempre e comunque bisogno del

(16) Zampolli, Bucarest 10 gennaio e 19 gennaio 1913.

(17) Nel genna io del 1913 mentre si protraggono le trattative per la pace, il malcontento si diffonde sop raltutto in Serbia dove il re è accusato di inefficienza per aver affidato imporLanti comandi di guerra ai principi rivelatisi inadeguati alla conduzione de ll e operazioni belliche; non mancano propositi di riscossa nel partito democratico e un certo malcontento fra i rimpatriati dall'America (circa duemila) si accompagna alla consapevolezza che a guerra finita la miseria sarà ancora più accentuata. La Serbia prevede ulteriori difficoltà per il Montenegro nei territori da annettere: sentirsi attratti dalla nuova Albania piuttosto che dal Montenegro al quale non sono legati da comuni radici religiose e linguistiche, né da usi e abitudini. In conclusione, da una parte le incomprensioni fra gli Stati alleati balcanici, la costituzione di una nuova Albania, la questione di Salonicco e quella di Monastir, i progetti dell'Austria costituiscono oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia (Zampolli, Bucarest 22 genna io 1913).

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suo appoggio intimamente legato alla cessione della zona di Monastir(l 8). Come è naturale, il conflitto bulgaro-romeno desta una certa preoccupazione nelle grandi Potenze. La Russia ribadisce la sua volontà a non lasciarsi trascinare in un conflitto causato dall'intransigenza bulgara mentre il ministro degli Esteri romeno propone un accordo segreto bulgaro-romeno in funzione antiturca.

Anche l'Italia segue la vicenda attraverso specifiche note informative del suo addetto militare a Bucarest, il quale - nella previsione che la Romania possa finire col trovarsi impegnata in guerra contro i bulgari - redige un dettagliato rapporto sull'esercito e sul comando delle grandi unità, accompagnato da una serie di considerazioni sul presumibile valore dell 'esercito romeno (19) .

Le trattative iniziate a Sofia il 12 febbraio si limitano in realtà a uno scambio di opinioni tra il principe Ghica e il delegato Teodorov sui punti di vista dei rispettivi governi (20).

Intanto, sincronicamente agli avvenimenti fin qui seguiti nell'area balcanica, si intrecciano eventi significativi della storia turca. Il 23 gennaio 1913, intorno alle ore 17, il Partito dei Giovani Turchi - animato da Talaàt bey e capeggiato da Enver bey - rovescia il gabinetto di Kàmil pascià e determina l'avvento al potere di quello di Mahmud ~evket pascià. Verso le ore 15 una decina di ulemas - indubbiamente inviati da Talaàt bey e accompagnati da gruppi di facinorosi - si presentano davanti alla Sublime Porta per protestare contro la decisione del

(18) Merrone, Sofia 7 febbraio 1913 governo di cedere agli alleati Adrianopoli e le isole dell'Egeo; una fo1la sempre più numerosa, protestando, chiede la caduta del Gabinetto Kamil, disponibile a una pace troppo onerosa e per questo ritenuto responsabile di aver tradito la nazione.

(19) "A causa dell 'età avanzata, re Carlo non assumerà il comando supremo dell'esercito che verrà verosimilmente affidato al principe Ferdinando, nipote del re cd crede al trono. Il principe, nato nel 1865, ispeLLorc generale dell'esercito, non gode, nell'esercito e nel paese, di molto presti g io. Capo di stato maggiore è il generale Averescu nato nel 1859, arrivato da semplice soldato, per proprie qualità , all'eminente grado; Averescu ha frequentalo la scuola di guerra di Torino cd è un ufficiale di grande intelligenza e cultura" . In vari dispacci l'addetto militare italiano segnala il profondo attrito personale tra il capo di Stato Magg iore e il principe ereditario, dissidio che non è "di buon auspicio per il normale svolgersi dell'azione di comando in guerra" (Zampolli, Bucarest, 10 febbraio 1913).

(20) Negli ambienti diplomatici romeni si diffonde la notizia aLLinta da fonte austriaca che a Varna si va costituendo una nuova armata bulgara e che tra Varna e Kavarna si preparano alloggiamenti per 40.000 serbi, ma è da supporre piuttosto che l'aiuto serbo ai bulgari sullo scacchiere di Varna sia una notizia "fabbricata a Vienna" per spingere la Romania a sondare le intenzioni della Russia, che in realtà non intende farsi trascinare in un conflitto.

Un battaglione di guardia alla Sublime Porta si pone davanti all'ingresso per impedire l'accesso alla folla, ma in quel momento giunge Enver bey, il quale - probabilmente d'accordo con gli stessi ufficiali del battaglione - ordina alla truppa di astenersi da qualsiasi reazione contro i dimostranti ai quali si rivolge elogiandone il patriottismo; la folla lo acclama chiamandolo eroe della Tripolitania e salvatore della Turchia, ed egli - accompagnato da un gruppo di ufficiali, entra nella Sublime Porta dove sono in riunione i ministri e intima a Kamil di dimettersi.

Il ministro della Guerra Nazim pascià, il suo ufficiale di ordinanza e quello di Kamil vengono uccisi a colpi di rivoltella ed Enver bey si reca poco dopo al palazzo del sultano, per presentargli le dimissioni del Gabinetto Kamil e sottoporre alla sua approvazione la formazione del nuovo gabinetto con a capo Mahmud ~evket pascià. La sera, intorno alle ventitré, Muktar bey, in qualità di nuovo ministro degli Interni, comunica alle varie ambasciate la composizione del nuovo ministero che non sembra godere di grande solidità essendo più che altro un ministero di emergenza.

Gli addetti militari che hanno occasione di visitare la linea difensiva di Catalca, asseriscono che essa non è imprendibile; le truppe turche non hanno alcuna possibilità di svolgere al momento opportuno una energica azione controffensiva, anche perché manca quasi del tutto una efficace organizzazione dei servizi. In tale situazione, è difficile prevedere il programma militare del nuovo ministero; pare che le truppe di Catalca debbano limitarsi alla difesa puramente passiva, quindi la guarnigione di Adrianopoli sarebbe costretta a soccombere e in tal caso le truppe alleate, in forze preponderanti, finirebbero per sfondare la linea di Catalca e puntare su Costantinopoli (21 ).

(21) Marro, Costantinopoli 24 gennaio 1913. Le forLe presenti ad Adrianopoli sono le seguenti: due divisioni (la JQ! e la 11 •) di nizam e le altre di redi/ (2 contingenti); un reggimento di cavalleria, tre gruppi di artiglieria da posizione e pesante campale - in totale 40-50.000 uomini con 250 pezzi. In Catalca si trovano sei corpi d'armata (I, II, III di nizam e tre di riserva di composizione mista) con un totale di 160-180.000 uomini con 250 pezzi, di cui una cinquantina di grosso calibro. A difesa dei Dardanelli sono dislocate circa 5 divisioni, una di redi/ e le altTe composte con

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Al di l à del teatro di guerra, la popo lazione di Costantinopoli continua la sua vita quotidiana senza dimostrare grande partecipazione alle difficoltà de l governo; circola la voce che alcuni gruppi di ufficiali e di militari ostili ai Giovani Turchi abbiano protestato con le armi contro Enver bey, ma i giornali sottoposti a severa censura tacciono in proposito, mentre esaltano l' abi le condotta di Enver, le sue qualità umane e militari dando un grande risalto agli incontri che egli ha giornalmente con il Gran Visir, con i ministri, con i generali e con il capo di Stato Maggiore.

Non è solo la stampa turca a manifestare ammirazione; anche quella europea gli riconosce il ruolo di salvatore della patria, mentre gli addetti militari a Costantinopoli - ad eccezione di quello tedesco - non nutrono alcuna stima nei confronti di Enver né hanno migliore opinione degli altri esponenti del nuovo governo: "Talaat un ex fattorino quasi privo di cultura, Giavid un mediocre maestro elementare, Enver un ambizioso e un esaltato". E' evidente che tali giudizi sono eccessivi e indicano piuttosto il timore che tali elementi possano efficacemente operare per una ripresa politica e militare dell'Impero ottomano (22) . Quanto a Enver, egli è particolarmente temuto dall'Italia per la sua attività di organizzatore della resistenza araba in Libia (23).

Il colonnello Mornbelli, addetto militare a Costantinopoli, richiama più volte l'attenzione dello Stato Maggiore su questo personaggio e segnala la necessità di seguire la nuova fase che si sta avviando nel riordinamento militare o t tomano e nello sviluppo dell'esercito turco; l'Italia, infatti, ha degli interessi precisi nelle zone costiere tra Smirne, Scalanova, Bodrurn, i l golfo di Adalia e quello di Alessandretta, sia per il loro valore intrinseco, sia per il ruolo che tali basi possono avere nei contatti marittimi con la Libia, l'Egitto e la Siria (24 ).

Il colpo di Stato che rovescia il Gabinetto di Karnil pascià, proprio nel momento in cui si credeva assicurata la conclusione della pace, ripropone il pericolo della ripresa delle ostilità (a meno che Adrianopoli non venga lasciata alla Turchia). I Giovani Turchi lavorano intensa- truppe provenien ti dall ' Asia minore e dalla L ibia per un totale di circa 50.000 uomini . Lungo le sponde dei Dardanelli le opere pe rmanenti sono tuttora ben armate, il regime d i vigi lanza è altissimo e la flotta è in buone condizioni. l'Italia e le guerre balcaniche mente per riguadagnare il prestigio perduto e la loro attività nell'esercito si intensifica. La presenza sulle linee di Catalca degli ufficiali rientrati da poco dalla Tripolitania, che appartengono al Partito Giovane Turco, rivela apertamente il malcontento suscitato dalla firma dell'armistizio, mentre si fronteggiano due posizioni: quella di chi ritiene che le Potenze non siano particolarmente interessate al conflitto, e quella che ritiene invece che la ripresa delle ostilità possa provocare un intervento armato europeo, dal quale la Turchia otterrebbe condizioni migliori rispetto a quelle finora offerte.

(22) I dem, Costantinopoli 29 gennaio 1913 .

(23) Su Enver Pascia cfr. ID., Diario della guerra libica, a cura di S Bono, Bologna 1986.

(24) Marro, Costantinopo li 21, 23 e 27 gennaio 1913.

La situazione a Costantinopoli è ancora indecifrabile; tutto dipende dall'appoggio che i Giovani Turchi riusciranno a ottenere dall'esercito, mentre, come è probabile, se si determinano posizioni differenziate fra gli ufficiali c'è da temere anche una rivolta militare. Uno dei delegati turchi presenti a Londra per la Conferenza, dichiara di non essere affatto sorpreso per quanto è accaduto, poiché "noi avevamo già avvertito sir Edward Grey che un tal evento sarebbe stato inevitabile se le Potenze continuavano a fare pressione soltanto sulla Turchia per la questione di Adrianopoli. Vi è anche in Turchia un'opinione pubblica e questa doveva o prima o poi in un modo od in un altro, rendersi manifesta".

La stampa inglese, in generale, condanna gli "agitatori" che non hanno tenuto conto alcuno delle dichiarazioni rassicuranti dei politici europei , contrapponendo "un linguaggio sonoro, patriottico ma anche retorico" al quale non corrisponde un piano politico preciso.

D'altronde anche in Turchia molti reputano il colpo di Stato di Enver bey come un gesto "inopportuno, ingiustificato, impolitico ed anche antipatriottico perché sotto la parvenza di voler salvare Adrianopoli e l'onore delle armi ottomane, trascina in realtà l'Impero alla rovina", date le condizioni disastrose dell'esercito e delle finanze. I giudi z i dell'addetto militare italiano sui componenti del nuovo Gabinetto sono decisamente negativi: il nuovo ministro degli Affari Esteri, il principe Halim, "non ha che il merito di avere ereditato una grande fortuna, in gran parte già sperpera ta anche perché abilmente sfruttata dai suoi amici"; il Gran Visir, Mahmud ~evket pascià, è un uomo "coscienzioso, energico, attivo e competente, ma la sua opera non è sufficiente, tanto meno in un ambiente dove tutti sogliono comandare e ben pochi ubbidire". Il generalissimo Szjet anch'egli ben quotato, giunto da poco dallo Yemen, ha trovato una situazione militare seriamente compromessa, condividendo il parere del suo predecessore, Nazim pascià, che peraltro stimava moltissimo, circa l'impossibilità per l'esercito turco di riprendere l'iniziativa; agisce dunque per sentimento militare, per devozione alla patria, ma non nutre alcuna fiducia nel proprio esercito. Il tenente colonnello Enver bey, principale organizzatore del colpo di Stato, è certa-

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mente un uomo di grande energia e non si può negare che abbia una certa competenza e una profonda motivazione patriottica, tuttavia ha agito senza riflettere e si trova così a dover affrontare un problema militare praticamente in so lubile. Non è escluso che egli abbia creduto, in buona fede, che l'esercito turco potesse avere ancora una potenzialità di energia, ma il comitato di difesa nazionale - istituito per ravvivare il sentimento patriottico e chiedere al paese i mezzi indispensabili perché l'esercito possa ancora sopravvivere - deve lottare contro l'indifferenza dei più e trova un certo riscontro soltanto fra limitate fasce popolari, quali quelle dei curdi del porto di Costantinopoli.

E' questa l'interpretazione dei "ben pensanti", avallata anche da una parte della stampa, la quale, ancorché imbavagliata dalla censura, chiede, tra le righe, un nuovo intervento europeo per il raggiungimento della pace, sia pure a condizioni sosta nzialment e meno buone di quelle che erano state accettate dal Gabinetto Kamil. La fiducia nell'esercito è venuta meno e si avverte c he esso non è più in grado di scongiurare la catastrofe finale (25)

Ad Adrianopoli un forte nucleo di 50.000 uomini, minati anche dalla malaria, lotta da tre mesi contro la fame, gli stenti, le malattie, senza alcuna speranza di ottenere rinforzi. Giornalmente, per mezzo del telegrafo, il comandante della piazza, Chukri pascià, manda informazioni al governo sulle tristi condizioni degli assediati.

A Catalca i due mesi di armistizio sono stati discretamente utilizzati, portando le unità all'effettivo di ottocento uomini circa per battaglione, con rinforzi accuratamente scelti in Asia Minore; numerose bocche da fuoco, giunte dalla Francia e dalla Germania attraverso la Rumelia, sono state inviate in rinforzo delle artiglierie campale e di difesa; in complesso, quindi, si può contare su 160.000 -180.000 buoni soldati, ben trincerati e dotati di un'artiglieria sufficiente per opporsi all'avanzata dei bulgari su Costantinopoli. I servizi e i quadri militari, però, vanno sempre più peggiorando per quantità e qualità: anche se si è cercato di rimediare alle deficienze dell'organico alla meglio, con elementi fatti venire dall'Asia o richiamati dal congedo, non si è riusciti ad assicurare un so-

(25) Nei suoi giudizi sugli aulori del colpo di Stato e sul nuovo governo è evidente che Mombelli non perdona a Enver l'attività e la guerriglia nelle quali si è impegnato contro gli italiani in Tripolitania e in Cirenaica. Rincara la dose, poi, ariguardo de l principe Halim dicendo: "in un momento così tragico come questo non sa come impiegare meglio il suo tempo che passando molte ore del giorno e quasi tutte le se rate al Club d 'Orienta giocare a bridge". Marro, Costantinopoli 6 febbraio 1913.

L'Italia e le guerre ba lcaniche lido inquadramento di unità di nuova fonnazione. Ai servizi si è provveduto attraverso la requisizione di carri e di cavalli e acquistando derrate e ma teriali, tuttavia non è realizzabile una completa e valida organizzazione in poche settimane, pur ricorrendo a requisizioni forzate (anche di cavalli delle vetture pubbl ich e), a bandi per forniture a brevissima sca denza , a leggi straordinarie per lo sfruttamento delle risorse locali a vantaggio delle truppe.

Tutto ciò è stato fatto trop po tardi e troppo in fretta per poter dare risultati tangibi li ; l'esercito non ha avuto viveri sufficienti (è mancato anche il pane), è stato male equipaggiato, l'assassinio di Nazim ha turbato la disciplina e la coesione degli ufficiali e delle truppe, il cambiamento repentino del comandante supremo e l'azione improvvisa di Enver bey hanno certamente influito sulla continuità del piano di operazioni.

Anche a Gallipoli la situazione è critica. Nella penisola, secondo l'addetto militare italiano, si troverebbero concentrate - oltre le truppe territoriali per la dife sa delle opere - quattro e forse cinque divisioni (26).

La lin ea di Boulair sulla quale sono già stati respinti distaccamenti avanzati turchi di Karaka, è abba~tanza forte e sbarra l'istmo; tuttavia un attacco frontale bulgaro, combinato con un attacco sul fianco e su l tergo della flotta e di truppe greche dal Golfo di Laros, potrebbe portare a ll'occupazione di Gallipoli. Si verrebbe a porre così la questione degli Stretti e l'inevitabile intervento dell e grandi Potenze.

L'azione dei bulgari contro la Catalca e l'avanzata di numerose forze alleate verso Gallipoli disorientano comple tament e il comando turco; tanto che il governo ottomano, a metà febbraio 1913, cerca di dare una svo lta decisiva alle trattative vuoi per il progressivo deteriorarsi della s ituazione militare, vuoi per l'and amento della politica interna (27).

Sempre più accentuato il contenzioso bulgaro-romeno, anche se una serie di co nsiderazioni interne e internazionali fanno ancora credere improbabile all'addetto militare a Sofia, Merrone, un conflitto armato fra i due paesi. Il ricorso alle armi, per risolvere il problema dei compensi territoriali richiesti ai bulgari, va considerato piuttosto una minaccia formale, av anzata in sede ufficiale, e non l'espressione di una reale volontà della Romania, che al contrario non solo non è propensa all'ipotesi di una guerra contro la Bulgaria, ma è disposta addirittura ad allearsi con essa.

(26) 27' divisione nizam della for1.a cli 12 battaglioni, una divisione mista di redif; in Lolale circa 50.000 uomini.

(27) Marro, Costaminopoli 8 febbraio 1913.

Antonello

Biagi ni

A Merrone sembra siano pressioni che l'Austria ese rcita, questa volta in funzione ant ibulgara, s u re Carlo, a determinare una serie di difficoltà aggiuntive che devono ess ere affro ntate dall'apposita Commissione per le trattative nella riunione del 12 febbraio, ritard ando i tempi dell'accordo, nonosta nte il desiderio romeno di risolvere la questione rapidamente (28) .

Mentre si so ttolin eano le ragioni che re ndono improbabile il co nflitto

(28) M e rrone, Sofia 11 e 13 febbraio 1913. «S ili str ia, sita nella regione della Dobrugia bulgara, è costituita da una pianura il cui terreno di tipo argilloso è assolutamente carente di acque superficiali e anche di quelle di fi ltrazione; in tale terreno è infatti diffusa la produzione dei cereali e tutti g l i agricoltori che vi risiedono sono prevalenteme nte di origine mus ulman a. Il va lo re costitu ito dal la città di Silistria è di so lo ordine militare, poiché essa costi tui sce un notevole caposa ldo topografico che consente i passaggi su l Danubio e s ul Mar Nero . La c ittà - che si trova per buona parte in riva al Danubio - funge da trait d'union tra Varna e Sciumla da un lato, e tra Bucarest e Braila dall'altro, inoltre dalle alture della città si dominano svariate aree della costa rome na, cosa che aveva determinato la costruzione nell 'anti c hità di un muro di cinta tutto intorno a lla città (attual men te in stato di completo abbandono).

L'importanza della lin ea Dobrich-Balcik deriva invece da ll o spos tamento della linea di frontiera a occid en te di Silistria sino a Turtukai con il conseguente abbandono bulgaro di importanti centri co mm erc iali tra le due rive danub iane ( rappresentali dall e s te sse città di Dobrich, Balcik e Turtukai). Dobri ch, inoltre, diventerà scalo di una linea ferroviaria che ne aumenterà il ruolo cli fulcro eco nomico del Mar Nero.

La questione inerente le garanzie dell'elemento valacco-macedone può invece riassumersi nella ri chiesta di spec iali autono mi e per le c hi ese e per le sc uole di questi (che dovrebbe ro ascendere a ci rc a 25.000) e ch e q uindi mal s i adatterebbe ro agli usi bulgari.

Da quanto detto, la questio ne realmente spinosa ri sulte rebbe essere quella di Silis tra, ma è bene sottolin eare che il ruolo svo lto dalla città nel quadrilatero bulgaro appare non poc o s minuilo dalla considerevole distanza fra i punti chiav e dello stesso quadrilatero (Km. 110 fra Silistria e Varna, e altre ttanti fra Silistra e Ru sc iuk) cosa che comporterebbe o la costruzione di una nu ova fo rtezza centrale di appoggio bulgara, o l'isolamento di parte delle attuali truppe di quella arca, ferma re sta ndo una com unque in evitabil e dispe rs ion e generale. Lo stesso valore intrinseco della fortezza di Silist.r<1 è fortemente inficiato - co me os se rva il Mollke - dal dominio esercitato dalle circostanti alture di Arab Tabi a e di Meg idi è Tabia,che s i trovano a "mezzo ti ro di cannon e".

Si ritien e pertanto che la determinazione bulgara s u Silistra s ia da addebitarsi a una sorta di se ntimentali s mo e dì mora lità astrall.a, e la cosa sarebbe avvalorata dalla cessione alla Romania de lle alture a sud-ovest. Ben diversa la queslione inere nte la linea di fronti e ra, che, per la conflu e nza di reali e inoppugnabili interessi militari ed eco nomic i, ri s ulta essere il vero e uni co pomo della discord ia».

L'Italia e le guerre balcaniche

tra la Romania e la Bulgaria, pure si segnalano quegli elementi che potranno fatalmente portare alla realizzazione di una nuova alleanza antibulgara fra i paesi della penisola balcanica, vanificando quella che pure era stata una positiva esperienza ai fini del conseguimento dello Stato nazionale, in funzione anti-turca.

Alle trattative per la soluzione del contenzioso bulgaro-romeno non prende parte il delegato bulgaro Danev, l'assenza del quale viene imputata all'ipotesi di un incontro segreto tra delegati bulgari e turchi per la soluzione dei loro problemi. Dopo l'insediamento del nuovo governo, Costantinopoli aveva proposto alle Potenze la cessione ai bulgari di una parte di Adrianopoli, quella a destra della Marica; aveva però, contestualmente, riaffermato i propri diritti sulla rimanente parte della cittàin quanto in essa erano inclusi i cimiteri e i luoghi di culto -e il mantenimento della sovranità turca sulle isole dell'Egeo per la loro rilevanza strategica e per la loro vicinanza alla costa asiatica. A metà, febbraio, mentre i delegati della Turchia e della Bulgaria tentano di trovare una soluzione incontrandosi segretamente, la pressione su Adrianopoli si alleggerisce, i bombardamenti diventano meno intensi e il governo bulgaro concede ai consoli e alle colonie straniere di uscire dalla città (29).

In effetti, i bulgari non sono soddisfatti della ripresa delle ostilità contro i turchi, dopo la denuncia dell'armistizio da parte del generale Savov il 20 gennaio, anche perché non hanno sufficienti mezzi per prolungare l'assedio; il malcontento è diffuso e i motivi sono molteplici: l'in spiegabile arretramento dell'esercito a C::atalca; il timore che, prolungandosi la guerra, i contadini non riescano a tornare nelle campagne per i lavori di primavera; le eccessive pretese territoriali della Romania, l'alterno andamento del dissidio austro-russo; la grave epidemia di vaiolo nero che si diffonde nel paese.

Più in generale, il disagio bulgaro è motivato anche dal fatto che la probabile vittoria finale non sarebbe solo il risultato della potenza militare della Bulgaria, ma deriverebbe dalla necessaria collaborazione dell'esercito serbo e - dopo la risoluzione della questione della Tracia - dall'appoggio di una parte dell'esercito greco . In conclusione, dopo l'eventuale trattato di pace, la Bulgaria dovrebbe ancora affrontare gravi problemi di politica estera e di politica interna. Sul tappeto, infatti, la questione di Salonicco e quella di Monastir; la grav e situazione econo-

(29) Nel co r so del fcbbrnio 1913 si diffondono voci - false e alimentate dalla propaganda austriaca - circa il concentramento di truppe bulgare e serbe alla frontiera meridionale della Dobrugia (Merrone, Sofia, 22 gennaio 1913, prot. n. 1183).

Antonello Biagini

mica; la ristrutturazione della parte produttiva del paese. La Bulgaria, paese eminentemente agricolo, a causa della lunga guerra ha infatti perduto circa ottantamila agricoltori, fra morti e inabili per sempre al lavoro; la terra - che già non era densamente abitata - si è ancor più spopolata a causa dell'emigrazione di tutti i musulmani, greci e israeliti; consistente il vuoto che si è creato tra i funzionari e dirigenti d'azienda, professionisti e giovani che si erano formati all'estero. Per riprendersi il paese deve dunque rapidamente rimpiazzare il personale delle amministrazioni e delle aziende, una classe dirigente, insomma, in- grado di imprimere una svolta decisiva alla vita politica, sociale ed economica: "Sono problemi di tutti i popoli giovani e che si ingrandiscono: è vero. Ma sono problemi, non pertanto, che richiedono solidi uomini di Stato"(30).

La ripresa delle ostilità, al di là degli aspetti militari - peraltro non si registrano consistenti successi bulgari-, rende, se possibile, ancor più vischiosa la situazione politica internazionale mentre esplodono all'interno dei paesi impegnati più direttamente nella contesa le inevitabili contraddizioni legate alla frattura che si crea tra chi vuole la pace a qualsiasi costo e chi invece propone fermezza e continuità negli obiettivi da perseguire. Sullo sfondo la crisi economica e finanziaria e la rivalità austro-russa con il suo andamento alterno caratterizzato da momenti di distensione e momenti di accesa conflittualità che vanificano il ruolo che le grandi Potenze potrebbero (e vorrebbero) svolgere nel conflitto in atto tra Bulgaria e Turchia, nel contenzioso bulgaro-romeno e nella definizione dei confini albanesi.

Turchi e bulgari sono esausti sia sul piano delle forze umane che su quello delle risorse finanziarie; la Bulgaria ha compiuto uno sforzo ingente e non ha riportato i successi sperati. Del contenzioso bulgaro-romeno si è detto. Adrianopoli resiste, e se i bulgari non riusciranno a espugnarla, sarà, è necessario ricorrere alla mediazione delle Potenze che in qualche modo dovranno arrivare a una decisione. La questione delle frontiere dell'Albania, alla fine del febbraio 1913, è ancora da risolvere, anche se si va sdrammatizzando, poiché delle cinque località inizialmente oggetto di controversia, ne rimangono in discussione solo tre, delle quali la più importante è naturalmente Scutari, che la Russia si dice disposta a cedere allo Stato albanese se i montenegrini non riescono a conquistarla con le armi (31).

(30) Merronc, Sofia, 14 febbraio 1913.

(31) Bagnani, Londra 23 febbraio 1913 .

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