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L '/ talia e le guerre balcaniche
Niente può dunque ristabilire buoni rapporti fra bulgari e romeni, A verescu dichiara apertamente all 'addetto militare italiano che spera nel rifiuto delle Potenze europee in merito a Silistra, affinché il suo paese possa avere una motivazione va l ida per dichiarare guerra alla Bulgaria. Malgrado tale affermazione, Zampolli continua a dubitare delle effettive intenzioni dei romeni ed è propenso a credere che la minaccia della guerra sia un pretesto per rafforzare la richiesta delle concessioni territoriali (34).
Il contrasto fra i due paesi, comunque, continua a essere acceso e quando alla fine di febbraio le Potenze vengono chiamate a dirimere il conflitto, anche in questo caso l'interpretazione che viene data nelle due capitali è differente e contrastante; mentre a Sofia si parla di rimettersi alle decisioni delle grandi Potenze, a Bucarest si accenna solo a una mediazione; in altri termini, il governo romeno accetta senz'altro la mediazione, mentre quello bulgaro è disposto ad accogliere le decisioni, a patto che anche la Romania si sottoponga alla stessa fommla.
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Questione non secondaria questa e di difficile soluzione. La Romania infatti, nonostante i toni accesi del suo capo di Stato Maggiore, dovrebbe tendere a una rapida conclusione della vertenza, perché se per un ver s o i bulgari, dopo l'eventuale conclusione del conflitto con la Turchia, possono essere vulnerabili, dall 'altro potrebbero utilizzare sul Danubio i reparti militari impegnati fino a quel momento contro la Turchia. Il governo romeno invece dovrebbe ricorrere alla mobilitazione, al richiamo dei riservisti e alla concentrazione delle truppe , inasprendo un 'opinione pubblica interna già fortemente esasperata.
Quando i Gabinetti della T riplice propongono di concedere Silistra ai romeni e Salon icco ai bulgari, il tentativo fallisce e serve solo a innescare la reazione del ministro greco Tanas, il q uale fa sapere in forma ufficiosa che sebbene a Salonicco siano sta nz iati due reggimenti bulgari, l'organizzazione amm inistrativa e militare della città è in mano ai greci, dunque, in sintesi, che Salonicco è greca (35).
Accanto all'annosa lotta fra bulgari e romeni, nel corso dei mesi marzo-gi ugno 19 13, emergono gli elementi di contrapposizioni tra i dive rsi alleati balca ni ci . I serbi sono intenzionati più che mai a farsi riconoscere dalla Bu l garia il possesso dei territori occupati; il ministro serbo a Sofia esprime il timore che la quadruplice alleanza balcanica possa spaccarsi quando si tratterà di dividere la Macedonia. I serb i, infatti, non
(34) Zampoll i, Buc arest 1 marzo 1913
(35) Merrone, Sofia 6 marzo 1913.
Antonello Biagini
abbandoneranno né Mona stir né Prilep e un dissidio per il possesso di tali territori non sarebbe senza conseguenze: i bulga1i bloccherebbero lo sbocco di Salonicco ai serbi, che resterebbero privi di accesso s ia s ull'Adri atic o che sull'Egeo, cioè in condizioni peggiori rispetto a quando sulla via di Salonicco dominavano i turchi (i quali, prima della guerra, avevano se mpre consentito il commercio serbo verso l'Egeo). Tutto ciò porterebbe la Serbia ad allearsi con l'Austria e il Montenegro - se Scutari non cade prima del trattato di pace con la Turchia - farebbe altrettanto, agevolando in tal modo il progetto austriaco.
"La matassa, dunque, è quanto mai intrigata" - scrive Merrone da Sofia - il quale co munqu e non crede a un rapido cambio di posizione della Serbia, mentre segnala la possibilità di uno scontro aperto fra i paesi balcanici al momento della pace con il comune nemico turco per la spartizione della Macedonia.
I dissidi, le gelosie, i sospetti fra i popoli della penisola, già noti e di vecchia data, si fanno dunque semp re più profondi e inaspriscono l'atteggiamento bulgaro. La Bulgaria, dopo aver lavorato per trent'anni al solo scopo di p repararsi alla guerra contro la Turchia, e dopo aver acquistato, a costo di enormi sacrifici, la fama di più grande forza militare dell'area balcanica, rischia di vanificare i ri su ltati ottenuti perseguendo la realizzazione della Grande Bulgaria. L'atteggiamento dei bulgari, a poco a poco, si caratterizza per la diffidenza generalizzata, causa non ultima del successivo i so lamento, verso chiunque non approvi la conduzione delle trattative con la Turchia, con la Ro mania, con la Serbia, con la Grecia, per l'orgoglio delle vittorie militari, ampiamente esaltate ( Kirk Kilisse , LU!e Burgas), non affievolite dai parziali insuccessi di Catalca e di Adrianopoli (36).
Intanto i serbi che hanno concluso la guerra nel loro scacchiere aiutano i bulgari ad Adrianopoli e i montenegrini a Scutari, mentre i greci si battono con sempre maggiore successo a Joannina - la cui conqui s ta da parte del principe Costanti no il 7 maggio 1913 , pone fine al conflitto grec o-turco. La caduta di Joannina - che potrebbe incoraggiare nuove pretese da parte degli alleati - avrebbe avuto un'influenza maggiore sulle operazioni negli altri teatri di gue rra se si fosse verificata all'inizio della campagna. I greci, al pari dei serbi, hanno ormai raggiunto i loro obiettivi in terra ferma e potrebbero trasferire tre complete divisioni in Tracia o s ulle coste dell'Asia Minore , ma i bulgari che hanno sempre manifestato una certa riluttanza a utilizzare se rbi o grec i in Tracia e nelle
(36) Mcrronc, Sofia 6 mart:o 1913.
L'Italia e le guerre balcaniche zone limitrofe, sono restii a chiedere o accettare aiuti dagli alleati (37).
Da parte delle Potenze europee si teme, invece, che la caduta di Joannina incoraggi nuove pretese da parte degli alleati e complichi ulteriormente la questione della delimitazione delle frontiere dell'Albania, portando così al differimento della pacificazione della penisola balcanica.
Il successo dei greci a Joannina, che suscita entuasiasmi e considerazioni di ampia portata, non piace invece ai bulgari, i quali ostentano molta indifferenza nei confronti della vittoria del principe Costantino, sminuendone l'importanza specialmente dal punto di vista militare. Tale atteggiamento è frutto di un'autosuggestione collettiva, che porta i militari a parlare di "un grande Stato Maggiore bulgaro" e li porta a paragonare le proprie battaglie e le proprie marce strategiche a quelle tedesche; nei momenti in cui le operazioni di guerra subiscono uno stallo, ciò li espone alle critiche di chi non approva la forte gelosia bulgara nei riguardi degli alleati e rende inviso a tutti un esercito che vanta soldati di grande livello e che però "la parte dirigente del paese mette in falsa luce per false esagerazioni di superiorità rispetto agli eserciti alleati" (38).
A fronte dell'entusiasmo dell'esercito, la popolazione - dopo gli entusiasmi seguiti alle prime vittorie - è stanca e vuole riprendere le proprie occupazioni; le famiglie che hanno subito lutti sono molte, e non solo a causa della guerra. Le epidemie hanno avuto conseguenze disastrose, anche per l'inadeguatezza dei mezzi logistici e degli ospedali. La miseria è aumentata perché la guerra ha interrotto ogni movimento commerciale, i contadini, occupati nell'esercito, non sono riusciti a effettuare la semina d'autunno (nonostante l'aiuto prestato dai contadini turchi) e, per mancanza di braccia, anche quella di primavera è in pericolo; ogni sorta di beni è stata requisita dall'esercito, soprattutto il
(37) Il colonnello Bagnani, addetto militare a Londra, tende a ridimensionare la forza dell'esercito bulgaro: "ho notato anche in certe conversazioni che il prestigio dcll'cscrcilo bulgaro tenuto qui così allo al principio della campagna, tende ad abbassarsi e da parecchi ho udito esprimere l'opinione che l'esercito serbo ha mostrnlo qual ilà veramente superiori finora sconosciute o meglio non ancor.i giustamente apprezzale in confronto a quelle dell'esercito bulgaro (Londra, 9-I7 marzo 1913).
(38) Opinione diffusa in Sofia è che la villoria di Joannina non è dovuta alla riuscita delle operazioni militari, quanto piuttosto alla raffinata abilità diplomatica della Grecia, a proposito della quale si parla di "diplomazia di metallo prezioso". Si tende, in altri termini a stabilire un ipotetico (e fantasioso) interscambio tra i due paesi: la Grecia avrebbe dovuto studiare l'arte militare dalla Bulgaria, questa l'arte diplomatica dalla Grecia (Merrone, Sofia 9 marzo 1913)
Antonello Biagini
besti ame che verrà restituito solo in minima parte. La popolazione tutta desidera dunque che la pace venga conclusa al più presto. Dal marzo al giugno 1913 (quando cioè si concludono le trattative di Londra) il governo bu lgaro si precostituisce dei precedenti per sottolineare un suo ruolo preminente rispetto agli altri alleati; cessata la guerra, infatti, enfatizza i danni riportati esagerando in ma n iera eccessiva le perdite subite dall'esercito bu lgaro, al chiaro scopo di mostrare che il contributo della Bulgaria è stato superiore a quello dei greci e dei serbi e che dunque essa ha più diritto di altri ai territori macedoni in contestazione (39), dunque a Salonicco e a Monastir. Ma Salonicco viene rivendicata dai greci che la considerano parte integrante della loro nazione per averla avuta sempre in loro possesso. Monastir è reclamata dai ser_bi che intendono mantenerla malgrado il trattato che attribuisce loro Usktib e Monastir ai bulgari.
La situazione, dunque, non è affatto tranquilla, anche perché l'Austria sembra decisa a sostenere le pretese della Bulgaria (40) e la Bulgaria, entrata in collisione con serbi e greci e non potendosi fidare a questo punto della Russia - che appoggia apertamente la Serbia - e dei governi dell' I ntesa, sul piano politico non può fare altro che legarsi alla T riplice Alleanza, mentre sul piano militare si prepara a un eventuale conflitto in Macedonia (41).
La Romania, dal canto suo, mantiene il contenzioso con i bulgari e continua a insistere per l'ottenimento di una nuova frontiera dettata da necessità mil i tari. Mentre perdurano le trattative in merito, cerca di potenziare il proprio esercito: tratta infatti l'acquisto di quattro cacciatorpediniere dai cantieri navali di Pattison di Napoli e precisa i dettagli tecnici del relativo contratto (42); inserisce nel suo bilancio nuove spese per l'armamento e vara un progetto di legge concernente il completamento della rete ferroviaria che prevede un credito straordinario di 405 .000 .000 lei, per la realizzazione di oltre 1.500 c h ilometri di linee ferrate (43) .
Ancora una volta l'Italia non rimane estranea alle sorti dell'area bai-
(39) Merrone, Sofia 6 apri le 1913.
(40) Idem, So fi a 19 ap ril e 1913.
(41) Idem, Sofia 25 giugno 1913. Si allega il numero dei reggimenti delle nuove divisioni e la dislocazione dell'esercito bulgaro (26 giugno).
(42) Idem, Sofia 5 aprile 1913; 25 aprile 1913.
(43) Da Bucarest un lungo e dettagliato rapporto sull'acquisto di 4 cacciatorpediniere dai Cantieri navali Patti so n di Napoli (Zampolli, Bucares t I O maggio 1913).
L'Italia e le gue"e balcaniche canica; l'addetto militare a Sofia ribadisce quanto ha già profetizzato in passato, quando serbi e bulgari erano ancora insieme ad Adrianopoli e montenegrini e serbi a Scutari: "dopo il trattato di pace dei quattro alleati con la Turchia, la matassa balcanica si aggroviglierà ancor di più". Facile profezia, certo, ma sta di fatto che agli italiani non conviene distogliere gli occhi dai popoli balcanici "che si stendono alla frontiera meridionale dell'Austria" e costituiscono dunque un baluardo antiaustriaco. L'interesse italiano, diretto e indiretto, è quello del mantenimento inalterato della quadmplice balcanica e le tensioni fra bulgari, serbi e greciche sottintendono la lotta fra Austria e Russia - richiamano l'attenzione dell'Italia sull'andamento politico-militare e sulle nuove combinazioni deg li equilibri e dell 'assetto nella penisola.
La questione di Scutari, per esempio, costituisce un ulteriore momento nella contrapposizione fra Russia e Austria- Ungheria: quando Scutari viene ceduta alle grandi Potenze per essere inclusa nel territorio della costituenda Albania, il governo montenegrino manifesta propositi conciliativi al fine di riannodare i fili interrotti con la Russia (più saldamente) e con l'Austria; i due Imperi rivali tentano così di riproporre il vecchio gioco che in passato ha dato loro buoni frutti e cercano di accattivarsi le simpatie del piccolo Montenegro: però "Austria e Russia non si trovano più di fronte a una Turchia moribonda, ma a un differente ordine di cose, che sconvolge interamente le loro rispettive vedute ed aspirazioni''. Esperienze amare, illusioni svanite, vecchi risentimenti e nuovi contrasti hanno mutato il quadro complessivo.
La posizione dell'Italia nei confronti del Montenegro esce tutt'altro che rafforzata: l'atteggiamento favorevole manifestato nei confronti dell 'indipendenza albanese determina l'accusa di tradimento e di appiattimento sulle posizioni austriache. Un atteggiamento questo del Montenegro che non tiene conto, o non vuol considerare, quelli che sono gli autentici obiettivi della politica italiana nei Balcani impegnata in un difficile equilibrio tra l 'affermazione della propria presenza e il contenimento dell 'espansionismo austriaco (44) .
Il rappresentante del Montenegro, Popovié, che si trova a Londra, pe r incarico del suo governo protesta contro la dec i s ione delle Potenze
(44) L 'atteggiamento assunto dal Montenegro v iene severamente denunciato da Me rrone che scrive: " ... È arduo modificare in breve tempo un così fatto giudizio formatosi nella mente del popolo montenegrino poco evoluto, che si pasce di idee semplici a base di ero ismo, ha scarso senno e superficiale pensiero, nulla intende e mol to d iscorre di cose poli tich e " (Sofia 14 giugno 1913).
Antonello Biagini
dall'altra parte, Ismail Kemal- capo del governo provvisorio albanese - recatosi anch'egli da Parigi nella capitale inglese, reclama contro il "tradimento" che pone il nuovo Stato dell'Albania virtualmente alle dipendenze della Serbia e del Montenegro, con un nuovo tracciato del confine per niente valido dal punto di vista strategico ed economico.
La quadruplice balcanica contro i turchi in realtà ha in parte sconvolto i progetti albanesi e ha alterato il programma balcanico dell'Austria; tramonta qui il sogno della grande Albania, comprensiva dei quattro vilayet macedoni - Scutari , Kossovo, Joannina, Salonicco - e gli ambasciatori a Londra hanno il difficile compito di ritagliare, per l'Albania indipendente, il territorio minimo indispensabile, che è ben al di sotto delle ri chieste avanzate dagli albanesi nazionalisti e delle stesse proposte dell'Austria. Nella situazione internazionale di crisi, la posizione dell'Inghilterra è abbastanza ferma: essa non intende compiere alcuna forzatura, sia perché vuole rimanere estranea, per quanto possibile, a una questione c he non coinvolge i suoi interessi immediati, sia a causa dell'azione svo lta dalla Francia che si adopera per impedire che gl i inglesi ricorrano alle mi su re estreme reclamate da Vienna. Al pari della Francia e della Russia, l' Inghilterra è decisa a far rispettare la volontà delle Potenze riguardo all'evacuazione di Scutari da parte del Montenegro, ritiene tuttavia che tale risult ato si possa consegu ire con un'azione prudente che non inneschi reazioni violente; l'obiettivo è sempre quello di allontanare il pericolo di un temuto e temibile grande conflitto mondiale, che è poi il mede simo obiettivo al quale si è informata la politica del ga binetto liberale in tutto il periodo di agitate relazioni internazionali iniziatosi fin dall'epoca della dichiarazione di guerra alla Turchia da parte dell'Italia (45).
La questione del Montenegro, com unque , costituisce uno dei tanti banchi di prova nelle intricate vicende balcaniche, poiché anche in questo caso l'episodio contingente (la sottrazione di Scutari) diventa momento di allarme e di verifica per le grandi Potenze. L a Russia - che nel corso di tutto il 1913 ha avuto per ogni frontiera un programma di politica estera da svolgere e un obi e ttivo militare da rag g iungere - attua diversi cambiamenti di posizione nei co nfronti degli Stati balcanici: modifica, per esempio, la tradiz ionale benevolenza verso il Montenegro e la
(45) Alla Camera dei Lords fallisce il LenLaLivo di provocare esplicitamenLe una presa di posizione del governo in meriLo all'autonomia albanese. Il governo dichiara che il tempo della discussione non è ancora maturo. È significaLivo che tale linea trovi l'assenso dell'oppos izi one (Bagnani, Londra 1° maggio 19 I 3).