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l'Italia e le guerre balcaniche
La confere n za è alla sua quinta seduta; gli alleati hanno chiesto la cessione della Turchia europea a occidente della linea Rodosto - Capo Ma latra (tranne la penisola di Gallipoli), tutte le isole dell'Egeo e larinuncia dell a sovrani tà ottomana su Creta. La Turchia, di contro, ha risposto con dure proteste che "sembrano ignorare i risu ltati della guerra, il fatto che il territorio ottomano in Europa è già quasi interamente occupato dall'esercito alleato".
Il colonnello Jostov - capo di Stato Maggiore del generale Dimitriev, comandante della 3a armata bulgara - riferisce all'addetto militare italiano a Londra che il capo della missione turca, Re~it pascià, motiva le controproposte della T urchia dicendo che esse concedono agli alleati quanto essi chiedevano prima della guerra. E' assurdo - questo il Grecia. Eleutherios Venizelos, nato a Ccrigo nel 1864 appartiene ad una delle più vecchie famiglie. Il padre dell 'attuale primo ministro fu cacciato da Creta ed egli ha studiato nelle Università di Atene cd in Germania Nel 1899 nominato ministro per gli Affari Esteri dal governo autonomo cretese, nel 1901 dovette rassegnare il mandato per diversità di vedute col principe Giorgio, ma divenne molto popolare in Cre ta e prese parte attiva nella soluzione della crisi politica- militare in Grecia. Alla caduta del gabinetto Dragoumis divenne primo ministro cd a lui la Grecia deve tulle le recenti riforme introdotte nell'eserc i to e nella marina e l' inaugurazione di una nuova era di prosperità e di grandeZ7.a.
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Skouloudin, banchiere a Costantinopoli, rit iratosi ad Atene, più volte eletto deputato al parlamento, ministro degli Affari Esteri nel Gabinetto Rallis (1897) con molta abilità seppe mitigare la durezza delle condizioni di pace imposte alla Grecia nel 1897.
Gennadios, ministro di Grecia a Londra, che io ben conosco, ha un lungo passato di carriera diplomatica a Washington, a Costantinopoli e a Vienna, ha preso parte anche a l Congresso di Berlino come memb ro della missione ellenica.
George Steit, d'origine tedesca, membro della corte permanente dell'Aja, professore di diritto internazionale all'Università di Atene e om ministro di Grecia a Vienna.
Palitis, professore di diritto internazionale all'Università di Parigi.
Danglin, generale, albanese dell 'E piro che prima della guerra comandava la divisione di Atene. È l'inventore di un cannone da montagna e nell'attuale campagna era capo di Stato Maggiore del principe Costantino.
Metaxas, colonnello, ha studiato all'Accademia militare di Berlino e si crede abbia lavorato molto come ufficiale di Stato Maggiore nel piano di guerra dell'auuale campagna.
Bulgaria. Daneff (Danev), vice presidente del Sobranje dal 1894 al 1897, ministro degli affari Esteri nel 1901, primo ministro nel 1902, professore di diritto internazionale nell'Università di Sofia, presidente del Grande Sobranjc ha lavorato molto alla revisione della Cos tituzione. Andò nel novembre scorso a parlare con il conte Berch-
Antonello Biagini
contenuto - pensare che gli alleati possano ritenersi soddisfatti "dopo tanti sacrifici di sangue e di denaro"; i bulgari, in particolare, son o molto irritati per la tattica dilatoria, decisamente inutile dal momento che essi non intendono demordere sulla cessione di Adrianopoli, troppo vicina alla loro frontiera (7).
told circa le difficoltà austro -serbe ed è sta to uno dei plenipotenzia(i bulgari per l'armistizio. È stato ora in Romania latore di uno speciale messaggio a re Carlo.
Paprikoff (Paprikov), generate, nel 1866 all'epoca della guerra con la Serbia era assistente allo Stato Maggiore. Nel 1899 co mandante l'Accademia militare di Sofia, nel 1891 intendente al Corpo di Stato Maggiore nel 1897, nel 1899 ministro della Guerra po s iz ione che tenne fino al 1903 quando venne nominato il gen era le Savoff (Savov), Ispcuore della ranteria ne l 1907 abbandonò la Bulgaria per andare ministro a Pietroburgo. Mini stro degli affari Esteri nel 1908 si distinse per eccez ionale capacità durante la proclamazione de ll'indipendenza bulgara e dunmte l'anness ione della Bosnia Er1.egov ina. Nel 1910 ritorn ò a Pi etrob urgo da dove venne chia mato recen temente per andare come rappre sentante militare presso l'esercito montenegrino.
Madjaroff [Mad:1.arovl, educato a Costantinopoli è stato me mbro dell'Alta Corte della Rumelia orientale, diretto re delle Finanze, mini s tro dei Lavori pubblici, nel 1911 venne ele tto presidente del Sobranje e lo scorso gennaio ministro a Londra Jostoff (Jostov), non ho dati su questo co mmi ssario militare.
Serbia. Stoyan Novakovic, ha fatto una lunga carriera parlamentare e diplomatica, ministro della Pubblica Istruzione, dell'Interno, ministro a Costantinopoli, presidente del Cons iglio di Stato, primo ministro e ministro per g li affari Esteri, mini s tro a Pietroburgo e quindi recentemente nel 1909 ancora per pochi mesi primo ministro.
Ante Nikolitca, già ministro dell'Istruzione pubb li ca, varie volte ministro degli Affari esteri nel 1909 venne eletto presid ente della Skupcina, carica che tuttora ricopre.
Milenko Vesnic già ministro serbo a Roma, poi a Parigi dove si trova tuttora. È membro dell ' Istituto di diritto internazionale e rappresentante serbo alla corte permanente dell'Aja.
Delegati militari sono il gener'dle Boyovic e il tenente colonnello Pavlovic.
Montenegro. Lazar Micutovic, già console a Scutari , presidente della Corte dei Conti, ministro delle F in anze, primo ministro dell'epoca della costituzione e poi ministro degli affari Esteri e presidente del Consiglio di Stato fino al 1909.
Popovic, incaricato d'affari a Costantinopoli dal 1910 fino all 'ottobre scorso.
Voinovic, già min istro della gi ustizia dal 1900 al 1902 venne poi nominato segretario particolare di sua maestà il re Nicola.
Qu esti brevi cenni biogrnfici potranno forse essere opportuni per conoscere sommariamente a quali persone è stata affidata la discussione e la soluzione del grande problema politico-militare che interessa l'Europa intera".
(7) Il colonnello Jostov è un urficiale "distinto, pronto di mente e di corpo, comunicativo, e ffica ce anche quando usa le lingue straniere (conosce bene il francese e
L'Italia e le guerre balcaniche
Jostov, in un colloquio con l'ufficiale italiano, parla a lungo della campagna, delle enormi difficolta logistiche, dello stato delle strade, "sull'effetto deleterio che produceva sulle truppe bulgare la vista dei colpiti dalla malattia a fonna colerica, che dopo pochi giorni non fu più possibile nascondere, cosicché ne morirono circa tremila". Nega le accuse di "atrocità" imputate ai bulgari e le ritorce contro i turchi a proposito dei quali sostiene non essere vere le informazioni della stampa circa la loro fuga "ignominiosa": certo sono stati sorpresi e presi dal panico a Kirk Kilisse, ma hanno combattuto nelle vicinanze di LUle Burgas per sei giorni, riportando gravi perdite (circa quarantamila morti e feriti).
Jostov pensa di ritornare presto a Catalca prevedendo l'esito negativo dei negoziati e il suo pessimismo è in buona parte giustificato dal comportamento dei turchi, anche se i delegati ottomani avrebbero una serie di contropartite da offrire per evitare il fallimento dei negoziati.
L'opinione pubblica europea è contraria alla politica militare turca e alla ripresa dell'attivismo politico da parte dei Giovani Turchi; l'esercito ottomano dietro le linee di Catalca, quantunque rinnovato e rinforzato, è obbligato a operare in uno spazio ristretto, fronteggiato da forze superiori per numero, organizzazione, artiglierie, risorse e condizioni sanitarie, in posizioni ora fortificate. Le opinioni del colonnello Jostov circa una ripresa delle operazioni, sembrano dunque fondarsi non solo sull'orgoglio nazionale, ma anche su condizioni di fatto; si può allora sperare che i Giovani Turchi accettino questi dati oggettivi e dopo aver provocato lo smembramento parziale dell'Impero, non vogliano trascinarlo alla definitiva rovina.
Con la fine della guerra e il successo dei quattro alleati, si delinea sempre più netto il nuovo assetto della penisola balcanica nell'ambito del quale la Romania viene a trovarsi inevitabilmente in una posizione politicamente svantaggiata, tanto che nell'opinione pubblica e negli ambienti militari riprendono fermenti, timori e tensioni simi li a quelli verificatisi dopo le prime vittorie sui turchi . Il governo romeno, per ragioni di prestigio interno e internazionale, intende ottenere dei compensi dalla Bulgaria, in cambio di quella neutralità "che non seppe a tempo assicurarsi, prima e durante la mobilitazione bulgara" (8). Gli errori di previtedesco), è orgoglioso del suo esercito senza negare il valore militare degli avversari".
È staLO acldeuo alla missione bulgara dopo la conclusione dell 'armistizio e sosLiLuito provvisoriamente nella carica di capo di Stato Maggiore della III Armata (Bagnani, Londra 29 dicembre 1912) .
(8) Papa, Bucarest 26 dicembre 1912. Sulla forza dell'esercito romeno, un rap-
Antonello Biagini
sione dei romeni appaiono ancor più gravi alla luce di alcuni precedenti, conosciuti all'epoca solo nei circoli diplomatici, ma divenuti in seguito di pubblico dominio. Fin dall'estate del 1911, la Russia propone infatti alla Romania di aderire all'intesa balcanica, ricevendone un netto rifiuto dal momento che il governo romeno non crede alla sua realizzazione; poco prima della mobilitazione, Sofia propone, ufficialmente, delle concessioni per assicurarsi la neutralità romena. La Romania, ancora ùna volta , perde l'occasione e non si accorda in alcun modo con i bulgari, ritenendo inverosimile una loro vittoria. .
Quanto più chiara diviene la coscienza degli errori commessi, tanto più energicamente il governo romeno cerca qualche compenso che valga a riabilitarlo, almeno in parte, di fronte all'opinione pubblica e di fronte agli immancabili attacchi da parte dell'opposizione. Tali compensi consistono nell'ottenere dalla Bulgaria un ampliamento di territorio , sposta ndo nella Dobrn gia meridionale il confine verso sud, e una serie di garanzie sulle scuole e lé chiese cutzo-valacche in Macedonia. Ma ciò che preme ai romeni è essenzialmente la questione dell'espansione del territorio; lo Stato Maggiore romeno - ancor più che al possesso di Silistra - tiene a includere i centri di Dobrié e Baltik per ottenere così una linea che giudica assai importante per la difesa della frontiera. I bulgari, di contro, sono dispo sti a cedere Silistra piuttosto che tale linea, sostenendo che il confine naturale fra i due Stati, quello del Danubio, è stato già spostato a danno della Bulgaria, lasciando alla Rom ania il controllo delle due sponde del fiume. I rom en i, dunque, possono invadere facilmente, attraverso la Dobrugia, il te rritorio bulgaro, mentre i bulgari , in ogni loro eventuale azione offensiva, si trovano di fronte il formidabile ostacolo naturale rappre senta to dal fiume. La Bulgaria esclude quindi con decisione ogni concessione che possa aumentare quella preponderante capacità offensiva-difensiva co nferita ai romeni dall'andamento della frontiera esistente.
Il presidente della Camera bulgara, Dan e v, durante una sua missione a Bucarest, s i mostra conciliante, ma dichiara di voler rimandare la questione dei compensi alla Romania a dopo la co nclu sio ne della pace con la Turchia, per una trattativa unica e globale sulle questioni balcaniporto riassuntivo per consentire un controllo dei dati già noti allo Stato Maggiore iLaliano e per dimostrare che i preparativi e le spese militari che la Romania va affrontando in larga misura po sso no se rvire "a rendere questo esercito meglio dotato, meglio equipaggiato e più rapidamente mobilizzabile" ma non possono contribuire ad aumentare la for;,,a numerica in pochi mesi.
che rimaste irrisolte. Dal momento che i negoziati col governo turco proseguono fra notevoli difficoltà, la Romania cerca di non lasciarsi sfuggire, ancora una volta, l'occasione che ritiene favorevole ed esercita pressioni minacciando la Bulgaria, forte anche del tacito consenso delle Potenze europee; il governo romeno, in altri termini, intende agire risolutamente, presentando le sue richieste alla Bulgaria dapprima per via diplomatica, tenendosi poi pronta, ove assolutamente necessario, ad appoggiare quelle richieste con un'azione militare. Il lavoro di preparazione si fa sempre più intenso e gli ufficiali si aspettano, da un momento all'altro, l'ordine di mobilitazione; se la Bulgaria si dovesse mostrare intransigente verso il governo romeno, questi - compromesso ormai anche dai preparativi militari - non potrebbe adattarsi a subire un rifiuto. Si troverebbe cosi a dover agire concretamente anche se la parte forse numericamente minore, ma certo più sensibile, degli uomini di governo (compreso il re) rifuggirebbe volentieri da una politica di ro ttura con la Bulgaria: politica ingenerosa e ingiusta che comprometterebbe irrimediabilmente i futuri rapporti, con danni notevoli per entrambi gli Stati, ma decisamente maggiori per la Romania. Sarebbe invece di reciproco vantaggio una soluzione pacifica della controversia anche come preludio di una futura alleanza.
Un clima dunque di grande incertezza al quale non ha certo giovato la proposta italo-austriaca circa l'autonomia e la neutralità dell'Albania in funzione, evidentemente, antiserba, né il rinnovo, senza variazioni del trattato della Triplice , mentre l'apertura delle trattative di Londra, come si è visto, ha indotto soprattutto l'Austria e la Russia a decisi provvedimenti di carattere militare. La diplomazia turca, visto il deciso rifiuto di mediazione delle Potenze, non opera prontamente per la conclusione della conferenza della pace: propositi bellicosi, tergiversazioni, minacce e proposte amichevoli si alternano confusamente e il colonnello bulgaro Jo s tov non manca di esprimere in varie sedi la sua delusione verso tutto ciò che è diplomatico.
A Londra, in buona sostanza, regna una notevole confusione, soprattutto sul ruolo che devono assumere le Potenze come soggetti attivi nella composizione della vicenda oppure come elementi di pressione, mentre · il compito di concretizzare i termini della pace spetta e rimane interamente ai delegati (9). Uno dei problemi centrali da risolvere è infatti
(9) Bagnani, Londra 9 dicembre 1912. Per Bagnani mentre è lecito sperare in risuluiti positivi e tangibili dalla Conferenza per la pace, il progetto della conferenza degli ambasciatori sembra molto astratto e teorico; essa infatti non rappresenta che
Antonello Biagini
costituito dalla questione di Adrianopoli, che presenta, come è noto, valenze di carattere diverso. Adrianopoli, infatti, non è solo un importante centro strategico-militare, ma rappresenta anche un simbolo religioso che difficilmente l'Impero ottomano può abbandonare ed è abbastanza improbabile che le Potenze riescano a esercitare sulla Turchia una efficace pressione per convincerla a compiere un sacrificio così gi:ande. Sciolto il nodo di Adrianopoli, gli altri punti - quello del progettato confine Rodosto-Midia e quello delle isole dell'Egeo - verrebbero riconsiderati con propositi più concilianti. A questi problemi si affiancano e si sovrappo ngono quelli interni all'alleanza: durante la guerra si è molto accentuato l'antagonismo fra bulgari e serbi e fra bulgari e greci (il colonnello Jostov si riferisce spesso con ironia alle quaranta battaglie che i greci pretendono di avere vinto) e dunque si immettono tensioni nuove che vanno ad aggiungersi a vecchi rancori , contribuendo ad accrescere quegli elementi di disgregazione fatali per la coesione di un'alleanza che pure ha dimostrato la sua efficacia (IO) .
Nel corso del gennaio 1913, le notizie che si diffondono a Londra hanno un carattere sempre più ottimista: si dice che i delegati turchi ha nno ricevuto istruzioni più elastiche circa la delimitazione del nuovo confine bulgaro-turco e ci si augura che i belligeranti possano addivenire a un'intesa senza bisogno dell'intervento delle Potenze. La speranza è avvalorata dalla notizia delle conversazioni che hanno avuto luo go fra il generale Savov, Nazim pascià e il ministro degli Esteri ottomano sul destino di Adrianopoli. La Bulgaria, se riuscisse a ottenere Adrianopoli, sarebbe pronta a smantellare le fortificazioni e a cedere alla Turchia una serie di diritti (extra-territorialità) riguardo alle moschee e alle tombe dei sultani; ma in tale ipotesi , remota, anche la Porta, dal canto suo, non potendo conservare Adrianopoli, accamperebbe pretese ben più consistenti in altri settori. In realtà, Adrianopoli non è vitale per i bulgari, in - l'espressione di desideri e di supposizioni di politici e giornalisti, ma non può certo risolvere, in maniera sostanziale, i gravi problemi dell'indipenden za albanese, dello sbocco serbo nell'AdriaLico, della libertà degli Stretti, del futuro delle isole dell'Egeo e tanto meno può essere in grado di ridare tranquillità e fiducia all'Europa quando allo stesso tempo continuano i preparativi febbrili di due eserciti. L'unico vanLaggio che la Conferenza degli ambasciatori può comportare è quello di consentire discussioni e scambi di pareri in apparenza espressi amichevolmente in una sede precisa "dalle stesse persone il cui linguaggio può essere più facilmente diretto dagli enti responsabili".
(10) Bagnani, Londra 8 gennaio 1913.
L'Italia e le guerre balcaniche teressati più che altro alla vicina ferrovia che potrebbe congiungere il sistema ferroviario bulgaro a quello macedone e dunque ai porti dell'Egeo. Se i greci si mantengono fermi nel proposito di rivendicare il possesso delle isole, dovrebbero però impegnarsi a non stabilirvi stazioni navali, né a cederle, neppure temporaneamente, ad altre Potenze; i serbi infine, hanno reso già noto alle Potenze, che a pace conclusa, ritirerebbero le truppe dall'Adriatico; "tutto ciò - conclude l'addetto militare italiano - in sostanza, rivela la poca voglia che si ha da tutte le parti di continuare la guerra" (11).
Nella metà di gennaio, i delegati turchi Re~it pascià e Nizam pascià si incontrano a Londra con l'addetto militare italiano, al quale ricordano con grande simpatia parecchi ufficiali italiani da loro conosciuti, quali il generale Spingardi e il generale Pollio. Entrambi i delegati non nascondono il loro malumore e non risparmiano commenti ironici sull'inefficacia dell'azione diplomatica; essi sostengono che, se ci fosse un reale accordo fra le Potenze, queste potrebbero esercitare effettive pressioni sul governo turco per arrivare a una soluzione, mentre l'ipotizzata e prevedibile rottura definitiva dei negoziati indicherebbe l'assen z a di obiettivi perfettamente uniformi da parte delle stesse Potenze.
I n complesso, la situazione rimane oscura e non è possibile fare pronostici in attesa della risposta turca; intanto prende corpo l'opinione che il Gabinetto di Kamil pascià, contrario alla ripresa delle operazioni militati, sia costretto a dimettersi sotto la spinta del "partito" della guerra.
Il quadro generale viene da Bagnani così sintetizzato: "La Gran Bretagna è ardentemente pacifica, l'Italia avidamente pacifica, la Germania onestamente pacifica. In Austria vi è un partito per la pace e uno per la guerra, in Russia un partito per la guerra e uno per la pace. La Francia è così occupata nelle faccende sue di casa che non presta molta attenzione alle cose balcaniche, ma in ogni caso si terrà a fianco della Russia (12).
Lo stallo assunto dai lavori e l'arresto delle trattative inducono le Potenze a intervenire e, finalmente, il 17 gennaio gli ambasciatori di Francia, Russia, Germania, Austria-Ungheria e Italia rimettono al ministro degli Esteri del sultano una nota nella quale si ribadisce l'impegno collettivo a preservare la pace avvertendo che il prolungamento della guerra comprometterebbe definitivamente la sorte della capitale con la prevedibile estensione del conflitto alle provincie asiatiche dell'Impero. Contestualmente alla minaccia di disgregazione, la nota impegna i governi
(I I) Bagnani, Londra 9 gennaio 1913.
(12) Bagnani, Londra 15 gennaio 1913
Antonello Biagini
firmatari a collaborare con il governo del sultano "per riparare i mali della guerra, per consolidare la sua situazione e mettere in valore i vasti territori asiatici, la cui prosperità costituirà la sua forza effettiva", e agarantire i diritti ottomani su Adrianopoli una volta ceduta agli Stati balcanici. La Turchia, dunque, si vede abbandonata dalle Potenze mentre all'interno si accentua la spaccatura fra la posizione del governo di Kamil è quella degli appartenenti all'ala radicale dei Giovani Turchi, contrari a ogni concessione. Si prende tempo, mentre si avvicina per la Serbia e per la Bulgaria l'epoca della ripresa annuale dei lavori agricoli, a causa della quale è necessario che molti degli uomini in guerra rit9rnino al lavoro dei campi per evitare una terribile carestia. .
I delegati bulgari ricevono l'ordine - se non si riesce a concludere la pace - di telegrafare al generale Savov perché riprenda le ostilità. Su Adrianopoli si mostrano tutti concordamente intransigenti, specialmente Danev, partigiano convinto della soluzione militare e dunque pronto a ricominciare le operazioni (13).
Molte delle informazioni trasmesse a Roma provengono direttamente da alcuni delegati che hanno soggiornato per molto tempo in Italia, o vi sono tornati più volte, come il serbo Vesnié, e il montenegrino conte Vojnovié, i quali si augurano che la Turchia, se non esplicitamente, almeno implicitamente finisca coll' acconsentire alla cessione di Adrianopoli. Si pensa che le riserve e le nuove proposte del governo ottomano possano prolungare ancora i negoziati, ma una volta definita la questione delle frontiere nella Tracia, non si prevedono altre serie difficoltà per giungere a un definitivo accordo. Pura illusione, come si vedrà dall'evoluzione degli avvenimenti interni in Turchia.
(13) Bagnani, Londra 21 gennaio 1913: "Nelle conversazioni che ebbi con il colonnello Jostov, potei valutare quanta disillusione debbono aver p ro vata gli ufficiali bulgari nel veder arrestata dal colera la marcia dell'esercito vittorioso su Costantinopoli. II colonnello, di solito così calmo, si infiammava quando nomina va questa città, si vede che ne deve aver parlato spesso con il generale DimitTiev; che questi due uomini (che i delegati bulgari chiamano i "nostri eroi") devono aver sognato sovente, su campi melmosi della Tracia, l'entrata trionfale della III Armata nella capitale degli Osmanli. Povero colonnello Jostov!, mi faceva pena vederlo qui inoperoso. Lo trovai l' ultima volta nascosto in un angolo della sala al ballo della colonia austriaca, quasi vergognoso di farsi vedere a una festa mentre i suoi soldati erano al posto d'onore: ' Non so cosa ci sto a fare qui, mi disse, non si conclude nulla'. Due giorni dopo partì precipitosamente, lo avevano richiamato a Sofia. Ma il ricordo di questo valoroso ufficiale mi porta fuori di argomento; volevo soltanto accennare all'ambizione dell'esercito bulgaro di entrare a Costantinopoli".