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e le guerre balcaniche

Berlino dove "l'accordo unanime dei plenipotenziari potè conseguirsi mercè l' adesione del plenipotenziario russo, conte Pavel Schouvalow [Suvalov], a che, conformemente al voto della Commissione tecnica , il confine abbia a ripartirsi dal Danubio in tale località dove sia possibile la costruzione del ponte" (31). Che questa località sia un punto vicino a Silistra è, a giudizio di Depretis, un fatto incontestabile perché deliberato - senza opposizioni - nella sede idonea, cioè nella riunione dei plenipotenziari, prima delle decisioni definitive. La Commissione di delimitazione, organo essenzialmente tecnico, non ha il potere di modificare le decisioni di Berlino e bene ha fatto il delegato italiano ad attenersi fedelmente alle istruzioni 1icevute a suo tempo dal ministero degli Esteri. Il problema della frontiera bulgaro-romena viene temporaneamente risolto nel 1880 dopo una trattativa tra Austria-Ungheria e Russia: il forte di Arab Tabya viene assegnato alla Romania mentre la Bulgaria viene compensata con una rettifica della frontiera in prossimità di Silistra.

Relativamente pii1 semp l ici furono i lavori per la delimi tazione dell a Rumelia sia perché in parte già ~v olti dalla sottocommissione formata l'anno precedente sia per la rinuncia, da parte ottomana, al diritto, pure riconosciuto dal Congresso di Berlino, di erigere posti fortificati al confine tra la Bulgaria e la Rumelia orientale. La determinazione di questo confine, voluto dalle potenze europee per dare alla Turchia una buona frontiera difensiva, dopo la perdita del confine danubiano, non è, a giudizio di Orero, affatto semplice ed esula dai compiti generalmente affidati ad una Commissione di delimitazione . Dal punto di vista militare, infatti, "un esercito padrone della Bulgaria può avan zare su Adrianopoli e Costantinopoli per le tre linee d'operazione diverse" e precisamente da Sumen (Sciumla) a Varna, da Tarnovo a Sipka, e da Sofia, per Filippopoli, ad Adrianopoli . Il confine mmelo -bulgaro, in conclusione, non ha, sia considerato nelle sue tre parti sia nel suo complesso, "quelle condizioni che sarebbero necessarie per renderlo atto alla difesa di uno Stato". Non potendo inglobare Varna e Sumen nell'Impero ottomano e non potendo quindi tener fede al dettato del Congresso di creare per il sultano una frontiera difendibile, il lavoro della Commissione viene ad essere enormemente semplificato in quanto assume un carattere meramente formale soprattutto se i delegati, componenti la Commissione, si fossero accordati preliminarmente conciliando la condizione di difendibilità con

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Antonello Biagini

quella indicata espressamente dal Congresso, di seguire in alcune parti la "cresta" dei Balcani e in altre la "catena" principale. E proprio sull'interpretazione di questi due termini torna a manifestarsi l'inconciliabilità tra le posizioni del delegato russo e quelle degli altri componenti. Rassicurato Bogoljubov sull'interpretazione e applicazio ne imparziale delle indicazioni fornite dal trattato e superata una pericolos a questione posta dal delegato ottomano, appoggiato da quello fra ncese , circa la sistemazione delle fortificazioni, la Commissione i nizia il 13 maggio la ricognizione sul terreno che vi e ne completata in cinquanta g iorni. A conclusione dei lavori Orero sottolinea l' irreversibili tà d e ll a fine del potere turco in Europa. Il problema, a suo giudizi o, è che in u na possibile lotta fra turchi e russi, l'Austria-Ungheria, eventualmente coalizzata con la Gran Bretagna, possa estendere la propria presenza nei Balcani. "In mano di chi cadrà Costantinopoli? - si domand a va perentoriamente l'ufficiale italiano - Piuttosto che terra britannica io penso essere molto meglio per noi appartenga alla Russia. Per l'Italia mi sembra obiettivo suo dover essere quello di farla città ellenica o meglio città libera e neutrale". Con questi termini l'ufficiale italiano torna a sottolineare la necessità di una politica balc an ica più attiva da parte dell 'Italia, confortato in ciò dalle opinioni raccolte tra i residenti italiani nelle regioni attraversate e in particolare a Filippopoli dove la colonia italiana, pur cons iderevole come numero, manca di un proprio rappresentante ufficiale.

La sistemazione faticosamente concordata a Berlino, lungi da soddisfare le legittime aspirazioni dei popoli balcanici, ha creato i presupposti per la futura crisi ben più devastante: delusi i serbi e i greci per la politi c a della Russia la quale, con il Trattato di Santo Stefano, ha permesso la re a lizzazione della "Grande Bulgaria" quale avamposto della propria politica nei Balcani; delusi i bulgari che dal Congresso si sentono sacrificati nelle lo ro aspirazioni nazionali e mentre Serbia e Grecia finiscono inevitabilmente per avvicinarsi all'Austria e all'Inghilterra, tradizionali avversarie della politica russa nei Balcani, la Bulgaria lega sempre più il proprio destino all'assistenza tecnica , finanziaria e militare della Russia. L'attivismo della politica bulgara, seguita con attenzione da Belgrado e da Atene, deteriora progressivamente le relazioni tra la Serbia e la Bulgaria, accusata quest'ultima di fomentare le ribellioni e di aiutare gli oppositori del re Milan Obrenovié. La costante politica di sostegno all'irredentismo bulgaro di Battenberg termina nel 1885 con la procl amazione dell'unione con la Rurnelia Orientale e la conseguente guerra

L'Italia e le guerre balcaniche con la Serbia (32). L'intervento delle potenze europee e le successive trattative di pace riconoscono, di fatto, l'unione rimanendo i territori a nord e a sud dei Balcani formalmente separati.

Lo svolgersi della guerra viene particolarmente seguito dagli addetti militari a Pietroburgo e a Vienna. La guerra innescata dall'unione, ha suscitato vivaci reazioni in Russia e lo zar ordina l'immediato rimpatrio degli ufficiali russi al servizio del principe di Battenberg auspicandone la destituzione. A giudizio dell'addetto militare a Pietroburgo, maggiore Giuseppe Dogliotti, l'atteggiamento russo non nasce da sentimenti contrari alla Bulgaria quanto piuttosto dal fatto che il governo russo è in quel momento particolarmente impegnato in Asia e specificatamente nella questione dell'Afghanistan; mentre si svolgono i lavori di delimitazione del confine, importanti provvedimenti sono stati presi per rinforzare le truppe. Tale intensa attività in Asia "mi conferma nell'opinione - scrive Dogliotti - ( .. .) che se la Russia accettò l'accordo con l' Inghilterra non lo fece già con l'intenzione di rinunciare per sempre alle sue mire sull'Afghanistan, o forse meglio ancora per ottenere uno sbocco al suo commercio dell'Asia s ull 'Oceano Indiano, ma bensì nel solo intento di poter guadagnare tempo per prepararsi meglio in quell'impresa" (33).

La guerra tra la Serbia e la Bulgaria pur nella sua brevità rimette in discussione l'intero equilibrio balcanico e rivela la superiorità dei bulgari nei confronti dei serbi e solo l'energica nota dell'Austria circa il proprio intervento a fianco dei serbi, con possibile ingresso dei russi in Bulgaria, induce Alessandro di Battenberg a deporre le armi e ad avviare le trattative per la conclusione di un armistizio. Si forma allora una Commissione internazionale che il 18 dicembre 1885 tiene la sua prima riunione; all'unanimità viene eletto presidente il tenente colonnello Alberto Cermti in quanto rappresentante della potenza che ha preso l'iniziativa. In quattro giorni e con sei sedute i commissari portano a termine il loro lavoro stabilendo la durata dell'armistizio dal 21 (9) dicembre 1885 al 1° marzo (17 febbraio) 1886; l'evacuazione dei territori occupati; le nonne

(32) Sulla guerra, come impressioni a "caldo", cfr. E Barbar ich, La guerra serbobulgara nel 1885. Le operazioni nei Kodza- Balkan, Torino 1894; ID., Considerazioni sulla guerra serbo-bulgara nel 1885. Operazioni per l'investimento e assedio di Viddino, Roma 1898. La più recente acquisizione della storiografia è nei saggi di F. Guida e R. Tolomeo in Nascita di uno Stato balcanico, Napoli 1988.

(33) Dogliotti, Pietroburgo 8 novembre (27 ottobre) 1885, Situazione politicomilitare della Russia, r. I.

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per l'ordine pubblico delle zone interessate dall'armistizio; la fascia di territorio neutrale tra le due armate; lo scambio immediato dei prigionieri e la nomina dei delegati per i negoziati di pace (34).

Le relazioni di Salaris (35) e di Vittorio Trombi (36) riguardano invece la Grecia proprio all'indomani di quella guerra con la Turchia (febbraio 1897) alla quale hanno partecipato, con slancio ed entusiasmo, i volontari garibaldini italiani. La Grecia, che fin dalla crisi d'Oriente del 1875-1878 ha cercato di affrancare i greci ancora sotto il dominio ottomano, sorretta dal mito irredentistico di ricostituire l'antico Impero bizantino, esce dalla guerra praticamente sconfitta: si salva grazie all'intervento delle potenze europee le quali, imponendo l'armistizio (maggio 1897) e la pace (dicembre 1897), le permettono di conservare la Tessaglia. Il tenente colonnello Trombi, membro della Commissione per la delimitazione dei confini della Tessaglia, nel trasmettere le sue relazioni precisa che "sebbene i nostri obiettivi probabili non siano diretti a detta regione, tuttavia penso che gli appunti presi possano giovare a completare presso codesto Comando i dati geografico -militari che già possiede e a dare un'idea esatta delle difficoltà più o meno grandi che s i dovettero superare nella recente campagna greco-turca" (37).

Alcuni mesi dopo gli accordi di Mi.irzsteg (2 -3 ottobre 1903) il maggiore Rubin de Cervin, addetto militare italiano a Sofia e buon esperto dei problemi balcanici, in un lungo rapporto al capo di Stato Maggiore esprime nettamente i propri dubbi sulla validità delle rifo1me imposte al sultano per la Macedonia. Ribadita, infatti, la complessità della qu estione balcanica in generale e della macedone in particolare, sottolinea come la ribellione delle popolaz ioni delle provincie sia mantenuta viva "dalle poten ze che sovra esse vantano diritti e covano desideri di conquista" e dalla comprensibile esigenza delle popolazioni cristiane di affrancarsi dal gioco ottomano che soffoca "ogni libertà e iniziativa di progresso" . La strada intrapresa dalla diplomazia, quella appunto delle riforme, si rivela priva di valore giacché è impossibile "modificare il

(34) Ccrruti a Cosenz, Vienna 30 dicembre 1885, Missione per l'armistizio fra la Serbia e la Bulgaria; ID. , Condizioni di armistizio tra le truppe bulgare e serbe, r . 4.

(35) E. Salaris, No te sulla Grecia, sul suo esercito e sui recenti avvenimenti. Impressioni di viaggio, Atene-Firenze 1897

(36) V. Trombi, Delimitazioni della frontiera di Tessaglia, anno 1897. Estratto del giornale di viaggio; ID., Completamento dei lavori di frontiera in Tessaglia, Terap ia 9 giugno 1898, r. 38, Reparto operazioni. Ufficio coloniale. Stati esteri.

(37) Trombi, Costantinopoli 30 gennaio 1898, ivi.

L'Italia e le guerre balcaniche vieto e tradizionale regime turco" mentre per la riorganizzazione della gendarmeria, che costituisce lo strumento per riportare l'ordine della regione, "anche riuscisse ottima (e la cosa è incerta date le contrarietà e le mene occulte che da ogni parte la minano) non sarà mai sufficiente a procacciare l'ordine materiale in una regione alpestre, difficile, con scarse comunicazioni e nella quale sono in lotta ogni sorta di interessi, di razza, di religioni, di lingua" (38).

La Macedonia, infatti, pur essendo una regione economicamente povera (gli abitanti che nel 1900 assommano a tre milioni, sono in costante regresso a causa dell'emigrazione, del brigantaggio e della miseria) costituisce l'area dove maggiormente si scontrano le diretttici di espansione delle potenze. La stessa posizione geografica, al centro della penisola balcanica, la rende punto di incontro e di conflitto degli interessi bulgari, greci, serbi e romeni, tutti in opposizione al dominio ottomano risalente alla seconda metà del secolo XIV. Le contese sulla Macedonia si accentuano quando si pone il problema nazionale, il problema cioè del passaggio da nazione a Stato nazionale.

Dopo il 1870 la Bulgaria, con il riconoscimento da parte delle autorità ottomane dell'esarcato autocefalo, ottiene la giurisdizione su coloro che si dichiarano slavi: il nucleo etnicamente più omogeneo viene così ad essere quello bulgaro e dal 1878 l'irredentismo macedone costituisce, in Bulgaria, l'idea nazionale per eccellenza. L'aiuto del principato ai macedoni si concretizza con l'apertura di scuole, con il patrocinio di organizzazioni culturali per la diffusione e lo studio della lingua e della cultura bulgara, con il finanziamento delle associazioni filo -bulgare, con la concessione della nazionalità agli esuli macedoni, con la formazione di comitati bulgaro-macedoni la cui principale attività è costituita dalle insurrezioni armate che dal 1899 assumono un carattere costante ripetendosi puntualmente ogni anno alla fine dell'inverno. Altra comunità etnicamente rilevante è quella costituita dai serbi, in netta preponderanza nell'alta valle del Vardar. Questi, pur non avendo una vera e propria organi zzazione, sono presenti e attivi attraverso le iniziative dei consolati e delle scuole. Albanesi, ebrei, armeni e cutzovalacchi - pastori della regione del Pindo, sostenuti nelle loro rivendicazioni dalla Romaniacostituiscono il vasto e complicato mosaico macedone, nel quale ben si inserisce l'abile politica ottomana di riconoscimenti e concessioni diverse al fine di impedire il collegamento e l'unità tra i macedoni, la quale, se realizzata, avrebbe portato ad un diverso sviluppo politico

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della regione .

In grado di contrapporsi realmente alla presenza turca nella regione, fu !'«organizzazione rivoluzionaria interna macedone» o VMRO dal nome Vatrefoa Makedonska. Revolucionarna, Organizacija, che in breve tempo riesce a darsi una struttura militare agendo con metodi di vera e propria guerriglia partigiana (39). La situazione macedone e i suoi sviluppi sono attentamente seguiti dall'Ufficio coloniale (Ufficio dello scacchiere orientale) dello Stato Maggiore italiano attraverso i dati originali desunti dalla corrispondenza degli addetti militari, dalle relazioni dei viaggi compiuti nella regione dagli ufficiali italiani e dalle notizie degli informatori L'importanza che lo Stato Maggiore i t aliano annette alle questioni balcaniche e ai problemi della Macedonia, intorno ai primi anni del secolo, si inserisce nel contesto della stessa politica estera italiana, determinata ad acquisire un proprio peso politico nei Balcani. La questione macedone, in particolare, non può essere eliminata dalle competizioni internazionali e il problema è duplice: sottrarre le popolazioni cristiane al dominio turco e sistemarle secondo il principio di nazionalità. La situazione politica internazionale determina un capovolgimento delle posizioni nei Balcani; l'Austria appoggia ormai la Bulgaria, mentre la Russia sostiene la Serbia. L'Italia - la cui pol i tica nei Balcani si concretizza già nel 1896 con il matrimonio del principe ereditario Vittorio Emanuele con la principessa Elena del Montenegro - intensifica, con il ministro degli Esteri Tommaso Tittoni, la propria azione economica e culturale nella penisola, interessandosi particolarmente dell'Albania (40) .

Nel 1903, dunque, la situazione macedone - con le rivolte del febbraio e del 2 agosto (rivolta di Sant'Elia) -- torna ad aggravarsi sollecitando indirettamente gli accordi di Mi.irzsteg il cui programma prevede la nomina di agenti civili austro-ungarici e russi presso l'ispettore gener ale turco della Macedonia, il riordinamento della gendam1eria da affidare a ufficiali europei al servizio del su l tano e, infine, un definitivo assetto dei distretti amministrativi. Il ministro Tittoni ottiene, in cambio dell'appoggio italiano al programma delle riforme, la nom i na di u n uffi -

(39) Ufficio coloniale, Ufficio dello scacchiere orientale, Promemoria, (generalmente anonimi, avevano la funzione di riassumere i principali avvenimenti) . Stati balcanici, r. 3

(40) A . Biagini, la folta per l'indipendenza albanese nei rapporti degli addetti militari italiani (1911 - 1912), in "Shcjzat" (Le pleiadi), 1978; E . Maserati, Momenti della questione adri atica (1896 - 1914), Ud ine 1981.

L1talia e le guerre balcqniche ciale italiano in qualità di comandante responsabile della riorganizzazione della gendarmeria. In base a questo accordo nel gennaio 1904 viene nominato il generale Emilio de Giorgis che il mese successivo giunge a Costantinopoli per assumere ufficialmente il comando della gendarmeria (41). Nonostante l'evidente successo diplomatico, gli ambienti militari italiani non nascondono dubbi e perplessità circa la reale efficacia delle progettate riforme. Una nota dell'Ufficio coloniale, redatta dal capitano Isidoro Zampolli (42), sottolinea come il progetto austro-russo non risponda "a ciò che pretendevano gli insorti bulgari, i quali volevano essere bulgari, uniti o no alla Bulgaria", e non sia attuabile nel giro di pochi anni per il riproporsi delle insurrezioni: "la propaganda dei comitagi continua, l'organizzazione delle bande si va perfezionando con regolamenti emanati dai comitagi, e divulgati in tutti i paesi, con coscrizioni, usi militari, con tasse percepite anche dai più poveri per l'armamento e l'arruolamento degli insorti ". Proseguendo nella analisi Zampolli sostiene che non è sufficiente aver affiancato al governatore della Macedonia, Hilmi pascià, due alti funzionari (uno austriaco e uno russo) pur con i pieni poteri di controllo su tutto ciò che riguarda l'amministrazione e la giustizia. L'accordo - secondo il giudizio espresso più tardi da Rubin de Cervin - non poggia su basi solide: la Russia, impegnata contro il Giappone, è interessata al mantenimento dello status quo anche se vede "con rancore svanire il sogno di avere nella Bulgaria uno Stato pressoché vassallo"; il comportamento austriaco lascia trapelare l'intenzione di una penetrazione in Macedonia: "i consoli propiziandosi le popolazioni mediante protezioni e soccorsi in danaro, vengono di sottomano osteggiate le riforme che, quando ottenessero buona riuscita, allontanerebbero vieppiù il raggiungimento delle note mire su Salonicco. Aiuti sono poi forniti ai comitati perché viva possa essere mantenuta l'agitazione". Citati alcuni fatti a prova di quanto sostenuto, l'ufficiale italiano conclude il suo rapporto ipotizzando un intervento austriaco in Macedonia motivato e giustificato dal ripetersi de i

(41) V. Elia, Il generale de Giorgis a Costantinopoli, Costantinopoli 5 febbrai o 1907, r. 31. L'adclello milit.are riferisce circa una vicenda che ha suscitato scalpore nella capitale ottomana: " ... sci mesi dopo che il generale de G iorgis, giunlo co l grado di generale di divisione era promosso biringiferik, gli venne comunicato che il suo stipendio era aumentalo di 50 lire turche (in totale 1 150 franchi) e che gli arreLrati di sei mesi erano a sua disposizione . Il generale ringraziò ma rispose che con l'aumento di g rado non imendeva accettare alcun aumento di stipendio "

(42) Note per il generale de Giorgis redatte con il concorso del capitano ?,ampolli, minuta s.d. ma del gennaio 1904, Stati balcanici, r.3.

disordini (43).

Compito non facile, dunque, quello che si presenta al generale de Giorgis sia per l a situazione internazionale che per quella interna. La gendarmeria cos t ituisce infatti un corpo tra i meno efficienti de l l'apparato militare turco e comprende ben 71 reggimenti, suddivisi in 133 battaglioni; i gendarmi sono reclutati per arruolamento volontario con ferma non minore a due anni, i sottufficiali provengono dalla truppa mentre gli ufficiali sono rec lutati in parte tra i sottufficial i e in parte dalle altre armi ricevendo, come compenso, il passaggio ad un grado superiore poiché entrano a far parte di un corpo di minor prestigio e di servizio oneroso. L'istruzione militare è inesistente, mentre l'amministrazione è caratterizzata dalla incuria nella distribuzione e nella manutenzione dell 'equipaggiamento, nonché dalla irregolarità nei pagamenti degli assegni spettanti al corpo: in pratica i gendarm i turchi, "malvesti ti , non pagati, str umenti di un governo quanto mai arbitrario", non godono di alcun prestigio con conseguenze negative sullo spirito e sulla disciplina. Il risultato è costituito da un servizio estremamente approssimativo: "nelle campagne e nei villaggi è ai gendarmi che sono da imputarsi molti dei furti, e non di rado essi si abbandonano iso lati od a gmpp i ad atti di vero brigantaggio" ( 44) .

Il programma di MUrzsteg prevede un aumento dell'organico, un miglioramento del trattamento economico e l'ammissione di elementi di religione cristiana. Il governatore generale incaricato dell 'applicazione delle riforme, Hilmi pascià, "sia per la sottile mala volontà in che son maestri i turchi" sia per le difficoltà oggettive, ottiene solo l'aumento dei gendarm i da diecimila a ventimila - il che è un pretesto per armare i turchi in funzione anti bulgara - e l'arruolamento di circa settecen to cristiani, reclutati tra gl i elementi peggiori: nessun cristiano che abbia "miglior mestiere" può infatti sentirsi attratto da una "posizione" che lo espone all'odio dei correligionari e alla vendetta dei colleghi musulmani, in particolare albanesi, ostili alle riforme.

I primi due anni di attività vengono impiegati dal generale de Giorgis e dai suoi collaboratori a porre le basi per un reale ed efficace funziona-

(43) G. Rubin de Cervin , Questione cit., pp 11 - 13.

(44) I 133 regg imenti di gendarmi co mprendevano 420 compagnie a piedi, 234 a cava llo e due con cammelli. Il numero di bau.aglioni era variabile e la forL.a media di ogni bau.aglione di c irca 80 uomini. Cfr. La gendarmeria nei tre vilayets di Salonicco, Kosovo e Monastir prima delle riforme chieste dall'Austria e dalla Russia, promemoria s cl. dell'Uffi cio coloniale, r. 3, Stati balcanici.

L'Italia e le guerre balcaniche mento della gendanneria: congedo degli elementi peggiori, scuole per allievi gendarmi e per ufficiali a Salonicco, Monastir e Uskub (Skopje), progetti per la costruzione di nuove caserme - ostacolati da Hilmi pascià-, arruolamento degli elementi cristiani. L'attività degli ufficiali europei procede lentamente e con difficoltà per la sotterranea opposizione delle autorità ottomane e per l'endemica lotta che oppone le bande bulgaro-macedoni e quelle greche, spesso incoraggiate e finanziate dalle stesse autorità turche (45). Sempre più spesso il generale de Giorgis deve ricorrere all'appoggio delle ambasciate per ottenere l'essenziale al buon andamento della gendanneria. Una serie di richieste presentate personalmente al governo ottomano e un memorandum del gennaio 1907, testimoniano lo stato di disagio che accompagna l'azione degli ufficiali europei (46). La gendarmeria è sempre stato un corpo considerato al di fuori dell'esercito, strumento della volontà dell'autorità civili locali e degli stessi ufficiali della gendarmeria, i quali, "ignoranti, privi di senso del dovere e di amor proprio, invecchiati in un mestiere che teneva del birro e della spia" (47) si assoggettano facilmente al mutevole volere delle fazioni locali. Con la riforma, gli ufficiali escono dalle scuole preparati secondo il costume e lo stile europeo e sono appoggiati, contro i soprusi delle stesse autorità ottomane, dal generale de Giorgis. La nuova dignità produce effetti diversi: alcuni mantengono i giusti limiti del rispetto reciproco con i funzionari governativi, altri, invece, sono animati da un sentimento di rivalsa nei confronti di quelle stesse autorità che per lungo tempo li hanno mortificati. Questo - ricorda il tenete colonnello Vittorio Elia di Montiglio, addetto militare a Costantinopoli - fornisce ai funzionari ottomani il pretesto per deprecare l'influenza europea, negare la validità delle rifonne e formulare l'ipotesi che una gendarmeria riorganizzata da ufficiali europei costituisca "l'avanguardia di un'armata europea che, un giorno o l'altro, poteva essere mandata ad occupare la Macedonia". Altro motivo d'intralcio per la riorganizzazione è costituito dall'elemento ellenico, "potente in Costantinopoli e a Palazzo per il denaro e le aderenze di cui dispone", che in quel momento trova conveniente allearsi con l'amministrazione otto-

(45) Rubin de Cervin, Ufficiali bulgari che fanno pane di organizzazioni macedoni, Sofia 5 aprile 1905; Bande in Macedonia, Sofia 16 giugno 1908; Situazione in Macedonia, Sofia 27 marzo 1906, r . 34 .

(46) Requètes présentées par le général de Giorgis, copia allegata al rapporto del 5 febbraio 1907 del colonnello Elia e Memorandum.

(47) V . Elia,1/ generale de Giorgis . ..cit ., p . 3 .

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mana per distruggere, in Macedonia, qualsiasi influenza bulgara, serba o cutzovalacca. Lo stesso generale De Giorgis incontra a Costantinopoli numerose difficoltà per farsi ricevere dal sultano e presentare le propri e richieste: solo l'intervento congiunto dell'ambasciatore italiano a Cos tantinopoli, marchese Guglielmo Imperiali di Francavilla, e del capitano Giovanni Rom ei Longhena, in quel momento aiutante di campo del s ultano (48), impedisce che la situazione degeneri fino alla rottura. In occasione del rinnovo del mandato del generale de Giorgis e degli ufficiali europei si pone il problema di un ampliamento dei poteri degli organi delle riforme (49), così come l'esperienza dei quattro anni precedenti ha dimostrato essere nece ssario al fine di eliminare l'attività delle bande greche e bulgare (50).

Nel 1907 l'Italia ottiene per un ufficiale italiano, il colonnello dei cararabinieri Achille Tornas si, l'incarico di riorganizzare la gendarmeria nel viiayet di Ajdin (51 ). Nel 1908 il generale de Giorgis muore ed è il generale Mario Nicolis di Robilant ad essere nominato al suo posto: "quando Vostra Ecc e llenza - scrive a questo proposito il colonnello Elia al capo di Stato Maggiore, Tancredi Saletta - pensi alle difficoltà d ' ogni genere che accompagnarono la nomina e l'insediamento del generale de Giorgis quattro anni fa vedrà quale cammino abbia fatto la nostra influenza in questo tempo" (52).

Il 10 maggio 1908 il general~ di Robil ant giunge a Costantinopoli: le manifestazioni di simpatia del corpo diplomatico, dei funzionari ottomani e dello stesso sultano - il quale lo riceve in udienza il 15 maggio,

(48) lvi , pp. 6-10. Sulle atliviu'I e sulla figura di Romei cfr. A. Biagini, In Russia tra guerra e rivoluzi one La missione militare italiana 1915-1918, Roma 1983.

(49) V. Elia, Abboc camento del regio ambasciatore con il generale de Giorgis, Terapia 24 agosLo 1907, r 31.

(50) V. Elia, Bande ellen iche in Macedonia, CosLanLinopoli 30 luglio 1907, r. 3 1. Lo sLesso argomenLo in Trombi a Brusati (aiuLante di campo del re), Sanremo 10 oLLobre 1907, ACS, Carte Ugo Brusati, b. 9, fase. Y-2-11.

(51) V. Elia, Riassunt o della situazione politico-militare attuale della Turchia e dei provvedimenti militari adottati dall'ottohre 1907 ad oggi, CosLantinopoli 26 febbraio 1908, r. 35 a; ID., Riorganizzazione della gendarmeria nel vilayet di Ajdin, Smirne 10 maggio 1907, r. 31. Sull'operalo di De Giorgis in Macedonia cfr. E. MaseraLi, I comitati "Pro Patria" e il Consiglio albanese d'Italia nelle carte di Ricciotti Garibaldi, in "Rassegna Storica del RisorgimenLo", a. LXVI (1979), IV, pp. 461471.

(52) V. Elia, Intorno alla nomina del generale di Robilant come riorgan izzatore della gendarmeria rum eliota, Costantinopoli 24 marzo 1908, r. 35 a.

L 1talia e le guerre balcaniche assicurandogli la massima collaborazione per la riorganizzazione della gendarmeria, testimoniano la validità della scelta italiana (53).

Nel 1908 si sviluppano sostanziali avvenimenti nella situazione balcanica: in particolare la rivoluzione dei Giovani Turchi, l'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria e la dichiarazione di indipendenza della Bulgaria. Dei tre avvenimenti indubbiamente il primo è il più importante e costituisce la causa che muove gli altri due. Il movimento dei giovani ufficiali- capeggiati da Enver bey, brillante ufficiale che ha un ruolo notevole nella successiva storia della Turchia (54)prende il via a Salonicco dove maggiore è il contatto con gli europei e dove maggiore è il numero degli ufficiali che hanno studiato nelle scuole europee e dunque sensibili all'urgenza e alla necessità di un rinnovamento degli equilibri di potere all'interno dell'Impero al fine di salvarne l'esistenza. Si chiede il ripristino della costituzione del 1876 e l'uguaglianza dei diritti e dei doveri verso lo Stato, indipendentemente dalla razza e dalla confessione religiosa di appartenenza.

Il movimento dei Giovani Turchi rappresenta, con i suoi aspetti lib eraleggianti, che costituiscono una obiettiva novità nel "sistema" ottomano, l'ultimo tentativo messo in atto per salvare l'esistenza stessa del vetusto Impero travagliato dalle lotte intestine delle varie nazionalità. Tentativo generoso che giunge troppo tardi e che finisce, in un certo senso, per produrre effetti contrari agli intendimenti dei promotori. La politica nazionalistica dei Giovani Turchi provoca immediate ripercur-

(53) V. El ia, Il generale di Robi/ani riorganizzatore della gendarm e ria in Rumelia, Costantinopoli 16 maggio 1908, r. 35 a. Cfr. anche di Robilant a Brusati, Costantinopoli 16 maggio 1908; ID., Salonicco 1° e 6 giugno 1908, ACS, Carte Ugo Brusati, b. 9.

(54) Enver bey poi Enver pascià (Instanbul 1881-Turkestan 1922) termina la scuola di guerra (1899) e l' Accademia militare (1903). È tra i membri fondatori della società "Unione e progresso" e tra gli ufficiali che costringono Abdul Hamid a proclamare la coslituzione. Ispettore per la Macedonia, addetto militare a Berlino, si distingue particolarmente c ome condottiero militare nella guerra di Libia. Nominato ministro della Guerra (1915) persuade il governo ad entra re in guerra a fianco della Germania. Dopo la disfatta militare Enver lascia la Turchia e, passando per Odessa, si reca prima a Berlino e poi a Mosca. Nel 1920 partecipa al Congresso dei popoli d'oriente riunito a Bakù. A capo delle forze irregolari insorte nel Turkestan contro il governo di Mosca muore in combaLtimento. Cfr. S. S. Ayclemir, Makedonya'dan Orta Asya'ya Enver pasa, Instanbul, s. d.; L. Fischer, / sovieti nella politica mondiale, Firenze 1957, voli. 2, voi. I, pp. 450-460; A. Biagini, Momenti di storia balcanica ... , cit., pp. 145-188.

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sioni che trovano il loro riflesso naturale nell'annes s ione della BosniaErzegovina da parte dell'Austria-Ungheria e la dichiarazione di indipendenza della Bulgaria. In politica interna i Giovani Turchi conoscono poi il fallimento della politica di ottomanizzazione, di quella politica cioè volta a creare un comune sentimento nazionale ottomano (e non turco!), la quale, oggettivamente, contrasta con la valorizzazione dell 'ele mento turco il quale, a causa dell'ingerenza delle potenze europee, gode-paradossalmente - di minori diritti rispetto ad altre componenti etniche dell'Impero. Il sogno di un sistema costituzionale si infrange nel tentativo di laicizzare lo Stato: intuizione profonda resa vana dall'opposizione interna dell'elemento turco poiché il sultano incarna, oltre al potere politico, quello religioso. I Giovani Turchi, del resto, non hanno il coraggio di portare alle estreme conseguenze il movimento costituzionale mettendo in di sc ussione lo stesso presupposto monarchico-religioso dell'Impero; questa contraddizione - propugnare una monarchia liberale senza però intaccare i presupposti monarchici e religiosi dello Stato teocratico - vanifica ogni possibilità rifom1atrice.

"Fin dai primi giorni del nuovo regime si capì quanto poche simpatie godessero gli organi delle riforme in Macedonia sia agli occhi del comitato Unione e Progresso, la cui parola d'ordine era ed è la Turchia ai turchi, sia a quelli dell'esercito il quale( ... ) vedeva con amarezza la posizione privilegiata della quale godevano i camerati europei che indossavano la stessa uniforme ... ". L 'o pposizione dei Giovani Turchi nei confronti delle riforme non pecca di logica: queste infatti, sono state formulate in base all 'esigenza di proteggere i cristiani dai soprusi dei musulmani dominanti ma ora "che la costituzione dava ai musulmani, ai cris tiani, agli israeliti uguali diritti e uguali doveri, ora che i componenti della nazione ottomana, fossero essi di razza turca o greca, bulgara o serba, albanese o valacca, erano uguali di fronte alla legge" i programmi di riforme, e dunque l'ingerenza europea, risultano superflui e dannosi alla vita dell'Impero.

La riorganizzazione della gendarmeria deve continuare non più sotto l'egida delle Potenze europee ma sotto quella del governo ottomano e deve estendersi a tutto l'Impero escluso lo Yemen (55). L'attività degli

(55) V. Elia, Richiamo in Italia degli Ufficiali del regio esercito: maggiore di cavalleria Rom ei, capitano dei carabinieri Tornassi e tenente Mazza. Gli ufficiali europei e la riorganizzazione rumeliota, Terapia 9 sclt.embre 1908; ID , In/Orno alla permanenza del generale di Robilant al servizio ottomano, Cost.anLinopoli 22 novembre 1908; r. 35 a; ID., Arrivo a Costantinopoli del generale di Robilant, Cos t.anlinopoli

L'Italia e le guerre balcaniche ufficiali italiani prosegue comunque per tutto il 1909-1910; luci ed ombre di questa attività vengono puntualmente registrate nei rapporti del generale di Robilant soprattutto per quanto riguarda le relazioni, non sempre facili, con le autorità ottomane (56). Ancora nell'aprile del 1911 il nuovo addetto militare a Costantinopoli, tenente colonnello Prospero Marro, scrivendo al capo di Stato Maggiore, generale Alberto Pollio, conferma l'interesse della Turchia a mantenere gli ufficiali stranieri nella riorganizzazione (57).

Il 27 settembre I 911 il generale di Robilant riceve dal governo italiano l'ordine di rimpatriare con tutti gli ufficiali a causa dell'inasprimento dei rapporti italo-turchi e dell'invio dell'ultimatum dell'Italia alla Turchia; il 28, giorno della dichiarazione di guerra, la delegazione italiana lascia Costantinopoli: "pochi giorni prima - scrive a questo proposito il generale di Robilant al generale Brusati , aiutante di campo del re - nessuno vi avrebbe creduto, e confesso che io pure ero stato tratto in inganno sulle vere intenzioni del governo dal congedamento della classe, dalle grandi manovre della flotta e dall'annunziato arrivo del nuovo ambasciatore" (58).

Anche se il Congresso di Berlino ha, un certo senso, sancito la scarsa considerazione delle potenze nei riguardi dell'Italia (guardata peraltro con diffidenza sia da Vienna ch e da Berlino a causa dei movimenti irredentisti), il mutare degli equilibri di potere fra gli altri paesi e la costante presenza nella penisola balcanica comporta una diversa valutazione del ruolo e del significato che l'Italia può assumere.

Sia l'Austria che la Germania trovano interesse a un'azione comune; accettando l'ftalia come parte contraente nella Triplice alleanza (1882), la tolgono dall'isolamento e - dopo gli avvenimenti di Tunisi tanto duramente condannati dall'opinione pubblica - le restituiscono nuova di-

28 novembre 1908; ID., Ritorno a Salonicco del generale di Rohilant. Schema per la riorganizzazione della gendarmeria in tutto l'Impero Gli uffi ciali italiani del servizio di riorganizzazione, Costantinopoli 22 dicembre 1908; ID., Ufficiali italiani per la riorganizzazione della gendarmeria ottomana, Terapia 19 giugno 1909; ID., Riorganizzazione della gendarmeria dell'Impero, Terapia 1l giugno 1909, r. 37.

(56) M. Nicolis di Robilant, Riorganizzazione della gendarmeria ottomana, Salonicco 30 luglio 1910, r. 38; V. Elia, Incidente accaduto ad un ufficiale del regio esercito al servizio ottomano, Costantinopoli 25 gennaio 1910, r. 30.

(57) Marro a Pollio, Costantinopoli 1° aprile 1911, r. 25

(58) Di Robilant a Brusati, Roma 16 ottobre 1911, ACS, Carte Ugo Brusati, b. 10.

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gnità e credibilità (59). La politica estera italiana si sviluppa dunque su due direttrici: l'Africa (60) e i Balcani.

Sulla questione africana sia l'opinione pubblica che la componente governativa sono divise. Nel Nord del paese - dove la classe operaia è confluita nelle organizzazioni socialiste - si manifestano opposizioni ai progetti coloniali mentre nell'Italia centrale e meridionale si registra una maggiore adesione nella speranza, più o meno consapevole, di nuove terre da lavorare. Quanto al governo, le posizioni dei vari uomini politici s on o discordi e alterne nel tempo; Crispi, tornato al potere dopo Di Rudinì e Giolitti, è il sostenitore più accanito della politica coloniale; Sonnino, esperto e prudente ministro del Tesoro, svolgendo a pieno il proprio ruolo, guarda al bilancio che non può sopportare l'impegno finanziario delle guerre coloniali. Il taglio della spesa militare (già ridotta dai precedenti governi da 405 milioni del 1892-93 a 236) si aggiunge ad altri elementi, anch'essi di segno negativo, come per esempio la mancanza di esperienza nel settore che non induce i politici all'elaborazione di alcun piano organico complessivo da affidare alle forze militari per lo studio della necessaria struttura organizzativa e operativa. Tutto sembra sconsigliare l'esperienza co loni ale che, dopo brevi illu sioni, si rivela comunque onerosa (61).

Dagli an ni successivi al 1882, la politica bismarkiana si avvia verso una crisi profonda per il riacutizzarsi del contrasto austro-russo nei Balcani . Gli scontri maturati nei continenti extra-europei comi nciano a far sentire i loro effetti nei rapporti tra le grandi potenze: Russia e Inghilterra in ,Medio Oriente, Francia e Inghilterra nel Mediterraneo e in Africa. E proprio la componente antifrancese a consentire, durante il governo Depretis, l'occupazione di Massaua da parte dell'Italia, "autori zzata" dall'In gh ilterra - padrona del Mediterraneo e del Mar Rosso - che in tal modo intende frenare l'espansione francese ..Anche Crispi si muove secondo un'ottica intesa a isolare la Francia e so tto l'influenza della Realpolitik di Bismark interpreta il ruolo della Triplice

(59) Grande peso ha l'impossibilità di un dialogo con la Francia; l'alleanza con l'Austria, che pre suppo ne quella con la Germania, coslituisce di fatto, anche se non espressamente detto nel trattato, una garanzia territoriale per l'Italia (cfr L. Salvatorelli, La Triplice Alleanza -Storia diplomatica 1877-1912, Milano 1943.

(60) Come è noto, la prima az ione operativa è quella dell'acquisto della baia di Assab sul Mar Rosso (1882), segue poi l'occupazione di Massaua (1884-85) e quella di una parLe della Somalia (1885-1890).

(61) Cfr. Storia Militare della Colonia Eritrea, cit., voi. II, p. 14 sgg.

L'Italia e le guerre balcaniche come esclusivamente conservativo dell'assetto europeo esistente, accentuando la frattura nei rapporti con la Francia - non solo politici ma anche economici - che avrà pesanti conseguenze per l'Italia. Con i ministeri di Rudinf e Giolitti, si intravede un mutamento della politica estera italiana, ma un avvicinamento alla Francia avrebbe determinato la reazione della Germania e la rottura della Triplice; ancora una volta non sembra in alcun modo opportuno modificare i legami internazionali consolidati da oltre un decennio per migliorare i rapporti con la Francia divenendo però nemici dei propri alleati.

Nell'intricato scacchiere di accordi e disaccordi, si presenta invece per l'Italia l'opportunità di "entrare" in combinazioni politiche più favorevoli che in passato, tanto che di Robilant, all'epoca ministro degli Esteri, riesce a negoziare il rinnovo della Triplice, modificando sensibilmente i contenuti dell'alleanza; essa estende le sue garanzie anche a settori ormai divenuti di grande interesse per l'Italia, sia l'area balcanica messa in crisi dalla guerra russo-turca, sia il Mediterraneo dove possono trovare realizzazione le aspirazioni coloniali in funzione antifrancese. Il s uccessivo rinnovo della Triplice (per altri sei anni a partire dal 1896) diventa così una integrazione degli impegni precedenti per la difesa dell ' assetto europeo e soprattutto, dall'ottica italiana, uno strumento teso a evitare una eventuale aggressione da parte della Austria, della Francia o di ogni altra Potenza (62).

Ulteriori, non secondari, vantaggi sono ancora: l'obbligo di compensi territoriali - stabilito a carico dell'Austria - nel caso in cui non fossero rimasti inalterati gli equilibri di potere nei Balcani; l'impegno, da parte della Germania, di sostenere un'azione italiana nei territori del Nord Africa qualora la Francia avesse tentato di estendere l'occupazione, il protettorato o la sovranità su Tripoli o sul Marocco (63). Gli accordi mediterranei costituiscono così la premessa diplomatica dell'impresa di Libia (che si sarebbe svolta dieci anni dopo l'accostamento alla Francia), antecedente sia pur lontano della partecipazione italiana alla guerra del I 915 accanto all ' Intesa e contro gli Imperi Centrali.

(62) Se di Robilant trasforma la Triplice in alleanza mediterranea, Crispi tenta di farla diventare coloniale, sulla base della convinzione che il nucleo centrale dell'intero cosmo politico sia dato daJl'insieme dei problemi interni del paese, dunque daJla politica generale, alla quale la politica coloniale deve essere funzionale.

(63) Tali impegni vengono completati da un accordo italo - inglese e da uno italospagnolo per il mantenimento dello status quo nel Mediterraneo.

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Nel 1904 le acque della politica estera italiana sono tutt'altro che tranquille: il precario equilibrio raggiunto con gli accordi del 1902 si deteriora rapidamente in conseguenza di una serie di concau se. La Russia è sempre più impegnata in Estremo Oriente, le nazionalità balcaniche si rafforzano, la penetrazione austriaca si accentua, la Germania accresce la propria influenza, economica e militare, sull'Impero ottomano. Si inaugura una fase di conflittualità con l'Austria, responsabile di una graduale "corrosione" della Triplice che si manifesta nella rivendicazione delle terre irredente e nella concorrenza per il controllo dell'Albania. La penetrazione italiana in Albania- intesa non solo e non tanto come penetrazione economico-commerciale ma anche e soprattutto "culturale"s i realizza progressivamente attraverso una se rie di iniziative, dall 'e migrazione di gruppi consistenti di braccianti e agricoltori alla costi tuzione di scuole; l'Austria - per altro irritata dalle manifestazioni irredentistiche - si mostra decisamente contraria a ogni influenza italiana nei Balcani, da tempo oggetto di propri e meditati progetti es pansionistici.

Per l'Italia, l'unica via da seguire in funzione antiaustriaca è rapprese ntata da una intesa con la Russia, che storicamente e geograficamente ha tutto l'interesse a bloccare la marcia ausuiaca nei Balcani; ma lo zar non rinuncia agli accordi con l'Austria e dimo st ra di non gradire l'infiltrazione dell'Italia nella penisola balcanica. Il ministro degli Esteri italiano Tittoni, è costretto allora a trattare direttamente con l'Austria per ev itare una sua occupazione del territ o rio albanese e, a ppoggiato dalla diplomazia anglo-francese, riesce a ottenere l'impegno di un non intervento au striaco in Albania, in cambio di un analogo comportamento da parte italiana. Con molta fatica negli anni 1906-1907 si mantiene l'apparenza di un buon accordo con gli austriaci; sia Tittoni che Giolitti sono allarmati dalle dichiarazioni di Goluchow ski, il quale afferma che tra l'Italia e l'Austria non è possibile alcuna soluzione intermedia: o alleanza o guerra.

L'alleanza continua e nel luglio del 1907 la Triplice viene rinnovata per altri se tte anni anche se, mentre Tittoni tenta di mantenere e migliorare i rapporti con l'Austria, la Ballplatz medita, al contempo senza alcuno spirito da alleata, un duro colpo alla stabilità europea, preparando il colpo di mano in Bosnia-Erzegovina ..

Nell'estate del 1908 - come si è detto - scoppia la rivoluzione dei Giovani Turchi; sotto l'influsso delle idee di libertà e di democrazia che arrivano dall'Occidente la "vecchia" Turchia (o almeno alcune parti di essa) vuole rinnovarsi. 11 regime assolutistico del sultano precipita e le nuove generazioni, appoggiate dall'esercito, inaugurano una nuova era della storia ottomana. Tale avvenimento turba l'immobilità dell'Oriente

L'Italia e le guerre balcaniche balcanico e offre al ministro austriaco Aehrenthal un buon pretesto per attuare i suoi disegni e le sue ambizioni. Egli ha , da semp re, intui to e segnalato la pericolosità della Serbia: se gli slavi serbi si fossero uniti a quelli della Bosnia e dell'Erzegovina, congiunti con i bulgari nel comune spirito panslavista, avrebbero corros9 da sud il territorio dell'Impero austro -ungarico, disgregandolo. E necessario, dunque, isolare la Serbia, considerata dal governo di Vienna un "nido di rivoluzionari", aiutando da una parte la Bulgaria a conquistare la sua indipendenza, dall'altra annettendo all'Austria le province bosniache, sottraendole così alle ambizioni serbe. Il progetto bulgaro si realizza: il 5 ottobre 1908 il principe Ferdinando di Bulgaria proclama la fine dell'alta sovranità turca su quel territorio e si incorona zar dei bulgari. Il successivo 6 ottobre Aehrenthal annette definitivamente all'Impero austro-ungarico le provincie della Bosnia e dell ' Erzegovina, amministrate dall'Austria fino a quel momento in virtù del mandato conferitole dal Congresso di Berlino.

L'Italia allora - non potendo più opporsi da sola alle manovre austro-ungariche e temendo una guerra proprio da parte dei suoi alleati nella Triplice - riconferma la sua amicizia con l'Inghilterra e si rivolge cautamente alla Russia, con la quale stipula gli accordi di Racconigi. Con tale intesa, i governi di Roma e di Pietroburgo si impegnano a lavorare in comune per mantenere lo status quo nella penisola balcanica e, nell'ipotesi di un mutamento degli equilibri, si obbligano ad applicare "il principio della nazionalità per lo sviluppo degli Stati balcanici, a esclusione di ogni dominazione straniera". Nessuno dei due governi inoltre avrebbe stipulato - separatamente dall'altro - nuovi accordi per l'Oriente europeo con una terza Potenza; da parte sua la Russia si impegna a considerare con benevolenza gli interessi italiani in Tripolitania e in Cirenaica e il governo di Roma quelli russi in ordine alla questione degli Stretti.

L'intesa conclusa non si contrappone in alcun modo alla Triplice Alleanza, dal momento che già quella obbligava Italia e Austria a mantenere inalterata la situazione nei Balcani (64) ; di fatto la Triplice - che si trova sempre più circondata e soffocata dalle intese italo-francesi, italoinglesi e italo-russe - ostacola l' espansione italiana nell'Europa balca- nica; dunque per l'Italia l'unica via possibile è quella della penetrazione economica, del re sto già avviata.

(64) Nell 'accordo verbale tra Tiuoni e Go l uchowski dell'aprile del 1905 , e ra stato stabilito che, in base al principio di nazionalità, l'autonomia della penisola balcanica doveva costituire un punto irrinunciabile per i governi di Roma e di Vienna, nel caso di un eventuale mutamento della situazione esistente.

Se nel 1900 le esportazioni au striache in Albania sono state di quattro volte superiori a quelle italiane, nel 1907 è l'Italia a esportare di più, superando l'Austria per un milione di franchi; l'Italia, inoltre, manda notevoli quantità di tessili alla Serbia, costruisce ponti e strade in Dalmazia , ha il monopolio del commercio montenegrino. Ma non può accentuare in alcun modo la propria influenza nei Balcani, dove la Triplice - di fatto - l'ha "bloccata"; per superare la c risi economica, spinta dalle correnti espansionistiche, punta sull'Africa. La guerra di Libia del 1911 nasce dunque dalle es igenze politiche del governo giolittiano, obbligato a . concessioni gradite alla destra (la destra, accettando il suffragio universale, gli aveva consentito di tornare al governo), ma nasce anche da oggettivi problemi di sicurezza.

In merito alla guerra di Libia, l'Italia si divide: sono favorevoli i nazionalisti, gli anarco-sindacalisti; contrari parte dei socialisti e dei repubblicani. La campagna libica si conclude con la vittoria italiana, ma è una vitto ria dura, difficile da gestire sul piano politica per la ten ace re sistenza degli arabi e che costa enormemente al paese senza gran di risultati per quegli italiani che avevano spera to di ottenere lavoro e nuove te rre.

Al di là delle valutazioni nell'ottica italiana, ciò che emerge dalla guerra di Libia è la debolezza della Turchia, che motiva l'attacco congiunto della Serbia, del Montenegro , della Bul garia e della Grecia, nell'ottobre del 1912. Da questo momento - come è noto - la disgregazione dell'Impero ottomano sarà un dato di fatto. seg uito da avvenimenti molteplici, intimame nte connessi tra di loro, che muteranno sostanzialmente dalla fine del 1912 all'agosto del 1913 l'assetto territoriale e gli equilibri di influenza nei Balcani.

Intanto, proprio mentre la questione d'Oriente minaccia l'Au stria , i governi di Vienna, di Berlino e di Roma rinnovano la Triplice (fino al 1920, ma con la previsione di prorogarla fino al 1926 in assenza delle disdetta di una dell e parti contraenti). Il testo del trattato è ancorn quello del 1902, salvo l'inserimento di un nuovo protocollo che riconosce la sovranità italiana sulla Tripolitania e sulla Cirenaica - sovranità intesa come mantenimento dello statu quo in Nord Africa - che il governo tedesco è tenuto a garantire (65). L'intreccio dei problematici equilibri in

(65) Tale obbligo da parte del governo di Berlino era previs to dal trattato di alleanza (articoli IX e X risalenti al 1887 e al 1891 ); nessuno dei tre alleati aveva chiesto d i apportarvi delle modifiche e dunque continuava a essere valido. I fini, difensivi

L'Italia

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