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e le guerre balcaniche
Marica come direzione principale d'attacco, si è ritenuto più opportuno trattenere l'avversario e avvolgerlo all'ala destra verso Kirk Kilisse. I dispacci da Costantinopoli ovviamente annunciano continue disfatte bulgare e perdite enormi a Kirk Kilisse, ma precedenti esperienze inducono a dubitare della loro veridicità.
I bulgari hanno ottenuto vari successi e sono avanzati nella vallata dell'Arda; i turchi reclamano strepitose vittorie in Tracia e in Macedonia, ma le notizie non sono convalidate in alcun modo, mentre, al contrario i serbi sono entrati a Novi Pazar, e i greci continuano l'avanzata minacciando la ritirata degli awersari.
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La prima grande vittoria è ottenuta dai bulgari che il 24 ottobre si impadroniscono di Kirk Kilisse facendo parecchie migliaia di prigionieri e catturando artiglierie Krupp e grandi quantità di munizioni. I turchi si ritirano in disordine. Contemporaneamente alla frontiera della Tessaglia, subiti altri rovesci, si danno alla fuga. N el vilayet di Kossovo i serbi, dopo disperati combattimenti, si sono impadroniti di Kumanovo e le forze montenegrine bombardano Tarabos. Ovunque i turchi sono stati ~~onfitti; Adrianopoli è ormai attaccata e la posizione di Zeki pascià a U s ki.ib è alquanto critica; tuttavia la battaglia decisiva, quella che deciderà le sorti della guerra, deve essere ancora combattuta e le truppe bulgare dovranno misurarsi con quelle di Abdullah pascià concentrate a sud di Adrianopoli (41 ). A Berlino non mancano i commenti sulla presa di Kirk Kilisse da parte dei bulgari e nei circoli ufficiali si sostiene che la presa di Kirk Kilisse non può avere gravi conseguenze in quanto la fortezza avanzata aveva la funzione di trattenere i bulgari. Avendo resistito cinque o sei giorni ha ottemperato al suo compito ed ha permesso all'esercito turco di rafforzarsi con altri diecimila uomini su Adrianopoli; alla guarnigione di Adrianopoli spetta ora il compito di collaborare con la massa principale delle truppe combattente. Il generale von der Goltz, naturalmente profondo conoscitore dell ' esercito turco, afferma perento-
(41) «In 15 giorni, sulle lince serbe, hanno circolato 2.800 treni; sulla linea N ish-Y rania transitano 48 treni al giorno A Belgrado si esaltano le qual it.à balistiche dei cannoni Creuzot, a Vienna si dice ch e le forze turche concentrate ad Uskub ammontino a 150.000 uomini (invece di 80.000). Un deputato ing lese che ha viaggiato in Asia Minore assicura che nelle popolazioni turche è diffuso un profondo malcontento e una aperta irritazione contro il governo. Lo stato continuo di guerra nello Yemen e in Tripolitania, le tasse, gli atti arbitrari, i richiami continui alle armi hanno esasperato gli animi È da ritenere perciò che un disastro delle armi ottomane mo l to probabilmente abbia delle ripercussioni a Costantinopoli, con una nuova e sanguinosa rivoluzione)) (Bagnani, Londra 25 ottobre 1912, prol. n. 271).
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riamente che "anche se in principio la campagna volgerà male per i turchi, questi alla fine saranno vittoriosi " (42) ma valga su tale affermazione quanto detto sopra a riguardo di Mollke. Dello stesso parere i circoli finanziari e politici di Parigi inclini a favorire la vittoria finale turca in netta contrapposizione con l'opinione pubblica che simpatizza apertamente con gli Stati balcanici visti come portatori di quell'ideologia nazionale simbolo e sinonimo, in quel momento, di libertà.
In realtà sono proprio i "competenti" ad attribuire limitata importanza ai sintomi significativi che legittimano invece dubbi consistenti sulla condizione morale e disciplinare delle forze militari e navali della Turch ia; le opinioni ascoltate e diffuse provengono infatti da quegli ufficiali tedeschi che hanno istn1ito le truppe turche e che hanno dichiarato ripetutame nte che " g li Stati balcanici si sono impegnati alla _leggera e senza calcolare al giusto valore la potenzialità dell'avversario".
Ma con il trascorrere del tempo il susseguirsi di nuovi avvenimenti ha decisamente sconcertato le consolidate opinioni tedesche e francesi influenzate dagli identici interessi finanziari e dal comune timore che una sconfitta turca possa provocare gravi complicazioni. A Berlino si comincia ad ammettere che la sorte delle armi potrebbe definitivamente arridere agli Stati balcanici, si valuta la gravità dei problemi conseguenti e si comincia a constatare la difficoltà di mantenere l 'accordo fra le Potenze che già minaccia di rompersi per la pressione dei loro divergenti interessi: si decidono , in conseguenza, alcune disposizioni militari di carattere puramente precauzionale.
Le notizie del 26 ottobre riferiscono che l'esercito bulgaro dell'Est sta inseguendo le truppe di Mahmud Muktar pascià (che da Kirk Kilisse si sono ritirate verso Bunar Hissar) , mentre una brigata è già arrivata a Viza. Le truppe d'investimento hanno occupato i fo r ti di Marasch, Havaras, Sifilar e la 3a armata serba si è impadronita..di Vuciten presso Mitrovica, di Gilan e di Gerisovits a nord-ovest di Uski.ib . I montenegrini hanno accerchiato Tarabo~ e la guarnigione turca di Scutari si prepara a una eventuale ritirata su Alessio; il generale Yukovié è giunto a Sjenica a cinque miglia dalle truppe serbe mentre la cavalleri a greca si è spinta fino a Kozani.
Le perdite bulgare a Kirk Kilisse si fanno ascendere a circa cinque mila tra morti e feriti, e gli ospedali sono già pieni. Il fuoco d'artiglieria turco a Tarabo~ non ha dato risultati notevoli per la cattiva qualità delle munizioni mentre a Kumanovo i serbi si sono impadroniti di dodici can-
L'Italia e le guerre balcaniche noni, di una consistente quantità di munizioni e hanno causato notevoli perdite alle truppe turche, calcolate in circa cinquemila uomini.
Informazioni di varia natura fanno ritenere che la guarnigione di Adrianopoli consti di sessantamila uomini e che a Kirk Kilisse abbiano combattuto circa cinquantamila turchi. La vera causa della sconfitta turca viene attribuita dagli esperti militari alla disorganizzazione dei rifornimenti e, soprattutto, alla carenza di incentivi morali, fortemente presenti invece nelle truppe degli alleati balcanici (43).
I giornali austriaci e quelli tedeschi sono - a giudizio degli addetti militari italiani - estremamente reticenti nel pubblicare le notizie sulla sconfitta turca in quanto "legati" alle banche e alle aziende che hanno in Turchia consistenti interessi. Malgrado ciò sono costretti ad ammettere che, dopo le vittorie conseguite, le nazioni balcaniche non potranno essere obbligate a rientrare negli antichi confini. I giornali inglesi, in genere più cauti negli apprezzamenti, riconoscono gli immensi e insperati successi che gli eserciti alleati hanno ottenuto in pochi giorni e sottolineano la deficienza di iniziativa e di spirito offensivo dei comandanti delle armate turche (44).
La stampa, in buona sostanza, esplicita quelli che sono i problemi che si dibattono nelle principali cancellerie europee, le quali, come noto, allo scoppio della guerra si erano accordate sulla base della proposta francese di non consentire agli Stati balcanici ingrandimenti territoriali anche se vittoriosi sulla Turchia. Una formula di tal genere - in altri termini - bloccando le aspirazioni austriache e russe nei Balcani avrebbe dovuto impedire ben più ampi e gravi conflitti. Una formula teoricamente ineccepibile che rivela però tutta la sua debolezza quando concretamente si verifica vittoria militare, data come pura e improbabile ipotesi, degli Stati balcanici che segnalano - inequivocabilmente - la propria volontà di affermazione e di indisponibilità a rinunciare ai vantaggi conseguiti.
(43) Parigi 26 ottobre 1912.
(44) A Vienna si afferma che l'atteggiamento passivo dell'Austria di fronte all'occupazione serba del Sangiaccato di Novi Pazar è una mossa tattica; presto si saprà il pensiero delle grandi Potenze sulla questione degli indennizzi territoriali. Il solo modo di stabilire la pace nei Balcani è quello di arrivare a un'equa distribuzione dei compensi territoriali che soddisfi l'Austria e i piccoli Stati balcanici. La Serbia vuole uno sbocco sul mare e non sarà possibile negarlo anche se questo toglierà all'Austria la via verso sud. Per la Macedonia, Russia e Francia stanno studiando una "formula macedone", alla quale si opporrà però la Bulgaria se non otterrà come compenso buona parte della Macedonia stessa (Albricci, Vienna 27 ottobre 1912).
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La situazione politica internazionale è dunque sostanzialmente mutata e Londra è la prima a prenderne atto. Ci si rende conto, in altri termini, che la questione balcanica non è più un problema fra grandi Potenze e piccoli Stati e che essa potrà trovare una soluzione solo sulla base di nuovi equilibri. Sembra tramontare la formula dello status quo e la monarchia austro-ungarica non ha il potere di impedire il crollo dell'Impero ottomano. Il governo di Berlino, che pure mantiene un atteggiamento filo-turco e cerca di minimizzare i successi bulgari, viene fortemente criticato dall 'opinione pubblica per la politica estera nei Balcani. In Inghilterra l'opinione prevalente è quella della neutralità.
Solo a Pietroburgo la sconfitta turca viene accolta con soddisfazione e con orgoglio per i risultati ottenuti dall'esercito bulgaro, istruito ed e quipaggiato sul modello di quello russo: "molti uffic i ali hanno studiato nelle scuole militari russe, mentre i turchi sono stati addestrati dai tedeschi". La tradizionale simpatia russa per i popoli slavi dei Balcani è tale che un appello della croce rossa per volontari da mandare nella penisola ottiene in pochi giorni oltre ventiduemila adesioni. La possibilità di una ripresa turca con l'arm a ta di N azim pascià "sulla nuova linea di difesa . .. ancora virtualmente intatta" non viene lontanamente presa in considerazione in quanto i turchi sono considerati sconfitti soprattutto sul piano morale. Si è determinato un radic~le capovolgimento dell'opinione pubblica sulla questione d'Oriente. E la fine della invincibilità e dell ' onnipotenza turca ed anche i più ostinati turcofili ammettono che se la Romania avesse aderito alla lega balcanica, l'Impero ottomano in Europa sarebbe già tramontato: "le piccole nazioni balcaniche si sono rivelate all'Europa, quello che l'Europa doveva da parecchio tempo immagii:i.are" (45). Intanto la guerra continua: il 28 ottobre i serbi occupano Uskub e Mitrovica e il principe ereditario riunisce le sue truppe con quelle provenienti da Egri Palanka. ..
L'effetto morale della caduta di Usktib è altrettanto grande quanto quello prodotto dalla vittoria turca di J\irk Kilisse ed è accresciuto dal fatto che tutte le località fra Prishtina e Usktib si sono arrese.
La colonna bulgara, conquistata Kocana e I~tip si unisce nella vallata del Vardar alle truppe serbe che avanzano da Uskiib; l'esercito bulgaro accenna a voler tagliare la ritirata all'esercito turco verso Costantinopoli; Baba Eski, centro della linea di difesa turca fra Dimotica e LUle Burgas, viene occupata. I greci continuano ad avanzare senza opposizione in Tessaglia e nell'Epiro si impadroniscono del passo di Pentepigadia, di(45) Bagnani, Londra 28 ottobre 1912, prot. n 274, r. 41.
L'Italia e le guerre balcaniche rigendosi su Joannina. I montenegrini continuano il bombardamento su Tarabo~ e il generale Vukovié prende Rozai che domina Ipek. I turchi, in Macedonia, si ritirano in direzione di Kuprulu mentre le forze di Monastir si concentrano verso Verria e N azim pascià prolunga in Tracia la linea di difesa verso Chorlu. Le notizie che progressivamente si susseguono dai teatri di operazione permettono prime valutazioni che fanno risalire la sconfitta turca all'inefficienza dei sistemi di rifornimento, mentre da parte bulgara la prevalenza numerica e morale ha prodotto il successo dell'attacco frontale (46). Un successo parziale, si sottolinea, in quanto contemporaneamente fallisce la manovra avvolgente che sola avrebbe permesso la definitiva sconfitta turca. In buona sostanza se l'attacco bulgaro costituisce un'autentica sorpresa per i turchi, il facile successo determina nelle file bulgare un comprensibile disorientamento. Da ciò nasce la sosta sul campo di battaglia di Kirk Kilisse (24 e 25 ottobre) e quel mancato inseguimento dell'armata turca di Tracia che si salva cosi dalla distruzione.
Le sconfitte dei turchi nei diversi teatri di operazione, com'è naturale, suscitano sorpresa e dispetto negli ambienti tedeschi che indicano come cause dell'insuccesso la corruzione delle alte sfere militari turche, il loro occuparsi più di politica che di guerra, il parziale riordinamento delle strutture militari. Von der Goltz e gli ufficiali tedeschi presenti in Turchia lamentano l'inutilità dei loro consigli, raramente ascoltati, mentre la preparazione dell'esercito ottomano era stata finalizzata a fronteggiare l'attacco di uno o due Stati balcanici e non le forze unite di tutti. Il giudizio tedesco, non esente di partigianeria, ha dei fondamenti di verità anche se non sfugge a coloro che ben conoscono l'esercito turco l'errore commesso dagli istruttori tedeschi i quali hanno sottovalutato le diverse caratteristiche del materi,ùe umano a loro disposizione. Non senza sottile ironia l'addetto militare italiano sottolinea come i tedeschi sì siano limitati ad applicare "sulle rive del Bosforo ciò che si applica sulle rive della Sprea", non abbiano studiato a fondo la psicologia del soldato turco: non hanno saputo o potuto penetrare nel fondo dell'animo suo, e nel mentre hanno certo affievolito certe sue qualità guerresche innate, non hanno saputo sostituirle con altre equivalenti. Per quanto riguarda gli istruttori tedeschi sì lamentavano già che gli ufficiali turchi non volevano più tener conto dei loro consigli. "Ma di chi è la colpa? Per far risaltare
(46) Ibidem. L'addetto mil i tare italiano aggiunge: "Possiamo anche noi reclamare la nostra parte di merito nell' istruzione degli ufficiali di Stato Maggiore bulgari(... ); il generale Fitcheff è stato alla nostra scuola di guerra"
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la propria opera in faccia all'Europa, il grande Stato Maggiore germanico non trascurava occasione di proclamare i grandi progressi raggiunti dall'esercito turco. Naturale quindi che uomini ambiziosi e presuntuosi come i Giovani Turchi credessero di non aver più bisogno di consigli dai loro maestri"(47).
Da Londra continuano ad affluire a Roma le notizie sugli awenirnenti degli ultimi giorni di ottobre: continua il movimento aggirante dei bulgari (verso Bunar Hissar e Yiza) che hanno già occupato Ltile Burgas e Baba Eski lasciando Adrianopoli completamente isolata. N azim pascià si è spos tato a est col quartier generale a To korlu con l'intendimento di resistere sulla linea dei fiumi Ergene e Tokorlu; il ponte della ferrovia a Cerkesskeni è stato fatto saltare. In Macedonia prosegue il movimento di ritirata dei turchi verso Monastir e verso Salonicco, mentre Zeki pascià, dopo aver abbandonato Ùskilb si è fermato a sud-est della città dove è stato di nuovo sconfitto. L'avanguardia del principe Alessandro si trova a dodici miglia da Istip, e Kupmlu è stata occupata dai serbi che avanzavano da Kjustendil; le forze bulgare si sono impadronite invece di Drarna, interrompendo le comunicazioni fra Costantinopoli e la Mace-
(47) Merrone ricorda di aver affrontalo il tema del risveglio e della preparazione dei so ldati balcanici in una conferenza tenuta presso il presidio militare di Verona. In quell'occasione ha sostenuto: "La nostra politica deve ispirarsi al principio di nazionalità, e procedere perciò a fianco dei popoli che in quel principio confidano le loro speranze. Questa politica può esplicarsi attiva e vigorosa là nel bacino del Danubio, dove i popoli slavi tentano di raggrupparsi intorno al loro centro naturale, dove si matura la ribellione al governo turco, che per legge di natura dovrà cedere sotto il peso, per far posto a un tutto politico che affratelli bulgari, serbi, greci e albanes i, i quali non rappresentano ora più dei desideri confus i o delle grida incomposte di dolore, ma tutto un corteggio di idee, di volontà, di sangue e di culti che li sospinge verso un glorioso avvenire". Ricordando queste parole, di stile enfatico ma adatto alla circostanza, aggiunge: "Non c'era gran merito neppure allora di fare' vaticini del genere, giacché tutti i noti scrittori di cose d'Oriente avevano fatto analoghi apprezzamenti, con parole più o meno simili, ma le ricordo appunto per mostrare come fosse da un pezzo generale la coscienza del pros si mo sorgere dei popoli balcanici. Ad onta di questo sentimento latente, i Gabinetti europei non hanno creduto che il risveglio dovesse essere così improvviso e così rapidi i risultati della lotta. Bisogna dire anche per la verità storica che il merito del trionfo, della subitanea trasformazione che minaccia di cambiare la carta dell'Europa non va dato tutto ai popoli balcanici, essi sono stati aiutati incosciamente dai Giovani Turchi, i quali hanno finora mostrato, tanto nella preparazione politica quanto in quella militare, di non pos sedere né un programma né un uomo!" (Sofia 29 ottobre 1912).
L'Italia e le guerre balcaniche donia (48).
I due eserciti belligeranti in Tracia si sono spostati verso est, ed è cominciata la grande battaglia sul fiume Ergene dove Nazim pascià ha concentrato le truppe suddividendole in tre gruppi, con la cavalleria dotata di un comando indipendente. Ad Adrianopoli la situazione resta invariata: i bulgari hanno bombardato i forti moderni di ~eitan-Tabya, Karaguez, Biondja e Semerskeui, mentre in Macedonia i serbi , dopo aver preso Kuprulu, si sono divisi in due colo nne, inseguendo le truppe turche in ritirata verso Monastir e verso Salonicco. I greci sono giunti presso Yerria e hanno inviato parte delle forze presso Mona stir, in modo tale da stringere i turchi diretti in questa località fra le truppe serbe e quelle greche. A Tarabo~ i turchi resistono ancora contro i montenegrini (49).
Le notizie provenienti dallo scacchiere orientale sono così contraddittorie che è impossibile giudicare l'andamento delle operazioni: in complesso pare che l'esercito bulgaro abbia avuto qualche insuccesso, anche se parziale, a Ltile Burgas e che poi sia nuovamente avanzato trincerandosi in posizioni favorevoli . ..;d Adrianopoli la guarnigione ha fatto parecchie sortite (specie nei settori ovest e nord- ovest) senza risultati app rezzabili; il corpo d'assalto viene rafforzato da circa ottomila uomini
(48) Bagnani, Londra 28 ottobre 1912, prol. n. 275. Bagnani segnala anche che le corrispondenze inviate dal campo bulgaro alla "Reichspost" sono assai accurate per la precisione dei dati, la priorità delle informazioni, per l'acutezza delle analisi. Il ''Re ich spost " è un gio rnale clericale di non grande tiratura, ma molto importante a livello politico dal momento che è l'organo ufficioso del partito dell'arciduca ereditario che lo sostiene in vario modo ; il giornale non aveva i soldi necessari per inviare un proprio corrispondeme a Sofia e per speciale favore dell'arciduca ha potuto avvalersi dell'addetto militare austriaco, al quale peraltro le autorità bulgare hanno concesso speciali privileg i riguardo alla immunità dalla censura. La stampa inglese si è mollo rise ntita e irr itata anche perché mentre i corrispondenti di guerra degli altri paesi e uropei sono bloccati a Stara Zagora e vedono mutilati i propri dispacci, il "Reichspost" riceve ogni giorno dettagliate e continue informazioni dai campi di battaglia, inviate da personale competente e quasi immuni da ce ns ura. (Bagnani, Londra 29 ottobre 1912, prot. n. 276).
(49) Calderoni , Berlino 30 ottobre 1912. Nei circoli politici e militari tedeschi, tuttavia, si continua a ritenere che l'esercito turco, alla fine, possa avere ragione dei s uoi avversari. A sostegno cli tale opinione si dic e che i turchi hanno ancora una gran parte dell e loro forze intatte, mentre i bulgari hanno già messo in gioco persino le ultime truppe di riserva e che, chiamati ad una nuova estrema diresa della loro capitale, i turchi sap ranno ritrovare l'antico valore e l'antica energia.
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mentre si ha notizia che trentamila turchi siano sbarcati sulle coste del Mar Nero per minacciare il fianco dell'esercito bulgaro (50). Nessuna notizia di rilievo arriva dalla Macedonia, salvo quella di difficile accertamento secondo cui Zeki pascià avrebbe riunito quarantamila uomini presso il lago Doiran, dove intende dare battaglia. I greci hanno conquistato Verria sulla ferrovia Salonicco-Monastir e altre colonne hanno conquistato Kailar e Karetina; i montenegrini hanno conquistato varie posizioni a Tarabos e il principe Danilo si è unito al generale Martinovié a oriente di Scutari (51).
I primi giorni di novembre le notizie sulla grande battaglia combattuta a est di Adrianopoli danno per certo che l'esercito bulgaro, dopo aver preso Li.ile Burgas, ha respinto vigorosamente i turchi che si sono ritirati su Chorlu; i rapporti sui combattimenti nei dintorni di Viza sono contraddittori, ma è sicuro che anche qui i turchi hanno subito una clamorosa sconfitta e si sono ritirati a Seraj e a !strania. Un telegramma da Costantinopoli comunica che il consiglio dei ministri sta esaminando l 'opport unità di aprire trattative di pace e conferma il completo successo delle armi bulgare. Adrianopoli non ha c eduto, ma è ora completamente isolata; i serbi continuano l'avanzata in Macedonia, occupando Prizren e, ad eccezione di Mona s tir, si può dire che tutte le località più importanti sono sta te occupate e poste sotto l'amministrazione civile serba. I greci continuano a marciare su Salonicco: una loro colonna si è attestata a Grevena mentre la flotta ha occupato le isole di Imbros e Taso (52).
Mentre si accavallano le notizie e i contendenti si scambiano accuse reciproche di atrocità, il deputato ing lese King, lo stesso che aveva duramente condanna to la guerra italiana in Libia, chiede formalmente al ministro degli Esteri quali siano le intenzioni del governo britannico circa la difesa dei diritti territoriali della Turchia, indipendentemente dai risultati della campagna nei Balcani. Sir Edward Grey si limita a rispondere che il Gabinetto inglese si tiene in stretto contatto con le altre Po- l'Italia e le guerre balcaniche tenze, in attesa di poter agire al momento opportuno. Quando questo momento giungerà - e se giungerà - dipende non solo dall'esito finale della campagna, ma anche dalla ripercussione che questo esito avrà in Russia e in Austria. La difficoltà di mettere d'accordo queste due nazion i sulla sistemazione della penisola balcanica, nel caso in cui si dovesse alterare lo statu quo, è stata l'unica ragione che ha costretto la diplomazia europea all'immobilismo. L'Austria infatti non avrebbe potuto tollerare la cost i tuzione di un grande Stato serbo che le avrebbe chiuso la via di Salonicco, esercitando anche un'attrazione pericolosa sulle popolazioni di razza slava; la Russia, per altro verso, non può accettare l'espansione dell'Austria nelle zone abitate da slavi e sembra avere un particolare disegno per la ripartizione della Turchia europea (53). La inconciliabilità di queste posizioni vanifica aprioristicamente qualsiasi tentativo di mediazione fino alla conclusione del conflitto.
(50) Bagnani, Londra 30 ottobre 1912, prot. n. 278.
(51) Bagnani, Londra 31 ottobre 191 2, prot. n. 280.
(52) Bagnani, Londra 1 novembre e 2 novembre 1912. Il principe Az iz, che comandav a la cavalleria turca a Kirk Kilisse, è stato sottoposto a consiglio di Guerra; il capo albanese Vat Narosh ha dichiarato la sua fedeltà al Montenegro; Creta ha già adottato i francobolli greci; cento volontari ciprioti si sono arruolati nell'esercito greco. Si pubblicano con insiste nza articoli sulla possibilità e la convenienza di fare di Salonicco una città libera sotto la protezione delle Potenze europee (Bagnani, Londra 3 novembre 1912).
Si osserva, peraltro, qualche ammorbidimento austriaco nei confronti dei serbi mentre il tema al centro del dibattito rimane quello di assicurare nella penisola balcanica una pace duratura realizzabile lasciando che i popoli balcanici decidano del loro futuro. Non è stato- in altri termini - il malgoverno turco in Macedonia a causare la guerra, ma la delusione dei bulgari, dei serbi e dei greci nel veder continuamente frnstrate le speranze di unità nazionale: le Potenze europee con i loro programmi di riforme - peraltro falliti - hanno curato i sintomi ma non le cause del malessere che ha tenuto la penisola balcanica in continuo stato di agitazione. Mantenere lo statu quo e il precario equilibrio ad esso connesso ha reso impossibile qualsiasi soluzione di compromesso e cade in errore chi pensa di poterlo ristabil i re . Qualunque soluzione e h~ non soddisfi le legittime aspirazioni dei popoli balcanici renderebbe inevitabile un'altra guerra (54).
Da questa serie di affermazioni si vede come a Londra s i sia affermata la consapevolezza circa l'impossibilità di contenere le aspirazioni dei popoli balcanici. Numerose le supposizioni sugli accordi segreti tra
(53) Dalla Francia Zaccone informa che Pietroburgo ha ricordato a Parigi le passate difficoltà a proposito de l Marocco; ha anche aggiunto se essa ritenga opportuno fare appello all'alleanza solo quando si tratta degli interessi francesi. Notizie telegrafiche segnalano trasporti ferroviari di truppe e di materiali da guerra (ma non di grande quanti tà) dall'Ungheria verso la Bosnia; uffic iali di riserva residenti a Budapest sono stati richiamati in servizio; circola pure la voce di una parLiale mobilitazione della flotta inglese. (Zaccone, Parigi 3 novembre 1912).
(54) Papa, Be lg rado 4 novembre 1912, r. 16.
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gli Stati balcanici per dividersi le spoglie dell'Impero ottomano. In omaggio al principio di nazionalità la Grecia dovrebbe avere Creta e la penis'ola Calcidica, il Montenegro Ipek e Scutari, l'Albania d;~enterebbe un principato autonomo, la Serbia si estenderebbe con Uskiib fino all'agognato porto di San Giovanni di Medua, la Bulgaria raddoppierebbe quasi il suo territorio con sei milioni di nuovi sudditi e con i porti di Kavala e di Dedeagaç. Alla Turchia rimarrebbe in Europa solo Costantinopoli. Sogni e speranze di difficile realizzazione e profondamente inconciliabili con la politica delle Potenze europee. Si terne, tra l'altro, che il governo turco sia incapace a frenare le passioni, quando il disastro sarà del tutto compiuto, e si temono rnassac,'ri a Costantinopoli e a Salonicco, dove, in misura precauzionale, sono stati inviati un incrociatore inglese, uno francese, due tedeschi e uno austriaco. Mentre le fonti turche diffondono come al solito notizie ottimiste, l'offensiva degli alleati balcanici prosegue su tutti i fronti. In Tracia i bulgari si sono impadroniti di Demotica e della ferrovia fra Mustafa pascià e Chorlu, mentre la ferrovia Adrianopoli - Salonicco è stata interrotta dalle bande bulgare a Gurnurdjina e Drarna.
In Macedonia, Salonicco è isolata e la linea ferroviaria di Monastir è in mano ai greci; i bulgari hanno occupato Strumnica e Melnik e i serbi dopo Tetevo continuano la marcia su Gostivar mentre la 5a divisione greca, respinti i turchi a Castrovrahia, attraverso Kozani tende a Perlepe, dove deve avvenire il congiungimento con le truppe serbe di Gostivar. I montenegrini continuano l'assedio di Scutari; Essad pascià (che è albanese) ha chiesto a Salonicco che gli si mandino truppe turche, non potendo resistere con i soli albanesi.
La flotta greca ha occupato Samotracia e ha affondato nel golfo di Salonicco l'incrociatore turco Feth-i-Bulend, costruito nel 1906 dallo stabilimento italiano dell'Ansaldo.
La fanteria serba è stata ritirata dall'Alta Macedonia e via Sofia è stata mandata a rinforzare il corpo di investimento bulgaro su Adrianopoli(55).
L'incalzare delle notizie sollecita le cancellerie europee a ribadire le reciproche assicurazioni circa la volontà di non esasperare il conflitto in atto, ipotizzando una politica di "disinteresse territoriale".
La Romania, legata come è da una vasta serie di accordi economici e commerciali con l'Austria, conferma la propria estraneità al conflitto anche se non manca di adottare misure precauzionali come il rinforzo delle guarnigioni sulla frontiera della Dobrugia meridionale. Se questa è la versione ufficiale certo contrasta con l'insolito attivismo impresso al settore delle forniture militari, dal vestiario (due milioni di lei) alle armi (un milione di lire è la commessa per una ditta italiana di Livarde presso Torino), dai colpi per artiglieria campale alle cartucce per fucile (per cinquanta milioni di lei).
Certo è ~ commenta l'addetto militare italiano a Bucarest, tenente colonnello Zampolli - che il governo romeno "per ragioni più che altro di effetto morale e di prestigio all'interno, non vorrebbe uscire a mani completamente vuote dal prevedibile prossimo rifacimento della carta geografico-politica dell'Oriente europeo e, naturalmente, per fare ascoltare la sua voce, vuole avere pronto il solo mezzo di efficace pressione: un esercito ben preparato ... Gli ufficiali costituiscono, in Romania, un elemento importante della vita politica del paese; disciplinati e devoti al sovrano, appartengono in buona parte alla classe dominante e composta da una non numerosa oligarchia di proprietari terrieri e di professionisti, rarissimi i commercianti e gli industriali, per lo più ebrei o stranieri privi dei diritti politici, all'interno della quale costituiscono una classe numerosa, colta e intelligente; i sentimenti e le aspirazioni degli ufficiali, dunque, non possono non essere tenuti in serio conto dal governo. Essi criticano aspramente la scelta governativa della non mobilitazione nel momento in cui questa era stata indetta dai bulgari". La Romania avrebbe potuto in tal modo chiedere un'adeguata ricompensa in cambio di una benevola neutralità; la mobilitazione tardiva viene ritenuta inopportuna e inutile.
Nei confronti dei bulgari si è diffuso negli ufficiali e nel paese un sentimento di viva inquietudine: si teme che essi vogliano togliere alla Romania la Dobrugia, dove la popolazione è prevalentemente bulgara, sicché domina una preoccupazione d 'ordine difensivo, che spinge a dare grande importanza alla rettifica e alla sistemazione del confine con la Bulgaria (56).
(56) Indicano molto bene il timore che ispira la futura g rande Bulgaria le parole del generale Valianu (comandante di una brigata cli fanteria con sede a Tìrgoviste, intelligente ufficiale proveniente dal genio) in predicato d'essere nominato segretario generale alla Guerra: "Bisogna assolutamente che d'ora innanzi noi consacriamo la quarta parte dei redditi totali del paese alle spese per la difesa nazionale, altrimenti i nostri signori avvocati politicanti possono fin d'ora cominciare ad imparare la lingua bulgara per le loro necessità professionali del futuro". Questa è anche la tesi sostenuta eia Jonescu, capo del partito conservatore democratico e suo rappresentante in seno al ministero di coalizione (Papa, Bucarest 5 novembre 1912).
Antonello Biagini
Le aspirazioni romene si concentrano così nella possibilità di ottenere uno spostamento di frontiera a sud nella Dobrugia meridionale, per poter guadagnare spazio e per avere la linea di confine su di un terreno che, avendo andamento altiforme, consentirebbe una maggiore difesa. Nei circoli militari si propugna di segnare la frontiera con la Bulgaria per mezzo di una linea che dal mare, e precisamente da Kavarna a nord di Varna, vada fino al Danubio a monte di Silistra alla piazzaforte di Turtukai (Tutrakan); in tal modo Silistra diverrebbe romena e il quadrilatero bulgaro verrebbe ridotto di uno dei suoi vertici.
L'addetto militare in Romania riferisce anche con dovizia di particolari circa una missione a Berlino di alcuni ufficiali dello Stato Maggiore austriaco e di quello romeno (20-23 ottobre) per un esame complessivo della situazione politico-militare, considerati anche i patti e gli accordi speciali di carattere militare che legano l'Austria- Ungheria alla Romania. Proprio da Berlino, la situazione politico-militare viene così sintetizzata: "Un'efficace opera di mediazione delle grandi Potenze presso le parti belligeranti non è possibile, perché le Potenze non sono ancora d'accordo per quanto intendono fare: questo accordo è reso difficile dal fatto che non si conoscono ancora esattamente le intenzioni degli Stati balcanici, e quindi bisogna attendere che essi abbiano raggiunto gli obiettivi che si prefiggono. Davanti ad una situazione ben chiara e definita, sarà meno difficile per le Potenze trovare una base sulla quale iniziare le trattative. Ciò che importa, nell'interesse della pace generale, è che le grandi Potenze possano presentarsi agli Stati balcanici compatte, con uniformità di vedute, possano cioè contrapporre agli Stati balcanici quella compattezza che questi già posseggono" (57).
Nell'ambito militare, non ci sono preparativi straordinari che possano far pensare a una guerra europea imminente , pur se l'atmosfera è cambiata rispetto a quella abituale. Nelle capitali europee anche i civili parlano sempre più sovente della possibilità di un conflitto, dichiarandosi però fiduciosi che esso possa essere scongiurato dalla diplomazia.
Come da Londra e da Parigi, anche da Berl i no si segnala, come problema centrale, l'atteggiamento dell'Austria, della quale si dice che " non può disinteressarsi del rimaneggiamento della penisola balcanica, ma dovrebbe accontentarsi dei compensi economici".
A livello diplomatico dunque le Potenze si rifiutano di intervenire nel conflitto senza il preventivo consenso di tutti i belligeranti . Il conte di Berchtold afferma che l'Austria non de s idera espansioni territoriali e di-
(57) Calderoni, Berlino 5 novembre 1912.
L'Italia e le gueffe balcaniche chiara la propria disponibilità ad esaminare con "larghezza" la nuova situazione creata dalle vittorie degli eserciti alleati.
Fallito il tentativo di opporre r:_esistenza sulla linea Chorlu-Sarai, l'eserc ito di Nazim pascià si ritira. E imminente l'ultima fase delle operazioni in Tracia; circola la voce che i bulgari abbiano tagliato l'acquedotto di Costantinopoli a Derkos. L'esercito bulgaro operante contro le linee di Catalca viene rinforzato da truppe provenienti dal corpo d'armata di Adrianopoli, che a loro volta vengono sostituite da truppe serbe e da volontari macedoni. In Macedonia, i greci da Yenije, i bulgari da Kuruk e i ser bi dalla vallata del Vardar, si preparano ad attaccare Salonicco; il rimanente dell'esercito serbo è ora suddiviso in tre nuclei: uno in marcia su Adrianopoli, un altro su Monastir e un terzo su Scutari. Secondo le ultime notizi e i serbi e i montenegrini si sono congiunti a Ipek e avanzano su Djakova; i montenegrini hanno occupato Alessio e San Giovanni di Medua.
Vivaci le reazioni francesi al rifiuto austriaco circa la proposta di "comune disinteresse territoriale" e all'intesa italo-austriaca volta a contrastare l'eventuale possesso di un tratto di litorale albanese da parte della Serbia. Decisamente strumentale appare la posizione francese quando ritiene ammissibile la contrarietà austriaca all'aspirazione serba di ave re uno sbocco al mare e inammissibile quella dell'Italia i cui interessi politici, economici e militari in Adriatico non subirebbero lesioni.
L'Italia, secondo questa concezione, si sarebbe addirittura avvantaggiata istaurando con la Serbia e con l 'interno della penisola balcanica consistenti rapporti economico-commerciali. A P aiigi, in buona sostanza, si sottovaluta decisamente il pericolo relativo alla presenza slava sull'Adriatico c he fatalmente aprirebbe le porte all'influenza russa (58).
Si intensificano in Francia come in Austria le ipotesi di mobilitazione mentre le notizie della disfatta turca accrescono le tensioni politiche interne in Romania. Fatto que sto non secondario che prelude ai futuri contrasti bulgaro-romeni. Parte dell'opinione pubblica romena, gli ufficiali in particolare, rimproverano la politica seguita dal governo che ha permesso, con la neutralità, libertà di movimento all'esercito bulgaro, mentre una parte consistente sostiene la necessità di partecipare alla guerra schierandosi a fianco degli Stati balcanici alleati. Le vittorie bulgare, in conclusione, son o vi ssute come sconfitte dalla Romania che vede frustrata ogni aspettativa di aggiustamento territoriale in Dobrugia a
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causa del sostanziale rifiuto opposto dal governo di Sofia (59).
L'andamento della campagna suscita - come si è visto nel caso tedesco - contrastanti reazioni all'interno dei paesi europei. In Francia, ad esempio, mentre si deplora sul piano politico la sconfitta turca, si valutano positivamente i risultati conseguiti dall'esercito bulgaro e dall'esercito serbo i cui ufficiali hanno usufruito delle scuole militari francesi per la loro preparazione professionale (60).
Le regioni e le città conquistate dagli eserciti alleati e le ultime operazioni rendono la situazione militare ormai ben definita, l'ambito diplomatico è invece pieno di incognite e di apprensioni, salvo la certezza di voler circoscrivere in qualsiasi modo la guerra. Esplicita la polemica tra Francia e Germania circa la preparazione degli ufficiali turchi e le riforme adottate su modello tedesco (61).
(59) Nell'ambiente militare, si sono formate due correnti d'opinione: una arriva persino a parlare "di un pronunciamento di ufficiali che dovrebbe imporre al governo un ultimatum e l'aggressione alla Bulgaria; un'altra, al contrario, sostiene che la Romania dovrebbe offrire un incondizionato appogg io alla Bulgaria e alla Serbia, per aiutarle a resistere ad eventuali minacce di Potenze europee, dirette a impedire la realizzazione dei disegni politici concordati fra gli Stati balcanici e a ottenere così ugualmente, in compenso del servizio reso, le desiderate cessioni in Dobrugia. Come dimostrazione questi ufficiali propongono di lasciare una giornata di stipendio a favore dei feriù bulgari. Nessuna delle due correnti può influenzare il governo; soprattutto per la proposta di attaccare la Bulgaria, si devono considerare i fattori di carattere ideologico che agiscono sulle masse rurnli (dalle quali provengono le truppe) ostili ad una simile decisione. Il contadino romeno, infatti, non accetterebbe di dovere andare a combattere con altri cristiani ortodossi che, per giunta, hanno saputo sconfiggere tanto vigorosamente i turchi" (Papa, Bucarest 8 novembre 1912).
(60) "Bisogna credere che sia un bisogno inerente alla natura francese quello di illudersi continuamente sulla propria superiorità in tutte le manifestazioni della attività umana. Annualmente, dopo le grandi manovre, i giornali finiscono sempre i loro resoconti col constatare che il soldato francese ha dimostrato ancora una volta di essere il primo"; Zaccone, Parigi 10 novembre 1912.
(61) Calderoni, Berlino 10 novembre 1912. La "Kolnische Zcitung" scrive: "La riorganizzazione di un esercito ha d'uopo di un lavoro metodico progressivamente sviluppato di un corpo ufficiali animato da spirito di abnegazione e che si occupi solo della propria missione. Il lavoro metodico non è stato possibile a causa delle insurrezioni in Albania e in Arabia e della guerra con l'Italia: sul corpo degli ufficiali non si è potuto fare molto affidamento essendo esso diviso da agitazioni politiche. È venuto così a mancare agli ufficiali istruttori il modo di sviluppare progressivamente il loro programma di riorganizzazione dell'esercito. È poi fuori di posto il voler rappresentare il sistema di guerrn seguito dalla Bulgaria, come se fosse in antitesi alle massime
L'Italia e le guerre balcaniche
La situazione diplomatica, vista da Londra, sembra migliore in seguito al contegno conciliante dell'Austria e ai propositi non meno tranquillizzanti della Rus sia, che non sembra disposta a scatenare una guerra europea per una questione di "finestra più o meno grande" da concedersi alla Serbia sull'Adriatico (62).
La mobilitazione russa dunque viene interpretata come misura precauzio nale piuttosto che come espressione di propositi aggressivi, così come in Austria il ministero della Guerra nega il carattere di misura eccezionale all'invio di nuove reclute ai battaglioni dislocati in Bosnia Erzegovina e Dalmazia (63).
Sulle probabilità di un conflitto armato tra Romania e Bulgaria sono interessanti alcune considerazioni del tenente colonnello Zampolli, addetto militare provvisorio a Bucarest. Frequentando i circoli militari e politici della capitale raccoglie impressioni e opinioni di grande utilità per la comprensione dei progetti e dei comportamenti del governo. La Romania, a suo avviso, non si è legata alla Turchia - prima della mobilitazione dei quattro Stati alleati - in quanto la giudicava incapace a concedere vantaggi, ma non ha voluto legarsi alla Bulgaria prevedendone .Ja sconfitta. L'inaspettata vittoria della Bulgaria - che i romeni avrebbero volentieri visto sminuita nella sua forza navale e materiale - professate in Germania. È ben vero che la Bulgaria non ha avuLo istruttori germanici, ma essa ha sempre seguito e anche i mitato con grande ardore quanto si fà in Germania. Essa ha soprallutto compreso e si è fatta proprio lo spirito che emana dai nostri regolamenti sul combattimento attorno a opere fortificate, lo Stato Maggiore bulgaro lo fece subito tradurre e adottare. Ciò che contraddistingue l'azione della Bulgaria nella recente guerra è il suo spirito offensivo che non lascia tregua al nemico. Ebbene è lo sLesso spiriLo offensivo che aleggia nel nostro esercito". Bagnani, Londra 10 novembre.
(62) Zaccone, Parigi 11 novembre 1912; Parigi 13 novembre 1912. In pari data, l'addetto militare a Berlino esprime la propria convinzione - frutto di osservazioni, leuure, discorsi - che "la Germania sta facendo il possibile per ridurre l'Austria a una politica prudente, ma che non l'abbandonerà in caso estremo". (Ibidem, Roma 13 novembre 1912, Promemoria)
(63) «La ragione apparente di tale misura ri siederebbe nel fallo che il 15° corpo (Sarajevo) e gran parte del 16° (Mostar) sono costituiti da battaglioni distaccati da reggimenti sparsi in varie regioni; non risulta che la classe anziana di questi corpi sia stata congedata, anzi si dice che sia stato rimandato il congcdamenLo, tanto che si incontrano difficoltà per alloggiare le nuove reclute inviale nei distretti in parola, spec ie quelli alla frontiera della Serbia». Cfr. Albricci, Vienna 15 novembre 1912. Elementi simili anche in Zacconc, Parigi 18 novembre 1912.
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ha suscitato, specie nelle classi elevate e in quella degli ufficiali, una profonda irritazione prima e una grande amarezza dopo. Allo scopo di tranquillizzare l'opinione pubblica e di ricreare un'atmosfera di fiducia, anche fra gli ufficiali, il ministro della Guerra, generale Harjeu, afferma che l'esercito romeno è perfettamente preparato, pronto ad ogni eventualità e in grado di mettere in campo non soltanto le dieci divisioni esistenti, ma altre quindici o venti, forti di venti -venticinquemila uomini.
I giornali romeni riprendono quasi quotidianamente il tema dei compensi alla Romania, in particolare la cessione di terri.tori a sud del confine in Dobrugia - spostando il confine stesso fino alla linea KavarnaTurtukai -e la libertà di lingua e di religione per i cutzo-valacchi residenti in Macedonia . Si torna, dunque, con insistenza sul possesso di Silistra e Turtukai, necessario per il dominio delle due rive del Danubio e per la sicurezza della linea Bucarest-Costanza. Difficilmente i bulgari potranno cedere e, nella migliore delle ipotesi, potranno convenire circa una rettifica di pochi chilometri della frontiera per renderla così più regolare.
Il fin troppo prevedibile disaccordo su tali questioni può far nascere un conflitto diplomatico che la Romania potrebbe essere tentata di tasformare in conflitto militare. Una simile prospettiva, però, non sembra rientrare nei desideri del re, né in quelli della maggior parte degli uomini di governo, mentre sarebbe estremamente impopolare tra le masse rurali - e quindi tra i soldati - e tra le classi colte, sostenitrici da sempre di una espansione romena verso la Transilvania, nell'ambito di una politica di amicizia con gli slavi confinanti.
Dal punto di vista militare, la Romania avrebbe poi non pochi problemi, poiché l'esercito non è né pronto né forte, nonostante le affermazioni del ministro della Guerra. Possiede infatti 250.000 fucili (il 25% dei quali in pessime condizioni), mentre si deve registrare il fallimento dell'ordinazione di centomila pezzi presso una fabbrica austriaca fortemente impegnata con il proprio governo (64).
(64) "All'epoca, come si è dello, si era costituita una corrente 'bellicosa' fra molti ufficiali, che avevano sostenuto la convenienza di occupare l'intero quadrilatero bulgaro per garantirsene il possesso e ottenerlo poi come compenso dalla Bulgaria. Tale corrente non era stata così fone -e non poteva esserlo - da trascinare il governo ne lla direzione voluta e aveva perduto man mano la propria compattezza. Solo i capi del partilo liberale di opposizione, guidalo da Brì!tianu, continuano a esercitare pressioni per la mobilitazione , mentre tutti gli altri uomin i di governo, fo r temente scoraggiati, dicono che il momento opportuno è ormai passato. Fra questi, Jonescu, minislTO dell'interno; il generale Averescu, capo di Stato Maggiore; il generale Harjeu, l