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1.2. La formazione cattolica

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Bibliograia

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so gesto rimpiangendo il suo mondo relegato nella Cripta dei Cappuccini. Rossaro guarda questo requiem mostrando una pietà relativa, ponendo a confronto il destino dei regnanti con quello dei popoli, dei vinti con quello dei vincitori, destinati a diventare protagonisti di un’epoca nuova, resa vittoriosa dal sacriico iscritto nella provvidenza che, come per Manzoni, a lungo andare regola gli eventi e i destini delle persone. Fra le tombe di Francesco Ferdinando e di Rodolfo, entrambi ricordati dal sacerdote anche nei “Notturni trentini”20, «dorme inalmente il più sventurato di tutti, Francesco Giuseppe I, sul cui capo si rovesciò tutta la tempesta che doveva abbattere la vecchia stirpe asburgica», glossa in effetti la pagina.

«Qui Timo del Leno si fermò immobile e pensoso. Nulla aveva da chiedere, molto aveva da dare: pietà ed oblio! [...] Lì, al cospetto di quelle tombe Timo del Leno fu scosso da un senso di umana indulgenza e davanti alla storia che fece giustizia, chinò il capo e venerò in silenzio»21 .

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1.2. La formazione cattolica

Da questa testimonianza la “conversione” di don Rossaro non appare connessa esplicitamente agli orrori della guerra appena conclusa. L’atto che dovrebbe issare la riappaciicazione si mostra appunto un gesto di «umana indulgenza», nella convinzione di una storia che «fece giustizia»: perlomeno per ciò che il sacerdote ritiene giustizia, come avremo occasione di veriicare. Il monumento dove giacciono gli Asburgo, anche simbolicamente, perpetua il loro oblio nella penombra sotterranea, dove anche la memoria si acquieta in un passato da chiudere, mentre la monumentalità nuova, quella trionfante della vittoria, doveva elevarsi fuori terra, per superare l’individualismo elegiaco e divenire celebrazione collettiva, emblematico messaggio apogeo, anche nella disposizione topograica22 . Fabrizio Rasera, cui dobbiamo alcune interessanti osservazioni in merito23, ha cercato di esplicitare questa problematica posizione del sacerdote roveretano, ritenendola un prodotto del tempo e di una storia personale e familiare: quella degli zii garibaldini ad

20 A. rossaro, Notturni trentini, in “Alba Trentina”, III /78 (1919). Gli undici Notturni, riportati anche nel Canzoniere, sono editi in occasione del terzo anniversario della morte di Cesare Battisti e raccontano in versi elegiaci il travaglio del Trentino sotto il giogo dell’Austria. Nelle composizioni V e VI Rossaro fa appunto riferimento alle tombe degli Asburgo nella cripta dei Cappuccini. 21 Ivi, pp. 36-39. 22 Cfr. I luoghi della memoria. Strutture ed eventi dell’Italia unita, a cura di M. Isnenghi, ed. Laterza, Bari 1997, pp.

VIII-IX. Si veda anche in Baldo, La memoria della grande guerra cit., p. 7. 23 F. rasera, Il prete della Campana. Per un proilo politico di don Rossaro. in Il treno della pace. Da don Rossaro a Padre Zanotelli. Un percorso storico, a cura del Comitato delle Associazioni per la Pace e i Diritti dell’Uomo, Publiprint, Mori, 1992.

esempio24, di un ambiente culturalmente predisposto all’italianità. Ma non solo, anche di una particolare elaborazione religiosa, maturata nel ilone di «un cattolicesimo liberale assolutamente minoritario presso il clero trentino», particolarmente forte negli anni della sua vocazione e degli studi in preparazione del sacerdozio25, ma via via meno preponderante in riferimento ai movimenti del primo Novecento, al superamento del non expedit, all’irredentismo e soprattutto all’affermarsi del fascismo. «La ine del XIX secolo aveva in effetti visto il rilancio di un movimento cattolico trentino radicato in istituzioni economiche e sociali duramente polemico, sul piano ideale, tanto con il liberalismo che col nascente socialismo. I preti di questo movimento sono gli Endrici e i Gentili, formati alla cultura teologica di lingua tedesca oltre che a quella di lingua italiana, sensibili alla questione nazionale ma in un’ottica molto diversa da quella della cultura italiana di matrice risorgimentale», spiega Rasera, e sostanzialmente allo stesso modo argomenta Sergio Benvenuti26. Ma Rossaro fa eccezione. Rispetto a questo cattolicesimo sociale e politico «si colloca su un altro pianeta». Si muove ad una certa distanza dalla tradizione liberale (quella di Giovanni a Prato, per fare un nome), anche rispetto alla componente sociale vicina alle posizioni popolari e ilantropiche di don Lorenzo Guetti, il prete della solidarietà cooperativistica sorta sul modello austriaco di Federico Guglielmo Raiffeisen27. «Il suo Risorgimento è garibaldino e rivoluzionario»28 . Nonostante alcuni ostacoli che vedremo, con il passare del tempo le posizioni anticonformiste del sacerdote diventano però meno “scapigliate” rispetto al pensiero cattolico in

24 Il diciottenne Luigi Rossaro, zio di Antonio, nel 1859 era stato fra i primi ad accorrere all’appello di Garibaldi militando nelle ile del battaglione Vignola, nel quale poco dopo si era arruolato anche il fratello Giovanni, mentre il giovane Giuseppe, il padre di Antonio, era stato costretto dalla famiglia a desistere. I due fratelli nel 1866 avevano combattuto a Bezzecca, dove Luigi, «colpito da fuoco nemico», era rimasto ferito. Rimessosi, per il dispiacere dell’Obbedisco era emigrato in Francia, a Parigi, «per rivivere nella solitudine di un volontario esilio tutte le crude amarezze delle sue delusioni», le quali, con il riacutizzarsi delle ferite, nel 1868 lo portarono alla morte. V.

Milani, Il garibaldino Luigi Rossaro, nel 50° anniversario della morte, in “Alba Trentina”, II/6 (maggio-giugno 1918), pp. 168-175. Anche A. rossaro, Memoria dei fratelli garibaldini Luigi e Giovanni Rossaro di Rovereto, ed Grigoletti, Rovereto [1937?]. 25 rasera, Il prete della Campana cit., p. 14. 26 Sergio Benvenuti, parlando in verità del clero di ine Ottocento, scrive che «Il nuovo indirizzo cattolico-nazionale, ben diverso da quello dei cattolici liberali (in quanto non recepiva l’ideologia liberale, che anzi apertamente contrastava), si dichiarava per bocca di uno dei suoi maggiori esponenti, don Emanuele Bazzanella, sinceramente cattolico col Papa in religione e cattolicamente nazionale con l’Imperatore in politica». Cfr. S. Benvenuti, Le istituzioni ecclesiastiche, in Storia del Trentino, L’età contemporanea 1803-1918, a cura di M. Garbari e A. Leonardi, ed. Il Mulino, Bologna 2000, pp. 275- 318, Per la citazione si veda in particolare il capitolo relativo a La chiesa trentina e la questione nazionale, p. 306. 27 Sulla igura di don Guetti si veda E. agostini, Lorenzo Guetti: la vita e le opera nella realtà trentina del secondo

Ottocento, Padova 1985; L. iMperadori, M. neri, Le stagioni della solidarietà. Don Lorenzo Guetti, un prete-giornalista nell’Ottocento trentino, ed. Il Quadrifoglio, Trento, 1987; S. varesChi, Il movimento cattolico trentino tra

Ottocento e Novecento, a cura di M. Garbari, A Leonardi, Storia del Trentino, V, L’età contemporanea 1803-1918, ed. Il Mulino, Bologna, 1995, pp. 817-838; S. visintainer, La dimensione pastorale nell’opera di don Lorenzo

Guetti, in Lorenzo Guetti. Un uomo per il Trentino, a cura di A. Leonardi, ed. Temi, Trento 1998, pp. 45-51. 28 rasera, Il prete della Campana cit., p. 14.

evoluzione: in conseguenza del suffragio universale maschile (1912)29, dell’imporsi dei movimenti irredentisti e interventisti alla vigilia del conlitto, dell’abrogazione del non expedit (1919); poi soprattutto del fascismo, subito salutato dal roveretano a mano tesa30, nonché dei Patti lateranensi (1929), che riecheggiano fra l’altro nel Carme augurale, nel quale, secondo l’autore, il Risorgimento, grazie al «Duce nostro», cui «dalle piazze in festa sale l’osanna», trova il suo coronamento nella nuova Italia, «che ancor torna regina»31 .

Patria e fede, fede religiosa e politica, si incontrano dunque nel percorso provvidenziale della storia e nella sua giustiicazione, il concetto espresso da Rossaro nella Cripta dei Cappuccini: quello della guerra sostanzialmente, del conseguente legittimo riscatto dall’Austria, della Nazione creata dal fascismo; anche nella creazione di una memoria, che coinvolge la religione e la usa a sistema «di un processo culturale e simbolico, che determina le forme del ricordo», come scrive Patrizia Violi32. Fino a creare un presente cementato dalla retorica nazionale insomma, che recupera una particolare tradizione del passato per farla visione comune, nella quale la “chiesa romana” diventa componente essenziale. Ritornando al ragionamento di Rasera, si può dunque dire che Rossaro, nei limiti della sua azione, contribuisce alla rappresentazione dell’Italia nova, recuperando «un certo cattolicesimo sabaudo, vuoi patriottico vuoi più propriamente nazionalista, forte non solo nella realtà cattolica piemontese, ma presente anche in alcuni ordini religiosi […], vivo in un certo interventismo risorgimentale, largamente diffuso nei settori cattolici delle forze armate ed in certi ambienti giovanili di indirizzo monarchico che inivano [meglio in questo contesto dire iniranno] per identiicare naturalmente la causa fascista con quella monarchica»33. Sulla scorta del ragionamento di Thiesse34, si potrebbe aggiungere

29 Questo allargamento della base elettorale, inaugurando l’entrata delle masse contadine e proletarie nel panorama politico, rendeva necessario, per le élite liberali, la collaborazione del cattolicesimo in chiave anti socialista. 30 «Salute a te! Nella gagliarda fossa / Dei Cesari, precinto l’ampio fronte, / Grande, solenne, dittator, nel cielo / Di

Roma spazi. / E a te Italia tutta, nel littorio / Fascio congiunta la millenne gente, / Plaude commossa e le protese destre / Fiera soleva». Si tratta delle prime due strofe della poesia A Mussolini, composta dal sacerdote roveretano nella prima ricorrenza della marcia su Roma e pubblicata nel numero unico “Eia, alalà”, ed. Tomasi, Rovereto 1923. Anche in Canzoniere cit., p. 162-163. 31 Una nazione ormai capace di far risplendere il sangue latino «dal Vaticano al Campidoglio», grazie al «Ponteice Sovrano» e soprattutto al «Duce nostro», cui «dalle piazze in festa sale l’osanna e fausti a te le folle / Gridan gli auspici», recitano con enfasi i versi del sacerdote poeta, che così conclude: «Per te l’Italia ancor torna regina; / E per te Roma il serto le ringemma; / Per te, sul mondo rinnovato torna Cristo Romano!» [...] Ed “alalà” dal mondo tutto, dove / Roma impresse la lupa, si risponde. / Sul Campidoglio delle genti a vista / Brilla il Littorio».

A. rossaro, Carme augurale per il Papa e il Re auspice S. E. Benito Mussolini, Roma XI febbraio MCMXXIX. In occasione del “Te Deum” nell’Arcipretale di Rovereto XVII febbraio MCMXXIX, ed. Manfrini, Rovereto 1929. 32 P. violi, Paesaggi della memoria. Il trauma, lo spazio, la storia, ed. Bompiani, Milano, 2014, pp. 10-11. 33 R. Moro, I cattolici italiani di fronte alla guerra fascista, in La cultura della pace dalla Resistenza al Patto atlantico, a cura di Massimo Pacetti, Massimo Papini, Marisa Saracinelli, ed. Il lavoro editoriale, Ancona-Bologna 1988, p. 87. 34 Cfr. A.M. thiesse, La creazione delle identità nazionali in Europa, ed. Il Mulino, Bologna 2001, in particolare pp. 12 ss.

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