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2.7.3. L’infanzia. L’iniziativa dei temi scolastici
«Le élite liberali persero l’occasione non solo di riconoscere la validità dell’opera volontaria prestata dalle donne, ma anche di assoggettare il mutualismo operaio e la beneicenza cattolica all’autorità del governo centrale. Era un’occasione che i fascisti non mancarono invece di cogliere. In nome della “ricostruzione nazionale” essi criticarono aspramente il “disinteresse” liberale, imposero la “disciplina” alle associazioni locali, e mobilitarono come volontarie nelle associazioni fasciste decine di migliaia di donne del ceto medio»82 .
S. Zuech, Maria Dolens. S. Zuech, Ecce Homo.
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2.7.3. L’infanzia. L’iniziativa dei temi scolastici
«La storia, la verità, la realtà?... Oibò! Son ferri vecchi: il bambino non le curerà punto: plasmerà la materia prima a suo piacimento»83 .
Rossaro ebbe sempre una particolare attenzione per il mondo dell’infanzia e dell’educazione. Sopravvivono in lui le vecchie considerazioni riguardo una certa minorità, una certa irrazionalità congenita a donne, bambini e popolino in generale. Una politica e un messaggio che potesse investire eficacemente queste marginalità sociali doveva parlare più una lingua dell’immaginazione, della mistica e della fede che una lingua altolocata e razionale.
82 v. de grazia, Il patriarcato fascista, p. 149. In duBy-perrot, Storia delle donne cit. p. 149. 83 rossaro, La Campana cit., p. 177.
Negli anni Venti, tra le diverse iniziative promosse, come la gara per l’inno della Campana del 1924 o quella per una novella nel 1928, venne indetto un concorso per premiare il miglior tema scolastico, nel 1926. La riforma della scuola di Giovanni Gentile del 1923 aveva introdotto innovazioni che non erano passate inosservate agli occhi di don Rossaro, con l’introduzione di un modello di insegnamento che sembra meno austero di quello precedente:
«La riforma scolastica ha introdotto nella scuola un nuovo elemento che produrrà a suo tempo notevoli effetti: il disegno. Anche i bambini delle scuole elementare sono chiamati a questa gioiosa festa di linee, e si lasciò loro massima libertà. Una volta pupazzettare i quaderni di scuola, erano guai!... oggi, si va a rischio di pigliare il premio… Segno evidente dei tempi!»84
I temi che arrivarono a Rovereto erano infatti corredati da fantasiosi disegni e il loro contenuto, nonostante seguisse pedissequamente i topoi del discorso nazionalista, era caratterizzato da una certa libertà nella interpretazione dei fatti intorno al bronzo. Sono tracce delle sperimentazioni della “scuola attiva”, testimoniate dai rapporti degli ispettori scolastici, nella seconda metà degli anni Venti, studiati da Quinto Antonelli85 . Una scuola fatta di esperienze, di studio diretto dell’ambiente, di lezioni all’aperto, di escursioni e allevamenti, di musei “vivi” fatti di oggetti portati dagli alunni, di disegno come linguaggio individuale e spontaneo, di scrittura autobiograica nei diari personali. Ma queste innovazioni andavano di pari passo con la diffusione, ad opera del corpo insegnante, delle condotte, delle parole d’ordine, dei simboli del fascismo e del nazionalismo. Gli insegnanti vennero deiniti “sacerdoti del duce”, sempre più impegnati nella formazione ideologica dei novelli balilla. Alla luce di queste pratiche e di queste sensibilità è dunque più facile comprendere un ilo rosso che attraversa la vita del bronzo, almeno ino agli anni sessanta del Novecento: la Campana appare spesso come essere vivo, magico e sacro. Le sue peripezie, gli spostamenti, le rotture o le fusioni, vennero interpretate come segni di una volontà immanente, in un senso o nell’altro. Rossaro incoraggiò ed assecondò questi discorsi anche perché, probabilmente, si rendeva conto che poteva essere uno tra i modi di dare vita alla sua creatura, diffondendone la “voce” tra la gente più umile.
84 rossaro, La Campana cit., p. 180. 85 antonelli, Storia della scuola trentina cit., pp. 420-429.