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IL TESTIMONE. GRAZIANO CHISCUZZU
Co-Founder di 5e6
Graziano Chiscuzzu, già studente e ora docente del DAMS dell’Università Cattolica, è socio fondatore di 5e6, una giovane casa di produzione cinematografica con sede a Brescia (vicina di casa del DAMS, a dirla tutta). Negli ultimi dieci anni, con 5e6 ha creato una rete internazionale di collaborazioni e mantiene ovviamente stretti contatti con molti professionisti della filiera audiovisiva. Abbiamo chiesto a Graziano di descriverci quali sono i cambiamenti che hanno investito negli ultimi anni il suo comparto di riferimento.
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La domanda è davvero complessa per la sua ampiezza. Premesso questo, dividerei in primis il mondo dell’audiovisivo in due macroaree lavorative, per provare a riassumere i cambiamenti di ciascuna delle due tipologie.
Da un lato metto gli audiovisivi commerciali: pubblicità, video istituzionali, promozionali, ecc. Negli ultimi anni il più grande cambiamento è stato quello dell’aumento sistematico della richiesta di contenuti. La televisione ha visto infatti una drastica diminuzione di pubblico che spostandosi su Internet ha generato questo nuovo bisogno. Su questo tipo di piattaforma tuttavia la richiesta è davvero molto differente per svariati motivi: uno tra tutti la mancanza di un format di riferimento, di un cluster. Se in televisione lo spot va adattato a quello televisivo, in termini di aspect ratio per esempio, e deve rispondere a dei minutaggi ben definiti, su Internet no. Il contenuto che viene richiesto per i maggiori social network ha quindi caratteristiche sempre differenti. Molto spesso peraltro è privilegiata la formula dello storytelling, che allunga la durata stessa dei contenuti. Insomma, la risposta alla domanda di partenza è che, in ambito commerciale, quello che è maggiormente cambiato è l’articolazione complessiva dei progetti, che molto spesso contemplano la consegna di numerosi output che possano coprire i piani marketing delle agenzie committenti.
Contestualmente è facile immaginare come questi contenuti debbano necessariamente essere rinnovati sempre più velocemente. Se uno spot televisivo di vent’anni fa aveva una “vita commerciale” di non meno di un anno, un contenuto per il web ha una “vita” di un mese. Va da sé che le strutture di produzione e l’organizzazione di chi opera in questo campo hanno dovuto in tempi strettissimi adattarsi a queste richieste. E, ancora, che stanno cambiando le competenze e i profili lavorativi coinvolti.
Nel campo degli audiovisivi per l’intrattenimento, invece, la questione del cambiamento si pone in modo molto differente: nonostante cambi il mercato, le strutture di produzione funzionano perlopiù allo stesso modo che nel passato, e infatti la domanda di forza lavoro da parte della produzione di cinema, fiction tv o comunque, in genere, di serialità, in termini di competenze è rimasta pressoché la stessa. Il prodotto cambia, ma qui non cambia ancora la manodopera, per sintetizzare.
Graziano, quali sono gli ambiti e i soggetti chiave del tuo settore di riferimento? E quali sono i cambiamenti che si stanno profilando per il prossimo biennio?
Anche per questa risposta devo fare delle distinzioni, anzi dividerei il mondo dell’audiovisivo in almeno cinque ambiti di riferimento.
Il primo è (ancora) quello dei videoclip, i soggetti chiave sono le etichette discografiche e gli artisti, i registi, le case di produzione. È l’etichetta che normalmente interpella il regista; questi poi si appoggia ad una casa di produzione. Negli ultimi anni il mercato è cambiato enormemente e in negativo. Se dieci anni fa si giravano al massimo tre videoclip per disco, oggi ogni brano ha un video e i budget si sono ridotti enormemente, a tal punto da far sì che spesso e volentieri i video vengano girati da Filmmaker indipendenti senza passare da una casa di produzione. Ne viene anche che molto spesso i videoclip si appoggiano necessariamente al product placement.
Poi ci sono i classici spot tv. I player sono i brand, le agenzie di comunicazione, le case di produzione, i broadcaster. Non ci sono grandi differenze rispetto al mercato di cinque, dieci anni fa, se non che è diminuita la richiesta. Va anche detto che, di conseguenza, i broadcaster televisivi hanno di molto abbassato i costi di vendita degli spazi pubblicitari: aumentando l’offerta, perché aumentano i canali e le emittenti, diminuiscono i prezzi. Dal punto di vista del workflow in questo caso il brand incarica l’agenzia, l’agenzia mette in gara case di produzione diverse che propongono i propri registi. Nel web il sistema è diverso. I soggetti chiave rimangono i brand, le agenzie di comunicazione, e le case di produzione; ma ormai spesso (e senza farne un giudizio di merito) il brand salta il passaggio con l’agenzia di comunicazione. Questo per le case di produzione spesso è un peggioramento, perché viene a mancare un filtro importante che sia in grado di mediare tra regia e cliente. A prescindere, comunque, che l’agenzia ci sia o non ci sia, i budget del web sono tuttora più contenuti. Ci sono infine gli audiovisivi per l’intrattenimento, e il grande universo delle serie. I player sono i distributori, i finanziatori e le case di produzione. Un sistema che in entrambi i casi funziona a grandi linee come ha sempre funzionato. Le due grandi rivoluzioni degli ultimi anni sono, probabilmente, da un lato la diminuzione del meccanismo di produzione classico, a favore dei film realizzati in prevendita, ovvero attraverso il pre-acquisto del film da parte dei distributori; e dall’altro la nascita dei VOD e dei distributori-produttori, ovvero di produzioni che hanno anche il controllo sulla distribuzione e nello specifico su cosa vuole il pubblico, di cui l’esempio più evidente è Netflix.
Quali sono infine le professioni che si stanno affermando in questo scenario? Quali eventualmente le professioni che stanno uscendo dal mercato? E quali sono le competenze che in questo momento vengono maggiormente richieste? In ambito professionale è sicuramente importante avere collaboratori di formazione classicamente “tecnica”: vero è che le mansioni della post produzione sono molto richieste. Ad esempio il Colorist e il Motion Graphic Designer. Credo che sia importante tuttavia la competenza culturale: quello che vedo che sta accadendo è la proliferazione di persone che sanno usare le macchine e la tecnologia e che con poco sono in grado di realizzare delle immagini oggettivamente belle; accade però che queste stesse persone non abbiano contenuti da offrire. Credo che la bolla, perché di bolla si tratta, stia svanendo e sono convinto che si dovrà presto tornare a cercare professionisti che in primis sappiano raccontare delle storie. Per quanto riguarda l’uscita di professionalità dal mercato, non direi che si tratti di un vero e proprio ricambio. Se una figura è davvero professionalizzata, troverà sicuramente modo di reinventarsi in questo ambito, perché fa fede anche la sua affidabilità. Se un professionista è affidabile e si reinventa, lavorerà anche dopo aver cambiato il suo focus. Se un professionista non è affidabile, però, ma è solo bravo (anche molto!), è più facile che sia in balia delle tendenze e dei mutamenti.
Per riassumere: credo che le professionalità maggiormente richieste riguardino persone che siano in grado di raccontare storie con le immagini, storyteller; persone che conoscano il mezzo e siano in grado di veicolare – con le caratteristiche richieste dal mezzo stesso – contenuti più o meno seri e più o meno complessi.
Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546