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IL TESTIMONE. LUISA COTTA RAMOSINO

Sceneggiatrice e Creative Producer

Luisa Cotta Ramosino è una delle principali sceneggiatrici e Creative Producers televisive italiane.

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Laureata in Filosofia presso l’Università Cattolica ha poi seguito nel 2000 il primo corso di sceneggiatura che ha dato origine all’attuale Master in International Screenwriting and Production e ha ottenuto un dottorato di ricerca in Linguaggi della comunicazione, sempre presso l’Università Cattolica. Nella sua ormai quasi ventennale carriera è stata, fra l’altro, Head Writer per quattro stagioni di Distretto di polizia, negli anni d’oro (2006-2009) di questa serie, ha scritto molte puntate di serie Rai popolari come Don Matteo, Un passo dal cielo, Che Dio ci aiuti, Tutto può succedere. Negli ultimi anni ha seguito come Creative Producer lo sviluppo e la realizzazione della impegnativa coproduzione internazionale I Medici (la terza stagione andrà in onda in autunno 2019), dove era coinvolta una writers room angloamericana a Londra.

È anche una degli autori principali di una nuova serie di Taodue per Canale 5, ispirata al mondo della moda milanese e alla vita di Franca Sozzani, provvisoriamente intitolata Made in Italy, la cui messa in onda è prevista per l’autunno 2019.

Come vedi che stanno cambiando le professioni creative relative alla scrittura e alla produzione creativa per cinema e tv?

La mia impressione è che i confini tra la scrittura e la produzione tendano a diventare più labili, nel senso che se una volta (e non la considero una situazione positiva) chi scriveva lo faceva davanti al suo pc, in solitudine, per poi consegnare il suo lavoro ad altri (produttori e registi) che se ne prendevano carico modificandolo (e a volte rovinandolo) secondo criteri loro, oggi chi scrive è chia- mato a farsi coinvolgere nelle dinamiche della produzione, a farsi interrogare nella scrittura da istanze relative alla fattibilità delle idee proposte, alle variabili della produzione. Intendiamoci, la dialettica (a suo modo filosofica e ineludibile) tra uno scrittore che immagina ben oltre il fattibile e un produttore che deve “portare a terra” il progetto resta in qualche modo irriducibile, ma credo che la necessità di un confronto sia sentita da entrambe le parti e penso che il lato dei creativi sia quello che nel tempo sta facendo (per necessità in alcuni casi, per vocazione in altri) i passi più importanti per prendersi carico di questo ruolo di mediazione e implementazione (brutta parola, ma non ne trovo una migliore) delle idee più originali.

Quali sono le novità di contesto? Che cosa si intravede per il futuro?

È fin troppo facile citare la moltiplicazione degli interlocutori con l’ingresso delle piattaforme nel mercato italiano. Dal mio punto di vista è forse più interessante riflettere sull’evoluzione dei formati, che porta a una divaricazione tra le forme lunghe (legate ai broadcaster generalisti) e quelle brevi (8/10 puntate da cinquanta minuti) che sono tipici dei vari Sky/Netflix/Amazon ma in realtà sono anche quelli dei prodotti “pregiati” di Rai. In questi contesti si lavora ovviamente in modo diverso, molto diverso, con tempi molto stretti in un caso e più dilatati negli altri, dove c’è un po’ più di spazio per l’approfondimento, ma anche meno possibilità di sbagliare e di mettere alla prova dei giovani. In entrambi i casi, pur se in modo diverso, penso ci sia lo spazio e la necessità di pensare in termini “pragmatici” oltre che creativi, portandosi avanti nel rapporto con i committenti in modo da salvaguardare (o per dirla in maniera meno difensiva, portare avanti) il nocciolo fondamentale delle idee.

Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546 spettacolo in una dimensione molto solitaria, un lavoro creativo e analitico basato sulla mia preparazione ma in larga parte separato da quello di altri professionisti coinvolti. Di conseguenza tendevo a sottovalutare la componente di relazione e di lavoro in gruppo e la preparazione ad esso, che invece ora penso sia fondamentale almeno quanto le altre competenze. Per esempio, quando si lavora in una writers room1 è fondamentale costruire buone relazioni, essere davvero aperti al contributo degli altri e saperli valorizzare. Imparare a lavorare con gli altri, a confrontarsi, a capire le dinamiche dei gruppi e a “governarle” è un aspetto che sinceramente avevo sottovalutato e ho riscoperto negli anni del lavoro, magari con un po’ di fatica, ma anche con soddisfazione.

Quali sono le capacità sia tecniche che umane generali che secondo te oggi sono particolarmente necessarie da coltivare/sviluppare per un giovane che vuole avvicinarsi a queste professioni?

Dando per scontata la preparazione analitica e drammaturgica, nonché uno spessore culturale dato da letture e approfondimenti (in buona sostanza leggere, leggere tanto, leggere tutto, oltre che vedere tanta TV) credo sia importante fare la fatica di mettere le mani in pasta nella parte produttiva, imparando a leggere i piani di lavorazione, capirne i criteri (talvolta anche per metterli in discussione, ma a ragion veduta, proponendo alternative credibili), ragionare sui budget (non perché uno debba per forza prima o poi farli, ma per cercare almeno di capirli), trascorrere un po’ di tempo su un set (per rendersi conto di cosa implicano le cose che si scrivono, ma anche il rapporto, faticoso ma necessario, con le diverse professionalità) e se possibile fare un’esperienza all’estero per confrontarsi con realtà diverse dalla nostra. E poi direi non perdere mai la consapevolezza che servirà sempre il famigerato aggiornamento, perché siamo in un settore che cambia così in fretta che tra pochi anni dovremo tutti in qualche misura ripensare i nostri criteri, perché i trend durano sempre meno e copiare l’ultimo successo ha sempre meno senso (meno male!).

A livello umano penso che conservare la curiosità sia fondamentale, e intendo prima di tutto la curiosità verso le persone con cui si lavora, perché tra l’altro è quello che, almeno nel mio caso, permette di superare i momenti di fatica e impazienza, partendo dal presupposto che ci sia sempre qualcosa oltre la superficie che vale la pena scavare, dando una chance in più all’altro (e spero anche a me stessa).

Che cosa, quando eri studentessa, non pensavi che ti sarebbe servito nel tuo lavoro e invece poi ti sei accorta che è utile o importante? Sinceramente immaginavo un mio eventuale lavoro nel campo dello

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