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2.1 IL MERCATO DEL CINEMA E DELL’AUDIOVISIVO ITALIANO di Maria Francesca Piredda
1. LA FILIERA
Il mercato del cinema e dell’audiovisivo, tradizionalmente suddiviso negli ambiti della produzione, distribuzione e fruizione, ha conosciuto una rivoluzione complessiva negli ultimi anni. Relativamente ai settori di nostro interesse – ossia promozione, comunicazione, vendita e valorizzazione del prodotto cinematografico e audiovisivo – possiamo notare come essi si siano modificati nel corso del tempo sollecitati da cambiamenti tecnologici e culturali. Se, per esempio, la distribuzione del prodotto è stata per lungo tempo diretta unicamente alla sala, a partire dagli anni Cinquanta (nei fatti Sessanta) il cinema ha guadagnato una nuova finestra: la televisione. Intorno agli anni Ottanta è stata l’apparizione del VHS a rappresentare sia una nuova possibilità di sfruttamento entro la catena economica del film, sia una modalità di fruizione domestica, libera e autonoma rispetto alla rigidità dei palinsesti televisivi (Klinger, 2006; Greenberg, 2007; Quaresima-Re, 2010), in un’ottica di progressiva personalizzazione dei consumi (Tryon, 2013). L’avvento del digitale negli ultimi venti anni ha ulteriormente modificato il mercato, da un lato rendendo il sistema mediale nel suo complesso sempre più interconnesso, dall’altra spingendo il prodotto a essere sfruttato su differenti spazi (fisici e virtuali) e device (Jenkins-FordGreen, 2013). Attualmente non è pensabile progettare la distribuzione di un prodotto senza tenere conto sia della specificità dello sfruttamento multipiattaforma, sia della necessità di progettare strategie marketing e piani di comunicazione che si adattino al linguaggio specifico dei canali utilizzati e delle audience cui ci si rivolge. I nuovi modelli di business sono flessibili e caratterizzati da un accesso improntato sulla fruizione di contenuti in maniera libera, nel senso che i pubblici possono accedere ai contenuti dove e quando vogliono, avendo inoltre la possibilità di scegliere fra prodotti diversi. L’ultimo rapporto Univideo, per esempio, conferma per l’Italia la crescita del mercato digitale, che nel 2017 costituisce il 25% del fatturato complessivo dell’home video (Rapporto Univideo 2018 sullo stato dell’Entertainment in Italia).
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Stiamo quindi assistendo – anche alla luce della comparsa di nuovi player (vd. paragrafo successivo) – a profondi muta-
Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546 menti di cui non è sempre ovvio prevedere le conseguenze. Pensiamo a un ambito come quello della comunicazione del prodotto audiovisivo: dall’editoria agli uffici stampa la comunicazione è fortemente cambiata con l’avvento del web 2.0 ed è sempre più legata ai social media. Il settore, anche in Italia, sta gradualmente cambiando e si sta aggiornando. La sfida si concentra soprattutto su due fronti. Il primo è lo scarto tra comunicazione amatoriale e professionale, ossia la necessità di presidiare la rete in maniera efficace, adattando il linguaggio tradizionale agli strumenti e alle specificità dell’online. Il secondo, legato al primo, riguarda la capacità di rispondere alla velocità della comunicazione in rete, in un costante ma soprattutto diretto dialogo con il pubblico. Anche il settore della conservazione e valorizzazione del prodotto audiovisivo è in una fase di profondo rinnovamento seguita ai recenti cambiamenti tecnologici e culturali. Le cineteche e le istituzioni museali sono state invitate a ripensare le proprie strategie e la propria mission. Accanto, infatti, al lavoro di conversione in formato digitale del patrimonio audiovisivo su pellicola, le istituzioni di conservazione hanno intrapreso un percorso di rivitalizzazione del rapporto con il pubblico, proponendo esperienze innovative di avvicinamento ai propri cataloghi, oltre la mera rassegna. I musei del cinema sembrano accogliere in maniera interessante questa sfida. Nell’ottica di un rapporto sempre più diretto con il visitatore, per esempio, il Museo Interattivo del Cinema (MIC) della Fondazione Cineteca Italiana di Milano offre un percorso in cui strumenti antichi e device di ultima generazione convivono e in cui, soprattutto, il visitatore è costantemente invitato a interagire con gli oggetti esposti e gli spazi. In particolare il percorso museale prevede l’utilizzo della realtà aumentata per costruire una visita immersiva dell’archivio filmico, che consenta un’esperienza anche in questo caso personalizzata, legata al bagaglio memoriale e passionale del singolo utente.
Per la stessa ragione anche l’esercizio monosala, certamente penalizzato dall’emergere dei multiplex negli anni Novanta (Conte, 2005), sta vivendo proprio in questi anni una nuova vitalità, scegliendo di parlare a nicchie di appassionati, che sono spinti a fidelizzarsi, e/o combinando strategie di programmazione che inseriscono il film entro un’offerta spettacolare più ampia, fatta di concerti, incontri con i professionisti del settore, percorsi tematici ecc. Per citare solo il caso milanese sono diverse le esperienze felici, come il Cinema Beltrade (parrocchiale ma gestito da un’impresa esterna), Il Cinemino (sala aperta e gestita da un’associazione) e il Wanted Clan (sala di un distributore indipendente) (Fanchi, Bourlot, 2017; Curtoni, Desantis, 2018).
È da segnalare poi la nuova “Disciplina del Cinema e dell’Audiovisivo” (Legge 14 novembre 2016, n. 220), il cui stato di attuazione è quasi completato2, che mira, appunto, da un lato a regolarizzare il settore, ponendo fine alla discrezionalità dei fondi, investendo su giovani autori e imprenditori, sul rinnovo delle sale e lavorando – in accordo con il quadro normativo europeo – per promuovere in maniera più efficace il prodotto nazionale, e dall’altro a incentivare l’afflusso di capitali esterni. A questo proposito è centrale l’attività di coordinamento e di promozione del territorio svolta dalle Film Commission, mentre il cineturismo – ossia il fenomeno dei movie tourists
Copyright © 2019 by FrancoAngeli che viaggiano alla ricerca delle location cinematografiche – ha importanti ricadute sulle economie locali (Rapporto Symbola, 2017).
Convergenza e connessione, dunque, sono le parole chiave del mercato audiovisivo attuale, ma anche fiducia e personalizzazione, ossia la capacità di costruire un rapporto privilegiato con gli utenti, migliorando lo scambio di valore e la trasparenza (PWC Italia, Entertainment & Media Outlook in Italy 2018-2022, 2018).
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Alla luce di questo quadro, la novità più evidente e probabilmente quella più impattante sull’intero mercato è stata l’apparizione degli operatori del video streaming, le cui piattaforme rappresentano una nuova finestra di consumo per il prodotto audiovisivo (Corvi, 2016; McDonald-Smith-Rowsey, 2016; Re, 2017). Sul mercato italiano, che è attivo da una decina d’anni, le piattaforme VOD (video on demand SVOD, TVOD e AVOD) hanno avuto negli ultimi due anni un notevole incremento, soprattutto a seguito dell’arrivo anche sul nostro territorio del modello americano Netflix (a partire dal 16 ottobre 2015). Esse sono di varia natura e rappresentano, evidentemente, sia una risorsa che un destabilizzatore del mercato tradizionale. Dal loro apparire, infatti, si discute molto sulla sopravvivenza della distribuzione theatrical. Quello che si è osservato al momento è una generale resistenza della sala quale spazio di visione – il numero di presenze, ossia di biglietti staccati in Italia, per esempio, si mantiene tra i 90 e i 100 milioni annui (dati ANICA) – ma è cambiata l’identità del pubblico, con il rafforzarsi di nicchie di appassionati ai quali l’intera filiera si rivolge con nuove strategie di offerta. Un esempio è dato dai film evento, ossia l’uscita in sala per appena qualche giorno di prodotti chiaramente destinati a pubblici specifici, come gli amanti della musica e dell’arte, cosa che costruisce attorno al film l’idea di esclusività.
Più fortemente, le piattaforme VOD hanno cambiato lo scenario dei diritti di sfruttamento, rappresentando una finestra ulteriore per il prodotto audiovisivo, con inevitabili conseguenze rispetto ai settori dell’home video e della programmazione televisiva lineare. Anche questo panorama è co- munque in divenire: se per un certo periodo lo sfruttamento online è stato l’ultimo spazio di visione accessibile dall’utente, lo scenario che osserviamo è quello di piattaforme digitali anche produttrici e prime distributrici di contenuti originali; dunque assistiamo a tempi accorciati tra il debutto in sala e la distribuzione digitale, ma anche all’uscita day-and-date, cioè in contemporanea (Cucco, 2017), in sala e sul digitale. Le recenti polemiche relative alla presenza di produzioni firmate da Netflix ai festival di Cannes e di Venezia richiedono un ripensamento non solo del ruolo della sala, ma di tutta la filiera di sfruttamento del prodotto in termini di concept, di diritti, di pianificazione della comunicazione e promozione ecc.
Quello di Netflix non è l’unico caso: per restare all’ambito italiano è recente l’accordo tra Magnitudo Film – casa di produzione di film d’arte – e la piattaforma TVOD Chili TV (con sede a Milano) per la distribuzione theatrical e poi digital dei film insieme prodotti, a dimostrazione di come gli operatori dell’on demand siano sempre più interessati a entrare anche nel comparto produttivo e non operino in opposizione alla sala, ma semmai in congiunzione con essa.
Allo stesso tempo le piattaforme digitali sono oggetto di ripensamento e di ridefinizione costante, perché se sulla carta promettono un’esperienza di fruizione sempre più personale e adattata ai gusti dell’utente, nella realtà il comparto necessita ancora di perfezionamento nell’ottica della customer care. Da un alto i sistemi di indicizzazione dei cataloghi sono costantemente ripensati per permettere ordine e visibilità ai propri contenuti, dall’altro la funzionalità dell’algoritmo che permette la profilazione dell’utente rischia di restituire una forma riduttiva ed eccessivamente semplificata delle sue preferenze. Il pericolo, infatti, è che l’enorme quantità di ma-
Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546 teriale disponibile nei cataloghi digitali non sia indirizzato efficacemente all’utente, quindi che questi non riesca a muoversi all’interno della piattaforma incontrando i prodotti che realmente soddisfano le sue attese (Lobato, 2017; Fontaine, Simone, 2017).
Infine, la compresenza di diversi spazi di visione e di modalità di fruizione (su grande schermo, in televisione, sul pc e sul mobile) spingono a rivedere tanto la costruzione del prodotto in chiave multimediale e crossmediale, sia le strategie di marketing e di promozione, adattandole alle singole finestre e device. L’Italia dimostra ancora un certo ritardo – in termini di digital literacy (Osservatorio Compentenze Digitali, 2017) e di aggiornamento tecnologico (si veda la diffusione della banda larga secondo dati Digitalic) – rispetto al panorama internazionale, ma proprio per questo stiamo vivendo un momento storico in cui creatività e sperimentazione sono particolarmente apprezzate e ricercate. Le aziende, in sostanza, guardano con particolare interesse alle nuove generazioni, “naturalmente digitali”, che acquisiscono competenze professionali nel settore (Buckingham, Willett, 2006; Tapscott, 2011).
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Il quadro del mercato precedentemente disegnato si ripercuote in maniera evidente sulla natura delle professioni e sulle competenze maggiormente ricercate. Non è al momento possibile affermare che ci siano delle professioni destinate a scomparire, almeno nel breve periodo, tuttavia le professioni tradizionali hanno la necessità di aggiornare competenze e requisiti, mentre le nuove andranno presumibilmente a stabilizzarsi e crescere.
In particolare l’avvento del digitale ha richiesto la nascita di specialisti in grado di comprendere e utilizzare al meglio le sue caratteristiche, per esempio nel settore della Social Media Communication (vd. Approfondimento 2).
Accanto a loro, altre professioni già ampiamente presenti nel mercato straniero (soprattutto statunitense) stanno gradualmente entrando nel mercato italiano: è il caso, per esempio, degli specialisti in ricerche di mercato per l’entertainment. Si tratta di società di consulenza che aiutano gli attori della filiera cinematografica tradizionale ad ascoltare le esigenze del cliente, per elaborare una proposta su misura che lo soddisfi in modo completo ed efficace. La milanese Ergo Research, per esempio, da qualche anno ha avviato il progetto Movie Clinic, ossia un’attività di screening su campioni di spettatori concernente le finestre di uscita del film, il trailer, la cartellonistica fino al contenuto stesso. Un altro settore in costante aggiornamento, pur essendo sul mercato da alcuni anni, è quello dell’entertainment marketing, ossia il marketing che si concentra sul raggiungimento dei consumatori attraverso l’intrattenimento e il coinvolgimento emotivo. Organizzazione di eventi, product place- ment, co-marketing, branded content, guerrilla marketing sono alcune delle attività che agenzie specializzate mettono in atto per avvicinare industrie terze al mondo dell’audiovisivo e, di conseguenza, l’utente a entrambi. A Milano sono diverse le realtà di questo tipo: QMI – The Art of Entertainment, Camelot, 21 Group, solo per citarne alcune. La loro forza sta nella capacità di aggiornare continuamente il proprio profilo, proponendo ai clienti soluzioni personalizzate per promuovere i loro prodotti, nonché lo spirito creativo che le spinge a immaginare chiavi di accesso alternative e originali ai gusti e al piacere del pubblico. Nel panorama così delineato un ruolo professionale chiave può essere individuato nel responsabile del marketing strategico, ossia la figura che è in grado – stante l’osservazione del mercato e delle possibilità dell’azienda/prodotto – di pianificare azioni di marketing e strategie di posizionamento anche su lungo periodo. È un ruolo ben consolidato nel mercato televisivo, meno presente o persino nuovo nella filiera cinematografica.
Per rispondere alle richieste dei consumatori è infatti necessaria una preparazione trasversale che comprenda la comprensione e l’utilizzo delle nuove tecnologie e dei loro rispettivi linguaggi. Soprattutto il settore del cinema e dell’audiovisivo si sta spostando da un approccio crossmediale al mercato a uno di tipo transmediale (Jenkins, 2006): significa che da una promozione del contenuto che sostanzialmente resta invariata nei vari canali comunicativi – fatti salvi adeguamenti di tipo stilistico – si è passati ormai a strategie tali per cui il contenuto cambia in base ai canali, che lavorano in maniera sinergica e integrata permettendo all’utente un alto grado di interazione. Inoltre, come sempre Jenkins spiega, ci si sta
Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546 spostando da una strategia di valorizzazione per appuntamento, che fa leva sull’esclusività (un film che si può vedere solo in sala, o solo su una certa piattaforma) a una strategia per engagement, che fa viceversa leva sulla capacità dei prodotti audiovisivi di generare immaginari coinvolgenti, declinabili e in molti formati e su molte piattaforme, e capace di durare nel tempo.
Lo spettro di competenze per chi, dunque, voglia lavorare nei settori della promozione, comunicazione, vendita e valorizzazione del prodotto cinematografico e audiovisivo è piuttosto ampio. Oltre, infatti, alla preparazione specifica rispetto all’ambito professionale di interesse, è necessario essere costantemente aggiornati sulle esigenze del mercato, adattandosi ad esse in maniera rapida, avere curiosità e creatività, doti comunicative (per esempio ottime capacità di scrittura) e contemporaneamente dimestichezza con le analisi economiche e la gestione dei dati.
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