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IL TESTIMONE. CARLO RODOMONTI
Responsabile marketing strategico e digital di Rai
Cinema
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Carlo Rodomonti è responsabile marketing strategico e digital di Rai Cinema e docente di Economia della crossmedialità del Master MICA. Ha lavorato prima nel gruppo Medusa (2004-2006), poi in 01 Distribution (2006-2018) e attualmente in Rai Cinema, dove sta seguendo il rilancio della piattaforma digitale Rai Cinema Channel, il cui scopo principale è raccontare e valorizzare i prodotti di Rai Cinema.
Come è cambiata l’industria del cinema e dell’audiovisivo negli ultimi 2-3 anni?
Sicuramente si è defocalizzata l’attenzione rispetto al theatrical, cioè alla sala cinematografica, con l’apparizione dei grandi player internazionali come Amazon e Netflix. Credo che la sala abbia le potenzialità per rispondere a tutto, ma certo oggi la sfida è più complessa e si gioca sulla capacità, per un settore piuttosto tradizionale e strutturato su modello locale, di rinnovarsi. Oggi il consumatore è abituato ad avere tutto a portata di mano, quando vuole e come vuole: il cinema dovrà avere la capacità e il coraggio di promuovere magari meno prodotti, ma ponendo su di essi maggiore attenzione in fase di progettazione, produzione e distribuzione. Puntando, insomma, sulla qualità. Netflix ci ha dimostrato l’importanza della scrittura, dei dati e della capacità di reagire a questi in maniera immediata. La distanza tra chi produce il contenuto e chi lo fruisce è ormai assente, teoricamente, perché l’utente può essere monitorato su tutto quello che fa e dunque gli si possono proporre prodotti pensati su misura. Il problema è credere che i prodotti che abbiano ambizioni commerciali si possano fare in campane di vetro, isolate dal mercato. Per esempio, si potrebbero testare i soggetti dei film che vorremmo produrre, per capire quale possa essere la loro attrattività in funzione delle diverse finestre di sfruttamento. Non esiste certo una formula esatta, però il rafforzamento delle azioni di marketing in fase di produzione potrebbe essere una strada. E la stessa cosa andrebbe fatta in fase di distribuzione e promozione. Viviamo in un mercato fortemente dinamico in cui la capacità di ascolto da parte di chi governa le aziende è sempre più strategico. In tale prospettiva le aziende più dinamiche stanno focalizzando l’attenzione su modelli organizzativi sempre più orizzontali e reticolari che permettano un flusso delle informazioni quanto più agevole al loro interno. Oggi un manager dovrebbe dare la giusta attenzione anche ai più giovani perché proprio loro sono portatori di un pensiero e di una visione del mondo assolutamente diversa dalle generazioni precedenti.
Quali sono le professioni che si stanno affermando? Quali quelle che forse usciranno dal mercato o saranno meno forti?
Il mercato ha bisogno di Data Analyst, di Data Scientist, di tutti coloro che sanno gestire i dati, per leggerli e comprenderli. Questo per tutti i settori ma in particolare nei segmenti in cui è fondamentale la reciprocità tra prodotto e utente. Sicuramente chi fa Marketing Strategico avrà grande spazio. Prima le aziende comunicavano una volta al mese, adesso ogni 20 minuti, con il risultato che la qualità si è abbassata. Dovrebbe esserci una nuova figura professionale, una sorta di responsabile della qualità della comunicazione. Chi saprà gestire velocemente i social, l’esperto crossmediale che saprà progettare un contenuto e adeguarlo in funzione del canale a cui è destinato, secondo me avrà una marcia in più. La comunicazione va progettata, non si può andare allo sbaraglio.
Per quanto concerne le professioni più a rischio credo che sia tutto legato all’approccio rispetto al proprio settore, più che al settore in
Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546 sé. Chi non ascolta, chi resta fermo rischia di andare in crisi. Bisogna avere la capacità di interfacciarsi con l’utente, di essere credibili.
Quali sono le competenze che in questo momento vengono maggiormente richieste? Cosa ti sentiresti di consigliare a uno studente?
Al di là di una formazione specifica sul settore di interesse, bisogna essere curiosi, costantemente alla ricerca, aggiornati. Significa non avere competenze generiche, ma essere esperti del mercato e dei suoi trend. A questo si unisce la predisposizione a lavorare con i numeri: bisogna conoscere e saper leggere i dati. Non c’è spazio per la superficialità.
Un altro consiglio che mi sento di dare è di coltivare l’ordine e il rigore: la progettazione e la pianificazione del lavoro sono fondamentali.
Essere innovatori significa portare ordine. Oggi le aziende, soprattutto nel settore mediale, vanno di corsa e a volte perdono la strada: quindi avere qualcuno giovane, capace di fare dei percorsi e soprattutto di sapere dove andare è estremamente importante.
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Social Media Manager Per Il Cinema
Tra le professioni emergenti nell’ambito della promozione e valorizzazione del cinema e dell’audiovisivo un peso crescente è rivestito da quelle relative alla comunicazione social. Ne abbiamo parlato con Jazmin Kuan Veng, più di 20 anni di esperienza nel settore delle strategie digital e ora Digital Manager dell’agenzia romana Fusion Communication, specializzata in marketing, PR, eventi e social media anche per player e prodotti cinematografici e audiovisivi. All’interno di una struttura che mette insieme competenze differenti ma integrate, sono infatti riconoscibili alcuni ruoli professionali che lavorano in sinergia per rispondere alle esigenze del cliente.
La campagna di comunicazione di un’azienda e/o di un prodotto è impostata, per la componente testuale, dal Content Curator o Editor, e per la parte visiva dal Social Media Designer, il quale inoltre si assicura che le risorse visive e i concetti creativi siano accattivanti, coinvolgenti e aggiornati. La comunicazione social, infatti, è per sua natura veloce e intuitiva. Per la riuscita della campagna altri due ruoli chiave sono quelli del Community Manager – che si occupa di creare una comunità di interessati ai contenuti offerti, implementando strategie di coinvolgimento e gestendo eventuali momenti critici nella comunicazione in rete – e l’Influencer Manager – che gestisce i rapporti con influencer affini al proprio brand, proponendo e sviluppando attività mirate a catturare anche i loro followers. Il lavoro è costantemente monitorato dal Social Media Analyst, che raccoglie e interpreta l’impatto dei contenuti e delle attività comunicative e che individua le conversazioni online sul brand/prodotto, sui competitors, sulle tendenze del mercato, al fine di indirizzare al meglio il lavoro degli altri profili del team, suggerendo possibili correttivi. Colui che identifica, raccoglie, prepara e analizza i dati della rete inerenti le attività di una azienda o di singoli prodotti aiuta a immaginare nuovi segmenti di audience e a prevedere scenari futuri. Ad assicurare che tutto il gruppo di professionisti proceda in maniera coerente è il Social Media Manager, la figura responsabile dell’intera campagna, della gestione del budget e del rapporto con il cliente. Può accadere, tuttavia, che le agenzie prediligano una struttura fluida, ossia un modello che mette in gioco le idee e le competenze migliori del team, a prescindere dall’ordine gerarchico, come accade frequentemente per la Fusion Communication, la cui composizione interna può variare in base al progetto che si segue. È fondamentale, infatti, pensare a soluzioni diversificate per il singolo brand e/o prodotto, rinnovando costantemente il proprio approccio e i propri strumenti. Un settore complesso e competitivo come quello dell’audiovisivo, dunque, richiede per la comunicazione social creatività, aggiornamento costante e capacità di ascolto. Ma soprattutto, conclude Jazmin Kuan Veng, la passione per quello che si fa, nelle piccole e nelle grandi mansioni.
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