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NUOVE PROFESSIONI

Negli ultimi anni, il mondo delle industrie mediali e creative ha subito diverse trasformazioni che ne hanno mutato –anche radicalmente – alcuni connotati classici e sedimentati nel tempo. Tali processi hanno investito diversi aspetti del mercato, dalla composizione della filiera ai linguaggi, dalle strategie produttive alle modalità di fruizione da parte del pubblico, dalla crescita di conglomerati multinazionali alla contaminazione tra diversi settori editoriali. Ciò è avvenuto principalmente sulla spinta della digitalizzazione, che ha da un lato “contribuito a sfumare progressivamente i confini tradizionali tra mezzi differenti, e dall’altro ha rafforzato le specificità di ciascuno” (Carelli, Scaglioni, 2017, p. 133).

In particolare, il comparto televisivo – e dell’audiovisivo più in generale – rappresenta uno spazio d’osservazione interessante, dove si mescolano elementi di innovazione e metamorfosi ed altri evidenti di inerzia, resistenza e stabilità (Scaglioni, 2017); soprattutto, esso mantiene ancora una innegabile centralità all’interno del sistema dei media, snodo fondamentale di differenti processi che investono la produzione di contenuti e la loro circolazione. Come già osservato una decina d’anni fa da Aldo Grasso e Massimo Scaglioni in Televisione di Paolo Carelli e Massimo Scaglioni Copyright © 2019 by FrancoAngeli convergente (2010), l’industria televisiva contemporanea si riconfigura intorno a tre concetti chiave: a) estensione dei prodotti al di là del contenuto principale e oltre la messa in onda; b) accesso da parte del pubblico che si ramifica in molteplici opportunità e modalità di fruizione; c) brand, ovvero la necessità per le imprese del settore di consolidare identità definite e mirate.

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Si evidenzia, perciò, un rinnovato bisogno di formazione che si posizioni proprio all’intersezione di questi molteplici fenomeni, contribuendo a indagare dinamiche e traiettorie dell’industria dell’audiovisivo, ad analizzare le trasformazioni più rilevanti sia in ambito creativo che in quello gestionale, a monitorare l’evoluzione delle figure professionali maggiormente richieste dal mercato. Si tratta di un settore che, a fianco delle imprese tradizionali come broadcasters e case di produzione, vede l’ingresso e il coinvolgimento sempre più decisivo di nuovi players, come le cosiddette telcos, ovvero i servizi di telecomunicazione progressivamente impegnati nella produzione e distribuzione di contenuti audiovisivi, le piattaforme over-the-top che consentono un consumo in streaming e on demand, ma anche centri media, concessio- narie, aggregatori di utenti e contenuti tramite social media come Google, Facebook o YouTube. Obiettivo del presente contributo è appunto quello di tracciare il profilo e i confini del settore audiovisivo con particolare riferimento ai cambiamenti intervenuti negli ultimi anni nella filiera, nei players del mercato e, infine, nelle professioni e nelle skills ritenute più rilevanti e interessanti.

Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546

Le trasformazioni tecnologiche e di sistema poco sopra evidenziate si riflettono sull’intera filiera, rimescolando le strategie d’offerta e modificandone nel profondo la scansione tradizionale che parte dall’acquisto o produzione di contenuto, passa attraverso la distribuzione e la collocazione di un prodotto in un palinsesto e arriva a interessare, quindi, il mondo del marketing e della vendita di spazi agli inserzionisti pubblicitari (Di Chio, 2017). In particolare, come sottolineato da Scaglioni (2017), è possibile evidenziare diversi elementi di innovazione che caratterizzano le dinamiche dell’industria dell’audiovisivo negli ultimi anni: il primo riguarda la produzione di contenuti, un ambito che ha visto recentemente una diversificazione in molteplici direzioni fino a creare vere e proprie estensioni, prodotti ancillari che sostengono e accompagnano il testo televisivo principale (il programma), in un’ottica di sempre più crescente transmedialità e spesso godendo di particolare autonomia e vivendo di vita propria. Alcuni tra i prodotti più popolari della serialità americana, per esempio, hanno sperimentato questa via; anche nello scenario italiano, tale pratica è in crescita, soprattutto per quanto riguarda format d’intrattenimento quali X Factor, Masterchef, L’isola dei famosi, che sono in grado di costruire un sistema capillare di prodotti direttamente collegati che viaggiano lungo i palinsesti delle reti del gruppo editoriale o nelle piattaforme digitali. Una triangolazione tra tv, web e social media che ridisegna l’universo creativo della produzione mediale contemporanea e che spinge a ideare contenuti già in partenza orientati e pensati per uno sfruttamento in chiave digital. Un secondo aspetto è quello della distribuzione: il processo di digitalizzazione ha contribuito a rivoluzionare i modelli di diffusione di un contenuto audiovisivo. Ciò è avvenuto, in particolare, per quanto riguarda il cinema e la serialità televisiva; lo sviluppo di servizi per la visione in streaming e on demand direttamente legati ai broadcasters e l’approdo anche di piattaforme over-the-top come Netflix, Amazon Prime Video o TimVision hanno comportato una diversificazione nelle pratiche di distribuzione che si manifesta sia nel progressivo accorciamento delle “finestre”, sia in pratiche di release che sfruttino a pieno le potenzialità tecnologiche. Si pensi, per esempio, alla possibilità per soggetti come Netflix di offrire un contenuto come una serie tv originale nella sua interezza favorendo l’emersione di fenomeni come il bingeviewing almeno parzialmente slegato dalla rigidità del palinsesto, oppure alle strategie promozionali dei broadcasters laddove consentono anteprime dei propri contenuti direttamente sulle proprie piattaforme over-the-top, come avvenuto per Discovery con Untraditional (rilasciato sul portale DPlay) o per Rai con La linea verticale (rilasciata su RaiPlay), o ancora alle anteprime di prodotti seriali proiettate direttamente in sala. Infine, un terzo elemento della filiera che vede modificare alcune proprie caratteristiche è quello che riguarda la costruzione dell’offerta, ovvero l’impacchettamento dei contenuti secondo regole che rispondono all’identità editoriale dei players e alla loro abilità nel costruire brand riconoscibili. Con il completamento dello switch-off e la conseguente esplosione della multicanalità, il contesto italiano (ma non solo) ha visto incrementare considerevolmente il numero di canali e gruppi editoriali; in particolare, si è andata consolidando un’offerta targettizzata, orientata a soddisfare nicchie o categorie ben delineate facendo così nascere, sia sul versante free-to-air che su quello pay, canali identificabili per genere di contenuti (cinema, serie tv, sport, news, ecc.) oppure per profilo socio-demografico (canali maschili, femminili, per un pubblico kids o teen, ecc.). In questo senso, risulta centrale una strategia di brand identity chiara e definita che aiuti a riconoscere un prodotto, un canale o un broadcaster e a inquadrarlo come portatore di un universo valoriale e simbolico sempre più chiaro e delineato. Inoltre, non va tralasciata l’importanza delle contaminazioni tra i diversi elementi della filiera e la necessità, manifestata in particolare dai broadcasters ma non solo, di riscrivere modelli e funzioni della propria strategia per rispondere al mutamento, alla frammentazione e alla crescente dinamicità del contesto competitivo; da un lato, il riferimento è alla frontiera del branded entertainment3, una tipologia di prodotto editoriale che consente di ribaltare la tradizionale relazione tra editore, concessionaria e brand arrivando a immaginare e realizzare contenuti finanziati direttamente (per intero o parzialmente) dalle marche senza una finalità esclusivamente commerciale, bensì inseriti dentro un flusso valoriale più ampio. Dall’altro, occorre tenere in considerazione il tentativo di aziende editoriali di occupare anche l’area di produzione di contenuto originale, superando la propria natura di intermediari e packagers; quanto sperimentato da realtà come Sky (ma anche Canal+ o Movistar+ nel contesto eu3 Per una completa ricognizione del fenomeno del branded entertainment si rimanda, tra gli altri, al Libro bianco curato da Anna Gavazzi e Massimo Scaglioni (2019), frutto di una ricerca effettuata congiuntamente da CeRTA – Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi e OBE – Osservatorio sul Branded Entertainment, di imminente pubblicazione. ropeo) con la produzione di intrattenimento e, soprattutto, serialità rappresenta un cambio di paradigma destinato a segnare lo scenario audiovisivo negli anni a venire.

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